La Pagina Febbraio 2019

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elevatori su misura Numero 162 Febbraio 2019

Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

TERNI - Capitale dei Diritti Umani 16 Febbraio 2019 Presso Sala P. Vincenzo Bella - Fondazione “Aiutiamoli a Vivere”

Via XX Settembre, 166

PROGRAMMA Ore 18.00

Ore 20.00

Incontro

Terni - Capitale dei Diritti Umani Fabrizio Pacifici Giampiero Raspetti Don Claudio Bosi Marcello Ricci Loretta Santini Pietro Matteucci Rosella Mastodonti Miro Virili

CENA VALENTINIANA

Con cibi della Terni del IV secolo Tutti insieme per testimoniare e scoprire la vera vocazione della Città di Terni

Fondazione AIUTIAMOLI A VIVERE O.N.G.

I

Cantori

della

Valnerina

Museo Diocesano e Capitolare

Sanctus Valentinus episcopus dixit: Fides Christiana non tantum uerbis, sed et operibus demonstratur. Passio s. Valentini episcopi Interamnensis (BHL 8460), paragrafo 31.

Per Info e Prenotazioni: 0744.279560 - 0744.220079

Fisioterapia e Riabilitazione

Associazione Culturale

La Pagina

Zona Fiori, 1 - Terni - Tel. 0744 421523 - 0744 401882 www.galenoriabilitazione.it Dir. San. Dr. Michele A.Martella - Aut. Reg. Umbria DD 7348 del 12/10/2011


Ciao, Mario Andrea

Febbraio

2019

4 Siamo tutti ternani Loretta Santini

M Petrocchi.................................................................pag.

Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni. Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis, 12 Tipolitografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Direttore editoriale Giampiero Raspetti Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 3482401774 - info@lapagina.info www.lapagina.info Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

DOVE TROVARE La Pagina ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Massimo Frattesi, P.zza Garibaldi; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CASTELDILAGO ; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; NARNI SCALO; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; RIETI SUPERCONTI La Galleria; SPELLO SUPERCONTI C. Comm. La Chiona; STRONCONE; TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL - V. Tristano di Joannuccio; BCT - Biblioteca Comunale Terni; COOP Fontana di Polo; CRDC Comune di Terni; INPS - V.le della Stazione; IPERCOOP; Libreria UBIK ALTEROCCA - C.so Tacito; Sportello del Cittadino - Via Roma; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; RAMOZZI & Friends - Largo Volfango Frankl.

BMP elevatori su misura........................................pag. CMT Cooperativa Mobilitá Trasporti......................pag. C'è chi lavora per Terni G Raspetti.............pag. ANCESCAO...........................................................pag. Intorno ai temi della nascita dell'universo G Di Schino - G Porrazzini............pag. NET LOGOS .........................................................pag. Gli spaghetti di Stalin F Patrizi. ..................pag. ARCI ........................................................................pag. Convegno: Chirurgia vascolare . ................pag. AESTETIKA ortodonzia & ottica ........................pag. Posso tenere una puzzola in condominio?

10 Acquaponica Alessia Melasecche

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22 AVIS .........................................................................pag. 22 Estetica Evoluta STELLA POLARE. ......pag. 23 V Buompadre..............................................................pag.

18 Studio Medico Anteo Lorella Fioriti

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Dal Valentino del mondo ai Diritti Umani L. Santini - G. Raspetti - F. Pacifici

I terremoti che hanno cambiato il corso del Nera E Squazzini..........................pag. 24 AUDIBEL apparecchi acustici...............................pag. 25 Documentazione del passato e conoscenza del futuro C Santulli...............pag. 30 IL CILIEGIO Centro Ricreativo per Anziani pag. 31 Uomo morto non ha forza V Grechi..........pag. 32 RIELLO - VANO GIULIANI............................pag. 33 SIPACE GROUP..................................................pag. 33 Il male e il bene A Marinensi............................pag. 34 Civiltà PG Porrazzini...............................................pag. 35 LICEO CLASSICO...............................................pag. 36 Italiani: popolo di manovrati e di manovratori PL Seri.................................pag. 38 ALL FOOD.................................................... pag. 39 OTTICA MARI.............................................. pag. 40

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Terni e Strinco' P Casali. ...................................pag. CASA MIA servizi residenziali per anziani ..........pag. VILLA SABRINA residenziali protetta..............pag. Come scolpire il corpo R Uccellini..............pag. Diagnosi prenatale G Porcaro......................pag. AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA DI TERNI. .............................pag. 20 Il piede piatto nel bambino

Info: 348.2401774 - 333.7391222 info@lapagina.info

Terni - Strada di San Martino, 44 - Tel. 0744.421256 - Cell. 349 7825692 2

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Siamo tutti ternani! Loretta SANTINI

C

’era una volta una cittadina -siamo nella seconda metà dell’800- racchiusa tra le mura e il fiume Nera. Aveva palazzi signorili, il turrito palazzo Comunale, belle chiese, un nucleo centrale che gravitava intorno a piazza del Popolo e piazza Solferino (allora piazza del Mercato perché lì si radunavano ogni giorno le bancarelle di frutta e verdura); aveva alcune torri residue delle trecento che un tempo la caratterizzavano. Contava nel 1880 cica 15.000 abitanti. Era un centro agricolo artigianale con 36 mulini da grano e 46 da olio, una fabbrica di birra (Magalotti) e una sviluppata industria tessile: 15 filande per filo da seta con 400 operaie stagionali, il lanificio Pianciani (40 operai), il cotonificio Fonzoli-Guillaume (300 operai). Aveva anche un’industria metallurgica (la Ferriera pontificia sorta nel 1793 sul luogo ove poi si sarebbe sviluppata la SIRI). Nel 1866 era stata creata la linea ferroviaria Roma-Ancona: la stazione di Terni fu costruita in aperta campagna, al di fuori delle mura cittadine. Poi tutto cambiò: sorse a Terni la grande industria: 1881: Fabbrica d’Armi; 1884: Acciaieria; 1886: Soc. Industriale della Valnerina; 1886: Jutificio Centurini: 1890: Officine Bosco; 1897: Soc. per il carburo di calcio (acetilene). Era la rivoluzione industriale favorita nella sua nascita soprattutto dalla ricchezza delle acque indispensabile per la produzione di forza motrice derivante dalla presenza della

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ferrovia e dalla lontananza dai confini. Tra l’86 e il ‘90 arrivarono 7.000 operai e tecnici dalle campagne e dai paesi vicini, ma anche da Marche, Liguria, Romagna, Veneto per essere occupati nelle fabbriche, tanto che la popolazione raddoppiò in 10 anni. Erano gli immigrati di allora! Quale fu l’accoglienza? Quali furono i problemi? La città era impreparata a tale rivoluzione che fu non solo economica, ma sociale e urbanistica. Il primo e più grave problema fu quello degli alloggi con le conseguenti gravi conseguenze sulla rete fognaria, sull’approvvigionamento idrico, sui servizi sanitari. Infatti tutti questi operai con le loro famiglie alloggiarono nei sottoscala, nelle cantine, nelle stalle o costruirono baracche e capanne alla periferia della città o negli stessi orti cittadini. È da queste baraccopoli che poi si svilupparono i quartieri di S. Agnese, della borgata Cavallotti, di Borgo Bovio (già voc. Sèra), di borgo Garibaldi (S. Valentino). L’antico ceto nobiliare, la borghesia agraria, la Cassa di Risparmio non assunsero iniziative, neppure nel campo dell’edilizia popolare. Bisognò attendere la fine dell’800 e i primi del ‘900 per vedere sorgere caseggiati ad opera soprattutto della Società cooperativa per la costruzione di case operaie e della stessa Acciaieria (Società Altiforni Fonderie Acciaierie di Terni). La domanda è: ci fu accoglienza allora? La popolazione locale fu piena di pregiudizi e spesso non fu tenera nei confronti degli immigrati. Fa fede la poesia di Furio Miselli che riportiamo a parte dove li invita ad andarsene, a ritornare a casa loro, visto che non fanno altro che parlare male di Terni. Il poeta esprime il rimpianto per la “Terni che fu”, per “quilli tempi” in cui l’industria non aveva travolto e sconvolto la città dei vicoli, dei “mardarelli”, degli orti. Il tutto condito dalla malinconia e dalla rabbia dei ternani aborigeni (così si definiva anche lui) di fronte alla radicale trasformazione di Terni. È certo un atteggiamento ostile del poeta di fronte all’abbrutimento della città, alle sue trasformazioni disordinate, allo sporco e al disordine, all’occupazione degli spazi aperti e di quegli orti dove avevo passato l’infanzia. Ed è vero che gli immigrati parlavano male di Terni: ma essi non avevano casa, né servizi igienici, né assistenza. Basta leggere la relazione che nel 1899 fa Giacomo Trotterelli, chimico igienista, direttore del Laboratorio municipale di sanità:

“Disgraziatamente molti operai sono al presente accatastati dentro case prive di luce e di aria; oppure in buie e umili cantine. Quindi il rapido diffondersi di certe epidemie, una mortalità enorme, specialmente nei bambini; l’abbrutimento, l’alcolismo e anche l’immoralità di cui è causa inevitabile la promiscuità dei sessi. A mantenere tale stato di cose assai triste concorre, oltre alla scarsezza delle abitazioni, l’avidità di speculatori immorali che traggono gran profitto da case malsane”. Per fortuna nel tempo le cose sono cambiate e oggi a Terni, luogo di incontro di genti e popolazioni diverse, siamo tutti ternani! Oggi nessuno di noi è un immigrato: non un montefrancano e montecastrillese o un lugnanese o un veneto. Dobbiamo risalire ai nostri padri e madri e meglio ancora ai nostri nonni e bisnonni per sentirci forestieri. I figli e i nipoti di quegli operai venuti a Terni nell’800, sono nati a Terni e dunque sono e si sentono ternani. Ci sono voluti molti anni per integrarsi e divenire parte di una città e di un luogo. Ma questo avviene comunque con il tempo, con la convivenza, con l’accettazione delle regole del vivere civile. La fabbrica ha rivoluzionato Terni, l’ha espansa (oggi supera i 110.000 abitanti), l’ha sviluppata economicamente, ne ha cambiato l’immagine; di contro ha anche offuscato la memoria del passato, facendo dimenticare o passare in secondo piano la storia più antica così vivace e importante. La città di Terni è stata comunque un esempio di integrazione, di convivenza, di capacità di costruire insieme: è divenuta una comunità a tutti gli effetti.

OGGI CI SENTIAMO TUTTI TERNANI! A certi che dicono male de Terni So' capitati qui ch’era de notte come quillu che rubba… muru muru pe’ non fasse vedè, perché era scuru, l’untu, le pezze e le fangose rotte. Ho’ fattu’n bo’ li tunti, le marmotte p’arcapezzasse un bon postu sicuru, e mo se tu ‘n gni fai lu musu duru ce cridi te darìono anche le botte? E mica ji va bene!? Se li senti Terni è un paese tristu, marducatu l’aria ji puzza, l’acqua ‘nco è cattia… Ma che ve spacchi un corbu d’accidenti se po' sapè se chi ve cià chiamatu? Non ve butta de stacce, e jete via! -Furio Miselli-



C'è chi lavora per Terni e per il territorio Giampiero RASPETTI

Ci stiamo impegnando per dare risalto alle grandi potenzialità culturali (e turistiche, ça va sans dire) della VI Regio Augustea, l'Umbria, la terra ad Est del fiume Tevere che si distende fino al mare Adriatico. Da Otricoli a Vallo di Nera (abbiamo limitato, ab initio, l'analisi e le collaborazioni), moltissimi sono i Sindaci che credono nella possibilità di poter, insieme, trasformare in energia cinetica, di movimento, visibile e reale, le grandi e potenziali risorse affidate alle loro cure. Pensiamo tutti che questa nostra terra si possa caratterizzare come importante Centro per l'accoglimento di flussi turistici, nazionali e non. Le risorse sono ingenti e riguardano l’ambiente, il paesaggio, la cultura, l’arte, la storia, la spiritualità emanata dai suoi Santi, il folklore, le tradizioni contadine e operaie, l’enogastronomia, la peculiarità di molti prodotti alimentari. La VI Regio presenta straordinarie caratteristiche, in alcune delle quali è prima inter pares, in altre, è prima assoluta. In questo giardino di dovizie, a volte poco valutate, nessuno potrà mai esercitare concorrenza pericolosa: su queste dobbiamo confidare e puntare. E, aggiungerei, solo su queste, vista la loro stupenda unicità. Nella VI Regio vi è tutto quello che di fastoso la natura ha saputo dispiegare, una autentica aristocrazia culturale e molto del meglio che l’uomo abbia mai saputo generare.

La città di san Valentino (e della sua immortale storia), in cui da circa trenta anni si dibatte e si produce, con il Progetto Mandela, in merito ai Diritti Umani e dove la Fondazione Aiutiamoli a Vivere è centro generatore di circa duecento sedi per DU nel mondo, può benissimo risplendere, ne ha tutti i natali, come Capitale dei DU. Scopo basilare allora delle nostre iniziative diventa sollecitare e rendere materialmente attiva la riflessione tanto sulla vita del Patrono, quanto sui valori, oggi, dei DU in Italia, in Europa e nel mondo. Noi sappiamo che la strada intrapresa è durissima, perché di regali nessuno, ovviamente, ne fa e ogni cosa te la devi guadagnare da solo, moltiplicando i tuoi sforzi e cercando le persone pervase dal tuo stesso sogno, quello di far conoscere al mondo intero la grandezza del patrono e della città stessa. Compito difficilissimo, vista l'indifferenza e l'ignavia conoscitiva di tantissimi anche pregiati e altolocati cittadini. Avvilisce molto infatti dover constatare come politici, amministratori, presidenti di uffici pubblici e di prestigiose Fondazioni ignorino completamente (e quel che è peggio non se ne curino minimamente) che il loro patetico agitarsi attorno ai festeggiamenti valentiniani altro non è che dar seguito alle tradizioni anglosassoni le quali riguardano solo il Saint Valentine of world e che niente, ma proprio

niente, hanno a che fare con San Valentino di Terni. E nemmeno si curano, quelli che hanno (o hanno avuto) le chiavi della città, di leggere qualche pagina autentica (basta qualche minuto) e quindi non saranno mai investiti dall'orgoglio per il proprio Patrono e dalla fierezza di essere figli di cotanta città. E il ternano si domanda sempre perché quelle roboanti feste che si celebrano nelle Americhe, in Asia, in Europa, non abbiano risonanza pure qui, in Terni. E tutti si pongono da decine e decine di anni sempre la stessa infantile domanda! Che il popolo bue sia così, transeat, è anche lecito, ma non licet che tale sia anche il reparto amministrativo, quello che dirige! Ecco allora il compito arduo che abbiamo assunto come buona novella: ampliare, a partire proprio dai semplici cittadini (che amano, studiano, prospettano la città), la schiera di cavalieri, paladini, alfieri, portabandiera, aquiliferi, serventi... del nostro patrono e fare in maniera che si faccia conoscere, da noi come nel resto del mondo, il San Valentino di Terni e si possa così, con accresciutissime possibilità, effettuare anche i festeggiamenti riguardanti il Saint Valentine of world, allorché tutti i riflettori siano appunto rivolti, come è sacrosanto, sulla nostra città che a Valentino e, mediante lui, ai DU, ha dato i natali.

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L’ANCeSCAO (Associazione Nazionale Centri Sociali, Comitati Anziani e Orti) è una associazione democratica, apartitica che agisce in totale autonomia, non pone alcuna discriminazione di carattere politico, religioso, sociale, di razza, di colore o nazionalità d’origine (Art. 4 dello Statuto), senza finalità di lucro. Associazione di promozione sociale riconosciuta ufficialmente dal Ministero dell’Interno con il D.M. n. 559/C.4749.12000.A (113) del 4 marzo del 1994 quale “Ente nazionale a finalità assistenziali”. È iscritta all’Albo Nazionale delle Associazioni di Promozione Sociale al n. 35. Ad essa aderiscono 1.210 Centri sociali e Culturali per Anziani (al dicembre 2006) dislocati in tutte le zone del Paese con oltre 350.000 soci aderenti.

Il coordinamento comprensoriale associa 32 Centri con oltre 6.000 iscritti (per lo più ultra sessantacinquenni) nel territorio dei comuni di Terni, Narni, San Gemini, Montecastrilli, Arrone, Montefranco, Polino, Ferentillo, Otricoli e Calvi dell'Umbria. I Centri realizzano annualmente una serie di attività, da quelle ludico-ricreative -compresi pranzi sociali, feste e intrattenimenti danzanti- a quelle messe in campo per combattere la solitudine, coltivare le relazioni sociali negli abituali contesti di vita, per promuovere l'invecchiamento attivo e il benessere degli anziani del territorio attraverso l'impegno di centinaio di volontari. Corsi di alfabetizzazione informatica, di ricamo e cucito, laboratori teatrali e sul movimento, incontri con le scuole, supporto all'emergenza calore, segretariato sociale... sono solo alcune di queste attività.

I CENTRI SOCIALI DEL COMPRENSORIO A.P.S. “DEMETRA” / CENTRO DI PALMETTA - TERNI A.P.S. “POLVERE DI STELLE” - TERNI A.P.S. “PORTAPERTA” - CASTELTODINO A.P.S. “RETE SOCIALE GUGLIELMI” - TERNI AMICI DEL PARCO - TERNI ASSOCIAZIONE SOCIALE E CULTURALE “A. VOLTA” - TERNI CENTRO INTERGENERAZIONALE “A. MATTEUCCI” - POLINO CENTRO SOCIALE “ACQUACOGLIERA” - SANGEMINI CENTRO SOCIALE “CALVI DELL’UMBRIA” - CALVI DELL’UMBRIA CENTRO SOCIALE “FERRIERA” - TERNI CENTRO SOCIALE “GABELLETTA” - TERNI CENTRO SOCIALE “IL DOMANI” - TERNI CENTRO SOCIALE “L’INCONTRO” - OTRICOLI CENTRO SOCIALE “LIBERA ETA’” - NARNI CENTRO SOCIALE “MACENANO” - FERENTILLO CENTRO SOCIALE “POSCARGANO” - TERNI CENTRO SOCIALE “SPAZIO LIBERO CAPITONE” - NARNI CENTRO SOCIALE ANZIANI “BUONACQUISTO” - ARRONE CENTRO SOCIALE ANZIANI “SANGEMINI” - SANGEMINI CENTRO SOCIALE ANZIANI POLISPORTIVA “ROCCA SAN ZENONE” - TR CENTRO SOCIALE E CULTURALE “C. TACITO” - TERNI CENTRO SOCIALE E CULTURALE “CESURE” - TERNI CENTRO SOCIALE E CULTURALE “COLLESCIPOLI” - TERNI CENTRO SOCIALE E CULTURALE “G. PACI E M. MILIONI” - SANGEMINI CENTRO SOCIALE E CULTURALE “MARMORE” - TERNI CENTRO SOCIALE E CULTURALE “VALENZA” - TERNI CENTRO SOCIALE E CULTURALE ANZIANI “NARNI-SCALO” - NARNI CENTRO SOCIO CULTURALE “I PINI DI TOANO” - TERNI CENTRO SOCIO CULTURALE “IL RIVO” - TERNI CENTRO SOCIO CULTURALE “VELINO” PIEDILUCO - TERNI CENTRO SOCIO CULTURALE ANZIANI “QUARTIERE POLYMER” - TR CENTRO SPORTIVO SOCIALE E CULTURALE “QUARTIERE MATTEOTTI” - TR

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Sede operativa e presidenza c/o C.S. Guglielmi, Vico della fontanella n. 29 05100 Terni (TR) ancescaotna@gmail.com ancescaotna@pec.it www.ancescaotna.blogspot.it Lorenzo Gianfelice Presidente e legale rappresentante tel +39 0744428770 cell +39 3939890599 lgianfelice@gmail.com

Carlo Folli Vicepresidente vicario cell +39 3938228110 carlofolli405@gmail.com Elisabetta Langellotti Segretaria cell +39 3288212511 e.langellotti74@gmail.com Roberto Pizzotti Consigliere cell +39 3398717565 roberto.pizzotti@libero.it Giuseppe Salvati Consigliere cell +39 3386160870 giusal2@alice.it Angelo Sauli Tesoriere cell +39 3383030513 angelo.sauli@gmail.com

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Intorno ai temi de la C

aro Giampiero, ho letto con interesse l’articolo sulla nascita dell’universo da te scritto su La Pagina. Ho voluto prendermi un po’ di tempo prima di risponderti perché l’articolo dà la possibilità di approfondire tutta una serie di domande anche sottese e non riassumibili in poche righe, oltre allo specifico della nascita dell’universo. Dunque, prima considerazione: la scienza. Da sempre l’uomo ha cercato nella conoscenza scientifica la chiave per comprendere tutto, e anche per dare un significato all’esistente. Ora, alla luce delle conoscenze scientifiche (Fisica Quantistica e Teoria della Relatività di Einstein in primis) si è arrivati a capire che la realtà che vediamo, analizziamo e interpretiamo, non è così “reale” come ci appare. La fisica quantistica che ultimamente si è imposta anche alla conoscenza di massa tramite scienziati divulgatori (Davies, Greene, Barbour, solo per citarne alcuni) sta sempre più facendoci capire che sotto la realtà che sperimentiamo c’è qualcosa che sfugge alla nostra logica razionale, ma che risponde molto bene alla matematica. Non posso ovviamente entrare nello specifico, ma la teoria ondulatoria, i campi quantistici, l’ipotesi Cophenaghen, i multiuniversi, i collassi delle funzioni d’onda, tutte queste tematiche che, ripeto, si possono trovare in libri divulgativi, testimoniano di una realtà che ci sfugge nella sua completezza e forse ci sfuggirà per sempre, dato il nostro livello

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ontologico. Rimane, alla fine, una costatazione: possiamo affermare di essere un puntino nello spazio e nel tempo, l’evoluzione lo insegna, ma oggi la scienza (quantistica) si chiede se il tempo esiste o è un’illusione (la stessa evoluzione se il tempo ci sfugge come entità sperimentata, cos’è?). E la nascita dell’universo, al di là dell’ipotesi delle stringhe di Hawking che eliminano il Bing Bang, come si è realmente realizzata, perché esiste?), così come la materia, l’energia... e la conseguenza finale di tali affermazioni non è necessariamente che il tutto abbia un “non senso” un “nulla” significante. La teoria quantistica e la teoria della relatività di Einstein (gli studi attuali tendono ad unificare queste due teorie per farne la base di una conoscenza totale) ci dicono che la “vera realtà” è molto diversa da quella che sperimentiamo e, in qualche maniera, è anche inconoscibile nella sua totalità. Essa sfugge a qualsiasi tentativo di restringerla nel campo della nostra conoscenza razionale e scientifica. La scienza semplicemente non può rispondere al significato dell’esistente, per essa la realtà è quella che sperimenta, che constata oggettivamente. Lo so, il sogno dell’uomo che crede comunque di arrivare alla conoscenza totale attraverso la scienza, è vecchio quanto il mondo. E ha riscontri anche nella filosofia. Sempre nella storia della filosofia però è possibile trovare anche filosofi che hanno dubitato di questa realtà così come appare all’evidenza. Soltanto che oggi tale realtà impalpabile viene anche confermata dalla scienza. Seconda considerazione: Dio. Io credo che anche tu non eludi la domanda di senso che viene dal nostro essere autocoscienti. Allora, io penso, si può anche tornare a parlare di un Dio, si può tornare a mettere al centro della vita il “senso” della stessa, a chiedersi le domande che esulano da una conoscenza scientifica e che invece investono l’uomo come persona. Allora si può tornare a parlare di significati, di affetti, di emozioni, di arte, di bellezza, ma anche di sofferenza (a volte così potente da sembrare assurda), di malattia, di disabilità mentale, ed anche di capacità di scelta tra quello che chiamiamo “il male” e “il bene” e che continuamente vediamo all’opera nelle azioni nostre e degli altri, per cercare risposte, per intravvedere qualcosa che non è soltanto “non senso” o “assurdità”, ma esperienza della propria vita, fiducia in un “significato” che può soddisfare il nostro desiderio di

infinito, di compassione e di amore per tutta la realtà, tutto l’universo, tutte le eventuali vite aliene. E questo grazie anche, lo ripeto, alla scienza che oggi ci fa intravedere come esista una realtà di cui noi conosciamo e sperimentiamo solo un barlume, una goccia rispetto all’oceano che ci sta davanti. E questo oceano può anche lasciar intravedere “altro” verso cui ci sentiamo attratti e che ricerchiamo incessantemente durante la nostra vita. Un’ultima considerazione. Gli scienziati divulgatori delle teorie quantistica e relativistica (non tutti per la precisione), continuano però a non spostare l’attenzione verso la persona unica e irripetibile che ognuno di noi è. Continuano, alla fine della loro conoscenza, a dare all’universo, a questa realtà, una risposta “scientifica” che può essere solo quella stoica, coraggiosa: non esiste un senso, un motivo dell’esistenza di tutto l’universo, perché la “scienza” non ce lo dà, non lo evidenzia, dobbiamo perciò accettare di vivere con coraggio questa assurdità che è la vita. Il so di non sapere di Socrate diventa: non c’è risposta al senso dell’uomo, perciò non esiste nessun significato o speranza per lo stesso. Così però il dolore, la tragedia di ogni uomo non trovano risposte, non trovano motivi per essere vissute con dignità, si può ben pensare se vale la pena vivere... Tutto il male fatto dagli altri e subìto, tutto il male che noi facciamo, tutto il male che la natura ci provoca, diventano un peso assurdo che sembra non essere scalfito dal bene fatto e ricevuto, che invece comunque constatiamo perché la nostra “coscienza” sa indirizzarci verso ciò che è bello, giusto e bene (al di là delle nostre religioni....). Infine le neuroscienze. Non ho affrontato l’altro grande capitolo della conoscenza che riguarda il rapporto mente/cervello. Oggi le neuroscienze stanno facendo passi giganteschi verso la comprensione dei meccanismi neurali che sono alla base della nostra conoscenza. E anche qui ricompare la stranezza: la realtà è soltanto una nostra percezione neurale o è oggettiva? Ma questo è un argomento che andrebbe ancor più approfondito e che non posso ovviamente dettagliare in questa mia comunicazione. Queste considerazioni, puoi ben capire, non sono un commento al tuo articolo, ma una riflessione che penso possa servire ad ulteriori approfondimenti per i tuoi futuri articoli. Ti ringrazio e ti saluto. Giovanni Di Schino


Nascita dell'Universo (dall'articolo di Giampiero Raspetti - settembre 2018)

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an mano che i grandi telescopi o le sonde spaziali scoprono sempre nuovi spazi profondi dell’Universo e miliardi di nuove galassie, stupisce, in particolare, quanta materia vi sia in giro per il cosmo: miliardi di miliardi di miliardi di miliardi ........ di tonnellate; la nostra Gea, solo, un grumo. Eppure i corpi celesti, come galassie di stelle o nebulose in cui tale materia si è organizzata in forme visibili e invisibili (resta, infatti, il mistero della materia oscura che si dice esserci, per spiegare perturbazioni alla gravità e alla deviazione della luce, ma che si ostina a rimanere invisibile) risulterebbero formati dall’aggregarsi di particelle elementari, talmente elementari da essere al confine fra qualcosa che ha una massa e qualcosa che è pura onda di energia. Il Big Bang sarebbe il grande evento che ha scatenato questo processo di fusione e metamorfosi tra materia ed energia. Tuttavia il pensiero umano non accetta di fermarsi sulla soglia del Big Bang, come molti scienziati, invece, suggeriscono di fare. Non può fare a meno, curioso com’è, di guardare al prima, al “progenitore” o al “sottostante” del Big Bang. Anche se tutto ciò che c’era prima della sterminata massa di materia che ruota e viaggia sopra di noi e di cui noi stessi siamo fatti, fosse consistito in un immane campo di pura energia o in qualcosa di metamorfico mutante fra energia e materia, ci troveremmo sempre di fronte ad una entità esistente e, mai, di fronte ad un vuoto totale ed assoluto che esclude concettualmente l’esistente e la possibilità che esso vi prenda vita. Dunque, tanto più per noi umani, frutto certo di un atto di concepimento creativo, viene spontaneo chiedersi: se prima del Big Bang vi era comunque un “esistente” da cui ha preso

le mosse l’evento creativo dell’Universo in cui siamo da, si calcola, 14 miliardi di anni, com’era questo pre-esistente e da quanto tempo era lì, se c’era il tempo. Domande complicate che ci rimandano ad un concetto assoluto: l’eternità. Talmente assoluto che molti ritengono che la sola entità in grado di corrispondere e porsi in tale dimensione non possa essere che divina, cioè immateriale ed estraenea rispetto alla logica del processo creativo. Resta da capire, filosoficamente, come una entità estranea al processo creativo abbia potuto concepirlo ed attivarlo; ma quì può venire in soccorso un altro concetto assoluto: quello dell’onnipotenza del divino; una qualità totipotente che infrange le regole della logica umana e delle sue possibilità di comprensione. Logica umana, sicura espressione di finitezza che, prima di ritirarsi, magari nel caldo rifugio dell’atto di fede, di fronte alla dimensione insondabile dell’eterno e dell’onnipotente, non può fare a meno di riconoscere che, con certezza, è stata Lei, la logica umana, a pensare tutto ciò, ivi comprese le incomponibili contraddizioni che legano l’eterno alla creazione e quindi al tempo e persino, se pensiamo al breve lampo della vita umana, al qui ed ora. Al fondo, se la logica umana, figlia prediletta della coscienza, torna a far capolino dal suo rifugio, non resta che chiedersi se la dimensione dell’eterno sia propria della materia/energia di cui è fatto l’Universo, nelle sue, forse infinite e cicliche, trasformazioni (di cui il Big Bang sarebbe l’unica, al momento, scientificamente riconoscibile), oppure se appartenga ad un Ente divino eterno ed onnipotente che, chissà perché, ad un certo punto, pur abitando l’eterno, decide di creare l’energia, la materia ed il tempo, il prima ed

il dopo e di dotarci di spirito, qui, noi umani, presenti pro-tempore, sul grumo planetario ruotante. Una domanda a cui probabilmente non c’è risposta certa, cioè scientifica, ma solo atti di fede, figli anch’essi del sentire umano. Se proviamo a cercare una risposta con gli strumenti della scienza ci può venire in soccorso, sul piano del metodo, una delle acquisizioni più recenti della scienza moderna: la scienza non può dare certezze assolute su ciò che è vero; il progresso scientifico stesso, da Aristotele a Copernico a Newton a Einstein a Bohr ha, via via, scoperto limiti ed errori di teorie che si riteneva contenessero verità certe ed assolute. Più umilmente ed utilmente la scienza può provare a dirci, con relativa certezza, ciò che è falso; e, sul versante di ciò che approssima il vero, ciò che è più probabile, come insegna un grande e moderno matematico italiano, Bruno de Finetti, maestro del calcolo probabilistico. Ad oggi, sulla base delle nostre conoscenze e, persino, delle nostre intuizioni scientifiche non possiamo dire se sia falso ritenere che il “progenitore” o il “sottostante” del nostro evento creativo -il Big Bang- sia qualcosa che appartiene alla dimensione del divino o se, invece, appartenga ad una dimensione, altra, della materialità, nel gioco eterno e ciclico, solo ipotizzabile, di massa ed energia. Non potendo la scienza, almeno ad oggi, dimostrare come falsa nessuna delle due ipotesi alternative, non possiamo nemmeno escludere che l’una o l’altra siano vere. Se proprio sentiamo di dover scegliere, proviamo, dentro di noi, a preferire quella che ci sembra più “onesta”: intellettualmente, s’intende. Ma, mai, il nostro intelletto, nel fare la scelta, lo sentiremmo più umano, “troppo umano” direbbe Nietzsche. Giacomo Porrazzini

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ACQUAPONICA, ALLEVAMENTO E COLTIVAZIONE DEL FUTURO L

’acquaponica è un sistema di produzione ecosostenibile innovativo che coniuga insieme l’acquacoltura, ovvero l’allevamento di specie animali acquatiche, e l’idroponica, cioè la coltivazione di vegetali senza l’impiego di terra. Integrazione perfetta di due sistemi di produzione ben collaudati, massimizzandone le qualità individuali per produrre cibo dall’alto contenuto proteico, coltivazione di diverse specie vegetali, consumo di pochissima acqua e suolo, in un sistema chiuso ed autosufficiente. Grazie ad una ricerca iniziata più di trenta anni fa prima negli Stati Uniti e successivamente in Australia, è diventato oggi possibile produrre gamberi di fiume nel giardino di casa oppure allevare pesci commestibili o ornamentali coltivando allo stesso tempo pomodori, zucchine, basilico ed insalata direttamente all’interno di strutture chiuse e coperte in pieno centro storico cittadino, senza avere bisogno né di terra né di una fonte d’acqua continua e consistente. Nulla di miracoloso, ancora una volta la tecnica e la tecnologia ci sono venute incontro, grazie alla messa a punto di efficaci sistemi a ricircolo e recupero dell’acqua che lavorano in sinergia con apparati biofiltranti vegetali. Il tutto completamente naturale. Ovviamente, questi sistemi di

ricircolo possono essere dimensionati per poter soddisfare sia le esigenze alimentari ed economiche di una singola famiglia, sia le aspettative più ampie della produzione commerciale, per la fornitura di specie acquatiche e vegetali commestibili ai mercati locali, ai supermercati, ai ristoranti, etc. durante tutto l’anno. Ma quali sono le specie allevabili/ coltivabili? Alcune tra quelle ittiche sono: trota, pesce gatto, carpa, gamberi di acqua dolce, etc. e poi svariati pesci ornamentali. Tra quelle vegetali abbiamo: lattuga, carota, basilico, sedano, pomodoro, piselli, spinaci, melanzana, peperoncino, fagiolini, fragole, erba cipollina, cetriolo, zafferano, etc. e poi svariate piante ornamentali. Molteplici le testimonianze positive da più parti del mondo. Nel 2012, negli Emirati Arabi, nazione che importa circa l’85% del cibo a causa dell’oggettiva difficoltà di coltivazione del territorio, è stato inaugurato il Baniyas Center, il più grande impianto di acquaponica al mondo. A regime è in grado di produrre ben 200 tonnellate di pesce e 300 mila cespi di lattuga ogni anno, contribuendo a ridurre il ricorso all’importazione fornendo una maggior sicurezza alimentare per la nazione. Inoltre, grazie allo specifico sistema di riciclo dell’acqua, la stessa rimane utilizzabile

Alessia MELASECCHE

alessia.melasecche@libero.it

per almeno un anno all’interno dei serbatoi senza che la si debba sostituire. In Giappone, i sistemi acquaponici sono stati installati nei sotterranei di alcuni grattacieli o in locali adiacenti a ristoranti biologici e contribuiscono a fornire cibi freschi a chilometri zero. Negli Stati Uniti, sono nate vere e proprie fattorie acquaponiche urbane, che hanno consentito il recupero di edifici in disuso riconvertendoli e rendendoli il centro produttivo di farmer market, ovvero i mercati contadini dove si vende dal produttore al consumatore, che possono offrire oltre ai prodotti vegetali anche quelli ittici. I vantaggi sono evidenti, tanto che la NASA ha individuato nell’acquaponica uno dei sistemi ecologici più promettenti per produrre cibo nelle future stazioni spaziali in orbita o sulle future basi lunari e marziane. Per molti di noi, abituati all’orto di casa o comunque al fornitore locale di verdure, quel progetto appare abbastanza fantascientifico, ma se consideriamo che gran parte degli ortaggi che consumiamo consuetudinariamente sono già prodotti in serra con tecniche sofisticate e fertilizzanti chimici e che talvolta i terreni su cui sono stati coltivati sono più o meno inquinati, il passaggio all’acquaponica potrebbe però non essere così futuribile.

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GLI SPAGHETTI DI STALIN

Francesco PATRIZI

C

hi apprezza la cucina etnica sa bene che in un piatto semplice, rivisitato e riproposto con qualche variante, si incontrano sapori, tradizioni di famiglia e, a volte, storie di popoli e di migrazioni. È il caso della versione uzbeka di un piatto cinese, gli spaghetti lagman, la cui ricetta ha viaggiato dalla Corea fino a noi, passando sotto Stalin. A proporre il piatto, in un ristorante di Milano, è una cuoca uzbeka di origini coreane, si chiama Irina ed ha appreso la ricetta da sua nonna, una donna che apparteneva alla comunità dei coreani emigrati in Unione Sovietica, detti koryo-saram. Era nata a Pyongyang quando ancora la Corea non era divisa in due stati e si trovava sotto l’occupazione del Giappone. La popolazione sopravviveva in un regime di estrema povertà e, per cercare sorti migliori, molte famiglie coreane fuggirono in Russia, a Vladivostok, la città capolinea della Transiberiana che, negli anni ‘30, era diventata un crocevia di etnie diverse: russi, ebrei, ucraini, cinesi, polacchi, mongoli, ceceni, coreani... Stalin non vedeva di

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buon occhio questa Babele di popoli in un avamposto così importante per l’Unione Sovietica e decise di dividere le comunità e ripopolare zone semidesertiche in Asia Centrale. Nel 1937 la comunità coreana koryo-saram venne caricata su dei treni-merci e deportata per più di 6.000 chilometri; 172.000 persone vennero così smistate: 95.000 in Kazakhstan e 77.000 in Uzbekistan. In un solo anno, a causa del viaggio interminabile, delle epidemie e della denutrizione, 40.000 di loro, per lo più anziani e bambini, non sopravvissero. All’interno dell’Unione Sovietica, i koryosaram erano considerati dei cittadini di seconda categoria, sottoposti a una serie di restrizioni, tra cui il divieto di studiare materie scientifiche e tecniche e l'esenzione dal servizio nell'Armata Rossa. Alla morte di Stalin, decadde il loro “esilio amministrativo” (come veniva chiamato), ma nessuno scelse di tornare nel paese d’origine, la Corea del Nord, molti preferirono restare dove erano, altri si spostarono in direzione di Mosca; tutti ormai si sentivano sovietici. Il padre di Irina è nato a Tashkent,

capitale dell’Uzbekistan, sul percorso di quella Via della Seta che ha unito per secoli, commercialmente, l’Oriente con il Mediterraneo, dove sono transitati spezie, aromi e pietanze esotiche, tra cui i nostri spaghetti, che dalla Cina arrivarono a Venezia nel Trecento. I genitori di Irina si sono conosciuti nel vicino Kazakhstan, dove il padre era andato a lavorare come giornalista della Pravda, ed è lì che lei è nata, per questo risulta kazaka sui documenti, uzbeka di famiglia e coreana di tradizione. Irina è cresciuta a Tashkent cucinando i piatti coreani che le insegnava sua nonna. La passione per il cibo l’ha portata negli anni a viaggiare in India, in Cina, in Thailandia, per poi approdare, sedici anni fa, in Italia. I suoi spaghetti lagman si portano dentro i sapori della Corea abbandonata quasi un secolo prima, tracce dell’antica ricetta cinese che ha viaggiato lungo la Via della Seta e le spezie della cucina uzbeka di una famiglia diventata sovietica sotto Stalin. Ecco come, seguendo le orme di Marco Polo, il piatto di Irina è arrivato in Italia con il suo carico di storia.


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IMPIGLIATI IMPIGLIATI NELLA RETE NELLA RETE la felicità, l’odio e gli algoritmi

CHI CONTROLLA CHI CHI?

Gli eventi in programma

Martedì 19 febbraio

Mercoledì 20 febbraio

ore 9.30 - CAOS Terni

Presentazione esito finale progetto Nazionale “Sguardi allo specchio - comprendere, conoscersi, imparare a convivere per contrastare ogni discriminazione” Coordina: Valentina Roversi (Arci Nazionale) In collaborazione con i licei “F. Angeloni”

ore 15 - CAOS Terni

“Il Sociale comunica il Sociale” seminario di comunicazione per il mondo delle associazioni tenuto da Sergio Bellucci

(esperto di tecniche e linguaggi multimediali fondatore di NETLeft)

Il progetto è finanziato dal Dipartimento Pari Opportunità e dall’Unar

Sabato 23 febbraio ore 17.30 e 19.30 - FAT CAOS Terni

Presentazione del libro “Algoritmi di libertà” di Michele Mezza, Ed. Donzelli.

Ne discutono con l’autore Mario Fatello (Caporedattore Centrale Web e Social Media TGR-RAI) Paolo Raffaelli (TGR Umbria - RAI)

“Il ‘68 in redazione” di Michele Mezza, Michele Brambilla e Raffaele Fiengo. Performance multimediale per incontrare i personaggi e le idee che hanno costruito la società dell’informazione

CONTROLLA CHI?

in collaborazione con il Ce.S.Vol.

Mercoledì 27 febbraio ore 9 - CAOS Terni - Sala dell’Orologio LA CARTA DI ROMA ALL’OMBRA DELL’HATE SPEECH

Parteciperanno: Luigi Manconi (Direttore UNAR) Roberto Natale (Responsabilità Sociale RAI, ex Presidente FNSI) Carla Scaramella (Coordinatrice Ufficio Progetti ARCI Nazionale) Filippo Miraglia (ARCI Nazionale) Vanna Ugolini (Consigliera Ordine dei Giornalisti Umbria)

Seminario di aggiornamento per i giornalisti locali accreditato dall'Ordine dei Giornalisti dell'Umbria Il seminario è aperto al pubblico


Con il patrocinio della Regione Umbria

Presente e futuro della chirurgia vascolare in Italia All’Ospedale di Terni esperti a confronto alla vigilia dell’attivazione della sala ibrida

Terni, 01 febbraio 2019 – Le innovazioni tecnologiche e gli scenari futuri della chirurgia vascolare ed endovascolare in Italia. Questi i temi del convegno organizzato il 1 febbraio dall’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni (nell’aula magna della Facoltà Medicina e Chirurgia di Terni), alla luce della prossima inaugurazione di quella che è una delle prime 20 sale ibride italiane, una moderna sala chirurgica e angiografica che consentirà interventi di chirurgia vascolare ad alta complessità con gestione integrata e multidisciplinare di patologie vascolari, e non solo, riguardanti soprattutto gli aneurismi toraco-addominali. Un progetto di grande portata in cui hanno fortemente creduto il direttore generale Maurizio Dal Maso e il dottor Fiore Ferilli, direttore della struttura di Chirurgia vascolare e, a breve, del Dipartimento cardio-toraco-vascolare dell’Azienda Ospedaliera di Terni. Non è un caso che il convegno abbia riunito a Terni, insieme ai professionisti del Santa Maria, un pool di esperti del settore provenienti da tutta Italia (Prof. Speziale, Prof. Pratesi, Prof. Gossetti, Prof. Mangialardi, Prof. Di Marzo, Dott. Camparini, Dott. Michelagnoli, Dr. Bertoletti, ecc.) che si sono confrontati sui nuovi scenari che queste nuove tecnologie e il loro uso multidisciplinare aprono nel mondo della sanità. Una sala ibrida, infatti, è una sala operatoria dotata di un angiografo che raccoglie e utilizza tutta una serie di immagini provenienti da diverse sorgenti, come angiografo, TC e risonanza magnetica, consentendo procedure chirurgiche minimamente invasive, ma ad alta complessità tecnologica. “Insomma, quella che verrà inaugurata a marzo sarà una sala per definizione multidisciplinare e il suo vero punto di forza, –spiega il Dg Dal Maso- che la rende al momento unica rispetto altre venti finora esistenti in Italia, è che dispone di due identici angiografi con possibilità di uso differenziato (vascolare e neuroradiologico) che sono adiacenti (uno dentro la sala e uno in una sala accanto), che sfruttano quindi vicinanza di spazi, tecnologia, consolle di comando e sala multimediale”.

“In ambito vascolare – spiega il dottor Fiore Ferilli - una sala ibrida permette l’esecuzione di complesse procedure endovascolari aortiche in completa sicurezza, grazie ad un sistema di imaging utile per la guida e il controllo del posizionamento della protesi endovascolare, così come per la pianificazione della procedura, giovandosi dell’angiografia rotazionale intraoperatoria in collaborazione con la radiologia interventistica. La sala ibrida, infatti, mette insieme contemporaneamente diverse tecnologie e diverse professionalità per il trattamento di casi complessi che interessano la chirurgia vascolare e cardiochirurgia, la radiologia interventistica e la neuroangioradiologia, ma anche la neurochirurgia, l’ortopedia, l’urologia fino alla chirurgia toracica”. “Si tratta di un investimento molto importante, realizzato grazie a un finanziamento della Regione –aggiunge il direttore generale Maurizio Dal Maso– che è giustificato dalla presenza nell’ospedale ternano di professionisti già formati o meglio esperti sia nelle tecniche endovascolari e mininvasive sia nell’approccio integrato multidisciplinare e, inoltre, dall’attrazione e quindi dall’elevata domanda che caratterizza il Santa Maria di Terni, che può e potrà essere soddisfatta in modo sempre maggiore e più efficace”.

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Servizio Fotografico Alberto Mirimao



Posso tenere una puzzola in condominio? Avv. Marta PETROCCHI

È

ormai considerato acquisito il “diritto soggettivo all’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico”. Secondo una interpretazione evolutiva, dalle norme vigenti l’animale non può essere ritenuto una cosa, ma “deve essere riconosciuto come essere senziente”. La Cassazione, con il decreto 13 marzo 2013, ha addirittura riconosciuto che “il gatto, come anche il cane, deve essere considerato come membro della famiglia e per tali motivi va collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore”. In quest’ottica, la L. 220 del 2012, entrata in vigore il 18/06/2013, ha introdotto il 4° comma all’art. 1138 del Codice civile: «omissis........Le norme del regolamento (condominiale n.d.r.) non possono vietare di possedere o detenere animali domestici”. La scelta del termine domestico nella redazione del testo aveva il chiaro obiettivo di escludere la possibilità per i condomini di tenere negli appartamenti animali esotici quali serpenti, iguane ecc. Nessuno dubbio che cani, gatti o canarini rientrino pacificamente nella categoria di animali domestici, ma che dire di conigli, furetti o ragni? E se un serpente

può essere immediatamente identificato come animale esotico, classificare un furetto potrebbe invece essere più difficile. Il furetto, infatti, è frutto di una selezione artificiale della puzzola europea, ed è a tutti gli effetti un animale selvatico, anche se è stato “addomesticato”. Vi era la convinzione che l’uso del termine animale domestico eliminasse ogni dubbio interpretativo; al contrario, l’adozione di un termine comune, al posto di uno con un significato scientifico puntuale, può comportare conseguenze bizzarre come la pacifica possibilità tenere in casa un maiale, che è un animale certamente domestico, e non un criceto, che domestico non è. È facile immaginare che, dato per certo il diritto di tenere con sé un animale, cosa che fino a qualche tempo fa molti regolamenti condominiali vietavano, il pericolo di liti condominiali è tutt’altro che scongiurato. Oltretutto, limitare il diritto di tenere con sé un animale a quelli domestici, appare in contrasto con la Convenzione Europea per la Protezione degli Animali da Compagnia, ratificata come legge dello Stato italiano e tesa a tutelare «ogni animale tenuto, o destinato ad essere tenuto dall’uomo, in particolare presso il suo alloggio

domestico, per suo diletto e compagnia». Molte controversie hanno ad oggetto i cani che abbaiano. E mentre una sentenza del 2006 ha addirittura sancito il “diritto esistenziale” dei cani di abbaiare, ve ne sono numerose altre che indicano il proprietario dell’animale come responsabile del disturbo che il proprio cane arreca agli altri abbaiando. È bene ricordare che in caso di danni o lesioni a persone, animali o cose sussiste la responsabilità civile ex art. 2052 del Codice civile e penale dei proprietari, oltre all’obbligo di stipulare, in caso di animali pericolosi, una polizza di assicurazione per i danni causati da proprio cane a terzi. Infine: gli animali non possono essere lasciati liberi di circolare negli spazi comuni; i proprietari degli animali debbono comportarsi in modo tale da non nuocere alla quiete e all’igiene degli altri condomini; nei casi più gravi è possibile che si realizzi il reato di “disturbo del riposto delle persone”. L’unico caso in cui è possibile vietare a qualcuno di avere in casa un animale domestico si ha quando il condomino è in affitto ed è il proprietario dell’appartamento ad inserire nel contratto tale divieto.

TERNI E STRINCO’ Paolo Casali

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Unu... “li ternani falli a ppezzi e ddalli a li cani”... l’andru... “a Strincone ‘n zo’ bbòne mancu l’òe!... A li tembi de mi nonnu ve n’émo fatte passa’ de tutti li culuri! Tutte le madine passavono le femmine ch’annàono ggiù lu mercatu co’ ‘na tavola ‘n equilibbriu su ppe’ la capoccia e ssussopre lu formaggiu co’ la ricotta e ssu le mano ‘na canestra d’òe. Da dietro ‘na fratta je cc’émo bbuttatu ‘n gattu sussopre... vidissi se cche ffrittate e cche rruzzolamentu de caciòtte... le‘mbrecazzioni se sprecàono. C’erono ppo’ quelle che venìono ggiù co’lu sumaru e ddu’ bbigunzi pieni de ròbba da vénne… ce stevono a sséde pe’ ttraversu facènno la carzetta pe’ ppassa’ lu tembu. ‘Na vòrda a lu ritornu émo fattu scoppia’ ‘n bullone co’ lu zzolfu e lu potassiu sotto le zzampe de ‘llu pòru somaru... quillu t’ha ‘ncuminciatu a sgroppa’ e scargià e ‘lla porettaccia è ‘nnata a ffini’

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‘ncastrata ggiù ddrento a lu bbigùnzu. Anche l’òmmini ‘n ze so’ ssarvàti! Siccome li strinculini co’ ‘na sargiccia ce fònno tre pparte e mmenza... quilli ch’annavono a llaora’ a l’acciajiria ‘nnavono ggiù ‘n bicicretta ma a lu ritornu c’évono da fa’ la salita... ‘llora quilli che ppotéono permétteselu pijavono lu postale e ccaricavono la bbici sussopre lu bbagajàju. Su ppe’ Ssanroccu, tra ddu’ cerque, c’émo stesu ‘na corda all’ardezza ggiusta... ccucì quanno è ppassatu Ottaviu, lu filubbulista de Strinco’, je cce so’ ‘rmaste tutte ‘ppiccate”… “guarda che mmo’ poli èsse lu Padretèrnu che nun ce frighi più... li strinculini ciò tutti li quadrini!”… “e cce credo!… Co’ ‘n vagu d’ùa secca: tre mùzzichi!” P.S. (Pe’ Scusamme) Déo ammette a ttu per tu… ‘stu Strincone è ‘nu bbiggiù ‘lli cristiani pòi apprezza’… bbasta ‘nnàlli su a ttrova’!


SEMPRE PIÙ PERSONE SCELGONO DI INVECCHIARE TRA AMICI

VILLA SABRINA

Nella struttura di Villa Sabrina Residenza Protetta (autorizzata dalla regione Umbria con delibera n. 11379 del 12/12/2003, accreditata con la Regione Umbria e convenzionata con ASL e Comuni) in un ambiente accogliente e confortevole, lo staff infermieristico e medico dedica tempo e risorse per aiutare l’Ospite, autosufficiente e non, a combattere la solitudine e l’isolamento dovuto all’età ed a vincere il disagio che alcune limitazioni psicofisiche posso creare nella gestione della vita quotidiana. Gli Ospiti sono in genere persone che hanno bisogno di assistenza ed aiuto nelle 24

Punto di riferimento per la terza età

ore per avere cura di sé, di riabilitazione e prestazioni sanitarie, nonché di incentivi a svolgere le attività utili al mantenimento ed al recupero delle proprie abilità cognitive, funzionali e motorie. Il personale della residenza protetta Villa Sabrina possiede una grande esperienza acquisita sul campo e mediante specifica preparazione professionale. Gli addetti all’assistenza seguono periodicamente, infatti, corsi di specializzazione per la mansione da svolgere. Vengono intrapresi, all’interno della Residenza, interventi di mobilizzazione e di recupero dell’autonomia psicofisica, terapia occupazionale e musicoterapia, attività che, integrate all’interno del piano di trattamento individuale dell’Ospite, concorrono a far evolvere positivamente lo stato psicofisico dell’Ospite stesso. Quando il recupero non è quello sperato e gli handicap persistono, la struttura cerca di adeguarsi alle esigenze personali, riducendo al minimo il disorientamento di chi si trova privato della propria autonomia. Il voler erogare servizi di qualità e l’attenzione da sempre rivolta alle necessità degli anziani, ha portato ad un particolare

interesse ed impegno nell’assistenza agli anziani affetti dalla malattia di Alzheimer e da altre forme di demenza. È per questo che Villa Sabrina rappresenta il primo Centro in Umbria ad applicare un percorso completo di assistenza non farmacologica per i malati di Alzheimer, attraverso la realizzazione di una Stanza e un Bagno Snoezelen, una metodologia non farmacologica basata sulla multisensorialità. L’obiettivo delle terapie non farmacologiche è la riduzione di alcuni disturbi del comportamento con conseguente riduzione del carico farmacologico e quindi un miglioramento reale della qualità della vita dei pazienti.

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Medicina & Salute

GINECOMASTIA

La ginecomastia è una patologia che può evidenziarsi nell’uomo in diverse età. Prima della pubertà non esistono differenze fra la ghiandola mammaria maschile e quella femminile. Durante la pubertà, tuttavia, nella donna, vengono prodotte elevate quantità di estrogeni e progesterone che determinano una serie di modifiche strutturali a carico della ghiandola mammaria fino al raggiungimento della struttura ghiandolare definitiva matura. Nel maschio, invece, lo sviluppo della ghiandola progredisce solo parzialmente per la secrezione di androgeni da parte dei testicoli; si assiste, pertanto, ad un arresto maturativo dello sviluppo ghiandolare. Tuttavia, si può affermare che, anche nell’uomo, la crescita della mammella è sempre mediata dagli estrogeni e lo sviluppo delle mammelle si verifica, in genere, per una diminuzione del rapporto testosterone/estradiolo. Pertanto, la crescita mammaria nell’uomo avviene per diminuita produzione di testosterone, aumentata produzione di estradiolo (estrogeni) o per la compresenza di entrambi i fenomeni. È normale che durante la pubertà si assista ad uno sviluppo della ghiandola mammaria anche nell'uomo ma, dopo breve tempo, questa si atrofizza. Se l'atrofia non interviene, si ha un aumento di volume che non comporta conseguenze se non di tipo psicologico. Una simile condizione si verifica anche in caso di eccessiva conversione del testosterone in estrogeni, in alcuni casi di iperprolattinemia, o per l'assunzione di ormoni femminili, o per incapacità del fegato di eliminare efficacemente gli estrogeni in eccesso. In questi casi si parla di ginecomastia vera. In altri casi è un accumulo di tessuto adiposo nella zona mammaria a determinare questo aumento di volume, questa condizione si definisce ginecomastia falsa o lipomastia. In sostanza, lo sviluppo abnorme delle mammelle, con la conseguente crescita del “seno” maschile può essere dovuto anche a fenomeni di accumulo di grasso pettorale, nel senso che l’aumento del tessuto adiposo può comportare un effetto estetico simile alla ginecomastia, ma da non confondere con quest’ultima, dal momento che quest'ultima coinvolge le ghiandole. È per questo che in tali casi si parla di pseudoginecomastia o di lipomastia (a sottolineare la connessione del fenomeno con la situazione di sovrappeso del paziente) o di ginecomastia falsa. Nel caso di ginecomastia vera sugli squilibri ormonali possono esserci diverse cause: le condizioni di salute per esempio, dal

momento che alcune patologie (tumori soprattutto del testicolo, ipertiroidismo, insufficienza epatica o renali) agiscono sul sistema ormonale. Incide inoltre l’uso di particolari farmaci, fra cui gli steroidi anabolizzanti, o quelli per la cura dell’Hiv, gli ansiolitici, gli antidepressivi, gli antibiotici, i chemioterapici, farmaci per il cuore. In entrambi i casi, per evitare i problemi psicologici, si può ricorrere anche alla chirurgia estetica. L'operazione è simile sia in caso di ginecomastia vera che falsa, condizioni che a volte si presentano contemporaneamente.

Dott.ssa Lorella Fioriti

Specialista in Radiodiagnostica, Ecografia, Mammografia e Tomosintesi Mammaria

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COME SCOLPIRE IL CORPO OTTENENDO RISULTATI SODDISFACENTI Ogni anno, con l’avvicinarsi della primavera fa capolino il pensiero della prova costume e aumenta il numero delle pazienti che chiedono consigli per migliorare il proprio aspetto fisico. I fianchi, le cosce e i glutei sono alcune tra le aree del corpo femminile in cui il grasso si accumula con più frequenza. Il metodo più efficace per scolpire queste zone è la liposcultura, l’intervento che consente di ottenere rapidamente ed efficacemente il rimodellamento definitivo del profilo corporeo. Questo intervento è richiesto molto spesso anche da persone giovani e dinamiche. Per esempio, la paziente nelle immagini a fianco, nonostante fosse in buona forma fisica e frequentasse con regolarità la palestra, lamentava degli accumuli adiposi persistenti proprio sui fianchi e sulle cosce che appesantivano la sua figura, facendo apparire tutta la regione dei glutei più voluminosa e ingombrante. L’intervento ha reso la sua silhouette più armoniosa e sensuale, i fianchi appaiono snelli, le cosce ben tornite, i glutei meglio delineati.

L’intervento è stato eseguito in sola anestesia locale con sedazione. Vi sono degli accumuli adiposi difficili da eliminare nonostante gli sforzi e, alcune persone, possono sentirsi demotivate nel loro impegno, tuttavia la combinazione di buone abitudini di vita ed esercizio fisico, insieme con un intervento di rimodellamento ben eseguito, può produrre risultati eccellenti.

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LIPOSCULTURA DEI FIANCHI E DELLE COSCE

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Dr. ROBERTO UCCELLINI SPECIALISTA IN CHIRURGIA PLASTICA RICOSTRUTTIVA ED ESTETICA SPECIALISTA IN CHIRURGIA GENERALE

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PRIMA

1 MESE DOPO

DIAGNOSI PRENATALE INVASIVA E NON INVASIVA Al giorno d’oggi la diagnosi prenatale prevede diverse opzioni: una diagnosi invasiva (amniocentesi e villocentesi) che ci può dare la certezza del cariotipo fetale, ma è gravata da un rischio d’aborto, e una diagnosi non invasiva (duo test e translucenza nucale) priva di rischi per il feto e per la mamma, che stima un rischio di anomalia cromosomica, ma non è affidabile al 100%. Il DUO TEST o BI TEST necessita di un unico prelievo di sangue e può essere effettuato già a partire dalla 10a settimana di gravidanza. Consiste nella misurazione della concentrazione nel sangue materno di due ormoni, la frazione beta della gonadotropina corionica umana e la PAPP-A, o proteina A plasmatica associata alla gravidanza. I due test combinati (chiamati Test combinato del primo trimestre) consentono di individuare 82 feti portatori di alterazioni cromosomiche su 100, con il 5% di falsi positivi. Questo test viene di norma associato alla misurazione della TRANSLUCENZA NUCALE, un esame ecografico, non invasivo e del tutto innocuo per il nascituro, che consiste nella misurazione dello spessore del tessuto sottocutaneo che si trova sulla nuca del feto, ovvero lo spazio compreso tra la cute e la colonna vertebrale. Quanto più spessa è la

QUI POTETE TROVARE VIDEO ESPLICATIVI DELL'INTERVENTO

translucenza nucale (che in media a questa età gestazionale è di 2,5 millimetri, mentre nei feti portatori di sindrome di Down è sensibilmente maggiore) tanto maggiore è la probabilità che il nascituro sia affetto dal disturbo. Questo esame permette di stimare con buona approssimazione il rischio che il piccolo sia affetto da una delle due più diffuse alterazioni cromosomiche: la sindrome di Down e la trisomia 18. Poiché riesce a identificare 6-7 bambini affetti da malattia cromosomica su 10, non dà certezze assolute. L’AMNIOCENTESI, infine, è una tecnica invasiva di diagnosi prenatale che consente di effettuare un prelievo di liquido

PER APPUNTAMENTI: Office Manager Raffaella Pierbattisti Tel 0744.404329 329.20.06.599 – 329.23.32.450 robertouccellini@gmail.com www.robertouccellini.com

amniotico dalla cavità uterina inserendo un ago sotto guida ecografica attraverso l’addome materno. Questo liquido contiene in sospensione alcune cellule fetali: gli amniociti, cellule epiteliali che, poste in un appropriato terreno di coltura, vengono fatte crescere in vitro e poi studiate nel loro assetto cromosomico o nel loro DNA. L’amniocentesi viene eseguita per valutare l’assetto cromosomico fetale mediante l’analisi del cariotipo tradizionale, al fine di evidenziare la presenza di eventuali anomalie cromosomiche, tra le più frequenti ricordiamo la trisomia 21 o Sindrome di Down, ma anche aneuploidie a carico dei cromosomi 18, 13, X, Y. Ilperiodo ideale pereseguire l’amniocentesi è tra la 16° e la 18° settimana. Il rischio di aborto connesso all’amniocentesi si aggira intorno allo 0.2-0.5 %. Di tale percentuale si deve tener conto quando si valuta il rischiobeneficio della procedura diagnostica. È bene che l’amniocentesi sia eseguita da uno specialista con specifica esperienza.

www.latuaginecologa.it DR.SSA GIUSI PORCARO

Specialista in Ginecologia ed Ostetricia USL UMBRIA 2 – Consultorio Familiare di Orvieto STUDIO MEDICO ANTEO – Via Radice 19 – Terni (0744- 300789) COMEDICA - Via Gabelletta, 147 - Terni (0744 241 390)

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AZIENDA OSPEDALIERA STRUTTURA SEMPLICE DIPARTIMENTALE di

Geriatria e Lungodegenza

Responsabile dr.ssa Maria Grazia Proietti SSD Geriatria e Lungodegenza

Azienda Ospedaliera "S. Maria" di Terni

Il contesto socio-sanitario e territoriale. L’indirizzo prevalente dell’attuale politica sanitaria non può non considerare i bisogni emergenti di salute della popolazione anziana e gli obiettivi dei livelli di assistenza in termini di benessere dei cittadini. La crisi delle risorse che caratterizza questo periodo è solo un aspetto della profonda crisi economica e sociale che tocca e penalizza gli anelli deboli della nostra società: gli anziani e le loro famiglie. Di qui la necessità di una rivisitazione organizzativa del sistema ospedaliero, soprattutto per l’attività assistenziale a pazienti anziani, a favore di un’effettiva integrazione socio-sanitaria dei servizi erogati. Infatti, quando si parla di continuità delle cure si parla di situazioni di anziani con pluripatologie e con pluriterapie, la cui assistenza non finisce dopo il ricovero ospedaliero e il superamento della fase di acuzie della malattia. Sebbene si sia affermata come centro di riferimento per l’alta specialità, l’Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni è anche l’unico ospedale della città e svolge quindi anche un ruolo di ospedale di comunità.

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Con questa duplice vocazione è chiamato a migliorare l’indice di performance riducendo contestualmente la degenza media e il numero dei ricoveri, in un contesto territoriale caratterizzato da un invecchiamento progressivo della popolazione. Del resto l’Umbria è la seconda regione per indice di vecchiaia in Italia, dopo la Liguria, e in questa zona dove insiste l’ospedale di Terni, il territorio della Usl Umbria 2, si può dire che vivono, si ammalano e muoiono i più vecchi di Italia. Attualmente l’età media della popolazione ricoverata nell’Ospedale di Terni è molto alta e la percentuale di pazienti anziani è aumentata in tutti i reparti, anche in quelli chirurgici e specialistici. La difficoltà delle dimissioni per patologie croniche richiede ulteriori sforzi per

migliorare l’integrazione con la Usl Umbria 2, per stabilire un adeguato rapporto con le strutture residenziali, siano R.S.A. o R.P., e per costruire il migliore setting assistenziale per la dimissione dei pazienti anziani e fragili. Occorre fare uno sforzo culturale indirizzato a progettare e sperimentare nuovi modelli assistenziali nell’ambito del servizio sanitario regionale. LA STRUTTURA. La struttura di Geriatria è nata nel 2009 e attualmente è composta da due sezioni in cui il servizio assistenziale, per un totale di 53 posti letto, è garantito dal personale medico della SSD Geriatria e LDPA, costituito da 5 medici ed 1 responsabile che garantiscono una assistenza di 12 ore diurne, rientro festivo, consulenze geriatriche, attività ambulatoriale divisionale.


SANTA MARIA DI TERNI 1) Geriatria (5°piano) con 29 posti letto per pazienti acuti di provenienza dal Pronto Soccorso, Medicina d’Urgenza ed eventuale da altri reparti. I pazienti che oggi approdano al reparto di Geriatria sono malati gravi, persone anziane con una o più patologie predominanti affiancate da altri problemi concomitanti, per cui però la prospettiva di ripresa non è impossibile come si potrebbe pensare. L’anziano versa di solito in una situazione di grande fragilità e instabilità. Le patologie più frequenti sono quelle cardiovascolari, respiratorie (soprattutto polmoniti, BPCO riacutizzata, insufficienza respiratoria acuta e cronica), malattie infettive, sepsi, infezioni urinarie e patologie neurologiche acute (come ictus, emorragia cerebrale) e degenerative (come le demenze). Ad esse si sovrappongono e si intrecciano altre gravi patologie d’organo: insufficienza renale acuta e cronica, patologie gastroenteriche, neoplasie, insufficienze vascolari, malattie metaboliche. Ne risulta un quadro clinico molto complesso e talora di notevole gravità, che fa assumere al nostro reparto le caratteristiche dei reparti di terapia ad alta intensità clinica. Non bisogna infine dimenticare che a questi aspetti si sovrappongono aspetti di fragilità legati a problematiche quali i deficit

Servizio Fotografico Alberto Mirimao

cognitivi, le sindromi da immobilizzazione, la malnutrizione o situazioni di povertà e solitudine che ci costringono a inventare nuovi approcci terapeutici e/o assistenziali. 2) LDPA-Lungodegenza post acuzie (4°piano) a gestione medica, oltre che infermieristica, con 24 posti letto. L’area, nata nel 2014 e completata nell’aprile del 2016 in termini di dotazione organica e sede definitiva, accoglie pazienti provenienti da altri reparti ospedalieri medici e chirurgici che hanno bisogno di un livello clinicoassistenziale medio basso, ma che ancora non sono dimissibili per cure in corso non effettuabili a domicilio o perché in attesa di stabilizzazione clinica o trasferimento nella RSA “Le Grazie”, l’unica a Terni. In generale questa area di degenza della post acuzie tratta una fase di degenza in cui l’utilizzo delle prestazioni diagnostiche e terapeutiche è più limitato e dove l’obiettivo principale è quello di garantire la continuità assistenziale attraverso interventi più concentrati sulla stabilizzazione clinica, il nursing ed il recupero funzionale. UFFICIO DIMISSIONI PROTETTE (4° piano). L’ospedale di Terni dal 01-06-2005 dispone di un vero e proprio Ufficio dedicato alle Dimissioni Protette, il primo che fu realizzato in via sperimentale nella Regione. Si tratta di un servizio completamente informatizzato che accoglie le richieste provenienti da tutti i reparti per dimissioni difficili e per le quali attiva l’unità multidisciplinare della USL al fine di definire il migliore setting assistenziale del paziente dopo la dimissione. Oggi più che mai l’Ufficio Dimissioni Protette costituisce un punto di raccordofondamentale tra le Unità Operative ospedaliere, i Servizi Territoriali e il cittadino ricoverato insieme ai suoi familiari. Le sue funzioni riguardano in particolare: il coordinamento dei processi di comunicazione tra reparto ospedaliero e servizio territoriale per l’effettuazione della valutazione multidimensionale congiunta, la programmazione della logistica, la diffusione dell’informazione e il controllo della presa in carico dell’assistito sul territorio. L’ORTOGERIATRIA. Dal 15 novembre 2018 nell’Azienda Ospedaliera di Terni è entrata a regime anche l’Ortogeriatria, un modello di cura e di gestione dell’anziano con frattura di femore attraverso un approccio integrato multidisciplinare e multiprofessionale (ortopedico, geriatrico, riabilitativo, di nursing e sociale), capace di assicurare un percorso di continuità assistenziale al paziente anziano pluripatologico e fragile. L’attività di ortogeriatria, dopo una fase transitoria nel 2017, viene ora garantita da un borsista geriatra e prevede, in linea

con le linee guida regionali (DGR N. 1411 del 30/11/2015), l’adozione di determinate pratiche terapeutico-assistenziali definite in un modello di continuità assistenziale: i pazienti sopra i 75 anni con frattura di femore, garantito l’intervento entro le 48 ore, vengono costantemente seguiti sia dall’ortopedico che dal geriatra in tutto il post operatorio fino alla fase di dimissione. L’ATTIVITÀ IN NUMERI. I pazienti ricoverati nel reparto di Geriatria nel 2017 sono stati 961 e nel 2018 sono saliti a 1040 di cui si stima che il 10% provenga da altre regioni e prevalentemente dal Lazio e, considerato che i ricoveri in Lungodegenza (LDPA) sono stati 530 nel 2018, nella struttura in questo ultimo anno sono stati trattati complessivamente ben 1570 pazienti con età media di 84 anni in geriatria e 87,5 anni in Lungodegenza. Si tratta quindi di pazienti molto anziani, fragili, con pluripatologie e con famiglie che li assistono che a loro volta sono formate da persone anziane, di qui l’importanza del rapporto con il territorio e il ruolo significativo delle dimissioni protette che solo nel 2018 ha svolto oltre 1000 valutazioni, di cui quasi 700 nel sistema regionale e le restanti per pazienti dell’alto Lazio.

ÉQUIPE Responsabile SSD Geriatria e LDPA: dr.ssa Maria Grazia Proietti Personale Medico: dr. Sergio Catanzani, dr. Andrea Tomassi, dr.ssa Annarita Fiore, dr.ssa Alessandra Di Gianvito, dr.ssa Annarita Cerenzia. Coordinatrice infermieristica: Emanuela Santuro Personale infermieristico: Mauro Angelici, FedericoBruni, Cristina Capitoli, Fabrizio Castellani, Michela Diociaiuti, Lorella Faustini, Serena Fileni, Serena Galli, Roberta Gaggio, Monica Gradinariu, Innesti Anna, Krvenko Viktoriya, Malfatti Eleonora, Mascherucci Sara, Orsina Manuel, Palladino Salvatore, Piacente Debora, Pirone Roberto, Pommella Claudio, Popoli Francesca, Ridolfi Samanta, Santucci Elisa, Serpietri Laura, Silvestri Elisa, Socci Daniela Personale OSS: Alvisio Fabio, Berni Christian, Bianchi Laura, Billera Marianna, Pulzella Eva, Toni Sonia Ufficio Dimissioni Protette: Anna Piccioni, Serenella Garbini. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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IL PIEDE PIATTO NEL BAMBINO

Dott. Vincenzo Buompadre

Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport - Terni Murri Diagnostica, v. Ciaurro 6, 0744.427262 int.2 - Rieti Nuova Pas, v. Magliano Sabina 25, 0746.480691 - Foligno Villa Aurora, v. Arno 2, 0742.351405

www.vincenzobuompadre.com Il piede piatto è sicuramente il motivo più frequente di visita ortopedica nei bambini. Fortunatamente nella maggioranza dei casi si tratta di una condizione benigna, che comunque non va sottovalutata per escludere patologie più gravi. Il piede piatto si caratterizza per la riduzione o la scomparsa della volta plantare longitudinale che, in base all'entità, distinguiamo in quattro gradi

ingravescenti. La causa di questa deformità risiede in un anomalo rapporto tra le due ossa del retro piede, astragalo e calcagno, in carico. In particolare l’astragalo tende a scivolare sul calcagno verso la parte interna del piede ed il calcagno ad inclinarsi verso l’esterno. Tale deformità comporta anche modificazioni posturali all’avampiede ed all’arto inferiore. Fino a 4-5 anni di età il piede del bambino è fisiologicamente piatto, poi subisce un processo di maturazione progressiva che porta alla formazione della volta plantare che si completa intorno ai 12-13 anni. Distinguiamo due forme cliniche di piede piatto infantile, il flessibile ed il rigido: Il piede piatto flessibile è il più comune (oltre 95% dei casi) spesso associato a lassità articolare generalizzata e ad altri disturbi posturali (avampiede supinato, ginocchio valgo marcia a punte intraruotate, iperlordosi lombare). Il piede piatto rigido, molto più raro ma più grave, è caratterizzato da rigidità e dolore del piede ed è associato ad anomalie scheletriche congenite del retro piede. L’esame clinico del bambino permette di valutare l’entità del piattismo: se è rigido o manualmente correggibile, se sono presenti

altre alterazioni posturali e, nel tempo, se la deformità tende a migliorare o meno. Trattamento del piede piatto del bambino Il trattamento inizialmente è conservativo sia nella forma flessibile che in quella rigida e si avvarrà a secondo del tipo e gravità della patologia di kinesiterapia, alcune regole comportamentali e, nelle forme più marcate, di plantari. Nei bambini in cui persista a 10-13 anni una deformità importante (3°-4°) grado di piede piatto flessibile trova indicazione l’intervento di calcanea-stop che, mediante l’impianto di una particolare vite tra astragalo e calcagno, o infissa direttamente nel calcagno o nell’astragalo, limita la eccessiva pronazione del retro piede alla base della deformità. In una piccola percentuale di questi pazienti può essere necessario eseguire altri piccoli atti chirurgici, effettuati con mini-incisioni, sul tendine tibiale posteriore e sul tendine d’Achille per ottenere una migliore correzione. La riabilitazione post-operatoria è semplice ed il carico con bastoni è permesso fin dal primo giorno dopo l’intervento. Nei rari casi di piede piatto rigido l’indicazione all’intervento è spesso più precoce e l'atto chirurgico verrà modulato sul tipo di deformità scheletrica presente.

“Buon Sangue si sente” Giovedì 17 Gennaio, presso l’Ospedale S. Maria di Terni, si è svolto il progetto “Buon Sangue si sente” avviato dagli studenti del Liceo Musicale “Francesco Angeloni”, sotto la supervisione del prof. Luciano Aquilini. Alle 8 di mattina la squadra di intrepidi ragazzi si è recata presso il Centro Trasfusionale dell’Ospedale di Terni accompagnati dai loro strumenti musicali e, sotto la tutela del loro professore, noto donatore Avis, hanno dato il via a una donazione collettiva a suon di musica.

AVIS Terni: Via L.Aminale, 30 - Terni E-mail: avis.terni@libero.it Telefono: 0744400118 - Fax: 0744400118

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Avis Comunale Terni

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Come hanno vivamente sostenuto il prof. Aquilini e Patrizio Fratini, Presidente comunale Avis di Terni, il progetto vuole lanciare un messaggio che miri a sensibilizzare le persone a proposito delle donazioni di sangue (a Terni drammaticamente in calo da tre anni consecutivi) e lo si è fatto con l’interessante idea della “doppia donazione”, mirante un tempo a invogliare le persone a donare il proprio sangue e la propria solidarietà, dall’altra a ricevere sollievo e gratificazione grazie al supporto indispensabile della musica, che accompagna l’uomo nell’affrontare le tensioni e i disagi quotidiani. Il tutto si è svolto in un’atmosfera piacevole e fantasiosa che ha coinvolto anche altri donatori in attesa nel reparto. Speriamo che questa iniziativa sia seguita da molte altre.


Medicina & Salute

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di poter intervenire contestualmente, anche su altre problematiche dei tessuti come, ad esempio, la pelle delicata o disidratata. I princìpi attivi in esso contenuti svolgono infatti molteplici funzioni come ad esempio : - favorire la vasodilatazione e aumentare l’ossigenazione dei tessuti - promuovere negli adipociti la rimozione degli acidi grassi. Hanno proprietà lipolitiche e drenanti ed anti-edematosa, stimolano l’utilizzazione dei grassi favorendo l’aumento del metabolismo dei lipidi. Hanno un’azione snellente, rassodante, vaso protettrice ed antiedematosa. I peptidi derivati dal collagene hanno un ruolo attivo nello stimolare i processi biochimici che determinano la formazione di nuove fibre proteiche strutturali. I prodotti utilizzati nel trattamento, hanno uno spiccato effetto L’istituto di bellezza “ESTETICA EVOLUTA STELLA POLARE”, drenante, favoriscono la microcircolazione e il turn-over cellulare, grazie all’utilizzo di prodotti di altissima qualità, frutto di una hanno proprietà diuretiche e disintossicanti, favoriscono la avanzata ricerca genetica, macchinari di ultima generazione, circolazione periferica, effettuano un ricambio cellulare nei tessuti e un’elevata competenza-professionalità e, soprattutto un costante proteggono i capillari, rimuovono in profondità le scorie che rendono aggiornamento negli studi delle nuove metodologie estetiche, si la pelle amorfa e anelastica. posiziona attualmente in una fascia al di sopra dell’estetica base. Grazie alle funzioni di così tanti e specifici princìpi attivi contenuti Il nostro obiettivo primario è quello di garantire alla nostra clientela nel prodotto, uniti ad una tecnica di mirata manipolazione dei risultati sicuri, ma soprattutto duraturi nel tempo. punti critici, consentirà di ottenere: rimodellamento, drenaggio, Dopo un check-up accurato, viene elaborato un personale rassodamento, idratazione e ossigenazione dei tessuti, che portano “programma” mirato a raggiungere il massimo risultato volto a ad un risultato immediato e permanente oltre ad offrire una grande garantire la massima soddisfazione del cliente. Grazie a visite sensazione di generale benessere e leggerezza. costanti-cicliche e all’utilizzo di prodotti di mantenimento sarà Prenota la tua visita gratuita, per sviluppare il tuo programma possibile garantire nel tempo il miglioramento e il mantenimento personalizzato. dei risultati ottenuti. Il metodo Mack Pharma (mph120) è un trattamento innovativo volto a combattere in maniera super-efficace inestetismi come: adiposità localizzata-cellulite fibrosa-cellulite sclerotica e rassodamento. Come agisce il trattamento sull’inestetismo? Mph120 contiene ben 120 princìpi attivi, studiati e accuratamente selezionati per le loro qualità e caratteristiche specifiche per agire e trattare i principali inestetismi dovuti ad adipositià localizzata. È un nuovo e rivoluzionario approccio che integra in sé la possibilità

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Viviamo in un mondo che cambia

I terremoti che hanno cambiato il corso del Nera L

a cosiddetta “pericolosità regionale”, ovvero la tendenza di un territorio ad ospitare, per così dire, eventi sismici nel corso del tempo, può essere determinata in diversi modi. La misura, o meglio la valutazione, di questa caratteristica territoriale è uno degli elementi fondamentali per il progresso delle conoscenze nell’ambito della dinamica di un territorio. Inoltre costituisce un elemento cardine nel panorama degli sforzi volti al tentativo di previsione degli eventi futuri. Uno dei modi per calibrare la pericolosità regionale si basa sulla conoscenza delle manifestazioni telluriche avvenute nel passato in una specifica area, o nelle zone immediatamente circostanti. A tale scopo la verifica della disponibilità di qualche tipo di registrazione di un fenomeno di scuotimento del terreno verificatosi in tempi antichi è un elemento indispensabile. Può essere diretta o indiretta a seconda dell’esistenza di una documentazione scritta o di qualche altra forma documentaria in grado di attestare, per esempio, gli effetti provocati dall’evento sismico a carico delle popolazioni locali. Tale tipo di ricerca è una faccenda alquanto complicata cosicché per questi terremoti storici vengono redatti appositi cataloghi di riferimento, aggiornati periodicamente con l’acquisizione di nuove testimonianze. Le maggiori difficoltà sono legate al fatto che più si va indietro nel tempo e più la documentazione tende a divenire rara e discontinua. Molte volte l’unica testimonianza di cui si riesce a disporre e riferita solo a qualche terremoto di ragguardevole intensità, fu fissata, nei suoi effetti distruttivi, su una tela dipinta da un artista rimasto particolarmente colpito dagli eventi. Da ciò deriva, evidentemente, che la stragrande maggioranza degli eventi sismici verificatisi nel passato storico non può essere nota. Di fatto, specialmente i fenomeni di minore entità, sfuggendo completamente dalla rete della documentazione storica, rendono estremamente complicata la ricostruzione della storia sismica di un’area, incidendo

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negativamente sulla capacità di previsione di ciò che potrebbe accadere nel futuro. Da qui si possono bene intuire le difficoltà che invece sono legate ai terremoti preistorici. Ma andiamo avanti. Un ulteriore passaggio fondamentale, in quest’analisi conoscitiva del modello evolutivo territoriale, consiste nel trovare una relazione logica fra la sequenza dei terremoti storici noti e l’assetto tettonico dell’area in esame. È indispensabile, infatti, tentare di dipanare la complicata matassa dei movimenti avvenuti nel tempo lungo le faglie oggi visibili in superficie cercando, nel frattempo, di chiarirne i rapporti con gli assetti tettonici presenti invece sotto la superficie. Fermo restando che le fratture ivi esistenti, pur non direttamente visibili, giocano un ruolo assolutamente primario nell’ambito dell’attuale rischio sismico di un’area. Per certi versi è come se la storia sismica di un’area geografica fosse stratificata nel tempo per cui, in linea di massima, le faglie che sono giunte ad essere visibili in superficie sarebbero responsabili della maggior parte della storia sismica passata. Alcuni territori, più di altri, mostrano caratteristiche geologiche e geomorfologiche un pizzico più favorevoli alla determinazione della loro natura dinamica consentendo una ricostruzione, forse più agevole, delle fasi evolutive preistoriche. Del resto questo è l’obiettivo ultimo: la determinazione della sequenza cronologica delle deformazioni e delle fratturazioni che la crosta terrestre ha subìto nel corso del lungo modellamento del paesaggio. Cosa molto più facile a dirsi che a farsi! In tale contesto, la geomorfologia tettonica, o morfotettonica, tiene conto, per esempio, di quelle particolari forme del paesaggio potenzialmente legate ad un antico terremoto o ad una fase sismica. Il ragionamento parte dal logico presupposto che alcune specifiche conformazioni, derivando in origine direttamente da dislocazioni della crosta terrestre, costituiscono l’espressione della causa scatenante degli eventi tellurici. Particolarmente indicative possono essere

Enrico SQUAZZINI Centro Ricerche Paleoambientali di Arrone

le modifiche avvenute lungo il corso dei fiumi, finanche alla loro completa deviazione. Queste possono derivare, appunto, dallo spostamento ripetuto dei blocchi di roccia lungo le faglie o da importanti fasi di deformazione della crosta terrestre. Deformazioni particolarmente intense, alterando l’inclinazione del substrato roccioso, possono aver determinato in passato anche l’inversione della direzione di scorrimento di corsi d’acqua. Di questi eventi può esserne rimasta traccia, ad esempio, sotto forma di alveo fluviale abbandonato o di nuovo deposito fluviale spostato rispetto ad uno precedente. Aree particolarmente soggette a fenomeni di questo tipo si trovano in corrispondenza di catene montuose giovani in corso di sollevamento. E direi che questo è proprio il nostro caso. Per esempio, nel tratto della Valnerina principalmente ternana, compreso grosso modo fra Sant’Anatolia di Narco e Terni, è presente tutta una serie di elementi geologici e geomorfologici che testimoniano, spesso con dettagli molto chiari ed evidenti, che il fiume Nera ha subìto modifiche sostanziali del suo percorso per almeno quattro volte in un arco di tempo che, presumibilmente, copre all’incirca gli ultimi tre milioni di anni. Da quanto detto sopra è evidente che l’analisi approfondita di queste caratteristiche del nostro territorio va a costituire, nel suo complesso, un’ingente mole di dati indispensabile ad una migliore definizione del modello evolutivo di quest’area del centro Italia. In più, essa potrebbe fornire ulteriori ed importanti basi di valutazione delle diverse fasi di evoluzione dinamica e modellamento della crosta terrestre in questo settore dell’Appennino centrale. Fermo restando che la lunghissima fase di eventi sismici legata all’evoluzione territoriale di cui stiamo parlando ha, senza alcuna ombra di dubbio, preceduto quella del periodo storico che attualmente ci vede, contemporaneamente, protagonisti e spettatori in prima persona.


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Programma Associazione Culturale La Pagina 13 Febbraio

Mercoledì ore 16.00 Teoria della relatività (III parte) Vittorio Grechi

15 Febbraio

Venerdì ore 16.00 TERNI e il suo territorio Storia - Eccellenze - Tradizioni Loretta Santini

16 Febbraio

Sabato ore 18.00 Incontro + CENA Terni - Capitale dei Diritti Umani Fondazione “Aiutiamoli a Vivere” Via XX Settembre, 166

27 Febbraio Mercoledì ore 16.00 Curiosità Scientifiche Vittorio Grechi

N.B. L'Associazione Culturale La Pagina segnala che puoi contribuire con il 5xmille indicando sul tuo Mod. 730 questo cod. 01484960552

1 Marzo

Venerdì ore 16.00 Il Carnevale delle Tradizioni (Brindisi di saluto al carnevale con frappe e castagnole)

Loretta Santini

6 Marzo

Mercoledì ore 16.00 Curiosità Scientifiche Vittorio Grechi

MIRIAM VITIELLO Tutti i Lunedì dalle ore 18.00 alle 19.30

Corso di lingua INGLESE NADIA ZANGARELLI Tutti i Lunedì dalle ore 15.30 alle 17.45

Corso di PITTURA

Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 0744.1963037 - 393.6504183 - 348.2401774


S a i nt n e ValentRiLD of WO

Valentino e... 14 febbraio: “il giorno in cui ogni uccello … viene a scegliere il suo compagno"

Loretta SANTINI

La tradizione Per comprendere il progetto Terni, città di San Valentino, capitale dei Diritti Umani e per spiegare le motivazioni che ci hanno condotto a proporre questa nuova e più alta identità della città e del Santo, dobbiamo ricordare brevemente la tradizione che ha legato l’immagine di Valentino alle leggende e alle icone della festa degli innamorati. Se è vero che, partendo dal concetto di amore che ha percorso i secoli, siamo giunti a un più ampio e completo concetto di Amore Universale, è anche opportuno cercare di capire come questo sia nato e si sia sviluppato. L’identificazione di san Valentino come patrono degli innamorati si sviluppa a partire dal Medioevo e, soprattutto, nel mondo anglosassone, ma la sua festa ha origini più antiche.

Come nasce il Santo dell’Amore? Valentino “riconciliatore” di vicende amorose Il culto di san Valentino nasce nell’ambito dell’ampio fenomeno di cristianizzazione di templi pagani e di feste pagane caratteristica dei primi secoli dC. Esso risale al 496 quando papa Gelasio, in una lettera ad Andromaco (princeps Senatus) per porre fine ai Lupercalia (festa pagana, molto licenziosa, celebrativa della fertilità e dell’accoppiamento che si teneva durante le idi di febbraio, quindi tra il 13 e il 15), formalizzò nel 14 febbraio la festa di San Valentino, cogliendo nel Santo la figura di Riconciliatore di vicende amorose.

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Geoffrey Chaucer, autore dei Racconti di Canterbury, nel suo poema Parlamento degli uccelli, fa il primo riferimento storico al 14 febbraio e a San Valentino come giorno e santo speciale per gli amanti. Egli associa la ricorrenza al fidanzamento di Riccardo II d’Inghilterra con Anna di Boemia.

Quando compare la parola Valentino/Valentina sinonimo di amore? Je suis déjà d’amour tanné, ma très douce Valentinée. Sono malato d’amore, mia dolcissima Valentina. Così, secondo la tradizione, nacque il primo biglietto d’amore scritto da Carlo d’Orléans, prigioniero nella Torre di Londra dopo la sconfitta alla battaglia di Azincourt (1415), a sua moglie Bonne d’Armagnac.

Shakespeare Un altro esempio di associazione dell’amore al nome di Valentino lo troviamo in Shakespeare che nell’Amleto, atto IV, così fa dire a Ofelia: Sarà domani san Valentino, ci leveremo di buon mattino, alla finestra tua busserò, la Valentina tua diventerò.

Le icone della festa degli innamorati Con il passare del tempo la tradizione dei bigliettini amorosi divenne solo un modo per accompagnare e completare altri regali, poi divenuti simboli della festa: ecco allora scatole di cioccolatini, mazzi di fiori -soprattutto rose rosse- gioielli, gadget, cene a lume di candela. La festa degli innamorati dunque subì, al pari di tanti altri eventi simili come la festa della mamma, del papà o dei nonni, il fascino prepotente della commercializzazione.

Le leggende e i simboli legati alla festa degli innamorati Sono molte le leggende che si legano alla figura di san Valentino. Come tutte le leggende e come pure i miti, esse adombrano sempre un significato che va al di là della semplice narrazione più o meno fantastica: esse prendono lo spunto da un dato reale, lo amplificano, lo trasformano, ma rimangono un modo per spiegare eventi, miracoli, fenomeni, cause. Esse dunque divengono un metro di misura, un simbolo di qualcosa. Invitiamo allora a comprendere le leggende legate al Santo. - la leggenda di Sabino e Serapia (i due giovani innamorati contrastati nella loro unione perché lui pagano e lei cristiana e aiutati nella loro unione da san Valentino) è simbolo dell’amore interreligioso e dunque della libertà di religione; - la leggenda della rosa che il Santo donava alle coppie di fidanzati che si presentavano a lui per avere aiuto e dirimere i loro problemi, diventa il simbolo della comprensione, del rispetto, della riconciliazione;

- la leggenda del giardino fiorito da cui il Santo prendeva un fiore perché i bambini lo portassero alle loro mamme, simboleggia l’affetto tra genitori e figli; - la colomba a cui san Valentino affida un biglietto (un valentino ante litteram) simboleggia il messaggio di pace.

La diffusione nel mondo La festa degli innamorati ormai è un fenomeno mondiale: dapprima diffuso soprattutto nel mondo occidentale, ha gradatamente conquistato ogni angolo della terra. Ovunque vengono scambiati biglietti d’amore, rose rosse, dolcezze, gioielli spesso a forma di cuore. Ovunque sono organizzati incontri romantici, viaggi, fidanzamenti e matrimoni. In molti paesi dell’Asia come Cina, Giappone, la festa di San Valentino si sovrappone e si integra alle loro feste tradizionali e poco si discosta dalle usanze presenti nel resto del mondo. Tutto questo ci induce a riaffermare con forza l’identità di san Valentino come patrono dell’Amore, perché amore è un valore universale, perché amore significa innanzi tutto rispetto e, dunque, rappresenta la base imprescindibile dei diritti dell’uomo, della natura e delle cose.


gli innamorati S

ì, mi piace che il giorno di san Valentino mio marito mi regali una rosa rossa. Mi piace cucinare qualcosa di speciale -una bruschetta al tartufo, un astice o qualcosa ritenuto “afrodisiaco”- servito su una bella tovaglia con un bel servizio di piatti e bicchieri e magari con luce soffusa, quel tanto che basti per creare un’atmosfera che ricordi che oggi, Festa di San Valentino, è la festa degli Innamorati. Lo so benissimo che è una delle tante feste (della mamma, del papà, dei nonni, della donna e chi più ne ha più ne metta) inventate, imposte, studiate appositamente per vendere fiori, cioccolatini, capi di vestiario, ninnoli e oggetti preziosi, cene al ristorante e week end. È il “mercato delle feste” sempre più invadente e onnicomprensivo, addirittura ossessivo, spesso retorico e sempre più gaudente. Ma sono diventate tradizioni, momenti di socialità, come un tempo lo erano le feste della vendemmia e della trebbiatura nella civiltà contadina, che segnavano un tempo di incontro, di vissuto insieme. Certamente con altri valori, ma la società è cambiata e con essa i modi del vivere insieme, del ritrovarsi. In questo senso qualsiasi festa -dalla sagra alla rievocazione storica, dai festeggiamenti del santo patrono alla festa degli innamorati o a tutte quelle prima citate- assolve alla sua funzione primaria che è quella di trovare un’occasione per stare insieme, creando un intervallo, una pausa nello spazio della vita quotidiana. Anche la Festa degli Innamorati non sfugge a questa regola ed è per questo che ci è cara e che continueremo a coltivarla, anche perché il suo Santo patrono è di Terni e le sue spoglie riposano nella basilica a lui dedicata: dunque è anche la festa della nostra città. Proprio partendo da questo concetto di “amore” che ha percorso i secoli e insieme ha caratterizzato Terni, un gruppo di “innamorati” della propria città, ha messo in campo un’ipotesi progettuale che vuole offrire un’immagine del Santo ben più alta e importante, cioè quella di patrono dell’amore universale e di campione dei diritti umani, proponendo così, al contempo, una profonda trasformazione culturale di Terni, una nuova identità che ne dovrebbe fare il centro propulsore della riflessione dei valori di solidarietà, libertà, uguaglianza, rispetto.

Come si è giunti a questo? Grazie a una vera e propria rivoluzione della figura e della datazione del Santo che è venuta fuori dagli studi del Prof. Edoardo D’Angelo e dalla sua rigorosa e aggiornata rilettura delle fonti che ha consentito di vedere nel Vescovo di Terni il patrono dell’amore universale e il campione dei diritti umani, in particolare quelli dell’accoglienza, del diritto alla salute, della giustizia, della solidarietà, della libertà religiosa, del dialogo interreligioso di cui il vescovo è stato protagonista in prima persona. Per meglio capire tutto ciò rimandiamo al libro Terni Medievale del Prof. Edoardo D'Angelo e al libretto “Terni, Città di San Valentino, Capitale dei Diritti Umani” (autori vari) distribuito gratuitamente alla popolazione dall’Associazione Culturale La Pagina. Ma anche grazie all’intuito e alla passione di Giampiero Raspetti che già venti anni fa prefigurò un progetto che delineava una valorizzazione della figura del Vescovo immaginando che a Terni, il 14 febbraio, “molti giovani, di diversa nazionalità e religioni diverse, si scambiassero messaggi culturali, sociali, di solidarietà” e intravide la relazione strettissima tra l’opera di san Valentino e quella di san Francesco in merito al rispetto dell’uomo e della natura e al dialogo interreligioso.

Il nuovo Valentino ha dunque una dimensione ben più alta e onnicomprensiva dei valori della vita e Terni, la sua città, da questo deve e può ricevere una diversa, più intensa e completa identità in grado di proiettarla nel mondo con una nuova forza, una più forte vitalità, con un più alto senso della vita e dei suoi valori.

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Valentino e... l 'Amore Universale Giampiero RASPETTI

Una recente rivalutazione storico-filologica della figura di Valentino di Terni, effettuata dall'illustre Prof. Edoardo D'Angelo, P.O. di Filologia latina medievale, ha portato, oltre a ridatarne completamente la cronologia (sec. IV, non III), ad accertare e portare alla luce una figura biografica completamente diversa da quella che, a partire dal 1400, ci ha trasmesso, attraverso piacevoli e fortunate leggende, la tradizione anglosassone, l'unica che si conosca e si celebri oggi, ma riguardante in nulla la vera vita del Patrono di Terni. La figura di Valentino è infatti andata ricoprendosi, nel corso dei secoli, di una ruggine tenacissima, che ne ha fatto un simbolo del romanticismo spicciolo (il patrono degli innamorati e/o dei fidanzati: con una peraltro curiosa commistione di due concetti abbastanza diversi tra loro) e del consumismo sfrenato (Valentino e il cioccolato, i regalini, le sagre, i tornei, tutto al fine di vendere qualcosa). Radicato nel territorio ternano è però il valore simbolico del culto del santo patrono della città, quel san Valentino,

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vescovo di Terni in età paleocristiana, martire anch’egli per l’impegno profuso nel dialogo tra cristianesimo nascente e paganesimo imperante, in nome della affermazione del diritto degli esseri umani alla autodeterminazione. In tutto il mondo questa bellissima figura è stata caricata di forti valori simbolici subendo uno snaturamento rispetto alla sua autentica, profonda e consapevole identità di pastore di anime, impegnato, in epoca imperiale romana, in prima linea nella lotta per la affermazione del diritto alla libertà religiosa e del dialogo tra gli esseri umani, a qualsivoglia religione essi appartengano. Valentino di Terni, dunque, è stato un prelato ed un uomo che ha sacrificato la propria vita per alti ideali di libertà: libertà di religione, ma soprattutto libertà di cultura e di impegno sociale verso i più sfortunati. In altri termini, un campione dei diritti umani ante litteram, ed è così che bisogna conoscerlo e farlo conoscere, liberandolo dalla patina di una culturalizzazione popolare e/o commerciale. Il concetto stesso di Amore, verrà così colto nella sua pienezza: amore valentiniano, amore né solo cristiano, né solo pagano, amore di tutti e per tutti. Cos’è l’amore, infatti, se non rispetto per gli altri? Chi ama non può che mettere l’altro sullo stesso suo piano: l’innamorato, l’amico, il vecchio, il bambino, il figlio, il genitore, il diverso, il povero, il portatore di handicap, l’emarginato, il credente e il non credente, l’uomo di un’altra razza o di un’altra religione. Rispetto della persona, ma anche degli animali, della natura, delle cose, poiché tutto è parte integrante della società e dell’uomo.

S an o ValentRiNnI d i TE

Riteniamo allora che il messaggio d’amore più profondo e più vero di san Valentino sia proprio questo: l’amore come rispetto dei diritti umani (civili, culturali, politici, economici, sociali…) e, quindi, libertà e, quindi, pace. Proprio di questo abbiamo oggi estrema necessità! Il Santo di Terni, protettore dell’amore e degli innamorati, diviene così, soprattutto, apostolo patrocinatore dei diritti umani e la città di Terni diventa Capitale dei Diritti Umani. Oggi più che mai si tocca con mano la necessità di ancorarsi a questo amore valentiniano nella temperie-tempesta che i giorni, tristissimi per l'umanità intera, ci propinano. Scopo principale dunque delle nostre iniziative è scoprire e diffondere una nuova identità della città di Terni e di san Valentino. Per questo, e al fine dell’interscambio culturale ed educativo, abbiamo già intessuto, attraverso il magazine La Pagina Europa, contatti intensi e proficui con uomini di cultura, insegnanti, associazioni, scolaresche di molte nazioni, europee e non. Ci impegneremo allora per concorrere alla creazione di una coscienza e di una cittadinanza mondiale ispirate alla tolleranza, alla solidarietà, al dialogo interculturale (in questo senso Terni diviene anche una vera e propria capitale della cultura) e a contribuire allo sviluppo di civiltà e cittadinanza europee e cosmopolite, a partire proprio da quanto lasciato in eredità dal Santo Patrono di Terni. Ed è a partire da questi preziosissimi elementi, in particolare ambiente, qualità della vita e santo patrono, che è possibile ridisegnare una identità vera della città, per consegnarle una sua nuova dimensione, un futuro su cui puntare.

Qualche verità comincia cautamente ad affacciarsi. La sera del 31, in TV, si afferma che Valentino ha salvato la vita al figlio del filosofo Cratone (oK), ma e non ad una coppia. Si sostiene ancora, però, che il nostro Patrono è stato ucciso nel III e non nel IV secolo. Cultura raffazzonata, un tanto al chilo, come al mercato delle cipolle!


Valentino e... i Diritti Umani

Teritnaile

Fabrizio PACIFICI

Cap i t ti dei Dirni Uma

Fondazione AIUTIAMOLI A VIVERE O.N.G.

L

’incontro con il Prof. Giampiero Raspetti non è stato soltanto piacevole, dati i trascorsi vissuti insieme e le accese discussioni su quanto si potesse fare per la nostra “amata” città di Terni, ma soprattutto ha risvegliato in noi quella passione, mai sopita, per lo studio, la conoscenza, gli approfondimenti necessari per formulare delle concrete ipotesi su quanto possa ancora dare una figura storico-religiosa come San Valentino. Ognuno con la propria storia e la propria esperienza, costruita attraverso l’accoglienza, la solidarietà, la libertà di poterlo fare e l’orgoglio delle proprie radici nei diversi luoghi, paesi o circostanze dove siamo stati chiamati ad esercitare il nostro lavoro, abbiamo constatato che S. Valentino è più attuale che mai e che Terni merita di essere riscoperta ed apprezzata per ciò che è stata, ma soprattutto per ciò che può dare alle nuove generazioni. Far scoprire quanto siano stati preziosi, per la città e per la formazione di tanti individui, progetti come il “Mandela” o l’“Aiutiamoli a Vivere” per la promozione dei DIRITTI UMANI e le azioni conseguenti di concreta solidarietà, rendono la città di Terni unica ed insostituibile. È nostro dovere morale, per senso civico e per l’amore verso una città come Terni, che è stata prodiga di consigli e di passione verso quanti si sono misurati con la solidarietà, la giustizia, la libertà, non disperdere questo patrimonio di valori ormai parte integrante del nostro DNA. Far riscoprire e ricollocare storicamente San Valentino come fautore dei Diritti Umani e proporre la Città di Terni come Capitale dei Diritti Umani è il giusto epilogo di quanto prodotto dal “Mandela” e da “Aiutiamoli a Vivere” senza mai dimenticare quanto su questi progetti abbia influito la storia del movimento operaio ternano, l’acciaieria, la spiritualità di S. Francesco che, attraverso l’accoglienza e la fraternità, ha reso possibile qualsiasi tipo di integrazione da quello che fece diventare il borgo Terni città con le

acciaierie ed oggi con la presenza di oltre 10.000 extracomunitari di 102 etnie diverse. È per questo motivo e non altri che dobbiamo tornare a credere in Terni ed a tutti coloro, movimento associativo e volontaristico in

testa, che non avendo mai smesso di amarla hanno il compito, attraverso la figura di San Valentino, di rimetterla al centro dell’attenzione nazionale ed internazionale promuovendola Capitale dei Diritti Umani.

Fabrizio e i Diritti Umani

Accoglienza, solidarietà, salute, sentimenti e necessità evidenziati ed illuminati, nel IV secolo, da Valentino, sono ormai (ri)conosciuti, ovunque, come "diritti umani". Il rispetto di questi stessi diritti ha accompagnato Fabrizio, a partire dal XX secolo, agli inizi della sua imponente opera per "Aiutarli a vivere". Libertà di istruzione e di cultura, libertà di religione, giustizia sono le altre imprescindibili garanzie per l'esistenza umana che completano la vita del Santo Patrono di Terni e sono anche gli stessi diritti che integrano e perfezionano la missione di Fabrizio che, partendo da Terni, si distende in gran parte del mondo. La nostra città, crocevia fin dalla propria nascita e punto centrale di transiti e trasporti ha mostrato, come Interamna e come Teramna, come Terani e come Terni, i caratteri fondamentali di cui andare fieri: la solidarietà e l'accoglienza. Non si parla invano di fratellanza, nella nostra città, non è retorica, è spina dorsale, spirito universale, è emulazione convinta e acquisizione totale dell'eredità spirituale del nostro Patrono. Stiamo parlando di Amore universale, quello che rende Valentino simile a Francesco, il santo dei santi, per lo smisurato amore verso l'uomo, la difesa dei diritti fondamentali della persona, la presa in carico della povertà, la cura del malato, il diritto a godere di un ambiente di vita etico e sano. Valentino e Francesco, coloro che, insieme a Benedetto, a tanti altri santi, a moltissimi monaci, hanno fecondato, seminato, nutrito la spiritualità dei nostri conterranei. Non è un caso che Fabrizio operi qui, in Umbria, in Valnerina, in Terni. Né è un caso che il suo regno terreno di amore e solidarietà sia costellato dal tau francescano (sulle pareti, sui pavimenti, sul petto) e che sia alfine uno dei primi cavalieri serventi di san Valentino. Eh, sì. Tutto questo non avviene per caso. GR Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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Documentazione del passato e conoscenza del futuro Carlo SANTULLI

Piazza Solferino circa nel 1960

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gni vantaggio comporta una responsabilità: così, dato che oggi disponiamo di Internet e di telefonini e portatili sempre più potenti, non abbiamo più scuse. Per documentare ciò che ci passa intorno, voglio dire. Un tempo, per non far sapere ciò che accadeva, bastava non fotografarlo, e al massimo mettere un trafiletto in fondo alla pagina del giornale, quegli enormi lenzuoli che usavano allora. Durante il fascismo, avrete sentito dire, i treni arrivavano in orario. Non è vero, funzionavano anche peggio di ora, considerato che erano pochissimi, tra Terni e Roma in tutto sei al giorno, e c’erano stati alcuni gravi incidenti, come quello sulla linea di Rieti, nei pressi della stazione di Contigliano, un sabato mattina, nel quale aveva lasciato la vita tutta la squadra di calcio de L’Aquila, diretta a Verona per giocarvi il giorno dopo. Tanta è la rimozione che, oltre a non parlarne i giornali, perché la cronaca nera aveva non più di una colonna in tutto negli anni ‘30, una targa commemorativa è stata messa soltanto pochissimi anni fa. Foto del disastro, neanche a parlarne. È rimasta qualche testimonianza raccolta oralmente, come quella del medico aquilano che sulla sua Balilla, ferma al passaggio a livello, aveva

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visto il disastro accadere, col treno postale da Terni scontrarsi con quello passeggeri da L’Aquila ed aveva dato l’allarme. Oggi non possiamo più rimuovere le informazioni, come se non fossero accadute, e forse anche per questo il mondo ci sembra tanto pieno di fatti discutibili. D’altro canto però, possiamo fotografare tutto. La difficoltà, nel ricostruire la storia di Terni, è anche che all’epoca del più grande sviluppo della città, si erano scattate molte foto celebrative, ma quelle che ci dicono di più invece delle reali condizioni di vita ed anche del progressivo sviluppo urbanistico, per esempio della ripresa e della ricostruzione del dopoguerra, sono quelle ancora oggi nascoste in archivi privati e che solo progressivamente vengono alla luce. Da appassionato della storia locale e dell’evoluzione delle città, mi rendo spesso conto della difficoltà di ottenere informazioni attendibili e documentazione fotografica che non sia ufficiale, e quindi più realistica. Ci sono per fortuna delle persone che si occupano di quest’opera meritoria, raccogliendo cartoline, il che nella città di Alterocca sembrerebbe scontato, ma invece no. Ed anche foto private, che per quanto magari tecnicamente meno perfette,

possono essere anche più interessanti, per il soffio di verità che portano con sé. Abbiamo per esempio una foto di piazza Solferino, che prima della guerra era chiusa in fondo dal Palazzo del Governo, che era stato sede della provincia di Terni dal 1927, anno della sua costituzione, al 1936, quando era stato inaugurato il palazzo loggiato di piazza Tacito. Un problema è datare con certezza le foto non ufficiali: qui siamo probabilmente nei primi anni ’60, si vede già una nuova 500, e le prime sono uscite nel ’57, ma inizialmente con poco successo. È stato costruito il ridolfiano palazzo Briganti, ma non c’è ancora quello che oggi ospita le poste, tornate al posto che avevano negli anni ‘20, ma in un edificio nuovo, dopo il lungo soggiorno nel palazzo progettato da Cesare Bazzani, costruito a partire dal 1923 al posto della demolita chiesa di San Giovanni Decollato, la cui assenza rende Terni una delle poche città d’Italia a non averne una nella piazza principale. Sono cenni, ma è anche dalle foto che pian piano la storia urbanistica, ed umana, di questa città viene fuori. Per concludere, devo ringraziare in particolare Roberto Fiori che spesso pubblica perle come questa foto nel gruppo Noi che a Terni su Facebook.


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uando non c’erano né televisione né radio e d’inverno faceva buio presto, i contadini rientravano dai campi “tra il lusco e il brusco”, posavano gli attrezzi da lavoro, governavano le vacche e gli asini e poi entravano in cucina sistemandosi a cerchio davanti al fuoco in attesa della cena. L’orario dei pasti e il loro numero erano variabili secondo la lunghezza del giorno. Quando a giugno sembrava che il sole non tramontasse mai, si facevano più pasti e/o merende, specie durante la mietitura, e la sera si cenava tardi. A dicembre, al contrario, il numero dei pasti era inferiore ma più ricco di grassi e la sera si cenava presto. Bevuto l’ultimo bicchiere di vino, mentre i bambini si infilavano nel capace camino sedendo sui loro piccoli sgabelli di legno, gli uomini si mettevano in cerchio per potersi scaldare tutti, mentre le donne rigovernavano la cucina. Si parlava del lavoro fatto in quel giorno, di ciò che era necessario fare il giorno dopo e di qualche pettegolezzo. Quando la discussione iniziava a languire per mancanza di argomenti freschi, c’era sempre qualcuno, in genere il più anziano e quindi il nonno, che dava inizio al racconto delle storie che venivano tramandate da una generazione all’altra. Una di queste narrava che in una notte di maggio, con una luna piena grande così, un uomo arrancava in salita dietro l’asina che portava sul basto un grosso sacco di farina messo per traverso. Veniva dal mulino, dove era andato a macinare il grano, di notte, per non pagare la tassa sul macinato. La somara sapeva la strada a memoria e camminava spedita nonostante il peso che trasportava, anche perché aveva sete e sapeva che poco più avanti c’era una fonte. La strada di Vallefredda che stavano percorrendo doveva il suo nome al fatto che d’inverno il sole ci batteva poco ed era sempre piena

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di fango e di rigagnoli d’acqua e quando gelava rendeva molto difficile il transito a persone e animali. Nella bella stagione invece era piacevole passarci perché oltre ad accorciare il percorso, rispetto alla nuova strada romana, era fresca e c’era una bella fontana in muratura per dissetarsi e far bere anche le bestie da soma. Quella notte le fronde delle grandi querce che costeggiavano l’impervia scorciatoia impedivano alla luna di illuminare il sentiero ma ogni tanto un raggio di pallida luce riusciva a passare dove il fogliame era meno folto e riusciva a raggiungere il terreno, delineandone i contorni. La somara inarcava il collo, la testa bassa sotto lo sforzo, perché già sentiva il gorgoglìo della fontana. Con un ultimo balzo si inerpicò sulla spianata e immerse il muso nell’acqua fresca dove si specchiava la luna. Mentre beveva avidamente, una forma umana, intabarrata in un bianco lenzuolo, si affacciò al di sopra del ruscello coprendo la luna. L’asina, impaurita dall’ombra proiettata nell’acqua, scartò di lato bruscamente e il prezioso sacco scivolò lentamente a terra, rimanendo però impigliato nelle corde che lo tenevano legato al basto, impedendo così all’animale di scappare. La bestia tentava di allontanarsi dall’ombra che l’aveva impaurita, retrocedendo, ma le lunghe corde avanzate dalla legatura del sacco –li jaccuri– cadendo a terra, erano finite sotto le sue zampe impigliandosi ad esse e limitandone ulteriormente i movimenti. Il padrone, che non si aspettava una situazione del genere, iniziò a bestemmiare sotto voce, maledicendosi per non essersi accorto che le corde si erano allentate. Cercò di calmare l’animale borbottando sottovoce “lèèèè…. arriqquà…. te pozza pijà ‘na paralisi a te e lo paventà… mo chi m’aiuta arcaricà ‘sta balla?” e, alzati gli

occhi per guardarsi intorno, vide anche lui la sagoma dell’uomo stagliata sopra la fontana. “Compà, damme ‘na mano a ributtà su ‘sta balla….” E l’ombra, con voce cavernosa: “Omo morto non c’ ha forza”. Allora il contadino, con la forza della disperazione, mentre teneva sotto lo scarpone la cavezza per trattenere l’asina, abbrancò il sacco e gemendo per lo sforzo sovrumano, riuscì a riportarlo sopra il basto nella giusta posizione. Lo legò di nuovo tendendo le corde fino allo spasimo: era la farina per sfamare tutta la famiglia per molti giorni e per essa era pronto a lottare fino alla morte contro chicchessia, uomo vivo o morto che fosse. L’asina, con un ultimo strattone, riuscì a liberare la cavezza e partì di gran carriera inseguita dal contadino che aveva fatto appena in tempo ad attaccarsi con una mano alla sua coda. E il brigante, che fingeva di essere un morto resuscitato per spaventare e derubare i passanti, rimase con un palmo di naso.

La fonte di Vallefredda e la collina dalla quale si affacciò il brigante.


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Il male e il bene nell’eterna lotta d’ogni generazione Adriano MARINENSI

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L’AMARO DELLE GUERRE E LA DOLCEZZA DELLE FAVOLE IN UN SINGOLARE CONFRONTO

n sacco di anni sono trascorsi (purtroppo per me) da quando scrissi degli argomenti indicati nel titolo. La lotta tra il male e il bene è sempiterna e parla linguaggi antagonisti. A gridare più forte è il male, le sue violenze, il sopruso, l’ingiustizia. Quell’argomentare ho voluto mettere a paragone perché, ancora oggi, l'esodo di quanti sono costretti a fuggire dall’orrore continua a mostrare i segni dell’egoismo umano. E, nei confronti di molti, ci sono discriminazioni e rifiuti. Che non sanno affatto di solidarietà e di tolleranza. Tanto meno di civiltà. Una lastra di ferro sta addossata alla Basilica di S. Francesco, a Terni, dinnanzi ad un complesso scolastico; la grande lapide che gli studenti dovrebbero prendere a tema per una attenta riflessione. È grande la lastra perché doveva contenere, ad imperitura memoria, gli oltre mille nomi di ternani vittime della furente bestialità dell'ultima guerra mondiale. Mi capita talvolta di guardarla e il pensiero va ad uno dei giorni trascorsi sotto le bombe. Giorni terribili, vissuti spesso, come le talpe, nascosti dentro i rifugi antiaerei. Uno sta sotto casa mia, in campagna. Ormai serve soltanto a sbigottire i convitati a cena. Ha quasi 80 anni ed è la testimonianza di una storia. Brutta storia. Lo scavarono, in fretta e furia, le persone valide del vicinato, in una rincorsa frenetica ad andare sotto terra. Giù, sempre più giù, a colpi di piccone, onde fosse a prova di bomba. Una montagna di sabbia e di pietrisco da portar fuori, a braccia, un secchio dietro l’altro, attraverso la catena umana. Il tunnel divenne lungo una cinquantina di metri e profondo quasi 15 nel punto in basso. Tutto ad altezza d’uomo, con spazi per star seduti ed anche per dormire. E due pozzi d’uscita, ricavati fuori dal perimetro della casa. Il coraggio della paura ad accelerare i lavori, insieme al ripetuto grido d’allarme dell’Acciaieria (la sirena ululante) che ti metteva l'ansia in corpo,

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perché avvertiva l'appressarsi di formazioni nemiche. Paura che s'era ingigantita dopo la prima incursione su Terni, visti gli esiti devastanti. Il ricordo, tra i peggiori che mi sono rimasti in memoria, è questo. Era d’agosto. Il sole, alto e forte, aumentava il fastidio dell’afa. Di mattino –erano i primi anni ’40 del secolo scorso- un aereo nemico, seguendo una rotta inusitata, aveva sganciato alcuni ordigni dentro il Cimitero di Papigno. Forse l’effetto di una azione dissennata oppure la voglia di sancire, in modo inequivocabile, il carattere odioso d’ogni conflitto armato che, in quel tempo, non ebbe quartiere. Passai dinnanzi al Camposanto insieme a mio padre, nel pomeriggio canicolare. Il cancello era divelto. Entrammo. Tutt’intorno a tante tombe devastate, vedemmo immagini che, di sicuro, avranno inorridito pure i cipressi. Resurrezione? No, era stato il dies irae del guerriero. Metteva un’angoscia smisurata, pari al sacrilegio compiuto. La memoria degli affetti - anche i miei ch'erano lì violata, oltraggiata, stravolta. Aria funerea e un miasma che incuteva terrore. La tempesta della guerra, che disdegna la sacralità della vita e la calpesta, in un luogo di pace eterna, aveva ricacciato i morti in un inferno terreno. Lo stesso inferno che, a Terni, lasciò ovunque distruzione, riempì gli ospedali di feriti, di invalidi per sempre. Caricando di lutti quasi ogni famiglia. A quegli eventi funesti, la comunità ternana ha voluto erigere la testimonianza accanto alla Basilica di S. Francesco. Un tumulo senza terra, senza pietre, senza epigrafe. In un mondo ancora percorso dall'inimicizia sociale, grida forte, in primis ai giovani, la parola PACE. Ora in un clima così, ecco l'antitesi. Se volete bizzarra, ma, a parer mio, degna d’ascolto. La parola d'ordine è “salvare le favole”. Nessuno rida a questo richiamo. Il problema delle favole riguarda i bambini che forse le apprezzano ancora. Però,

sin che restano innocenti. Da grandi, le dimenticano. Dimenticano il loro messaggio d'amore e di bontà. Anzi, da grandi, tentano di smascherare persino la Befana e Babbo Natale. Altro che raccontar favole. Oggi non pochi nonni e genitori, alla cantilenante lettura delle fiabe, preferiscono – per i fanciulli – l’uso nevrotico del telecomando. E spesso i pargoli finiscono parcheggiati dinnanzi al piccolo schermo. Eccolo in nuovo orco delle (anti)favole moderne: il televisore. E’ lui, per i bambini di oggi, il “lupo cattivo”. E pure per gli adulti. In combutta con i suoi alleati (il tablet, il telefonino, il computer, il 'mare elettronico' dove si naviga spesso pericolosamente); è lui che detta le regole del vivere quotidiano. E' lui che ti ordina i prodotti da acquistare al supermercato, che ti fa tacere persino quando la famiglia è a desinare; che impone l’orario per andare a letto (il vicino di casa ad alto volume permettendo). Se tenti di inserirti con una parola in una trasmissione, ti zittiscono con un perentorio Ssss… a dieci esse. Dell’orco dalle mani tentacolari - formate da soli “pollici” - le vittime sono tante. Al limite della teledipendenza. Ve la ricordate la soavità di Cappuccetto Rosso? Di Biancaneve e i 7 nani? Del Gatto con gli stivali? Chi conserva queste fiabe, conserva un tesoro. Dice: Ma, tu credi ancora nelle favole? Ebbene si, lo confesso. Ovviamente non al loro significato letterale. Alla efficacia del messaggio sull’indole acerba dei bambini, ci si può ancora contare. Spero tanto che, in questo mondo, percosso da un vivere antagonista e orientato sovente da pseudo valori, i Capretti riescano ad uscire sani e salvi dalla pancia del lupo; nutro fiducia che Hansel e Gretel, oltre a Pollicino, ritrovino la strada di casa; ho desiderio che Aladino, strofinando la lampada, faccia ricca e felice la povera mamma. Ecco perché, l'appello "salviamo le favole" se volete un po' velleitario andrebbe ripreso e amplificato. Sanno tanto di PACE pure le fiabe.


Giacomo PORRAZZINI

CIVILTÀ T

utti ricordiamo la foto, storica, degli impiegati della “Lehman Brothers” che escono, con in mano gli scatoloni di cartone, dalla sede bancaria; era il loro ultimo giorno di lavoro nella grande banca, fallita e chiusa; una data da ricordare, per gli effetti a catena che ha prodotto ovunque, nel calendario di un mondo che sembra senza controllo. Poco dopo l’esplosione di quella grande crisi del 2007 si tenne, a Londra, un importante incontro dei maggiori economisti del mondo. La regina Elisabetta d’Inghilterra, nel rivolgere un saluto di benvenuto agli ospiti, pose una domanda: chiese come era stato possibile che l’èlite mondiale del sapere economico non fosse stata capace di prevedere, per tempo, quel disastro. Le cronache di quella Conferenza raccontano che calò, in sala, un lungo ed imbarazzato silenzio e che nessuno seppe rispondere a quella innocente e profonda provocazione regale. I maestri delle teorie economiche e dei complicati algoritmi matematici con i quali, ogni giorno, nel mondo, si conducono le operazioni finanziarie e le speculazioni più azzardate, erano rimasti senza voce e senza faccia. Credo che molti, nei difficili anni seguiti allo scoppio della crisi, si siano fatti la stessa domanda: come era stato possibile che nessun centro di competenza economica e finanziaria, dalle Università più prestigiose alle grandi Società di Rating, fosse stato in grado, con il proprio bagaglio scientifico, di prevedere ed allertare il mondo sullo tsunami in arrivo. Per tacere della politica, ammutolita da un evento che ne mostrava tutta l’impotenza, nell’esercizio della sovranità economica. Nessuno, sino ad ora, ha trovato una risposta esauriente a tale interrogativo. Tuttavia, questa mancata risposta non è stata priva di conseguenze sul rapporto fra élite e popolo; anzi, è possibile che sia una delle ragioni principali del disincanto e, poi, della sfiducia e del rancore populistico che vediamo crescere in tante persone, verso chi ha avuto, in senso

generale, responsabilità di governo. Del resto, chi guarda, oggi, al cerchio sempre più stretto dei detentori del sapere, delle nuove tecnologie, del potere e della ricchezza, non può non vedere il consolidarsi di una “casta” chiusa ed autoreferenziale; una casta che pretende di guidarci, ancora, in nome della sua competenza, proprio mentre il mondo globalizzato, figlio del suo disegno, mostra il suo lato oscuro, con i colpi inferti, qui da noi, al reddito e al lavoro, al benessere ed alla fiducia nel futuro, di ceti popolari, dei giovani e della stessa classe media; e, ancor più, con la deriva climatica del Pianeta, che appare inarrestabile. Non solo, dunque, sul versante del benessere perduto o inarrivabile, buona parte dell’opinione pubblica imputa, alle élite, la responsabilità di una narrazione insincera, ma, oramai anche su un tema ancora più di fondo: il destino degli equilibri climatici del pianeta che rischia di travolgere la stessa civiltà umana, come sinora l’abbiamo conosciuta. Se il mondo, come avverte l’ONU, sta correndo verso l’orlo dell’abisso, mentre, come in un enorme Titanic spaziale, l’orchestra continua a suonare la solita musica di guerre, razzismo, terrorismo fanatico, sfruttamento e ingiustizie colossali, migrazioni epocali, innovazioni dagli esiti non prevedibili, qualche seria responsabilità, di certo, sarà in capo all’èlite del mondo che non sembra capace di indicare e di portarci su una strada di salvezza; anche a quella che si nutre di Big Data, reti o Intelligenza artificiale. C’è da dire, poi, che questa classe dominante di capitalisti, di politici, di intellettuali, di economisti, di tecnologi appare, sempre più, come un mondo chiuso che riproduce se stesso e che diviene sempre più impermeabile a nuovi ingressi, capaci di cambiarne linfa ed orientamenti. Basti pensare a come sia bloccato “l’ascensore sociale” che, prima, almeno, prometteva una mobilità sociale

a chi, dai ceti meno favoriti, aspirava, con lo studio e l’impegno nel lavoro, a veder migliorare la propria posizione, rispetto a quella di partenza. Le statistiche ci dicono che le condizioni di reddito, di formazione universitaria, di carriera, insomma, di “status”, sono sempre più ereditarie, cioè trasmesse, per appartenenza più che per merito, da genitori, colti e benestanti, ai figli. Ma, se una èlite appare sempre meno “scalabile”, quando sbaglia e delude, come sta accadendo, se non la si può cambiare entrandoci dentro, allora diventa forte la tentazione di abbatterla. C’è da chiedersi se non stia, in questa incomunicabilità, una delle ragioni dell’attuale successo del populismo, con le nostalgie sovraniste e le chiusure regressive che porta con sé. Tuttavia, il progresso ulteriore del genere umano e, addirittura, il futuro della civiltà in cui si manifesta la sua avventura sul pianeta, non può che essere affidato ad una nuova “èlite”, capace di concepirlo e di guidarlo, democraticamente. Un nuovo orizzonte per la specie umana non può che scaturire da un “nuovo pensiero”, capace di proporre nuovi bisogni e comportamenti umani “sostenibili”. Tuttavia, il “disegno intelligente” delle nuove élite culturali e politiche della sostenibilità non basterà, se non sarà in grado di coinvolgere le popolazioni, a partire dai soggetti più deboli; per riuscirci prima ancora che a quella ambientale occorre porre mano, con urgenza, alla sostenibilità sociale. Solo persone, padri madri e figli sottratti all’orizzonte chiuso della povertà ed della esclusione sociale vecchia e nuova, dal ricatto dell’incerto giorno dopo, possono alzare lo sguardo, consapevolmente, verso i temi e la sfida della sostenibilità di un nuovo modo di fare sviluppo e di stare al mondo, per recuperare la propria “sovranità” sul futuro. Il salvataggio della civiltà umana o sarà democratico e sociale o non sarà. Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

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IL MALE DEL SECOLO Gli studenti si sono confrontati sulla diffusione del modello competitivo che alimenta il gioco d’azzardo. Abbiamo letto un brano di Donatella Di Cesare che evidenzia come, nella società di oggi, si sia imposto un agonismo pernicioso che spinge a

Chiara Cippitelli III A Prima di addentrarsi nel vivo del discorso è necessario fare una premessa di carattere generale: nella velocizzazione propria del ventunesimo secolo si tende a rintracciare un elemento, il più possibile lontano dalle dirette responsabilità, al quale attribuire il maggior numero di mali; nello specifico, nel momento in cui l’uomo è chiamato a rispondere delle proprie azioni, esso si appella alla fantomatica società che lo obbliga a omologarsi alla massa seguendo anche consuetudini da lui biasimate. Questo, però, non è altro che denominatore comune di istanze individuali e di conseguenza la responsabilità della società non può essere scissa dalla responsabilità del singolo. In ultima analisi, per rintracciare le cause e le possibili soluzioni al “modello competitivo” della realtà, che sfocia nel gioco d’azzardo, non è sufficiente attribuire le colpe ad una società coercitiva, ma bisogna analizzare in primo luogo l’agonismo della natura umana e i suoi vizi. Di per sé, infatti, la competitività non è la qualità da demonizzare: nella sua accezione più pura essa è sinonimo di meritocrazia e miglioramento di sé. Il problema sorge quando a questa indole si affianca l’egoismo, altra caratteristica umana: è qui che si innescano quei meccanismi malati in cui non si vince per dimostrare le proprie capacità, ma per superare l’altro, non si discute per trovare la soluzione migliore, ma per annullare l’interlocutore, non si lavora per proporre un prodotto valido, ma per vendere più alla concorrenza. Inevitabile conseguenza a ciò è la progressiva diminuzione della qualità in favore dell’abbreviazione dei tempi, dei costi e dell’impegno. Il gioco d’azzardo non è che l’esasperazione di queste dinamiche (quale modo più semplice, più rapido e più fruttuoso c’è di guadagnare che giocare alle slot machines?); esso rappresenta

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giocare d’azzardo e a rischiare tutto pur di vincere, attraverso la “scorciatoia” terribile che produce, purtroppo, rovina e disperazione. Il confronto con temi scottanti è sempre un’ottima sfida per capire a fondo chi siamo diventati e cosa stiamo facendo. Prof. Fausto Dominici

l’iperbole di questa indole egoista-competitiva propria dell’uomo, amplificata dalla velocizzazione dell’epoca. Direttamente proporzionale, inoltre, alla grandezza del capitale investito è la perdita alla quale consegue, oltre al danno economico, quello morale, caratterizzato dalla depressione, dallo svilimento di sé e dal disagio sociale, “passioni tristi” dovute sia dall’insuccesso in sé, sia alla relativa umiliazione pubblica. Tali drammatiche conseguenze, però, non sono circoscritte al gioco d’azzardo, il quale è solo uno dei tanti esiti estremi, ma riguarda ogni ambito in cui la malata competizione si estende. Sarebbe utopico, quindi, pensare di arginare il problema semplicemente chiudendo le sale giochi e i casinò, sia perché, fino a che non sfocia nel patologico, l’azzardo è una pratica lecita da sempre presente nelle abitudini umane (dai dadi e dalle lotte gladiatorie nell’Antica Roma, alle scommesse sui cavalli nell’Ottocento, fino a quelle relative alle contemporanee partite di calcio) sia perché, qualora sfociasse nel patologico, sarebbe comunque l’estetica di una dinamica molto più estesa, quale quella dell’agone sociale, e sarebbe, di conseguenza, come tentare di curare una febbre buttando via il termometro. Ciò che deve essere modificato è la stessa mentalità agonistica, non eliminandola totalmente, ma purificandola dai vizi umani che l’hanno corrotta; è necessaria una competizione fondata sull’umiltà, in cui il vincitore non si configura come il conquistatore, ma come chi ha maggiori capacità e il perdente non è assimilato al vinto ma a colui che necessita di più esperienza. In questo modo il “Rischia tutto!” tanto reiterato dalla pubblicità non sarebbe più la pratica del temerario, ma dello sfaticato, non del forte ma del furbo, furbo che in una società basata sulla meritocrazia verrebbe necessariamente collocato ai margini con la nomina di disonesto e non più osannato.


Nicolò Boscarini classe III A

Matteo Sforza, classe III A

“Ho vinto io”, “il mio lavoro è migliore del tuo”, “ho preso più di te”, “il mio stipendio è più alto del tuo” - chi non ha mai sentito una di queste frasi al giorno d’oggi? Nella società c’è solo una parola importante oggigiorno: competizione; tutto si struttura in base a questa: il lavoro, la scuola, lo sport, persino i rapporti familiari. “La competizione viene vissuta come la modalità prima di relazione, con se stessi e con gli altri, quasi fosse una legge primordiale.” Afferma Donatella DI CESARE ne Il boomerang dell’agonismo, (<<Corriere della Sera la Lettura>>, 13 marzo 2016). Al giorno d’oggi la nostra società sta creando una forma di ossessione nei confronti di questo fenomeno: non ci interessa più fare una cosa bene elaborata, l’importante è solo realizzare un prodotto che sia migliore di quello degli altri. Quando riusciamo in questo intento ci sentiamo realizzati, quando falliamo, invece, ci sentiamo persi, come se la sconfitta avesse lasciato un vuoto incolmabile dentro di noi a cui non potremo mai rimediare. L’insuccesso porta qualcuno alla depressione, altri alla rabbia, altri ancora alla follia, per non parlare di coloro che diventano vittime di una forma di fobia sociale e di “disagio sociale”. Un mio amico, quando anni fa ha perso in un’importante competizione sportiva, non è riuscito ad avvicinarsi a quello sport per più di tre anni, è rimasto sempre a casa temendo un confronto con il mondo esterno che gli aveva procurato un tale dispiacere. È questo il disagio di cui parlo: quella condizione che, in seguito a una sconfitta, ci porta ad abbandonare i nostri lavori, le nostre passioni e le persone che ci sono vicine. In alcuni giovani può portare allo sviluppo della sindrome di Hikikomori che comporta una condizione di isolamento dalle altre persone, dovuta a una delusione causata dalla società, e la conseguente paura dei giudizi degli altri. Di fronte a queste forme di disagio, alcuni decidono di buttarsi nuovamente nel cosiddetto “modello competitivo” della nostra società per raggiungere quei successi che si erano prefissati in passato e che non erano riusciti a realizzare: questi decidono di riavvicinarsi alla competizione sul lavoro o sullo sport e di ricreare dei rapporti che non erano riusciti a portare avanti, sperando che, questa volta, la competizione sociale non interferisca; altri, invece, che si sentono esclusi, decidono di tentare la “mossa estrema”: il gioco d’azzardo. Questo fenomeno è sempre esistito, sin dall’antichità, perché c’è sempre stato nell’uomo il brivido del gioco, la volontà di rischiare e di voler vincere sugli altri. Al giorno d’oggi, però, il gioco d’azzardo è diventato un’attività molto diffusa, a causa anche delle pubblicità che sponsorizzano i siti online e le varie forme di gioco, presentandole come una soluzione a tutti i problemi. Le persone, tuttavia, credendo a questo, si avvicinano a tale mondo, tentando il tutto per tutto e, così facendo, “si mettono in gioco non solo i soldi, gli averi, ma il tempo, i legami affettivi, la dignità, la vita stessa.” Il padre di un mio amico, per esempio, diventato dipendente dal gioco d’azzardo, ha sperperato tutti i suoi averi, perdendo la sua dignità di uomo e rovinando i rapporti con la sua famiglia, avendola caricata di debiti a causa di tutto il denaro perso. Pensando alle conseguenze, ci potremo chiedere quale sia il motivo che spinge le persone ad avvicinarsi al gioco d’azzardo, e, sicuramente, non ci verrebbe in mente alcuna ragione sensata. Per questo motivo, dovremmo trovare un modo per contrastare questo fenomeno partendo dall’interruzione delle pubblicità fino ad arrivare alla chiusura di molti siti online di questo tipo. Questi accorgimenti, tuttavia, non basterebbero perché viviamo in una società in cui è radicato un certo tipo di mentalità. Bisognerebbe trovare, perciò, un modo per ribaltare la società e renderla diversa, meno competitiva; anche se cercassimo bene, però, sarebbe così facile trovarlo?

Con l’avanzare incessante del progresso nella civiltà occidentale, il mondo e le attività umane stanno subendo un processo di trasformazione radicale, basti pensare a quanto la società moderna sia cambiata rispetto anche solo a quarant’anni fa. L’uomo moderno può fare qualsiasi cosa, basta che lo voglia con sufficiente vigore; questo è ciò che i moderni genitori, così come i mass media, ci insegnano ogni giorno: “sei speciale”, dice il padre al proprio figlio, “devi impegnarti per farlo vedere a tutti”: un meraviglioso insegnamento, certamente utile ad accrescere l’autostima del ragazzo, ma con una falla alla base: è una menzogna. Perché in un mondo in cui tutti sono speciali, chi lo è realmente? Eppure il ragazzo, bombardato da continui elogi, crescerà senza capire l’inganno subìto, diventerà un adulto che non lavora per mangiare, ma per “realizzarsi”, per dimostrare agli altri e a se stesso di essere davvero speciale. Ma non tiene conto di un fatto fondamentale. In una società composta da miliardi di singoli individui, ognuno con le proprie convinzioni, la bolla del nostro “bambino speciale” è destinata inevitabilmente a scontrarsi con mille altre bolle, ed è a questo punto che la parte animalesca dell’uomo, che nessun progresso potrà mai sopprimere del tutto, entra in gioco: inizia una competizione costante, che si riverbera in ogni aspetto della vita, dall’invidia per il ragazzo che ha preso un voto più alto a quella per il collega che ha ricevuto un aumento. Lottiamo costantemente per mostrare che sì, siamo tutti speciali, ma io sono più speciale di te. Ciò però va a condizionare le relazioni interpersonali e molti altri aspetti della quotidianità: ricercando esclusivamente la propria egoistica realizzazione, molte persone affievoliscono i legami con i propri cari o i propri amici, perdono di vista i reali obiettivi, fallendo inevitabilmente nel lavoro e nella vita. Ed è così che il nostro uomo perde la competizione, cade in depressione o nell’insoddisfazione, annaspando per un briciolo di ossigeno in un mondo che sembra essergli talmente avverso. È in questo momento che, avendo toccato il fondo, l’uomo moderno cerca una scappatoia, che per alcuni è l’alcool, per altri la droga, in alcuni casi persino il suicidio. Uno dei fenomeni più ricorrenti, però, è certamente quello del gioco d’azzardo, tramite il quale l’individuo, ormai deluso dalla società e dalla consapevolezza del proprio fallimento, cerca il “colpo grosso”, la svolta che può dargli finalmente quella felicità che tanto disperatamente ha cercato. Il gioco d’azzardo è una chimera, la ricerca di una vincita che non soltanto è quasi impossibile da ottenere, ma, qualora fosse conseguita, non porterebbe certo la felicità immaginata, che non va cercata in futili passatempi o in premi in denaro, ma nell’aiuto da parte di persone care o istituzioni, aiuto che troppo spesso non viene cercato, per orgoglio o per non arrendersi alla consapevolezza di aver toccato il fondo. Restando ancorati a questa esasperazione dell’agonismo nelle situazioni più buie, il destino inevitabile è cadere sempre più, arrivando alla fine a non poter più vedere la luce.

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Pierluigi SERI

Italiani: popolo di manovrati e di manovratori U n’espressione arcinota recita “Italiani popolo di poeti, artisti, di santi ecc.” io aggiungerei di manovrati e di manovratori nel titolo. Non si tratta di una semplice battuta, ma di una realtà storica e politica ahimé consolidata. Sono ormai passati decenni, si sono avvicendati governi di tutti i colori, di destra, di sinistra, di centro. C’è stata la prima Repubblica, poi la seconda ora ce ne è una terza, a quanto pare. Sono cambiate molte cose, almeno in apparenza, ma è rimasta una costante: la manovra finanziaria e, naturalmente, ogni manovra ha i suoi manovratori e finita una ne comincia subito un’altra con il solito odioso strascico di liti, incomprensioni, chiarimenti, rettifiche, tagli e inevitabili sacrifici che essa comporta. Un’autentica maledizione! Questo posso testimoniarlo per diretta esperienza personale, considerato che dal punto di vista anagrafico sono nato con la Repubblica Italiana. Nei miei settanta anni suonati di governi ne ho ricordati parecchi (ometto il numero altrimenti mi metterei le mani sui capelli) e ad ogni avvicendamento, puntuale come una maledizione, l’immancabile manovra! Così è stato e così le cose stanno andando anche nella tanto conclamata terza repubblica. Le polemiche sul contestatissimo Def. 2019, approvato a colpi di fiducia con tanto di gazzarre degne più di una lite di condominio che di un aula di parlamento, non sono destinate a placarsi visto che nell’attuale governo giallo-verde non manca nessuna delle ricette economiche che li aveva spinti ad una opposizione muro contro muro con toni pirotecnici verso i governi Monti, Letta, Renzi, Gentiloni: condoni (circa nove nelle pieghe del documento di economia), aumenti delle tasse, blocco

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indicizzazione delle pensioni più basse, taglio investimenti e grandi opere, crescita minore dell’economia segnalata anche da agenzie di stato. Tutto per i due pilastri del governo: reddito di cittadinanza e quota 100 entrambi approvati il 17.01.2019 sebbene con molte modifiche negli stanziamenti e nei tempi di applicazione. I prossimi mesi saranno decisivi per vederne il funzionamento e i costi non solo economici, quando finalmente si passerà dai discorsi, dai tweet, dai retorici proclami alla realizzazione pratica. Dopo molti mesi di promesse, dichiarazioni di guerra, minacce, insulti, rettifiche, retromarce è stata evitata una pericolosa procedura di infrazione, ma il risultato finale non è molto lusinghiero. Questa manovra andava fatta a tutti i costi piaccia o non piaccia, altrimenti le conseguenze per i cittadini sarebbero state disastrose. Per tradurre in pratica 211 pagine, 19 articoli, 1134 commi, tale è l’ampiezza del documento, sarebbe necessario che i ministeri interessati e la presidenza del Consiglio perfezionino i decreti attuativi (164) perché i provvedimenti siano operativi. Non bisogna essere economisti per capire che con una manovra senza norme di attuazione nulla si muove. La manovra in questione è stata scritta a Roma, trattata faticosamente a Bruxelles in un margine ristretto e approvata senza una adeguata discussione parlamentare. Bisogna dire che una buona parte dei decreti applicativi ha una scadenza precisa, oltrepassata la quale non se ne fa più nulla: ad es. entro marzo 2019 bisognerà individuare gli immobili pubblici da vendere per fare cassa. Ovvio per il reddito di cittadinanza e quota100, non è prevista scadenza per evitare che le ben note pastoie burocratiche ostacolino

le promesse chiave del governo gialloverde. Dopo numerosi rinvii, il 17 gennaio 2019 il governo ha approvato il decreto riguardante il reddito di cittadinanza e quota 100. Ora non bisogna perdere tempo perché a maggio ci saranno le elezioni europee alle quali né M5S né la Lega vogliono arrivare a mani vuote e dalle quali si aspettano notevoli cambiamenti. Senza però decreti attuativi non si può sapere chi, quando, come avrà diritto al reddito di cittadinanza, né l’Inps potrà stabilire tempi, termini e modi di presentazione delle domande di pensione. La manovra continua. Non è finita. Bruxelles ha concesso al governo 15 miliardi di flessibilità rispetto agli impegni del fiscal compact. Per poter finanziare le promesse fatte, il governo ha dovuto aumentare le clausole di salvaguardia per il 2020 di 9 miliardi in più del 2018: penalità che si paga. Pertanto o si aumenta l’Iva per 23 mil. o si fanno i soliti tagli qua e là. Ergo manovra! Ancora a maggio la Commissione europea valuterà la manovra italiana in via definitiva e ci ricorderà senz’altro che il taglio del deficit sarà lontano dallo 0.6 concordato. Si dovranno trovare altri dieci miliardi oltre i 23 perché le clausole non bastano. Un pesantissimo fardello per la manovra del 2020! Questo sarà l’argomento di cui si parlerà prima e dopo le europee dalle quali i due vice-premier si aspettano il ribaltone (le premesse per ora ci sono tutte) e la nomina di commissari sovranisti più disponibili di Junker e Moscovci. Eppure i più duri con l’Italia sono stati Orbàn & C. giudicati loro omologhi. Dovrebbero tener presente che sono dei nazionalisti versione terzo millennio: prima degli altri pensano a se stessi! Buona manovra! Verità e giustizia per G. Regeni


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