elevatori su misura Numero 160 Dicembre 2018
Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura
Presepe di Ferentillo Fisioterapia e Riabilitazione
Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011
Andavamo a letto col prete Dicembre
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D’inverno faceva freddo, molto più freddo di quanto non faccia adesso e tale sensazione, nei primi decenni dopo la seconda guerra mondiale, era aggravata dal fatto che la maggior parte delle abitazioni non aveva impianti di riscaldamento. L’unica fonte di calore era il camino situato nella stanza più spaziosa, cioè nella cucina. Noi turisti nella nostra città per sostenere le braci che venivano Accanto al camino c’era il fornello, munito di griglia metallica Loretta Santini mantenute roventi agitando un ventaglio fatto con penne di tacchino. Tutti sarebbero stati molto volentieri accanto a queste due fonti di calore ma, dato l’alto numero dei componenti della famiglia media di allora, ciò non era possibile. Al massimo rientrando in casa, uno si poteva avvicinare al fuoco per stiepidirsi le mani infreddolite, facendosi largoUMBRIA: tra i vecchi e i bambini VI REGIO Giampiero Raspetti piccoli che presidiavano il focolare. Poi c’erano le donne che, preparando la cena, dovevano attizzare il fuoco sotto il caldaio per poter cuocere la pasta e aggiungere ogni tanto un po’ di carboni accesi al fornello per mantenere il sugo in ebollizione. Comunque, vuoi per le legna che bruciavano, vuoi per il consistente numero di persone, nella cucina si stava BMP elevatori su misura........................................pag. 3 Mensile di attualità e cultura benino, fatta eccezione per i OTTICA MARI. ....................................................pag. 5 Registrazione n. 9 del 12 novembreagli 2002, piedi e gli stinchi, soggetti Tribunalefreddi di Terni. che venivano spifferi CMT Cooperativa Mobilitá Trasporti......................pag. 7 Alla Terra non importa se... Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Enrico Squazzini dalla porta, sia quando si apriva, Spazzatura Spaziale A Melasecche............pag. 8 Tipolitografia: Federici - Terni perché entrava qualcuno, sia NET LOGOS .........................................................pag. 9 quando DISTRIBUZIONE era chiusa, GRATUITA perché le Direttore responsabile Michele Rito Liposi ante non combaciavano bene. I fiocchi d'avena di Freddie F Patrizi........pag. 10 Direttore editoriale Giampiero Raspetti Studiare o fare i compiti in Grafica e impaginazione Francesco Stufara ARCI ........................................................................pag. 11 questo senza finire coi Editriceambiente, Projecta di Giampiero Raspetti OPI: Si tirano le somme..............................pag. 13 piedi gelati,- info@lapagina.info era possibile solo 3482401774 www.lapagina.info La responsabilità del Notaio stando in ginocchio sulla sedia M Petrocchi.................................................................pag. 14 Le collaborazioni sono, salvo diversi impagliata, onde evitare ilaccordi brascritti, gratuite e non retribuite. È vietata la ciere sotto anche il tavolo spesso Battibbeccu tra Bbabbu Natale e la Bbefana riproduzione parzialeche dei testi. P Casali.......................................................................pag. 14 faceva venire il mal di testa. DOVE TROVARE La Pagina CONFERENZE Per la confusione nonMarconi; c’era CASA MIA servizi residenziali per anziani ..........pag. 15 ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le AMELIA IDEA - PROGETTO SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Massimo rimedio. Tutti parlavano a voce VILLA SABRINA residenziali protetta..............pag. 15 Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI alta nelle case contadine, S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO ; NARNI Studio Medico ANTEO L Fioriti....................pag. 16 abituati com’erano nei campi a SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; Volume delle labbra R Uccellini...................pag. 17 gridare ordini V.agli animali da ORTE SUPERCONTI De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI Strada della Direttissima; RIETI lavoro. La Tua Ginecologa G Porcaro. .......................pag. 17 SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C’era poi sempre qualche vicino C. Comm. La Chiona; STRONCONE; TERNI AZIENDA OSPEDALIERA o Associazione vicina che, dopo cena, si La Pagina - Via De Filis; CDS Terni SANTA MARIA DI TERNI. .............................pag. 18 aggiungeva ai già per - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL tanti - V. Tristano di AVIS .........................................................................pag. 20 Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP scambiare quattro chiacchiere, contribuendo all’aumento della cacofonia. Un momento di quasi silenzio poFontana di Polo; CRDC Comune di Terni; INPS - V.le La paio cura dell'anca V Buompadre ....................pag. 20 teva verificarsi se qualcuno si arrotolava una sigaretta. Dopo averla accesa e fatte un di tirate la passava Stazione; IPERCOOP; Libreria UBIK ALTEROCCA Difficile rapporto Italia-Europa al della vicino e così via finché era possibile tenere il mozzicone fra le dita. Estetica Evoluta STELLA POLARE. ......pag. 21 - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; Giacomo Porrazzini Il SUPERCONTI problemaCENTRO; del freddo tornava prepotente al momento di andare a letto. Le camere erano così fredde che SUPERCONTI Centrocesure; Programma Ass.Cult. La Pagina. .........pag. 21 C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza al SUPERCONTI mattino poteva capitare di trovare croste di ghiaccio sull’acqua del lavabo. Solo al pensiero di doversi Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Regali per le Feste . .........................pag. 24 spogliare in un baleno per infilarsi tra le lenzuola gelate, sovrastate da coperte eLIBRI: imbottita, poteva anche Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX bloccarsi la digestione. Se però era stato messo il prete nel letto, la prospettiva diventava quasi rosea. TEVERE - NERA ................................................pag. 28 Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; Il RAMOZZI prete non era altro che il nome malizioso di una incastellatura porta-braciere in legno, usata per riscaldare & Friends - Largo Volfango Frankl. Parole = Potere PL Seri. ..................................pag. 30 il letto. Al mattino, quando la donna rifaceva la camera, infilava tra le lenzuola questo marchingegno, LICEO CLASSICO ...............................................pag. 32 sicché sembrava, a letto rifatto, che qualcuno molto grosso fosse ancora a dormire. Appena cenato la moglie www.lapagina.info infilava diligentemente nel prete un recipiente metallico con le ultime braci del camino, scegliendo quelle Il pane fatto in casa V Grechi . .......................pag. 34 www.issuu.com/la-pagina che non facevano più fumo. Infilarsi nel letto dopo aver estratto il prete con molta RIELLO circospezione per evitare - VANO GIULIANI............................pag. 35 incendi, era un grande piacere goduto dalle generazioni del dopo guerra. Info: 348.2401774 - 333.7391222 SIPACE GROUP ..................................................pag. 35 Il Natale e le tradizioni che non più piaceri Ora quasi tutti stiamo al calduccio d’inverno senza farci troppo casociesono i grandi si vanno a cercare info@lapagina.info Adriano Marinensi Vittorio Grechi nelle polverine o nell’alcol. ALL FOOD.................................................... pag. 36
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Noi turisti nella nostra città Loretta SANTINI
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er qualche ora siamo diventati turisti della nostra città. L’occasione è stata la recente manifestazione di “Terni falls festival” (16-19 novembre) che, per iniziativa dell’indefesso e vulcanico Christian Armadori e dell’Associazione “Porto di Narni, approdo d’Europa”, ideata per ricordare il bicentenario della visita dei coniugi Shelley nel nostro territorio, ha visto tanti cittadini partecipare non solo alle manifestazioni musicali, teatrali e alle conferenze, ma anche a una passeggiata nei centri di Terni, Narni e alla Cascata delle Marmore per conoscerne la storia, i monumenti, le eccellenze. Siamo diventati turisti anche con l’Associazione Culturale La Pagina dalla quale da almeno tre anni sono state organizzate visite di Terni (a anche in altri luoghi di eccellenza come la Valnerina, Narni, Cesi) finalizzate alla riscoperta dell’immagine della città e dei tanti tesori nascosti e misconosciuti. Ricordo alcuni degli itinerari cittadini che sono stati oggetto della nostra attenzione: il CAOS
innanzi tutto con la sua Pinacoteca e il Museo archeologico, il tour delle torri e delle mura, la Terni medievale che gravita intorno a Corso Vecchio, la zona del Duomo con la Cattedrale e alcune chiese del centro storico come San Pietro, San Cristoforo, San Lorenzo e San Francesco. Sia per Terni Falls Festival che per l’Associazione La Pagina, per la maggior parte i partecipanti erano cittadini ternani, alcuni dei quali ottimi conoscitori della storia e delle eccellenze della città ma, al pari degli altri, spinti dalla curiosità e dal desidero di conoscere cose nuove e approfondire la storia e i monumenti del luogo in cui vivono, consapevoli del fatto che c’è sempre qualcosa da apprendere e per cui emozionarsi. Una curiosità e una voglia di conoscere che non tutti hanno. A questo proposito racconto un episodio significativo: in piazza della Repubblica una persona incuriosita dal gruppo radunato intorno a chi spiegava la storia del luogo, è stata invitata a unirsi alla visita della città, ma ha rifiutato con la seguente motivazione: “ma io sono di Terni!”, come dire, “non devo sapere niente altro, conosco tutto” oppure “ma a Terni non c’è nulla da vedere”. A questo signore vorrei dire: “E se ci fosse di più da vedere? Se ci fossero dei luoghi
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sconosciuti o nascosti o soltanto ignorati? Si è mai accorto di quelle finestre timpanate o dei cornicioni modanati di antichi palazzi nobiliari, di quei cortili con loggiato, di quegli affreschi che ricoprono le pareti di una chiesa? Ha mai notato quello scorcio inusuale, quella lapide che ricorda un famoso personaggio? Ha mai alzato gli occhi per vedere quei campanili, i resti di antiche torri, gli archi, i sottopassi, le piazzette o gli scorci suggestivi aperti tra le vecchie case del nucleo medievale e anche i caratteristici “mardarelli”? Ha mai captato la bellezza di questa città? Si è lasciato mai prendere dalla meraviglia di fronte a certi angoli e a certi dettagli finora passati inosservati e inesplorati?". Se non ci concediamo questi momenti per vivere la città in modo diverso, con uno sguardo diverso, se non proviamo a considerare la città come uno spazio inesplorato e non soltanto il luogo dove si abita e si lavora spesso oppressi dai ritmi della vita quotidiana, rimaniamo imbrigliati in un meccanismo perverso che è quello della routine giornaliera senza la meraviglia e l’emozione della scoperta, senza la capacità di rallentare i ritmi per per vivere in maniera nuova, più intima e consapevole, le stesse strade, lo stesso quartiere, lo stesso percorso, lo stesso orizzonte di ogni giorno. A questo proposito vorrei fare una precisazione: ho usato il termine turisti, in realtà dobbiamo diventare dei viaggiatori. La differenza sta nel diverso atteggiamento nei confronti della cultura del posto, nella curiosità di esplorare qualcosa che è stata sempre lì di fronte agli occhi ma non è stata ancora compresa a fondo, nell’apprezzare con un altro atteggiamento la strada che ogni giorno si percorre e se ne riscopre la storia. Il viaggiatore ama perdersi nei luoghi, nelle vie, lasciarsi andare e farsi guidare dalla curiosità cercando nuovi punti di vista, scoprendo le radici e la storia della propria città. Non ha paura di fermarsi ad ascoltare i racconti ed è disponibile ad aprire la mente, a lasciarsi sorprendere da ciò che lo circonda, ad apprezzare ogni metro e ogni scorcio della sua avventura, ad emozionarsi per quello che scopre. Ricordando ancora una volta la frase di Marcel Proust “Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi”, invito dunque quel cittadino disattento a iniziare questo viaggio senza valigia, per riappropriarsi della propria città e cominciare ad amarla un po’ di più.
UMBRIA: VI Regio Giampiero RASPETTI
Non so più cosa siano le feste tra amici; non inauguro né frequento raduni, cinema o teatri, men che meno televisione o calcio. Nessun club o partito, né bettole né bar. Né giochi né giochini. Natale e Capodanno? Vado a dormire, come sempre, alle ore 21, perché non mi aspetto la nascita del Sole né che il tempo si riavvolga su se stesso! Una vita opaca, grigia, disperata, direte voi, proprio come leggo si dica in merito agli atei che, così diffonde la vulgata (anche nelle scuole, purtroppo), non possono essere felici, non hanno sentimenti, non capiscono i veri valori… sono materialisti! Dal basso della mia penosa vita io ritengo, però, che gli atei straripino per dignità e amore vero, non forzato ingabbiato incanalato indotto ideologizzato, siano cioè dei profumatissimi fiori liberi nel meraviglioso contesto naturale. L'immagine che qui dipingo è per molti lettori sicuramente abominevole, da portare come esempio di malvagità assoluta. Pure sono, nonostante le disgrazie terribili che gli eventi mi hanno consegnato, sereno, a tratti felice, benevolmente orientato verso i miei simili, qualsiasi sia il colore della loro pelle e qualsiasi sia la personale genetica sessuale, verso gli animali a quattro zampe (un po’ meno verso gli animali a due gambe). Riesco a commuovermi (si fa per dire… in realtà lacrime a catinelle) in presenza di atti generosi, eroici, d’amore, di fronte a immagini di bambini abbracciati a padre e madre, di fronte a persone che si amano, che si tengono per mano. A volte vedo qualche giovane coppia donarsi frugali baci per la strada. Vorrei tanto applaudire ed incoraggiare… ma poi, chissà per chi mi prenderebbero! Per un immorale, un frocio, quantomeno un ateo e, perché no, un komunista! Mi risparmierebbero solo l’epiteto “sporco negro”, forse. Lo spirito delle persone che ho amato (e ancora amo) è sempre in paradiso, il mio paradiso, dentro di me. Il mio inferno è molto frequentato, molto più di quello dantesco, ma non ci bado. Ho un figlio meraviglioso (che è tutto per me!), ma anche un cane affettuosissimo e due coniglietti nani alla perenne ricerca di coccole umane. Non desidero altro. Sto bene, la mia vita non è poi così penosa! Mi dedico interamente a quel che prediligo: amore per la famiglia, per la cultura, per la politica, per
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Ocriculum
il mio territorio. Moltissime persone di altissimo ingegno e formidabile cultura, a Terni come nel Maine, mi trattano da persona normalissima, anzi, mi cercano spesso e dibattono con me intorno a tematiche politiche e culturali di primaria importanza. Rapporti cordialissimi, credo anche di stima nei miei confronti. So che mi accetterebbero anche se fossi uno “sporco negro” o un omosessuale, cioè, a detta della cattiveria e della ignoranza di taluni, un "malato da guarire"! Sono invece un semplice eterosessuale, forse un "malato da guarire" per cert'altri! Con questi miei tanti amici e collaboratori vivo studia humanitatis e amore per l’umanità. E faccio politica, cioè cultura, anzi, cultura progettuale. Da qui si capisce la mia incapacità di interessarmi, oggi, di politica amministrativa. La politica è per me quello che autenticamente esprime la parola: rapporti umani, sociali, civili, culturali tra le genti, molte genti. Non fa politica che si rivolge solo a se stesso o, al più, alla sua combriccola, men che meno si fa politica nel transumare da combriccola a combriccola seguendo solo un vantaggio personale. Il termine politica deriva infatti dalla parola greca πόλις (città stato) ed indica la vita nella città e della città, quindi quando si è in molti (οἵ πολλοί). Sì, perché la parola πολιτικός (politico) e la parola πόλις (città) condividono la stessa radice πολ- di οἵ πολλοί (i molti). La politica dunque dei pochi o, come avviene oggi, dei partiti padronali o del profondo cazzisuismo non è politica, è, al più, una sorta di politica da Repubblica Marinara (alla quale qualcuno vorrebbe infatti tornare), quindi... non fa proprio per me! Lo studio e la cultura dei progetti, o meglio, della sensibilizzazione a produrre progetti, mi porta a credere, fermamente, che il nostro territorio sia “il più bello e il più ricco” del mondo. Sto facendo di tutto, nell'ambito ovviamente delle mie poverissime possibilità, perché tale assioma possa affermarsi urbi et orbi. Penso di farlo in diverse maniere, alcune delle quali consistono nel presentare, attraverso dibattiti e conferenze, una quindicina di immagini possibili e potentissime per il futuro della città e dei tanti centri limitrofi. E questo ad onta di chi pensa che Terni, oggi purtroppo considerata anche come quella cittadella vicina a Narni o a Spoleto, non abbia nessuna possibilità futura, se non quella di rappezzare il passato ed accomodare l’esistente, un esistente che i tapini non si accorgono non esista più! Ma opero anche mostrando sul magazine La Pagina Umbria (in uscita prima di Natale) molte delle ricchezze, materiali e immateriali, di gran parte di quello che Cesare Ottaviano Augusto, nel settimo anno dell’era volgare, deliberò essere il nostro territorio, l’Umbria, la terra ad Est del fiume Tevere. Molte altre le realtà e le suggestioni che la storia e le tradizioni di Terni ci consegnano. Cercherò di esporle chiaramente e compiutamente, come sempre, nei miei magazine. Auguri e figli!
SPAZZATURA SPAZIALE Alessia MELASECCHE
alessia.melasecche@libero.it
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roprio così, spazzatura spaziale che fluttua nello spazio in orbita attorno alla Terra o si deposita sulla superficie di Venere e di Marte o sulla Luna. È composta principalmente da rifiuti o, per essere più precisi, da detriti abbandonati in orbita prodotti dal disuso di satelliti, da sonde, pannelli solari, razzi, frammenti, parti di navicelle o utensili andati perduti durante missioni spaziali, fra questi ultimi, ad esempio, il guanto perso durante la prima passeggiata nello spazio da un astronauta. L’avventura nello spazio dell’uomo è iniziata nel 1957, quando l’allora URSS lanciò lo Sputnik, il primo satellite artificiale della storia. In 60 anni ne sono stati messi in orbita oltre 4.000. I detriti orbitano attorno alla Terra ad una velocità che può raggiungere i 36.000 km all’ora. Alcuni più vicini riescono ad attraversare l’atmosfera terrestre e bruciano al rientro. Altri, invece, rimangono in orbita per moltissimi anni, se non secoli. Alcuni hanno dimensioni superiori ai 10 cm ed è tecnicamente possibile provare ad intercettarli, quelli di dimensioni inferiori no e possono rappresentare un pericolo per i nuovi satelliti e gli equipaggi delle missioni spaziali.
La NASA, ad esempio, è costretta a sostituire frequentemente gli oblò dello Space Shuttle, danneggiati da semplici piccolissime scaglie di vernice in orbita. Ma non finisce qui perché possono causare anche esplosioni per via delle batterie e dei propellenti contenuti ancora in essi. Inoltre, l’impatto tra rifiuti spaziali e satelliti moltiplica il livello stesso dei detriti che si disperdono nello spazio. Studi e ricerche sono stati avviati per identificare una soluzione al problema, soprattutto con l’aumento progressivo dei satelliti in disuso in orbita e la previsione degli ulteriori veicoli spaziali da lanciare nello spazio. Alcuni studi ipotizzano il riutilizzo del satellite e prevedono un suo rientro integro sulla Terra, controllandone il deterioramento in atmosfera, con l’obiettivo di ridurre il numero di satelliti lasciati in orbita. Un’ulteriore soluzione è quella di ripulire lo spazio dai detriti presenti. A tal proposito l’Agenzia Spaziale Europea ha avviato due progetti. Il primo prevede l’utilizzo congiunto di un robot e di un satellite che, seguendo la rotazione del detrito da recuperare, lo agganciano tramite due braccia meccaniche e lo riportano sulla Terra. Utile in particolare per detriti spaziali di grandi dimensioni. Un altro sistema prevede l’aggancio dei detriti intercettabili
per dimensione, tramite una rete che viene lanciata verso il pezzo da bloccare, avvolgendolo con l’aiuto del movimento del detrito stesso. RemoveDEBRIS è il satellite inglese, sviluppato per lo scopo, dal Surrey Space Centre dell’Università del Surrey, attraverso un lavoro di ricerca coordinato dall’italiano Guglielmo Aglietti, tra i più grandi esperti di rifiuti spaziali al mondo. Il satellite ha raggiunto l’orbita terrestre lo scorso aprile a bordo di un razzo e nei prossimi mesi di attività, tra l’altro, utilizzerà telecamere e sensori laser per migliorare le tecniche di identificazione e tracciamento dei detriti spaziali. Nel frattempo, la NASA, dall’altra parte del globo, insieme al Dipartimento della Difesa americano, ha creato una vera e propria rete di sorveglianza spaziale. A terra le stazioni di rilevamento seguono lo spostamento dei detriti più grossi per evitare collisioni con lo Shuttle e con i nuovi satelliti. Possibili futuri accordi con i governi di altre nazioni dovrebbero garantire uno sforzo congiunto per rallentare o fermare il rilascio di altra spazzatura spaziale e provare a ripulire quella esistente. Lo “spazzino spaziale” potrebbe diventare una delle nuove professioni di un futuro non troppo lontano.
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I fiocchi d’avena di Freddie Francesco PATRIZI
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uando Freddie salì in macchina, uno speaker alla radio stava parlando del Club della Scienza: in un attimo, un passato che voleva sepolto gli tornò davanti agli occhi. All’età di 4 anni Freddie venne sottratto ai genitori alcolisti, quattro famiglie lo rifiutarono dopo un breve affido a causa di una lieve malformazione che gli impediva di parlare correttamente, un dottore valutò il suo stato di salute e lo fece ricoverare in un istituto. Quando varcò il cancello, Freddie aveva 7 anni ed era analfabeta, per questo non lesse la scritta “Scuola Statale Walter Fernald per i Deboli di Mente”. Si trovò così in compagnia di centinaia di bambini, alcuni ritardati, altri orfani, altri provenienti da famiglie disagiate. Le giornate erano scandite da punizioni corporali, umiliazioni, bullismo. Freddie doveva restare seduto in silenzio su una panca e fissare il pavimento dalla mattina alla sera, non riceveva nessuna educazione e non svolgeva nessuna attività ricreativa. Ricordava con gioia il giorno in cui era stato inserito nel Club della Scienza, un gruppo di bambini selezionati dal dottor Clemens Benda, psichiatra neuropatologo tedesco, autore di saggi
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sull’eugenetica (molto apprezzato da Hitler), che aveva trasformato l’istituto in un laboratorio di ricerca. Il Governo degli USA aveva segretamente avviato degli esperimenti in alcune scuole statali per minorati psichici, c’era un’alta richiesta di cavie, per questo non si andava per il sottile nell’ammissione dei piccoli pazienti, avendo cura di scegliere quelli di cui nessuno poteva reclamare la tutela. Freddie credeva che lo avessero inserito nel Club perché dimostrava di essere più intelligente degli altri, ma in realtà il compito affidatogli consisteva nel mangiare grandi quantità di fiocchi d’avena e sottoporsi a dei controlli; chi mangiava di più veniva portato a vedere una partita di baseball. Anno dopo anno i pazienti della scuola Fernald crescevano, i sorveglianti abusavano sessualmente di loro, li facevano lavorare nei campi, li facevano combattere per sfogarsi. Freddie provava spesso ad evadere e ogni volta veniva ripreso e rinchiuso nel Reparto 22, dove si praticavano l’elettroshock e la lobotomia, al tempo considerati palliativi per i ragazzi irrequieti. Per fortuna non ebbe mai questi trattamenti. Fece la sua ultima evasione a 19 anni, sapeva a mala pena
esprimersi, riuscì comunque a raccontare la sua storia e a pretendere una visita: il medico scrisse che non soffriva, né mai aveva sofferto, di disturbi mentali per cui non doveva essere ricoverato. Quando il presidente Clinton tolse il segreto di Stato sugli esperimenti condotti nelle scuole statali per minorati psichici durante la Guerra Fredda, si scoprì che i bambini dell’istituto nel New Jersey erano stati infettati con la poliomielite, quelli dell’Istituto Wrentham nel Massachusset avevano subìto iniezioni di plutonio, quelli dell’istituto Willowbrook di New York iniezioni con il virus dell’epatite (tanto l’avrebbero presa comunque, disse un ex direttore). I fiocchi d’avena di Freddie contenevano calcio radioattivo. La scuola Fernald è stata chiusa nel 2004, Bill Clinton ha chiesto scusa a tutti quei bambini “usati come cavie per il bene e per il progresso dell’intera nazione”. La mia vita, racconta Freddie a Michael D’Antonio in La rivolta dei figli della Stato (Fandango 2005), è stata rovinata non tanto dai fiocchi d’avena radioattivi, ma dal fatto che lo Stato mi abbia detto per anni che ero un minorato mentale, quando invece ero un bambino normale che aveva solo bisogno di una famiglia.
STIMELA
Southern Africa Migration Project Stimela significa, in lingua zulu, “treno a vapore”, quel treno che per decenni ha portato migliaia di uomini, donne e bambini dal Centro Africa verso le miniere d’oro, di diamanti e platino del Sudafrica. Stimela è anche il nome di questo progetto fotogiornalistico che Luca Sola porta avanti ormai da quattro anni nel continente africano. Durante le sue missioni egli affronta e testimonia le dolorose tematiche legate al fenomeno migratorio, ne svela le cause e le conseguenze attraverso l’obiettivo della propria fotocamera. Le immagini scattate da dentro e da fuori i confini mostrano le conseguenze delle epidemie e della debilitazione, la ferocia degli arresti e le condizioni disumane delle carceri, la vita quotidiana nei campi di raccolta e la complessità dei conflitti etnici e interreligiosi, spesso fomentati e sostenuti dai leader dell’industria dei metalli preziosi e dai paesi avanzati. Per il suo carattere socio-antropologico la mostra “Stimela. Southern Africa Migration Project” induce a una riflessione seria e profonda su quanto sia necessario e urgente cambiare il nostro punto di vista, anche grazie all’uso del medium fotografico e all’occhio critico e lucido di Luca Sola.
Sarà possibile visitare la mostra, realizzata da ARCI Terni, fino al 24 febbraio 2019, presso la Sala Carroponte del CAOS di Terni.
BUONE FESTE DA ARCI TERNI !
Viviamo in un mondo che cambia
ALLA TERRA NON IMPORTA SE… Enrico SQUAZZINI Centro Ricerche Paleoambientali di Arrone
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l nostro è il terzo pianeta in ordine di distanza dal Sole. Più o meno 150 milioni di chilometri è la distanza che ci separa da questa stella, di media grandezza, che fornisce molta dell’energia indispensabile alle diverse e complesse dinamiche in atto sulla Terra. E proprio queste ne hanno fatto un pianeta unico, almeno nell’ambito del Sistema Solare. Sotto varie forme, questa energia impiega circa 8 minuti a coprire la ragguardevole distanza per arrivare a rendersi disponibile sulla sua superficie. La Terra è collocata in quella fascia orbitale, detta “zona abitabile”, in cui le temperature superficiali, né troppo fredde né troppo calde, consentono di mantenere l’acqua allo stato liquido per un tempo prolungato, in senso geologico si intende. Grazie a questa caratteristica fondamentale, su questa piccola oasi spaziale, presumibilmente intorno ai 3,5 miliardi di anni fa, si impostarono condizioni idonee perché prendesse il via un particolare processo chimico-fisico in ambiente umido e per il quale la materia si potesse aggregare in microscopici composti in grado di autoreplicarsi. Il caso volle che un’innocua aggregazione di atomi componesse un oggetto dotato di una proprietà specifica che consiste nella capacità di sfruttare la materia circostante per produrre copie identiche di se stesso, in sintesi l’attitudine ad autoreplicarsi. Era l’alba di quel fenomeno, che su questo pianeta chiamiamo vita, che si affacciava su uno scenario planetario e che, per quanto ne sappiamo finora, risulterà di fondamentale importanza nell’Universo. Ed erano i primi passi della selezione darwiniana. A partire dai primi organismi biologici, unicellulari, che basavano l’esistenza su criteri organizzativi ad interscambio semplice con l’ambiente circostante, questo particolare stato di aggregazione della materia ad un certo momento si arricchisce di un nuovo modello, quello pluricellulare. Un salto che, evidentemente, aprì nuove e più ampie
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possibilità di interazione nello sfruttamento delle diverse vie di interscambio energetico nell’ambiente. Un meccanismo virtuoso, efficiente, che proseguirà per miliardi di anni fino al momento in cui forme altamente differenziate di organismi viventi si affacceranno sulla scena in un’autentica esplosione di vita marina. Organismi con le fattezze più strane che si possano immaginare e degni di un bestseller di alieni, poco meno di 540 milioni di anni fa danno vita ad un Big Bang biologico occupando varie nicchie ecologiche dell’ambiente marino. Finanche alla diffusione sulla terraferma attraverso la colonizzazione dei primi vegetali che avverrà quasi cento milioni di anni più tardi. Tutti si “crogiolano” incoscienti nella culla del meccanismo evolutivo che, passo dopo passo, sia in mare che sugli antichi continenti continua a selezionare moltitudini di forme in base alle caratteristiche che, momentaneamente, più si addicono alle mutevoli condizioni ambientali. In questo complesso mosaico dobbiamo presumere che il fenomeno dell’estinzione non abbia mai costituito né una catastrofe né un incidente di percorso. Piuttosto è parte integrante del meccanismo generale di evoluzione del pianeta. Chi, secondo me per sua fortuna, possiede un po' di dimestichezza con lo studio delle forme biologiche del passato ha ben chiaro il legame esistente fra le caratteristiche di un habitat e le forme che in esso vivono. Di fatto la paleontologia rende evidente l’incalcolabile numero di gruppi viventi esistiti per un certo lasso di tempo e poi estinti, sostituiti da altre forme più adatte alle nuove condizioni ambientali nel frattempo impostatesi. Ciò suggerisce l’esistenza di un fenomeno globale di regolazione e di ottimizzazione degli interscambi geofisici con quelli biochimici della biosfera. Sul nostro pianeta, fra la moltitudine dei gruppi viventi prodotti nel corso del tempo, di recente uno si è distinto da tutti gli altri per alcune caratteristiche del tutto particolari.
Negli ultimi 2 o 3 milioni di anni un gruppo di primati ha sviluppato caratteristiche uniche con lo sviluppo di un grado di intelligenza superiore che prevede l’autocoscienza. Questa componente essenziale ha fatto di questo organismo vivente un animale in grado di sfruttare l’ambiente in un modo che, ancora una volta, risulta nuovo. Un modo che si può definire più completo rispetto a ciò che possono fare gli altri. Di fatto l’uomo si è sviluppato sia biologicamente che cognitivamente assumendo un ruolo del tutto particolare nel panorama dei rapporti con il proprio ambiente di vita. Ma, siccome ogni medaglia ha un suo risvolto, questa sorta di vantaggio evolutivo ha innescato un ulteriore meccanismo, che possiamo definire “di riflesso” e che, alla fine, è andato ad incidere sugli equilibri generali non solo dell’ambiente di vita di quell’animale ma sulle dinamiche di equilibrio di tutto il pianeta. I dati indicano che questo nuovo stato di cose sta minando la sopravvivenza di molti organismi viventi, compreso quello che ha determinato il problema. Ma lo abbiamo già detto, il fenomeno dell’estinzione è una condizione normale nel panorama evolutivo. Ciò significa che alla Terra non interessa nulla se una specie vivente si estingue, nemmeno se si chiama Homo sapiens. Evidentemente qui non c’entra nulla l’indifferenza. E l’illusione che qualcuno si possa risentire per la nostra assenza è semplice, puro e stupido egocentrismo non certo degno di un esperimento di raffinata intelligenza. Secondo me questa è una faccenda su cui dovremmo cominciare a ragionare in modo serio, considerando che finora abbiamo fatto finta che il problema non esistesse. Avrebbe ben poco senso, e solo per noi si intende, che l’unica specie in grado di autodistruggersi si fosse effettivamente autoeliminata, o autoestinta, pur essendo l’unica nel panorama del vivente in grado di poterlo evitare. Un bel gioco di parole vero? Io ci penserei bene!
OPI (Ordine Professioni Infermieristiche)
SI TIRANO LE SOMME
L
MENTRE IL 2018 LENTAMENTE CI SALUTA
’ordine delle professioni infermieristiche della provincia di Terni, nell’augurare un sereno Natale e un felice nuovo anno a tutti i lettori, coglie l’occasione per ripercorrere quello che per gli infermieri è stato un anno intenso di novità e di emozioni. Tra gli eventi che hanno reso particolare il 2018, ricordiamo il passaggio da Collegio ad Ordine, il più grande Ordine professionale italiano per numero di iscritti. Un traguardo per il raggiungimento del quale gli infermieri si sono adoperati per oltre dieci anni e che conferma la crescita della professione rendendo giustizia ai professionisti che ogni giorno si dedicano all’assistenza dei più fragili e dei malati. Vale anche la pena sottolineare che al pari di tutte le altre professioni intellettuali, la tutela ordinistica favorisce non solo gli infermieri, ma anche gli stessi cittadini, offrendo strumenti efficaci, ad esempio, contro l’abusivismo che infanga l’operato di centinaia di migliaia di professionisti e pone a rischio la salute degli assistiti. Altra data significativa, la firma del nuovo Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro
del personale del comparto del Servizio Sanitario che regola i rapporti di lavoro del personale sanitario che lavora all’interno delle strutture ospedaliere, avvenuta il 21 maggio, che introduce molte novità. Ma il lavoro iniziato che più di tutti attende di veder luce è quello relativo all’emanazione del nuovo codice deontologico. Difatti le regole della professione degli infermieri si aggiornano, e a quasi 10 anni dall’emanazione del codice deontologico
del 2009, si attende lo strumento che farà da guida alla professione nei prossimi anni. Un augurio particolare desideriamo rivolgerlo ai neolaureati in infermieristica della sede di Terni dell’Università degli Studi di Perugia dando loro il nostro benvenuto nella più grande famiglia professionale della sanità. “Scegli il lavoro che ami e non lavorerai neppure un giorno in tutta la tua vita”, diceva Confucio. Noi l’abbiamo scelto!
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La responsabilità del Notaio Avv. Marta PETROCCHI
I
l Notaio è un pubblico ufficiale e nello svolgimento della sua attività deve attenersi a precise regole. Il Notaio deve garantire che: l'atto notarile sia conforme alla volontà delle parti ed alla legge; che gli effetti giuridici che l’atto normalmente produce non siano pregiudicati da vincoli o da diritti di terzi, come ad esempio nel caso di ipoteche, pignoramenti, servitù, prelazioni sull’immobile. La responsabilità del notaio può riguardare diversi profili, quello civile: se ha causato un danno per l’inadempimento dei suoi doveri professionali è obbligato a risarcirlo; penale: se ha commesso reati; disciplinare: se viola princìpi deontologici della categoria. In quest’ultimo caso il notaio deve pagare ammende e può essere sospeso dall’esercizio della professione per un determinato periodo di tempo. Ciò premesso sono in commento tre provvedimenti della CASSAZIONE ossia: la sentenza n. 18525/2018; l’ordinanza, n. 18345/2018; la sentenza n. 15761/2018. Le sentenze e l’ordinanza citate ribadiscono il principio secondo cui il notaio che stipula l’atto di trasferimento della proprietà o di un altro diritto reale deve effettuare le famose visure ipocatastali, tramite le quali, all’esito dell’esame dei registri immobiliari, può individuare esattamente
il bene, verificare che il venditore possa vendere senza sorprese, accertare se l’immobile sia gravato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli non dichiarate. L’omissione o la negligente esecuzione di questo compito lo rende responsabile, unitamente all’alienante, dei danni che possono derivare all’acquirente. E ciò anche in mancanza di uno specifico incarico in tal senso, con l’unica eccezione di espresso, giustificato e concorde esonero delle parti dal compiere tali accertamenti sul bene. La Cassazione con la sentenza n° 18525/18, ha escluso che il compratore possa pretendere come risarcimento una somma corrispondente al prezzo pagato, se non ha perduto il bene, in conseguenza di una espropriazione o rilascio ai creditori. Rimane impregiudicata la risarcibilità del minore «effettivo pregiudizio subìto». A questo criterio si è attenuta anche la Cass. 18345/18, che ha giudicato corretta la pronuncia del giudice di merito che aveva condannato il notaio al pagamento di una somma «pari a quella richiesta per la liberazione del bene acquistato dal vincolo ipotecario» escludendo la necessità della «prova che detta somma sia stata effettivamente pagata»; affermazione, quest’ultima, ritenuta conforme a diritto, essendosi il danno comunque prodotto a
causa della pratica incommerciabilità del bene. Sulla possibilità che il risarcimento, invece che per equivalente, ossia mediante pagamento in denaro, venga disposto in forma specifica, ossia mediante la condanna del notaio a provvedere direttamente alla cancellazione delle formalità pregiudizievoli gravanti sul bene alienato per suo rogito, si è ripetutamente e conformemente espressa la cassazione. Il risarcimento dovuto al compratore è limitato al rimborso delle spese del rogito, poiché «il danno costituito dal versamento del corrispettivo per l’acquisto di un immobile gravato da iscrizioni e trascrizioni pregiudizievoli si era irreversibilmente prodotto, e per una serie causale affatto indipendente dall’attività del notaio. E invero, a prezzo già pagato, nulla più potevano risparmiare gli ignari acquirenti, ove il notaio avesse diligentemente adempiuto l’incarico affidatogli, se non che gli ulteriori esborsi connessi alla sottoscrizione del rogito». Il notaio in ogni caso non può garantire la regolarità urbanistica ed edilizia dell’immobile, né la loro conformità alla situazione catastale: a tal proposito è sempre consigliabile incaricare un tecnico per effettuare le predette verifiche. Buona Lettura del codice civile!
BATTIBBECCU TRA BBABBU NATALE E LA BBEFANA
Paolo Casali
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“Io so’ Bbabbu de Natale co’ na slitta e rrusciu ‘ddossu io so’ vvecchiu e sso’ ggiojale ciò a le spalle ‘n saccu grossu. Tutti quanti li studenti se mme vedono li doni se rilassono contenti... non ce so’ più le lezzioni! Porto ‘n saccu de riposu certu… quarche sittimana so’ bbarbutu e no’ bbarbosu mica so’ quella bbefana! ‘Ete vistu che ffacciaccia de le bbrutte è mmisse ‘Uropa ...pussa via ‘sta vecchiaccia
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zzomba sopra su ‘lla scopa! Tu Bbefana véni tardi e ppe’ qquistu non ciài stima te cce vojon li pedardi e ssei giorni... ma no’ pprima!” “Io so’ ppròpiu ‘lla Bbefana e non porto gnente dannu solo pe’ ‘na sittimana non annunciu ‘l nòu annu. Certu è ppropiu ‘n gran calvariu sopporta’ quillu sor tale… mica sa lu calendariu e sse fa jiama’ Natale. Ma chi è ch’è ssenza stima bbruttu ceffu de guinzaju...
tu non sai chi vvène prima tra ddicembre e lu ggennaju?! Che sso’ io... quella meggéra che ‘lle feste porta via? Tra ‘lle cappe... tutta nera... ‘spiro ancora simpatia! Tanti doni porto io andrettanti porti tu... pure se ‘stu munnu rio arza i costi sempre più. A non èsse prividenti non convène più a gniciunu e a vviaggia’ de quisti tembi… ma ‘nn è mmejo ‘n bo’ per’unu?!”.
Con il passare degli anni la magia del Natale cambia sapore, ma è sempre bello viverla insieme. Cari auguri di buon Natale
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Augura a tutti un felice Natale e un 2019 ricco di serenitĂ .
Dott.ssa Lorella Fioriti
Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria
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RIMODELLAMENTO ed AUMENTO
del VOLUME delle LABBRA
Le labbra sono un elemento essenziale dell’estetica del viso. Labbra piene, ben definite, proporzionate col resto dei lineamenti donano un aspetto più giovanile e affascinante a tutto il volto, per questo motivo i trattamenti di rimodellamento delle labbra sono molto richiesti. Alcune persone presentano congenitamente delle labbra sottili, poco definite o con alterata proporzione tra labbro superiore e inferiore; altre persone, pur avendo delle belle labbra da giovani, col passare degli anni si accorgono che esse perdono tono o definizione e questo, assieme alla comparsa di sottili rughe superficiali ne altera l’aspetto estetico. È molto importante che l’obiettivo del trattamento sia quello di aumentare moderatamente il volume delle labbra e rimodellare la loro forma senza renderle innaturali o sproporzionate. Le tecniche non sono uguali per tutte le situazioni, ma variano secondo la morfologia preesistente. Moderate correzioni con accurata definizione del contorno e del volume donano a tutto il viso un aspetto più gradevole e giovanile. Il filler maggiormente utilizzato per le labbra è l’acido ialuronico. Esistono oggi alcuni tipi di preparati di questa sostanza specificatamente
studiati per conferire volume e morbidezza, mantenendo un aspetto naturale. In alternativa si può utilizzare il tessuto adiposo del paziente stesso. Il risultato del trattamento va valutato dopo alcuni giorni, quando si sarà riassorbito il gonfiore iniziale. Per raggiungere il volume e la correzione che si desidera, possono essere necessarie più sedute d’infiltrazioni. La durata nel tempo del trattamento può variare in relazione al tipo di filler utilizzato, al metabolismo del paziente e alla costituzione anatomica iniziale.
Chi sa sorridere è padrone del mondo... Giacomo Leopardi
Dr. ROBERTO UCCELLINI SPECIALISTA IN CHIRURGIA PLASTICA RICOSTRUTTIVA ED ESTETICA SPECIALISTA IN CHIRURGIA GENERALE
TERNI - Viale della Stazione, 63 ROMA - Via Frattina, 48 LONDRA “The private Clinic” - 98 Harley Street PER APPUNTAMENTI: Office Manager Raffaella Pierbattisti Tel 0744.404329 329.20.06.599 – 329.23.32.450 robertouccellini@gmail.com www.robertouccellini.com
Il Natale regala sempre una piccola Favola... Vi auguro che queste feste, ma soprattutto l’anno nuovo, siano ricchi di magiche sorprese!
Ricorda: il miglior regalo è la prevenzione
DR.SSA GIUSI PORCARO
Specialista in Ginecologia ed Ostetricia
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AZIENDA OSPEDALIERA STRUTTURA COMPLESSA di
Oncologia Medica
Direttore Dott. Sergio Bracarda Struttura Complessa Oncologia Medica Azienda Ospedaliera "S. Maria" di Terni
Negli anni passati il reparto di Oncologia era quello dove si faceva la “chemioterapia”, spesso con lunghi ricoveri, numerosi effetti collaterali e poche speranze; un posto che faceva veramente paura, a volte anche nell’aspetto. Oggi parlare di Oncologia significa parlare di un miliardo di cose, un numero paragonabile a quello delle innovazioni - biologiche, conoscitive e terapeutiche che hanno stravolto completamente la visione del mondo degli oncologi e il senso stesso della professione dell’oncologo. Parlare di Oncologia oggi significa sempre più parlare di prevenzione (personale, cioè dei propri stili di vita, familiare, ambientale) e di diagnosi precoce; significa parlare di trattamenti selettivi da un punto di vista chirurgico, radioterapico o medico, legati anche alle rilevanti novità sulla biologia dei tumori che stanno arrivando in modo sempre più tumultuoso; ma soprattutto significa parlare di approccio multidisciplinare e multiprofessionale alla malattia e di dialogo con il paziente. Organizzare un’attività multidisciplinare significa mettere intorno ad un tavolo tutte le figure coinvolte in ogni fase del percorso diagnostico-terapeutico del singolo paziente, definendo di comune accordo le scelte terapeutiche più
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appropriate e la loro sequenza ottimale, quando indicata, evitando quindi al paziente di muoversi fra le varie figure mediche senza un chiaro orientamento, con il rischio di ricevere pareri disallineati e a volte addirittura discordanti. Il confronto è la matrice della qualità. Altro vantaggio importante per il paziente è quello di conoscere sin da subito tutte le figure che incontrerà durante il proprio percorso di cura, sentendosi quindi tutelato e non “scaricato” nei vari passaggi da uno specialista all’altro e godendo anche, quando opportuno o richiesto, di un possibile supporto psicologico. Cosa vogliamo fare in Oncologia a Terni? Sicuramente vogliamo rendere il reparto più a misura d’uomo (e di donna ovviamente). Già da settembre scorso la Direzione Aziendale ha approvato un primo progetto di adeguamento degli spazi esistenti con l’obiettivo di renderli più accoglienti, “amichevoli” e fruibili. Il 29 novembre sono iniziati i lavori nella corsia di degenza: provvederemo ad una più moderna sistemazione degli spazi infermieristici e delle camere, tinteggeremo le pareti con colori più brillanti e siamo anche alla ricerca di quadri (ma che siano grandi e vivaci!) da appendere un po’ ovunque. In Day-Hospital e in Ambulatorio è prevista una seconda tranche di lavori che porteranno ad un miglioramento dei flussi dalla sala d’aspetto agli ambulatori per i prelievi e la visita. Per una parte di questi lavori dovremo tuttavia aspettare la realizzazione della nuova grande sala d’aspetto, in quanto vincolati ad una rotazione di spazi. Il progetto è complesso ed ha richiesto alcune importanti modifiche in fase di progettazione definitiva, ma, ottenuta l’autorizzazione sismica da parte della Regione e avviata contestualmente la procedura di validazione e verifica del progetto esecutivo, l'Azienda, verosimilmente nel mese di febbraio, avvierà la procedura di gara per l’affidamento dei lavori. I tempi non saranno brevissimi, ma nel frattempo cercheremo di intervenire
sulla piccola sala d’aspetto esistente per renderla più vivibile e più confortevole. Una volta a regime avremo spazi adeguati per l’Accoglienza Oncologica (un servizio previsto anche dalla rete Oncologica Umbra), due altri ambulatori, un’accettazione più moderna e, soprattutto, uno spazio di attesa ampio, luminoso e rilassante. Per ridurre i tempi di attesa, a breve modificheremo i flussi e la programmazione di terapie e visite, cercando di separare le attività urgenti da quelle programmate e fra queste le attività da fare in giornata e quelle per il giorno successivo; un lavoro che sarà ovviamente concertato con il Laboratorio di Analisi e la Farmacia Ospedaliera. In programma ci sono poi l’attivazione di altri gruppi multidisciplinari, alcuni anche derivanti dai gruppi di ricerca su varie patologie, approcci terapeutici innovativi e problematiche assistenziali, e la creazione di ambulatori che forniscano specifici servizi per il paziente oncologico e per chi ha superato la malattia; servizi numerosi e in alcuni casi complessi, di cui i cittadini riceveranno informazioni più dettagliate nel corso del tempo. Grande attenzione sarà riservata anche alla prevenzione primaria, un mondo al quale l’oncologia moderna è sempre più interessata: “prevenire è sicuramente meglio di curare, ma se proprio dobbiamo curare facciamolo bene, con personale competente e adeguatamente formato e con tecniche e farmaci d’avanguardia”. Ma noi vogliamo fare dell’Oncologia di Terni anche un punto di riferimento a livello internazionale, sono infatti iniziati anche i lavori finali di sistemazione del Centro di Ricerca Clinica di fase 1, che diventerà il nucleo centrale del nostro già ben organizzato sistema di ricerca (cui partecipano data manager, study coordinator, infermieri di ricerca, case manager, controllo di qualità, amministrativi e ovviamente farmacisti e medici, in veste sia di principal che di sub-investigator), consentendoci di impiegare farmaci e approcci ancora più innovativi di quelli già al momento
SANTA MARIA DI TERNI impiegati (uno sguardo al futuro…). Stiamo inoltre creando anche numerosi gruppi di ricerca traslazionali e trasversali a varie discipline (uno per tutti quello sul carcinoma gastrico), che a loro volta si agganceranno ad iniziative nazionali ed internazionali. Una fonte di qualità e cultura che si travaserà anche nelle attività di formazione continua in ambito oncologico per medici, infermieri e operatori sociosanitari. Alcuni di questi eventi formativi potrebbero anche essere aperti al pubblico e ai volontari. Tutte queste attività sono e saranno effettuate in collaborazione con numerosi colleghi dell’Azienda Ospedaliera e del Territorio, con la Direzione Aziendale e con tutte le Associazioni di Volontariato di Terni e provincia, che ringraziamo per la continua e tangibile presenza, e con chiunque desideri che... l’erba più verde sia quella di casa nostra e non quella del vicino! Sergio Bracarda
Servizio Fotografico Alberto Mirimao
ÉQUIPE Direttore: Dott. Sergio Bracarda Personale medico: Dott. Roberta Bartolucci, Claudia Caserta, Guglielmo Fumi, Eleonora Garofoli, Marina Nunzi, Claudia Mosillo, Damiano Parriani, Silvia Sabbatini, Chiara Scafati, Maria Tagliaventi, Cristina Zannori Coordinatrice infermieristica: Cristina Proietti Segreteria: Antonella Marconi Personale infermieristico - Degenza Oncologica: Anna Rossi, Antiniska Danielli, Monia Piccioni, Veronica Ricciardi, Bonanni Jacopo, Riccardo Aniello, Patrizia Galli, Cinzia Eliseo Personale infermieristico - Day Hospital Oncologico: Annarita Argenti, Cristina Miliacca, Paola Paolucci, Franca Vaiano, Tiziana Pistello, Michela Basili, Monica Rossi, Stefania Villa, Angela Maria Pascalicchio Ventrella, Anna Ciuffetelli, Cristina Olivieri Personale OSS - Degenza Oncologica: Elisabetta Tentellino, Roberta Camillucci, Maria Cristina Scerra, Mariele Scali, Stefania Marchetti Personale OSS e Ausliari - Day Hospital Oncologico: Angela Meattini, Roberta Ciani, Ersilia Sauro, Rosanna Improda, Graziana Ricci Data manager, Centro operativo studi clinici: Agnese Isori, Sarah Migliosi, Fabio Vincenti, Gianni Ciccarese, Eleonora Morichetti.
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SICUREZZA E TEST Secondo le normative vigenti per ogni unità raccolta, sia essa di sangue intero, plasma o piastrine o altri emocomponenti, vengono effettuati accertamenti di laboratorio, atti a valutarne l'idoneità ad essere trasfusa, come: emocromo completo per lo studio di globuli rossi, globuli bianchi e piastrine, transaminasi ALT (per lo studio del fegato), sierodiagnosi per la lue o sifilide, HIV Ab 1-2 (per l'AIDS), HBs Ag (per l'epatite B), HCV Ab e ricerca di costituenti virali dell'HCV 8per l'epatite C), controlli e determinazione del gruppo sanguigno e del fattore Rh. Il donatore periodico, oltre agli esami sopra riportati, ogni anno deve essere sottoposto a ulteriori esami, quali creatininemia, glicemia, proteinemia, trigliceridemia, colesterolemia, sideremia, ferritinemia, ecc...
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AVIS Terni: Via L.Aminale, 30 - Terni E-mail: avis.terni@libero.it Telefono: 0744400118 - Fax: 0744400118
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Può donare a A e AB
A
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B
Può donare a B e AB
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Può ricevere da B e O
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0
Donatore universale
0
Può ricevere da 0
Rh NEG.
Può donare a Rh NEGATIVO eRh POSITIVO
Rh NEG.
Può ricevere solo da Rh NEGATIVO
Rh POS.
Può donare a Rh POSITIVO
Rh POS.
Può icevere da Rh NEGATIVO eRh POSITIVO
IL SANGUE SERVE TUTTI I GIORNI E NON SOLO NELLE SITUAZIONI DI EMERGENZA.
LA CURA DELL’ANCA con trattamenti mini-invasivi Dott. Vincenzo Buompadre
Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport - Terni Murri Diagnostica, v. Ciaurro 6, 0744.427262 int.2 - Rieti Nuova Pas, v. Magliano Sabina 25, 0746.480691 - Foligno Villa Aurora, v. Arno 2, 0742.351405
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L’artrosi all’anca è una problematica molto comune che spesso può manifestarsi anche nei soggetti più giovani a causa di sovraccarichi funzionali, in particolare durante l’attività sportiva o lavorativa. Per evitare la degenerazione della regione è importante diagnosticare la patologia in tempi brevi, così da intervenire o con trattamenti mini-invasivi o con protesi d’anca. Per la sua eziologia l’artrosi all’anca può essere curata nella sua complessità generalmente con una protesi d’anca, ma talvolta si può intervenire con successo anche con trattamenti mini-invasivi. Vengono messi a punto dei trattamenti che prevedono artroscopia dell’anca: in questo modo il medico può non solo iniettare il liquido intra-articolare, ma anche varie tipologie di farmaci come cortisone, acido ialuronico, antibiotici e anestetici. Se i trattamenti artroscopici non funzionano è necessario intervenire con protesi d’anca. Esistono varie tipologie di protesi, totali e non. Quelle impiegate dallo studio del Dott. Vincenzo Buompadre sono: zz protesi cefalica zz protesi articolari totali zz protesi che risparmiano l’osso
zz protesi di rivestimento zz mini-protesi femorale zz protesi totali L’artroprotesi totale di anca è un’ articolazione artificiale realizzata con speciali leghe metalliche, materiale plastico (polietilene) e/o ceramica che sostituisce i due capi articolari malati. La riabilitazione da questo tipo di intervento è abbastanza semplice, già dal primo giorno post-operatorio inizia la mobilizzazione dell’arto operato e molto spesso anche il recupero della stazione eretta. Dal secondo giorno inizia la deambulazione con due appoggi. Il medico, tuttavia, dovrà tener conto di tutta la storia clinica del paziente per evitare rischi ed effetti indesiderati.
Programma Associazione Culturale La Pagina MIRIAM VITIELLO Tutti i Lunedì dalle ore 18.00 alle 19.30
Corso di lingua INGLESE
12 Dicembre
Mercoledì ore 17.00 Presentazione di 2 Libri di Alberto Fràsher: LA QUINTA - Romanzo recensione di G.Porrazzini L'ITALIA NELLA PARABOLA DI BERLUSCONI recensione di S.Mazzilli
NADIA ZANGARELLI Tutti i Lunedì dalle ore 15.30 alle 17.45
Corso di PITTURA
NEW
ENT Tutti i SABATO RY dalle ore 16.30 alle 18.00
Corso di INFORMATICA
Impariamo ad usare smartphone, tablet e PC
14 Dicembre
19 Dicembre
Venerdì ore 17.00
Mercoledì ore 16.00 Siamo figli delle stelle? (II parte)
APPROCCIO CONOSCITIVO I PRODOTTI DELLE ACQUE: gastronomia, tradizione e dolci natalizi Relatrice: Loretta Santini Progetto TERNI PASTICCIONA Interventi: Fabrizio Pacifici, Gino Venturi, Giampiero Raspetti
Vittorio Grechi
Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 0744.1963037 - 393.6504183 - 348.2401774
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Evoluzione del
Municipio Romano di Interamna attraverso le testimonianze monumentali
IDEA-PROGETTO APRITI CIELO laboratorio per lo studio delle acque e delle terre
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Una particolare etnia protostorica:
gli Umbri del Nera Anche in questi due incontri abbiamo ripercorso la storia (stupenda, unica e ricchissima) del nostro territorio per trarne idee e progetti per il futuro. Anche qui abbiamo osservato e preso atto della grande variabilità di prospero ed eccellente futuro che potrebbero avere la nostra città e il nostro territorio. Speranze di futuro che la politica vera ha il dovere di far emergere, di portare alla discussione, per tentarne la realizzazione. Siamo convinti che si abbia soprattutto bisogno di scoprire ed esaltare l’anima o le anime della città rispetto a qualsiasi generico interessamento per altra incombenza o suggestione o mantenimento dell’esistente. Sarà dunque bene studiare, capire, elaborare collegialmente, anche per evitare di porre in opera lavori del tutto personalistici che potrebbero rivelarsi dannosi, non solo inutili.
IDEA-PROGETTO TERNI
centro dei transiti e dei trasporti
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LIBRI
i migliori regali per le Feste
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Francesco Pullia, dopo aver pubblicato libri con narrazioni di problematiche spirituali con presenze iniziatiche, opere di soggettiva esegesi filosofica, raccolte di intense liriche, ora propone un nuovo volume di poesie. Ha come titolo “…Poi s’infiammò di notte la parola” con postfazione di Giuseppe Moscati. Anche in queste poesia trapela sempre il senso di un passato rivissuto da Pullia sul filo della memoria, la lievità di ricordo di luoghi che hanno segnato il suo divenire. Sempre coerente la sua dedicazione: “a tutti gli esseri di ogni forma e specie che hanno condiviso con me il vagare”. Sono, le sue, poesie dell’anima, del ricordo, della spiritualità, del dolore. Il suo appare come il percorso di un lungo itinerario di vita con volti, figure, situazione, ambienti filtrati nel segno di ricordi esistenziali. In una realtà vissuta con sensibilità trasognata. In cui torna il mistero della vita, la certezza della morte. Ed allora ecco i malinconici ricordi che trapelano dai suoi versi lievi, incisivi, armonici: l’evocazione di affetti familiari con le idealizzate presenze del padre ma, soprattutto, quella insopprimibile della madre. E in Pullia il dolore appare come una purificazione, con immagini trasfigurate. Mentre aleggia sempre una connotazione di ascetismo buddista. Una poesia di concretezza di sogni, quella di Francesco Pullia, con la natura come realtà insopprimibile che dà vita e umana continuità. Non è rasserenante la sua poesia. È come un saggio poetico per meditare, per pensare. Sulle ali, certo, della bellezza, sulla lievità ed armonia di versi che parlano dell’uomo e della sua immutabilità trascendente. E se speranza c’è in Pullia, questa appare lontana, in un messaggio ovattato da decifrare. Forse nell’approdare in quell’amore che tutto dovrebbe accomunare. Il libro è stato presentato nei giorni scorsi, nel salone della chiesa evangelica metodista in via Rismondo a Terni. Ne hanno parlato Pawel Gajewski pastore valdese, Paolo Cicchini critico, Davide Cova fondatore del Centro buddista Dorje Ling, Giuseppe Moscati presidente del Centro studi Aldo Capitini e mons. Roberto Tarquini studioso di letteratura mistica. L’attore Mirko Revoyera ha letto alcune poesie. Mino Valeri
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DIFFICILE RAPPORTO ITALIA-EUROPA Giacomo PORRAZZINI
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ei primi anni 90 del secolo scorso, trovandomi, da parlamentare europeo, a partecipare alla vita delle Istituzioni comunitarie, ero convinto che il futuro, imminente e lontano, dei popoli europei non potesse che essere quello di appartenere ad una grande comunità di destini: quealla europea. La discussione, che già c’era, non riguardava la meta dell’Unione, ritenuta certa e indiscutibile, ma i tempi ed i modi per raggiungerla; semmai, il confronto vedeva, da una parte, i fautori dell’idea dei padri fondatori, come Spinelli e Monnet, sostenitori del modello federalista, basato su un rapporto diretto fra cittadini europei ed Istituzioni di una grande democrazia europea da completare e, dall’altra parte coloro che pensavano che il modello più realistico non potesse che essere quello di una Europa confederale ed intergovernativa, basato su un rapporto primario fra Stati Nazione. Entrambi gli schieramenti erano, peraltro, totalmente fedeli all’ideale europeo. Ricordo che in aula a Strasburgo, vicini di posto avevo due parlamentari socialisti molto anziani, uno dei quali, quello inglese, vistosamente zoppicante per antiche ferite di guerra; l’altro era tedesco ed in gioventù, da piloti delle rispettive aviazioni, si erano combattuti strenuamente e ferocemente nei cieli sopra il canale della Manica. Ora erano lì, nel parlamento europeo, appartenenti allo stesso gruppo politico, a costruire, in pace, la grande casa europea. Come non pensare, difronte a quella immagine, che la storia europea avesse finalmente avuto una svolta irrevocabile verso l’unione dei popoli europei, verso la pace ed il benessere sociale, verso i diritti civili di una grande ed inedita democrazia continentale? Poi con l’Euro, negli anni successivi, sembrò che il processo di costruzione europea potesse conoscere una accelerazione, potendo disporre di uno strumento potente, come la moneta comune e potendo contare sugli accordi
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di Schengen che abbattevano tutte le antiche frontiere interne; frontiere, per la cui difesa o per la cui espansione le Nazioni europee, da secoli, si erano scontrate in guerre fratricide, comprese le ultime due, nel novecento. Oggi, purtroppo, quelle certezze sono diventate assai più fragili e quasi non ci meravigliamo di vedere forze politiche e leaders, in vari paesi europei, Italia compresa, propugnare apertamente la rottura della costruzione europea, la marginalizzazione delle Istituzioni più tipicamente comunitarie, come Parlamemto e Commissione, il ritorno delle frontiere e magari dei dazi, i piani per uscire dall’euro, lisciando, anche, il pelo ad un pericoloso neo-nazionalismo xenofobo. La vicenda inglese della Brexit, del resto, ha mostrato che l’Unione europea è tutt’altro che una costruzione indistruttibile ed una scelta irreversibile. Eppure, questa Europa ci ha garantito più di mezzo secolo di pace e di sviluppo economico e sociale, di libertà e democrazia; vi è riuscita, pur con i suoi limiti e difetti, in gran parte causati, non da presunte “burocrazie di Bruxelles”, ma, dai rigurgiti nazionalisti che hanno impedito, sinora, di approvare la nuova Costituzione europea, che pretendono il diritto di veto invece di decisioni prese a maggioranza, che ostacolano l’affiancamento, alla moneta comune, di strumenti tipici di una unione politica, fiscale, sociale e, persino, di una unione militare, capace di difendere tutti i popoli europei da nuovi rischi e di porsi, nel mondo, come fattore di stabilità e di pace. Grandi ed esiziali sfide globali, come quella climatica e della conseguente sostenibilità dello sviluppo, come il governo consapevole dei flussi migratori, come le minacce terroristiche del fondamentalismo islamista, come il controllo dei grandi poteri finanziari e tecnologici che controllano l’economia del mondo, come il confronto strategico fra grandi colossi come USA, Cina e Russia, richiedono ai popoli ed agli Stati europei, se non vogliono ridursi a
spettatori e vittime subalterne, di stare al mondo con la forza di una dimensione demografica, economica, culturale e politica formidabile, com’è quella della Unione Europea. Quando fu introdotto l’Euro in molti, in Italia, speravano che sotto la spinta della moneta comune, il nostro Paese riuscisse ad incamminarsi sulla strada di quelle riforme strutturali di fondo capaci di portare l’economia italiana e, più in generale, tutto il “sistema paese” a convergere con la situazione dei paesi europei più efficienti ed avanzati. Purtroppo l’Italia ha guardato ed usato l’euro come una opportunità da sfruttare, restando uguale a se stessa, piuttosto che una prova dura da superare, per migliorare. I difficili rapporti attuali con la Comunità europea hanno questa causa di fondo. Ora, l’Europa può aprire, per il nostro paese, una nuova ed ulteriore possibilità di sviluppo: quella di essere parte del grande sforzo europeo per lo sviluppo sostenibile. Su questa nuova frontiera dello sviluppo, coerente con le più recenti raccomandazioni dell’ONU, si aprirà una nuova fase della programmazione europea, con una importante disponibilità di risorse per progetti territoriali che abbiano tale finalità. In passato, Terni e l’Umbria, in particolare, sono stati oggetto di un flusso costante ed importante di risorse comunitarie a sostegno del lavoro e delle imprese, del sociale e della cultura. Appare decisivo promuovere, nel nostro territorio, una capacità progettuale specifica, per programmi e progetti di sviluppo sostenibile che affrontino, insieme, i temi dell’ambiente, dell’economia, della società, della cultura; in modo da dare risposte alla crisi occupazionale ed economica che, da tempo, attanaglia Terni, e in modo da concorrere al grande sforzo corale, europeo e mondiale, capace di guardare, con responsabilità, al futuro dell’umanità ed in particolare delle giovani generazioni.
Il Natale, i valori, le tradizioni e le strenne che non ci sono più È uno degli effetti della modernità senz'anima che ha travolto i costumi Adriano MARINENSI
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n tempo di Natale, ridotto a luminarie e pubblicità commerciale, mi immalinconisce. È il Natale senz'anima, né religiosa, né civile; il Natale degli “Auguri, Auguri!”, frettolosi per la strada, con tenui segni di sentimento. Quel terribile convitato di pietra (la TV), che, in tutte le case fa quotidiana violazione di domicilio, costringe la famiglia silente in poltrona; ha sepolto la tombola che invece riuniva tutti vocianti, dai nonni ai nipoti: 47, morto che parla. E noi nipoti a recitare la 'strofetta': Buone feste e Buon Natale, fammi la mancia se ti pare. Io non voglio né oro, né argento, solo di un quattrinello mi contento. Ammoniti spesso così: Babbo Natale, ai bambini buoni porta tanti doni, agli altri, solo cenere e carbone. Un modo di dire agli uomini -fintanto essi sono innocenti- che la vita compensa chi si comporta bene e punisce i cattivi. Dopo, da grande, ti accorgi che la realtà è diverso testimone. Per esempio, premia in ricchezze i 'signori della guerra' e i grandi spacciatori di droga, malvagi venditori di strumenti di morte. Del corpo e dello spirito. Dinnanzi al Presepio, il simbolo millenario del Natale, si ritrovano un po’ tutti, con devozione oppure con il pensiero riverente, per quel senso di pace che esso diffonde. Con le immagini ed i canti. Non è raro ascoltare, le soavi note di “Astro del Ciel”, quasi una invocazione, che, senza dirtelo, sollecita alla concordia ed alla serenità. È un canto antico di almeno due secoli, intitolato, nella lingua d'origine, Stille nacht, perché composto in Austria. Poi, in Inghilterra, divenne Silent night, in Francia Douce nuit, in Spagna Noche de paz. Tra i regali natalizi che ho ricevuto da fanciullo, conservo in memoria l’aeroplanino di latta. Caricato con la
chiavetta, camminava mezzo metro in avanti, poi si rovesciava all’indietro con una curiosa capriola e ripeteva l'operazione finché aveva finito la “corda”. Oggi, se lo regali ad un nipote ti sghignazza appresso. Oggi, se hai appena una decina d’anni, “pretendi” almeno un telefonino d’ultima generazione oppure un’altra delle diavolerie tecnologiche presenti sul mercato. Dicono sia il progresso ed al progresso occorre inchinarsi. Io, al progresso “sterile”, non m’inchino. Per esempio, col cellulare, ci telefono e basta. In tanti invece ci trasformano la fantasia in realtà. Però virtuale. Come gli amici trovati a casaccio, pigiando i pollici sulla tastiera, in un alienante andirivieni di messaggini. Nel 'tempo delle mele', trovi amici che non conosci e non hai neppure modo di incontrare. Mentre l'amicizia è sentimento che ha bisogno di dialogo, di stare insieme per parlare, per esprimere manifestazioni d’affetto, magari con intima riservatezza. Riservatezza cancellata dalla messa in rete dei “profili” a libro aperto. Sono convinto che il nuovo per forza non riuscirà mai a cancellare la suggestione, la magia del Natale. E del Presepio, che, da sette secoli affascina non soltanto il mondo della cristianità. Da quando, a Greccio, minuscolo paese di collina, divenuto, da allora, la nuova Betlemme, il Poverello regalò al mondo il segno del miracolo, accompagnandolo con la voce del riscatto che bandisce le ingiustizie, la violenza, il sopruso. Scrive Alessandro Manzoni: In poveri panni, il Figliol compose e nell'umil Presepio soavemente il pose. In campagna, dove vissi fanciullo, il tempo di Natale “uccideva” il maiale. Anzi lo straziava di coltello. La povera bestia, con le sue carni saporite, diventava ospite gradito e onorato re della tavola.
A proposito di costumanze, una ce n’era simpatica e bizzarra. Chi ha le rughe in fronte, ricorderà il calendarietto profumato e 'arricchito' di immagini femminili un poco osé, disegnate con garbo, una per ogni mese. Lo porgeva il barbiere, insieme agli auguri, solitamente contraccambiati con “il resto, mancia”. Non esiste più neppure il mio silente Natale, avvolto nell'armonia delle ciaramelle, perché il frastuono delle città ha bandito la quiete. Anche gli zampognari erano una simpatica strenna natalizia. Di sera, nel vasto focolare che tentava invano di scaldare l’ambiente domestico (“Gira sui ceppi accesi lo spiedo scoppiettando…”), si consumava il tronco d’ulivo benedetto che –mia nonna dicevaarde verde e secco. Per i più piccini in trepida attesa, Babbo Natale scendeva dal camino. Oggi, i camini, nell’edilizia grigia di cemento armato, sono diventati una rarità. Babbo Natale e la Befana non possono più passare dalla cappa e le porte sono quasi tutte blindate. Ha raccontato, in un libro di memorie, il compianto Amico Sandro Boccini, che alcuni decenni orsono, nelle piccole comunità rurali, per far entrare chi aveva bussato, bastava dire “Avanti!”. Durante il giorno la porta era aperta. Soltanto di notte, nella mia vecchia dimora, dietro l’uscio, si metteva la “stanga” di legno massello. La civiltà ha portato l'emancipazione (direi un affrancamento) dalle tradizioni, compreso il “cerimoniale” natalizio. Negli “agglomerati urbani”, affollati di palazzi alti, alti, a differenza dei borghi antichi, vigono le frenesie e l’incognito sociale. Comunque, caro lettore, sia tu cittadino o periferico, cultore del passato o estimatore del tempo presente, giovane col cellulare o anziano col bastone: BUON NATALE!
CONSORZIO DI BON Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it
ANNO 2018: bilancio dal Consorzio di Bo
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reme innanzi tutto sottolineare i dati relativi alla stagione irrigua appena conclusasi; nella Conca ternana è possibile attuare una agricoltura fiorente e di qualità grazie al servizio irriguo gestito, con attenzione e capillarità, dal Consorzio anche in periodi così sfavorevoli dal punto di vista climatico. È doveroso evidenziare, infatti, la dilatazione temporale delle ultime stagioni irrigue che sono iniziate ad aprile e si sono concluse a fine ottobre anziché dal mese di maggio a settembre. Per favorire l’uso corretto del servizio, inoltre, l’Ente si è dotato di apposito Regolamento irriguo. A proposito dei futuri progetti va rilevata la presentazione alla Regione Umbria, nell’ambito dei fondi stanziati dal Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020, di un progetto di ammodernamento dell’impianto irriguo di distribuzione nel comprensorio di irrigazione in destra del fiume Nera nei comuni di Terni, Narni e Sangemini per l’importo di oltre 2 milioni di euro.
Manutenzione ordinaria fosso Polino- Rosciano in Comune di Arrone
Manutenzione ordinaria torrente Calamone in Comune di Narni
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Manutenzione ordinaria argini ed area golenale fiume Nera
IFICA TEVERE NERA
delle attività svolte onifica Tevere-Nera
Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00
Altra importante attività istituzionale del Consorzio è la manutenzione ordinaria dei corsi d’acqua ricadenti nel comprensorio consortile, che viene costantemente effettuata con particolare riguardo ai centri abitati a maggiore densità di popolazione, e che impegna oltre un mione di euro di risorse l’anno. Il Consorzio prevede inoltre di investire risorse per ambiziosi progetti riguardanti i fiumi Nera e Tevere. Continuano le attività riguardanti il progetto “Sorella Acqua” al fine di formare i “giovani cittadini” al rispetto dell’ambiente, al corretto consumo della risorsa idrica e alla salvaguardia idrogeologica.
tratto ponte Allende-ponte della ferrovia in Comune di Terni
Consorzio di Bonifica Tevere-Nera IL PRESIDENTE DOTT. MASSIMO MANNI
Irrigazione a pioggia in esercizio per il Bacino del Fiume Nera nei Comuni di Terni, Narni e Sangemini. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
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PAROLA = POTERE Pierluigi SERI
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oma 10.11.2018 arriva l’annuncio bomba: la sindaca V. Raggi viene assolta dall’accusa di falso in atto pubblico perché il fatto non sussiste. Subito si scatena il putiferio. Lo stato maggiore del governo gialloverde, in particolare i pentastellati perdono ogni controllo scagliandosi contro i giornalisti rei di aver denunciato a mezzo stampa le inadempienze e le incompetenze dimostrate dalla sindaca in due anni di governo della capitale. Un’ondata di insulti e di improperi li travolge tutti senza distinzione con epiteti tipo "infami sciacalli corrotti intellettualmente e moralmente” (L. Di Maio), “puttane, pennivendoli che si prostituiscono neppure per necessità, ma per viltà” (A. Di Battista) seguito dallo ormai storico “Vi mangerei tutti per potervi vomitare” del guru Grillo parlante. Questi sono solo alcuni dei commenti coloriti di esponenti del governo in carica, ma se si va sui social e sul blog di M5S c’è di peggio. Del resto è risaputo che il movimento è nato sul blog e deve la sua forza alla tentacolare struttura della Piattaforma Rousseau di D. Casaleggio che on line organizza, impartisce istruzioni a milioni di followers, convoca, informa in modo capillare e diretto senza alcuna intermediazione. Efficiente organizzazione che ha permesso al movimento di ottenere una schiacciante vittoria alle elezioni del 4 marzo. Ma non è di questo che vogliamo parlare nel presente articolo quanto sulla tipologia del linguaggio usato nelle comunicazioni sia in diretta sia on line che ha degli aspetti su cui vale la pena di soffermarsi. Che la parola sia uno strumento di potere lo avevano scoperto i Sofisti nel V sec. aC tanto che avevano creato delle vere e proprie scuole di retorica dove si insegnava come usarla per ottenere successo nelle assemblee. Oggi grazie ad internet, computer,
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smartphone, telefonini essa è divenuta ancora più potente tanto che il potere politico se ne serve sistematicamente. Analfabeti, ipocriti, pseudo-intellettuali, verginelle, puttane ecc. Ogni stagione ha le sue parole, i suoi bersagli, i suoi insulti fin dagli anni novanta del secolo scorso quando Indro Montanelli e Ghino di Tacco alias B. Craxi si punzecchiavano su “puttane e impiccati”, ma quello che colpisce della presente è la particolare violenza. È stata creata una neolingua fatta di ingiurie, derisioni creata per provocare rabbia e viaggiare sui social. Gli insulti usati prima come pietre per conquistare il Palazzo, ora vengono lanciati dal Palazzo con lo scopo di potervi rimanere a lungo e indisturbati. Sberleffi, dialettismi, improperi a raffica. Non è la morte della lingua annunciata da Pasolini né l’avvento dell’antilingua prevista da Calvino. Il motivo è di rispecchiare la gente anziché
rappresentare un modello da seguire. Ogni frase riportata in diretta o sul blog è studiata ad arte anche quando sembra naturale. Il tutto per avere e mantenere il consenso. Ciò che però colpisce è l’aggressività che il linguaggio esprime le cui conseguenze possono essere gravi. Nella Camera si sono viste di recente gazzarre un tempo impensabili. Se si pensa alle tribune elettorali degli anni ’60 e alla correttezza usata da politici e giornalisti anche nella polemica politica, ci si rende conto che si è in un momento storico completamente diverso. Non è che l’esplicitezza del linguaggio sia andata a vantaggio della chiarezza. Si ha solo un minore controllo che nel discorso pubblico dovrebbe essere attento a non ferire sensibilità diverse. La mancanza di controllo non è un semplice lasciarsi andare, ma un preciso calcolo politico che risponde all’idea che “di questi politici ci si può fidare perché parlano come noi”. Molto spesso si attinge al livello più
basso della lingua di tutti i giorni e di conseguenza anche la gente, specie sui social, si sente autorizzata a farlo perché anche i leader fanno così. Salvini ad esempio, a volte fa qualche battuta in dialetto “Ciapa lì e porta a cà” a volte riesuma detti mussoliniani “Me ne frego”, Di Maio sbaglia i congiuntivi, ma ogni scelta linguistica è destinata ad essere efficace e i sondaggi confermano. I politici giocano volutamente con i modelli linguistici, ma tutto si può dire che non siano consapevoli della potenzialità delle parole. Personalmente non credo che tutti gli errori siano involontari. L’errore è parte di un populismo linguistico. Questo non è un italiano popolare bensì un italiano populista, pensato per creare una contrapposizione alla lingua istituzionale e suscitare empatia, visto che si gioca tutto sulle emozioni e con una
popolazione che non ha dimestichezza con la grammatica considerata espressione di una élite di intellettuali. La comunicazione è caricata di dialettismi, modi popolareschi, parolacce e i sondaggi dimostrano che tutto ciò funziona. Non a caso il sogno di ogni populista è parlare direttamente agli elettori senza mediazioni, imponendo loro il proprio pensiero. Esempi nella storia antica e moderna non mancano. Al linguaggio parlato si accompagna anche quello gestuale, anch’esso voluto e studiato per far presa sul popolo e ottenerne consenso. Il presidente della Camera R. Fico e il ministro D. Toninelli dopo una votazione si battono le destre in segno di vittoria, gesto che compare in molti films americani. A. Bonafede ministro della giustizia si presenta con uno zainetto
sulle spalle come fosse un liceale. Senza ombra di dubbio questo modo di comunicare non è solo frutto di calcolo politico, ma deriva anche da una grande disillusione e dal senso di sfiducia nella classe politica che ha governato finora e che non ha dato adeguate risposte alle esigenze del Paese. È però anche vero che esso pone seri interrogativi per il futuro non solo per i rapporti con la UE, ma anche per l’esercizio pieno delle libertà garantite dalla Costituzione come quella di stampa, di espressione e di scelta. Detto questo non vogliamo certo erigerci a moralisti o giudici, ma abbiamo voluto richiamare l’attenzione del lettore allo scopo di farlo riflettere su alcuni aspetti che nel frastuono assordante dei media potrebbero passare inosservati. Buone feste a tutti lettori
Gradite far dono del ritratto del vostro cane o gatto ad un amico o aggiungerlo alla vostra quadreria? Ritratto a figura completa o del solo busto interpretando un personaggio storico. Telefonare per accordi al seguente numero 0744 409298 e vi proporremo un progetto con la condizione: soddisfatti o rimborsati.
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IX EDIZIONE
VITE PARALLELE PERSONAGGI A CONFRONTO A.
I.
C.
C.
Delegazione di Terni
“VITE PARALLELE: PERSONAGGI A CONFRONTO” – IX EDIZIONE In questo numero di dicembre viene pubblicato l’elaborato “Il filo rosso del destino” di Giorgia Cecilia, che ora frequenta la classe II B del Liceo Classico “Tacito” di Terni, che si è aggiudicato il primo premio della sezione triennio della scuola secondaria di primo grado della provincia di Terni del Concorso “Vite parallele: personaggi a confronto”, indetto dall’AICC-Terni, in collaborazione con l’IISCA – Terni e con il contributo della Fondazione CARIT. In esso si affronta un tema di scottante attualità con originalità di impostazione. Troviamo infatti Dj Fabo, in procinto di sottrarsi alla straziante quotidianità della malattia, che incontra le tre Parche, che armeggiano intorno a un grosso fuso di legno scuro: la prima regge il filo, la seconda lo avvolge e la terza lo recide mentre una pallida luce fredda illumina i loro volti senili. In un serrato dialogo egli rivendica le ragioni della sua scelta, fino a quando Atropo, dopo aver riconosciuto che dietro l’esistenza di ogni uomo “c’è molto di più di un semplice filo e di una Sorte ineluttabile”, gli porge le forbici per tagliare la sua “matassa vitale”. Per ragioni di spazio non riusciamo a pubblicare il secondo premio che è andato, invece, all’elaborato dal titolo “A chi superbo calcitra” di Francesco Zago della II D del Liceo Classico “Tacito” di Terni che, nella forma di una sceneggiatura teatrale, sviluppa il tema della violenza sulle donne assumendo uno sguardo capace di accogliere e integrare nella rivisitazione del mito classico anche spunti di urgente attualità. In esso Aidos, la Vergogna, incalza Harvey Weinstein in un confronto amarissimo e appassionato: come tanti – troppi – ha abusato del potere che gli è stato conferito “da qualche dio o da un po’ di denaro” per stuprare, umiliare, offendere. Ricordiamo inoltre che il terzo premio è andato a Julia Magdalena Wroblewska, una studentessa della classe II D del Liceo Classico di Terni, per l’elaborato dal titolo “Deca…risate!”. In esso, sullo sfondo di un Inferno dantesco appena tratteggiato, una malinconica Didone incontra un Boccaccio dalla lingua tagliente. Il dialogo tra i due si sviluppa all’insegna della comicità, che dissolve il pathos di amori celebri mentre li evoca: non solo quello di Didone ed Enea ma anche di Lisabetta da Messina e Lorenzo, di Francesca e Paolo… Prof.ssa Annarita Bregliozzi Presidente AICC-Terni
Musicisti del laboratorio di musica d'insieme del Liceo Classico "Tacito" di Terni. Nell'ordine Benedetta Castellani, Greta Chiappalupi, Rodolfo Carissimi, Ludovica D'Alessandro
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IL FILO ROSSO DEL DESTINO
Se qualche tempo fa qualcuno mi avesse detto che avrei associato la vita al colore grigio, io gli avrei bellamente riso in faccia. Eppure, da tre anni a questa parte, la mia esistenza ha del tutto preso i connotati di quel colore crudelmente asettico. Me ne stavo tutto il giorno in quella stanza, così eccessivamente pulita, a odorarne la freschezza vitale e passavo le ore a rimuginare sul ricordo nitido delle mie vecchie foto accuratamente appese alla parete. A questo punto credo di conoscerle meglio di quanto effettivamente conosca il mio corpo ormai appassito. Andy Warhol diceva che la cosa migliore di una fotografia è che non cambia mai, anche quando le persone in essa lo fanno, ma io non sono d’accordo. Il fatto è che percepivo quei sorridenti me del passato, dall’alto della monotona parete della mia camera da letto, guardarmi con una certa malinconica consapevolezza. E io rivolgevo loro gli occhi spenti, combattuto dal desiderio di poter riassaporare la mia vecchia vita e dalla consapevolezza del dolore che avrei provato di fronte a quelle immagini così paradossalmente lontane. Accanto al letto avevo lo stesso stereo di sempre. Ogni tanto Valeria lo accendeva perché mi ha sempre conosciuto meglio di chiunque altro: sapeva che la musica non mi avrebbe mai fatto sentire inutile e sapeva anche che in quei momenti desolati avevo il disperato bisogno che le note parlassero più forte dei miei pensieri. Sono Dj Fabo e oggi ho scelto di scegliere. Ora mi trovo disteso sopra ad un materasso più scomodo del solito, svegliato dalla luce di un sole straniero, amareggiato di essere arrivato a questo punto solo con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Non sento più la presenza di quelle foto dolorose, di quell’amato stereo e di quel fastidioso odore di ammoniaca. Avrei voluto lasciare questa vita in quella vecchia e straziante quotidianità per poterle finalmente dire addio con fare beffardo... Ma del resto, da che mondo è mondo, gli uomini hanno sempre dovuto rinunciare a qualcosa di importante per ottenere la tanto agognata libertà. Sento Valeria che mi tiene la mano mentre canticchia la nostra canzone: sembra serena. Accanto a lei i miei familiari mi si stringono intorno e ognuno di loro mi bacia la fronte, lasciando sulla pelle umidi ed indelebili segni di un amore sconfinato. Sento dei passi avvicinarsi e ad un tratto tutto tace. É in quel placido silenzio che Marco prende la parola: - Per attivare l’immissione del farmaco devi mordere il pulsante rotondo alla tua destra. Quando sei pronto facci un cenno. Annuisco e mi sporgo lentamente verso la direzione indicatami da Marco. Sento il corpo improvvisamente più leggero, la consapevolezza di una nuova libertà attraversa le mie membra come una potente scarica elettrica. Ma poi torno improvvisamente a vedere. Eppure, ironia della sorte, mi ritrovo in un luogo totalmente grigio e oppresso da una fastidiosa foschia informe. Respiro a pieni polmoni l’aria viziata di quella landa desolata: sa di morte. Ci metto solo qualche secondo in più a realizzare che anche il mio corpo può di nuovo rispondere aí comandi che gli impongo. E, inaspettate come un dispiacere, calde lacrime mi solcano le guance perdendosi nell’intricato labirinto della mia barba trascurata. In questi brevi istanti sembro ritrovare la serenità di quel passato infranto che vado tanto rimpiangendo. Ma il violento grigiore da cui sono circondato, mi suggerisce che sto solo
vivendo una brutale illusione. Mi accorgo di tre sagome scure in lontananza e, spinto da quella curiosità che tanto mi contraddistingue, decido di avvicinarmi a loro. Una pallida luce fredda le illumina mentre armeggiano concentrate intorno ad un grosso fuso di legno scuro: la prima delle tre regge il filo, mentre la seconda glielo avvolge intorno. La terza guarda le compagne con sguardo spento, tenendo in mano un paio di affilate forbici di ferro. D’un tratto quest’ultima, agguantata una piccola porzione del sottile filo lucente lavorato dalle altre due, lo recide elegantemente. Un urlo sovrumano rimbomba nell’immenso vuoto di questo luogo incolore. Un’ombra argentea sbuca fuori dalla nebbia e si getta all’interno di un immenso arco di pietra che non avevo ancora notato. Non riesco nemmeno ad interrogarmi sull’intrinseco significato di questo bizzarro avvenimento, che una delle tre tessitrici si rivolge a me, chiedendomi: Perché l’anima di un vivente si imbatte nel funesto limbo tra il mondo degli uomini e l’Ade? ‑ I mortali non sostano in questo luogo perché noi non lo consentiamo. - continua un’altra. A nessuno di loro è permesso di consultare il destino che gli abbiamo riservato. Solo gli déi e gli eroi, se le profezie si tramandano, possono conoscere il proprio futuro. Sei per caso un dio o un eroe? Parla, dunque. Perché sei qui ad infrangere le leggi del Destino? — conclude l’ultima, stringendo le forbici con rabbia muta. Le guardo una per una, perplesso e un po’ spaventato dai loro volti senili e da quei profondi sguardi cinici. Stanno aspettando la mia risposta, mute ed immobili. Dopo l’incidente mi ero abituato a vivere nel silenzio, rinchiuso nella mia vecchia camera da letto. E, in un certo senso, avevo imparato ad apprezzarlo perché ero cosciente che quell’oblio, causato dalla mancanza dei rumori quotidiani, mi avrebbe portato lontano dalla compassione della gente. Eppure il silenzio in cui mi trovo adesso è così fastidioso ed assordante da far male alle orecchie. Voglio scappare, ma qualcosa mi trattiene, indissolubilmente legato a quelle tre bizzarre interlocutrici. Non sono né dio né eroe. Il mio nome è Fabiano Antoniani e sono qua per poter finalmente trovare conforto nella morte che ho scelto – rispondo alla fine, vinto da un inaspettato coraggio ribelle. La vecchia incaricata al fuso mi guarda infastidita e, sussurrato il mio nome all’enorme cumulo di filato che ha tra le mani, ne estrae una singola matassa di media lunghezza e me la adagia sul palmo della mano. Io sono Lachesi e, per mezzo della tessitura, dispenso la sorte agli uomini mortali e stabilisco la durata della loro vita. Siete tutti nati dalla lana grezza lavorata da Cloto e ognuno di voi perirà sotto la lama di Atropo, secondo il mio volere. – mi spiega, presentandomi anche le altre due. Poi si avvicina, indicandomi la mannella che ho tra le dita: - Questo è il filo della tua vita. La sua lunghezza ne rappresenta la durata, mentre i suoi due capi indicano la nascita e la morte. Ma tu non hai ancora raggiunto l’orlo dell’estremità letale e il Fato per te non ha progettato il turpe suicidio. Dunque ti chiedo nuovamente: sei qui, stolto, per sfidare il Destino? Sei uno di quei ripugnanti omuncoli che, non riuscendo a dare un valore alla propria vita, la gettano via nel vento? – mi chiede infine con fare sdegnato, dandomi le spalle. E di fronte a quelle accuse le mie barriere di timore si frantumano. Mi parli di Destino? – urlo adirato, costringendola a girarsi nuovamente verso di me. Dov’era il Destino quando Cloto tesseva la mia infanzia spensierata? Già allora andava vociferando sulla futura disgrazia che mi avrebbe devastato? Era questo il suo fine? Farmi vivere serenamente e poi trucidarmi come
una bestia da macello, rendendomi la succulenta vittima di un eterno attimo? Dov’è stato il Destino in questi ultimi tre anni in cui le lame di Lachesi, costanti e dolorose, sfilacciavano il mio filo della vita? Voi che vi vantate di determinare la sorte di tutti gli uomini mortali... Conoscete anche la mia? A sette anni, spinto da un qualcosa che ancora oggi non so definire, decisi di iniziare a suonare la chitarra. Qualche decennio dopo vissi ad Ibiza per un periodo di tempo molto breve, affrontando con eccitazione i pericoli di chi insegue ciecamente i propri sogni. Infine arrivò l’innaturale serenità del trasferimento in India, che portò con sé l’accettazione di tante responsabilità. Eravate a conoscenza dell’umanità che ha regolato la mia intera vita? Ma soprattutto... Siete state voi a determinare l’incidente mortale di tre anni fa? Siete state voi a stabilire che ne sarei dovuto uscire cieco e tetraplegico? Siete state voi a decidere che nessuna cura avrebbe mai alleviato quel dolore lacerante? Siete state voi a farmi precipitare nel baratro penoso in cui la vita diventa più insopportabile della morte? I singhiozzi mi impediscono di continuare, il petto si alza e si abbassa forsennato, le lacrime bruciano sulla pelle accaldata. Taccio, respirando affannosamente. Le tre tessitrici mi guardano, i loro occhi sono così umani da risultare fuori posto in questo limbo di indolenza. - Non possiamo biasimare la tua scelta – inizia Cloto. - È proprio dell’uomo valoroso giudicare con maturità se una vita straziante è ancora degna di essere vissuta – continua Lachesi. - Grazie a te abbiamo capito che dietro alle esistenze degli uomini c’è molto più di un semplice filo e di una Sorte ineluttabile. Abbassano tutte lo sguardo mentre Atropo, che era stata l’ultima a parlare, mi porge le forbici. Le afferro deciso, tendendo la mia matassa vitale. - Il Destino non esiste, siamo noi a doverlo inventare. – dico infine, rivolgendomi alle tre Moire. Ma poi chiudo gli occhi e non ci penso più. Taglio la ruvida lana logora della mia esistenza che cade spezzata tra i monotoni fumi di quel mondo senza umanità. A contatto con la terra lurida assume un colore rossastro, divenendo effettivamente il filo sfaldato del mio destino di ferro. Sorrido finalmente sereno, pronto a varcare il vecchio arco di pietra. E, mentre il buio sovrasta il grigio, le voci dei miei cari sulla Terra intonano l’ultimo saluto. Giorgia Cecilia, classe II B
Lettori del gruppo "Giovani amici dell'AICC" impegnati nell'interpretazione dei brani premiati: Valentina Delfino e Leonardo Fantini Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
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IL PANE FATTO IN CASA Vittorio GRECHI
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ino agli anni Cinquanta-Sessanta fare il pane in casa continuava ad essere una necessità inderogabile, specialmente per le famiglie contadine ricche di braccia da lavoro e quindi di bocche da sfamare. Le donne di casa si alternavano settimanalmente nei lavori domestici. Quella che era di turno in quei sette giorni aveva il compito di preparare la colazione, fare la pasta in casa per il pranzo e/o per la cena, governare gli animali da cortile, fare una volta il pane, mettere qualche toppa sui pantaloni del marito o fare i rammendi ai calzini, mentre le altre andavano nei campi ad aiutare gli uomini. Qualche giovane potrebbe chiedere: ma quante erano le donne di casa in quei tempi? Bella domanda! In quei tempi c’erano ancora famiglie contadine patriarcali, dove i figli maschi si sposavano e portavano le mogli in casa, cosicché poteva esserci più di una nuora, oltre alla suocera ancora attiva e che cercava di comandare, oppure anche una sorella del capo famiglia zitella o vedova. Non dobbiamo dimenticare poi che le bambine più grandicelle, salendo su uno sgabello, erano capaci anche di stendere la pasta. Per preparare il pane ci voleva tanta esperienza, occhio per valutare le giuste quantità di ingredienti da mescolare e tanta fatica. La sera precedente il giorno della cottura del pane, si ammucchiava da una parte della madia la quantità di farina necessaria per panificare, passata al setaccio per controllare la presenza di eventuali ospiti indesiderati. Sempre nello
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stesso mobile, indispensabile in ogni cucina dell’epoca, era conservato il lievito madre, che non era altro che un pezzo di pasta della panificazione precedente con l’aggiunta della raschiatura della madia, di poca acqua e di una piccola quantità di farina, in modo da ottenere un insieme alquanto duro e uniforme, atto alla conservazione. Quando era necessario panificare, si scioglieva e ravvivava il lievito con acqua calda fino a ottenere una consistenza pastosa e poi il tutto veniva versato nel buco fatto con le mani al centro del mucchio di farina. Fatta una croce sopra il lievito, si copriva il tutto lasciandolo riposare per l’intera notte. Il giorno dopo, verso le quattro, nel gelido mattino invernale, la donna si alzava, accendeva il camino per scaldare la cucina e l’acqua, che poi versava nel buco cominciando a intridere e a impastare il lievito con tutta la farina intorno, fino a ottenere una pasta dalla giusta consistenza. A questo punto ne strappava un pezzo, lo metteva sulla spianatoia e lo tagliava in due parti. Con esse faceva due palle con entrambe le mani, le manipolava, le batteva, le rotolava e poi le riuniva di nuovo a formare il filone del pane. Il filone si chiamava anche la coppia di pane perché ognuno era composto di una coppia di pagnottelle. “Che mi presti una coppia di pane?” era quello che al bisogno si chiedeva alla vicina di casa. Dove erano state unite le pagnottelle rimaneva un segno trasversale, e un segno longitudinale lo faceva la donna in modo che la risultante fosse una croce.
Devozione e fisica: devozione perché si ringraziava il Signore per il nostro pane quotidiano, fisica perché nel solco dei segni della croce il pane, lievitando, si dilatava in modo quasi uniforme da tutte le parti. Dopo di che si poneva il filone crudo sulla tavola apposita coprendolo con un telo di cotone e una vecchia coperta militare, per tenerlo caldo e favorirne la lievitazione. Finito il lavoro, si accendeva il forno con fascine secche e si riscaldava fino a che i mattoni della volta non diventavano bianchi. A quel punto, dopo aver ammucchiato la cenere e la carbonella da un lato e pulito il pavimento con la monnatora (o lu monnaru), ovvero con un mazzo di frasche di alloro infilato su una pertica, si poteva infornare il pane che nel frattempo era lievitato a puntino. Chiuso il forno, si faceva un’altra croce con un bastone sul muro annerito, pregando per una buona cottura. Una volta, mentre albeggiava, la donna di turno, alzando gli occhi dal suo lavoro di impastatrice, sbirciò fuori dalla finestra e vide tutti gli ulivi ricurvi e grondanti sotto il peso di un’abbondante nevicata notturna. Allora corse su per le scale a svegliare il bambino che, sgranando gli occhi insonnoliti davanti a tanto spettacolo, rimase ad ammirare quella cartolina natalizia per lungo tempo, pulendo ogni tanto, con la manica della maglia di lana, il vetro della finestra che si appannava: immagini che gli rimasero impresse per tutta la vita grazie alla mamma.
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