elevatori su misura Numero 170 Dicembre 2019
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Che il libro sia con voi!
Fisioterapia e Riabilitazione
Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011
Dicembre 2019
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
DOVE TROVARE La Pagina ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Marcello Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE Municipio; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo Via Gabelletta; CRDC Comune di Terni; IPERCOOP Via Gramsci; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; RAMOZZI & Friends - Largo V. Frankl.
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È Natale
Diritti Umani L. Santini
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G. Raspetti
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P.zza S. Francesco
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Giulio Briccialdi
P. Leonelli
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GL. Petrucci
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3. BMP elevatori su misura 7. Programma Associazione Culturale La Pagina 8. Chi vuole lavorare nella GREEN ECONOMY? A. Melasecche 9. OTTICA MARI 10. I bambini dell'ISIS F. Patrizi 11. ARCI 12. 60 anni delle Donne in Polizia K. Grenga 13. CMT Cooperativa Mobilità Trasporti 16. Ordine professioni infermieristiche Terni 17. AUDIBEL Apparecchi acustici 17. Estetica Evoluta STELLA POLARE 18. Medico e paziente in senologia L. Fioriti 19. Uso del concentrato piastrinico in ortopedia V. Buompadre 19. AUGURI G. Porcaro 20. Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni 22. CASA MIA servizi residenziali - VILLA SABRINA 23. FSI USAE 24. Progetto per il futuro di Terni G. Porrazzini 25. MediCoscienza 26. Popoli in rivolta PL. Seri 27. SIPACE Group 27. RIELLO Vano Giuliano 28. Come rane nell'acqua calda E. Squazzini 29. Edilizia Collerolletta 32. La ricchezza che non produce posti di lavoro A. Marinensi 33. La bbattuta de caccia P. Casali 34. Profumi e sapori della Valnerina 36. Liceo Classico 38. La zia d'America e i pacchi di Natale V . Grechi 39. ALL FOOD 40. GENESI EFFICIENZA
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È NATALE Natale è innanzi tutto la festa religiosa che celebra la nascita di Gesù; al contempo è una festa profana, popolare, ricca di suggestioni, di tradizioni, di calore e di gioia e, per questo, amatissima da grandi e piccini. L’atmosfera magica del Natale investe le persone e la città: ecco le luminarie che abbelliscono le strade, i mercatini con una miriade di gingilli variopinti, le vetrine colorate, i Babbo Natale panciuti e con la fluente barba bianca, i nastri luccicanti dorati rossi e argentati, i pacchetti e i pacchettini con enormi fiocchi vivaci. E ancora: alberi di Natale infiocchettati e pieni di palline colorate e la grande stella di Miranda che fino a Gennaio rimarrà splendidamente affacciata sulla
LE ORIGINI DEL NATALE
La parola viene dal latino natalis, derivato a sua volta da natus (nato). Il 25 Dicembre si celebra il Natale cristiano, cioè la nascita di Gesù. La data è convenzionale in quanto non si ha alcun riscontro nei Vangeli del giorno della sua venuta al mondo. In realtà la festa potrebbe avere origini precristiane: infatti nella stessa data antiche civiltà ricordavano la nascita dei loro dèi e tra questi il più grande fra tutti, il sole che, legato al ciclo della natura, era considerato il principio della vita sulla terra. Proviamo a spiegare perché. Tra il 21 e il 22 Dicembre il sole tocca il punto più basso dell’orizzonte: è il giorno più corto dell’anno quando la notte prevale sul giorno e quindi il buio sulla luce (l’occaso del sole). È il solstizio d’inverno -dal latino sol (sole) e sistere (stare fermo)- il giorno in cui l’astro sembra fermarsi nel suo cammino. La stella nel suo moto apparente sembra ricominciare a salire nel cielo tanto lentamente da non essere percepita che dopo tre giorni, cioè intorno al 24/25 Dicembre. Gli antichi popoli che temevano lo spegnersi della stella a cui era legata la loro sopravvivenza sulla terra, festeggiavano la rinascita del sole come ritorno alla luce della vita. E allora lo personificarono in un dio, anzi nel più grande degli dei. Nell’antica Roma si celebrava il dies natalis Solis invicti (il giorno della rinascita del sole invincibile o Sole Invitto) fissato dall’imperatore Aureliano nel 274 d.C. al 25 Dicembre. Nello stesso periodo si tenevano i Saturnali, festa popolare spesso dal carattere orgiastico durante la quale ci si scambiavano doni, si allestivano sontuosi banchetti e si ribaltavano i ruoli sociali. Non è improbabile pertanto che la data convenzionale del 25 Dicembre fissata per la nascita di Gesù sia riconducibile ai fenomeni di cristianizzazione dei
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Loretta SANTINI
pianura ternana. Nei negozi, ma soprattutto sulle nostre tavole, ecco a profusione panettoni pandori torroni e dolciumi vari e, principalmente, il panpepato, orgoglio della tradizione ternana, unico per la sua squisitezza. È Natale dunque, la festa forse più attesa da tutti per quell’atmosfera di gioia, di allegria, di progetti che sempre coinvolge le persone e soprattutto i bambini che rimarranno in attesa del Babbo Natale che porterà loro i regali, spesso timorosi che ciò non avvenga per qualche marachella combinata e, per questo, pronti sinceramente a promettere di diventare più buoni. Nell’augurare Buon Natale a tutti, voglio raccontarvi le sue origini e le tradizioni ad esso legate.
riti pagani operati dalla Chiesa. Ricordiamo che la tradizione indica altre divinità la cui nascita si fa risalire alla stessa data: gli dèi greci Hermes e Dioniso, il dio Mitra che ebbe molti punti in comune con il Cristianesimo con il quale convisse nell’impero per almeno tre secoli. Allo stesso giorno è attribuita la rinascita di Horus, il sole degli Egiziani; in Babilonia si onorava Tammuz, a Petra il dio sole Dusares, in Messico Huitzilopochtli, in Oriente Buddha, in India Krishna.
TRADIZIONI NATALIZIE
Il presepe La sua origine è esclusivamente cristiana e risale al Medioevo. Il termine ha il significato di mangiatoia (dal latino prae e saepes, “davanti al recinto”). Il primo presepe vivente si fa risalire al 1223, quando san Francesco a Greccio coinvolse la gente del luogo ricreando il momento della nascita di Gesù. L’albero di Natale Vero o finto, ma sempre pieno di luci, di lustrini, di nastri, di leccornie, di palline coloratissime, è una gioia per gli occhi e un piacere addobbarlo; è soprattutto uno dei simboli più affascinanti del Natale. Anche in questo caso le radici affondano nelle credenze dei popoli antichi. L’albero comunemente usato è l’abete. Esso, per il fatto di essere sempreverde, simboleggia
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In un mosaico rinvenuto presso la Necropoli vaticana, Cristo è rappresentato come Sol Invictus. La Prof.ssa Robin Margaret Jensen è dell'opinione che i primi cristiani esprimessero la loro fede mediante un simbolismo religioso già conosciuto, proprio come avviene in questa immagine.
la continuità dell’esistenza. Presso le antiche civiltà come gli Egiziani, fu considerato l’albero della vita. In Asia era l’albero cosmico che affonda le radici nella terra e innalza la chioma al cielo fino alla dimora degli dèi. I Celti come i popoli germanici e scandinavi, lo ritenevano un albero sacro simbolo del solstizio d’inverno e dell’eterna rinascita. Con il Cristianesimo l’albero è divenuto il simbolo della nascita del Redentore. L’origine dell’albero di Natale si lega a molte leggende, una per ogni paese. Ma quando è nato? Alcuni fanno risalire l’usanza di decorarlo alla metà del ‘400, quando venne eretto un grande abete sulla piazza di Tallin; altri a un albero decorato con fiori e frutta nel 1570 a Brema; altri ancora al 1605 quando a Strasburgo venne adornato un abete con dolci e addobbi di carta colorata.
Lo scambio di doni - Strenna “I Romani dissero strena il regalo di buon augurio che i clienti solevano donare ai loro padroni, i cittadini all’imperatore, in occasione di una solennità, soprattutto a capodanno. Alcuni scrittori narrano che, essendo stati presentati per il primo dell’anno a Fazio, re dei Sabini, alcuni ramoscelli recisi nel bosco sacro a Strenua, dea della forza (da cui strenuamente), egli li accettò come buon augurio e volle che così si facesse per ogni inizio d’anno. Nel corso della giornata si scambiavano auguri di felicità ed era bandita ogni maldicenza perché l’anno cominciasse sotto buoni auspici. Era anche in uso lo scambio di doni, le strenae, consistenti in piccole somme di denaro, ma soprattutto frutta (ricoperta di foglioline d’oro) e focacce dolci, destinate a rendere meno amaro l’anno nuovo”. (cit.: Calendario La Pagina 2006)
Babbo Natale Ecco il vecchietto rubicondo, vestito di rosso e con lunga barba bianca che, a cavallo della sua slitta, solca il cielo per portare regali ai bambini. Un’immagine questa che, sebbene nata in precedenza, venne resa famosa dal marchio della Coca Cola. Egli vive oltre il circolo polare artico in una casa di ghiaccio; ne rivendicano la sede l’Alaska, la Finlandia, la Lapponia e il Canada. Ha anche tanti nomi il più conosciuto dei quali è Santa Claus, diffuso nel mondo anglosassone. Esso deriva probabilmente da San Nicola di Bari, il vescovo di Myra in Turchia, il santo festeggiato il 6 Dicembre in molte parti d’Italia e tradizionalmente legato alla consuetudine di portare doni ai bambini.
Vischio, pungitopo, ginepro, agrifoglio Ecco le piante di buon auspicio per il Natale. Ognuna ha la sua storia secolare che si lega alle usanze degli antichi popoli e a tradizioni lontane. Ognuna abbellisce case e tavole natalizie. Regalare una di queste piante o riceverla significa fortuna, salute e prosperità. Anche la stella di Natale è ormai una pianta entrata nella tradizione. Una leggenda racconta che i suoi fiori (in realtà sono foglie) siano nate dalle lacrime di un bambino che voleva fare un regalo a Gesù, ma non aveva nulla.
Il ceppo natalizio È tronco che si mette nel camino alla vigilia di Natale. Ha un significato propiziatorio: per essere di buon auspicio deve bruciare lentamente e durare fino all’Epifania. È singolare notare come per la festività del dies natalis Solis invicti era consuetudine accendere un ceppo che doveva durare per dodici giorni.
Buon Natale a tutti!
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DIRITTI UMANI e SAN VALENTINO S arebbe dignitoso ed onesto riconoscere che quel che tutti dicono di sapere in merito al santo protettore di Terni è piuttosto frutto di leggenda, bella e famosa quanto si voglia, ma con pochi riscontri con la vita reale di Valentino e che, da almeno dieci anni, soprattutto grazie alla lungimiranza del Vescovo Vincenzo Paglia, si sono evidenziati, rispetto alla vita di Valentino, elementi importantissimi e difficilmente smentibili. Nel marzo 2012 esce, infatti, a cura della prestigiosa Fondazione Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo di Spoleto, il libro San Valentino e il suo culto tra medioevo ed età contemporanea: uno status quaestionis che contiene gli Atti delle Giornate di studio tenute in Terni il 9-11 dicembre 2010. Nella Premessa, S.E. Mons. Vincenzo Paglia, scrive: “Il progetto di un convegno su San Valentino e il suo culto svoltosi a Terni tra il 9 e l’11 dicembre 2010, era nato, allo stato di progetto, con la scoperta ambizione non solo di fare ordine circa la figura storica del santo e le tradizioni agiografico-cultuali ad esso collegate ab antiquo, ma anche di rileggere in questa luce il significato che la festa di San Valentino detiene ancora oggi in ogni parte del mondo…”. Nel gennaio 2015 esce, sempre ... la nostra città è il luogo nella stessa collana, ove, per opera del nostro Terni Medievale, la città, la chiesa, i santi. Patrono, sono germogliati L’agiografia, elaborato concretamente i sentimenti con perizia assoluta dall’esimio Prof. che oggi racchiudiamo nel Edoardo D’Angelo, titolo Diritti Umani. già presente, con suoi scritti, anche nel primo libro, che getta una luce scientificamente ineccepibile su una Passio in precedenza negligentemente trascurata. Nel 2016 io stesso organizzo, con Don Claudio Bosi, Direttore del Museo Diocesano e dei Beni Culturali della Diocesi di Terni-Narni-Amelia, un gruppo di lavoro del quale fa parte anche il Prof. Edoardo D’Angelo ed ospito, per 5 giorni un anno e 5 giorni l’anno dopo (a mie spese, senza minimamente gravare sulle casse comunali), una ventina di professori universitari, professori di Licei ed Ispettori scolastici di varie parti d’Europa, proprio per evidenziare, alla luce della eredità spirituale a noi lasciata da Valentino, una grande e mirabile realtà, essere cioè la nostra città il luogo ove, per opera del nostro Patrono, sono germogliati concretamente i sentimenti che oggi racchiudiamo nel titolo Diritti Umani. Nel novembre 2019 pubblico il libro I DIRITTI UMANI nascono a TERNI, per opera di SAN VALENTINO, in cui evidenzio come la nostra città sia sempre stata, nei tratti
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Giampiero RASPETTI
fondamentali e significativi, la città dell’accoglienza, della solidarietà, del rispetto dell’altro. Narro del vero Valentino, quello di Terni, con la sua storia vera: un patrimonio assoluto per cui (se si riuscisse a farlo adeguatamente conoscere) farebbero a gara, per averlo e trarne vanto, anche New York, Parigi o Mosca. Ma politici e reggenti, nazionali e nostrani, sono ormai in gran parte ragionieruncoli, azzeccagarbugli, racconta favole o cosiddetti esperti di scienze sociali o politiche e si dannano l'anima pur di non avvicinarsi ad un autore greco o latino, ad un libro di filosofia, di matematica, di fisica! Hanno soprattutto una conoscenza molto carente della storia del Paese, delle città e dei loro eventi culturali fondamentali! Rappresentanti delle Istituzioni responsabili e capaci, dovrebbero invece porre rapidamente mano, insieme a quelli delle associazioni culturali e sociali, ad un progetto di sviluppo basato sulle ricchezze che la natura e la storia ci hanno consegnato, sulla sostenibilità sociale ed ambientale, sul ruolo cardine della cultura, intorno al quale chiamare l’intera comunità ad uno sforzo corale inedito. Terni può ritrovare se stessa riscoprendo le sue radici più autentiche e proiettando la crescita del suo organismo sociale verso le sfide innovative della difficile modernità che il mondo sta vivendo. Perché questo accada è necessario che chi ne ha la responsabilità sia persona semplice, socialmente utile, sia cioè in grado di rivolgersi umilmente e serenamente ai tanti cittadini che fanno e realizzano progetti, in modo tale che le istituzioni possano facilitare e potenziare quello che tale tessuto vivo di soggetti sociali già pensa e fa. Che Valentino sia con tutti noi! Auguri.
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ATTIVITÀ DICEMBRE 2019
Programma Associazione Culturale La Pagina
Venerdì 20 Dicembre
19,00 - 22,30 CULTURAL Aperitivo Loretta Santini Immagini della Natività nel territorio ternano. Significato dell'aureola. Giampiero Raspetti L'infinito e l'irrazionale nel cerchio. Il numero divino. Cena conviviale CABARET
Interpreti: Giovanni Giacomini, Francesca Burgo, Elisa Lattanzi, Francesco Barbarossa, Ludovica D’Alessandro, Gianluca Celi, Marco Moroni, Martina Corallini.
Maristella Marinelli Miriam Vitiello in Racconti di Natale
Acqua limpida Cosimo Brunetti Susanna Salustri Canti di Natale
Regia: Elena Marrone
La verà eredità del nostro Patrono è il FUTURO DI TERNI
Sarebbe bello se tutti conoscessimo bene la vita del nostro Santo Patrono e se tutti ci impegnassimo per farla ben conoscere! Sarebbe bello se tutti ci impegnassimo per il futuro della nostra città. Trovate il libro a Terni, presso la Libreria Alterocca o presso la Sede della Associazione Culturale La Pagina, in Via De Filis 7 o 12. Che Valentino sia con Voi!
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Chi vuole lavorare nella Green Economy? L Alessia MELASECCHE alessia.melasecche@libero.it
a Commissione Europea ha definito la green economy come “un’economia che genera crescita, crea lavoro e sradica la povertà investendo e salvaguardando le risorse del capitale naturale da cui dipende la sopravvivenza del nostro pianeta”. La green economy o economia verde, ovvero quel ramo del mondo economico-produttivo che, come dicono gli esperti, guarda con fiducia alla sostenibilità ambientale, all’economia circolare, alla gestione accorta delle risorse e alla riduzione degli sprechi, rappresenta già oggi il 2,4% del nostro PIL e getta solide basi per diventare uno dei maggiori bacini occupazionali per il prossimo futuro. Va anche evidenziato come molto spesso la scelta di avere un comportamento green e sostenibile non sia legata esclusivamente a motivi etici, ma anche a quelli economici. Non bisogna dimenticare che oggi produrre sostenibile è anche un tema di comunicazione a forte impatto mediatico e, quindi, capace da solo di posizionare favorevolmente un’azienda nell’immaginario collettivo a tal punto che questa strategia di comunicazione è anche nota come green marketing. Secondo i dati resi recentemente noti da Confcooperative, da oggi fino al 2023, ogni cinque posti di lavoro in Italia uno sarà in aziende eco-sostenibili. Queste percentuali di assunzione sono superiori rispetto a qualsiasi altro settore. Sembra, infatti, che in futuro, le competenze green verranno valutate come quelle digitali, ed emergerà una serie di nuove figure professionali. La richiesta non è più ormai legata solo ai settori classici della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili come fotovoltaico ed eolico, si definiscono infatti, oggi, green jobs,
La green economy, quel ramo del mondo economico-produttivo che guarda con fiducia alla sostenibilità ambientale, all’economia circolare, alla gestione accorta delle risorse e alla riduzione degli sprechi.
quelle occupazioni nei settori dell’agricoltura, del manifatturiero, nell’ambito della ricerca e sviluppo, dell’amministrazione e dei servizi che contribuiscono in maniera incisiva a preservare o restaurare la qualità ambientale (definizione data dall’UNEP, United Nations Environment Programme, agenzia delle Nazioni unite che opera nel settore green). Il trend è confermato dal rapporto GreenItaly 2019, decimo rapporto annuale della Fondazione Symbola e di Unioncamere, che misura e pesa la forza della green economy nazionale, individua chiaramente dieci figure professionali nuove o “rinnovate”, ovvero: cuoco sostenibile, installatore di reti elettriche a migliore efficienza, meccatronico green, installatore di impianti di condizionamento a basso impatto ambientale, esperto in gestione dell’energia, promotore edile di materiali sostenibili, meccanico industriale green, giurista ambientale, informatico ambientale, specialista in contabilità verde, etc. Ad essere molto ricercate saranno anche le figure di project manager esperti nel settore green, figure gestionali legate ai prodotti finanziari green. Le aziende cercheranno sempre più figure di questo tipo per riuscire ad adeguarsi ai tempi e per non perdere le opportunità che lo specifico mercato, in forte crescita, sembra offrirà. E probabilmente nasceranno nei prossimi anni ulteriori figure professionali che oggi non esistono. Insomma, una vasta gamma di professioni che si spera possano, con le loro specifiche competenze, contribuire al rilancio in termini sostenibili della nostra economia e del nostro mercato del lavoro e auspicabilmente perseguendo obiettivi più ambiziosi, salvare il pianeta Terra.
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Buon
Natale
Ottica Mari Via del Rivo, 247 05100 Terni tel e fax 0744 302521 www.otticamari.it Convenzioni: Comune di Terni, AVIS, ACLI, ASM, CMT, AFW, A.S.D. Arcieri cittĂ di Terni, A.S.D. Giovanili Campitello, Atelier Musicale Francesco Falcioni
I BAMBINI DELL’ISIS I
Francesco PATRIZI
l papà, tornando dal lavoro, riporta a casa una mina inesplosa, la smonta sotto gli occhi vigili dei suoi otto figli, di età compresa tra i quattro e i dodici anni, quando l’ordigno è disinnescato, raschia via il tritolo, lo mette da parte, e ne lascia un po’ ai bambini, per giocare. I fratelli si fregano le mani contenti, prendono una bottiglia di plastica, la riempiono di sabbia e ci infilano il tritolo, vanno in strada e iniziano a saltarci sopra, dal più grande al più piccolo. Dato che non succede niente, il maggiore la schiaccia con violenza, si sente una piccola esplosione, i bambini battono le mani divertiti, la piccola mina ha funzionato. Il gioco altro non è che quello vedono ogni giorno fuori casa, in Siria. Un giorno, Abu Osama, il padre, combattente di Al-Nusra, un’organizzazione affiliata all’Isis, viene riportato a casa tramortito, gli è stato amputato il piede sinistro, i figli accorrono intorno al letto, piangono, lo abbracciano, “non piangete”, mormora con un filo di voce, “quando la mina è esplosa, ho chiesto ad Allah che mi lasciasse il piede destro e così è stato. Sia fatta la sua volontà!”. Tutto questo è stato ripreso dalla videocamera di Talal Derki, che si è finto simpatizzante dell’Isis per raccontare da vicino la vita di un jihadista. Abu Osama ha sempre ammirato Bin Laden, ha chiamato un figlio Osama in suo onore, è molto orgoglioso anche dell’ultimo arrivato che, a soli quattro anni, già lancia i sassi alla figlia della vicina di casa perché non indossa il velo; qualcuno gli dice che è un’esagerazione, che la bambina ha solo due anni, ma lui risponde divertito che suo figlio ha già imparato i precetti del Profeta. Ora i suoi figli devono imparare a combattere al posto suo, così i due più grandi vengono spediti in un campo di addestramento dell’Isis. Il primo giorno, Khatab, di dodici anni, batte il fratello più piccolo nella salita alla fune, nella scena successiva, i bambini sono in terra
“non piangete”, mormora con un filo di voce...
per fare delle flessioni, l’addestratore spara dei colpi di fucile accanto alla loro testa, perché si devono abituare a non aver paura delle armi. La notte, il più piccolo prova ad infilarsi nel letto del fratello, non vuole dormire da solo, è spaventato, l’addestratore lo rimprovera. Dato che non è pronto per combattere, il giorno seguente viene riportato a casa su una jeep, il piccolo scende al volo, fa appena in tempo a dare un pugno a Khatab, che seduto all’interno gli restituisce una pacca sulla testa, e la jeep riparte. I due fratelli non si rivedranno più, Allah si prenderà Khatab due anni dopo. Talal Derki ritorna in Germania, dove la sua famiglia si è trasferita da anni, monta il materiale che ha filmato, non giudica, osserva, cerca di capire; fa iniziare il documentario, che intitola “Of fathers and sons. I bambini del Califfato”, con una scena: un passerotto entra in casa, i bambini lo inseguono, il più piccolo lo afferra e lo stringe nella mano, “non fargli male!”, dice Abu Osama, ma poco dopo un altro figlio grida, “Papà, Khatab ha ucciso il passerotto!”. “Perché lo hai fatto?”, chiede il padre. “L’ho decapitato con questo” risponde con orgoglio il figlio, mostrando un coltellino. Come ha visto fare ai combattenti dell’Isis nei video che suo padre gli ha mostrato.
Dal 1904 il gusto della tradizione
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È un periodo di grande mobilitazione giovanile, in cui i giovani stanno dimostrando -in tutto il mondo- una grande passione e sensibilità per il futuro del pianeta e sono pronti a proporre idee e strategie per il futuro.
Il grande successo planetario che la mobilitazione solitaria di Greta Thumberg ha trovato in un’intera generazione ci mostra che è necessario il protagonismo giovanile e che gli adulti, alle prese spesso con narcisismi pseudo barricaderi, dovrebbero lasciare il passo. In questa chiave di civiltà e di estensione della partecipazione giovanile, andrebbe affiancata l’altra e improrogabile urgenza: la riforma della legge di cittadinanza. Se parliamo di protagonismo giovanile, non possiamo certo dimenticarci di quasi 1 milione di italiani senza cittadinanza per il solo fatto di essere di origine straniera. I giovani meritano rispetto e ascolto, non solo quando compiono gesti eroici o sono sportivi pluripremiati sui podi internazionali, sempre.
60 anni delle Donne in Polizia E
ra il 7 dicembre del 1959 quando la Legge n. 1083 istituiva il Corpo di Polizia Femminile composto da Ispettrici e Assistenti; per la prima volta, in assoluto, le donne erano ammesse ad entrare e a far parte di una Forza Armata dello Stato, con il rispetto dell’ordinamento militare in vigore in un contesto esclusivamente maschile. Dal 1959 al 1981 le donne sono state arruolate nella Polizia, ma destinate, però, ad operare esclusivamente in quegli ambiti di intervento inerenti a reati commessi e subìti da minori e da donne. Svolgevano anche compiti di osservazione e prevenzione su fenomeni sociali allarmanti come l’accattonaggio minorile, l’abbandono della formazione scolastica obbligatoria e lo sfruttamento della prostituzione. A Terni nel 1961 arrivava la prima donna nella sede della Questura: la Vice Ispettrice Anna Maria Lepore rimarrà nel territorio ternano per qualche anno per poi essere trasferita nelle Marche. Nel 1981, con la Legge 121, l’ordinamento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza viene riformato in modo radicale e viene data alla Polizia di Stato l’attuale fisionomia: non è più una Forza Armata dello Stato, ma diventa una Forza di Polizia ad ordinamento civile e i tre ruoli del personale esistenti (Corpo delle Guardie di P. S., ruolo dei Funzionari di P. S. e Polizia Femminile) vengono riuniti in una unicità determinata dal cambiamento epocale ed estremo per il periodo storico. E così le donne, prima marginalmente impiegate per compiti connessi alla moralità sociale, diventano a pieno titolo responsabili di uffici di rilevanza strategica ed altamente operativi. E proprio a Terni si ripete un altro primato: nel 1985 il Dirigente Superiore Anna Maria Niglio viene nominata Questore, prima donna della Polizia di Stato a rivestire tale incarico fino al 1987 quando tornerà al Ministero dell’Interno per assumere prestigiosi incarichi. E, purtroppo, in Italia arriva anche un triste primato: il 19 luglio 1992 a Palermo, nell’attentato di stampo mafioso che costò la vita al Giudice Borsellino e ai poliziotti della scorta, l’Agente Emanuela Loi, appena venticinquenne e dopo soli tre anni di servizio, perde la vita. E, nel corso degli anni altre quattro ragazze hanno perso la vita in ambito lavorativo. Proprio per ricordare le donne della Polizia di Stato in servizio, in pensione e commemorare chi non c’è più, il 6 dicembre, alla presenza dei familiari di Emanuela Loi (il fratello Marcello e la nipote Emanuela nata alcuni mesi dopo il sanguinoso attentato) è stato intitolato il parco comunemente noto ai cittadini ternani come il parco di Viale Trento. Successivamente, presso il Caffè Letterario della Biblioteca Comunale di Terni, nella stessa giornata, si è tenuto un incontro in cui è stata riassunta brevemente la storia di questi 60 anni delle donne in Polizia con immagini e filmati d’epoca e attuali, con aneddoti di vita vissuta ed esperienze professionali. Tanti sono stati gli interventi di chi ha voluto partecipare ad un evento dal sapore molto particolare: i famosi attori ternani
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Emanuela Loi
Riccardo Leonelli e Stefano De Majo hanno raccontato le donne in Polizia con le parole di celebri opere teatrali, la bravissima pianista ternana Cristiana Pegoraro, da anni socialmente impegnata in eventi che trattano artisticamente le condizioni delle donne in alcuni contesti, ha voluto accompagnare i filmati con le celeberrime musiche da lei eseguite. In ricordo di questi 60 anni sono state simbolicamente premiate, con opere donate dall’artista Roberto Domiziani di Deruta, in rappresentanza di tutte le donne della Polizia di Stato in servizio e non, ringraziandole per il loro operato: Anna Maria Niglio prima donna a rivestire l’incarico di Questore a Terni dal 1985 (presente la figlia Emanuela, anch’ella appartenente alla Polizia di Stato), Maria Grazia Betti, assunta nella Polizia Femminile e transitata nei ruoli della Polizia di Stato al momento della riforma nonché prima donna a rivestire l’incarico di Direttore di un Istituto di formazione della Polizia di Stato (l’Istituto per Sovrintendenti di Spoleto negli anni ’90), Anna Maria Mancini e Simonetta Remediani le prime due donne poliziotto assegnate alla Questura di Terni nel maggio 1987 e tuttora in servizio. Partendo dal 1959 ben si comprende il lento ma costante percorso professionale e culturale ancora in atto, caratterizzato da innumerevoli piccole conquiste, vissuto con fatica e sacrificio dalle donne in Polizia, ma anche con tantissime soddisfazioni. Oggi le donne in Polizia non si occupano più solo di donne e di minori; nel 2017 una donna poliziotto è entrata per la prima volta in assoluto nel Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza (NOCS), reparto speciale caratterizzato da elevata operatività da sempre precluso alle donne. Attualmente sono numerose le donne Questore e con incarichi di prestigio anche a livello centrale, e nel 2018 è caduto un altro tabù perché, per la prima volta, una donna poliziotto è stata nominata Dirigente di un Reparto Mobile (a Cagliari), anche questo un Ufficio storicamente riservato a soli uomini. Alle nuove generazioni potrà sembrare distante anni luce un’Italia in cui non si aveva accesso ad alcune professioni solo perché si era donna, ma oggi, solo dopo 60 anni, sarebbe impensabile pensare ad una Polizia di Stato senza le donne. Vice Questore della Polizia di Stato Dott.ssa Katia Grenga Dirigente Sezione Polizia Stradale di Terni
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Progetto per la della Piazza San Il convento e la chiesa di San Francesco furono edificati a partire dall’anno 1265 in una zona marginale della città, libera da significative preesistenti costruzioni e prossima alle mura urbane. Nelle zone circostanti, sino all’inizio del XX secolo, vi permanevano ancora molte aree verdi nelle quali poi sorsero importanti edifici pubblici realizzati a seguito della costituzione della Provincia di Terni. Anche la viabilità era totalmente diversa dall’attuale, in particolare, vedi le varie mappe storiche, non esisteva l’attuale via Don Bosco e la piazza era delimitata verso Ovest da un alto muro; la nuova via fu realizzata negli anni ’30 del ventesimo secolo, unitamente ad altre trasversali, aperte con l’intento di permettere collegamenti est-ovest, precedentemente limitati al solo decumano “via Cavour – via Garibaldi”. La tipologia della chiesa, escludendo le navate laterali ampliate in simmetria nel XV secolo, è pressoché identica a quella della basilica superiore di San Francesco in Assisi e a quella di Santa Chiara, sempre in Assisi. Per questo la chiesa di Terni può, a ragione, essere considerata il terzo monumento francescano dell’Umbria. I problemi per la sistemazione della piazza, considerando lo stato attuale, che presenta uno spazio con limiti del tutto casuali ed informali; fronti degli edifici, esclusa naturalmente la facciata della chiesa, del tutto difformi ed anonimi, una viabilità che la invade tutta, sia nei percorsi che nelle soste, sono invero molti ed assai problematici. Si premette che il progetto, sul quale ci si augura si compia una reale e costruttiva partecipazione, ha contenuti improntati alla ricerca di una significativa realizzazione, nella piazza della città sulla quale è edificato uno dei maggiori nostri monumenti, ove quindi è doveroso proporre non solo un solido e duraturo intervento, ma anche una opera con simboli universali che ne esaltino la storia ed i valori. Significati che, come ci ha insegnato Bruno Zevi, dovrebbero sempre essere considerati nelle varie opere di architettura “il garbo e la sottigliezza cromatica cancellano
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subito quel sospetto di intellettualismo che un intervento del genere potrebbe far sorgere. Quelle che si vedono sono tracce del passato che è assai utile far rivivere quando si riesce a sposarle con immagini rimaste integre. Delicato equilibrio da cui scaturisce quell’arricchimento che si richiede dall’arredo urbano inteso nella sua intera essenza”. Per la pavimentazione si propone pertanto, per il significato, per il valore estetico e per quello tangibile, la ripetizione dei materiali e degli abbinamenti con successo proposti nella piazza di San Francesco in Assisi e cioè l’uso alternato di materiali di origine italiana: TrachiteZovonite provenienti dai Colli Euganei; Pietra Mazzaro di Gravina proveniente dalla località Grotte Marallo; Pietra Rosa di Assisi cavata nelle cave locali, uniti a materiali di origine mondiale: Pietra di Gerusalemme della Cava di Betlemme (Palestina); Yang Shan Granite proveniente dalla città di Nang An –Provincia Fuijan– Cina; Quarzite proveniente dal Brasile; Granito “Damarian Plateau” provieniente dalla Namibia.
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riqualificazione Francesco a Terni
Si rammenta che quelle pietre, essendo cavate da lontani luoghi di ogni continente del mondo, sono memoria di un positivo ecumenismo. Il disegno poi con i suoi colori e con il parallelismo rispetto alla chiesa costituisce ordine grafico ed un effetto scalare che induce ad un avvicinamento ed ad un accesso al luogo sacro. Come detto le preesistenze sono affatto negative per la convergenza nello spazio informe della piazza di ben quattro strade. Anche ove si riuscisse effettivamente a pedonalizzare tutta la piazza, obiettivo bello ed ambizioso, ma assai arduo, si dovrebbero sempre considerare alcuni flussi necessari per eventuali mezzi di soccorso, mezzi indispensabili per lavori e autoveicoli di servizio; pertanto non si può non considerare la proposta di una pavimentazione
carrabile né la distinzione fra due zone la prima, quella del sacrato, nella quale limitare quasi totalmente l’accesso (si pensi ai soli funerali, matrimoni, accessi disabili) ed una seconda zona nella quale il traffico si svolgerà. Si consideri che questo uso tra l’altro modificherà in poco tempo la facies della pavimentazione che in breve tempo risulterà pertanto diversa ed anche alterata. Ogni piazza italiana che si rispetti ha la sua fontana, e Terni, città delle acque, non dovrebbe derogare da tale positivo costume. Per valorizzare la nostra piazza si propone di porla in una leggera depressione della pavimentazione, nella quale far collocare una statua di San Francesco e, assieme a questa, ulteriori rappresentazioni che possano richiamare il suo cantico di Frate Sole. La posizione della fontana è decentrata in considerazione della volontà di non creare un ostacolo alla visuale prospettica della facciata, la forma organica è completata, nei lati est e sud, da una sinuosa seduta al centro della quale appare l’ulteriore simbolo dell’ulivo. Altro significativo “arredo” da inserire potrebbe essere costituto da una torre realizzata, parte in acciaio corten, parte con formelle vetrate, nelle quali, a partire da un iniziale pax et bonum e da messaggi di pace fra i più noti, dovrebbero, nel tempo, aggiungersi i messaggi di pace di personalità viventi; vedi ad esempio i titolari del premio di San Valentino. Il messaggio originale potrebbe poi essere conservato nel museo diocesano, mentre copie dello stesso farebbero bella mostra nell’alto “segnale”. La posizione dell’obelisco, anch’essa decentrata per non impedire il godimento visuale della facciata è studiata con la relazione: portale centrale della chiesa, statua di San Francesco, obelisco secondo l’asse che idealmente li correla al colle della basilica di San Valentino. Dinanzi al fabbricato della parrocchia, al fine di rammentare l’antico spazio sub urbano e i retrostanti orti si prevede l’impianto di un filare alberato. Terni, 9 febbraio 2009 Studio LS Dott. Arch. Paolo Leonelli Dott. Arch. Mario Struzzi
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Madonna Valnerina
Il Viso della Valnerina
Il viso di chi, ogni anno, rappresenterà la Valnerina sarà “orribilmente bello” e dovrà suscitare le emozioni che evocano la forza e lo spettacolo della Cascata, il silenzio e le suggestioni dei borghi medievali, l’incanto delle acque, la luminosità del Lago, la purezza della natura.
CONCORSI
Molte le foto e le modelle già iscritte al Progetto Madonna Valnerina, ma molte altre ne dovranno arrivare. Per offrire maggiore possibilità di successo ad una manifestazione così sentita e seguita, la scadenza del 20 dicembre per la presentazione delle foto e degli elaborati pittorici si procrastina al 15 gennaio 2020. TEMPI Fine consegna foto o quadri 15 gennaio 2020 Comunicazione finalisti 30 gennaio 2020 Mostra foto e quadri dei finalisti dal 10 febbraio al 28 febbraio 2020 Premiazione 28 febbraio 2020 A - FOTO DELLA MADONNA VALNERINA Aperto a tutti PREMI 1 – MADONNA VALNERINA VINCENTE 500 € 2 – FOTOGRAFO DELLA MADONNA VINCENTE 500 € B - RITRATTO PITTORICO DELLA MADONNA VALNERINA Aperto a tutti PREMI 3 – RITRATTO VINCENTE 500 € C - RITRATTO PITTORICO DELLA MADONNA VALNERINA Per S. secondaria di secondo grado PREMI 4 – RITRATTO VINCENTE 200 € in materiale per disegnare D - RITRATTO PITTORICO DELLA MADONNA VALNERINA Per S. secondaria di primo grado PREMI 5 – RITRATTO VINCENTE 200 € in materiale per disegnare
PER INFORMAZIONI Associazione Culturale La Pagina Via Anastasio De Filis, 7 - Terni - 3482401774
www.lapagina.info/concorsi-madonna-valnerina/
ORDINE PROFESSIONI INFERMIERISTICHE TERNI
L’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Terni coglie l’occasione del Natale per fare i migliori auguri a tutti gli Infermieri: "Grazie per il vostro sorriso, la vostra tenerezza, la vostra competenza. Ciò che fate ogni giorno è il messaggio di speranza più significativo, che ci rende unici e insostituibili." La Presidente Emanuela Ruffinelli
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Educazione alimentare e Attività fisica S
L’arrivo del Natale è visto come un attentato alla linea
iccome la dieta è un argomento molto delicato e l’educazione alimentare è qualcosa di ancora più importate, dobbiamo ricordare la relazione tra il tumore al seno e l’obesità. È infatti ormai ben noto come l’eccesso di tessuto adiposo sia associato ad un aumentato rischio di carcinoma mammario nelle donne in post-menopausa. Come nel caso dei fattori di rischio legati alla vita riproduttiva, anche questa correlazione è mediata, almeno in parte, dalla produzione estrogenica. Le cellule adipose, infatti, sono in grado di produrre una certa quantità di ormoni estrogeni, di conseguenza le donne obese tendono ad avere livelli più alti di estrogeni circolanti rispetto alle donne non obese. L’obesità, al contrario, non sembra essere un fattore di rischio per carcinoma mammario nelle donne in pre-menopausa. La mancata associazione può essere spiegata dal fatto che in età fertile le ovaie rappresentano la fonte principale della produzione estrogenica e la quantità significativamente minore di ormoni prodotti a livello del tessuto adiposo non ha un impatto tale da influenzare il rischio neoplastico.
Tali evidenze ci permettono di affermare quindi che, pur non essendoci una correlazione tra obesità e rischio di carcinoma mammario in premenopausa, la sedentarietà rappresenti un fattore di rischio certo per le donne in età fertile e l’esercizio fisico uno strumento fondamentale per il raggiungimento ed il controllo del peso corporeo. Senza dimenticare inoltre che l’attività fisica può contribuire a ridurre il rischio di altre importanti patologie, come le lesioni cardiache coronariche e il carcinoma del colon, e a migliorare la qualità di vita delle donne. Sebbene gli effetti di obesità e sedentarietà sul rischio di carcinoma mammario non siano forti quanto quelli di familiarità o precedente lesione neoplastica, essi possono essere molto importanti in quanto modificabili. L’esercizio fisico e il controllo del peso corporeo rappresentano, al momento, i più efficaci cambiamenti nello stile di vita che una donna può adottare per ridurre il proprio rischio di ammalarsi.
Altri studi hanno tuttavia dimostrato come il rischio di ammalarsi per tumore mammario in età premenopausale sia significativamente minore nelle donne fisicamente attive rispetto alle donne sedentarie. Gli effetti dell’attività fisica sul rischio di neoplasia mammaria sono verosimilmente molteplici e tra questi l’influenza dell’esercizio fisico sulla produzione degli ormoni femminili. Direttore Sanitario
Dott.ssa Lorella
Fioriti
Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria
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Uso del concentrato piastrinico in ortopedia (prp) D
a tempo è in uso, in varie branche della medicina, il concentrato piastrinico, un prodotto di derivazione ematica, con pochissime controindicazioni, che offre,
grazie all’elevata concentrazione di fattori di crescita, potenzialità rigenerativa (soprattutto in soggetti giovani-adulti) ed antiinfiammatoria. Il PRP trova indicazione y nell’ artrosi y nella patologia cartilaginea posttraumatica sportiva y nelle patologie infiammatorie/ degenerative tendinee y nelle lesioni muscolari acute. Il trattamento è ambulatoriale ed è di breve durata. Si preleva al paziente una piccola quantità di sangue venoso, che viene poi processato ed infiltrato nella articolazione malata, nel tessuto tendineo patologico o dove è presente la lesione muscolare recente per accellerarne il tempo di guarigione. Questa terapia biologica dà risultati interessanti in varie branche della medicina ed è priva di effetti collaterali.
Dott. Vincenzo Buompadre
Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport - Terni Murri Diagnostica, v. Ciaurro 6, 0744.427262 int.2 - Rieti Nuova Pas, v. Magliano Sabina 25, 0746.480691 - Foligno Villa Aurora, v. Arno 2, 0742.351405
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Il Natale regala sempre una piccola Favola... Vi auguro che queste feste, ma soprattutto l’anno nuovo, siano ricchi di magiche Sorprese! RICORDA: il miglior regalo è la prevenzione
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AZIENDA OSPEDALIERA
Chirurgia toracica
Direttore Prof. Mark Ragusa Responsabile struttura di Chirurgia Toracica Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni
L
a struttura di Chirurgia Toracica, afferente al Dipartimento Cardio-toraco-vascolare, è uno dei reparti storici dell’Azienda ospedaliera di Terni. L’Ospedale di Terni, inaugurato con il prof. Daddi nel 1986, è stato successivamente diretto dal prof. Puma, a partire dal 2000. Nel 2015 la direzione del reparto è stata assunta dal Prof. Mark Ragusa, appartenente alla medesima scuola. Il reparto è attualmente situato al secondo piano dell’ala Nord dell’ospedale e dispone di 8 letti di degenza. L’equipe medica è costituita dai dottori Sandro Casadei, Luigi Cardini, Stefano Santoprete e Valentina Tassi, tutti specialisti nella disciplina. La presenza dei dirigenti medici è garantita nelle 12 ore diurne feriali, mentre per le ore notturne e nei giorni festivi è disponibile un chirurgo in reperibilità per far fronte a possibili urgenze-emergenze nell’arco dei 365 giorni. L’area di interesse è costituita da ogni patologia pleurica, broncopolmonare, diaframmatica e mediastinica, di natura neoplastica e non neoplastica, che sia suscettibile di intervento chirurgico. Rientrano tra tali patologie i tumori benigni e maligni del polmone, il mesotelioma pleurico, i tumori del timo, le metastasi pleuriche da tumori del torace ed extra-toracici, l’empiema pleurico, il pneumotorace, l’enfisema bolloso, i traumi del torace, le ernie diaframmatiche. A seconda dei casi il trattamento può essere eseguito mediante accesso chirurgico standard (a cielo aperto) o mini-invasivo. Meritevole di nota è l’intensa attività diagnostica nelle patologie del mediastino (lo spazio situato dietro le sterno
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e compreso tra i due polmoni), che nasce dalla stretta collaborazione con la struttura di Oncoematologia dell’Azienda ospedaliera di Terni e con strutture analoghe di ospedali fuori regione. L’offerta diagnostica in questo settore superspecialistico copre tutte le procedure oggi applicabili per la definizione delle patologie di questa regione del torace, con particolare riferimento ai linfomi e alle patologie tumorali polmonari, oltre che a patologie di natura infiammatoria, quali la sarcoidosi. In particolare vengono eseguiti interventi che consentono di effettuare prelievi bioptici a carico delle stazioni linfonodali del mediastino, mediante tradizionale accesso medastinoscopico, mediastinotomico o conagobiopsia eseguita dall’interno dell’albero bronchiale con guida ecoendoscopica (EBUS), oltre che per via toracoscopica. L’impiego di tali metodiche ha consentito il raggiungimento della diagnosi nel 95% dei casi trattati. Nell’ambito dell’attività diagnostica inoltre recentemente si sono iniziate ad eseguire delle procedure di videotoracoscopia diagnostica in sedazione cosciente (“awakethoracoscopy”). L’intervento prevede l’effettuazione di biopsie pleuriche con metodica mini-invasiva, senza l’ausilio dell’anestesia generale, quindi senza intubazione che, in alcune tipologie di pazienti, potrebbe presentare controindicazioni. Con tale variante della metodica, durante la procedura il paziente viene mantenuto cosciente ed in respiro spontaneo, ma senza avvertire il dolore delle manovre chirurgiche. Inoltre, dal 2019, nei casi previsti, vengono eseguite lobectomie polmonari con approccio miniinvasivo (VATS-lobectomy), che prevedono mini-accessi cutanei sul torace ed un recupero post-operatorio più rapido per il paziente. In ogni caso, anche nei casi di lobectomia “a cielo aperto”, le incisioni chirurgiche sono ormai molto ridotte come estensione, con conseguente riduzione del dolore postoperatorio e migliore risultato estetico. La struttura di Chirurgia Toracica è completata dall’Ambulatorio di Endoscopia Toracica, situato al quinto piano, con personale infermieristico dedicato. In tale ambito vengono eseguite videobroncoscopie e visite di chirurgia toracica, sia per i pazienti ricoverati che per i pazienti esterni, questi ultimi previa prenotazione CUP. Lo stesso personale infermieristico, inoltre, coadiuva i medici nei procedimenti endoscopici sulla via aereatracheo-bronchiale, eseguiti in sala operatoria in anestesia generale con broncoscopio rigido. L’Ambulatorio di Endoscopia Toracica esegue circa 800-900 prestazioni all’anno. La Chirurgia Toracica dell’Ospedale di Terni, in quanto struttura a direzione universitaria, svolge anche compiti di insegnamento agli studenti del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi di Perugia iscritti presso la sede ternana. Inoltre, il prof. Ragusa ed i suoi collaboratori
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SANTA MARIA DI TERNI sono “tutor” per i giovani colleghi medici neo-laureati che si preparano a superare l’esame di Abilitazione Nazionale alla professione medica. Questi incarichi comportano la frequenza del reparto, della sala operatoria e dell’ambulatorio di endoscopia toracica da parte di studenti e tirocinanti nel L’area di interesse della periodo pre- e post- laurea, Struttura di Chirurgia toracica che in tal modo vengono coinvolti negli aspetti pratici è costituita da ogni patologia della disciplina che hanno pleurica, broncopolmonare, studiato attraverso le lezioni diaframmatica e mediastinica, del corso di laurea. La partecipazione a queste di natura neoplastica e non attività è nella grandissima neoplastica, che sia suscettibile maggioranza dei casi molto di intervento chirurgico. attiva e i giovani apprezzano molto il primo contatto con la medicina e la chirurgia “vera”. Infine, sempre nell’ambito delle funzioni istituzionali tipiche delle strutture universitarie, il reparto di Chirurgia Toracica mantiene attiva la sua attività scientifica, che si concretizza nello sviluppo di studi i cui risultati vengono presentati a congressi nazionali ed internazionali (quest’anno al Congresso Nazionale della Società Italiana di Endoscopia Toracica -SIETa Pisa ed al Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana
ÉQUIPE
Direttore Prof. Mark Ragusa Personale medico Dott. Sandro Casadei, Luigi Cardini, Stefano Santoprete, Valentina Tassi Personale Infermieristico Rita Moretti (coordinatrice). Reparto di degenza: Liliana Arancio, Fabrizio Benedetti, Maria Domenica Beraradi, Rossana Bufaloni, Silvia Consumati, Gianmarco Conti, Elisa Crocchianti, Federica Festuccia, Loreta Grifoni, Valentina Mastici, Gloria Morichetti, Letizia Scorcelletti, Maria Sinibaldi, Simona Tosti. Ambulatorio Endoscopia toracica: Daina Pietraforte, Serenella Rossi Personale OSS Roberta Grasselli, Stefania Savi, Daniele Marsiliani.
degli Pneumologi Ospedalieri –AIPO- a Firenze), e nella partecipazione a progetti multicentrici di approfondimento scientifico focalizzati sulle attività cliniche svolte.
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INAUGURAZIONE SEDE Sabato 14 Dicembre 2019 dalle ore 16:30
PROGETTO PER IL FUTURO DI TERNI I
Giacomo PORRAZZINI
n questo ultimo mese tra i fatti accaduti a Terni, potenzialmente positivi per il suo futuro, va certamente segnalato l’accordo fra otto grandi realtà economiche ed industriali del nostro territorio, fra le quali AST e Novamont, la Fondazione bancaria Carit e Confindustria per la promozione di un una nuova strategia di sviluppo per la nostra città. I riferimenti e gli obiettivi di tale progetto sono stati, giustamente, indicati nello sviluppo sostenibile, nell’economia circolare, nella rigenerazione urbana. C’è, naturalmente, da sperare che anche le Istituzioni, dal Comune alla Regione neoeletta, vogliano e sappiano impegnarsi per il successo di tale iniziativa. L’ultimo tentativo di offrire a Terni una prospettiva strategica di sviluppo fu compiuto, di fatto, circa trent’anni fa, con la Conferenza economica cittadina e le celebrazioni del Centenario della Società Terni. Si provò ad immaginare un “nuovo motore” per la crescita economica e sociale, capace di affiancarsi a quello, un po’ ansimante, della siderurgia e della chimica tradizionale. Da quello sforzo di elaborazione e di organizzazione delle forze disponibili, vennero, poi, il Centro multimediale, con il Videocentro alla ex Officine Bosco e la Bibliomediateca nell’ex sede del Municipio in Piazza della Repubblica, l’Istituto superiore per i materiali speciali (ISRIM), il Parco scientifico e tecnologico a Pentima, i corsi universitari di Ingegneria e di economia, le misure di reindustrializzazione a compensazione dei tagli occupazionali e produttivi presso le Acciaierie che, comunque, non subirono solo tagli, ma furono salvate con grandi investimenti innovativi; con la capacità di accedere a grandi finanziamenti europei e nazionali; solo per citare i fatti più rilevanti. Quello sforzo progettuale e realizzativo, in parte è andato disperso, negli anni
Terni non può procedere in solitudine ma deve recuperare pienamente il ruolo di città “centro sistema”.
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successivi e, tuttavia, porta il segno di uno sforzo inedito, soprattutto culturale, della città e delle sue Istituzioni democratiche per costruire il domani della città e della sua comunità. Oggi appare necessario un grande impegno progettuale della stessa portata, tenuto conto, sia della permanente situazione di crisi economica e sociale di Terni, sia dei grandi mutamenti in atto nel contesto economico e produttivo (la nuova rivoluzione industriale del digitale, dell’Intelligenza artificiale, dell’Internet delle cose, della bioeconomia, dell’economia civile) così come nel campo ambientale (la incombente crisi climatica che già produce i suoi effetti e le condizioni di inquinamento atmosferico in una città industriale come Terni), senza dimenticare il campo sociale (l’aumento delle disuguaglianze, la fuga di tanti giovani per carenza di prospettive, la scarsità e precarietà del lavoro, la difficile tenuta dello Stato sociale, le nuove povertà, sia materiali, sia educative che comportamentali). C’è da augurarsi, pertanto, che il progetto di rigenerazione urbana e di sviluppo sostenibile che, al momento, vede protagoniste le forze economiche principali del territorio, possa suscitare anche il protagonismo positivo delle Istituzioni locali, delle Agenzie formative, come scuola ed Università, e del vasto tessuto associativo della nostra città, di cui è espressione anche La Pagina; da augurarsi che sappia tenere insieme, in modo integrato e sistemico, ambiente, economia, società e partecipazione democratica alle scelte di fondo per la nostra comunità. La sfida della sostenibilità è, infatti, una sfida di comunità che nessuno può vincere da solo e che richiede la messa in campo di uno sforzo corale di inedita potenza e complessità, soprattutto culturale. Uno sforzo in cui, inoltre, Terni non può procedere in solitudine, ma, al contrario, recuperando pienamente il ruolo di città “centro sistema” del sistema urbano locale intermedio formato da diciotto Comuni, con Terni polo di attrazione per il lavoro, la formazione superiore, i servizi sanitari ed amministrativi, il commercio, la cultura, lo sport e l’intrattenimento. Così come chiaramente individuato dall’Istat nel suo studio sulla struttura urbana in Italia e, si spera, considerato concreto riferimento dalla futura programmazione regionale. Occorre saper pensare, in una prospettiva di sostenibilità, ad una città a rete di 180.000 abitanti, in cui il coordinamento delle funzioni urbane fondamentali, il policentrismo territoriale e la sussidiarietà sappiano trovare un equilibrio, valorizzando tutte le componenti sociali, le risorse e le identità locali, pur in un quadro di ritrovato solidarismo comunitario. Il progetto di Confindustria, grandi imprese locali e Fondazione Carit, potrà, pertanto, assumere un valore strategico e segnare l’avvio di una nuova fase se saprà essere gestito e percepito come innesco di una partecipazione sociale e territoriale più ampia e veicolo di una visione integrata e sostenibile del futuro delle nuove generazioni di ternani. Insomma, non solo come un elenco d’interventi, ma come un salto di cultura, di consapevolezza e di responsabilità.
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POPOLI in RIVOLTA I
Pierluigi SERI
l 9 novembre 2019 è stato celebrato il trentennale della caduta del muro di Berlino. In quei pezzi di cemento che si sgretolava sotto l’assalto di una folla entusiasta terminava la guerra fredda che aveva per quasi mezzo secolo contrapposto USA ed URSS, Est e Ovest, Capitalismo vs Comunismo. Crollava quello che era stato definito da un coro unanime il Muro della vergogna, definizione azzeccatissima, visto che era stato un comodo separè che impediva di vedere le brutture di ambo le parti, al di là delle tanto decantate ideologie opposte. Iniziava da quel momento la fase liberista avviata da Reagan e dalla Thatcher con l’idea che “non esiste la società, esistono gli individui.” Ora, passato un quarto di secolo dal famoso 1989, dal Cile al Sudan, da Haiti all’Algeria, da Hong Kong, dall’Ecuador al Libano, il mondo è scosso da un’ondata di ribellioni che, pur interessando paesi diversissimi per posizione geografica, cultura, tradizioni, sono legate da un filo rosso. In Cile è bastato un aumento di soli quattro centesimi del costo del biglietto della metropolitana, per innescare una violenta ribellione contro il governo, facendo rivivere la tragica dittatura militare di Augusto Pinochet. I disordini hanno subito dilagato in alcuni stati vicini, anche se con motivazioni diverse. In Ecuador la miccia è stata il rincaro della benzina per la fine dei sussidi, in Bolivia la corruzione dilagante nel governo e la rielezione del presidente Evo Morales accusato di broglio elettorale. Anche nella vicina Colombia sono scoppiati disordini, non mancano tensioni in Argentina e Brasile, vista la situazione interna. Ad Haiti, paese poverissimo e sconvolto recentemente da un devastante terremoto, l’innesco è stato il rincaro di generi di prima necessità non più calmierati. Spostandoci oltreoceano in Libano, situato in una zona calda tra Siria e Israele, la miccia è stata una tassa di 20 cent. al giorno per video chiamate su What’s App, Facebook, Messenger con una strisciante guerra civile tra fazioni opposte.
BISOGNA CHIEDERSI: queste ribellioni scoppiate a diverse latitudini sono legate da un filo rosso?
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Anche in Iraq paese pacificato, ma non stabilizzato dopo le due Guerre del Golfo che hanno innescato il terrorismo islamico, a Baghdad sono scoppiati violenti disordini. In Iran sotto il regime integralista islamico degli ayatollah, si sono verificati disordini con morti, feriti ed arresti. In Egitto si sono tenute delle marce, contro il gen. Al Sisi, a capo di un governo poliziesco e militarista, duramente represse. È doveroso a questo punto ricordare il caso non ancora risolto, se mai lo sarà, di Giulio Regeni. L’Algeria, ex colonia immune dalla effimera Primavera araba, ha recepito come affronto la volontà di ricandidarsi per la quinta volta del presidente Bouteflika che, colpito da ictus, non appare in pubblico da sei anni. La stessa sorte ha subìto il dittatore sudanese Omar al Bashir che a Khartoum ha dato il via a oceaniche manifestazioni causate dal prezzo del pane triplicato. In India, paese dalle enormi contraddizioni dove la ricchezza è mal distribuita, tagliando fuori milioni di poveri, la rivolta è stata causata dal rincaro delle cipolle, alimento base della popolazione povera, aumentate del 700 per cento per lo scarso raccolto. Non è rimasta esente nemmeno la ricchissima Arabia Saudita, dove sono avvenuti disordini per il raddoppio di un genere voluttuario, l’uso dei narghilè nei caffè e nei ristoranti. Finiamo questa tragica carellata con la rivolta degli ombrelli ad Hong Kong contro l’ingerenza della superpotenza della Cina di Xi Jinping. La mappa del pianeta e delle rivolte ha tanti puntini rossi che denota un malessere diffuso. Non a caso il 2019 ebbe un suo prologo nel 2018 con la Francia dei Gilet jaunes. Il motivo fu l’aumento di pochi cent. dei carburanti. Fu la Francia rurale a ribellarsi e a invadere Parigi, la Ville Lumiére, devastando i Campi Elisi. Il contagio poi si estese al Belgio, alla Serbia e ad altri paesi dell’Est in fermento da movimenti variamente populisti per finire con la Spagna dove resta alta la tensione per l’indipendentismo Catalano. Allora bisogna chiedersi: queste ribellioni scoppiate a diverse latitudini sono legate da un filo rosso? La risposta non è facile. Le cause sono tante, ma alla base c’è la stessa percezione: sentirsi abbandonati o perseguitati dal potere, visto come ostile. I diseredati, gli sconfitti dalla globalizzazione, stanchi dell’aumento della forbice tra ricchezza e povertà, scendono in piazza contro il potere. È una risposta al paradosso del neoliberismo che, mentre si autocelebra come società della libera scelta, proclama “no alternative”. Contro una politica ridotta a consenso, compromesso, calcolo mentre aumentano le disuguaglianze. È la massa di ingovernabili che irrompe sulla scena, che si prende lo spazio pubblico, balzando violenta alla ribalta. Il filo rosso che unisce sta nella delegittimazione del regime politico di cui non si accettano più i confini. Buone Feste a tutti i lettori!
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Viviamo in un mondo che cambia
Come RANE nell’acqua calda S
Enrico SQUAZZINI
e mettiamo delle rane nell’acqua bollente, all’interno di una pentola, molto probabilmente salteranno fuori per il calore eccessivo. Ma se le immergiamo quando l’acqua è ancora fredda se ne staranno “tranquille e beate” fino a ritrovarsi cotte a puntino. A me sembra che quest’esempio, noto come principio della rana bollita, sia perfettamente calzante all’attuale condizione umana. Potrebbe, cioè, rispecchiare fedelmente lo stato in cui ci troviamo oggi di fronte al problema, e soprattutto alle conseguenze, dello sfruttamento eccessivo delle risorse del pianeta. Intendendo per risorse sia le materie prime sia la capacità dinamica del pianeta di riassorbire le enormi concentrazioni anomale derivanti dal loro sfruttamento e trasformazione. Va chiarito, infatti, che la vera questione non è soltanto l’aumento delle temperature a livello globale, ma anche la pressione alla modifica forzata e repentina che l’uomo impone agli equilibri generali dell’ambiente. In questa ottica, è la nostra pressoché totale indifferenza ai frequenti ammonimenti da parte della scienza, che fra l’altro basa le sue considerazioni su dati oggettivi, a renderci pericolosamente somiglianti a quelle rane. La nostra simulata cecità di fronte ai numerosi fenomeni che si stanno verificando intorno a noi, testimonianze di una inequivocabile dinamica in atto, mette a nudo una peculiare forma di caparbietà che si rivela specchio di una profonda ignoranza nei confronti dei meccanismi che fanno funzionare l’ambiente in cui viviamo. Presumibilmente questa è figlia della ferma certezza che quanto accade non ci debba sfiorare, ritenendoci sostanzialmente fuori dal contesto naturale, al pari di esseri “eletti” collocati in una posizione superiore, il cui ruolo è regnare come degli imperatori su tutto ciò che li circonda. Tale posizione mentale implica l’affermarsi di un pensiero nefasto: il poter risolvere qualsiasi problema a seconda del nostro piacere e dei nostri comodi. Non è per rovinare la festa, ma ci si chiede, con preoccupazione, dove sia la dimostrazione scientifica della nostra capacità di risolvere crisi naturali a livello globale. Dove risiede tale nostra presunta superiorità ed estraneità nei confronti di tutte le espressioni naturali e dei meccanismi in cui siamo immersi? Al di là del blaterare di coloro, non pochi, che tentano di minimizzare, nascondere, fuorviare, eludere, giocare alle tre carte, è piuttosto curioso che, a fronte di prove tangibili e scientificamente indiscutibili, si contrapponga soltanto una misera convinzione basata sostanzialmente sul nulla: la ferma certezza di poter “svicolare” di fronte alla reazione al “malessere” di un intero pianeta. E di questa reazione, della sua entità e della modalità non sappiamo assolutamente nulla. Non vi sembra un tantino eccessivo? Forse questa volta abbiamo sbagliato la mira e dentro il vaso non c’è nulla! Va bene la straordinaria, assolutamente unica ed indiscutibile condizione umana. Onore al suo sbalorditivo progresso tecnologico, che solo apparentemente è fuori dal contesto naturale, ma, a rigor del vero, grazie alle prove archeologiche la storia dell’umanità appare costellata di civiltà scomparse sostanzialmente per motivi climatici e crisi ambientali. Come diceva quello…”se tutto va bene siamo rovinati”. Ritengo che sarebbe alquanto penoso dover assistere ad una fragorosa, rovinosa e definitiva “caduta degli dèi” ritrovandoci, alla fine, bolliti come povere ed inconsapevoli rane.
La vera questione non è soltanto l’aumento delle temperature a livello globale ma anche la pressione alla modifica forzata e repentina che l’uomo impone agli equilibri generali dell’ambiente.
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Grandi musicisti ternani
GIULIO BRICCIALDI il Paganini del flauto
Gian Luca Petrucci
Professore emerito del Conservatorio Santa Cecilia di Roma
Iniziamo con Giulio Briccialdi, il più celebre flautista dell’Ottocento, la conoscenza dei grandi musicisti ternani. Questo percorso di conoscenza consentirà di comprenderne il valore internazionale e sottolineare come sia indispensabile averne cura attraverso una costante attenzione e valorizzazione.
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FOTO DI GIULIO BRICCIALDI GIOVANE CON IL SUO FLAUTO
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iulio Briccialdi, nato a Terni, il 2 Marzo del 1818, manifestò fin da ragazzo grande vocazione per la musica e, sotto la guida del padre, iniziò lo studio del flauto. Rimasto orfano del padre all’età di 12 anni continuò gli studi con maestri locali per poi trasferirsi a Roma e perfezionarsi sotto la guida di Giuseppe Maneschi, insegnante all’Istituto “Santa Cecilia”. Dopo il soggiorno romano, legato principalmente agli studi, sia privati che accademici, Briccialdi iniziò un’attività professionale come membro delle orchestre che venivano riunite nei numerosissimi Teatri presenti in ogni città d’Italia e d’Europa. Briccialdi dovette rappresentare un fenomeno assolutamente straordinario e divenne un “primo flauto” ricercato e al quale, inoltre, si poteva domandare di svolgere gli “intermezzi” fra un atto e l’altro con la certezza di un’acclamazione sicura da parte del pubblico. Il suo provato e ricercato ruolo di spicco, all’interno delle orchestre dei Teatri con cui collaborò nelle città di Napoli (Teatro San Carlo), Milano (Teatro Alla Scala), Bologna (Teatro Comunale), Venezia (Teatro La Fenice), Roma (Teatro Argentina), il peregrinare da una città all’altra unito alla sua figura nobile ed elegante e ad una personalità capace di tessere rapporti, fece aumentare rapidamente il suo prestigio al punto tale da raggiungere il prestigiosissimo incarico di maestro del Conte di Siracusa, fratello del Re di Napoli Ferdinando di Borbone. Terminato l’incarico alla Corte napoletana, nel 1839 Briccialdi raggiunse Milano dove proseguì le sue molteplici attività con il vantaggio di trovarsi in una zona di grande fermento artistico che consacrò il suo talento a livello internazionale. Inizia così un’attività concertistica e troviamo Briccialdi a Treviso, Pordenone,
Udine, Trento, Trieste, Fiume, Lubiana e, nonostante il matrimonio contratto nel 1841, il suo desiderio d’imporsi non gli fa per nulla rallentare o modificare lo stile girovago della sua vita. La coppia parte per l’Austria e, tranne periodici rientri in Italia per concerti, dal Maggio 1841 e per i successivi dieci anni Briccialdi opererà con un successo crescente nelle capitali e nei centri musicali d’Europa. Vienna, dove conoscerà Gaetano Donizetti, Graz, Linz, Pest, Karlsruhe, München, Nizza, Londra diventarono i suoi domicili periodici dove strinse rapporti con gli editori di musica locali, con gli agenti teatrali e con artisti di grande prestigio e notorietà. Di particolare importanza fu il periodo londinese dove, tra l’altro, Briccialdi soffrì di una fastidiosa infezione alle labbra che gli impedì di suonare per qualche tempo. La sua fama era, tuttavia, di tale caratura che il forzato periodo di riposo accrebbe ancor più nel pubblico il desiderio di ascoltarlo nuovamente nei concerti. L’entusiasmo per Briccialdi era tale che un raffinato e severo critico come Richard Shepherd Rockstro (1826-1906), scrisse nel suo volume A Treatise on the Flute: “Non ho esitazione nel sostenere che Briccialdi fu uno dei migliori strumentisti che io abbia mai sentito su qualsiasi strumento, non solo sul flauto. La sua intonazione perfetta, lo stile variato e la consumata maestria devono essere ricordati, ma non descritti. Il suo suono fece su di me una tale impressione che immediatamente ne feci un modello da imitare per quanto possibile, e perciò cercai di cogliere ogni opportunità per sentirlo suonare”. Il soggiorno in Inghilterra si protrasse fino al 1851, anno in cui furono presentati ufficialmente alla Prima Esposizione Universale di Londra i miglioramenti operati da Briccialdi al sistema meccanico per il flauto. Un nuovo modello di flauto che
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ebbe per decenni la preferenza fra i flautisti italiani rispetto ad altri sistemi. Furono anni fecondi anche dal punto di vista della composizione e gran parte delle sue opere furono scritte durante il soggiorno inglese, il quale sancì una definitiva affermazione internazionale di Briccialdi nelle poliedriche vesti di virtuoso, didatta, compositore e organologo. Dopo anni di successi ed importanti riconoscimenti, all’età di trentatré anni, Briccialdi rientra in Italia per riprendere la turbinosa attività di solista nei maggiori Teatri, di Primo flauto nelle orchestre assemblate per stagioni operistiche di primo e secondo livello, di
direttore di banda, di direttore d’orchestra, di compositore di musica non solo per flauto. Nel 1854 accetta di comporre l’opera Leonora de’ Medici su libretto di Francesco Guidi che, l’anno successivo al Teatro Carcano di Milano, otterrà parole d’encomio dalla critica. In questo periodo Briccialdi è fra i primi direttori d’orchestra a usare la bacchetta e a provenire dalle fila degli strumentisti a fiato e non, come tradizione imponeva, da quelle degli archi. Dopo il mese di Giugno dell’anno 1857 parte per il Brasile con una compagnia teatrale in qualità di Primo flauto, ma un’epidemia di febbre gialla, quasi endemica in quelle latitudini, non consentì un adeguato successo e ritorno economico per l’impresa. Tornato in Italia nel mese di Dicembre del 1857, Briccialdi, pregno degli stessi ideali dell’intellighenzia politica che fortemente volle l’Unità d’Italia, s’impegnò personalmente in diversi concerti (Milano, 1857; Firenze, Fermo, 1860) finalizzati alla raccolta di fondi per “l’acquisto di un milione di fucili proposto dal Generale Garibaldi”. Nel 1860 assume la carica ufficiale di Maestro della Banda Civica di Fermo. Nel 1869 ottiene un attestato di privativa industriale della durata di cinque anni per la costruzione del flauto sistema Briccialdi. Nel 1871 ottiene l’incarico ministeriale
di insegnante di flauto presso l’Istituto Musicale di Firenze continuando sempre l’attività professionale in orchestra e concertistica. Finalmente, solo nel 1879, dopo aver formato ottimi flautisti, viene nominato, per Regio decreto, titolare della cattedra di flauto presso l’Istituto Musicale di Firenze, ma le condizioni di salute si aggravano e il 17 Dicembre del 1881, all’età di sessantatre anni, si spegne uno dei maggiori flautisti dell’Ottocento. Un artista che aveva saputo coniugare tutte le espressioni tipiche del romanticismo musicale, dal culto della personalità alla capacità di diversificare la propria attività, lavorando contemporaneamente e instancabilmente nelle vesti di virtuoso, didatta, compositore, organologo. Un esempio emblematico del modo di concepire il lavoro di un artista dell’Ottocento. Fascinoso esecutore, abile nel gioco delle carte come nel tessere rapporti, elegante ed eloquente nel suo lessico musicale come compositore. Tutti elementi comuni ai molti virtuosi dell’epoca, protagonisti di una civiltà musicale che, tramite la loro opera, mandava gli estremi bagliori, ma la leggenda del “Principe dei flautisti” era destinata a proseguire il suo cammino attraverso la più profonda essenza della lezione lasciata da Briccialdi: l’arte coniugata all’artigianato, il belcanto coniugato al virtuosismo.
LOCANDINA DEL CONCERTO DI GIULIO BRICCIALDI SVOLTO IL 30 OTTOBRE 1859 IN FAVORE DEL MILIONE DI FUCILI PROPOSTO DAL GENERALE GARIBALDI
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La ricchezza che produce ricchezza e non posti di lavoro
Adriano MARINENSI
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egli ultimi 50 anni, l’economia politica che ho studiato all'Università, ha cambiato pelle; a quel tempo, la scienza delle finanze veniva dopo. Prevalente era l’industria e la ricchezza la creava la fabbrica e, nella fabbrica, un contributo rilevante lo recava il lavoro. Ricchi erano i padroni delle ferriere con il loro capitale investito nell’economia reale. Poi, la metamorfosi ha portato sul gradino più alto la finanza che oggi domina i mercati e spesso accresce la ricchezza senza passare per la produzione. È il denaro che genera nuovo denaro, non di rado, attraverso la speculazione. Si tratta di cospicui investimenti, socialmente improduttivi, che deprimono l’occupazione. In un sistema costituzionale fondato sul lavoro, diventano presenze parassitarie. La speculazione crea ricchezze alla Paperon de’ Paperoni; nel mondo moderno, sono tanti i Paperoni che custodiscono tesori nei forzieri delle banche, senza rischi d’impresa, fuori d’ogni aleatoria competizione. Così però la società si impoverisce e si affermano sterili rendite di posizione, insieme all’egoismo sociale; che non è un ossimoro, ma l'effetto di una distorsione dell'economia. Soprattutto in tempo di globalizzazione. L’alta finanza, ad esempio, ha giocato un ruolo dissestante quando è scoppiata la famosa bolla immobiliare, l’indecente affare dei prestiti subprime e dei derivati, entrato nei mercati con effetti pesanti sul sistema del credito e del risparmio. Subito dopo, il ciclone ha assalito anche l’economia reale. Quando ciò accade, il sistema si avvita su se stesso, provocando danni alle condizioni di vita delle fasce più deboli. Cambiamenti di rilievo ci sono stati e altri ce ne saranno pure in campo monetario. Li ha evidenziati Romano Prodi in un recente articolo. Innanzitutto il dollaro che “fatica a mantenere l’esorbitante privilegio che gli si attribuiva." La quota USA nel commercio mondiale è calata vistosamente e nella bilancia valutaria fa registrare "un deficit di oltre mille miliardi di dollari." Ne è scaturita “insicurezza nella moneta americana e una diversificazione delle
Cambiamenti di rilievo ci sono stati e altri ce ne saranno pure in campo monetario.
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riserve rispetto al dollaro.” Insomma, sta cambiando la “gestione del sistema monetario internazionale” e sono in molti gli Stati che ne hanno preso atto. C'è chi sta dando più spazio all'euro nelle transazioni, a testimonianza che la moneta europea è solida, ormai strumento accreditato a livello mondiale. Secondo Prodi, "all'euro si aprono nuove prospettive favorendo il passaggio da un sistema monopolare ad un sistema multipolare." Che dovrebbe avere come effetto un bilanciamento positivo in campo valutario. Perché l'euro cresca in credibilità, occorre che si consolidino pure le Istituzioni europee, con la linea politica finalmente unitaria in ogni settore d’intervento, sostenuta da nuovi e più articolati poteri sovranazionali, all’interno di una riforma degli obiettivi strategici. E siccome siamo in argomento economico–finanziario, fatemi dare un’occhiata telegrafica ad un altro problema di importanza strategica per la vivibilità dei luoghi dove si àncora il nostro tempo d’ogni giorno. In Umbria, per esempio. Si tratta di una regione dove le regole dell’economia politica devono essere in rigorosa armonia con la tutela dell’ambiente ed il razionale uso del territorio. Ogni eccezione rimossa. È una linea amministrativa irrinunciabile. Ne va dell’immagine di una parte d’Italia alla quale la natura ha fatto dono di rilevanti ricchezze. Oggi sappiamo che le dobbiamo difendere al pari del patrimonio d’arte e cultura ereditato dalle passate generazioni, con l’obbligo di tramandarlo integro a quelle future. Ogni percorso politico fuori di questi binari diventa ostativo di un corretto sviluppo. Qualche anno fa, l’IRRES scrisse: “Nel mantello verde che copriva figurativamente l’intera regione, si stanno aprendo delle aree ingiallite e appassite”. Un richiamo autorevole da non trascurare. Alla lunga potremmo pagare un prezzo molto alto. È dovere primario della politica “cementare” (scusate il termine, all’apparenza improprio) un disegno programmatico che abbia tra i punti qualificanti l'integrità del paesaggio, la riqualificazione urbanistica, il recupero edilizio. Ormai, la scienza (economica) del costruire ha messo a disposizione una progettualità avanzata e razionale, oltre alla tecnica di riqualificazione innovativa: c'è la possibilità di intervenire con maggiore spirito ecologico rispetto al passato. Quando si è mascherata la “furia costruttiva” dietro l’esigenza di dare risposte urgenti alla richiesta di alloggi. Negli ambienti decisionali va ribadito che l'equazione elementare è: lo sviluppo socio-economico, in qualunque settore cercato, deve trovare il suo orientamento nella sostenibilità ambientale, garanzia strategica del vivere moderno. In Umbria occorrono “governanti” che abbiano stampato nel DNA politico il decalogo ambientale e le regole dell’ecologia. Paesaggistica, urbanistica, civile, culturale, sociale.
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La bbattuta de caccia (...da ‘n fattu veru)
Quarche ggiornu fa ho ‘ncuntratu ‘n amicu mia ch’annàa a ‘ccaccia co’ lu schioppu, ‘na corda e ‘n curtellu... ‘n bo’ a ccoa ritta me tt’ha fattu... Ce sta ‘n cignàle che ‘n ze fa ‘cchiappa’!... Jàmalu fessu!?... Je stò facènno la posta... oggi mesà ch’è la vòrda bbòna... voli vini’ co’ mme a ‘ggustàttela?... Dittu e ffattu... ce so’ ‘nnatu. Arriàti co’ la macchina sua su lu postu me tt’ha fattu ‘rrampica’ su ‘na cerqua e ppo’ ce s’è mmissu pure essu doppo ave’ ccunficcàtu lu curtellu su lu troncu pe’ ppricauzzione. Ddu’ore zzitti zzitti su ppe’ ssopra... io me sintìo tuttu ‘nchilosàtu mentre essu paréa còmmidu còmmidu prontu co’ lu schioppu. Su lu luscu e bbruscu ‘emo sintitu grugni’... ho fattu ‘n zumbu che ppe’ ppocu ‘n zò ccascatu de sotto!... BBAM... ‘na bbòtta sola e ‘llu cignàle a cciànche all’aria. Io so’ ‘rmastu su ppe’ ‘lla pianta e l’amicu mia è scesu ggiù, appena ha vistu che ‘lla bbestia s’armovéa, j’è ‘zzombatu ‘ddossu ‘cchiappannoje le zzambe de dietro e ‘j’ha datu ‘na legata... ppo’ abbraccicànnulu... co’ na mano j’ha strittu lu musu appuntitu pe’ non faje ‘llarga’ la bbocca e cco’ ‘ll’andra l’ha ‘ntuntitu sbattènnoje nu scoju su ppe’ la capòccia. Ppo’ è ‘nnatu a ppija’ lu curtéllu ch’éva scordatu su lu troncu... j’è rizzombatu ‘ddossu e l’ha fattu siccu. L’ha caricatu su le spalle... a occhiu e ccroce ‘na settantina de chili... lu frattempu io, co’ ll’occhji co’ le svordàte, so’ scesu da
‘ll’arberu ... j’ho spalancatu lu sportellu de dietro de la macchina p’ajutàllu e ssemo partiti... ‘lla bbestia devo sventràlla subbitu sinnò pija de furesticu... e io... a pparte che a vvedellu vivu ‘llu cignale... me paréa ggià ‘nfuristichitu!... ???... Dentro ‘lla macchina tra ‘ll’amicu mia e ‘lla pòra bbestia ‘n ze capìa chi puzzàa de più e j’ho fattu... Rambu a tte te fa ‘n baffu!... Perché no’ j’hai sparatu ‘n’andra vòrda quanno l’éi sdrajatu... pe’ rrisparambia’ le cartucce?... Erono le cinque e mmezzu... ‘n ze pòle spara’ doppo le cinque... mejo non fasse sinti’! A ppropositu... mo’ ch’ore so’?... Le sei... che tte pozzi guastatte je potéo spara’... l’orologgiu miu va ‘n’ora ‘vanti!
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Paolo CASALI
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DOMENICA 8 DICEMBRE 2019 ore 16,30
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X Edizione
VITE PARALLELE
PERSONAGGI A CONFRONTO
Con questo numero di dicembre si conclude la pubblicazione di alcuni degli elaborati che hanno vinto il concorso bandito dalla Delegazione dell’AICC di Terni per l’anno 2019. Proponiamo la lettura degli elaborati che sono stati giudicati meritevoli, rispettivamente, del primo e del secondo premio per la sezione triennio della scuola secondaria di secondo grado della provincia di Terni. L’autrice del primo elaborato, Ambra Camilloni, attualmente frequentante la classe III D del Liceo Classico “G. C. Tacito” di Terni, intreccia in modo originale e incisivo l’ambito umanistico con quello scientifico, immaginando che lo scienziato Werner Karl Heisenberg affidi al vento le parole che vorrebbe rivolgere a Democrito. L’antico filosofo, che ha ricondotto la struttura della materia alla pluralità infinita degli atomi, pur senza intuirne l’ulteriore composizione interna, ha comunque compreso che il cosmo sfugge a qualsiasi programmazione e ha celebrato quella certezza dell’incerto di cui il principio di indeterminazione dello stesso Heisenberg è forse l’ultima e più raffinata espressione. L’autore del secondo elaborato, Francesco Zago, attualmente frequentante la stessa classe nello stesso liceo, immagina che, mentre la notte scende su Parigi, Simone de Beauvoir, morente, senta l’incontenibile urgenza di scrivere. A chi, non lo sa. E mentre la mancanza vivida di ciò che è stato l’attraversa dolorosamente, si rivolge a Saffo perché la guidi tra le braccia della morte e, da maestra qual è, le insegni a lasciar andare, poiché quello che conta non è più in questo mondo. Le due figure femminili sono colte nell’atto di varcare l’ultima linea rerum, con sensibilità umanistica piena e matura, nel solco di suggestioni leopardiane. Prof.ri Bruno Giancarlo e Marisa D’Ulizia AICC - Delegazione di Terni
DI PASSAGGIO
Non esisti, non più Democrito. Hai avuto il tuo frammento di esistenza sopra questo grumo di universo e il privilegio di renderti per due millenni noto, sorte che pochi fortunati, o disgraziati, possono vantare; hai fatto a gomitate per occupare un posto nella lista di coloro che meritano di essere ricordati. Voglio trascurare di star parlando al composto inanimato quale è il vento, per un attimo e niente di più, e rivolgermi a te, fingendo che tu mi possa ascoltare. Devi essere un tipo compiaciuto di sé, di certo ne sapevi più dei ciechi che ti circondavano e in questo, in un modo o nell’altro, siamo quanto mai simili. Te lo dico senza esitazione e spero di essere il primo a farlo, per compiacermi quanto te: sbagliavi! Non è l’atomo la parte più piccola di questo universo, te lo garantisco, anche se sono costretto ad ammettere che l’idea non era affatto male nella sua ingenua semplicità. D’altronde, senza mezzi quale eri, hai fatto uno sforzo su cui la scienza si è adagiata per parecchio tempo, prima che le cose si complicassero; ce ne è voluto per accorgerci che avevi assurdamente torto, tanto che hai avuto il tempo di scommettere divertito chi per primo ti avrebbe superato, hai avuto il tempo di osservare quanto siamo stati assurdamente sciocchi e lenti a scoprire, non più di qualche decennio fa, l’esistenza di elettroni, protoni, neutroni, parti dell’atomo, minuscole. Ti informo inoltre che di recente si sono aggiunte anche le antiparticelle come i positroni, che formano quella che è stata definita antimateria. La questione si è complicata da
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quando la materia non è più l’unica sostanza che compone l’universo e l’atomo non è indivisibile. Continuo a ripetermi, a spiegarti, mentre tu ridi distante da questi princìpi, etichette abbreviate sopra barattoli di ricerche e di troppi calcoli, che non ti obbligherei a saggiare né a immaginare. Se mi sto rivolgendo proprio a te per spiegarti uno di questi assurdi calcoli, credo in un certo modo di fidarmi. Tu, che guardando un dito, il mare o un insetto, hai visto gli atomi attraverso e guardando il cielo, la Luna, le stelle hai pensato che l’universo fosse infinito e da infiniti mondi seminato. Questo te lo riconosco, ma sto solo osannando un vento sordo. Quindi a noi, vento: io ho imbrogliato, ho calcolato, insicuro come questo secolo in cui sono nato; per accertarmi di una dubbia intuizione ho cercato conferma nei numeri. Non era chiaro perché l’elettrone fosse difficile da individuare, come mai non si riuscisse a calcolarne allo stesso tempo la velocità e la posizione; sono giunto al risultato più sconcertante: non si può. Non si potrà nemmeno con la più sofisticata delle apparecchiature, è un limite che non è possibile oltrepassare, sebbene ci si possa avvicinare di molto. Qualora si vogliano rilevare dati sull’elettrone, l’esperimento stesso incide sull’esito della ricerca. C’è un margine di incertezza che vale per ogni altra particella subatomica, un margine per cui non è mai possibile prevedere dove la particella si trovi e a quale velocità, ma solo calcolare la probabilità che appaia qui e lì. È il principio di indeterminazione ed io, Werner Karl Heisenberg, sembro averlo scoperto. Pensa che Einstein è quasi caduto dalla sedia, cosa che probabilmente feci anch’io, rimasto spodestato di fronte a queste colonne d’Ercole che si imponevano inamovibili d’innanzi a me e alla scienza tutta. Sono ancora qui davanti, le colonne, dico, al tuo fianco. Quando tu avvertivi che il cosmo sfugge a qualsiasi programmazione, e con esso il volteggiare caotico degli atomi in tutte le direzioni, convinto dell’affanno degli uomini giostrati dall’incertezza, cogliesti parte di quella certezza dell’incerto di cui oggi ti porto un’inutile conferma. Sento l’eco della tua risata di scherno. Tutto ciò conduce a credere che la realtà essenziale dell’universo non si possa descrivere senza considerare un’ineludibile indeterminazione, niente che non fosse già evidente. Tocca a me e al mio nome restare avvinghiato a questo principio, uno come un altro che soffia più lontano di qualche millimetro la nube soffocante che ci appanna la vista. Un uomo non può scegliere per cosa verrà ricordato, gli resta tentare di essere convincente. Tento di convincerti, invece vengo interrotto, tu che nella mia testa dici: “Tutto ciò che esiste nell’universo è frutto del caso e della necessità”. Dunque rimarrà il necessario per definire anche me come gli altri, e nel necessario ci sarà anche il male. Non sento più niente. Eccetto te, che ridi e sei un’eccezione. Avesse almeno un senso di fronte a questo rompicapo. “Mi senti? Da quando questa mia anima, che mi è cara, fattasi padrona di scegliere, seppe far differenza tra gli uomini, tu sei colui che ha marcato del suo sigillo, perché in te vide uno che per soffrire di tutto, di niente soffre.” (William Shakespeare, Amleto) Ambra Camilloni Classe III D Liceo Classico “G. C. Tacito” di Terni
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“PLACIDA NOTTE, E VERECONDO RAGGIO...” La notte riveste d’ombra le strade di Parigi, stendendosi su di esse come un velo. Asseconda il volgere delle strade in mille curve e girotondi, si insinua nei vicoli e nelle fogne, nei palazzi e nei giardini. Sovrasta a poco a poco i resti del giorno e, prima che i cittadini se ne possano rendere conto, abbraccia la città dai sobborghi al centro con il suo buio uniforme. Mentre il sole si rovina scivolando a ovest, si erge la luna alta in cielo che fa luccicare il dolce ondeggiare della Senna. E sulla rive gauche del fiume la notte non ha risparmiato gli arrondissement lì situati: villette, giardini e palazzi si illuminano dall’interno, e la luce artificiale sembra voler uscir fuori dalle finestre. Un qualche palazzo nel quartiere di Montparnasse alterna finestre illuminate e non, creando un gioco di quadrati quasi simmetrici tra di loro. Uno degli appartamenti spicca particolarmente, per la sua posizione centrale, o forse per la luce fioca e morente che lo abita, rendendolo - da fuori - di un caldo ocra. Al suo interno, Simone de Beauvoir è una donna stanca. Stesa sul letto, stordita dalla malattia, guarda il soffitto e pensa, mentre tra vita e morte le viene in mente di scrivere. A chi, non lo sa, o forse sì, ma non le importa più, che già è seduta a scrivere su vecchie carte ingiallite. «Sono nata e sto morendo, di ciò che è successo nel mezzo ne ho scritto abbastanza. È da quando è morto Jean-Paul che sto morendo, almeno nell'animo, e che tutto ciò che faccio mi sembra senza fine. Ho scritto la vita con la pretesa di raccontarla, e ho vissuto sprazzi di vita tra un ricordo e un altro. Lungi da me pentirmene (che poi non farebbe alcuna differenza), o ripudiare anche solo qualche istante passato così. L’unico qualcosa -se di qualcosa si può parlare- che non mi spiego, è la mancanza vivida di ciò che è stato. E, bada bene, non parlo solo di Jean-Paul, della gioventù appassionata o dell’infanzia; assolutamente no, sono anche i piccoli frammenti di esistenza a mancarmi. Il sapore d’albicocca dentro ai caffè di Saint-Germain-des-Prés, il brivido del vento sulla pelle ancora giovane e scoperta, l’odore della pioggia impressa sugli Champs-Élysées... che sciocca romantica, a ritrarmi così! In pena, sofferente come un animale che muore, tentando invano di eludere la sorte a forza di memorie. Ma è una battaglia che non intendo combattere, per cui non voglio versare sangue e lacrime, che di sangue e di lacrime troppe ne ho versate. Eppure è difficile voler lasciare andare senza esserne capaci, e tu lo sai meglio di me. Che io mi rivolga a te, o Saffo, è alquanto irrealistico. Io, che ho reso la mia vita un’accurata cronaca e tu, la cui vita e morte aleggiano sospese tra realtà e mito; io, che ho fatto della mia vita prosa e riflessione, tu, che hai fatto della tua versi sparsi di natura ancora ambigua. Ma nel
marasma di differenze che ci separano, dal come al quando, è la vita stessa ad accomunarci. Quanto di noi è -più o meno direttamenteentrato nelle parole che abbiamo lasciato scritte, quanto delle nostre sensazioni è rimasto, quanto non è mai stato detto e quanto mai verrà scoperto. Guidami, o Donna, tra le braccia della morte, che per te fu così triste e dura, sola tra i colli di Lesbo, e per me sarà altrettanto triste e dura, circondata dal rumore della notte parigina. Insegnami, sii maestra come lo fummo entrambe. E non badare alle voci, che tanto ciarlano e tanto continueranno a fare; di controversie n’è pieno il mondo, se stiamo a sentire chi punta il dito. Mentirei qualora dicessi di scriverti per un motivo ben preciso, con un’idea in testa e le parole già pronte a formulare le mie richieste, che sembreranno così pretenziose. Perché la verità, se mi è concesso stabilirne una, è che il mio è un silenzioso grido d’aiuto e di sconforto; è la realizzazione del fatto che ormai non ho più tempo per tergiversare su cosa abbia fatto bene o male, su cosa mi manchi del passato. E allora permettimi di prenderti come esempio, di seguire le tue orme e di lasciarmi morire senza rimorsi, senza preoccuparmi più di questioni materiali e pratiche. Palesati a questa donna vecchia e straziata, che ormai ha smesso di lottare, e insegnale a lasciar andare, che tutto quello che conta ormai non è più in questa città né tanto meno in questo mondo». Montparnasse si risveglia. Prima con un brusio soffocato, poi con un cicaleccio sempre meno sommesso. Nell’arco di poche ore lo scenario di luce ed ombra lascia spazio alla totalità quasi accecante del sole, mentre il traffico ricomincia a battere le strade e la Senna si risveglia da una quiete apparente. La sagoma di Simone de Beauvoir è ancorata al letto, gli occhi spalancati sembrano fissare il soffitto, ma chissà cosa stanno vedendo, ora. Penne e fogli, insieme alla macchina da scrivere, sono ferme sul tavolo in legno da giorni, raccolgono polvere. Dalla finestra si vede la notte terminare, e la luna lentamente lasciare il posto all’alba. Il corpo è freddo. “Ecco di tante sperate palme e dilettosi errori, il Tartaro m’avanza; e il prode ingegno han la tenaria Diva e l’atra notte, e la silente riva”. (Giacomo Leopardi, Ultimo canto di Saffo) Francesco Zago Classe III D Liceo Classico “G. C. Tacito” di Terni
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La zia d’America e i pacchi di Natale G Vittorio GRECHI
li anni dopo la Seconda guerra mondiale furono duri per tutti. Per chi aveva perso familiari per motivi bellici —ma anche per quelli più fortunati— non fu facile rimettersi al lavoro in mezzo alle macerie cercando di guardare avanti. Nelle famiglie contadine, tornati i figli più grandi dal fronte, bisognava rimettere in produzione i terreni scarsamente coltivati per mancanza di manodopera. Il tutto a forza di braccia perché la meccanizzazione in agricoltura non era ancora arrivata. Molti italiani erano rimasti in contatto epistolare con i propri parenti emigrati nel continente americano alla fine del 1800 o agli inizi del secolo successivo. Tali rapporti servivano a mantenere vivo il legame di sangue, ad aggiornarsi sullo stato di salute, sul lavoro e sui nuovi nati. Dalle poche righe di scrittura che venivano scambiate si intuiva che fuori d’Italia la situazione economica di quelli che avevano fatto il grande salto sull’oceano Atlantico era notevolmente migliorata, mentre in patria era peggiorata a causa della guerra. Si racconta che una di tali famiglie emigrate avesse mangiato per molto tempo solo bollito, acquistato a basso prezzo da una vicina fabbrica di brodi concentrati, e cucinato in mille modi con l’inventiva italiana, per dare l’illusione al palato di mangiare sempre cibi diversi. Con analoghi e continui sacrifici, molti erano riusciti a comprarsi una casa o addirittura un negozio. Allora, memori delle passate miserie, a più di qualcuno venne in mente di spedire ai propri consanguinei rimasti in Patria pacchi natalizi pieni di ogni bene. All’arrivo del grosso pacco era festa grande in casa! Tutti intorno all’ampio tavolo della cucina, con i più piccoli in piedi sopra le seggiole, mentre veniva aperto delicatamente con un coltello affilato in modo da non rovinare nemmeno il cartone, che poteva tornare utile anch’esso. C’era di tutto dentro, dalle stoffe multicolori che erano di moda a Boston e dintorni, ai sacchetti di confetti dolcissimi e coloratissimi, ai barattoli di caffè. Ma c’erano pure pantaloni di tela blu di
... quei pantaloni di tela erano di gran moda in tutto il mondo e si chiamavano blu jeans.
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varie taglie, con cinghie dalle grandi fibbie argentate e giocattoli per bambini piccoli e per i più grandicelli. Le donne eccitate incominciavano a prendersi le misure a vicenda per tagliarsi un vestito nuovo, mentre i bambini protestavano sgranocchiando un confetto perché volevano misurarsi i pantaloni o toccare i giocattoli. Tutto il paese veniva a conoscenza rapidamente dell’arrivo dei pacchi, con la rete del passa parola, meno rapida di internet ma altrettanto efficace. Dopo qualche giorno, cuciti gli abiti e accorciati i pantaloni, tutti vestiti a nuovo andavano a Messa suscitando lo stupore e l’invidia di amici e parenti. E così i bambini di campagna apprendevano dagli amichetti del paese, più grandicelli e più informati, che quei pantaloni di tela erano di gran moda in tutto il mondo e si chiamavano blu jeans. Chi l’avrebbe mai detto che l’abbigliamento di un figlio di contadini, nato e vissuto in mezzo ai campi, avrebbe suscitato l’invidia del figlio di un impiegato residente sulla piazza grande del comune di residenza? E non avevano ancora visto la pistola da cowboy in pesante metallo argentato, dello stesso tipo della fibbia della cintura, con l’impugnatura raffigurante una testa di bue, munita di poderose corna su entrambe le facce e perfettamente funzionante a salve! Grazie, zia Marietta, ovunque tu sia.
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1987-2017 un nuovo vestito per proseguire una storia lunga trent'anni. 2017 Nasce la All Food SPA
CAMPAGNA ANNO SCOLASTICO 2018-19 CONTRO LO SPRECO ALIMENTARE
Venerdì 13 Dicembre 2019 INCONTRO CON I CITTADINI
ENERGIA &
STRONCONE presso
Sala Lettura di Via dell’Orno dalle ore 17.30 alle 18.45
VERRANNO TRATTATI ARGOMENTI DI ALTO INTERESSE SOCIALE: y energia da fonti rinnovabili y efficientamento e risparmio energetico y riduzione impatto ambientale y mobilità elettrica y lotta alla plastica e depurazione dell’acqua.
INGRESSO LIBERO
Per Info: Piazza S. Giovanni Decollato, 1 - TERNI
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