Numero 14 ottobre 2015 Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura
Non prendere scorciatoie. Se cerchi emozioni assumi cultura.
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Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
Ottobre 2015
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LA PAGINA UMBRIA Mensile di attualità e cultura Registrazione n. 2/2014, Tribunale di Terni
Ciao LAURA 4
Terni è bella? Sì, ma… Loretta Santini
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La lenta deriva del popolo galleggiante Francesco Patrizi
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Tiriamo le somme
L'ATTESA film di Piero Messina
Fabrizio de Silvestri
Lorenzo Tardella
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Redazione: Terni, Via Anastasio De Filis 12 Tipografia: Federici - Terni DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Alberto Mirimao Direttore editoriale Giampiero Raspetti Vice Direttore Luisa Romano Grafica e impaginazione Francesco Stufara Editrice Projecta di Giampiero Raspetti 348.2401774 - 331.3010158 info@lapagina.info lapagina.redazione@gmail.com
Santuario delle Muse
Alla scoperta di... Ponti di Terni
Ass. La Pagina
Loretta Santini
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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.
DOVE TROVARE LA PAGINA
ACQUASPARTA SUPERCONTI V.le Marconi; AMELIA SUPERCONTI V. Nocicchia; ARRONE Superconti Vocabolo Isola; ASSISI SUPERCONTI S. Maria degli Angeli; CIVITA CASTELLANA SUPERCONTI V. Terni; MASSA MARTANA SUPERCONTI V. Roma; NARNI SUPERCONTI V. Flaminia Ternana; ORTE SUPERCONTI V. De Dominicis; ORVIETO SUPERCONTI - Strada della Direttissima; PERUGIA SUPERCONTI Centro Bellocchio; RIETI SUPERCONTI La Galleria; ROMA SUPERCONTI V. Sisenna; SUPERCONTI V.Casilina 1674 (Grotte Celoni); SPELLO SUPERCONTI C. COMM. La Chioma; TERNI Associazione La Pagina Via De Filis; CDS Terni - AZIENDA OSPEDALIERA - ASL V. Tristano di Joannuccio; Cral Provincia di Terni; CRDC Comune di Terni; INPS - V.le della Stazione ; Libreria ALTEROCCA - C.so Tacito; SUPERCONTI CENTRO; SUPERCONTI Centrocesure; SUPERCONTI C. Comm. Le Fontane; SUPERCONTI C.so del Popolo; SUPERCONTI P.zza Dalmazia; SUPERCONTI Ferraris; SUPERCONTI Pronto - P.zza Buozzi; SUPERCONTI Pronto - V. XX Settembre; SUPERCONTI RIVO; SUPERCONTI Turati; TODI SUPERCONTI V. del Broglino; VITORCHIANO SUPERCONTI Località Pallone.
Storia di Donna
Il Pianeta e la Madonna
Valeria Croce
Vincenzo Policreti
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COSP......................................................................pag. 3 San Valentino Sporting Club......pag. 7 Immobiliare Battistelli......................pag. 9 Ringiovanire il Volto in 4 mosse
Dr. Luca Campili...............................................pag. 10
Comprendere Prevenire Curare Dr. Leonardo Paoluzzi
Ottobre mese della prevenzione
Dott.ssa Lorella Fioriti................................pag. 21
Renzo Segoloni
di Roberto Bellucci.........................................pag. 22
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Ottobre 2015
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Terni è bella? Sì, ma… Loretta Santini
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ono un’ostinata. Continuo a dire che Terni è bella. L'ho già scritto in un articolo del settembre 2014. Continuo a ricordare che dobbiamo diventare viaggiatori della nostra città e imparare a osservare. Se passiamo per le strade frettolosi -e questo è il destino di tutti noi presi dal fare la spesa o andare al lavoro o correre a un appuntamento- guardiamo la strada, guardiamo davanti a noi. Ma ogni tanto, invece che prendere la macchina e uscire a visitare un altro paese o un’altra città, prendiamoci il tempo di passeggiare lentamente attraverso le strade della vecchia Terni, quella che era compresa entro le antiche mura. Lentamente. Alziamo gli occhi: vedremo archi e finestre a bugnato lungo corso Vecchio, resti di case medievali, scorci suggestivi di archi e vicoletti, lapidi che ricordano personaggi ed eventi, resti di antiche torri, pezzi di storia. Giriamo per il quartiere Duomo e osserviamo vecchie case restaurate, strade lastricate a nuovo e con gusto, resti di opus reticulatum del vecchio teatro romano, angoli di Medioevo rimasti intatti, cortili minuscoli e silenziosi abbelliti di vasi di gerani. Lungo via Cavour, a partire da piazza della Repubblica si allinea una serie di palazzi nobiliari, spesso austeri con finestre e portoni incorniciati da un pronunciato bugnato. Poi un arco ogivale, quanto resta dell’antico palazzo Giacosi-Cerafogli e un grazioso balconcino cinquecentesco. Più avanti il Palazzo Mazzancolli, bellissimo. La facciata denuncia l’accorpamento di case torri. Uno stemma a bassorilievo ricorda la famiglia che lo ha abitato. Passando per via Garibaldi non possiamo che notare come la strada sia in discesa verso il fiume e questo ci ricorda che Terni sorse su una bassa altura -un ossimoro senz’altro- e che l’antico foro di Interamna sorgeva nel suo punto più alto. E poi quelle finestre a forma di giglio, rimandano all’Osteria del Giglio cantata da Gioacchino Belli che qui risiedette. Sì, Terni è bella e, per questo, continuo ad inquietarmi con tutti coloro che non fanno altro che criticare. Quanti brontolii sono stati fatti quando è sorta la torre della Bibliomediateca! Chi voleva la vecchia torre dell’Orologio, chi non la voleva. E poi: questo è brutto, qui doveva essere fatto così, la torre è troppo alta, il mercato rosso è orribile, i vari monumenti sono uno spreco di soldi e così via. Hanno criticato il nuovo ponte perché non ce n’era bisogno, hanno criticato il CAOS perché la Pinacoteca è distribuita male. Pochi hanno detto che bella opera di recupero è stata fatta nell’area dell’ex Siri e che finalmente abbiamo un Museo archeologico che aspettavamo da 150 anni. Pochi hanno apprezzato le opere di restauro e di recupero fatte nei quartieri. A qualcuno non piace piazza Clai tutta colorata, ma chi si ricorda che stato di degrado aveva prima? E poi la gente lo sa che le case a Terni erano tutte colorate di ocra e di celeste? Anche il Palazzo Spada era intonacato e colorato di ocra. E il quartiere Duomo? Tutto risanato. E il quartiere le Grazie? E gli spazi verdi? E tutti i monumenti bellissimi che sono nella città a partire da Pomodoro. È vero, la cosiddetta “canna da pesca” non piace neanche a me, ma per un monumento forse sbagliato, ce ne sono dieci eccellenti. Con tutto ciò non voglio dire che tutto va bene. Anzi. Ribadisco la mia rabbia per gli spazi verdi lasciati in uno stato di incuria totale e di degrado avvilente. Il mio disappunto per l’ottocentesco teatro Verdi -bellissimo- opera
di Luigi Poletti che rimane da tempo inesorabilmente chiuso in attesa di un restauro e di una messa in sicurezza che ha visto fronteggiarsi idee e progetti diversi. Per quella originale fontana di piazza Tacito -la cosiddetta “penna e calamaio”- simbolo della Terni industriale ancora impedita, alla nostra ammirazione e al godimento dei ternani, da tabelloni. Per quel tragitto lungo il Nera addirittura indicato con cartelli, ma non usufruibile per le erbacce e i cespugli. Per quella zuccona -la sirenetta che adornava la seicentesca Fontana di Piazza- deturpata per metterci un rubinetto d’acqua. Per certi monumenti che l’inciviltà della gente ha imbrattato in modo ignobile e poi lasciato in uno stato di degrado come in piazza Harris. Per quella punta della Lancia di luce che non fa più luce e invece doveva indicare il fuoco, l’energia che si sprigionava dalle fabbriche d’acciaio di Terni. Per le ville storiche come Villa Palma, divenute ormai fatiscenti. Per quella metropolitana di superficie che non è stata mai fatta. Anzi ora non funziona più neanche il treno della Centrale Umbra. Ma in compenso sono state fatte tante stazioni, un annuncio per quello che avrebbe dovuto essere: stazioni con relativi sottopassi che si allagano sistematicamente. Ma soprattutto -e questo è veramente gravissimo- è l’inquinamento/ avvelenamento dell’aria, l’allerta sanitaria per le contaminazioni alimentari, per l’aumento esponenziale dei tumori da alcuni studiosi negato da altri confermato. Su questa criticità sollecito gli interventi di persone esperte e la pubblicazione di dati oggettivi sui monitoraggi effettuati. Ricordo però che non c’è giorno in cui l’allarme non si rinnovi e come ormai serpeggi il dubbio che tutto ciò si sapeva da tempo e che è stato messo a tacere (sul perché sarebbe da indagare) e solo le denunce di poche associazioni coraggiose abbiano posto il problema a cui, però, non si è avuta risposta o, se la si è data, è stata annacquata ed edulcorata. Non solo: la sordità e la noncuranza degli amministratori (Comune, Provincia, Regione), lo svicolare sul problema, il tacere o alzare le spalle come se fosse un’invenzione di allarmisti, non smorza i dubbi, anzi li raddoppia. Ma non dovrebbero, proprio loro per primi, saltare sulla sedia e urlare e lottare e rimboccarsi le maniche e scendere in piazza e fare e pretendere i controlli e verificare??? E allora Terni è bella? Ribadisco di sì, ma sta morendo. La valle ternana tanto ammirata dai viaggiatori del Grand Tour, un specie di paradiso, é divenuta la valle delle polveri, dei fumi e dei veleni. Per i nostri figli e per i nostri nipoti: interrompiamo questo terribile degrado. Puliamo la città. Subito!
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La lenta deriva del popolo galleggiante
Francesco Patrizi
Q
uando di notte il suo villaggio è stato dato alle fiamme, Ahdijah è fuggita con la sua famiglia sulla spiaggia, ad aspettarli c’era un trafficante che li ha trasportati con una piccola zattera fino a un'enorme imbarcazione, una sorta di villaggio galleggiante posizionato nel largo del mare delle Andamane dove ad aspettarli c’erano migliaia di altri rifugiati costretti come loro ad abbandonare il paese d’origine, la Birmania, in attesa di essere smistati in un campo di accoglienza sulla terra ferma. Dopo poche settimane, la famiglia di Ahdijah è stata trasferita, di notte e in maniera furtiva, nella foresta tailandese in un campo che presto si è rivelato essere una prigione: se nessuno avesse pagato il riscatto, ad aspettarli c’era una fossa comune. Ahdijah non sa quanti anni ha, ma non dimostra più di sedici anni, non è stata registrata all’anagrafe perché è una rohingya, appartiene ad un gruppo etnico originario del Bangladesh presente sin dal
1400 in Birmania nella regione Rakhine. Nel 1826 la Compagnia Britannica delle Indie Orientali eliminò il confine territoriale tra le due regioni e importò una grande quantità di rohingya come forza lavoro. Durante la Seconda Guerra Mondiale, quando il Giappone invase la Birmania, le forze britanniche si ritirarono e armarono i rohingya al fine di creare una zona cuscinetto che permettesse loro di lasciare gradualmente il paese. I birmani, di religione buddista e alleati dei giapponesi, si trovarono così a combattere i rohingya, di religione musulmana e collaboratori degli inglesi, un episodio che ha lasciato il segno nella storia del paese: quando è arrivata l’indipendenza, il mito identitario della nazione birmana è stato costruito sulla religione buddista. “Lo scopo dei musulmani è sposare donne buddiste, costringerle a convertirsi e a fare bambini, così alla fine in Birmania ci saranno solo musulmani” spiega Ashin Wirathu, monaco buddista tutt’altro che pacifista e tollerante, sostenitore della linea dura del governo contro le religioni non di Stato. Nel 1982 i rohingya sono stati privati del diritto di cittadinanza, vivono in campi profughi e sono sottoposti a soprusi e violenze.
Dopo due mesi trascorsi nella foresta, Ahdijah è stata liberata grazie al riscatto di circa 1.500 euro pagato dal cognato che vive in Malesia e che le ha trovato un marito così da consentirle l’accesso regolare nel paese: da quando gli Stati asiatici hanno chiuso le frontiere ai rohingya, è diventato inutile chiedere il riscatto ai parenti rifugiati all’estero, i campi di prigionia vengono man mano soppressi e la fossa comune è il solo luogo di smistamento. I più fortunati sono quelli rimasti sui villaggi galleggianti affidati alla corrente: Malesia e Thailandia hanno proibito l’approdo, mentre l'Australia li ha letteralmente respinti al largo con le motovedette non appena entrati nelle sue acque territoriali. Anche l’Indonesia, che è il paese con il maggior numero di musulmani al mondo, li ha rifiutati. Sono ormai diversi mesi che circa 2.600 profughi vagano in balìa delle onde in attesa che la comunità internazionale decida la loro sorte. “Il buddismo è la forma di religione più pacifica che si possa immaginare” ha dichiarato Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace: il suo partito si è battuto affinché i rohingya non abbiano diritto di votare alle elezioni che si terranno in Birmania a fine ottobre.
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TIRIAMO LE SOMME Fabrizio de Silvestri
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tavolta ho deciso di essere un misto tra adulatore e fustigatore. Dopo aver visto e osservato oltre 150 pazienti ricevere il protocollo migliorativo “Seven To Stand”, mi sento in grado di tirare un po’ di somme, tutte positive dal punto di vista oggettivo ma a volte deludenti da quello soggettivo. Se da un lato è vero che abbiamo assistito in tutti i pazienti ad un miglioramento generale dei tessuti e della mobilità, purtroppo a volte è capitato di osservare casi di tale mancanza di fiducia nelle proprie possibilità, che anche davanti all’evidenza c’era una tale “paura di star bene” che il soggetto non cercava altro che la propria rassicurante sedia a rotelle. E quante battaglie per convincere la gente a credere in se stessi! Ho capito purtroppo che spesso il lavaggio del cervello subìto era talmente forte da far desiderare quasi di star male pur di non deludere chi li aveva indotti a credere di non potercela più fare. So bene che le frasi appena scritte paiono assurde… chi, razionalmente, non vorrebbe alzarsi e reagire ad una condizione di patologia? Nessuno direte voi… ma pensate un po’ ai fumatori che non riescono a smettere o a chi mangia troppi dolci o beve… tutti sanno che quel comportamento gli sta facendo male ma non per questo smettono. Il vero problema, e lo dico sempre, è che “la mente mente” e così percepiamo come dolore neurologico un banale acido lattico generatosi dopo l’attività fisica (che probabilmente non facevamo da anni),
come ricaduta il formicolio dei nervi che si riattivano, la debolezza che interviene dopo tre ore di esercizi (chi non sarebbe stanco?). Purtroppo è faticoso riprendere in mano la propria vita, pensate a quanta fatica fa un bimbo a camminare la prima volta o quante cadute quando impara ad andare in bicicletta… ma chi la considererebbe come sintomo di malattia? Invece noi adulti, così incatenati dalle convenzioni sociali, crediamo di essere immuni alla fatica, che un qualche miracolo ci possa catapultare indietro di molti anni, a quando eravamo sportivi o facevamo grandiose passeggiate e il tutto senza sforzo alcuno. Beato chi ci crede dico io, mi pare di sentire la storia della pietra filosofale di alchemica memoria… chi l’ha mai vista? O forse non è vero che la vera pietra filosofale risiede dentro di noi ed è possibile trovarla solo dopo una laboriosa opera di purificazione scavando nelle viscere della terra? Chiunque cerchi l’oro (giallo, nero o verde che sia) sa bene che per trovarlo deve sporcarsi le mani e faticare non poco per estrarlo, certo, a meno che non sia un ladro e allora... gli costerà ben più caro… Ovviamente è molto più comodo evitare la fatica, i dolori e cedere alla lusinga di avere un cavalier servente a tempo pieno… in fondo nemmeno a caro prezzo… lo farà di cuore e ci starà vicino per sempre. E mica è sbagliato… in fondo la nostra libertà finisce dove inizia quella degli altri (Martin Luther King), quindi ci si può limitare a cercare di motivare il prossimo e diffondere il più possibile la propria esperienza personale, sperando che venga recepita nel modo più corretto possibile! In ogni caso non potete immaginare quanta soddisfazione dia vedere persone che
arrivano in sedia a rotelle e vanno via usando solo delle stampelle o persone che, avvezze all’uso di canadesi e/o deambulatori riescono a muoversi in autonomia, spettacoli che all’occhio di chi sta bene magari saranno da poco, ma visti da chi soffre di queste patologie sembrano veri e propri miracoli. Se volete vedere a cosa mi riferisco andate un po’ a guardare su facebook il profilo di 7toS o a visitare il sito: www.seventostand.com
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GINNASTICA MEDICALE PER PATOLOGIE SPECIFICHE Il San Valentino Sporting Club è una Struttura Sportiva Polispecialistica da sempre impegnata nella diffusione della cultura della pratica dell’esercizio fisico tra i bambini, gli adulti, gli anziani, per gli enormi benefici in termini di benessere psicofisico che esso comporta nella vita di ogni individuo.
L’attività fisica migliora lo stato di benessere dell’uomo e previene numerose malattie quali:
Oggi il San Valentino è ancora più impegnato in tal senso e collabora con l’Associazione Scientifica 23 h e ½ per diffondere tale cultura attraverso attività di formazione e informazione. Al San Valentino Sporting Club troverai personale specializzato che ti seguirà nelle diverse fasi di un programma studiato appositamente per te.
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L'ATTESA C
i vuole del talento per riempire i silenzi, per descrivere i vuoti, per raccontare l'assenza. È qualcosa che i maestri del passato un film di Piero MESSINA sapevano fare bene, ma che la frenesia di questi tempi moderni, in cui l'intrattenimento e il ritmo sono ciò che uno spettatore ricerca quando entra al cinema, sembra aver cancellato in maniera assoluta. Eppure certe storie si nutrono di silenzi: solo così possono essere raccontate, perché le parole sono fuori luogo, incapaci di far emergere le emozioni. Quella de "L'attesa" è una di queste storie. Il teatro è una Sicilia arsa dal sole, una splendida villa bagnata dal mare e coperta dalle montagne, dove due donne, una signora e una ragazza, sono unite nell'attesa di un ragazzo che le unisce: una presenza che si annida nei loro silenzi, che è sempre al centro dei pensieri senza mai rivelarsi, che muove i fili e scardina gli animi. È una storia che non può essere raccontata Lorenzo con le parole, forse perché si nutre Tardella soprattutto di immagini e di suoni. Si nutre degli sguardi di una Juliette Binoche in stato di grazia, che illumina lo schermo e lo rende un mare immenso in cui potersi tuffare. Per altre recensioni visitate il blog Si nutre della naturalezza e della incantevole www.ilkubrickiano.wordpress.com spontaneità di Lou De Laâge, che con la
Binoche ha una chimica ineguagliabile che trasuda da ogni immagine. E si nutre della regia da vero fuoriclasse di un esordiente che si chiama Piero Messina, che conosce il cinema e che cinema sa fare; che sa muoversi con disinvoltura in territori oscuri e complessi; che sa prendere dei rischi in un panorama cinematografico dove chiunque sembra ripetersi e girare in tondo; che sa presentarsi al suo pubblico con un film che è al tempo stesso nuovo ed antico, figlio di una tradizione radicata ma proiettato verso il futuro. "L'attesa" è un film visivamente potente in cui l'estetica è sempre secondaria al racconto, dove niente è fuori luogo o fine a se stesso; un film che non cade nei virtuosismi che molti Sorrentiniani si aspettavano e addirittura ricercavano come in una caccia al tesoro (anche se qualcuno, alla fine, lo ha detto). Messina, che di Sorrentino è stato allievo, possiede del suo maestro la capacità di raccontare attraverso immagini di inaudita bellezza, ma la sua è una personalità distante, altra e soprattutto nuova. Il suo esordio è un gioiello di grande purezza che gli permette di affacciarsi con prepotenza nel cinema di oggi, italiano e del mondo. Ed è sempre una festa, per il cinema, quando una voce come la sua si unisce al coro.
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Kristine Deringa, Laura Feliziani, Alessandra La Chioma e Manuela Ferretti
OPERA di Alessandra La Chioma
OPERA di Kristine Deringa
OPERA di Laura Feliziani
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13 La manifestazione SANTUARIO DELLE MUSE svoltasi in Via De Filis e dintorni a cura della Associazione Culturale La Pagina, ha segnato uno spettacoloso successo. Oltre a sfilate di moda, esibizioni musicali e dimostrazioni di varie scuole di danza, momenti particolari sono stati: {{ il CHIOSCHETTO DELLA SCIENZA (prima fase per la elaborazione di una mostra dei prodigi scientifici che diventerà mostra permanente, sempre nella speranza che non faccia l’orrida fine della Mostra Il cielo e la Terra che il sottoscritto creò, insieme ai colleghi Sergio Bacci e Albano Scalise, e che varie amministrazioni comunali hanno saputo, dal basso della loro incompetenza, distruggere –sono stanco di amministratori sciocchi e presuntuosi che sanno solo fare del male alla nostra città!) con i giovani dell’Ateneo intenti a spiegare fenomeni scientifici sorprendenti e stupefacenti; {{ l’angolo per il divertimento dei bambini (specchio QUI SI VOLA, bolle di sapone, gioco dell’oca, POMPIEROPOLI); {{ conferenze culturali e proiezione di filmati scientifici; {{ lettura delle profondissime e umanissime poesie di FLORIO (al secolo Zenobio Piastrella) da parte del regista-attore RENZO SEGOLONI; {{ estemporanea di pittura di 3 bravissime Muse, ALESSANDRA LA CHIOMA, KRISTINE DERINGA e LAURA FELIZIANI; {{ SCUOLA DI PITTURA per giovanissimi amanti della pittura; {{ creazione ed esposizione di due bellissimi quadri dell’artista GIOVANNI FERRI relativi, uno alle Muse (150x300 cm), l’altro al Parnaso, Delfi e fonte Castalia (100x150 cm); {{ mostra “I sassi e le finestre” di AURA; {{ mostra della collezione di bottiglie mignon di FLORIO; {{ l’ottimo concerto dei LITTLE PETER AND THE WOLF; {{ i famosi canti popolari con I CANTORI DELLA VALNERINA; {{ le splendide danze de LES ALMÉES di Ketti Kostadinova. Esprimiamo grande soddisfazione per la presenza dei moltissimi visitatori (di sabato, in particolare) e avremmo, con tutto il cuore, voluto mostrare ai grandi di Terni, dirigenti, amministratori e politici quanto di bello riescono a fare alcuni cittadini ternani, senza spesa alcuna per l’amministrazione, in innovazioni e in raffinate peripezie culturali, ma, purtroppo, abbiamo avuto la visita solo di gente comune, intellettuali, uomini di cultura e cittadini senza alcun incarico istituzionale (ad eccezione di Saverio, mio amico da lungo tempo). Ringraziamo però sentitamente Fabrizio Fabi, per l’ineccepibile organizzazione e per la cordialità dei rapporti instaurati, e confidiamo che il Nostro ampliamento culturale portato alla Sua manifestazione possa favorire, in futuro, sviluppi molto interessanti per la città. GR
SPONSOR UFFICIALE della manifestazione SANTUARIO DELLE MUSE
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I NOSTRI CORSI CORSO DI LINGUA INGLESE 1 - Corso introduttivo Durata 6 lezioni da 90 minuti ciascuna Inizio da concordare Costo gratuito per i soci della Ass. Culturale La Pagina Numero minimo 16 iscritti 2 - Corso di base Durata Inizio Costo Numero minimo
12 lezioni da 90 minuti ciascuna dopo il corso introduttivo piccolo contributo 16 iscritti
3 - Corso intermedio Durata 12 lezioni da 90 minuti ciascuna Inizio dopo il corso di base Costo piccolo contributo
CORSO DI LINGUA CINESE 1 - Corso introduttivo Durata 6 lezioni da 90 minuti ciascuna Inizio da concordare Costo gratuito per i soci della Ass. Culturale La Pagina Numero minimo 8 iscritti 2 - Corso di base Durata Inizio Costo Numero minimo
12 lezioni da 90 minuti ciascuna dopo il corso introduttivo piccolo contributo 8 iscritti
3 - Corso intermedio Durata 12 lezioni da 90 minuti ciascuna Inizio dopo il corso di base Costo piccolo contributo
CORSO DI LINGUA ARABA 1 - Corso introduttivo Durata 6 lezioni da 90 minuti ciascuna Inizio da concordare Costo gratuito per i soci della Ass. Culturale La Pagina Numero minimo 8 iscritti 2 - Corso di base Durata Inizio Costo Numero minimo
10 lezioni da 90 minuti ciascuna dopo il corso introduttivo piccolo contributo 8 iscritti
3 - Corso intermedio Durata 10 lezioni da 90 minuti ciascuna Inizio dopo il corso di base Costo piccolo contributo
CORSO DI PITTURA PER BAMBINI Sono aperte le iscrizioni per il corso di disegno e pittura tenuto dall’insegnante Giovanni Ferri, presso l ’Associazione Culturale La Pagina. Le lezioni sono rivolte a tutti i bambini, tra i 9 e gli 11 anni, animati dal semplice desiderio di disegnare, pitturare e avvicinarsi all’arte. Il corso si svolgerà ogni giovedì dalle ore 17:30 alle 19:30. La classe sarà composta da un massimo di 10 bambini.
Affrettatevi!
Associazione Culturale La Pagina - Terni, Via De Filis 7 0744.1963037 - 331.3010158 - 348.2401774
CONGRATULAZIONI VIVISSIME DA PARTE DELLA REDAZIONE LA PAGINA
STORIA DI DONNA Prima classificata nel concorso indetto da “Soroptimist Club di Terni: A scuola per le donne: l’impegno contro la violenza e le discriminazioni di genere. Nel tuo corpo ti porti, come nessun altro, il segreto della vita. Nella tua storia la macchia dell’indifferenza, della discriminazione, dell’oppressione… Eliomar Ribeiro De Souza Un giorno, quando avevo la tua età, tua nonna mi prese da parte, con quell’espressione seria e pacata che assumeva quando la sua mente era attraversata da pensieri importanti. Mi disse “siediti”, e mi lesse questi versi. Nella casa vuota e ingoiata dal silenzio quelle parole entrarono in ogni stanza, occuparono ogni angolo, si infiltrarono nelle più sottili crepe del muro. Lei li recitò come un Santo che legge il Vangelo, come un’attrice che mette in scena per la prima volta il monologo a cui si è preparata per tutta una vita. Con i suoi occhi neri mi chiese “Tu lo sai, che sei una donna?”. Risposi di sì, con l’ingenuità giovane di chi vede l’evidenza nelle domande scontate, che in realtà scontate non sono. Con l’esuberanza di chi ha vissuto così poco, ma crede di aver capito così tanto. Non lo sapevo. Me lo ha insegnato quella donna forte e solare, che dietro ai suoi sorrisi nascondeva tutte le parole che si era tenuta per sé, che sotto le ciglia scure aveva trattenuto le lacrime di tante notti. Quella donna che io credevo di conoscere a fondo, ma credevo male. La gente diceva che era bella. Io semplicemente dicevo che era mia madre. Te la ricordi tu, nonna? Forse eri troppo piccola perché ti sia rimasto il ricordo della sua voce calda, delle sue mani che quando scriveva stringevano forte la penna e calcavano un po’ troppo sul foglio. Era bella davvero, vestita della sua vita passata, e del suo coraggio. Per te, forse, non era altro che un’anziana signora coi capelli grigi e le vene sporgenti, che da bambina ti divertivi a premere quando ti teneva in braccio. Tu la sai la storia di nonna; la sai perché anche ai bambini bisogna dare una spiegazione alle cose, nonostante a volte non possano capire davvero. La sai perché io di bugie non ho voluto dirtene, anche se sarebbe stato più semplice. “Nonno è morto”. Che male ti avrebbe causato una menzogna del genere? Come fa un bambino, che nemmeno sa cosa vuol dire la morte, a piangere quella di una persona che non ha mai conosciuto? Era più facile dare la colpa alla morte, che all’uomo. E invece no, io la colpa l’ho data all’uomo, che è molto più cattivo della morte. “Nonno era cattivo”, cattivo. Che vuol dire, per una bambina, “cattivo”? Perché era cattivo, mamma? Ti ho risposto che lo era perché trattava male la nonna. Sì anche la bua le faceva, anche quella. Ed ora dov’è? Non lo so dov’è ora, ma è lontano, perché la nonna se ne è andata via, e mi ha portata con sé. Io di mio padre mi ricordo il rumore delle scarpe di cuoio sui gradini davanti a casa, il profumo di dopobarba e le cravatte appese dietro la porta. Mi ricordo soprattutto quella porta, chiusa, e lui che stava sempre dall’altra parte, dietro un muro di legno e una maniglia che non si poteva girare. Mi ricordo mio padre negli occhi di mia madre, che allora erano diversi. Erano occhi spaventati, e vigili. Me lo ricordo nei suoi gesti incerti e nei cocci dei piatti che le cadevano dalle mani quando sentiva un rumore troppo forte, o solo perché era distratta, e le tremavano le mani. Me lo ricordo nello sguardo di mia madre sempre puntato su di me, e nella presa delle sue mani sulle mie spalle quando mi spingeva in camera mia, e mi diceva resta là. Devo a lei l’apparente tranquillità della mia infanzia e i miei sogni da bambina. Devo a lei la donna serena che sono oggi, il mio cuore senza cicatrici: ha attutito lei ogni colpo. Mi risparmiava tutto, costruiva per me una famiglia ideale e una casa nella quale lei però non era ammessa, ma restava di fuori a fare la guardia. La violenza che abitava con me mi si manifestava solo nei segni rossi sulle braccia di mia madre, in qualche livido sul suo volto e nella sua paura. Nella sua umiliazione. Solo più tardi imparai, ricordando le ferite sulla sua pelle, a distinguerle dalle lesioni accidentali di una caduta dalle scale, o di uno spigolo non visto. Solo quando ormai l’incubo era finito, io capii di aver vissuto in un sogno. “Non permettere mai a nessuno di negarti il rispetto che meriti, il rispetto che ogni essere umano merita. Ma soprattutto, non permettere mai che nessuno lo faccia perché sei donna. Perché essere donna non è uno svantaggio, una colpa, un peccato. Essere donna è un privilegio, e un onore.” Forse non capii subito tutto ciò che voleva insegnarmi, tutta l’esperienza che voleva affidarmi, affinché non rivivessi quello che lei aveva vissuto. Lo imparai col tempo. Le pareti di quella casa mi restituirono giorno dopo
giorno quelle parole, anche quando di lei ormai era rimasto solo il profumo delicato sui vestiti ancora appesi nell’armadio. Conobbi davvero mia madre quando non c’era più. Lei voleva cambiare qualcosa, in questo mondo, e voleva farlo partendo da me, da me che ero la persona più vicina che avesse, e che più volesse salvare. Lei voleva salvarmi, figlia mia. E voleva che allo stesso modo io salvassi te. Nel tuo corpo ti porti, come nessun altro, il segreto della vita. Il suo passato le aveva insegnato che la donna deve stare al suo posto, che la donna deve obbedire, che la donna deve stare zitta, perché quello che ha da dire non è importante, non è giusto, non interessa a nessuno. Dall’uomo che ha amato ha imparato che la donna deve sopportare, deve subire, deve soffrire. E lei ha sopportato, ha subito, ha sofferto. Nel tuo corpo ti porti, il dolore che ti è stato inflitto. E quel dolore, che l’ha costretta a guardarsi dentro, le ha mostrato se stessa. Il segreto della vita, nascosto in lei, nel suo corpo colpito e offeso. L’ha trovata la vita, e se l’è ripresa. L’ha trovata, mi ha presa per mano, ed è andata via, dove potesse viverla. Sono cambiati i suoi occhi, dopo: occhi asciutti e profondi, che non hanno più paura, che non si abbassano più. È mutata la sua pelle: niente più lividi, solo cicatrici che lei non nascondeva, che non le permettevano di dimenticare e dalle quali ha tratto la forza per rialzarsi in piedi e non lasciarsi più cadere. Non ha mai dimenticato il suo passato lei, non ha mai tentato di farlo. Non ha voluto che io non lo conoscessi, e che non lo capissi. Nella tua storia, la macchia dell’indifferenza, della discriminazione, dell’oppressione. Lei la voleva cambiare questa storia. Mi ha messo nelle mani questi versi e mi ha detto: “devi continuare tu”. Nella tua storia, nella sua storia, nella nostra storia. Nella storia delle donne, le pagine sono macchiate di rosso. “Non dovrebbe essere il colore del sangue il rosso, dovrebbe essere il colore dell’amore, dell’amore e basta”. Ma quelle macchie, mi ha detto, non vanno cancellate, vanno fatte vedere a tutti perché tutti se le ricordino e perché nessuna donna debba versarne ancora. La macchia dell’indifferenza, della discriminazione, dell’oppressione. “Bisogna cambiarla questa storia”, e mentre lo diceva piantava i suoi occhi neri nei miei. Io non lo so se avrei avuto la stessa forza che lei ha avuto, lo stesso suo coraggio. Quello che so è che lo ha avuto per entrambe, e per te, e per tutte. Non è stata forte solo per se stessa e non si è ribellata solo per me, ma per tutte le donne che come lei erano vittima di una violenza gratuita e immotivata, una violenza prepotente e vile, una violenza vecchia di secoli, quanto è vecchio l’uomo. Una violenza che è scritta in ogni libro di storia, anche là dove non c’è scritto niente, negli spazi bianchi in fondo alle pagine, nel silenzio in cui da sempre le donne sono state rinchiuse, nelle stanze in cui sono state segregate e nella vita della quale sono state private. Ti ho scritto questa lettera perché lei voleva che tu sapessi, e lo voglio anche io. Te lo scrivo perché credo nelle parole, ma credo anche nel vento, e non voglio che lui se le porti via prima che ti abbiano raggiunta davvero. Tu leggile a voce alta, perché voglio che anche le pareti di questa casa ne siano macchiate, voglio che le colonne portanti di ogni edificio di ogni città sostengano questi versi, oltre che le travi e i mattoni. Voglio che si insinuino dentro gli appartamenti, per le strade, lungo il fiume, ovunque. Voglio che urlino nella mente di ogni persona tutte le parole che da sempre sono state trattenute, voglio che ogni goccia di pioggia sia d’ora in avanti una lacrima di dolore che è stata nascosta sotto il palmo di una mano, voglio che la gente venga bagnata fino al midollo, da questa pioggia salata ed interminabile. Voglio che rivolgano gli occhi al cielo e davvero vedano ciò che è stato, ciò che è, ciò che non dovrà più essere. Voglio che, finalmente, questa pioggia cessi, e che dal terreno umido nascano tanti fiori quante sono le donne che, da donne, non sono state trattate. Nel tuo corpo di donna, di terra, il segreto della vita. Sei una donna, figlia mia, e come ogni donna, sei preziosa. È proibito maltrattarti, farti del male, ma se tu questo non lo sai, non lo saprà mai nemmeno chi proverà a calpestarti, e lo farà. Devi impedirglielo. Devi conoscere il tuo valore, la tua natura di donna, e devi portartela sulla pelle, senza timidezza, con fierezza. Donna, tu sei bella, e la bellezza va solo ammirata. Con delicatezza. Valeria Croce
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IL PIANETA E LA MADONNA
Vincenzo Policreti
L
a scoperta di un pianeta assai simile alla Terra nella costellazione del Cigno, dove sono verosimili forme di vita simili alla nostra, fa sorgere, in un paese cattolico, una domanda: ma la Madonna di quel pianeta, come sarà? E varranno anche là S. Antonio, padre Pio e S. Martino col suo mantello tagliato? Ironizzare su queste cose è facile al limite della volgarità. Tuttavia viviamo in un Paese nel quale per secoli la gente –e non solo quella semplice e sprovveduta– ha convissuto con una ricchissima struttura di esseri soprannaturali, alcuni addirittura divini, i quali, da un lato ad onta della loro trascendenza, ma dall’altro proprio a causa di quella, erano disposti a dare una mano nelle mille difficoltà che la vita quotidiana offriva allora, come ancora offre oggi. C’era una santa che aiutava a trovare ciò che s’era perduto (S. Elena), un santo che proteggeva gli animali (S. Antonio del Porco), una santa (Barbara) che proteggeva gli artiglieri al punto da dare il proprio nome al luogo meno sacro: il deposito degli esplosivi. Per non parlare poi dell’enorme quantità di santi protettori dei singoli paesi e villaggi, in onore dei quali si facevano, come ancora si
fanno, feste, luminarie e processioni. Tutta questa struttura trascendente era di enorme compagnia per l’uomo che in essa, a ragione o a torto credeva e che confidava in una nutrita serie di presenze positive pronte a proteggerlo, solo che lui le pregasse. Questa secolare cultura è stata messa, come tutti sappiamo, in seria discussione dall’affermarsi di un’erudizione da un lato, di una tecnologia dall’altro, che hanno offerto ipotesi e spiegazioni logiche, spiegando spesso quanto era creduto inesplicabile e perciò miracoloso e cacciando i santi dal loro habitat naturale, proprio come in Africa e in Asia l’espandersi degli agglomerati urbani emargina prima, estingue poi molte specie naturali. La trascendenza di santi e beati aveva tuttavia una precisa base geografica: Gesù nacque in un luogo preciso, in uno altrettanto preciso morì; S. Antonio da Padova era di Lisbona; ecc. L’ipotesi, sempre meno fantascientifica, di altri pianeti abitati, distanti anni luce (vale a dire un numero di chilometri inimmaginabile: 1 ora luce sono già 26 miliardi di chilometri) spazza via il concetto religioso legato al territorio: che ci farebbe S. Marco a 1.400 anni luce da Venezia? È ovvio che l’intero mondo legato a queste credenze vada in crisi davanti a un mutare così radicale di scenario. Gli amici di Civiltà laica ne saranno felici. C’è
tuttavia una cosa da osservare: senza questa rete di presenze amiche, l’essere umano diviene sempre più solo. Come a dirgli: “Sai? Conti tanto su tuo padre e tua madre, ma in realtà sei nato in provetta e non hai né l’uno né l’altra; su loro non contare mai più”. Si osserverà che dignità umana esige che l’homo faber sia arbiter fortunae suae, e che quindi questa solitudine sia in realtà una raggiunta autonomia della mente. Ma questa osservazione ne ricorderebbe tanto un’altra di sessantottina memoria secondo la quale, dato che nessun essere umano appartiene a un altro, la gelosia, non avendo giustificazione, non esiste. E se invece constatassimo che la gelosia, giusta o no che sia, esiste –com’è sempre esistitaalla faccia del ’68? L’homo è sapiens, ma non abbastanza da essere capace di star solo; se la solitudine lo ha sempre terrorizzato, ci sarà un perché. L’eliminazione culturale del mondo sacro spicciolo e quotidiano, così protettivo, non ne farà affatto un essere autosufficiente, pieno di dignità, un Muzio Scevola della solitudine: al contrario, lo spingerà, armi e bagagli, nelle grinfie del primo marpione che gli prometta protezione e compagnia, magari per mangiarselo vivo. I preti lo facevano già? Forse. Ma in cambio davano qualcosa che, vero o falso che fosse, era solido come una roccia. Alle generazioni future ciò sarà precluso. Con quali conseguenze?
Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
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Comprendere è indispensabile per prevenire e curare Dr. Leonardo Paoluzzi
È
di fondamentale importanza ricordare che ogni essere umano va considerato come un insieme inseparabile, come un individuo (in-divisibile) la cui globalità fisio-patologica viene influenzata dall’ambiente nel quale vive e dagli stimoli che questo invia, e di cui quindi i suoi cambiamenti devono tener conto, oltre che delle leggi biologiche intrinseche, anche di quelle relative all’ambiente regolato dalla fisica. Inoltre c’è il contesto sociale parimenti importante per le sue numerose relazioni (psiche-somapolis). Bisogna quindi prendere in considerazione le relazioni funzionali inseparabili che esistono fra i visceri, gli organi ed i tessuti del corpo e saper collegare in una unica funzione (il mantenimento della salute e quindi della vita), le migliaia di cellule che sono solo in apparenza isolate fra loro, perché svolgono funzioni fortemente specializzate. Questo collegamento si realizza con un sistema più ampio dei singoli apparati che li comprende e li relaziona fra loro, come in una sorta di processo piramidale al vertice del quale c’è l’Organo-Funzione di riferimento. Possiamo contarne cinque di organi fondamentali (fegato-renicuore-pancreas-polmone), che per semplicità chiameremo “fonti energetiche” che animano e sostengono quella piramide. Partire da questi presupposti significa che la costituzione individuale, forte o debole che sia, di un soggetto grasso o magro,
alto o basso, con una struttura sentimentale (o emozionale) triste o allegra, agitata o calma, rimuginativa o collerica, giocano un ruolo assai importante per arrivare alla comprensione globale dell’essere. Questo processo conoscitivo diagnostico va ad affiancare quello degli organi che conosciamo e che chiameremo “dell’organismo” per sottolineare che è l’intera persona ciò che dobbiamo studiare e comprendere. La salute non può essere separata dalle condizioni climatiche, poiché in un giorno di vento o di umidità l’organismo deve adattarsi a quella condizione per mantenere il suo stato di salute e ciò poggia essenzialmente su quelle strutture energetiche di fondo che ognuno possiede in maniera specifica. Lo stesso dicasi per le diverse ore del giorno, dei mesi, delle stagioni, dell’anno… Pertanto il medico si baserà per la sua diagnosi e quindi per la sua strategia terapeutica-alimentare sulle risposte individuali che sono all’interno della logica generale, ma soprattutto sulla costituzione del paziente. In conclusione l’osservazione rappresenta uno dei momenti fondamentali per raccogliere informazioni utili atte a comprendere la costituzione alla quale il soggetto appartiene e quale sarà la sua “vulnerabilità”, ovvero la sua predisposizione ad ammalare. Da ciò si avrà come conseguenza un sistema di cura che si occuperà della persona in concreto e non degli organi in astratto.
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Ottobre 2015
Ottobre mese della PREVENZIONE Vincere la malattia è però possibile nella grande maggioranza dei casi, grazie soprattutto alla prevenzione e all'anticipazione diagnostica. Non è però ancora diffusa su tutto il territorio nazionale un’adeguata cultura dell’informazione preventiva. La sfida è proprio quella di sensibilizzare le donne sull’importanza della prevenzione come primo passo per sconfiggere la malattia. È per questa ragione
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che da diversi anni è stato scelto il mese di ottobre come simbolo alla lotta contro il cancro al seno. Fortunatamente negli ultimi anni la mortalità per cancro alla mammella è in costante diminuzione. Le nuove tecnologie diagnostiche di imaging, sempre più precise e sofisticate ci consentono oggi di individuare lesioni in fase iniziale e in questi casi la probabilità di guarigione è di oltre il 90%.
LA TOMOSINTESI MAMMARIA Il mammografo digitale Selenia Dimensions© offre la possibilità di rivoluzionare la mammografia, innovando in modo significativo i paradigmi dell’imaging mammografico e del precoce rilevamento del tumore alla mammella. Questo grazie alla combinazione di immagini acquisite a due dimensioni, a tre dimensioni e tomosintesi tridimensionale multi-strato. Il Dimensions è progettato per fornire eccezionali immagini 2-D e 3-D alla dose più bassa possibile. La ricostruzione stratificata ottenibile con la tomosintesi riduce o elimina del tutto i problemi causati dalla sovrapposizione dei tessuti ed il rumore strutturale, che si possono avere in una immagine 2-D offrendo un’ottimizzata capacità diagnostica ed una superiore attenzione alla paziente.
Il cancro al seno colpisce 1 donna su 10. È il tumore più frequente nel sesso femminile e rappresenta il 25% di tutti i tumori che colpiscono le donne. Ha un’influenza più elevata sui soggetti che superano i 50 anni e si manifesta più raramente nelle donne under 30. Sebbene negli ultimi anni si sia registrata una costante riduzione dei decessi, il cancro al seno resta la prima causa di mortalità per tumore nel sesso femminile, con un tasso di mortalità del 17% di tutti i decessi per causa oncologica. La sua incidenza purtroppo è in costante crescita.
La dottoressa LORELLA FIORITI
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Il Professore Renzo Segoloni è letterato, attore, regista. Dedica molto del suo tempo allo studio ed alla attività teatrale e tiene, presso l’Associazione Culturale La Pagina, incontri -seguitissimi- di lettura e presentazione dei classici, facendo rivivere i grandi capolavori della letteratura italiana. Renzo Segoloni contribuisce moltissimo, come tutti i Senatori della Città che profondono gratuitamente il loro impegno presso la nostra Associazione, ad innalzare il livello culturale di una buona parte della città, starei per dire di una parte buona di Terni. Giampiero Raspetti
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TRATTAMENTI mini-invasivi dell’ ARTROSI dell’ ANCA Fig. 1 Dott. Vincenzo Buompadre Spec. Ortopedia e Traumatologia Spec. Medicina dello Sport Cl. S. Giuseppe Arezzo Cl. Villa Fiorita Perugia Cl.Villa Aurora Foligno
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'artrosi è la patologia più frequente dell'anca (Fig.1) soprattutto nella popolazione anziana, anche se meno frequentemente può manifestarsi in soggetti giovani-adulti per il sovraccarico funzionale con l’attività lavorativa e/o sportiva o essere secondaria a patologie che hanno colpito tale articolazione (traumatiche, displasiche, reumatiche). Quando la terapia farmacologica e fisioterapica non risultano insufficienti a controllare la sintomatologia ci si può avvalere dell'infiltrazione ecoguidata dell’anca (Figg.2), che permette di iniettare in articolazione vari tipi di farmaci: anestetici, cortisone, acido ialuronico, gel piastrinico. L’indicazione è l’artrosi in fase iniziale e di media entità, quando sintomatica, con lo scopo di rallentare la degenerazione articolare e attenuare la sintomatologia, ritardando l’intervento di artroprotesi. Altra indicazione all'infiltrazione dell'anca è l'artrosi avanzata in soggetti che per cattive condizioni generali non possono sottoporsi ad intervento. L’artroscopia è una tecnica chirurgica mini-invasiva che permette di trattare varie patologie dell’anca tra cui alcune forme localizzate di artrosi (conflitto femoro-acetabolare), regolarizzando degli osteofiti che sono causa di dolore e limitazione dell’escursione articolare (Figg.3). Tale trattamento permette di ridurre la sintomatologia, rallentare la degenerazione articolare e ritardare l’impianto di una protesi. Quando l’artrosi ha completamente deteriorato l’articolazione dell’anca e la sintomatologia dolorosa con la limitazione funzionale rende impossibile le comuni attività della vita quotidiana, trova indicazione l’impianto di una protesi. L’intervento di sostituzione dell’anca è molto diffuso, la sua tecnica è ben consolidata ed ha un tasso di successo elevato. La ricerca ha fornito soluzioni innovative per quanto riguarda i materiali, i disegni protesici, la tecnica chirurgica, le terapie mediche di supporto all’intervento. La variabilità della forma dell'articolazione dell’anca e la differente deformazione provocata dalla patologia (Fig.4) rendono necessario avere a disposizioni vari tipi di protesi per impiantare la più idonea al singolo paziente. Protesi di rivestimento (Fig.5): sono protesi che conservano il collo e gran parte della testa femorale; questa viene rivestita dalla protesi che è come un guscio metallico di grandi dimensioni che scorre su una coppa in metallo. L’ impianto di questo tipo di protesi è possibile in articolazioni con anatomia discretamente conservata, con osso di buona qualità, tipico di soggetti relativamente giovani. La protesi “corta” (Fig.7), caratterizzata da una componente femorale più piccola rispetto a quella delle protesi tradizionali, consente di conservare più osso femorale, permettendo nella revisione di utilizzare una protesi di primo impianto. Sono fornite di teste di grande diametro che riducono il rischio di lussazione e danno una sensazione del movimento più simile al fisiologico. Le protesi tradizionali presentano una importante variabilità soprattutto nella componente femorale che può avere una forma retta, anatomica o cilindrica (questa soprattutto per le anche displasiche gravi) o modulare. Anche in queste protesi le teste sono di grande diametro, i materiali utilizzati per lo snodo possono essere in metallo, metallo-polietilene, ceramica-polietilene e ceramica-ceramica. Per quanto riguarda la tecnica chirurgica, in pazienti non in sovrappeso ed in buone condizioni generali, è possibile effettuare l’intervento con un’incisione abbastanza limitata (da 8 a 10 cm circa) (Fig.8), conservando il più possibile l'osso e le strutture muscolo-tendinee (chirurgia miniinvasiva). Inoltre si sono sviluppate terapie per ridurre il sanguinamento e spesso si evita l’uso del drenaggio. Dal giorno successivo all’intervento è possibile rimettersi in piedi e muovere i primi passi.
Fig. 2a
Fig. 2b
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Fig. 3b
Fig. 4
Fig. 5
Fig. 6
Fig. 7
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