Numero 20 Aprile 2016 Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura
Non giudicare considerando Solo la Tua primavera.
Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
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Aprile
Pasqua penitente, Pasqua gaudente Loretta Santini
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Sclerosi multipla Fabrizio de Silvestri - Giusi Balzano
11 Uccidere per amore Vincenzo Policreti
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La disabilità e lo sport Benito Montesi
18 Genesi di uno spettacolo
Con il Patrocinio di Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Terni
Progetto Mandela
CONVEGNO SCIENTIFICO
LA PAGINA UMBRIA Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 2/2014, Tribunale di Terni
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Infortuni malattiePercutanea professionali La e Gastrostomia Endoscopica
Intervista all' avv. Paolo PEG: Crescimbeni
Competenze e gestione multidisciplinare tra Ospedale e Territorio
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Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis 12 Tipografia: Federici - Terni
Direttore del Convegno Dott. A. Della Spoletina Responsabili Scientifici Dott. A. Giombolini Dott. F. Taborchi
Terni, Sabato 16 Aprile 2016
70 anni dal voto delle donne DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Alberto Mirimao Direttore editoriale Giampiero Raspetti Vice Direttore Luisa Romano Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 348.2401774 - 331.3010158 info@lapagina.info lapagina.redazione@gmail.com Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
DOVE TROVARE LA PAGINA
TERNI Associazione La Pagina - Via De Filis; AZIENDA OSPEDALIERA Santa Maria; ASL - V. Tristano di Joannuccio; CRDC Comune di Terni; INPS - V.le della Stazione; Libreria ALTEROCCA - C.so Tacito; IPERMERCATO CONAD di Via Montefiorino; Innumerevoli negozi del centro città e della periferia di Terni e tutti i paesini e i borghi intorno alla città.
ore 08.00 – 15.00
Liceo Classico
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Sala Congressi - Azienda Ospedaliera S. Maria Dipartimento di Chirurgia Apparato Digerente e di Gastroenterologia S.C. Endoscopia Digestiva Via T. Joannuccio 1 - Terni
Integrazione ospedale e territorio Obiettivo del Corso
Informazioni
Negli ultimi anni la crescente richiesta di nutrizione artificiale enterale, in ambito ospedaliero e territoriale ha consentito lo sviluppo di percorsi diagnostico-assistenziali gestiti da team di specialisti. L’evento ha come obiettivo di informare - formare i familiari dei pazienti portatori di Peg e tutte le figure sanitarie sulla corretta applicazione e gestione del dispositivo Peg quando è richiesta una nutrizione artificiale per lunghi periodi di tempo, per il deterioramento dello stato di nutrizione del paziente a causa di una insufficiente o impedita alimentazione per via naturale. Il momento della discussione e confronto sulle conoscenze in tema di Nutrizione Enterale mediante Peg tra realtà Ospedaliera e Territoriale, rappresenta indubbiamente il cuore del... mosaico multidisciplinare... costituito dai singoli tasselli che ogni operatore è chiamato ad aggiungere nel... modo e momento corretto... mettendo a disposizione la propria esperienza e competenza professionale.
EVENTO ECM N. 980- 156903 Crediti ECM: 7. Accreditato per 30 partecipanti. DESTINATARI: Medico Chirurgo: Anestesia e rianimazione, Chirurgia Generale, Continuità assistenziale, Cure palliative, Gastroenterologia, Geriatria, Igiene degli alimenti e della nutrizione, Medicina interna, Medicina di comunità, Malattie metaboliche e diabetologia, Malattie dell’apparato respiratorio, Medicina generale (Medici di famiglia), Neurologia, Oncologia, Organizzazione dei servizi sanitari di base, Pediatria, Radiodiagnostica, Scienza dell’alimentazione e dietetica. Infermiere Dietista
Dr. Fabrizio Taborchi
L’ invito al Convegno è rivolto anche: Studenti Corso di Laurea in Infermieristica e Dietistica, Personale sanitario delle Residenze Sanitarie Assistenziali del territorio, Operatori Oss, Tecnici di stomia, Familiari dei pazienti portatori di PEG
COSP......................................................................pag. 3 Modalità d’iscrizione
L’iscrizione al Convegno è gratuita e comprende: Partecipazione alle sessioni scientifiche, Kit congressuale e materiale didattico, Coffee break, Questionario ECM / Scheda di valutazione evento, Attestato di partecipazione al convegno. Per iscrizioni contattare la Segreteria Organizzativa.
Segreteria organizzativa
Ottica Molica...............................................pag. 5 Via N. Colajanni, 4 - 00191 - Roma - Tel. 06.3290250 - Fax: 06.36306897 sc@scstudiocongressi.it - www.grupposc.com
Programma
Ass. Culturale La Pagina............................pag.
Chirurgia Vaginale Dr. Giampaolo Passalacqua
Giornata Mondiale dell'Acqua
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8 Parcheggio Central Parking........pag. 12 PM4 Arredamenti...................................pag. 14 Quadro cerca autore...........................pag. 15 ITIS..........................................................................pag. 19 Conad...................................................................pag. 24 Consorzio bonifica Tevere Nera............pag.
www.lapagina.info www.issuu.com/la-pagina
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L’azienda di servizi dal 1973 www.cosptecnoservice.it
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Pasqua Penitente Pasqua Gaudente Loretta Santini
La morte e la Resurrezione di Cristo segnano un momento di profonda e intensa religiosità; per questo la Pasqua è la più solenne espressione del cristianesimo. La Pasqua cristiana (pasqua di resurrezione) ha origine nel pesach, la Pasqua ebraica (Pasqua di liberazione) che celebrava la liberazione del popolo di Mosé dalla schiavitù egiziana. Il Nuovo Testamento narra che Gesù fu crocifisso alla vigilia della Pasqua ebraica. Le radici della festa però si perdono nella notte dei tempi: gli antichi riti celebravano, con l’arrivo della primavera, la rinascita, la resurrezione della natura. In tutta Italia e in Umbria in particolare, la Settimana Santa e i giorni della Passione di Cristo sono contrassegnati da eventi e tradizioni che affondano le loro radici nel passato. Quando penso alla Pasqua si affolla nella mia mente un insieme di immagini che sono rimaste impresse come in un film. Quelle più scenografiche, più toccanti, più dense di suggestione e di significato sono state le processioni del Cristo morto che si tengono il Venerdì Santo: la statua di Gesù, spesso accompagnata da quella della Madonna Addolorata, sfila di notte per le vie della città o del paese, condotta in spalla dagli uomini più forti e accompagnata da un corteo di fedeli che pregano e cantano. Ricordo ancora mia nonna vestita di nero che, insieme alle altre donne, con gli occhi mesti quando guardava in basso o estasiati quando li volgeva al cielo, intonava con voce alta e stridula una specie di nenia/ lamentazione che così suonava “Sono stati i miei peccati, Gesù mio perdon pietà …”. Il pathos raggiunge il suo acme con le processioni degli incappucciati, che si tengono in diverse città dell’Umbria tra cui ricordo in particolare quella di Gubbio: sfilano con le tuniche che furono delle Confraternite medievali, con la croce in spalla, al lume delle fiaccole e intonano il Miserere. Recano in mano i simboli della
Passione e sono preceduti dal suono ritmato e sordo di antichi strumenti di legno e ferro conosciuti come battistrangole. Non sono da meno per suggestione e intensità le Sacre rappresentazioni, rievocazioni sceniche dei momenti salienti della Passione di Cristo, contrassegnate dalle tappe della Via Crucis, quadri viventi da cui si sprigiona una coinvolgente e profonda spiritualità. Il mio ricordo va anche al Giovedì Santo e all’usanza della visita ai Sepolcri, che sono altari addobbati con fiori e lumi per ricordare la tomba di Cristo. L’usanza è quella di fare il giro delle sette chiese; chi non ce la fa può farne uno o tre o cinque, purché siano rigorosamente in numero dispari. I riti pasquali cominciano con la Quaresima (quaranta giorni prima della Pasqua) e in particolare con il mercoledì delle Ceneri, il giorno successivo al Carnevale, con l’imposizione delle ceneri sul capo dei fedeli, simbolo della penitenza che ricorda ai cristiani che l’uomo, dopo la morte, tornerà ad essere cenere. Da qui ha inizio il periodo dell’astinenza, della penitenza che culmina nella Settimana Santa, quella che appunto precede la Pasqua. Di astinenza dicevo, quasi di digiuno nella giornata del Venerdì Santo, il giorno del massimo dolore della cristianità. Si va dal digiuno totale, al pane e acqua, oppure a pasti poveri come il pancotto o le minestre, rigorosamente senza carne e anche senza uova, semmai con un po’ di pesce. Ma alla mezzanotte del sabato tutto cambia: si sciolgono le campane, perché Cristo è risorto. Da allora comincia la Pasqua gaudente. Anche qui i ricordi sono legati all’infanzia. Nella mattina di Pasqua si comincia con un’abbondante colazione in cui, oltre alla pizza al formaggio e agli affettati, si mangiano soprattutto uova sode. Perché le uova? Perché l’uovo è un simbolo religioso: fin dall’antichità ha avuto il significato di principio di vita per poi passare a rappresentare la rinascita di Cristo. A Pasqua dunque lo si mangia sodo in abbondanza nelle colazioni pasquali -ricordo che zia Rosalia ne preparò ottanta per diciotto persone- oppure mantecato con le erbette profumate (asparagi, strigoli, zucchine, spinaci, prezzemolo, basilico, erba della Madonna, boraggine, mentuccia e chi
più ne ha più ne metta) nella tipica frittata pasqualina e poi … il delizioso e dolcissimo uovo di cioccolato, una tradizione moderna, ma veramente sfiziosa, anche per quella piccola o grande sorpresina che possiamo trovare all’interno: generalmente un piccolo ciondolo di plastica a meno che qualche marito non abbia fatto nascondere e confezionare un gioiello per la propria amata. E poi la tradizione delle uova dipinte, antichissima tanto che era già in uso presso i Greci, i Romani e i Cinesi. A Civitella del Lago vi è un concorso delle “uova pinte” e un Museo ad esse dedicato. A Ferentillo la “Gara de lu ciuccittu” prevede una gara tra portatori di uova. E a pranzo ecco l’agnello. L’agnello, anch’esso simbolo di Cristo (l’agnello sacrificale - agnus Dei), diviene agnello arrosto, il piatto tipico della gastronomia pasquale. Infine la Pasquetta. Come festa religiosa celebra il lunedì dell’Angelo, in quanto ricorda l’incontro presso il Santo Sepolcro tra le pie donne e l’angelo che annuncia loro la resurrezione. Tradizionalmente è una giornata dedicata alle scampagnate e ai picnic sull’erba. Un tempo si partiva la mattina -tempo permettendocon coperte per sdraiarsi per terra, tovaglie e poi cesti ripieni di frittate, torte salate, panini e tutto quanto si poteva portare al sacco. Di solito era la prima occasione dell’anno per organizzare saporiti arrosti nei caminetti all’aperto. Il tutto concluso dagli ottimi dolci pasquali. La Pasqua di oggi? Queste tradizioni religiose sono rimaste tutte e, soprattutto in Umbria, sono rispettate: alcune di queste manifestazioni -processioni con incappucciati e sacre rappresentazionisono divenute anche ricercate mete turistiche. Ma i tempi sono cambiati: a Pasqua spesso si organizzano viaggi e crociere approfittando delle vacanze da scuola dei figli. E la Pasquetta? E i pic nic? Si va spesso al ristorante dove è tale l’affollamento che bisogna fare i turni. Certamente una Pasqua gaudente, una Pasqua per tutti i gusti. Un consiglio: il lunedì di Pasqua meglio fare un passeggiata per smaltire tutto quello che abbiamo ingurgitato il giorno prima! E se anche quel giorno continuate a mangiare, andate a spasso il martedì.
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SCLEROSI MULTIPLA
Un raggio di sole in fondo al tunnel Fabrizio de Silvestri
Giusi Balzano biologa clinica
La sclerosi multipla (SM) è una patologia a carattere infiammatorio e patogenesi autoimmune che colpisce il sistema nervoso centrale (SNC). È contraddistinta da un’insorgenza giovanile e colpisce le donne in rapporto pari a 2:1 rispetto agli uomini. La sclerosi multipla si colloca nel gruppo eterogeneo delle patologie idiopatiche croniche demielinizzanti contraddistinte da una degenerazione della mielina e delle guaine assonali, con conseguente alterazione della velocità di trasmissione degli impulsi nervosi. La disabilità che ne consegue si manifesta a livello delle funzioni motorie, autonome e neurocognitive. La diversa distribuzione e il numero delle placche danno luogo nei pazienti affetti da SM ad un’ampia variabilità di manifestazioni cliniche. Le diverse forme della malattia sono classificate sotto due categorie principali: la forma recidivante-remittente, la forma primaria progressiva e la forma secondaria progressiva. La sclerosi multipla recidivante-remittente è contraddistinta da fasi acute che si manifestano con la comparsa di nuovi sintomi o con l’aggravarsi di sintomi precedenti ed una fase in cui si assiste ad uno stato di quiescenza della malattia. Nel 40% dei casi la forma recidivanteremittente sfocia in quella secondariamente-progressiva, caratterizzata da una progressione continua della disabilità. La sclerosi multipla primariamente progressiva segue invece un decorso lento ma costante, privo di riacutizzazioni, durante il quale si accumulano sintomi e lesioni. È generalmente associata ad una non responsività alle immunoterapie. L’eziopatogenesi della Sclerosi Multipla (SM) è tuttora ignota: numerosi dati di ordine epidemiologico, clinico e sperimentale indicano la possibilità che si tratti di una malattia autoimmunitaria scatenata da uno/più agente/i ambientali, in soggetti geneticamente predisposti. L’esposizione ad agenti virali è, tra i vari candidati, quello che più ha attirato l’attenzione del mondo scientifico negli ultimi anni. L’attenzione si è concentrata in particolar modo su quei virus che si distinguono per il proprio trofismo e l’induzione nell’uomo di un’infezione a carattere cronica; tra questi il virus neurotrofico Human herpesvirus 6 (HHV6) e quello linfotrofico Epstein-Barr virus (EBV) sono i più accreditati. Mentre i dati sierologici e molecolari risultano essere controversi per quanto concerne il
virus HHV6 con lo sviluppo della malattia, più affidabili appaiono i risultati inerenti l’EBV. È stato notato un nesso tra la riattivazione del virus nel cervello ed episodi di infiammazione acuta e ricadute. Trattandosi di una patologia infiammatoria su base autoimmunitaria, gli agenti “modificanti” il decorso della malattia sono farmaci di tipo immunomodulante e immunosoppressori quali interferone β, il metrotrexato e Fingolimod (FTY720). COSA CAMBIA CON IL PROTOCOLLO SEVEN TO STAND La nuova frontiera proposta nel protocollo Seven to Stand, invece, propone come l’uso combinato, secondo dosaggi e modalità specifiche, di un antibiotico, una statina ed un antimicotico, possano effettivamente determinare un miglioramento della qualità di vita nei soggetti affetti da sclerosi multipla in tutte le sue forme. Sembra oltremodo promettente considerando la bassa tossicità, la non azione immunosoppressiva ed una reale attivazione di un processo di recupero dell’omeostasi dell’organismo. Gli studi osservazionali dimostrano l’effetto antiinfiammatorio ed una potenziale ricostruzione dei tessuti danneggiati, specialmente nei pazienti che non hanno avuto effetti da precedenti trattamenti farmacologici. I pazienti affetti da Sclerosi Multipla non sono semplicemente “portatori di lesioni”. Cosa inneschi, le malattie autoimmuni non è noto, ma sappiamo che le cellule patogene spesso disturbano l’intestino. Un intestino permeabile permette ai batteri nocivi e sostanze tossiche presenti nel corpo, di entrare nell’intestino e creare ulteriori processi infiammatori. Per tale motivo non bisogna sottovalutare ciò che viene definito “Intestino Neurogeno” cioè una sindrome dovuta alla combinazione tra la ridotta velocità di conduzione dell´ impulso lungo la fibra nervosa unita ad altri deficit riconducibili alla SM (progressiva debolezza, disturbi sfinterici, atassia e incoordinazione di tipo cerebellare). L’intestino neurogeno ha un’importante impatto sulla qualità della vita, e anche sul corso della malattia cronica. La digestione dei principi alimentari, come è noto, rappresenta un processo ordinato. La stipsi cronica è uno dei problemi più comuni delle persone affette da Sclerosi Multipla. La demielinizzazione di parti del midollo ovviamente conduce ad una alterata innervazione anche del tratto intestinale. Contribuiscono inoltre la fatica, la debolezza dei muscoli (compresi quelli addominali), la ridotta attività fisica, un intestino ed un microbiota intestinale alterati. Se il mantenimento del nostro stato di salute richiede la cooperazione di tutti gli organi del corpo, allora anche i microbi che abitano l’intestino, ricoprendolo in ogni microscopica piega, partecipano di questo sforzo comune. Negli ultimi anni si parla spesso di “salute dell’intestino”, e la possibilità di ristabilire l’equilibrio immunologico agendo sulla dieta e sulla composizione del microbiota rappresenta un approccio terapeutico accessibile e innovativo in persone affette da SM.
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Programma
CORSO DI LINGUA INGLESE e CINESE Inizio Corso intermedio (aprile - maggio - giugno) Durata 12 lezioni da 90 minuti ciascuna
ASSOCIAZIONE
DA 19 AL 25 DI MAGGIO 2016
TUTTI I MARTEDÌ
a cura di Vittorio Grechi
RIUNIONI SCIENTIFICHE CON ARGOMENTI A RICHIESTA
Mostra pittorica presso Ass. La Pagina
LE COPPIE CELEBRI by MIRIAM VITIELLO
Venerdì 15 APRILE 2016
ore 16.30 a cura di Giovanni Ferri
COLORI E FANTASIA
ore 18.00 a cura di Renzo Segoloni Le coppie celebri nel mito e nella letteratura
ALFREDO E VIOLETTA
Giovedì 21 APRILE 2016
ore 17.30
a cura di Giampiero Raspetti
MATEMATICA: una chiacchierata tra noi
Venerdì 29 APRILE 2016
ore 16.30 a cura di Giovanni Ferri
LA FANTASIA DEI COLORI
ore 18.00 a cura di Renzo Segoloni Le coppie celebri nel mito e nella letteratura
DINO CAMPANA E SIBILLA ALERAMO
Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 0744.1963037 - 393.6504183 - 348.2401774
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CONSORZIO DI BON
Giornata Mondiale dell’acqua Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it
L’ACQUA GESTITA DAI C GENERA VALORE ECONOM
Il 22 Marzo scorso si è celebrata la Giornata Mondiale dell’Acqua. L’Associazione Nazionale dei Consorzi di Gestione e Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (A.N.B.I.), ha diffuso alcuni dati sull’importanza economica del bene acqua. Diversi studi hanno evidenziato che l’agricoltura irrigua genera una maggiorazione di reddito a favore delle aziende rurali, sviluppando significativi livelli occupazionali del settore, contenendo contemporaneamente l’esodo dalle campagne. In termini economici, la disponibilità d’acqua incrementa il Valore Agricolo Medio di 13.500 euro ad ettaro, vale a dire + 82% nel settore orticolo, +48% per il reddito da prati, +35% nella frutticoltura. L’irrigazione quindi arricchisce e stabilizza il reddito agricolo, riducendone la dipendenza dall’andamento climatico. Garantisce inoltre alcuni benefici complementari di natura ambientale, ovvero: la ricarica delle falde acquifere, la creazione di aree umide, la conservazione del paesaggio, la riduzione del rischio idrogeologico, il monitoraggio del territorio, la qualità della produzione alimentare. Per stimare quanto valgono in termini economici questi apporti positivi, è stato redatto uno studio apposito, dove è emerso il valore riconosciuto all’agricoltura irrigata ed ai suoi riflessi sociali, economici, paesaggistici ed ambientali. “Al valore economico rappresentato dall’irrigazione –chiosa Francesco Vincenzi, Presidente di ANBI– vanno aggiunti i circa 50.000 posti di lavoro, che sarebbero creati dall’attuazione del nostro Piano per la Riduzione del Rischio Idrogeologico: circa 3.300 interventi per oltre 8.400 milioni di euro. Quotidianamente circa 7.000 dipendenti dei Consorzi di Bonifica sono impegnati a trasformare la preoccupazione per l’acqua (troppa o troppo poca), in opportunità per l’occupazione.” Per questi motivi IRRIFRAME è un impegno primario. L’Anbi è da tempo impegnata nell’ottimizzazione della risorsa idrica in agricoltura, di cui lo sviluppo del sistema esperto irriguo Irriframe è una testimonianza concreta, riconosciuta a livello internazionale.
Nuovo argine in sx idraulica con nuova struttura metallica adiacente a vecchio ponte ferroviario Terni – Aquila
Vista da monte verso valle della struttura metallica adiacente al ponte ferroviario
Nuovo Argine in dx idraulica visto da Ponte Allende
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IFICA TEVERE NERA
CONSORZI DI BONIFICA MICO ED OCCUPAZIONALE
Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00
IL CONSORZIO TEVERE NERA INFORMA
SETTIMANA DELLA BONIFICA
CONTRATTO TERRITORIALE PER IL NERA Dopo alcuni mesi di preparazione è stato definito il progetto, promosso in collaborazione con l’Autorità di Bacino del fiume Tevere, per l’avvio di un Contratto Territoriale riguardante il fiume Nera nel tratto che connette l’asse Terni – Marmore – Piediluco, attraversando la città di Terni. La zona interessata fa parte di un più ampio percorso denominato “Trekking del Nera”, che si sviluppa per oltre cento chilometri e coinvolge due regioni (Umbria, Marche), le province di Terni, Perugia e Macerata, il Parco Nazionale dei Sibillini, il Parco Regionale del
Dal 23 al 30 Aprile 2016 torna la Settimana Nazionale della Bonifica. Il tema di quest’anno è: Dall’Europa, energie per la crescita e la bellezza dei territori italiani”.
Nera ed 11 comuni. Il progetto si propone di costruire un sistema volto ad educazione, informazione e sensibilizzazione sui valori ed i rischi connessi all’ambiente fluviale ed alla risorsa acqua. Si basa sull’integrazione dei programmi di attività didattiche già svolti dal Consorzio di Bonifica Tevere Nera con il sistema di fruizione del fiume Nera progettato dal Comune di Terni (trekking del Nera). Gli obiettivi del progetto sono: introdurre nuove modalità di fruizione dell’ambiente fluviale, sensibilizzando alla tutela del fiume; diffondere la conoscenza della risorsa acqua; favorire la fruizione del fiume legandola ad un turismo sostenibile; promuovere ed incentivare l’applicazione di buone pratiche nell’utilizzo delle acque. IL CONSORZIO TEVERE NERA VINCE I RICORSI Vinti in Commissione Tributaria Regionale n. 386 ricorsi. LA SCUOLA ENTRA AL CONSORZIO TEVERE NERA Con riferimento al progetto “Alternanza Scuola Lavoro” il Consorzio di Bonifica Tevere Nera ha stipulato una convenzione con i seguenti istituti scolastici : • Liceo Scientifico “R.Donatelli” di Terni; • Istituto Istruzione Superiore “Gandhi” di Narni Scalo (Tr); • Istituto Tecnico Tecnologico “L.Allievi - A. da Sangallo” di Terni. Tale collaborazione nasce sulla base ed ai sensi dell’art. 1 D.Lgs. 77/05 “ la Buona Scuola” per assicurare ai giovani competenze spendibili sul mercato del lavoro, definendo percorsi di alternanza scuola-lavoro per gli studenti. Con forte senso civico il Consorzio intende in tal modo contribuire alla crescita ed alla formazione delle giovani generazioni, trasferendo loro una specifica cultura nel settore in cui opera. Sette studenti provenienti dalle suindicate scuole hanno iniziato questo percorso che terminerà alla fine del corrente anno scolastico.
Programma Sabato 23 aprile ore 10,00 Inaugurazione mostra presso il Museo Diocesano di Terni con i lavori degli alunni delle scuole partecipanti al Progetto Didattico “ Sorella Acqua”. Sab 23, Dom 24, Lun 25 aprile Stand del Consorzio Tevere Nera alla Rassegna “Agricollina” a Montecastrilli. Martedì 26 aprile Uscita didattica con le scuole sul fiume Nera. Mercoledì 27 aprile Uscita didattica a Molino Silla. Con gli alunni delle scuole materne e primarie. Giovedì 28 aprile Uscita didattica con le scuole sul fiume Nera. Venerdi 29 aprile ore 9.15 Convegno presso l’ITIS di Terni dal titolo “ Acqua & Territorio ”. Intervengono autorità ed esperti. Verrà presentato il progetto di collaborazione tra la facoltà di Ingegneria e gli Istituti Superiori ternani. Partecipano le classi dell’Itis, del Liceo Scient. Donatelli, e gli studenti dell’Università. Sabato 30 Aprile ore 16,00 Premiazione dei lavori delle scuole presso il Museo Diocesano di Terni.
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Uccidere per Amore Vincenzo Policreti
S
e io ammazzo l’insostituibile oggetto del mio inestinguibile amore perché lo trovo a letto con qualcuno che non sono io, il mio è delitto per amore o per odio? Fino a qualche decennio fa era pacificamente accettato che qualora il membro di una coppia uccidesse l’altro per gelosia (soprattutto se giustificata) o per qualsiasi altro motivo connesso con il rapporto amoroso, tale delitto venisse classificato come “delitto per amore” (e parallelamente “delitto d’onore” nel codice penale allora vigente). Con l’avvento del femminismo si notò giustamente che tale locuzione è un vero e proprio ossimoro in quanto l’amore è incompatibile con qualsiasi forma di ostilità verso il proprio oggetto. E tanto più quindi con l’omicidio. Tale assunto non è contestabile: e se la fattispecie venisse proposta per qualsiasi altro rapporto affettivo che nulla avesse a
che fare con quello amoroso–sessuale, il problema di una sua così inesatta definizione mai si sarebbe posto. All’infuori –forse– di alcuni casi di eutanasia (ma è un discorso delicatissimo) non è nemmeno pensabile che l’affetto per un amico, un congiunto o chiunque altro, possa portare in alcun modo a sopprimerlo. Tuttavia, anche considerando inoppugnabile il motivo che ci porta a respingere l’idea di un omicidio dettato dall’amore, resta pur sempre l’imbarazzante constatazione che l’amore tradito o altrimenti rifiutato, determina talvolta nel soggetto tradito o rifiutato una reazione talmente aggressiva da sfociare, in casi estremi ed estremamente rari (paragonato alla selva numerica di tradimenti e rifiuti che ci circondano) persino al delitto che, anche se in continua diminuzione (fonte: l’Istituto Naz. di statistica) costituirà sempre un grave problema, per diminuiti che possano esserne i casi. Che rapporto c’è quindi tra la passione amorosa e l’omicidio che ne può derivare? Togliamo subito di mezzo il luogo comune della possessività; essa può esistere, si capisce, ma solo a costo di grande superficialità può essere portata, da sola, a spiegazione del fenomeno che ci interessa.
Ci sono invece due cose da osservare: la prima è che, come ormai sanno anche le pietre, sentimenti contrastanti possono tranquillamente (si fa per dire) convivere e prosperare all’interno di uno stesso soggetto. La seconda è che la passione amorosa è regolata in parte minima dal cervello razionale e in massima dagli ormoni. Orbene, l’ormone maschile, il testosterone, sta alla base tanto del desiderio libidico, quanto dell’aggressività; aggressività e desiderio sessuale sono infatti ambedue, in origine, al servizio dell’istinto di sopravvivenza, mirando entrambi a perpetuare e conservare la vita. Anche se, una volta uscito l’uomo dalle caverne, l’aggressività è dilagata fuori contesto ed è oggi alla base di un mucchio d’inconvenienti (come ben sa chi abbia mai partecipato, p.es., ad una riunione di condominio). A differenza da quelli femminili, che determinano il ciclo e quindi dilazionano nel tempo le proprie reazioni, più facilmente controllabili, l’ormone maschile, che determina l’eiaculazione, determina reazioni immediate e totali. Conseguentemente l’aggressività che ne deriva è alle volte tragicamente totalizzante; e il massimo totale dell’aggressività è appunto l’assassinio. Da un punto di vista meno ormonale e più psicologico tuttavia proprio la possibilità di convivenza nello stesso soggetto dell’amore e del suo contrario spiega la possibilità della contraddizione; giacché è verissimo che l’omicida “per amore” nel momento in cui uccide non è mosso dall’amore, ma dall’odio; un odio tuttavia che micidialmente mescolato con l’amore, riceve purtroppo dal testosterone e dal suo rappresentante psicologico, il desiderio, l’energia funzionale alla distruzione dell’altro. Questo, per l’uomo. E la donna? Vale probabilmente per lei quanto magistralmente espresso dal Genio della lampada nell’Aladdin di Disney: “Ricorda: io non tolgo la vita; ma non hai nemmeno idea di quanto possa rendertela amara!”.
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LA DISABILITÀ E LO Benito Montesi Responsabile Nazionale FIPAV
È
acclarato che lo sport di qualsiasi tipo, purché non esageri nell’agonismo sfrenato a tutti i costi e con tutti i mezzi, anche illeciti, rappresenta un servizio sociale coinvolgente anche l’aspetto sanitario, svolto soprattutto da Società Sportive dilettantistiche che con i loro mezzi si sostituiscono allo Stato, anche se a volte esso interviene con contributi al CONI ed al CIP, dei quali pochi spiccioli vanno, appunto, alle stesse Società Sportive, in particolare a quelle dilettantistiche. In questi ultimi anni anche in Italia si è sviluppato e si evidenziato attraverso i Media lo sport PARALIMPICO, lo sport praticato agonisticamente dai portatori di disabilità di vario genere. Dico si è scoperto nel senso che sono venuti prepotentemente alla ribalta fatti inerenti lo sport Paralimpico con una buona penetrazione mediatica. E proprio gli stessi disabili hanno preso contezza dell’aspetto interessante dello sport adatto alle loro capacità. Il dramma vissuto dai portatori di disabilità resta sempre un dramma, ma si è scoperto che lo sport apre una larga finestra verso la positività della vita per chi dimostra a se stesso che non tutto è perduto, come nei primi momenti si è portati a considerare la diversità. Due sono le nature della disabilità: quella dalla nascita e quella da trauma da malattia o da incidente. Gli sfortunati che dalla nascita convivono con le loro limitate capacità, hanno sviluppato ed accettata tale situazione con un naturale adattamento, caratteristica di ogni creatura vivente su questa terra. Quelli, invece, che sono divenuti disabili nel corso della loro vita per varie cause, hanno subito un forte trauma fisico e psicologico duro da superare. Per entrambe le tipologie, però, la scoperta dello sport che li riporta alla vita normale utilizzando le loro abilità residue, è come un rinascere con il superamento anche di quelle limitazioni mentali che si erano naturalmente ed ovviamente formate. L’ultimo sport Paralimpico nato in Italia da meno di 3 anni è il Sitting Volley, la pallavolo per disabili fisici che si gioca da seduti, gestito dalla Federazione Italiana Pallavolo (FIPAV) su omologazione del Comitato Italiano Paralimpico (CIP). L’aspetto agonistico si è sviluppato con la formazione delle due Nazionali Maschile e Femminile. Entrambe hanno iniziato a svolgere attività Internazionale, la maschile nel 2015 con la partecipazione all’Europeo in Germania e la Femminile nel marzo 2016 alle qualificazioni Paralimpiche di Rio 2016. Ovviamente si sono trattate di partecipazioni per fare esperienza, ma, specialmente le ragazze, si sono guadagnate l’ammirazione mondiale per la qualità appena 11 mesi dal loro inizio di attività, vincendo anche due gare ufficiali. Tutti gli atleti e le atlete ormai hanno acquisite quelle sicurezze sportive che hanno trasferito nella loro vita e nelle loro famiglie, che ora hanno uno scopo serio da perseguire in una loro acquisita normalità. Nel prossimo Maggio si disputerà il 1° Campionato Italiano assoluto insieme ai normodotati in una attività sportiva “integrata”, che anche nelle scuole ha riavvicinato i disabili ai colleghi normodotati: un risultato sociale di grande valore umano!!!
Sport
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Con GRAND HOTEL EUROPA si conclude il Progetto Mandela 2015/2016 Il 26 e 27 aprile va in scena al teatro Secci di Terni lo spettacolo, frutto dei laboratori, di Progetto Mandela 2015/2016. Grazie al finanziamento, con i fondi dell’ 8x1000 della tavola Valdese, anche quest’anno tantissimi giovani ternani hanno potuto seguire i laboratori teatrali che da ottobre 2015 hanno lavorato e sperimentato attorno al tema dello Straniero, dell’accoglienza e delle problematiche dell’integrazione e della conoscenza. Drammaturgia, scenografia, costumi, recitazione, musica, comunicazione (radio, stampa, web): tutti gli elementi necessari di una messa in scena sono stati affrontati e sperimentati dai giovani insieme ai professionisti coordinatori dei laboratori. Il Mese di Aprile vede la conclusione del percorso e noi ragazzi siamo impegnati più che mai per portare a termine il nostro lavoro nel migliore dei modi. Invitiamo tutti a venire a vedere la nostra produzione teatrale al teatro Secci il 26 e 27 aprile alle ore 21.00 e a sostenere il Progetto Mandela che da 27 anni offre ai giovani di Terni un’occasione speciale per stare insieme, per fare cultura e occuparsi di diritti umani.
Genesi di uno spettacolo
Da 27 anni ininterrottamente l’associazione “Progetto” tiene laboratori teatrali gratuiti per studenti, durano tutto l’anno scolastico e producono uno spettacolo finale originale sui temi del razzismo e dei diritti umani. Nel 1989 avevo 16 anni e mi iscrissi al laboratorio di musica da assoluto principiante, sperando di rimediare qualche lezione gratuita di chitarra elettrica. Inutile dire che trovai molto di più: amicizia, ispirazione, educazione, cultura. Negli ultimi anni ho collaborato di nuovo ai laboratori del Progetto, stavolta in veste di coordinatore del laboratorio di Drammaturgia, in cui ci riuniamo insieme ai ragazzi e al direttore artistico Irene Loesch, con il compito di pensare e scrivere il copione dello spettacolo finale. All’inizio di ogni anno viene formulato un tema specifico che lo spettacolo dovrà affrontare sempre nell’ambito della difesa dei diritti umani, molte volte incentrato specificatamente su varie forme di razzismo. Le esperienze vissute nell’adolescenza spesso rimangono vivide nella memoria e conservo un ricordo piuttosto netto di quegli spettacoli, conferenze, discorsi fatti nei primissimi anni ’90. Allora si parlava del razzismo in maniera molto diversa. Prima di tutto non se ne parlava molto; non era un argomento all’ordine del giorno, era raro vederlo menzionato in giornali e telegiornali dell’epoca preinternet, tanto che si facevano rassegne stampa per evidenziare i rari casi in cui l’argomento veniva alla ribalta e si cercavano di evidenziare i fatti di cronaca che accadevano per denunciare e sensibilizzare. Gli stranieri in Italia erano pochi e l’italiano medio tendeva a ignorarli o a guardarli con curiosità; spesso, con superiore bonarietà. I primissimi spettacoli del Progetto Mandela parlavano del razzismo da un punto di vista storico e concettuale, si parlava dei neri d’America e della Shoà, e, nella storia d’Italia, del razzismo nord-sud; si cercava appunto di educare, di preparare al futuro, che, si diceva, si sapeva, era l’integrazione con persone e culture nuove che stavano arrivando. Adesso sono passati venticinque anni, il futuro di allora è il nostro presente e di razzismo si parla ancora, eccome; tutti ne parlano.
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17 Ma quello che allora era un concetto distorto e antistorico da combattere con l’informazione e l’educazione, come uno zombi ha ripreso vita, è diventato un’ideologia e ha “zombificato” una buona parte degli italiani attraverso tutte le fasce sociali. Adesso non è più il discorso sul razzismo ad essere al centro della scena, ma il razzismo vero e proprio, detto, agito, teorizzato e propagandato ogni giorno dai media e dalla politica. Ed è questo il materiale concreto con cui quest’anno abbiamo deciso di lavorare: non un discorso sul razzismo o un episodio emblematico, reale o immaginario, ma il linguaggio reale del razzismo odierno, la melassa continua di luoghi comuni, l’irrazionale cattiveria e ferocia che dilaga liberalizzata nei luoghi pubblici, siano essi autogrill, aule del parlamento o pagine Facebook. Abbiamo iniziato a raccoglierne un po’ e in poche ore avevamo materiale sufficiente per uno spettacolo di sei ore, ma sarebbe stato noioso quasi quanto la realtà. Tutta questa melassa linguistica, questi luoghi comuni, pur dando vita a personaggi piatti, senza evoluzione e poco interessanti, sono comunque parte di un nuovo, delirante immaginario in formazione fatto di notizie inventate, di foto travisate, di falsità e miti storici, di rievocazioni fuori tempo massimo, fino ad arrivare al complottismo e ai deliri ufologici. Tutta roba con cui uno spettacolo si può fare, e magari viene anche divertente, oltre che disturbante. Grand Hotel Europa sta prendendo forma così: sul palco ci saranno circa venticinque ragazzi, quasi tutti alla prima esperienza, insieme a cinque minorenni richiedenti asilo provenienti da diverse nazioni africane, un piccolo corpo di ballo e una band dal vivo. Abbiamo giocato con l’immaginario razzista di oggi (che nel frattempo ha cambiato nome, si chiama gentismo), mettendo in scena tutto ciò da cui Salvini ci difenderà, immigrati coperti d’oro che languono nelle piscine degli alberghi di lusso mentre gli italiani onesti si fanno il mazzo per colpa di Equitalia… penso che non ci sia bisogno di anticipare altro. La vitalità della musica, del ballo e della risata liberatoria avranno il compito di controbilanciare la sterilità del linguaggio razzista dei personaggi; per la mia piccola esperienza personale, è la cosa insieme più divertente e più amara che mi sia capitata di scrivere e spero che tutti e due questi aspetti alla fine emergano nella percezione del pubblico. Anche quest’anno i ragazzi stanno lavorando con una bella passione e un forte spirito di gruppo, c’è la competenza e l’entusiasmo di tanta gente, costumisti, scenografi, coreografi, musicisti e della regista Irene Loesch per farli andare in scena con successo. Vi invito caldamente a fare uno sforzo e venire a vederli al teatro Secci: se lo meritano loro, se lo merita il Progetto Andrea Virili e se lo merita anche Salvini!
Avviso ai naviganti Progetto Mandela 2015/2016 finora è stato un viaggio faticoso, pieno di insidie, trappole, abbandoni in alto mare, SOS lanciati e caduti nel vuoto, false speranze di soccorsi annunciati e mai arrivati: un viaggio a tappe forzate in balìa dell’intemperie con l’approdo incerto. Una tappa la stiamo raggiungendo, ci stiamo arrivando, portati dalla determinazione e dall’energia di coloro che da tempo guidano la nave e dall’entusiasmo di coloro che si sono imbarcati quest’anno. Il sipario si aprirà e questo è il primo approdo per chi da ottobre scorso ha conosciuto il teatro facendolo, ha imparato a fare mapping, a inventare storie, a balle, recitare, fare costumi e condurre una trasmissione radio. L’altra meta è avvolta nella nebbia di questa città: una sede idonea, (una certezza di futuro almeno in questo) un posto dove poter lavorare e dare le opportunità ai giovani e agli artisti di sperimentare insieme, fare cultura e impegnarsi per i diritti umani. Lavorare alla crescita civile e culturale di una comunità, come è stato fatto negli ultimi 27 anni. Il rischio di non arrivare a questa meta è ogni giorno più grande, la nebbia si infittisce, e il silenzio attorno è assordante. Irene Loesch
GRAND HOTEL EUROPA
Spettacolo conclusivo dei laboratori di Progetto Mandela Teatro Secci 26 e 27 aprile 2016 ore 21.00 Ingresso € 10,00, ridotto € 7,00 Spettacolo per le scuole 27 aprile ore 11.00 (biglietto 5,00€) per informazioni e prenotazioni progetto.mandela@gmail.com tel. 3386869245 I laboratori di Progetto Mandela sono stati realizzati con i fondi dell’8x1000 della Chiesa Valdese.
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L'INTERVISTA
INFORTUNI E MALATTIE PROFESSIONALI LE PRESTAZIONI INAIL E IL DANNO BIOLOGICO DIFFERENZIALE
Avv. Paolo Crescimbeni
AVV. CRESCIMBENI: seguitiamo questa nostra carrellata sui diritti dei prestatori d’opera meno conosciuti: che cos’è il danno differenziale? R. Fino all’anno 2000 l’INAIL ha indennizzato, in caso di infortunio o di malattia professionale, la sola perdita della capacità lavorativa degli assicurati (cd. danno patrimoniale), escludendo quel danno alla salute che, invece, è stato incluso nell’indennizzo con l’introduzione del cosiddetto danno biologico nel Decreto Legislativo n. 38/2000 per gli infortuni verificatisi dopo il 09.08.2000. Ora l’INAIL indennizza la perdita dell’integrità psicofisica (danno alla salute), ma lo fa ancora in modo standardizzato limitandosi a riconoscere solo una parte delle conseguenze che un infortunio o una malattia professionale producono sulle condizioni di vita del lavoratore complessivamente intese. La quota indennizzata dall’INAIL è sostanzialmente inferiore a quella che la lavoratrice e il lavoratore possono ottenere, anche per vie legali, in sede civilistica dal datore di lavoro o da chi per esso (ad esempio assicurazione o terzo obbligato). In sostanza il lavoratore ha diritto di agire per ottenere il ristoro di quei danni che non sono ricompresi nella tutela Inail quando si configura una ipotesi, quand’anche concorsuale, di violazione delle norme di protezione contro infortuni e malattie professionali. Dunque, in sintesi, quando si può chiedere il danno differenziale? R. Poiché il danno indennizzato dall’Inail (oltre al danno patrimoniale) è esclusivamente il danno alla salute in senso stretto, il danno che il lavoratore può chiedere al datore di lavoro (o chi per esso) come
Corso Tacito, 29 - 05100 Terni Tel. 0744 409201 - Fax 0744 437602 Email: libreria.alterocca@gmail.com
danno differenziale si estende invece a tutto ciò che non è compreso nella copertura assicurativa pubblica e cioè: il danno biologico temporaneo, il danno biologico e morale fino al 5%, il danno morale e tutta la componente strettamente soggettiva del danno biologico dal 6% al 100%. Il danno biologico differenziale altro non è, dunque, che la differenza tra il risarcimento complessivo dovuto in base ai criteri generali della responsabilità civile e l’indennizzo erogato dall’INAIL ex art. 13 D. Lgs. 38/2000. Negare ai lavoratori la possibilità di agire per il risarcimento del c.d. “danno biologico differenziale”, comporterebbe una manifesta disparità di trattamento tra soggetti che abbiano subito un danno biologico in seguito ad infortunio sul lavoro rispetto ad altri soggetti che abbiano subito un danno non riconducibile ad una attività lavorativa (ad es. per sinistro stradale ovvero per responsabilità sanitaria, ecc. ecc.). Dunque riassumendo e partendo dall’inizio del discorso: come richiedere le prestazioni INAIL? R. A seguito di infortunio o di malattia di sospetta origine professionale il lavoratore deve presentare domanda alla sede INAIL di residenza, di regola a mezzo patronato. Qualora l’infortunio non fosse dall’INAIL riconosciuto come tale, ovvero fosse esclusa la natura professionale della malattia o ancora il grado di menomazione accertato dall’Istituto risultasse riduttivo, il lavoratore -dopo aver esperito la fase amministrativapuò agire giudizialmente per conseguire le prestazioni assicurative INAIL; la relativa azione si prescrive nel termine di 3 anni dal giorno dell’infortunio o dalla manifestazione della malattia professionale (art. 112 T.U. INAIL). E come si richiede questo risarcimento ulteriore che viene definito danno differenziale? R. Il danno biologico differenziale deve essere richiesto nel rispetto dei termini di prescrizione ordinaria, ossia entro 10 anni dal verificarsi dell’infortunio, ovvero dalla scoperta della malattia. Per completezza è bene sapere che il lavoratore il quale non abbia presentato nei termini domanda all’INAIL per il riconoscimento dell’infortunio o della malattia professionale può sempre chiedere -entro il termine decennale appena ricordato- il risarcimento del danno biologico differenziale -in ogni caso, sia che abbia avuto il riconoscimento INAIL sia che non lo abbia avuto- ma trattasi di azione tipicamente giudiziaria da proporre nelle opportune sedi.
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1946-2016, verso la piena cittadi Con il saggio “Fuori dalla casa di bambole: i sentieri dell’emancipazione” Claudia Mattei, alunna della classe III B del Liceo Classico G.C. Tacito, ha partecipato al concorso nazionale indetto dal MIUR, sotto l’alto patronato del Presidente della Repubblica, “1946-2016, verso la piena cittadinanza attiva: 70 anni dal voto delle donne”, classificandosi al primo posto, con la seguente motivazione: “Il saggio, particolarmente apprezzato per l’eleganza stilistica, analizza il lungo percorso compiuto dalla donna per la conquista dei diritti. Dal mito alla storia più recente, la scelta dei personaggi femminili, opportunamente richiamati, evidenzia una riflessione colta e matura sui temi indicati dal bando, denotando, altresì, una lettura critica della contemporaneità e delle sue derive valoriali. L’autrice elabora e offre la sua personale soluzione alle problematiche sollevate mediante un forte richiamo alle donne a riscoprire i valori identitari, che si fondano in quel passato nella cui conoscenza possono trovarsi i presupposti per interpretare il presente e proteggere il futuro". La cerimonia di premiazione, svoltasi al Quirinale, l’8 marzo scorso, alla presenza del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, si è inserita nelle celebrazioni in occasione della “Giornata Internazionale della Donna”, collegando la rievocazione di una tappa di basilare importanza storica ad una riflessione sul presente, sul cammino ancora non così lineare verso il pieno riconoscimento dei diritti delle donne. Il saggio di Claudia, una ragazza di 19 anni, per la quale l’atto del voto è assolutamente naturale, ripercorre, soprattutto attraverso immagini femminili letterarie, non per questo meno dense o evanescenti, una originale riflessione critica sulle forme di rappresentazione della donna e delle sue condizioni, fino a quel momento di svolta, rappresentato dal voto, interrogandosi, infine, su tutte le contraddizioni, i vuoti, i rischi odierni determinati dal mancato riconoscimento di uguali diritti e pari dignità. Ed è importante, ancora oggi, sottolineare e denunciare tutte le situazioni in cui registriamo disparità di trattamento, ovunque e soprattutto nei luoghi accademici e di lavoro, ed è più che mai necessario scrivere, lasciare traccia, diventare noi stesse “facce della memoria”, perché tra 70 anni un’altra ragazza possa comprendere appieno su quali esempi si fondi la sua -mi auguropienamente raggiunta parità di genere. Prof.ssa Giovanna Scuderi
Fuori dalla casa di bambole: i sentieri dell’emancipazione Forse erano passi incerti. Leggeri, senza dubbio. Probabilmente risuonavano dell’eco della vittoria, almeno una prima, importante vittoria. Era il 1946, e questo è difficile dimenticarlo. Una data pregna di aria elettrica, incisa a fuoco nella storia prima ancora che si potesse avere realmente coscienza di ciò che stava avvenendo, del fatto che, per tutti, quello era il giorno in cui si valicava il confine del futuro, in cui si decidevano le sorti di tutto quel che sarebbe stato. Decisioni nelle mani dei cittadini. Decisioni nelle mani delle donne. Donne che, quel 2 giugno, camminavano verso le urne portando sulle spalle il peso del silenzio e della speranza, del contegno modesto e fiero dei lavori svolti nell’ombra. Il peso di una coscienza critica conquistata a fatica al costo di secoli spesi ad arrancare nel marasma delle categorizzazioni fittizie, della forza mai riconosciuta perché non bruta che tuttavia non pretende incensi al suo sacrificio, alla sua abnegazione. Il 2 giugno del 1946 le donne votano e non sono le prime, non sono le ultime e soprattutto non sono sole. Le donne d’Italia muovono i loro passi a testa alta fondendo insieme presente e passato, stringendo nel cuore le aspettative per un futuro che presenta di già tante battaglie da vincere. Camminano e sono madri, amiche, sorelle e amanti. Sono lavoratrici instancabili, sono la fiamma che ha mantenuto in piedi la forza produttrice di un’Italia consumata da una guerra che le stava strappando via troppo, che la stava consumando fino all’anima. Sono le donne con la schiena china e il volto stanco dal lavoro, sono le donne che si fanno carico del pericolo sfidando le dogane per recapitare messaggi nei loro cesti del pranzo. Le donne che non lasciano la mano dei loro figli, che vogliono proteggerli da una guerra che non hanno chiesto. Sono le donne che camminano fieramente in avanti mentre l’ideologia fascista cerca di trattenerle indietro, a forza, nel quadro canonico del paternalismo istituzionale: donna moglie, al mondo per procreare, per mantenere la casa, la donna accessorio del fascista perfetto. Sono le nipoti delle suffragette, delle poesie della Plath e dei romanzi della Woolfe, delle prime femministe decapitate in Francia, e sono le progenitrici del futuro femminismo, di quello nato in seno alle contestazioni degli anni settanta e delle redstockings americane e del prodotto stravolto e contraddittorio del ventunesimo secolo. E camminano con loro. Con le veneri della preistoria, con Antigone che vuole decidere per sé, con Anna Kuliscioff, Simone de Beauvoir e Anna Maria Mozzoni. Camminano e non si fermano, e sono le donne angelicate e le streghe delle età medioevali, e gli “angeli del focolare” dell’inizio del novecento. Sono donne che vogliono entrare in un mondo che sanno appartenere loro di diritto, come gli uomini che hanno a fianco, poiché non può essere la differenza di un cromosoma a scrivere la storia di una repressione secolare. Quella di donne che sono ammaliatrici, pericolose, detentrici della sensibilità e della forza d’animo perfettamente in grado di sopperire a quella fisica, che fanno la vita e ne possono decidere i termini. Donne screditate e umiliate, donne come Aspasia, troppo libera e acculturata per non essere facile bersaglio dei detrattori di Pericle o come quelle dell’Ecclesiazuse di Aristofane, accostate alla politica solo con la valenza di un paradosso satirico, suscitato dall’innegabilità di un’ottica maschilista che riconosceva nelle donne al governo il più infimo livello di degrado possibile. L’evoluzione della donna nella sua coscienza e nel suo riconoscimento attraversa ogni epoca, incarnando in ciascuna una figura mitizzata, tuttavia mai svincolata dalla tradizionale ottica paternalistica occidentale, attuale oggi come secoli fa quanto i più arcaici postulati del mos maiorum romano, in cui l’idea di “famiglia matriarcale” si avvicina al vilipendio per uomini aggrappati alla propria posizione di comando con le unghie e con i denti e con la cieca presunzione di chi è consapevole della debolezza dei propri argomenti e ne è annichilito. E così gli uomini si autodeterminano giudici della posizione femminile, come se davvero fosse mai spettato a loro decidere per chi, sulla carta, avrebbero dovuto proteggere, sempre in virtù delle proprie convinzioni.
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inanza attiva: 70 anni dal voto delle donne È stato un cammino lungo, quello che ha portato a quel 2 giugno. Lungo e mai uniforme, costellato di stalli e di preconcetti sedimentati nel tempo, acquisiti in modo acritico poiché imposti dal lavorio continuo di una società il cui primario obiettivo era insegnare alle donne quale fosse il loro posto senza lasciar loro possibilità di scelta. Chi era diversa era una strega. Veniva bruciata, ostracizzata, subiva il castigo di un Dio che, nell’accezione cristiana, non nasce maschilista ma lo diventa quando tale veste inizia a risultare una necessità per la sua rappresentanza, e che lascerebbe essere la donna sia madre della redenzione che incarnazione del peccato. E sembra impossibile poter dire di no di fronte a un mondo che non lascia nemmeno intuire alle donne cosa una coscienza possa essere, cosa loro possano essere oltre che madri della prole dei loro uomini, merce di scambio, oggetti di piacere o di elevazione spirituale, stigmatizzate in “donne angelicate” nemmeno definite come donne vere, ma solo come una serie di tratti stilizzati, sublimati. Perché tale differenziazione tra soggetti, che esulino dalla generalizzazione della categoria, avvenga, almeno sul piano letterario, occorre attendere Boccaccio con il Decameron prima e Tasso con la Gerusalemme Liberata poi, sebbene anche i loro personaggi, affascinanti e ben caratterizzati, spesso non offrano altro se non una tipizzazione più particolareggiata ed avanzata: Griselda, Ghismunda e Lisabetta, abneganti di fronte all’amore nelle sue più varie forme, fintanto che questo abbia per soggetto un uomo, Fiordaliso, la donna maliarda che inganna l’ingenuo giovane mercante; Clorinda che può essere forte solo al prezzo della sua femminilità, che riacquista nella morte, nella passione finale dello svelamento di sé, e Armida, la donna maga, strega, che inganna. Amanti, madri, streghe. Donne che sono donne e non possono essere altro. Non scienziate, non attrici, non artiste, come Margaret Keane, costretta a lasciare la firma del marito sui grandi occhi dei bambini che dipingeva, convinta che una donna non sarebbe andata da nessuna parte, fuorviata proprio dalle parole del compagno, credibili perché allineate al comune sentire degli anni sessanta dello scorso secolo. Eppure qualcosa è cambiato, deve essere cambiato, e lo ha fatto nel diciannovesimo secolo, mentre i ruoli si esasperavano per coprire il loro impercettibile, graduale, corrosivo mutamento, gli uomini erano massacrati ed alienati dal proprio lavoro e non potevano permettere che quel minimo di autorità venisse strappato loro. Le donne borghesi, quantomeno volendo attingere alle fonti letterarie, maturano una loro coscienza, trovano il tassello mancante: si ribellano alle loro vite monotone in un bovarismo dagli esiti drammatici, tentano di spezzare le catene di quel malessere interiore provocato dalle loro quattro mura che sanno di prigione e sono finalmente viste come tali, a quella sottile inquietudine, l’indizio dell’errore, tentano di spiccare il volo, spezzando le proprie ali come in Flaubert, o riuscendo a trovare la via di fuga come la protagonista di “in una casa di Bambola” di Ibsen, coraggiosa abbastanza da frantumare le illusorie imposizioni di una società proclamatasi legislatrice dei ruoli dei sessi per ritrovare una sua dignità, l’individualità che differenzia Nora da “una donna” e dal ruolo che questa in quanto tale sarebbe ritenuta a ricoprire. “Purché ti sia tolta la bambola”, afferma lei, mentre Helmer la prega di restare. Ed è proprio qui che sta il problema: le donne con una coscienza sono donne che non vogliono essere bambole. Né giocattoli né incubatrici, né concubine da collezionare, né balie, né cuoche, né manichini né angeli o demoni, a meno che non siano loro stesse a decidere di esserlo, a decidere per sé. Dev’essere un concetto davvero spaventoso per questa società. Un concetto sovversivo e velenoso, simile ad una carica esplosiva che ribolle inquieta sotto anni di una storia che sembra scolpita nella roccia. Probabilmente è per questo che, a settant’anni da quella che dovrebbe essere stata la loro più grande vittoria, quel tanto agognato passo definitivo nel mondo dorato dell’emancipazione, le donne si ritrovano oggi come allora centro di polemiche aride e discussioni sterili, quelle portate avanti da chi, pur facendosi messaggero di una società incensata di modernità e progresso, per i suoi interessi deforma e stravolge i concetti, prende il “femminismo”, che già non dovrebbe avere più alcuna ragione di essere, lo smembra e lo colora del nero dell’orrore e del rosso del peccato, lo confeziona e lo serve al mondo in ascolto con la forma
di immagini frammentarie prive di coerenza, all’apparenza tinte di un entusiasmo, nel senso etimologico del termine, non dissimile da quello delle Baccanti di Euripide che soggiogate dalla selvaggia esplorazione della dissoluzione di sé si spingono di gran lunga oltre ogni limite etico, inframezzate dai seni scoperti e dagli occhi sgranati delle ragazze nelle piazze Russe che, viste così, sembrano proprio gridare “noi soppianteremo gli uomini e cambieremo l’ordine naturale del mondo.” Femminismo di consumo e di polemiche, ben lontano dal suo reale intento, che si riallaccia a quel cammino iniziato molto prima del 2 giugno 1946 e che passa per l’elezione di Nilde Jotti a presidente della Camera nel 1979, Anna Maria Maglio come questore a Terni, Ilda Boccassini procuratore a Milano e Antonella Celletti primo pilota donna per l’Alitalia, come riportato da Eduardo Ambrosio su Altrevista. Un cammino fatto di conquiste che poco hanno a che fare con la sovversione, ma che hanno tutto a che fare con il tentativo di riabilitare un ordine naturale per troppo tempo comodamente dimenticato, foriero di un’equiparazione quantitativa che tiene conto delle differenze qualitative nella loro complementarietà: è inutile negare l’evidenza statistica quando si discute di molestie o crimini familiari, è inutile bendarsi gli occhi di fronte ad una parità che si realizza nelle presunte libertà di donne a cui è permesso lavorare, fare carriera, vestire nei modi più estrosi, ma che si scontra con le occhiate di biasimo, i comportamenti lascivi sul posto di lavoro, le molestie ed i ricatti sessuali, brutalizzati e normalizzati quasi come prassi, quasi come se fosse giusto e normale, perché una donna che pretende di fare strada sa che è questo ciò a cui deve andare incontro, e non vi è nulla di strano in questo perché l’emancipazione non è lotta, ma concessione, perché in fondo è cambiato tutto, ma nulla è cambiato davvero. Non è cambiato quando gli uomini uccidono le donne che hanno giurato di proteggere perché si sentono minacciati dalla loro libertà, piccoli nel loro non riuscire ad imporsi come unico elemento di rilevanza nella vita delle compagne. Non lo è quando le giovani si convincono che sia giusto svendersi all’asta e quando arrivano inconsciamente a pensare che non sia strano avere paura di uscire di casa da sole o prepararsi a scendere a compromessi, mentre i media ripetono fino all’ossessione che il movimento femminile va nella direzione sbagliata, è degenerato, fa invecchiare la specie e crescere male i suoi figli, crea confusione in questo mondo già così alla deriva ed è solo una pretesa, una mistificazione, lasciando gli ascoltatori senza vie di mezzo: bianco o nero, “donna in cucina” o “finto uomo in carriera.” Il flusso della storia non si interrompe, corre impetuoso o non può arginare la sua deriva, spalleggiato dai fraintendimenti delle masse, dai falsi miti e dalle sovrastrutture di convinzioni secolari. Il 2016 segna i settant’anni da una conquista. Una conquista, tuttavia, non è un traguardo, e quest’ultimo, alla luce dei fatti, è avvolto dalla nebbia dei preconcetti e di una società che sembra perdere di vista i suoi valori, sostituendoli ogni giorno in maniera caleidoscopica, in maniera evidentemente contraddittoria. Non è solo agli uomini che vanno, tuttavia, mosse tali critiche: le donne di oggi dovrebbero riscoprire quello spirito combattivo che animò chi venne prima di loro, poiché è solo grazie alla dignitosa tenacia di chi lottò per loro che oggi possono condurre la propria vita con un tale tenore, forti di certezze che, per quanto spesso ipocrite e contraddittorie, esistono. Non è necessario snaturarsi né vendersi, negarsi né donarsi al migliore offerente poiché si è convinte di poterlo fare. Per progredire occorre riscoprirsi, stringere la propria femminilità tra le mani, nella sua accezione vera e semplice, svincolata dagli artifici dei secoli e da quelli di una modernità troppo dissoluta che come in ogni ambito grida alla degenerazione. Essere una donna è difficile, ma è qualcosa per cui vale la pena lottare. Qualcosa per cui vale la pena sovrapporre le proprie orme a quelle delle donne che, in quel 2 giugno che sembra così lontano, pur senza esserlo per nulla, per riallacciarsi ad un cammino di cui essere fiere, e su cui si possa fieramente ritrovare la propria identità, sole con la propria coscienza, senza necessità di alcun riconoscimento che non sia proveniente dalla propria voce di donna. Claudia Mattei - classe III B
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INTEGRAZIONE OSPEDALE E TERRITORIO un importante binomio nella gestione condivisa del paziente portatore di Peg Dr. Fabrizio Taborchi
Presidente AIGO Umbria
Associazione Gastroenterologi & Endoscopisti Digestivi Ospedalieri Italiani
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ggi più che mai la parola d’ ordine è Integrazione… tra i servizi sanitari per una gestione appropriata e attenta delle risorse tecnico-strumentali e umane e, non per ultimo, ridurre al minimo il disagio dei pazienti più deboli e anziani “complessi”, spesso non autosufficienti per la presenza di poli-patologie cronicodegenerative. La necessità di sviluppare un modello organizzativo favorendo l’integrazione ospedale-territorio in una prospettiva di gestione multidisciplinare, sempre più integrata, costituisce la risposta più completa al bisogno di salute. La nutrizione enterale mediante dispositivo P.E.G. rappresenta un eccellente esempio di gestione integrata e multidisciplinare tra Ospedale e Territorio, nella condivisione di competenze ed esperienze. La S.C di Endoscopia Digestiva – Responsabile Dott. Della Spoletina dell’ Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni, ha promosso e organizzato un Convegno Scientifico che avrà luogo presso la Sala Conferenze dell’ Azienda Ospedaliera S. Maria, sabato 16 Aprile 2016, dalle 08.00 alle 15.00 e che ha come titolo: “La Gastrostomia Percutanea Endoscopica PEG: Competenze e gestione multidisciplinare tra Ospedale e Territorio” L’evento formativo è stato accreditato con 7 crediti ECM ed ha ottenuto il Patrocino di importanti Società Scientifiche Nazionali e delle Autorità locali. E’ proprio con l’intento di seguire l’approccio della centralità del paziente che il Convegno ha l’intento non solo di informare, ma anche di formare i pazienti (quando possibile) e/o i loro familiari sulla corretta gestione della P.E.G. Il Convegno è aperto anche ai familiari dei pazienti portatori di P.E.G. I lavori scientifici della Prima sessione, coinvolgeranno diverse figure mediche specialistiche, ognuna con il proprio patrimonio di competenze ed esperienze, apportando prezioso contributo nel definire il percorso clinico ottimale soprattutto della fase di candidatura del paziente alla P.E.G. L’aspetto della nutrizione enterale pre e post impianto del dispositivo P.E.G e l’impiego delle varie miscele nutrizionali innovative, verranno illustrate ai partecipanti da diversi relatori che svolgono la propria attività in ambito ospedaliero e territoriale. La seconda sessione del Convegno vede il contributo specialistico dei relatori medici e infermieri della S.C. di Endoscopia Digestiva, approfondendo tutte le varie fasi tecnico operative endoscopiche e il percorso di gestione Ospedaliero. La terza sessione è rappresentata da chi quotidianamente si occupa della gestione del paziente sul territorio, Medici del Distretto, Medici di Famiglia e Infermieri, tutti chiamati a fornire risposte assistenziali anche alla famiglia, provvedendo e personalizzando il supporto nutrizionale al paziente. Lo scopo della tavola rotonda del Convegno è quello di stimolare la discussione in ambito scientifico, con il contributo critico delle varie figure sanitarie coinvolte a 360 gradi, impegnate nel miglioramento costante del modello organizzativo di gestione a domicilio, che ha il vantaggio inoltre di evitare il sovraccarico e la congestione delle strutture ospedaliere, di ridurre i costi per il SSN e i disagi per i pazienti e familiari. L’ambizione del Convegno è quella di attuare un percorso clinico assistenziale condiviso che inizia con la completa presa in carico del paziente e dipende in misura rilevante dall’efficienza delle relazioni e della comunicazione tra i professionisti che compongono il team work.
La P.E.G (Percutaneous Endoscopic Gastrostomy – Gastrostomia Percutanea per via Endoscopica), è una metodica, introdotta per la prima volta nel 1979 da Gauderer, un chirurgo pediatra, e Ponsky, un endoscopista, e rappresenta una procedura endoscopica che permette di collegare la cavità gastrica, attraversando la parete addominale (fistola), direttamente con l’esterno mediante un tubicino di circa 5-7 mm di diametro, per permettere l’assunzione di cibi, liquidi e medicinali nei pazienti che non deglutiscono autonomamente a causa di malattie organiche o funzionali. Questa procedura viene utilizzata nei pazienti in cui sia presente un’incapacità temporanea (superiore ad un mese) o permanente ad alimentarsi per bocca. Alla base della scelta di quando e in quale paziente posizionare il dispositivo della P.E.G., ci deve essere sempre un percorso clinico multifattoriale e multidisciplinare, per ottenere ottimi risultati in termini di supporto terapeutico-assistenziale e nutrizionale per i pazienti “acuti”, migliorandone la qualità di vita e favorendone la risposta alle terapie. Per questo costituisce la tecnica di scelta per la Nutrizione Enterale Domiciliare (NED) in pazienti con esiti disfagici secondari a patologie neurologiche acute (traumi cranio-encefalici, danno cerebro vascolare) e in molte altre affezioni neurologiche croniche (come la sclerosi laterale amiotrofica, accidenti cerebrovascolari, demenza di Alzheimer, distrofia miotonica, miastenia, Morbo di Parkinson e demenza multi-infartuale). La procedura di posizionamento della P.E.G. viene effettuata in sedo-analgesia in modo da dare il minimo fastidio al paziente, modulando i farmaci in base alle condizioni generali. Con il Patrocinio di Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Terni
CONVEGNO SCIENTIFICO La Gastrostomia Percutanea Endoscopica PEG: Competenze e gestione multidisciplinare tra Ospedale e Territorio
Direttore del Convegno Dott. A. Della Spoletina Responsabili Scientifici Dott. A. Giombolini Dott. F. Taborchi
Terni, Sabato 16 Aprile 2016 ore 08.00 – 15.00
Sala Congressi - Azienda Ospedaliera S. Maria Dipartimento di Chirurgia Apparato Digerente e di Gastroenterologia S.C. Endoscopia Digestiva Via T. Joannuccio 1 - Terni
Obiettivo del Corso
Informazioni
Negli ultimi anni la crescente richiesta di nutrizione artificiale enterale, in ambito ospedaliero e territoriale ha consentito lo sviluppo di percorsi diagnostico-assistenziali gestiti da team di specialisti. L’evento ha come obiettivo di informare - formare i familiari dei pazienti portatori di Peg e tutte le figure sanitarie sulla corretta applicazione e gestione del dispositivo Peg quando è richiesta una nutrizione artificiale per lunghi periodi di tempo, per il deterioramento dello stato di nutrizione del paziente a causa di una insufficiente o impedita alimentazione per via naturale. Il momento della discussione e confronto sulle conoscenze in tema di Nutrizione Enterale mediante Peg tra realtà Ospedaliera e Territoriale, rappresenta indubbiamente il cuore del... mosaico multidisciplinare... costituito dai singoli tasselli che ogni operatore è chiamato ad aggiungere nel... modo e momento corretto... mettendo a disposizione la propria esperienza e competenza professionale.
EVENTO ECM N. 980- 156903 Crediti ECM: 7. Accreditato per 30 partecipanti. DESTINATARI: Medico Chirurgo: Anestesia e rianimazione, Chirurgia Generale, Continuità assistenziale, Cure palliative, Gastroenterologia, Geriatria, Igiene degli alimenti e della nutrizione, Medicina interna, Medicina di comunità, Malattie metaboliche e diabetologia, Malattie dell’apparato respiratorio, Medicina generale (Medici di famiglia), Neurologia, Oncologia, Organizzazione dei servizi sanitari di base, Pediatria, Radiodiagnostica, Scienza dell’alimentazione e dietetica. Infermiere Dietista
Modalità d’iscrizione L’iscrizione al Convegno è gratuita e comprende: Partecipazione alle sessioni scientifiche, Kit congressuale e materiale didattico, Coffee break, Questionario ECM / Scheda di valutazione evento, Attestato di partecipazione al convegno. Per iscrizioni contattare la Segreteria Organizzativa.
L’ invito al Convegno è rivolto anche: Studenti Corso di Laurea in Infermieristica e Dietistica, Personale sanitario delle Residenze Sanitarie Assistenziali del territorio, Operatori Oss, Tecnici di stomia, Familiari dei pazienti portatori di PEG
Segreteria organizzativa Via N. Colajanni, 4 - 00191 - Roma - Tel. 06.3290250 - Fax: 06.36306897 sc@scstudiocongressi.it - www.grupposc.com
Aprile 2016
23 La percentuale di successo nel posizionamento della P.E.G. è superiore al 90%, mentre il tempo tecnico operativo è di circa 15-20 minuti e viene eseguita in regime di Day Hospital con breve ricovero di 1-2 giorni. La P.E.G. è pertanto considerata una procedura relativamente poco invasiva e sicura, gravata da una bassa incidenza di complicanze (1,2%). Qualora il paziente fosse in grado di riprendere ad alimentarsi normalmente, la P.E.G. potrà essere rimossa; in caso contrario, la P.E.G. dovrà essere sostituita quando usurata o non funzionante. Dopo l’impianto di una P.E.G., la dimissione del paziente e l’inizio della NED, rappresenta il primo momento in cui si misura la tenuta, l’efficacia ed efficienza dell’organizzazione di assistenza e supporto territoriale. Il ruolo dell’infermiere di endoscopia è indubbiamente centrale nella gestione dei bisogni del paziente e dei suoi familiari, assistendo inoltre il medico endoscopista durante tutta la fase operativa
endoscopica; ecco perché questo Convegno dà voce anche al personale infermieristico valorizzando le sue competenze professionali. Per la valutazione della modalità di intervento più adeguata e rispondere al bisogno di salute della persona, elemento imprescindibile è l’attivazione di percorsi clinico-assistenziali per la fase post-acuta di carattere domiciliare, in strutture residenziali o semiresidenziali in un’ottica di continuità assistenziale. Ogni Piano di Assistenza Individuale, ha come elemento centrale la risposta del bisogno di Salute e nasce dalle esigenze di ogni utente che prosegue a domicilio o in strutture territoriali, dopo il ricovero in Ospedale il suo percorso clinico. Concludo riprendendo una profonda verità di Madre Teresa di Calcutta: Quello che noi facciamo è soltanto una goccia nell’oceano, ma se non lo facessimo l’oceano avrebbe una goccia in meno.
Chirurgia Vaginale al reparto di ginecologia del S. Maria Dr. Giampaolo Passalacqua
Direttore del Dipartimento Materno Infantile Ospedale Santa Maria di Terni
Punto di forza nei confronti della salute femminile, la SC Ginecologia si attesta quale riferimento regionale per la patologia ginecologica benigna e oncologica e si avvale di un efficiente servizio di diagnostica e prevenzione: ecografia pelvica, isteroscopia, citologia cervicovaginale, colposcopia etc. La Sala Operatoria, dedicata all’attività ginecologica, si trova al terzo piano all’interno del blocco operatorio parto, attiva h24, giorni 7/7. L’approccio chirurgico alla patologia ginecologica è versatile, viene personalizzato e reso funzionale in base alle caratteristiche della paziente e alle sue esigenze personali, sempre più frequentemente anche estetiche, compatibilmente, ovviamente, con la tipologia della patologia. In un’epoca di grande progresso scientifico e tecnologico, di introduzione di moderne tecniche operatorie definite minimamente invasive, la via laparoscopica viene sempre più richiesta e messa in atto da anni anche nel nostro Dipartimento, ormai routinariamente per tutta la patologia d’urgenza ginecologica (per esempio emoperitoneo), annessiale, per le miomectomie ed in casi selezionati anche per interventi di isterectomia. Al di là poi di numerosa casistica interventistica di chirurgia “classica” laparotomica (frequentemente anche radicale oncologica) e minilaparotomica, fiore all’occhiello del Reparto è rappresentato dalla chirurgia vaginale, praticata qui da circa quaranta anni, rivisitata in chiave moderna con nuove pinze elettrificate, definita anche “chirurgia dolce”, perché permette l’asportazione dell’utero per la sua via naturale. A tutt'oggi il consenso scientifico internazionale la riconosce come metodica Gold Standard cioè ottimale, consigliata, da
favorire, tutte le volte che risulti possibile, per asportare l’utero affetto da patologia benigna. Nel Reparto di Ginecologia del S. Maria oltre il 70 % degli uteri affetti da patologia benigna viene rimosso per via vaginale, sia che si tratti di prolassi, sia uteri fibromatosi. Rimarrà nella memoria storica del reparto (e non solo) la rimozione di un imponente utero fibromatoso del peso di 1Kg. Tra i vantaggi annoveriamo minor numero di complicanze a medio e lungo termine e la totale assenza di cicatrici o tagli addominali, con conseguente riduzione della morbilità della paziente, del dolore postoperatorio, oltre che una grande accettabilità “estetica“ da parte della stessa. I tempi medi di esecuzione sono
generalmente più rapidi rispetto agli altri approcci, con minor probabilità di danneggiare organi vicini all'utero (per esempio vescica, ureteri, intestino). La degenza ospedaliera dura in media tre giorni, con previsione di recupero e convalescenza veramente rapidi. Altri vantaggi ancora: tale chirurgia permette di correggere i difetti del pavimento pelvico (prolasso) e può essere applicata con minor rischio rispetto alle altre tecniche anche su pazienti problematiche, per esempio obese, diabetiche e nei casi in cui sia controindicata l'anestesia generale, dal momento che si può eseguire anche in analgesia spinale. Infine ottimale è il rapporto costi/benefici, considerazione di non poco conto in questi tempi.