Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura Numero 1 2 2 febbraio 2015
Foto su gentile concessione della Diocesi di Terni-Narni-Amelia (aut. n. 042/15)
Identità e differenza Nei primi giorni di questo ancor giovane anno ci sono state molte ragioni per intristirsi, disperarsi, arrabbiarsi. Il sette gennaio sono stati massacrati a colpi di kalashnikov disegnatori e redattori di un giornale satirico parigino, e la Francia, l’Europa, il mondo -almeno quello più vicino alla cultura occidentale- si è mobilitato. Parigi ha visto la marcia più grandiosa della sua storia, e milioni, letteralmente milioni di persone hanno camminato insieme attraverso i boulevard della capitale francese al grido di “Je suis Charlie”. Nello stesso giorno, sette gennaio, sono arrivate anche le prime notizie su quanto stava accadendo nel nordest della Nigeria: Boko Haram, organizzazione militare islamista, aveva distrutto la città di Baga, e soprattutto aveva massacrato i suoi abitanti. Duemila persone, forse, ma le cifre sono sempre incerte e fumose; in compenso, è certo che la gran parte delle vittime è stata uccisa con coltelli e machete, armi bianche, antiche e terribili, che richiedono ripetuti gesti muscolari e spietati da parte dai carnefici. E tra le vittime anche donne, certo, e soprattutto anche bambini, affettati senza un briciolo di pietà. Alcuni sono anche stati presi, rivestiti di un abitino fatto di tritolo, e mandati ad esplodere in mezzo al mercato. Ce n’è davvero abbastanza per vergognarsi d’appartenere alla specie umana. Ce n’è abbastanza per decidere di smettere d’informarsi, chiudere i giornali e spegnere le televisioni, se non altro per salvaguardarsi le coronarie. Però sarebbe opportuno non farlo. Sarebbe bene evitare di correre a giudicare, di mettersi a cercare i colpevoli su cui sfogare la rabbia: sarebbe meglio coltivare lo sdegno e lo scandalo soprattutto per cercare di capire. Al limite, per cercare di capire bene contro chi sdegnarsi. Perché c’è subito stata abbondanza di ipotesi e di analisi affrettate. C’è subito stato chi ha gridato alla guerra santa, chi ha chiesto che si chiudessero le frontiere; chiuderle a chi e perché, poi, se gli assassini di Francia erano francesi, se i massacratori nigeriani massacravano in Nigeria? C’è stato chi ha detto che era colpa di Allah, chi ha subito precisato che Allah non c’entra niente.
Eppure, la coincidenza temporale, la sincronia fissata sullo stesso giorno, sette gennaio, offriva la possibilità di un immediato esercizio d’analisi sui nostri sentimenti più forti: la commozione, l’ira, la paura, lo scandalo. C’era la drammatica simultaneità delle tragedie, c’era persino la coincidenza della matrice fondamentalista: ed erano entrambe così assolutamente terribili da non poter aver alcun dubbio sulla violenza categorica fatta al nostro senso dell’etica. Era una occasione perfetta, in tutte queste identità drammatiche, per cercare di capire la causa della differenza nelle nostre reazioni emotive. Perché non c’è dubbio, le due tragedie del sette gennaio sono state piante con lacrime diverse. I morti di Parigi hanno riempito le piazze d’Europa, i morti nigeriani hanno fatto fatica a riempire qualche colonna di cronaca. Perché ci è venuta voglia di urlare “Io sono Charlie” e non “Io sono di Baga”? Non per il numero dei morti, in Nigeria sono stati ammazzati ben di più. Non per la crudeltà delle uccisioni, i bambini divisi in due dalle spade lo testimoniano facilmente. Non per gli autori che hanno compiuto i massacri, tutti mossi da un ineffabile fondamentalismo religioso. Perchè, allora? Perché a Parigi è stata messa in pericolo la libertà di stampa, sacro baluardo dei princìpi della cultura occidentale? Sembra improbabile: sarebbe come dire che la libertà di stampa, per l’Occidente, è più importante del divieto di scannare ragazzini. E poi “Boko Haram” significa letteralmente “la cultura occidentale è peccato”, e non dovrebbe servire aggiungere altro. Non rimangono molte altre differenze a cui guardare, per cercare di capire il perché di reazioni così spaventosamente diverse. Forse ne rimane solo una, la vicinanza. Vicinanza geografica, perché Parigi ci è più vicina di Baga; vicinanza di stile di vita, perché è immediato assimilare il nostro ufficio ad una redazione parigina, ma più difficile riconoscere in una baracca in riva al Lago Ciad la somiglianza con le nostre case. Vicinanza culturale, insomma, che però significa anche somiglianza di paure: i morti ammazzati di Francia ci fanno più paura perché ci somigliano di più di quanto fanno quelli in Nigeria, che per fortuna i media evitano con cura di farci vedere. Ma questo significa anche che il nostro senso di giustizia è tutt’altro che imparziale: significa che la tragedia lontana conta meno del dramma vicino. Se è la distanza che conta, ogni giudizio è svilito: l’offesa verbale all’amico meriterà più vendetta della ferita dell’estraneo; il piccolo fastidio causato alla nostra sacra persona sarà più importante della morte per fame dello sconosciuto lontano. Se il mondo è davvero destinato a diventare un villaggio globale, sarà bene cominciare a rendersi conto che no, questa logica antica e Piero Fabbri tribale non può valere più.
IO SONO
Baga
Locale climatizzato - Chiuso la domenica Terni Via Cavour 9 - tel. 0744 58188
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w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t lapiazzetta.terni@libero.it
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Identità e differenza
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CONFARTIGIANATO IMPRESE TERNI
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T e r n i n o n è N e w Yo r k
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ASM
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Cervelli in fuga
Te r n i n o n è N e w Yo r k
- P Fabbri
- G Raspetti
- A Melasecche
Il blocco di 14 angoli
- F Broussard
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STUDIO DI RADIOLOGIA BRACONI
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Saltando sulla palla ovale in Laos IL NOME DEL FIGLIO
- F Patrizi
- L Ta r d e l l a
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ARABA FENICE
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PA O L O P I L E R I , u n c a m p i o n e p e r a m i c o
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La distorsione del rachide cervicale
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É tempo di nonni! Lu politichese
- S Lupi
- V B u o m p a d re
- M Petrocchi
- P Casali
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C I D AT
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LANDI COSTRUZIONI
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L A B O R AT O R I S A L VAT I
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A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I
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Il fiore di pesco continua a dare i suoi frutti I coloranti
- F Pacifici
- L Falci Bianconi
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N U O VA G A L E N O
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Il momento della ragione
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CONTORNO OCCHI “DA SOGNO”
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Il punto di vista interno
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FA R M A C I A B E T T I
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La morte dell’eros
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STUDIO ANTEO
- L Fioriti
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Nascere a casa
- V Grechi
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C M T - C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I
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F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O
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PA S T I C C E R I A C A R L E T T I
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G O L F E N AT U R A
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G L O B A L S E RV I C E
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SUPERCONTI
LA
- PL Seri - L Campili
- L De Luca
- V Policreti
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti
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Direttore editoriale Giampiero Raspetti
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La Terni che vediamo noi e che raccontiamo nei nostri giornali, è bella, bellissima. Non è New York però, e nemmeno Viareggio o Rimini, città in cui basta e avanza mantenere l’esistente. Il nostro esistente vive, invece, dolentissime difficoltà ed è appeso ad un filo: se, come minacciato più volte, l’acciaieria perde pezzi e vola via, voliamo via, a pezzi, anche noi! Occorre quindi scovare nuove soluzioni perché rimanere avvinghiati solo alle usuali incombenze e ad una obsoleta ritualità (che desolatamente accomuna, in Consiglio Comunale, maggioranza e opposizione) potrebbe dar luogo ad un devastante aggravamento. Organizzare feste e festini in cui un euro passa dal mio portafoglio a quello del vicino, può essere un divertente e giovanile diversivo, ma non risolve il problema, anzi, ne ritarda le soluzioni! Spiace doverlo stigmatizzare, ma ormai possiamo solo assistere ad una fila interminabile di negozi chiusi, di attività spente, di giovani che se ne vanno. Non mi interessa l’analisi degli eventuali colpevoli. La lascio ai politologi. Mi interessa, come sempre nella mia vita, cercare vie risolutive, nuove idee, convincenti progetti. Già, a dire il vero, con i magazine e con le tantissime attività della Associazione Culturale La Pagina rendiamo alla città un servizio pregiato, sia in sede locale, sia in luoghi importanti del panorama internazionale. Lo facciamo in completa solitudine. Per i nostri progetti, numerosi e consistenti, in grado di realizzare una seria svolta per la nostra città, gli addetti ai lavori, in altre faccende affaccendati, non muovono paglia. L’Associazione Culturale Politica Fiore di Pesco, della quale ho tracciato alcuni indirizzi anche nel precedente editoriale, comincia a sostanziarsi ed i primi fondatori si riuniscono giovedì 5 febbraio, giusto a metà tra oggi, giorno in cui scrivo questo editoriale ed il giorno di uscita de La Pagina. Su cosa rifletteremo giovedì prossimo? Non sulla attualità amministrativa, men che meno sulla partitica -non è nostro pane-, ma in merito alla possibilità di poter aspirare, nell’attuale polis, a forme di relazioni e comportamenti rigenerati e a misura d’uomo. Sarà un confronto solo educativo, come è nelle nostre corde morali. Essendo convinti che la politica altro non sia che creazione e realizzazione di progetti che risolvano i problemi dei cittadini (non di singoli cultori di privilegi, come è di norma oggi) creeremo momenti e spazi appositi perché alcuni uomini di ingegno (architetti, artisti, falegnami, matematici, medici, operai, poeti, studenti, urbanisti...) possano esporre pubblicamente idee e progetti per la città. Non ci sottrarremo, noi stessi, dall’esporre progetti, quelli che affascinano già migliaia di persone e sono seguiti da personalità d’eccellenza e da una moltitudine di intellettuali nel mondo che segue il nostro blog e il magazine La Pagina Europa. Proprio a New York, da parte di persone di altissimo e qualificatissimo livello, abbiamo i nostri migliori esegeti, pronti ad intervenire per aiutarci a realizzare progetti che potrebbero influire molto su percorsi rigenerativi per la città. Abbiamo poi intenzione di raccogliere sia i frutti della discussione politica, sia gli interventi progettuali, in un libretto che distribuiremo all’intera cittadinanza. Noi non siamo pagati all’uopo, anzi, paghiamo tutto di tasca nostra, e ne siamo fieri. Se anche tu sei fiero della tua dignità e della tua cultura e desideri solo impegnarti per la città, perché idee, propositi, progetti, il futuro dei nostri giovani possano realizzarsi felicemente, insieme all’idea di una città moderna e non sconfitta, apporta anche tu, con noi, il tuo granello di sabbia. Il futuro, il cambiamento, la nostra città dipendono solo dalla capacità intellettiva, dalla conoscenza culturale, dalla coscienza viva e operante di ciascuno di noi, impegnati in quello che è il compito primario di ogni cittadino: contribuire, gratuitamente, senza orpelli né prebende, al bene comune. Giampiero Raspetti
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Cervelli in fuga Secondo il Ministero del Welfare britannico, nel 2013, 44mila italiani hanno richiesto il national insurance number, per poter lavorare nel Regno Unito: un aumento del 66% rispetto all’anno precedente. Dalla Cina agli Stati Uniti, passando per gli altri Paesi dell’Unione Europea, sono sempre più i cervelli in fuga italiani e non si tratta solo di ricercatori e accademici. Molti giovani neolaureati interessati ad utilizzare e sviluppare ulteriormente le proprie capacità lasciano l’Italia. Perché se ne vanno? Il PIL non cresce mentre sale il tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile, ormai saldamente sopra il 40%. Secondo i dati ISTAT, solo l’1,26% del PIL viene investito in ricerca contro una media UE del 2%, e il mondo del lavoro è percepito come assolutamente non meritocratico, con assenza di valorizzazione delle eccellenze. Per le stesse ragioni l’Italia è poco attraente per gli stranieri qualificati. Quindi ciò che accomuna gli uni e gli altri è indubbiamente l’esigenza di vivere dove merito e competenze vengano valorizzati riducendo al minimo raccomandazioni e burocrazia. Rimane il desiderio di tornare a stare con i propri cari o godere della qualità della vita italiana, ma poiché l’offerta in altri paesi è di frequente più allettante spesso quei giovani creano la propria famiglia all’estero e lì rimangono. L’età di chi decide di partire è per lo più tra i 20 e i 45 anni, “ovvero tra il ciclo conclusivo della formazione scolastica e le età lavorative adulte”, come si legge sul rapporto ISTAT. Ma dove espatriano? Vediamo la top 10 stilata da Skuola.net sui dati ISTAT. Al primo posto non ci sono sorprese, il Regno Unito seguito dalla Svizzera. Al terzo gradino del podio figura la Germania, che è preferita soprattutto da persone con un livello di istruzione inferiore. A seguire Francia e Stati Uniti
Per molti anni sono stato appassionato delle Mura poligonali di Amelia e contemporaneamente, preso anche dall’hobby fotografico, sono arrivato al punto di riprenderle nel corso degli anni quasi al completo. Ebbene, in seguito ad un evento fortuito (il Comune di Amelia qualche anno dopo il 2003 aveva ripulito tutti i tratti di mura dai vegetali indesiderati), mi sono imbattuto in una pietra da RECORD (non in senso delle dimensioni ma in quello del numero degli angoli che la compongono). Ne possiede infatti 14 e supera così la famosa pietra della Città di Cusco in Perù a 12 angoli. Premettiamo che questa pietra record era già stata da me fotografata nel 2003 ma in quel periodo era in parte coperta da erbacce che impedivano la vista di alcuni angoli. Approfittando della preziosa opera di restauro delle Mura del Comune mi sono potuto accorgere, dopo anni in cui mi aggiravo intorno alle mura proprio con la segreta speranza di trovare pietre degne di confronto con quella famosa della città di Cusco in Perù, ho finalmente trovata la pietra che cercavo. Certamente, la pietra di Cusco è imbattibile in perfezione degli incastri (il famoso detto che nelle intersezioni non passa nemmeno una lametta da barba) e tuttavia è pensabile che dopo oltre 2000 anni le condizioni climatiche diverse e la diversa composizione della pietra abbiano fatto la differenza.
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per poi passare a Spagna, Brasile (primo tra i Paese emergenti i cosiddetti BRICS), Belgio, Australia e per chiudere la top 10, Argentina, scelta ancora una volta da persone con un livello di istruzione inferiore al diploma. Esportando talenti l’Italia perde risorse e questo produce, per i moltissimi casi in cui ciò avviene definitivamente, effetti negativi salvo considerare quei casi che, con un mercato del lavoro fortemente internazionalizzato, decidono di trascorrere un periodo all’estero, per studio o lavoro, nel qual caso il fenomeno è positivo e consigliabile. Un paese che investe risorse nell’istruire i propri giovani che poi se ne vanno altrove perde sia in termini di capitale umano, sociale ma anche economico e produttivo. Il brain drain potrebbe portare dei benefici nel medio-lungo periodo, se il Paese fosse in grado di attuare politiche pubbliche attive, mirate ad attrarre risorse qualificate dall’estero incentivando però il rimpatrio degli emigrati. Su questo tema Australia, India e Cina sono esempi positivi. Nel caso italiano le esperienze di passati programmi pubblici hanno prodotto solo risultati effimeri, perché non sono state create in parallelo le condizioni necessarie per consentire a chi viene nel nostro Paese (straniero o italiano che sia) di lavorare al meglio e contribuire effettivamente alla crescita del sistema, non solo di quello produttivo. Quindi non è un problema lo “scambio di cervelli” in sé, quanto preoccupa il fatto che non ritenendo i nostri cervelli e non attraendo l’Italia gli stranieri (brain gain) risultiamo esportatori netti di talenti. L’Italia per sperare di recuperare competitività e riacquisire un ruolo nel mondo globalizzato non può non cambiare le politiche di settore fornendo opportunità ai talenti italiani e stranieri che costituiscono eccellenze nei relativi campi di studio e professionali. alessia.melasecche@libero.it
Il blocco di 14 angoli Le Mura Poligonali di Amelia, al pari di quelle numerose del Lazio e di altre regioni italiane, sono degne di essere prese in considerazione dagli appassionati di archeologia protostorica al pari delle lontanissime mura oltreoceano. Tutto ciò potrà anche incrementare il numero dei visitatori di Amelia (forse presto nella zona potrebbe essere posta una insegna turistica di riferimento del Comune). Fabio Broussard
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Saltando sulla palla ovale in Laos quando una ONG australiana ha avviato un progetto sportivo rivolto alle donne, tra il gentil sesso è dilagata la passione per la palla ovale. Non potevano scegliere uno sport più arduo, non tanto per la fatica fisica (a cui siamo abituate, dice Lao Kang), quanto per le insidie che nasconde il terreno: trovare un campo di gioco che sia sicuro non è impresa facile perché a distanza di più di 40 anni è ancora alto il rischio di calpestare una bomba inesplosa. Uscire dai sentieri tracciati è tassativamente vietato, ma anche zappare il proprio campo è pericoloso, capita ancora che i contadini saltino in aria mentre lavoravano. La palla vola da una parte all’altra del campo, i bambini guardano curiosi le ragazze correre, braccarsi e rotolarsi nella polvere, due bufali ruminano all’ombra di un albero del sandalo mentre il passato di questo popolo sfortunato sembra perdersi in un ronzio lontano, in cui affievolisce anche l’eco degli aerei americani che spruzzavano l’Agent Orange, un defoliante impiegato per stanare i vietcong che andò ad impregnare il terreno e che ancora oggi è causa di malformazioni genetiche nella popolazione. Oggi il Laos è la dittatura comunista più repressiva del Sud Est asiatico e l’ONU preferisce entrare nel paese in punta di piedi: ha promosso negli ultimi 5 anni la formazione di 1.500 ostetriche ed ha avviato un piano di distribuzione di contraccettivi nelle tribù delle montagne, iniziative che, insieme al rugby, rappresentano piccoli grandi passi per liberare la donna dal giogo maschilista, cioè il primo passo verso una società migliore. Francesco Patrizi
Si può rimanere schiacciati sotto una montagna di giocatori, scivolare nel fango, risalire le spalle dei compagni di gioco e… saltare letteralmente in aria! Ebbene sì, nel Laos il rugby offre una piccola dose in più di adrenalina. Proposto nei tour dalle agenzie viaggio insieme con la Cambogia e il Vietnam, questo ex protettorato francese è oggi conosciuto come “la perla d’Oriente” o, per i meno romantici, come il luogo dove procurarsi oppio a buon mercato e giovanissime prostitute. Ai tempi della guerra in Vietnam era indicato sulle cartine dell’aviazione americana con una semplice X. Quando gli aerei di base in Thailandia tornavano dalle missioni, provvedevano a liberarsi in volo delle bombe rimanenti, poiché non potevano atterrare con gli ordigni a bordo, e la zona sui cui gettavano questa zavorra incendiaria non era una terra di nessuno, ma un paese montuoso dove vivevano l’etnia lao di origine cinese e l’etnia thai, gente pacifica e tranquilla che non era in guerra, eppure ha visto cadere sulla propria testa una quantità di bombe maggiore di quella impiegata durante la Seconda Guerra Mondiale in tutta Europa. Nonostante tutte le vicissitudini passate, i laotiani sono famosi per i loro volti sempre sorridenti e la giovane Lao Kang ne è la conferma: ha ventidue anni ed è orgogliosa di essere entrata nella prima squadra nazionale di rugby femminile del suo paese. Sin da bambine le donne laotiane sono destinate al lavoro dei campi e non hanno tempo per le attività ricreative, ma da
P ri mo Pian o Un gruppo di amici in un interno. Un fratello e una sorella, e i rispettivi compagni, più lo storico amico di famiglia. Si conoscono da sempre, hanno passato la vita insieme pur avendo intrapreso strade completamente diverse. Alla soglia della mezza età, tante cose son cambiate da quando erano ragazzi in vacanza al mare. Sono diventati vittime anche loro di questo mondo di oggi, di questa Italia di oggi. Delle sue ipocrisie, dei suoi falsi ideali, dei meccanismi malsani che l'hanno portata sull'orlo dell'abisso. Ma questa sera si festeggia l'attesa di un bambino, si brinda, ci si abbraccia, si mettono da parte i rancori. Finché l'annuncio, da parte del futuro papà Gassman, del nome scelto per suo figlio non farà precipitare la situazione, facendo riemergere tutto il sommerso. É indubbio che per un regista, anche di consumata fama e talento come Francesca Archibugi, dirigere un gruppo di bravi attori in un solo spazio sia una sfida e un punto di arrivo. Ed è altrettanto indubbio che l'ottima sceneggiatura che Francesco Piccolo e la stessa Archibugi hanno scritto sia dell'ottimo materiale di lavoro, così piena di battute pungenti e di sarcasmo, così lucida nella caratterizzazione dei personaggi e degli ambienti.
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IL NOME DEL FIGLIO di
Francesca Archibugi
Tutto allettante, tutto possibile. Ma la domanda, che credo sorga spontanea, è quella che molte volte al cinema ci si trova a porsi: davvero se ne sentiva l'esigenza? Davvero, dopo svariati film di stampo teatrale e di ambiente alto borghese, era veramente necessario aggiungere qualcosa? Qualcuno potrebbe obiettare che in Italia non si era mai fatto. E forse è un limite di chi scrive quello di considerare il cinema come qualcosa di più di un semplice confine nazionale, e di giudicare "qualsiasi film" come qualcosa di buono o di cattivo, di originale o di già visto, a prescindere. Ma tant'è. Le risate ci sono, l'intrattenimento è di buon livello, e gli attori (le donne in primis) fanno il loro lavoro con classe e dignità. Forse il fatto è che davvero a noi italiani (e qui è doveroso rientrare nei confini) ci dà piacere la tranquillità di vedere cose che già conosciamo, un po' come una cena in famiglia ogni domenica o la passeggiata sotto il sole dopo pranzo. Ci spaventa la novità. E allora c'è da chiedersi per quanto ancora avremo il coraggio di considerarci allo stesso livello degli altri. Nel cinema, e non solo. Lorenzo Tardella Per altre recensioni visitate il blog www.ilkubrickiano.wordpress.com
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Paolo Pileri un Campione per amico Nei ricordi sportivi da adolescente, un posto particolare lo riveste Paolo Pileri. Come tanti ternani sono appassionato di motori, l’ebbrezza della velocità fa parte del tessuto sportivo di una città cresciuta nel mito di Borzacchini e Liberati. Non ho conosciuto questi campioni, ho avuto la fortuna però di entusiasmarmi con le vittorie di Pileri. Avevo il suo poster, spesso passavo davanti al negozio di elettrodomestici della sua famiglia con la speranza di incontrarlo. Lo conobbi infine molti anni dopo: alla fine di una riunione per l’organizzazione di un evento motoristico. La serata volgeva al termine, ero in compagnia di Federico Salvati e del compianto Giorgio Gatti, suoi vecchi amici, ma soprattutto motociclisti veri. L’unico intruso in mezzo alle loro storie di goliardica amicizia dal sapore di olio bruciato in una Terni a me sconosciuta, ero proprio io. Tirammo in lungo fino a notte inoltrata. Allora ero il giovane VicePresidente dell’Aci di Terni, Paolo era diventato un manager affermato con un team motociclistico di primo piano. Scoprìi un Pileri per me assolutamente inedito, ironico e scherzoso, istrionico narratore di aneddoti, lontano dal personaggio schivo e silenzioso che pensavo fosse. Fu una delle mie più belle serate di sport e d’amicizia. Federico e Giorgio incalzavano Paolo con tutta una serie di ricordi, io assistevo compiaciuto e divertito allo snocciolarsi di frammenti di vita, trascorsi tra circuiti e paddock ed alle loro zingarate. Avrei voluto non finisse mai quell’incontro, così semplice, ma talmente intenso da incidere ancora nella mia memoria.
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Paolo Pileri nasce a Terni il 31 luglio 1944. Cresce in una città dinamica ed umile, ma piena di entusiasmo e ammirazione per le imprese sportive del concittadino Libero Liberati nelle quali si riconosce e si esalta. Dopo furibonde liti con i genitori, commercianti assai noti in città, inizia la sua carriera agonistica, raggiungendo subito risultati importanti. Il papà Centauro era talmente contrario alle velleità motoristiche del figlio, da costringerlo a partecipare alle prime gare, nella seconda metà degli anni sessanta, con una moto prestata da un concessionario locale, sotto lo pseudonimo di Mister Richard. Quando i genitori ne scoprono l’identità è troppo tardi e l’approdo di Paolo nel professionismo è inevitabile. La carriera sportiva di Pileri, iniziò nel 1969 con la partecipazione al Campionato Juniores di velocità, classificandosi al secondo posto, in sella ad una Aermacchi Aletta 125. Dopo quattro stagioni, due da Junior e due da Senior, Pileri esordì nel Motomondiale del 1971, al GP del Belgio in una gara della 125. Ottenne i suoi primi punti mondiali due anni dopo, sempre come pilota privato, alla guida prima di una DRS e poi di una Yamaha, rispettivamente nelle classi 125 e in 250. Con la Yamaha ottenne un lusinghiero 3º posto nel GP del Belgio a Spa. Le sue doti gli valsero il primo ingaggio da pilota ufficiale alla Morbidelli, prendendo il posto di Angel Nieto, passato alla Derbi. Durante la stagione 1974 Pileri sviluppò la giovane 125 da GP della casa pesarese. In quell’anno Paolo si consacra a livello internazionale, rendendosi protagonista di un’impresa eroica. Durante le prove del Gp di Cecoslovacchia a Brno cade malamente e si frattura una spalla. Contrariamente al parere dei medici, Calimero si schiera al via della gara delle 125, partendo dall’ultima posizione; con una rimonta impressionante riesce a portarsi al primo posto. La sua Morbidelli però, rimane senza benzina. Terminò al 2º posto, superato proprio sul traguardo dal campione del mondo, lo svedese Kent Andersson su Suzuki. Nel 1975 Pileri vinse sette Gran Premi consecutivi, conquistando il titolo mondiale, davanti al compagno di squadra Pier Paolo Bianchi. Rimase in Morbidelli anche negli anni seguenti: nel 1976 si classificò terzo nella classifica della 125 dietro a Bianchi e Nieto, impegnandosi anche nella 250, dove sviluppò la nuova “VR 250”, con la quale si piazzò al secondo posto in Belgio. Nel 1978 Pileri si schierò con le Morbidelli 250 e 350: vinse il GP del Belgio della 250 (10° alla fine del campionato) e arrivò al 3º posto nel GP del Venezuela in 350 (13° a fine stagione). La stagione 1979 fu l’ultima di Pileri nel Mondiale, dove corse con una Yamaha in 250 e con l’artigianale RTM in 350. Miglior risultato della stagione un 3º posto in Cecoslovacchia in 250, mentre la RTM 350 4 cilindri scontava ancora problemi di gioventù. Dopo il ritiro dalle competizioni, nel 1987 Paolo fonda il Team Pileri insieme al fratello Francesco, iniziando l’attività di manager. Dapprima con delle MBA sponsorizzate dalla AGV, per passare nel 1988 alle Garelli e, dal 1989, alle Honda. Con le 125 giapponesi del team Pileri-AGV Loris Capirossi conquisterà il titolo di Campione del Mondo nel 1990 e 1991. Fausto Gresini invece, sfiorerà l’iride della “ottavo di litro” nel 1992. Il Team Pileri correrà anche in 500: nel 1995 Capirossi fu 6°, mentre nel 1996 Barros arrivò 4°, in entrambi i casi su Honda. Il team “Marlboro-Pileri” (denominazione della squadra dal 1992) darà l’opportunità a Valentino Rossi di scendere in pista con una moto ufficiale: accadde nel 1993 all’Autodromo di Misano. Pileri muore il 13 febbraio 2007, stroncato da un malore improvviso. Riposa nel cimitero di Papigno a pochi chilometri da Terni. Quella notte di racconti e motori non la dimenticherò mai. Paolo Pileri un ternano come noi! Dott. Stefano Lupi Delegato Coni di Terni
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È tempo di nonni! Il 20 Gennaio 2015 la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, meglio nota come CEDU, ha pronunciato una sentenza storica. La sua grande importanza risiede nel fatto che viene riconosciuto, in modo inequivoco, il diritto dei nonni a mantenere un legame con i nipoti. Tale legame trova evidente tutela nella disposizione di cui all’art.8 della Carta Europea dei Diritti dell’uomo: “ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza”, e, con la sua privazione, si viola gravemente e profondamente la serenità familiare. Principio ovvio questo, ma c’è voluta la Corte di Strasburgo per dotarlo di rango giuridico. La Corte infatti, con la sentenza Manuello e Nevi c. Italia, ha condannato il nostro Paese a risarcire migliaia di euro, 21.000,00 per la precisione, a due nonni che non hanno potuto vedere la nipote per circa 12 anni. A seguito della separazione del figlio, dacché questi era stato accusato dalla moglie di abusi sessuali sulla bambina, nonostante il processo penale si fosse concluso con l’assoluzione piena del padre, i servizi sociali, incaricati di valutare il benessere psicologico della minore, avevano ritenuto che gli incontri con i nonni paterni potessero esserle di pregiudizio e, pertanto, li avevano impediti. Ciò che non tutti sanno, che è invece estremamente rilevante in questo caso, lo è stato in molti precedenti, e probabilmente lo sarà sempre di più in futuro, è che le sentenze della CEDU sono vincolanti per gli Stati Membri. Il Paese destinatario della decisione pertanto, ha l’obbligo di modificare il proprio sistema normativo interno secondo quanto stabilito dalla Corte, e ciò al fine di evitare che si ripetano ulteriori violazioni della Convenzione. Sinora, nel nostro ordinamento, i nonni non godevano di tale diritto. Ed infatti, nonostante la modifica, introdotta dalla legge 64/2006, all’art.155 c.c., mirasse a conservare relazioni significative con gli ascendenti ed i parenti di ciascuno dei genitori, non era riconosciuto un vero e proprio diritto dei nonni ad avere rapporti con i nipoti, essendo, tale rapporto, tutelabile esclusivamente dal punto di vista del minore; in altre parole, solo quest’ultimo ha diritto alla conservazione delle relazioni affettive con i nonni, ma non viceversa. La Cassazione (sent. n. 28902/2011), ha ritenuto che la citata norma fosse eccessivamente generica per attribuire diritti o anche soltanto interessi tali da legittimare l’intervento dei nonni nel procedimento di separazione dei coniugi. Finora, salvo rare eccezioni, vi è stata soltanto la possibilità di sollecitare un controllo giudiziario sull’esercizio della potestà dei genitori, i quali, senza un valido motivo, non possono limitare i rapporti dei figli con i parenti più stretti. Tuttavia la possibilità di attivare i procedimenti di cui agli artt.330 c.c. (decadenza della responsabilità genitoriale) e 333 c.c. (condotta del genitore pregiudizievole ai figli), è riservata a comportamenti oggettivamente e gravemente pregiudizievoli. Si tratta però di ipotesi limite che non consentono a quelle situazioni di conflittualità diffuse, che non raggiungono il livello patologico, di trovare adeguata tutela per un rapporto così determinante nella vita di ognuno. Avv. Marta Petrocchi Stiamo a vedere cosa cambierà dopo la citata sentenza. legalepetrocchi@tiscali.it
Lu p o l i ttich ich es e L’andru ggiornu ‘nzieme all’amicu miu “Treccani” stavamo a ssinti’ ‘n cumizziu su la televisione... “Nell’establishment, per non creare outsider, c’è un bipartisan cerchiobottismo per una question time riguardante una richiesta di impeachment contro alcuni gufi e si chiede una devolution dei poteri forti in modo da creare un welfare state facendo una kermesse e attraverso un ribaltone si creerà un governissimo...” Ma che sta a ddi’!?... A mme, co’ ttutta ‘sta smannata de vocabbuli ‘scuri, me pare ‘na seppia che sputa l’inchiostru!... Sinti ‘n bo’... a Trecca’, tu che ssì ‘nciclopedicu, ciài capitu chiccosa?... E zzittu ‘n bo’... no’ mme stai a ffa’ sinti’ gnente... cumunque sta a ddi’ che chi ccommanna... pe’ no’ armane’ fòri e ccontenta’ ‘n bo’ tutti... cerca da da’ ‘na bbotta a lu cerchiu e ‘n’andra a la bbotte... richiedenno pe’ qquilli che stanno a ggufa’
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‘na tirata de collu ‘n modu da crea’ ‘n bellu Statu e ppo’ facènno ‘na gran festa e ribbardanno quarche ‘nciucione se pòle crea’... Ahoo... e ttu te pari chiaru?... Mesà che hai sbajatu strada... dovéi fa lu puliticu ‘nchi tu! ‘Ntantu quillu ‘n televisione ‘mperterritu seguitàa... “... quindi, per la stabilità della Leopolda nel Nazareno, col Jobs Act le ambizioni personali devono essere assoggettate solo al bene del paese...”. Aho... che tte pozzi guastatte... no’ mm’hai fattu capi’ l’urdime cose ch’ha dittu!... ‘N te preoccupa’ Trecca’ l’ho ccapite io!... Quillu lessicu pomposu ce n’ha missu ‘n abbondanza è dde certu ‘n bo’ lezziosu ma è ppulitica de panza... su le spalle a ‘stu Paese issu ‘ntantu ce guadagna ccucì in pulitichese parla propiu come magna! paolo.casali48@alice.it
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AZIENDA OSPEDALIERA
Struttura Complessa
D ott. A lessandro Pa r dini Responsabile Struttura Complessa di Cardiochirurgia Direttore del Dipartimento Cardio Toracico Vascolare A z ien d a O s p e d a lie r a “ S. Mar ia” di Te r ni
A quasi 14 anni dall’inizio della sua attività il centro di Cardiochirurgia di Terni si conferma uno dei poli di riferimento cardiochirurgico più qualificati del centro Italia, con tecniche all’avanguardia in tema di chirurgia valvolare e coronarica, standard qualitativi che non sono stati intaccati dalle difficoltà amministrativo-economiche del particolare periodo storico che stiamo vivendo, e un modello organizzativo, basato sul continuo confronto delle varie figure sanitarie coinvolte nel dipartimento e non solo, che appare sempre più efficiente nell’ambito del panorama sanitario italiano. L’attività cardiochirurgica, iniziata nel dicembre del 2001, ha visto crescere consensi sempre maggiori non solo grazie alla grande professionalità e abnegazione di coloro che vi hanno operato con passione e determinazione, ma anche grazie alla forte ed importante collaborazione interdisciplinare indispensabile per lo sviluppo di un’attività cardiochirurgica di tale livello. É stato grazie al supporto delle varie discipline sanitarie che ruotano intorno al nostro centro, che la Cardiochirurgia di Terni può offrire oggi soluzioni sempre più sofisticate ed efficienti, in risposta a patologie cardiache che un tempo non lontano erano considerate passibili di cure solamente in pochi centri italiani o addirittura esteri. L’esperienza maturata in questi anni ha permesso di raggiungere una consolidata crescita professionale del personale che opera all’interno della struttura, permettendo altresì la nascita di un reparto nel quale le figure professionali deputate all’assistenza dei malati hanno raggiunto grandi livelli di efficienza e di elevata qualità, grazie anche all’utilizzo di materiali e strumentazioni all’avanguardia. La creazione di un reparto dedicato di Terapia Intensiva Post-Operatoria (TIPO), avvenuta circa 10 anni fa con la costituzione di un gruppo autonomo di anestesisti, ha contribuito alla definitiva affermazione della cardiochirurgia ternana e ha dato un forte impulso alla crescita dell’intero Dipartimento Cardio-Toraco-Vascolare. Ovviamente anche l’attività cardiologica nel suo insieme realizza quella completezza di intenti che mira ad offrire il miglior trattamento medico-chirurgico nei riguardi di un’utenza sempre più esigente. Per questo, la diagnostica cardiologica preoperatoria si avvale, oltre che di personale medico ed infermieristico di elevato livello professionale, anche di moderni sistemi e sofisticate tecnologie di “imaging”, tali da consentire una sempre più precisa diagnosi precoce, un’adeguata indicazione chirurgica ed una mirata pianificazione del “timing” di intervento chirurgico. Con oltre 4.000 interventi realizzati e grazie anche al contesto geografico strategico in cui è posto, il centro ternano di cardiochirurgia ha ormai consolidato una forte attrazione extraregionale nell’ambito delle attività di alta specialità medico-chirurgica e per patologie cardiologiche acute di vario genere. Infatti, circa il 25-30% delle prestazioni erogate riguarda pazienti provenienti da altre regioni con particolare riferimento al Lazio e all’Abruzzo. Proprio città dell’entroterra abruzzese come L’Aquila si sono rivolte al nostro centro in più occasioni, soprattutto per quanto riguarda interventi in emergenza relativi alla rottura dell’aorta ascendente (dissezione aortica acuta). Inoltre, la disponibilità ad offrire sempre ed in ogni caso un posto letto ed un’adeguata assistenza conferisce al centro cardiochirurgico ternano una sempre maggiore credibilità da parte di città limitrofe come Spoleto, Foligno, Rieti, Viterbo. Delle due sale operatorie disponibili una viene dedicata esclusivamente all’attività cardiochirurgia, mentre la seconda, riservata all’attività di chirurgia vascolare, viene attivata anche in casi di emergenza o di incremento
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dell’attività. Entrambe le sale sono dotate di strumentazioni all’avanguardia e di personale infermieristico dedicato altamente specializzato. Completano il personale di sala i tre tecnici addetti al funzionamento della circolazione extracorporea nella gestione delle macchine cuore polmoni e altri operatori di supporto logistico. L’esperienza di lavoro maturata attualmente consente all’équipe diretta dal dottor Pardini di intervenire su una vasta gamma di patologie cardiache sia di natura acquisita che congenite, con trattamenti all’avanguardia in tema di chirurgia valvolare e coronarica. Per quanto riguarda il trattamento delle coronaropatie notevoli risultati si sono ottenuti grazie all’utilizzo di tecniche di intervento a cuore battente che permettono di realizzare by-pass coronarici senza la necessità di fermare il cuore con la circolazione extracorporea. Tale tipo di chirurgia è in grado di offrire al paziente innegabili vantaggi tra i quali un più precoce recupero clinico post-operatorio ed una diminuzione del rischio di trasfusione di emoderivati, senza dover peraltro rinunciare ad un ottimale trattamento chirurgico. In particolare, la tecnica a cuore battente rende l'intervento meno invasivo, riducendo la reazione infiammatoria postoperatoria, e, soprattutto, permette di trattare pazienti con patologie dell'aorta ascendente gravi. Altro punto di forza del centro ternano, forte di un'esperienza maturata anche all'estero, è la chirurgia ricostruttiva della valvola mitralica con utilizzo di tecniche sia in forma invasiva che mininvasiva a seconda dei casi specifici. La chirurgia della valvola mitralica consente, infatti, la riparazione in oltre il 95% dei casi, evitando così il ricorso a protesi artificiali e i problemi ad esse connessi. Negli ultimi anni sono notevolmente aumentati gli interventi per patologie a carico dell’aorta toracica; si tratta di interventi complessi miranti alla sostituzione dell’aorta ascendente e alla
S A N TA M A R I A D I T E R N I
a di Cardiochirurgia PERSONALE M ED I C O Dott. Alessandro Pardini Dott. Valentino Borghetti Dott. Giancarlo D’Addario Dott. Dante Dionisi Dott. Paolo Fiaschini Dott. Francesco Fioriello
Responsabile S.C. e Capodipartimento Aiuto Cardiochirurgo e responsabile S.S. Chirurgia A Cuore Battente Aiuto Cardiochirurgo Aiuto Cardiochirurgo Aiuto Cardiochirurgo Aiuto Cardiochirurgo
PERSONALE DI SALA OP ER ATOR I A Direzione Coordinamento Blocco Operatorio P.O. Gestionale B l o cco Op er a t o r i o Do t t . s s a A m b r a P r o i e t t i C o o rd i n a t r i ce éq u i p e In f er mi er i s t i ca Emanuela Santuro Tecn i ci P er f u s i o n e ext r a co r p o rea Carmine Malandra; Matteo Franceschini; Arturo Scala In f er mi er i d i s a l a e s t r u men t i s t i Roberta Ortenzi; Raffaella Latini; Paolo Scaramuccia; Ilaria Monti; Pasquale De Lise; Anna Polidori; Barbara Spalvieri; Domenico Marianantoni
PERSONALE DI RE PA RTO
Fotoservizio di Alberto Mirimao
preservazione della valvola aortica (intervento di T. David), che fino a non molti anni fa invece si era costretti a sacrificare mediante sostituzione con una protesi. Tale chirurgia rappresenta attualmente circa il 30% dell’ attività complessiva ed ha conosciuto un costante incremento negli ultimi anni grazie anche all’utilizzo di complicate e sofisticate tecniche di diagnostica che permettono di scoprire sempre più precocemente eventuali patologie aortiche. Completano la vasta gamma degli interventi eseguiti a Terni la chirurgia riparativa della tricuspide, la sostituzione valvolare aortica ed il trattamento di alcune patologie congenite dell’età adulta. Negli ultimi anni, infine, un ulteriore campo d’azione si è aggiunto all’attività di cardiochirurgia ternana, vale a dire il trattamento chirurgico della fibrillazione atriale che, in collaborazione con il centro di elettrofisiologia, può avvenire contestualmente al trattamento chirurgico di altre patologie cardiache oppure mediante approcci chirurgici mini-invasivi che al momento sono riservati solo a casi ben selezionati ma che aprono orizzonti con più ampie applicazioni in un futuro non lontano. La grave crisi economica che attanaglia il nostro paese da diversi anni -sottolinea il dottor Pardini- mina costantemente non soltanto la nostra realtà cardiochirurgica ma anche quella dell’intero territorio nazionale. Nel tentativo di contrastare le conseguenti cadute di efficienza relative al trattamento e all’assistenza di pazienti sempre più anziani e affetti da patologie sempre più impegnative, possiamo e dobbiamo cercare di gestire in modo più adeguato le risorse che ci vengono assegnate, diminuendo contestualmente gli sprechi in modo tale da poter continuare a fornire adeguati standard di cure e assistenza a tutta la cittadinanza locale ed extraregionale che si affida alla nostra professionalità.
C a p o s a l a , co o rd i n a t r i ce p er s o n a l e i n f e r m i e r i s t i c o C a rd i o l o g i a e C a rd i o ch i r u rg i a Virginia Minicucci P er s o n a l e i n f er mi er i s t i co d i rep a r t o Marcella Mancini; Ornella Giovannetti; Enrico Gentile; Federica Scoppetta; Graziana Scarciafratte; Fabiana Di Francesco; Barbara Cesaroni; Emanuela Grilli; Sonia Cameli; Antonella Poscente; Ombretta Menichetti; Stefania Venanzi; Tecn i co s a n i t a r i o Maria Cristina Locci C a p o s a l a C o o rd i n a t r i ce p er s o n a l e i n f . c o We e k H o s p i t a l C a rd i o l o g i co Oriana Spera P er s o n a l e In f er mi er i s t i co Week Ho s p i t a l C a rd i o l o g i c o Patrizia Altobelli, Raffaella Mallamaci, Brunella Tazza, Raffaella Dalla Libera, Annunziata Mattina, Alessandra Gubbiotti, Diomira Iacaerelli, Antonio Occhibove.
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Il fiore di pesco continua a dare i suoi frutti
Il fiore del pesco in questo caso è l’iniziativa denominata TernixTerni=Anch’io ed il pesco è la Fondazione Aiutiamoli a Vivere. Dopo oltre vent’anni di attività volontaria e gratuita la TernixTerni=Anch’io continua incessantemente a dare frutti. Nei prossimi mesi, grazie all’attività ininterrotta dei volontari impegnati nelle vendite dei cuori di cioccolato per la ricorrenza di San Valentino, Patrono della città di Terni e simbolo di quell’AMORE per la città e per la solidarietà verso chi soffre di cui è impregnato chiunque si avvicini alla TernixTerni= Anch’io, si acquisterà e si donerà all’Azienda Ospedaliera l’ennesima strumentazione necessaria pr la prevenzione e la cura del tumore al polmone: Il Video – Broncoscopio.
ambizione e per il bisogno di potere. Da quel giorno ed in modo incessante, da Terni, si è diffusa su tutto il territorio nazionale e nel mondo l’attività di concreta solidarietà organizzata dalla Fondazione Aiutiamoli a Vivere per aiutare le popolazioni infantili in difficoltà. Le ragioni del suo successo e della sua diffusione sul territorio nazionale vanno ricercate nella capacità di coinvolgere il vero motore della società: LA FAMIGLIA. Attraverso le oltre 10.000 famiglie italiane coinvolte nei progetti di cooperazione internazionale attraverso l’accoglienza di un bambino, la Fondazione Aiutiamoli a Vivere è riuscita a portare il suo messaggio di speranza e amore ovunque è chiamata ad operare. La città di Terni, i suoi volontari sono stati il motore di questa diffusione e non hanno minimante pensato di tralasciare, quanto emerge, in termini di bisogno, disperazione e richiesta d’aiuto della popolazione Ternana. È per questo che l’iniziativa TernixTerni=Anch’io continua a generare frutti da quei fiori di pesco che mai smettono di germogliare nell’albero di Aiutiamoli a Vivere. Dr Fabrizio Pacifici
Vi deve pur essere gioco e innocenza e dovizia di fiori, altrimenti per noi sarebbe troppo piccolo il mondo e la vita non un piacere (Piena fioritura, Hermann Hesse).
Fare attività con l’iniziativa TernixTerni=Anch’io è gioco, è innocenza, è soprattutto dono, è dedicare un po’ del proprio tempo alla città di Terni ed a quella parte più sensibile e bisognosa d’ascolto. Il fiore di pesco che genera e continua a generare concreta solidarietà è la Fondazione Aiutiamoli a Vivere che vide negli occhi di bambini innocenti tutta la disperazione ed il bisogno di amore che soltanto un bambino nel letto di un ospedale sa profondere nell’animo di questi stessi uomini che hanno generato strumenti di morte e distruzione per la propria
I coloranti I coloranti si utilizzano allo scopo di migliorare l'aspetto (colore) di bevande e alimenti vari. Comprendono sostanze naturali soprattutto di origine vegetale e in minor misura animale o artificiali come i coloranti di sintesi. Già dagli anni '70 molti coloranti sono stati criticati per la loro tossicità e per la loro funzione di rendere più attraente il prodotto. Per esempio, l'aranciata con il 12% di succo deve apparire a tutti i costi come le arance succose, oppure l'estratto di menta deve per forza essere verde. Tra i vari coloranti alcuni, quelli appartenenti alla serie azoica, risultano in buona parte cancerogeni o sospetti di provocare il cancro al fegato negli animali da esperimento e vietati nel nostro paese a seguito del D.M. del 3 settembre 1976. Dal 1978 è stato anche vietato l'E 123 Rosso amaranto, ammesso tuttavia per la colorazione del caviale e dei suoi succedani. L'elevato rischio cancerogeno associato al consumo di coloranti azoici dipende dalla loro trasformazione in ammine cicliche a livello dell'intestino per rottura del legame diazo tra azoto e azoto da parte della flora batterica e dal
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successivo trasporto di queste ammine nel fegato, dove subiscono ulteriori degradazioni con formazione di composti cancerogeni. Mentre i coloranti con elevato rischio per la salute sono tutti liposolubili, i coloranti azoici autorizzati, invece, sono composti solubili in acqua e rapidamente eliminati dall'organismo. Anche se per i coloranti consentiti sia escluso il rischio cancerogeno non è però esclusa la possibilità di attivare reazioni allergiche. Per questa ragione l'uso dei coloranti è escluso negli alimenti destinati alle gestanti, ai bambini e agli anziani. Attualmente i coloranti sono utilizzati soprattutto per i prodotti dell'indusstria dolciaria, nelle bevande analcoliche e nei liquori. Non è consentito aggiungere coloranti nei seguenti alimenti: acqua, sale, zucchero, miele, latte, pane, pasta, carne, pesce, olio, caffè, cioccolata, torrone, aceto, succhi di frutta, succhi di verdura, gelati al torrone, gelati al limone, panna, uovo. L'uso dei coloranti abbonda invece nelle conserve e nei prodotti voluttuari, che hanno un ruolo più marginale nell'alimentazione umana, ma comunque la loro presenza deve Lorena Falci Bianconi risultare nell'etichetta.
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Il momento della ragione Parigi 07.01.2015 ore 11.30 Un commando di terroristi irrompe nella redazione del giornale satirico Charlie Hebdo, massacrando con spietata ferocia, il gruppo di redazione, poi 48 ore di terrore in un’escalation di immagini di orrore in diretta, esecuzioni a sangue freddo, proclami deliranti pieni di odio e fanatismo in nome di chissà quale dio, urla, spari fino al tragico epilogo dell’Yper Cacher, altro bagno di sangue di assassinati e di assassini. Un film raccapricciante che grazie ai media globali abbiamo vissuto nelle nostre case come se tutto avvenisse a pochi passi da noi. Infine domenica 11 gennaio, giorno della grande marcia contro il terrorismo nelle piazze di Parigi a cui hanno partecipato tutti i leader europei e non, politici di varie nazionalità e due milioni di cittadini di vari stati e di diverso credo politico o religioso. Un evento eccezionale in cui la capitale francese per un giorno è divenuta la capitale del mondo che rifiuta la violenza del terrorismo di qualsiasi matrice politica o religiosa. Quello storico giorno è ormai passato, i leader politici sono ritornati ai loro paesi, ai loro giochi di potere, i cittadini hanno ripreso il loro lavoro, la cronaca porterà alla ribalta altre notizie, speriamo non così drammatiche. A questo punto è lecito porsi una domanda: quali saranno gli scenari possibili? Come reagire a tanta violenza? Belle domande! Tuttavia abbiamo alcune idee che è doveroso comunicare ai nostri lettori, senza la presunzione di obbligarli a condividerle e sempre nel rispetto della libertà di scelta personale. Premettiamo inoltre di non essere politologi, orientalisti o quant’altro, ma semplici cittadini che in nome della libertà di espressione (diritto conquistato a prezzo di dure lotte) esprimono democraticamente il loro parere. Una prima considerazione oggettiva è che il mondo è diventato troppo complesso per essere tenuto in ordine. É una polveriera impossibile da controllare e non esiste visione capace di risolvere le incognite. A Parigi dei fanatici credono di difendere l’onore del Profeta, Al Queida alza il tiro per non essere messa in ombra dall’Is. Per ora le contraddizioni scoppiano qua e là, ma sono sempre più numerose, forse preludio di scoppi più grandi. Il mondo globalizzato è una colossale scorreria: poteri economico-finanziari mossi da rapace volontà di potenza, organizzazioni criminali che controllano interi settori di attività illegali soppiantando i poteri legittimi dello stato. Civiltà umiliate da secoli cercano la rivincita, rivalità tribali ed etniche riesplodono, fedi politico-religiose prima confinate in un momento storico superato riemergono con la loro carica di intransigenza e di intolleranza. Fino a questo momento si credeva che la globalizzazione, cancellando le differenze culturali, avrebbe unificato il mondo garantendo pace e rispetto tra i popoli, invece stiamo assistendo ad un processo di disgregazione in cui le contraddizioni esplodono senza controllo. In una tale situazione il terrore si insinua nelle nazioni dove il fallimento di politiche integratrici produce esistenze infelici, sbagliate e senza radici divenendo facile preda del fascino della violenza come forma di riscatto. Seconda considerazione. La massima estensione provoca la massima debolezza; è un principio della fisica, se ci si allontana dal centro, aumenta l’anarchia. Tutti i regni malati di gigantismo si sono dissolti
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come l’impero romano, macedone, persiano, ottomano, russo ed erano retti da governi accentratori e dispotici, figuriamoci quando un governo nemmeno esiste, allora anarchia, violenza, disordine prendono il sopravvento. Ci si illudeva ottimisticamente che la globalizzazione avrebbe unificato il mondo e che le forze in campo avrebbero finito per disporsi razionalmente in un assetto naturale, basato sul libero gioco dei reciproci interessi. Ma così non è stato specie quando i soggetti da integrare sono di diversa natura economica, culturale, religiosa e soprattutto quando entrano in campo valori sostanziali considerati non negoziabili. Insomma la globalizzazione non ha portato alla razionalità ma all’irrazionalità, non alla pace ma alla violenza. Terza considerazione: le nostre società sono vulnerabili anche dal punto di vista psicologico. I nervi stanno per cedere, ma non possiamo mandare indietro l’orologio della storia. Quanto è accaduto a Parigi sembra dar ragione ad alcuni movimenti che stanno prendendo piede qua e là in Europa tipo Le Pen in Francia, La Lega in Italia, Alba dorata in Grecia che sognano un assurdo ed antistorico ritorno alle piccole patrie, agli stati nazionali, senza pensare a quale bellissimo regalo farebbero al terrorismo internazionale presentando un’Europa disgregata e divisa. Una grande vittoria senza combattere. Essi ignorano una regola fondamentale esistita da quando il mondo è mondo: uniti si vince, divisi si perde. Proprio in questo ambito si giocano interessi politici ed elettorali che fanno leva su istinti primordiali: amico-nemico, scontro di civiltà, barbarie contro civiltà come stanno facendo partiti e movimenti nazionalisti e xenofobi, sfruttando l’onda irrazionale della paura, proponendo la guerra come soluzione risolutiva. Quarta considerazione: è assurdo pensare che con una guerra si risolvano i problemi. Questa parola d’ordine usata come comodo espediente per vincere le elezioni viene adoperata non solo contro i nemici, ma anche contro avversari politici giudicati come opportunisti, traditori e conniventi con i terroristi. Ma chi usa tali argomenti non si accorge quale favore faccia al terrorismo? Il primo effetto di una guerra dichiarata all’Islam sarebbe quello di compattare in un fronte unico gli islamici che vivono nei nostri paesi da generazioni e che bene o male si sono integrati. Proprio questi ultimi saranno le prime vittime trovandosi tra due fuochi. La campagna per la guerra sarebbe una formidabile propaganda per l’arruolamento nell’Islam violento. Un ottimo regalo ai fondamentalisti il cui obiettivo è il compattamento integralista di tutto l’Islam. Insomma più la comunità mussulmana si sente rifiutata, più è facile che diventi terreno fertile per l’estremismo. Conclusione: questo è il momento della ragione e la ragione suggerisce non la guerra, ma controlli, azioni di polizia che sono una cosa ben diversa. La ragione dice anche che se abbracceremo la maggioranza dei mussulmani moderati, trattandoli come alleati contro la violenza fondamentalista, come cittadini uguali a noi, le nostre democrazie saranno più forti. La forza della ragione contro l’onda travolgente dell’emotività e contro avventure belliciste dall’esito imprevedibile. Je suis Charlie, je suis juif, je suis europeenne. Pierluigi Seri
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Il punto di vista interno: Fabrizio De Silvestri e il suo protocollo Mi chiamo Laura, ho 46 anni e ho la sclerosi multipla da una ventina di anni. Il mio sogno più antico e anche il più frequente è sempre stato quello di fare una vacanza nel corpo, nelle sensazioni, nei meccanismi psicologici e nei sentimenti di un’altra persona. Quando ho conosciuto Fabrizio De Silvestri mi sono trovata davanti un uomo che entrava realmente nella vita dell’altro riuscendo a condividere addirittura la percezione della realtà. Era la prima volta che mi confrontavo con qualcuno che capiva realmente, anticipando addirittura le mie domande, le mie giustificazioni e le mie paure. Il punto di osservazione della realtà era cambiato e ciò mi ha dato la voglia di iniziare questo percorso. Ho iniziato il protocollo di Fabrizio per il miglioramento della qualità della vita il 7 gennaio 2015 e il cambiamento è iniziato. Insieme all’assunzione del farmaco, l’impossibile è divenuto possibile da subito. Nei primi tre giorni ho ritrovato la posizione eretta, ho riscoperto muscoli che non ricordavo di avere, ho potuto contrarli e rilasciarli nuovamente.
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In queste prime settimane mi sto riappropriando del mio corpo, che ogni giorno riacquista antiche abilità, dal camminare e parlare contemporaneamente, dal salire o addirittura scendere le scale senza aiuto e solo per il gusto di farlo, dal salire in macchina riuscendo ad alzare le gambe senza l’ausilio delle mani per sollevarle e dalla camminata che torna ad essere fluida e tutto il resto arriverà perché ho un’incredibile fame di vivere, di girare, di ballare e anche di correre, insomma di fare qualsiasi cosa mi venga in mente. Oggi sono al ventunesimo giorno di terapia farmacologica e nutrizionale. Sono consapevole che la strada è ancora lunga; è faticoso seguire il protocollo perché richiede impegno, dedizione quotidiana che a volte mal si sposa con la vita reale, fatta di lavoro, relazioni interpersonali e la molteplicità dei sentimenti che ognuno prova. Ma seguirlo scrupolosamente, senza farci sconti solo perché ci sentiamo giustificati a farlo, attenersi alle indicazioni alimentari da seguire e fare gli esercizi più volte al giorno sono l’unica reale possibilità di rinascita: è la nostra seconda possibilità. Laura De Luca
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L a m o rt e d e l l’eros La sessualità è una straordinaria fonte d’energia al servizio della vita; anzi, secondo la Psicoanalisi, la fonte di energia vitale, tutte le altre derivando, in forma più o meno sublimata o distorta, da essa. Si può certamente discutere sul fatto che quanto di sublime Mozart o Leonardo abbiano dato all’umanità siano sostituti del coito, ma -anche a non voler arrivare a tali estremi- non v’è alcun dubbio che la sessualità in genere e l’erotismo in particolare siano forze propulsive della vita non solo fisiologica (questo è ovvio), ma anche spirituale: si pensi a tutta la letteratura e la poesia amorose. Ebbene, la nostra epoca è probabilmente quella, in tutta la storia della civiltà occidentale, più autenticamente nemica dell’Eros. Né la Chiesa cattolica dei vecchi tempi, né la rigida morale ebraica che la precedette, né i tentativi dei moralisti castratori di tutti i tipi che si sono succeduti, in occidente, gli uni dopo gli altri, a cercare di imbrigliare, quando non sopprimere, l’innata, gioiosa vitalità erotica degli umani, sono mai riusciti neppure lontanamente a fare all’Eros che ci perpetua e rende allegri, il male che l’attuale liberalizzazione sta facendo. Non lasciamoci fuorviare dalle apparenze: sappiamo tutti benissimo che in Rete si può trovare, spiattellata in tutte le salse, qualsiasi immagine che, in forme ruvidamente esplicite, ci facciano vedere nei più minuti particolari, anatomie, fisiologie, manifestazioni di qualsiasi tipo di sessualità. Qualunque siano i nostri gusti, dai più classici ai più originali (altri direbbe “pervertiti”) in rete troveremo migliaia di immagini e stimoli. Giusto alla pedofilia si cerca di opporre qualche ostacolo, non si sa con quanto successo: la rete è onnipotente, onnisciente e ubiqua. Molti si preoccupano che una tale invasione di immagini sessuali esplicite possa nuocere ai minori. In qualche caso può essere così, se l’ambiente in cui il minore è posto vive traumaticamente la comunicazione erotica. Ma come psicologo io sono invece convinto che la sessualità, sia pure esplicita, non sia particolarmente pericolosa: si tratta, ancorché intempestive, pur sempre di immagini di vita e i bambini sono, davanti alla vita, spesso assai più aperti che gli adulti. Se proprio dobbiamo pensare alla salute psichica dei nostri figli non credo che dobbiamo preoccuparci, come prima cosa, dell’eros: c’è ben di peggio. Il pericolo che invece corriamo noi tutti, bimbi, adulti, uomini e donne è quello che corre l’economia quando lo Stato inonda i cittadini di carta moneta: l’inflazione, concetto economico
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che tuttavia non si limita affatto alla sola economia: esiste l’inflazione dei rimproveri, quella delle raccomandazioni e così via. Ed esiste l’inflazione dell’Eros. Ebbene, ogni volta che ci troviamo di fronte a qualsiasi fenomeno inflattivo, abbiamo invariabilmente un’unica conseguenza: la perdita di valore della cosa inflazionata, moneta o altro che sia. Perciò l’enorme quantità di materiale erotico reperibile sempre e da chiunque sulla Rete, tende inevitabilmente a deprimere, anziché ad esaltare l’Eros, rendendo inoltre necessari stimoli sempre più forti per causare l’interesse erotico e sessuale. Il fenomeno non è di immediata constatazione: è lento e progressivo, quindi non facile da percepire; ma non per questo meno reale ed esiziale. Naturalmente poi l’istinto sessuale, che è genetico, tende a resistere. Quella che viene progressivamente a ridursi non è infatti l’attività sessuale in se stessa, la quale semmai dall’abbondanza di stimoli potrebbe essere anche esaltata. Ma è la complessità del rapporto erotico a soffrirne. Peraltro è proprio la complessità a rendere erotica la sessualità che, in se stessa, di erotico può anche non aver nulla: si pensi all’accoppiamento delle galline da un lato e a quello dei gatti dall’altro. Non per nulla Cooper, distingueva tra eiaculazione e orgasmo, considerando erotico solo il secondo. É infatti proprio la ricchezza dell’attività mentale che accompagna l’accoppiamento, a costituire l’Eros e, con esso, la gioia, il piacere, in una parola, la vitalità di un rapporto che è umano, oltre che sessuale. Un’orchestra sinfonica può dare molto di più che un timpano solista. La depressione dell’Eros potrebbe non essere l’ultima causa della mancanza di gioia della nostra epoca. Ma attenzione: se la gioia è vita, la sua mancanza è morte, nel senso che la frustrazione dovuta all’inflazione sessuale, togliendo gioia provoca automaticamente rabbia e con la rabbia, violenza. L’eros depresso si fa Thanatos, alla faccia di tutto lo stoltissimo politicamente corretto che alla depressione erotica aggiunge ulteriori guasti. Il sessantottino fate l’amore non la guerra, proprio questo diceva; il tragico è stato non capire che per fare l’amore occorreva lasciare l’Eros all’autonomia individuale, non solo rimuovendo divieti e impedimenti (questo è stato fatto), ma anche non gettandolo in faccia a tutti a pranzo cena e colazione, fino alla sazietà. O peggio: al voltastomaco. Vincenzo Policreti
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Nas cere a c asa Oggi si nasce in ospedale e di frequente ci si va pure per morire. Una volta, fino a cinquanta, sessanta anni fa, non era così. La donna incinta continuava la sua vita come prima e se era contadina continuava a fare la contadina. Certo che i lavori più pesanti le venivano risparmiati, specialmente negli ultimi mesi, ma tutto dipendeva dalle condizioni della famiglia. Una donna della campagna reatina raccontava che, avvicinandosi l’epoca del primo parto, aveva deciso di andare al fiume a lavare i panni, in modo da avere tutto pronto e pulito per il lieto evento. Tutti gli abitanti della grande casa colonica, maschi e femmine, erano andati nei campi a mietere il grano e lei era rimasta sola. Prese una bagnarola zincata piena di indumenti sporchi, se la mise in testa appoggiata sul cercine, fatto con il grosso fazzoletto che usava per coprire i folti e lunghi capelli, e si incamminò verso il fiume che distava qualche centinaio di metri dalla collina dove abitava. Si inginocchiò sulla sponda e si mise a lavare su una tavola messa lì per questa bisogna. Finito di lavare si rialzò e si accorse che le si stavano rompendo le acque. Allora si sdraiò per terra e partorì un bel maschietto, tagliò il cordone ombelicale, lo ripulì alla meglio, si rimise la bagnarola in testa e col nuovo nato in braccio se ne tornò a casa. Quando a sera tornarono i suoi familiari la trovarono a letto, beata e tranquilla, mentre allattava il pupo, dopo aver cenato con due fette di pane e pomodoro spremuto sopra. Partorire d’inverno in campagna era invece tutta un’altra storia. Non c’era né riscaldamento, né acqua corrente. Allora si metteva sul fuoco un caldaio di rame pieno d’acqua e di bottiglie di vetro e si aspettava che bollisse. Con questa acqua calda, che si sperava sterile, si lavava la puerpera e il bambino e alcune bottiglie piene venivano messe nel letto per riscaldarlo. Alle prime avvisaglie il padre del nascituro veniva mandato con l’asina a chiamare l’ostetrica o il medico condotto, che risiedevano a diversi chilometri di distanza, mentre le donne di famiglia e le vicine esperte in parti erano tutte intorno alla puerpera. Il giovane medico che possedeva solo una bicicletta, la consegnava al futuro padre salendo in groppa all’asina, che imboccava subito il viottolo che conosceva benissimo perché portava alla sua stalla. La scorciatoia in salita, attraverso campi e boschi, consentiva di guadagnare molto tempo, mentre dietro arrancava l’uomo con la bicicletta in spalla e in mano la preziosa borsa del dottore. Se tutto si svolgeva regolarmente e non sopravvenivano complicazioni, poteva anche capitare che il medico confessasse, in un attacco di sincerità, che quello era il primo parto al quale aveva assistito direttamente. Lasciati frettolosamente alcuni consigli, il sanitario balzava in sella alla sua bici e con quattro potenti pedalate, che facevano frusciare il breccino della strada bianca, si allontanava percorrendo la lunga e pericolosa discesa per tornare a casa. Di sicuro c’è da dire che partorire in casa o in ospedale in quei tempi non faceva molta differenza. Oggi ovviamente è diverso, ma ci sembra comunque eccessivo medicalizzare ogni evento della vita umana, anche i più fisiologici e naturali come la nascita e la morte. Vittorio Grechi
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DISCIPLINA PER LA PRESENTAZIONE DI RICHIESTE DI CONTRIBUTI PER L’ANNO 2015
La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, persona giuridica privata senza fini di lucro e dotata di piena autonomia statutaria e gestionale, persegue esclusivamente scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico (Statuto, artt. 1 e 2) indirizzando i suoi interventi in alcuni settori previsti dalla normativa vigente. Per il 2015 il Comitato di indirizzo della Fondazione ha individuato nel Documento Programmatico Previsionale annuale i settori rilevanti e quelli ammessi verso i quali orientare l’attività istituzionale. La Fondazione svolge la sua attività istituzionale nei comuni previsti dal vigente Statuto (www. fondazionecarit.it) attraverso: a) la realizzazione di progetti propri; b) l’erogazione di contributi indirizzati a progetti predisposti da terzi nei settori indicati nel richiamato DPP dalla Fondazione e destinati a produrre risultati socialmente rilevanti in un arco temporale determinato. Ciò posto, la Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni emana il presente avviso per raccogliere e regolamentare richieste di contributi per le iniziative di cui alla precedente lettera b), da realizzare nell’ambito dei settori di seguito specificati: Settori previsti nel DPP 2015: 1. Ricerca scientifica e tecnologica 2. Arte, attività e beni culturali 3. Salute pubblica, medicina preventiva e riabilitativa 4. Educazione, istruzione e formazione, incluso l’acquisto di prodotti editoriali per la scuola 5. Volontariato, filantropia e beneficenza 6. Sviluppo locale. 1)
Chi può presentare la richiesta per ottenere un contributo dalla Fondazione. La Fondazione esamina le richieste pervenute esclusivamente da: a) soggetti pubblici o privati senza scopo di lucro, dotati di personalità giuridica, nonché imprese strumentali, costituite ai sensi dell’art. l, comma 1, lett. h) del D.Lgs. 17 maggio 1999, n. 153; b) cooperative sociali di cui alla Legge 8 novembre 1991 n. 381; c) imprese sociali di cui al D.Lgs. 24 marzo 2006 n. 155; d) cooperative che operano nel settore dello spettacolo, dell’informazione e del tempo libero; e) altri soggetti di carattere privato senza scopo di lucro, privi di personalità giuridica, che perseguono scopi di utilità sociale nel territorio di competenza della Fondazione, per iniziative o progetti riconducibili ad uno dei settori di intervento. 2)
Chi non può presentare la richiesta per ottenere un contributo dalla Fondazione. Sono escluse dagli interventi della Fondazione le richieste: - di natura commerciale, lucrativa e che producano una distribuzione di profitti; - provenienti da imprese di qualsiasi natura con esclusione delle imprese strumentali e dei soggetti di cui alle lettere b), c) e d) del precedente punto 1; - provenienti da partiti e movimenti politici, da organizzazioni sindacali o di patronato e di categoria; - provenienti da persone fisiche, con l’eccezione delle erogazioni sotto forma di premi, borse di studio o di ricerca; - provenienti da soggetti che non si riconoscano nei valori della Fondazione o che comunque perseguano finalità incompatibili con quelle dalla stessa perseguiti. TERMINI DI PRESENTAZIONE DELLE RICHIESTE Le richieste di contributo potranno essere presentate nel seguente periodo: dal 1° gennaio 2015 al 31 marzo 2015.
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Le richieste di contributo che perverranno dal 1° gennaio 2015 al 31 marzo 2015 saranno esaminate entro il 30 giugno 2015. Le richieste dovranno essere indirizzate, a mezzo lettera raccomandata A.R., alla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, Corso C. Tacito, 49 - 05100 Terni, o raccomandata a mano che potrà essere consegnata presso gli uffici della Fondazione, rigorosamente in busta chiusa, dal lunedì al venerdì dalle ore 11,30 alle ore 13,00. Il richiedente dovrà presentare la documentazione richiesta dalla Fondazione. Per la presentazione delle richieste, la modulistica è disponibile e scaricabile dal sito internet della Fondazione www.fondazionecarit.it. Tutti i dati forniti saranno trattati nel rispetto delle previsioni del D.Lgs. 196/2003 per le sole finalità legali ed amministrative della Fondazione. SONO ESCLUSE LE RICHIESTE relative a progetti proposti da organizzazioni di volontariato che possono beneficiare di erogazioni da parte del CE.S.VOL.; relative a erogazioni generiche e/o a copertura di disavanzi economici e/o finanziari pregressi. ESAME DELLE RICHIESTE La Fondazione potrà discrezionalmente: 1. accogliere integralmente o parzialmente la richiesta di contributo; 2. definire le modalità e la cadenza di erogazione del contributo concesso; 3. riservarsi il diritto di accesso nei luoghi ove si realizza il progetto o si svolge l’attività e la facoltà di controllare in loco lo stato di avanzamento dei lavori. OBBLIGO DELLA RENDICONTAZIONE L’erogazione delle risorse deliberate per l’intervento è effettuata sulla base della presentazione di quanto di seguito indicato: originale, o copia conforme all’originale, dei giustificativi delle spese sostenute per la realizzazione dei progetti. Le stesse dovranno essere elencate in apposita distinta. I pagamenti eseguiti dal beneficiario delle erogazioni ai fornitori o prestatori di servizi potranno essere considerati validamente nel rendiconto soltanto se comprovati da documentazione fiscalmente regolare ed effettuati con bonifici bancari o con strumenti di sicura tracciabilità; relazione finale contenente informazioni esaurienti in merito alla realizzazione del progetto ed allo specifico utilizzo del contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni; rassegna stampa relativa al progetto; documentazione fotografica relativa al progetto. REVOCA DELLE EROGAZIONI La Fondazione potrà revocare l’assegnazione qualora: a) siano accertati i motivi che inducano a ritenere non possibile la realizzazione o la continuazione del progetto o del sostegno; b) sia accertato, all’esito della verifica della rendicontazione, l’uso non corretto dei fondi erogati; in questo caso la Fondazione potrà in qualsiasi momento disporre l’interruzione della contribuzione e richiedere la restituzione delle somme già eventualmente versate; c) il soggetto beneficiario non abbia dato seguito ai contenuti del progetto proposto ovvero alle eventuali indicazioni della Fondazione per la sua realizzazione; d) il soggetto beneficiario non abbia concertato con la Fondazione le attività di comunicazione relative al progetto; e) sia accertata l’esistenza di ulteriori contributi di altri Enti non precedentemente dichiarati. IL PRESIDENTE (Mario Fornaci)
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