Storie minute e costumi genuini di un tempo che fu
PAPIGNO
il maggiordomo della Valnerina
S
Adriano MARINENSI
32
ono nato a Papigno, il paese mio che sta sulla collina. Dice: Questa è la classica notizia del chi se ne … infischia. Sarà pur vero, però io lì venni alla luce e non posso scrivere diversamente. Invece, vista la sua posizione di primo borgo lungo il fiume Nera, mi sono altrove permesso di assegnare a Papigno il titolo di “Maggiordomo della Valnerina” e custode della Cascata delle Marmore, il mirabile salto d’acqua poche decine di metri più avanti. Dietro il “Castello di Papigno” si legge una storia antica. Curiosità: nel XIII secolo, faceva parte dei possedimenti degli Arroni, feudatari del luogo. Si indebitarono con il Comune di Terni e dovettero cedere il Castello per 2.825 libbre di moneta lucchese. Nel sopramonte sta la “Rocchetta”, i ruderi di uno dei presidi militari fatti costruire dal Cardinale-condottiero Egidio Albornoz nel XIV secolo. In basso, si trova la poderosa Centrale di Galleto, produttrice di energia elettrica pulita che illumina parte d’Italia. Il paese di pietra e la sua natura attorno affascinarono numerosi pittori plenaristi (en plein air). Ecco, proprio a Galleto di Papigno sono nato. Tra il Nera e l’ex stabilimento del carburo di calcio e della calciocianamide, un insediamento industriale ch’era di rilievo. Il concime chimico in polvere (in dialetto, la
cianamite) si sperdeva pure nell’aria ed ha fatto neri i tetti del paese, diventato una sorta di Calimero, il pulcino nero. Ed ha afflitto la coltura simbolo delle pesche (in dialetto, li perzichi), frutta di alta qualità. Il carburo di calcio, in tempo di conflitto mondiale, una applicazione lo rese prezioso. L’energia elettrica andava e veniva. Più andava che veniva. Allora, c’era largo uso della “luce sostitutiva”: candele, lumi ad olio e molta acetilene. La forniva un minuscolo gazometro (la scindilena) funzionante come una caffettiera alla rovescia: il carburo sotto e l’acqua sopra che gocciolava, trasformando il solido in gas illuminante. Nelle campagne, dove l’elettricità non era ancora arrivata, si faceva il baratto: un chilo di carburo, rimediato nella discarica, per un paio di polli oppure una discreta quantità di farina, di salsicce e altri “derivati” dal maiale. Erano tempi di magra, ma anche, su al borgo, di amor proprio paesano: la comare che si mostrava a pelar pollo per dare ad intendere che non mangiava sempre fagioli e pancotto. Proibito severamente ai lavoratori l’asporto dalla fabbrica del carburo di calcio, pure in esigue quantità. Accadde un giorno, nel corso di uno dei bombardamenti di Terni, che alcune bombe colpissero il sito di