La Pagina - Dicembre 2012

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Numero 100 Dicembre 2012

Mensile a diffusione gratuita di AttualitĂ e Cultura


Presepi d’Italia 2012 nel segno dell’Arte! In Umbria, nella culla del Rinascimento, nella meravigliosa terra affrescata da Giotto, è in programma a Natale la XI Edizione di Presepi d’Italia che si annuncia tutta nel segno dell’arte. Non solo bellissimi presepi, ma anche veri e propri capolavori realizzati da grandi scultori e ceramisti, i quali, davanti alla Santità del Natale, sanno liberare tutta la loro creatività, realizzando originali opere d’arte sulla Natività, opere che rappresentano il valore aggiunto di Presepi d’Italia (www.presepiditalia.it). La Mostra si tiene dal 24 dicembre al 6 gennaio 2013 a Massa Martana, uno dei borghi più belli d’Italia, dove i visitatori sono accolti dai fuochi che i vecchi del paese accendono nelle piazze e dalla melodia delle nenie natalizie diffuse nelle vie dell’antico borgo medioevale. Una Mostra dove, per incanto, si riscoprono la magia e le emozioni del Natale di una volta. Tante le novità 2012 e tutte nel segno dell’arte: Il Natale al tempo del Perugino, il divin pittore. pittore Nella chiesa di San Sebastiano sarà in scena il Natale del 1500, raffigurato da dipinti originali e fedeli riproduzioni di opere attribuite a Pietro Vannucci e suoi contemporanei. Ma non basta: per far immedesimare meglio il visitatore nel Natale del 1500, è stato realizzato anche un presepe con pregiate statue in cartapesta a grandezza naturale, opera del maestro Prof. Francesco Invidia, fedelmente ispirate alla Adorazione dei Magi del Perugino, esposta alla Galleria Nazionale dell’Umbria. Quello che stupisce di più di questo presepe è un colpo d’occhio fortemente cromatico e l’eleganza mondana dei suoi personaggi. Tanti nuovi presepi, uno più bello dell’altro: napoletani, palestinesi, popolari e diorami, realizzati con grande maestria da alcuni dei più bravi presepisti italiani i quali, con le loro opere, rinnovano la magia del Natale e mantengono viva l’intuizione di San Francesco. Le meraviglie di 10 città della ceramica: ceramica ben 45 ceramisti molto quotati e prestigiosi Istituti d’Arte presentano il meglio della tradizione ceramista di alcune delle principali città della ceramica, quali Caltagirone, Santo Stefano di Camastra, Grottaglie, Cerreto Sannita, Vietri sul Mare, Castelli, Faenza, Deruta, Nove, Albisola, ognuna fiera della bellezza ed originalità delle sue Natività. I grandi scultori di Presepi d’italia: d’italia oltre 60 artisti molto noti e di grande talento, affascinati dalla magia della Nascita di Cristo, hanno scelto Massa Martana per esporre opere geniali e creative che danno lustro e prestigio alla mostra, rendendola ogni anno tutta nuova. Sculture in bronzo, pietra, argilla, cera, cartapesta e nei materiali più vari, di fronte alle quali si provano grandi emozioni che fanno capire come l’uomo (artista) con il suo talento, la sua mente ed il suo lampo di genio può arrivare veramente a Dio. In totale saranno presentati 150 nuovi capolavori, capolavori tra presepi ed opere d’arte sulla Natività e saranno esposti in 25 botteghe ubicate all’interno delle mura medioevali di Massa Martana che, in occasione del Natale, complice la presenza dei presepi, diventa una cartolina d’altri tempi e regala al visitatore un senso di pace e benessere, facendo sorgere spontanea la domanda: a quale pagina della storia siamo arrivati? Tutto questo è Presepi d’Italia, d’Italia un evento di portata nazionale, una delle due mostre più importanti del settore, … lo spettacolo più bello da vedere a Natale! Per informazioni: Ennio Passero 348 3347146

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M A S S A M A RTA N A - P re s e p i d ’ I t a l i a 2 0 1 2 n e l s e g n o d e l l ’ a r t e ! GRAZIE - G Raspetti Caro Giampiero... - M Ricci CENTO - P Fabbri Una Pagina lunga cento numeri... - A Melasecche Un giornale 100 volte ... speciale! - C Colasanti L’ e n t u s i a s m o d e l l a r a g i o n e - G G r a v i n a Guida BCE per il Natale a cura del Governo Monti - F P a t ri zi CAFFÈ VILLAGLORI - CAFFÈ BECCARIA Italia una e bina - P Seri ALFIO La coppia e i suoi bagagli - S Marsiliani, P Pernazza SARA ASSICURAZIONI U n c a s o c l i n i c o - V Policreti Il fantasma della libertà - Quisque de populo GRUPPO CENTRALMOTOR L’ u o m o c h e p a r l a v a c o i s a n t i - V G re c h i NERO NORCIA T E AT R O M A N I A - I C o n t i Te n e r e a b a d a i l d i a b e t e a N a t a l e s i p u ò - A C o n t i A . C . L A PA G I N A - L a c u l t u r a d e i p o p o l i A . C . L A PA G I N A - G i o r n a t a m o n d i a l e d e i d i r i t t i d e i b a m b i n i A . C . L A PA G I N A - C o n f e r e n z e A . C . L A PA G I N A - M o s t r e A . C . L A PA G I N A - P r o g r a m m a z i o n e A . C . L A PA G I N A - P r o g r a m m a z i o n e M O S T R A - P R I M A M O N D I A L E A . C . L A PA G I N A - C O R S O D I L I N G U A A R A B A PA S T I C C E R I A C A R L E T T I C o r r i s p o n d e n z e d ’ a m o r o s i s e n s i - P R E FA Z I O N E d i P F a b b ri I N T E R PA N Studio per “Madonna col Bambino Gesù” - R B e l l u c c i TERNI RUGBY FA R M A C I A B E T T I L A B O R AT O R I S A L VAT I AZIENDA OSPEDALIERA SANTA MARIA DI TERNI STUDIO DI RADIOLOGIA BRACONI N U O VA G A L E N O Lui, lei ... e l’architetto - L Bellucci Associazione Italiana di Cultura Classica LA STANZA DEL SALE - MEDICIN A PSICOSOMATICA L o s p e c c h i o u r b a n o - V To c c h i T E R N I V E R N I C I AT U R A L’ a l i m e n t a z i o n e d e l b a m b i n o : l ’ a l l a t t a m e n t o - L F B i a n c o n i PROGETTO MANDELA CENTRO VETERINARIO LUNGONERA A l l a s c o p e r t a d i . . . 7 M E R AV I G L I E 7 - L S a n t i n i AMARCORD TERNANA - M Ba rc a ro t t i LILLERO N AT I V I T À - E Ru f f i n e l l i LICEO CLASSICO - D Bosi, N Mazzocchi CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA I p e r t e r m i a o v v e r o c u r a r e c o n i l c a l o r e - M B a l l eri n i P i e t r o , l ’ e r e m i t a - M Ba rc a ro t t i S U P E R C O N T I - Un mondo di giocattoli D o n S a l v a t o r e C o l e l l a - M Ga mb i n i F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O ASTRONOMIA - T S c a c c i a f r a t t e , E Co s t a n t i n i , P C a sa l i , M P a sq u a l et t i , T S TECNO OFFICE ALLEANZA TORO 1 0 n o v e m b r e 1 8 4 1 - F Ne r i G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Raspetti Giampiero

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Direttore editoriale Giampiero Raspetti

0744424827 - 3482401774 w w w. l a p a g i n a . i n f o

Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. E’ vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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G R A Z I E G razie ai collaboratori de La Pagina per non essere

grilli parlanti ma grilli operanti, che interpretano sempre con rigore ruoli di divulgatori-educatori, risultando quindi attenti propositori, non stanchi ripetitori né stizziti guastatori del lavoro altrui. Avete cercato complicità culturali, anziché dileggiare o dividere. Avete fatto politica, mai partitica, come deve essere. Insieme, abbiamo dato spazio ai temi del volontariato e sottolineato le nobili azioni di tanti cittadini della polis. Abbiamo, sì, offerto largo spazio ai giovani, ma, in questo, facciamo semplicemente il nostro dovere. Siamo, così, fieri di lavorare senza soldi, né in tasca né in testa e di essere cresciuti da soli, in totale autonomia. Senza padroni, politicanti o banditi. Questi ultimi, anzi, sono sempre stati accortamente lontani dal nostro giornale, tranne in una, infausta occasione. Siamo ancora alla ricerca di politici illuminati e colti che possano educarci ai temi della società, della cultura, della democrazia. Ma abbiamo almeno altri 100 numeri davanti a noi e c’è ancora speranza, perché la Speme è l’ultima Dèa che lascia i sepolcri (non ancora imbiancati)! Ringrazio di cuore i miei illuminati sponsor che hanno onorato le mie pagine con la loro presenza. Auguri! Auguri ai lettori de La Pagina e grazie per la loro tenacia. Auguri a tutti, in particolare ai miei umili amici della Associazione Culturale La Pagina e ai miei generosissimi collaboratori. Giampiero Raspetti

Caro Giampiero... Caro Giampiero, in occasione del decennale de La Pagina

e dell’uscita del suo centesimo numero, voglio rendere partecipi te e i lettori, che ormai sono tanti, di alcune riflessioni. Innanzitutto occorre mettere in evidenza che questo giornale, apparso all’alba degli anni duemila in un contesto cittadino abbastanza statico dal punto di vista culturale, ha segnato un momento importante nel panorama informativo di una piccola città di provincia come la nostra e non è un caso che sia cresciuto lentamente ma progressivamente nel numero delle pagine, nella ricchezza delle rubriche, nella qualità e nella capacità di diffusione anche al di fuori della città. Ma l’aspetto che soprattutto vorrei metter in evidenza, come più qualificante e culturalmente efficace del giornale, è stato ed è sempre più la sua capacità di dare voce ai giovani, che numerosi firmano gli articoli e le rubriche. Con La Pagina si è aperta nella nostra città una palestra di informazione e di discussione, che ha coinvolto ragazzi, delle scuole e non, che altrimenti non avrebbero mai avuto la possibilità di mostrare le loro capacità, le loro idee, i loro problemi. Aver dato a questi giovani la possibilità della parola scritta, dell’approfondimento che essa comporta in un momento storico nel quale l’immagine la fa da padrone e il pensiero fugge in superficie, non è cosa da poco. Dieci anni dunque di lavoro duro per te nel panorama asfittico del mondo culturale cittadino reso ancor più tale dalla crisi economica. In questa situazione La Pagina non poteva non incontrare un’altra realtà culturale, sbocciata come un fiore nel deserto degli anni ottanta, il Progetto Mandela, che ha rappresentato e rappresenta ancora una vera e propria rivoluzione nella realtà giovanile della città. Ebbene, guarda la coincidenza, proprio quest’anno il Progetto Mandela compie venticinque anni della sua attività: migliaia di giovani sono passati per i suoi laboratori e le sue iniziative, e il tuo giornale è stato il luogo adatto nel quale i ragazzi del Mandela hanno potuto esprimere liberamente le loro idee, far conoscere il loro modo di lavorare, chiarire i loro problemi, presentare i loro valori. Ultimamente La Pagina è divenuta anche associazione culturale con un proprio luogo fisico, nel quale si può ritrovare la voglia di stare insieme in modo intelligente e culturalmente piacevole, perché chi l’ha detto che la cultura deve essere per forza noiosa? La nostra collaborazione si è già estesa anche a questo aspetto della tua attività con reciproco arricchimento, dunque, Giampiero, augurissimi per un lungo futuro e già che ci siamo gli auguri facciamoceli reciprocamente, dato che i tempi che ci aspettano non saranno dei più facili anche rispetto alla nostra stessa sopravvivenza! Marcello Ricci


C e n t o Non ci si pensa quasi mai, ma i numeri hanno una caratteristica che li rende davvero peculiari, nel loro rapporto con le parole. Ognuno di noi ha una relazione del tutto speciale con almeno una parola: il proprio nome. È un possesso, più ancora che una proprietà: avere un nome è una caratteristica così importante che è perfino stabilito come diritto dalla legge. Anche i numeri hanno un nome: quando diciamo “uno, due, tre…” stiamo chiamando per nome i primi numeri naturali. E fin qui non c’è niente di speciale, siamo d’accordo. Tutte le cose hanno un nome, e se per caso scoprissimo (o anche se inventassimo) qualche cosa che un nome ancora non ce l’ha, abbiamo tutto il diritto di attribuirgliene uno d’ufficio. Gli scienziati lo fanno continuamente: Quasar, Laser, Bosone, DNA… una scoperta non è quasi neppure una vera scoperta, se non implica la necessità di inventare qualche nome nuovo. Quel che però i numeri hanno di speciale è che sono infiniti, e a prima vista sembra davvero impossibile inventare un numero infinito di nomi; eppure anche un bambino sa che ogni numero, per quanto grande possa essere, ha comunque un nome. Un nome magari lunghissimo, quando il numero è lunghissimo (12.000.000.000.325.800.003? “Dodici miliardi di miliardi trecentoventicinque milioni ottocentomila tre”) e certo complicatissimo, ma un nome c’è. La cosa particolarmente buffa è che quel nome è esatto: tutti concordano, anche senza consultarsi, nel chiamarlo proprio così. Perfino persone di lingua diversa: userebbero suoni e lettere diverse, ma ogni lingua genererebbe un nome che sarebbe puntualmente uno la traduzione dell’altro. Ma la magia vera è ancora un’altra, e cioè che quel nome su cui tutti concorderebbero, quasi sicuramente non è mai stato pronunciato nella storia dell’umanità. Per fare qualcosa che nessuno al mondo ha mai fatto prima, non serve lanciarsi col paracadute da cinquantamila metri d’altezza, o bere sessanta litri di birra in un’ora: basta scrivere venti o trenta di cifre a caso, una dietro l’altra, e leggere il numero a voce alta: sarà facile farlo in maniera corretta, e la probabilità che qualcun altro abbia mai pronunciato il nome di quel numero è così infima che è molto, molto più probabile essere colto da un meteorite lo stesso giorno in cui avete fatto sei al Superenalotto. Un vero record, un’autentica azione da Guinness dei Primati, e si può farla in cinque minuti, anche senza allenamento. Per contro, anche se la maggior parte dei numeri ha un nome che non è mai stato pronunciato, alcuni numeri sono così familiari

che sono invece pronunciati, chiamati e nominati molte volte al giorno da ciascuno di noi. Imparare a contare è una cosa che si fa da molto piccoli, e la filastrocca “uno, due, tre…” si impara quasi sempre prima ancora del primo giorno di scuola. E i nomi si imparano nel giusto ordine, per forza: prima l’uno, poi il due, e così via. Ma se ci si pensa un attimo, c’è un numero prepotente che, per la fretta di comparire, si presenta con il suo nome alle orecchie dei bambini prima del suo turno naturale. Subito dopo aver contato da uno a dieci, di solito: non aspetta che arrivino gli altri ottantanove nomi, e si presenta subito: cento. È il primo acceleratore verso l’infinito: … otto, nove dieci; cento, mille, un milione, un miliardo. È davvero speciale, in questo senso. Porta il significato di “tantissimo”, nella testa dei bambini, che una volta che hanno finito le dita delle due mani si trovano all’improvviso a dover affrontare un numero che non si può “toccare” appoggiando un polpastrello sul naso: è qualcosa che si tocca solo con la mente, perché non si sono mai visti squadre di dieci bambini mettere in relazioni biunivoca cento cose con cento polpastrelli. “Cento” è un nome nuovo, misterioso: non si vede come invece è possibile vedere il dieci, due mani aperte, ma si capisce lo stesso che esiste, che deve esistere. In questo senso, molto matematico anche se poco aritmetico, cento è molto più vicino ai successivi mille, milione, miliardo di quanto lo sia al familiare dieci che si tocca poggiando un mignolino sulla punta del naso. Quindi cento, anche se segna certo un traguardo, un cambio di passo e per definizione un cambio di ordine di grandezza, è assai più un segno di partenza che di arrivo. Un inizio, più che una conclusione. E questo è certo il migliore augurio che possiamo fare a La Pagina per il suo Piero Fabbri centesimo numero. Si ricomincia.

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Una U na Pagina lunga cento nu n um e r i . . . Circa cento numeri fa, Giampiero Raspetti, mio Professore di matematica al Liceo Tacito di Terni, mi propose di collaborare a quella che allora appariva un’iniziativa coraggiosa, addirittura, tenuto conto di come finiscono normalmente queste cose, decisamente temeraria. Avevo da poco completato il Dottorato di Ricerca, già collaboravo con META Group ed ero nella fase conclusiva della mia esperienza di Presidente della I Circoscrizione Tacito nella sede di Via Rosselli. Tutto avrei immaginato meno che la caparbietà, la fantasia e i sacrifici di Giampiero potessero consentire a tutti noi, la redazione, ma soprattutto ai moltissimi lettori, di festeggiare i primi cento numeri de La Pagina. Possiamo oggi brindare insieme ad un’idea che, grazie al contributo di molti, rimane ancora accesa e consente di esprimerci liberamente nel tentativo di informare, far riflettere, formare le coscienze, in un settore, come quello delle iniziative editoriali, mai come oggi inflazionato di esperienze che sorgono solo per incensare l’uno o essere funzionali agli interessi dell’altro. Cento numeri sono passati in un baleno mentre il mondo intero, il nostro Paese, è stato investito da una crisi pesantissima, non solo economica, ma anche e soprattutto di valori che fa soffrire quasi tutte le famiglie ed impone sacrifici anche molto duri. Ebbene in questo percorso La Pagina ci ha accompagnati di anno in anno aiutandoci a riflettere, a ragionare, facendoci sentire quasi una famiglia, mano a mano più grande ed estesa. Spesso Giampiero, con i suoi editoriali travolgenti, si indigna, si commuove, fa indignare e fa commuovere. Rimane uno spirito libero e sognatore, spesso un poeta, un filosofo, un matematico, un folletto

Un giornale ... 100 volte speciale! Quando ho saputo che questo numero sarebbe stato il numero 100 mi sono sentita incredibilmente fortunata e ho cominciato a pensare a quando iniziai a scrivere su questo giornale … ormai quasi sette anni fa, grazie alla mia scuola, il (tanto bistrattato) Liceo Classico. Ho cominciato a spremermi le meningi pensando a qualcosa da scrivere che fosse davvero speciale, particolare e adatto per una ricorrenza così importante. Eppure, come mi capita sempre in questi momenti importanti, non mi è venuto in mente niente di meglio di un “grazie” enorme, sentitissimo e che prendesse praticamente mezza pagina. Sì, perché troppe volte diamo per scontato qualcosa (qualsiasi cosa, in qualsiasi ambito, o addirittura qualcuno!) che invece andrebbe sottolineato, apprezzato pubblicamente e pubblicamente (e adeguatamente!) ringraziato. Quindi ne approfitto e ringrazio innanzitutto Giampiero Raspetti, che mi ha dato questa grande opportunità, quando non avevo ancora finito il liceo, donandomi uno spazio tutto mio dal quale far sentire la mia voce e far capire il mio punto di vista a tutti coloro che hanno avuto la pazienza, la voglia e l’interesse di mettersi a leggere i miei pezzi. Senza la sua fiducia e la sua disponibilità, comprensione e gentilezza sicuramente non avrei uno spazio tutto mio dove dare sfogo ai miei pensieri e avere la certezza che qualcuno li legga. Il grazie, di cuore, va ovviamente anche alle mie insegnanti del liceo,

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ribelle, infine, sotto lo pseudonimo del Mago Raspus, il più ironico ma graffiante demolitore di residui di ignoranza e superstizione ancora fin troppo diffusi nella comunità. Non sempre ognuno di noi condivide tutte le proposte degli altri, ma sono fondamentali onestà intellettuale e rispetto reciproco, soprattutto quello nei confronti dei nostri lettori, a cominciare dai più giovani che da anni collaborano splendidamente e crescono nella consapevolezza che mai ci si deve rassegnare, ma occorre combattere per le proprie idee con passione e tenacia. Come ha fatto fin qui Giampiero ed al quale rivolgo un grazie sincero per aver dato moltissimo a tutti noi. Non sono mancate le difficoltà, moltissime, quelle economiche, quelle legate alla burocrazia, quelle dovute a tentativi di appropriazione dell’iniziativa per farne uno strumento di parte. Tutto è stato però superato grazie al coraggio, alla voglia di esserci e di dare una mano a tutti quegli uomini di buona volontà che non si arrendono, né di fronte alle cattiverie, agli intralci ed ai momenti di scoraggiamento, né di fronte alle “spire ammaliatrici” del potere. Un traguardo importante. Dopo cento numeri siamo tutti un po’ cambiati, Giampiero ha sempre la chioma un po’ ribelle, c’è chi ha un altro lavoro, chi ha cessato di collaborare con noi e altri amici fanno parte di questo gruppo di indomiti. Io nel frattempo ho formato una bella famiglia con Matteo e Chiara, una bimba bella ed impertinente che allieta le nostre giornate. L’importante è però essere rimasti in qualche modo insieme attorno a La Pagina, nella convinzione che questa fiammella di libertà, di approfondimento, di ironia, possa ancora crescere nel nuovo decennio che andiamo ad iniziare. Alessia Melasecche Germini

la professoressa Annarita Bregliozzi e la professoressa Marisa D’Ulizia, che cominciarono a farci scrivere su La Pagina facendoci pubblicare i compiti in classe di italiano e di filosofia nelle pagine dedicate ai lavori dei ragazzi dalle scuole della città, che continuo a leggere con curiosità e che mi riportano indietro di un paio di anni, a combattere con tagli e battute in eccesso. Sento molte persone che dicono che, potessero tornare indietro, non rifarebbero la stessa scuola che hanno scelto in precedenza. Io, grazie anche a professoresse come loro, posso dire di non essermi assolutamente pentita di aver scelto il liceo classico e, anzi, di reputarmi immensamente fortunata ad aver vissuto cinque anni come quelli che ho trascorso tra le mura di quell’edificio tanto odiato quanto amato, anche se sicuramente non rimpianto. La vita è bella proprio perché si cresce, si cambia e ci si evolve diventando qualcuno che, solo qualche anno prima, non avremmo potuto riconoscere come potenzialmente affine, ma è bello guardarsi indietro e riconoscersi in qualcuno di completamente diverso, ma essenzialmente uguale. La sensazione che si prova quando qualcuno ti dice “Bel pezzo quello su La Pagina!” è una sensazione a cui devo ancora abituarmi. Non tanto per il “bel pezzo”, molte volte è solo un pro forma!, quanto per il fatto che lo possano aver letto su un giornale che è in giro per tutta la città (e non solo!). L’idea che altre persone, che magari non conoscerò mai, ma che magari incontrerò per caso per strada in città, abbiano letto, una volta nella loro vita, il giornale su cui erano stampate anche le mie parole, le mie riflessioni e i miei sfoghi … è tanto strano quanto bello e mi sento estremamente fortunata. Proprio come nella canzone di Jovanotti: invece di “Sono un ragazzo fortunato perché m’hanno regalato un sogno” io posso orgogliosamente cantare “Sono una ragazza fortunata perché m’hanno regalato uno spazio”… e di questi tempi è davvero un’enorme fortuna. Chiara Colasanti Grazie.


L’entusiasmo della ragione Sono passati più di trent’anni da quel Settembre del 1981. Io ero allora un quindicenne di provincia, che faticava a tenere a bada la sua esuberanza e la sua massa di capelli ricci. Lui entrò in classe con una grossa scatola di cartone sotto il braccio, due baffi da uomo e lo sguardo curioso: era il nuovo professore di matematica, che ci avrebbe accompagnato per i tre anni del liceo. Un liceo vecchio e reazionario, il Tacito dei primi anni Ottanta, con una classe insegnante in larga parte arroccata sulle anacronistiche posizioni di un autoritarismo intransigente quanto ottuso, capeggiata da una preside vanitosa e pettoruta, che impersonava con insidioso talento il ruolo della burocrate velleitaria e involontariamente comica. Ma Raspetti no, lui era di un’altra razza, di un altro pianeta. E quando rovesciò sulla cattedra il contenuto di quello scatolone, sfoderando il suo ghigno marziano, fu subito chiaro che la musica stava per cambiare: erano libri. Una ventina di libri di argomento scientifico accomunati da un’esigenza divulgativa nella sua accezione più nobile. Lucio Lombardo Radice, Emma Castelnuovo, il primo Piero Angela, quello della Vasca di Archimede: gli interlocutori privilegiati del suo itinerario di insegnante stavano lì sparpagliati sulla cattedra, in attesa di un nostro cenno di reazione. Ovviamente non eravamo pronti a reagire a una simile provocazione, né tanto meno a comprenderne il senso più genuinamente maieutico e democratico. Perciò Raspetti cominciò a tirarceli, questi libri che esitavamo a fare nostri: a me toccò Il rifiuto, le considerazioni semiserie di un fisico fiorentino, tale Giuliano Toraldo di Francia, “sul mondo di oggi e di domani”. Nella mia assoluta incoscienza, il titolo e il formato tascabile mi parvero insieme eversivi e rassicuranti, ispirandomi simpatia. Non so che fine abbia fatto oggi quel libretto targato Einaudi che lessi senza neanche raccapezzarmici del tutto, con la consapevolezza intermittente di un adolescente smanioso di esperienze, ma ancora insofferente alla disciplina del pensiero. Ma so per certo che a partire da lì qualcosa deve essere germogliato, se oggi che con la scrittura mi guadagno da vivere, ripenso ancora a quell’incontro come a un’iniziazione. E sono grato a Giampiero, che negli anni decisivi della formazione liceale, anziché infierire sulla mia scarsa vocazione al rigore e all’esattezza della matematica, ha preferito stimolare le mie idealità e alimentare un disordinato ma fecondo entusiasmo della ragione. Non è forse questo stesso generoso entusiasmo che anima i primi cento numeri della sua Pagina? Non è forse la stessa esigenza di rimettersi continuamente in gioco, di aprirsi trasversalmente ai saperi, di aggregare esperienze, sguardi, energie per suscitare l’attrito vitale di un’istanza critica? La Pagina ha dieci anni, ma sembra partita ieri, tanto scapigliata e quasi anarchica ha saputo conservarsi rispetto alle logiche, alle convenzioni e ai cerimoniali della comunicazione politically correct. A me, che pure la frequento solo occasionalmente vivendo in un’altra città, sorprende ritrovarci ogni volta intatta la passione per una cultura fatta di iniziative e di occasioni concrete, di episodi e di incontri tra cittadini. Una cultura genuinamente politica (nel prioritario riferimento etimologico alla città, alla pòlis) ma risolutamente, tenacemente apartitica, che Raspetti ha saputo innervare di tensione morale e di ambizioni nobili, con la stessa nonchalance, con la stessa istintiva e deliberata promiscuità con cui aveva rovesciato i suoi libri sulla cattedra, quel primo giorno di liceo. Cento di questi giorni a La Pagina, a tutte le pagine. E buon lavoro a chi scrive e a chi legge: per coltivare sogni, idee e progetti ci sarà sempre bisogno di pagine. Giampaolo Gravina

Vini e Terre di Borgogna, Borgogna è l’unico testo in lingua italiana interamente dedicato ai mitici vini della Côte d’Or. Una guida densa di informazioni sulla storia e la geologia, le vigne e le cantine, le denominazioni, le annate e gli interpreti dei più famosi e ricercati vini del mondo da uve chardonnay e pinot noir. Ma anche un racconto di viaggio, centrato sui paesaggi, i ritratti e i sapori di una terra che non smette di appassionare, tra piccoli vignerons emergenti e domaines di culto già leggendari. L’esplorazione delle circa 100 cantine e 400 etichette protagoniste è affidata alla scrittura di Giampaolo Gravina, degustatore e critico vinicolo, vice-curatore da oltre dieci anni della Guida I Vini d’Italia de l’Espresso; lo affianca Camillo Favaro, vignaiolo in Piemonte e titolare dell’agenzia Artevino. Con le fotografie del reporter Maurizio Gjivovich e le preziose cartine di Sylvain Pitiot, il libro è integrato da un repertorio di itinerari turistici, curiosità e suggerimenti gastronomici. A Terni da Alterocca o sul sito www.passioneborgogna.it.

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Guida BCE per il Natale a cura del Governo Monti Il Governo Monti ha smentito le voci che erano circolate sul cosiddetto ddl Natale, la festività non sarà soppressa e non verrà considerata giornata lavorativa da recuperare, né ci sarà un Natale suddiviso per aree geografiche. Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda festeggeranno regolarmente con albero e presepe, mentre in Grecia, causa le restrizioni imposte dalla Bce, ci sarà un presepe ristretto senza pastori e senza angeli; per i suddetti paesi è da considerarsi invece valida l’indicazione dei Magi senza doni. Pubblichiamo di seguito il vademecum sulla gestione dei regali in vigore per l’anno 2012/2013. 1) Tracciabilità: il regalo deve presentare notifica di luogo di fabbricazione, distributore, acquirente; nel caso in cui venisse riciclato da festività precedenti, è da considerarsi in permuta e pertanto soggetto a tassa di transazione; 2) Detrazioni: i regali in entrata superiori al valore di 99,99 euro cadauno vanno dichiarati nel modulo 730 alla voce “introiti da festività religiose” pertanto, insieme al biglietto degli auguri, va richiesta la ricevuta; 3) Durata: per dare un impulso all’economia, il regalo destinato ai minori di anni 14 deve restare integro per non più di un anno, in tal modo il Natale successivo potrà essere sostituito da nuovo esemplare, per cui si invitano i genitori a non frenare gli impulsi distruttivi nei suddetti minori. 4) Rateizzazione: si ricorda che i regali di Natale si possono dilazionare in comode rate consegnando metà del regalo il 25 dicembre e l’altra metà il 15 agosto; è possibile inoltre usufruire di una terza rata il 2 novembre; in tal caso, per decreto governativo, il regalo di Natale ricevuto per la festività dei morti sarà comunque da considerarsi ben accetto; ovviamente tale opportunità è da considerarsi valida in caso di regali componibili, come puzzle, scatole di costruzioni o cesti alimentari così strutturati: torrone prima rata, cocomero seconda, fave dei morti terza;

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5) Delazione: se un vostro amico o parente vi presenta un dono il cui costo è superiore alla busta paga del suddetto, chiamate il numero verde gratuito dell’Agenzia delle Entrate (Operazione Spy-Christmas) e sarà verificata l’effettiva disponibilità del donatore; 6) Estetica: si sconsigliano regali vistosi che possano risaltare all’occhio di vicini e/o parenti invidiosi (vedi la voce precedente), per cui si suggerisce di incartare i pacchi senza nastrino e fiocco; per la legge sulla trasparenza, si ricorda che è possibile usare il vostro estratto conto per creare simpatiche confezioni (vedi allegato “Fare découpage con la crisi”); 7) Eticità: la produzione dell’oggetto regalo deve essere rispettosa delle norme vigenti sul lavoro, gli operai della fabbrica di provenienza non devono aver goduto di trattamenti privilegiati (come l’art.18 o la cassa integrazione); 8) Salute: onde evitare di gravare sulla spesa sanitaria nazionale, evitate accuratamente scambi affettivi cutanei; nel caso in cui nonne, vecchie zie e affini insistessero nel baciarvi, strofinate la parte interessata con abbondante amuchina; 9) Austerità: il nuovo anno potrà essere salutato con una sola bottiglia di spumante per famiglia; qualora da un’abitazione monofamiliare venisse udito un botto reiterato in numero superiore a due, si prega di avvisare il numero verde del Ministero delle Finanze; 10) Consumi: nei paesi sotto osservazione Bce non possono essere consumati dolci ipercalorici; nel caso in cui il vostro panettone presentasse un numero di canditi superiore a 25 per fetta, il Ministero del Tesoro provvederà alla sostituzione del suddetto con equivalente krapfen tedesco con scaglie di crauto. Buone feste a tutti e auguri di un morigerato 2013! Francesco Patrizi


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Italia una e bina Due Italie separate e non comunicanti. Questa è l’immagine che appare del nostro paese in un inizio millennio decisamente sotto tono. L’Italia delle caste, delle cosche e delle clientele e quella che si guadagna il pane lavorando, pagando le tasse e rispettando le leggi. Da una parte troviamo una nomenklatura che vive barricata dietro le solide mura fatte di benefit, privilegi, leggi di comodo, che può concedersi, nonostante la crisi, costosi viaggi all’estero, auto blu, soggiorni in hotel da favola, ormai abituata a gestire la res publica come una res privata, una vera e propria Versailles del III millennio, tanto per fare qualche richiamo alla storia passata. A questa si contrappone la ben nota Italietta che arranca, annaspa, fatica a far quadrare il bilancio familiare planando nelle turbinose correnti di leggi finanziarie vessatorie, di rincari spesso ingiustificati, di balzelli vari. È proprio quest’ultima quella che con la sua operosità sostiene il pesantissimo onere della complessa macchina dello stato e che mantiene la costosa gestione dei palazzi di potere, ricevendone in premio un fiscalismo rapace. Sono due mondi lontani anni luce, due universi paralleli, direbbe un fisico, diversi ed opposti nel modo di pensare, di vivere, nel modello di morale e di estetica. Una situazione come questa in altri paesi, in altri contesti storici avrebbe provocato una lacerazione insanabile, una catastrofe fino ad una dura resa dei conti, invece le due Italie convivono. Come tutto ciò sia possibile resta inspiegabile, un vero mistero. Me lo sono chiesto spesso in questi anni, senza trovare una risposta esauriente. Forse il motivo risiede nel naturale istinto di sopravvivenza, il trovarsi sulla stessa barca in un mare melmoso oppure in una sorta di fatalismo pessimistico che si è impossessato dell’italiano medio spingendolo ad accettare tutto, con l’amara constatazione che peggio di così le cose non possono andare, dato che ogni speranza di cambiamento si è risolta nell’ennesima disillusione oppure nell’opportunismo furbesco, sempre serpeggiante a tutti i livelli nel nostro paese, che spinge l’homo italicus ad adattarsi, ad arrangiarsi anche alle situazioni più incresciose e difficili con lo scopo principale di salvaguardare se stesso ed il proprio orticello. Quale di queste ragioni qui esposte sia quella giusta, se lo sono tutte e tre oppure tutte e tre risultano sbagliate, non è dato sapere. L’unica certezza su cui non esiste possibilità di equivocare è il fatto l’Italia sta vivendo una situazione di sdoppiamento che ricorda, sia pure in ben altro contesto, quello dei tragicomici personaggi di Luigi Pirandello che subiscono non senza disagio tale situazione paradossale, senza però reagire, senza accennare ad opporvisi. Lasciamo ora la letteratura al suo posto e torniamo a noi. Ogni mattina radio, giornali, televisioni pubbliche e private informano i cittadini onesti e rispettosi delle leggi che nel loro doppio, ovvero nell’altra Italia, centinaia di compaesani hanno sfidato la prigione, il disonore, per arricchirsi usando la politica, le strutture dello stato ai danni dello stato stesso, il tutto senza provare vergogna o rimorso con l’arroganza di chi, pur sapendo di far parte della classe ladrona, si picca di essere classe dirigente, avvalendosi delle barricate protezionistiche sapientemente innalzate ad hoc da quest’ultima. Ergo questi illustri (Fioriti docet, tanto per citare l’ultimo di una lunga serie) fanno loro bella mostra di sé, da autentiche prime donne, nei vari programmi televisivi, proclamando spudoratamente la loro

innocenza e adducendo ridicole giustificazioni. Quando si assiste a queste squallide performances ti viene spontaneo domandarti: è possibile che è questa la società in cui vivo, quella in cui si è perso non solo ogni più elementare rispetto per la pubblica opinione ma anche ogni tipo di vergogna, di disagio? Tutte domande che rimangono piantate lì, senza risposta! La cruda realtà è che una volta i politici colti con le mani nel sacco cercavano todo modo di salvare la faccia, oggi non è più così: l’Italia dei ladri non è solo priva di vergogna, ma sfacciata, arrogante e protetta. In tempi non lontani chi faceva bancarotta fraudolenta si vergognava, scompariva, a volte si uccideva, ora i protagonisti degli scandali non atteggiano al minimo pentimento, proclamando nei media la loro innocenza, minacciando querele e controdenuncie ai magistrati che li hanno incriminati e promettendo rivelazioni clamorose poi mai fatte. Il nostro paese, spaccato in due, vive in stato di schizofrenia e il bello è che da una simile classe dirigente non ci si può aspettare alcuna iniziativa per porre un freno, un qualche rimedio! Nobili e saggi sono stati gli appelli all’unità lanciati dal presidente Giorgio Napoletano e da altri politici di buona volontà (molto pochi, ad onor del vero), ma rischiano di rimanere solo belle parole, se non sono sostenuti da ferma e seria volontà politica di intraprendere finalmente la tanto auspicata svolta. Ogni giorno i vari tg informano il cittadino onesto di soprusi, abusi, arresti ecc... ogni sera trasmissioni come Otto e mezzo, Ballarò, Servizio pubblico, Matrix… lo conducono nei meandri intricati della politica, del malcostume, del malaffare, (non si vuole certo negare il diritto alla libertà di informazione, garantita dalla Costituzione) ma con quale risultato? Quello di renderlo ancora più scettico e sfiduciato verso una classe trasformatasi in un’autentica oligarchia lontanissima dai problemi reali del paese! Intanto crescono il malcontento e il disinteresse verso la politica, crescono anche nuove forme di protesta interpretate, sia pure in modo diverso, dalle Cinque stelle di Beppe Grillo e da Matteo Renzi il rottamatore. Molti sostengono che tali movimenti contengano molta protesta, ma poca proposta. Sarà anche vero, tuttavia nulla impedisce al povero sig. Rossi, tassato e tartassato, di chiedersi legittimamente: quale ulteriore danno possono fare Grillo e Renzi rispetto a quelli causati dal malgoverno dei partiti avvicendatisi negli ultimi decenni alla guida del Paese? Il sig. Rossi è per definizione una persona pacifica, ma alla fine la pazienza scappa pure a lui! Pierluigi Seri

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La coppia e i suoi bagagli

Secondo i dati ISTAT, nel 2010 le separazioni sono state 88.191 e i divorzi 54.160; rispetto all’anno precedente le separazioni hanno registrato un incremento del 2,6% mentre i divorzi un incremento pari a 0,5%. I tassi di separazione e di divorzio totale mostrano per entrambi i fenomeni una continua crescita: se nel 1995 per ogni 1.000 matrimoni erano 158 le separazioni e 80 i divorzi, nel 2010 si arriva a 307 separazioni e 182 divorzi. La durata media del matrimonio al momento dell’iscrizione a ruolo del procedimento risulta pari a 15 anni per le separazioni e a 18 anni per i divorzi. L’età media alla separazione è di circa 45 anni per i mariti e di 42 per le mogli; in caso di divorzio raggiunge, rispettivamente, 47 e 44 anni. Questi valori sono in aumento per effetto della posticipazione delle nozze verso età più mature e per l’aumento delle separazioni con almeno uno sposo ultrasessantenne. I dati ci portano a fare delle riflessioni storiche sul cambiamento avvenuto nella famiglia. La Famiglia Patriarcale era basata sulla economia rurale, nella quale l’importante era rimanere uniti affinché non si disperdessero le energie familiari. In seguito però, con l’avvento della rivoluzione industriale, il concetto di Famiglia Patriarcale ha iniziato pian piano a sfaldarsi, lasciando il posto alla Famiglia Nucleare o ristretta, composta da due coniugi e dai figli. Successivamente con la riforma emanata il 19 Maggio 1975, in particolare con l’articolo 29 della costituzione, avviene la parificazione delle posizioni dei coniugi, in cui marito e moglie, hanno gli stessi diritti e doveri; il marito non è più, come in passato, il capo della famiglia, e inoltre, viene abolita la “patria potestà”. Oltre a questi cambiamenti storici è importante sottolineare come la nascita della famiglia moderna sia il frutto di trasformazioni avvenute nelle relazioni di autorità di affetto interne ed esterne alla coppia. In primo luogo questa si è liberata dal controllo della comunità e della parentela passando da un matrimonio combinato ad una scelta libera dei coniugi incentrata sull’attrazione fisica e sull’amore. La tradizionale asimmetria tra marito e moglie si è attenuata lasciando posto ad una simmetria, modificando il rapporto tra i coniugi e dando maggiore importanza alla passione erotica. L’amore è sempre esistito ed è stato oggetto predominante nelle poesie, nei romanzi e nelle canzoni. Victor Hugo nel 1821 scriveva: Quando due anime infinite si sono trovate si sono scoperte compatibili e complementari hanno compreso di essere fatte l’una per l’altra, di essere, dunque, simili, si stabilisce tra loro per sempre un legame, ardente e puro, proprio come loro, un legame che inizia sulla terra e continua per sempre nei cieli... È questo l’amore che tu ispiri in me... Ma inevitabilmente in tale concetto d’amore era insita l’asimmetria tra uomo e donna a cui si accennava poco prima.

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Sempre lo stesso V. Hugo, infatti, in una poesia dipinge l’uomo come la più elevata delle creature, la donna il più sublime degli ideali, identificando l’uomo con il cervello e la donna con il cuore. Se ci riflettiamo queste distinzioni lasciano spazio alla complementarietà; ma oggi si devono fare i conti con una simmetria dove una distinzione tra l’uomo e la donna è più fumosa. Le donne sognano l’amore, ma sono più libere di esprimere la propria sessualità. Non a caso è recente il successo avuto dalla trilogia di E.L. James “Cinquanta sfumature di …nero, grigio, rosso”, un romanzo erotico che è al primo posto in tutte le classifiche del mondo ed è diventato cult per le donne. Il rapporto a due diviene così scelta di stare insieme, di camminare, di costruire una nuova realtà. La vita di coppia non è qualcosa di già preconfezionato, ma esige una costruzione costante e paziente da parte di entrambi, sperimentandone la difficoltà e talvolta il fallimento. Ma cos’è che in questa evoluzione spesso non funziona? La risposta talvolta si deve ricercare indietro nel tempo, addirittura nel momento della scelta del partner. In una coppia armonica ci dovrebbe essere un sufficiente equilibrio tra appartenenza e separazione con la famiglia di origine. La scelta del compagno non dovrebbe rappresentare la risposta al bisogno di fuggire da casa per affermare la propria individualità e nemmeno la ricerca di un’altra famiglia per il mancato accudimento della propria. Essa dovrebbe permettere la costruzione di un “Senso del Noi”, espressione di un sentimento di reciprocità condivisa. Se ciò non avviene e le richieste di conferme e sicurezza non vengono colmate dal partner, può accadere che esse vengano riversate nella generazione successiva rappresentata dai figli. Paragonando la coppia ad una casa, potremmo affermare che l’armonia al suo interno si costituisce a partire dalle fondamenta, ovvero da quel senso di appartenenza (M. Andolfi, 2003) senza il quale non è possibile pensare in termini di differenziazioni ed individualità. Sembra quasi essere insito un paradosso in questo discorso: abbiamo iniziato affermando che la famiglia si è notevolmente modificata, ma in fondo la trasformazione sembra essere solo di luogo, in quanto se prima la famiglia era fisicamente e materialmente sul campo, ora lo è soprattutto nella mente attraverso una sorta di bagaglio che ognuno si porta con sé quando decide di creare “la propria storia”. Cosa succede se questo bagaglio comincia ad essere troppo (Lo vedremo nel prossimo numero…) pesante? Dott.sse Silvia Marsiliani e Paola Pernazza Psicologhe-psicoterapeute www.silviamarsiliani.it www.paolapernazza.it


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Un caso clinico Il caso di cui parlo, di clinico ha poco. Meglio sarebbe caso umano e, come tale, di non facile soluzione. Se vi va, scrivetemi come lo risolvereste. Viene da me una coppia di coniugi non giovani, ma ben validi. Lei, che chiameremo Lia, 58 anni, piacente, lui, che chiameremo Toni, 66 ben portati non privo di fascino. Coppia felice; due figli maschi, sposati. Dopo il matrimonio del secondo, la coppia si organizza in un’esistenza affettuosa e tranquilla. Quando nascono i nipotini, i nonni danno una corposa (e gradita) mano e riacquistano, con gioia, quella funzione che l’emancipazione dei figli aveva fatto venir meno. Era una vita tranquilla -mi dirà il maritoaffettuosa, senza scosse. Quindi, dopo anni di matrimonio, senza forti passioni. A questo punto, il dramma. Il figlio maggiore s’innamora d’una straniera e, piantata dall’oggi al domani moglie e bimba di tre anni, va a vivere all’estero con l’altra. Costernazione generale e grande angoscia per la sposina abbandonata: una ragazza giovane giovane, che chiameremo Isa, orfana di padre, dai grandi occhi smarriti, che i due coniugi descrivono come incapace di affrontare la vita, da sola e con la bambina. Non ha mai lavorato. La famiglia si schiera compatta con la sposa tradita. Conclusione: ai due nonni non par vero di offrire alla nuorina ospitalità; e lei accetta. La vita riprende. Il nuovo menage soddisfa tutti: la nuora che trova solida protezione, la moglie che in nuora e nipotina ritrova due figlie e che si butta con entusiasmo nella recuperata funzione materna. E il marito. Ma nella gioia di quest’ultimo s’anniderà l’insidia. Ascoltiamolo: Avevo sempre desiderato una bambina; quelle due creature realizzavano un mio antico sogno: avevo contemporaneamente la figlia piccola e quella cresciuta. Insomma, era felice. E portava a spasso le bambine, come le chiamava: la piccola all’asilo e la grande un po’ dappertutto. L’affetto, la confidenza tra loro si facevano ogni giorno più strette e nel nonno la piccolina aveva, in fondo, di nuovo un papà. Una notte Toni ha l’impressione di sentir piangere nella stanza vicina. Va a vedere e trova Isa in lacrime. Mi sento così sola! piange la ragazza sulla sua spalla.

E solo allora lui, mentre assapora l’ineffabile gratificazione che prova qualsiasi uomo nel consolare qualsiasi donna, s’accorge, in un lampo e con orrore, d’essere sicuramente, perdutamente, innamorato. E da un pezzo. Solo allora gli si fa chiaro come il piacere di certi casti contatti fisici, non fosse solo affettivo, come s’era ostinato a voler credere, ma vero piacere amoroso. Turbatissimo, cerca nelle settimane successive di defilarsi; ma la sua vita diviene un inferno: ora sa di amare e vive, per ciò che veramente è, il suo desiderio che, proprio in quanto a lungo sopito, esplode impellente. Dal canto suo Isa non comprende (dice) l’improvviso voltafaccia del suocero, lo cerca, si dispera per la sua freddezza e insomma, lo provoca in tutti i modi. La situazione non può reggere. E infatti precipita quando Toni cede al richiamo di Isa e si dedica a lei non più con la bonarietà del nonno né con la sollecitudine del padre, ma con la passione dell’amante. Fino a che il clima si fa tanto pesante che Lia finalmente dubita, poi sospetta, infine capisce. Eccoli dunque da me. Tutti e tre mi portano il loro dramma, chiedendomi una problematica “terapia”. Lia: non scontenta, tutto sommato, del blando tepore coniugale, ha ritrovato la sua funzione di mamma prima ancora che di nonna. In nome di questa, essa ha chiuso occhi e orecchi fin che le è stato possibile. Ma condizione essenziale era che il marito, comunque affrontasse il suo problema sessuale, le restasse affettivamente vicino. Il timore che ciò sia in pericolo la riempie d’angoscia e di rabbia. Di aver lasciato che tutto ciò avvenisse in cambio di avere la bimba per sé, non sospetta nemmeno. Toni: ha trovato fin troppo gratificante ricreare, al calar del giorno, una famiglia in cui lui, come padre, fosse “automaticamente” e di nuovo, giovane assieme alla nuora. Saranno proprio sue infatti le parole che più mi colpiranno: Con mia moglie stavo bene: da quando mi sono innamorato sto male, a volte malissimo. Ma sono rinato, ritrovo forze che credevo spente, mi sorprendo a camminare, guardare, vivere in altro modo. Vede, io oggi sono molto meno contento, ma molto più felice. Al mondo emotivo la contraddizione è sconosciuta. Ma il dolore sul volto di Lia mentre egli dice questo è difficile da descrivere. Anche lui, di avere perseguito fin dal primo giorno l’ignaro disegno di sostituire la moglie con la nuora, non sospetta neppure. Isa: che rivuole in un colpo marito e padre. Le ragioni profonde del loro dramma resteranno nel loro inconscio. Della loro ferrea connivenza, della loro solida alleanza, del sicuro convergere delle loro esigenze più intime, nulla sospettano. E quindi sono davvero convinti che la loro decisione -unanime- di restare insieme, sia unicamente “per il bene della bambina”. Vincenzo Policreti

Il fantasma della libertà Spaventa in questo tempo lo sparire lento, impercettibile ma inesorabile, della libertà. Chi ha vissuto lo squallore del consenso obbligatorio e della repressione contro il pensiero non allineato, non può non guardare con profonda inquietudine il ripresentarsi, più pericoloso in quanto più subdolo e meno percettibile, di sistemi e stili che s’augurava non dover subire mai più. Questa, da Fromm chiamata Fuga dalla libertà che viene purtroppo dal basso, dalla gente comune, cominciò a manifestarsi dal favore incontrato da Craxi il quale -furti a parte- aveva un carattere più autoritario e perentorio di quello del Duce, senza nemmeno il vantaggio di far arrivare i treni in orario. S’è continuato a vedere nell’acquiescenza con cui i sindacati si sono allineati col potere, loro nemico storico, per cui che quelli una volta chiamati Lavoratori e oggi contribuenti possano avere un minimo di diritti, non lo dice più nessuno. D’altro lato la libertà, bene primario dello Stato, non a caso garantita dalla Costituzione, dovrebbe essere assicurata da quello stesso Stato che, in quanto democratico, trova in essa la propria identità e non può quindi non porsi il problema della sua sopravvivenza. Ma non tanto nei vertici (mutabili con il voto) quanto nel popolo

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minuto s’annida il morbo -passivo- dell’autoritarismo; è lì che nasce, surrettizia, l’esigenza dell’Uomo forte atto a far piazza pulita -in nostra vece- di ladri, mafiosi, sciacalli. Un simile pensiero è pericolosissimo e non va tollerato. La libertà va propugnata con ogni mezzo: nelle scuole, dove gli utenti sono ancora incancellabilmente plasmabili, con la pubblicità, formidabile mezzo di condizionamento (in senso buono, s’intende), e soprattutto con la persuasione occulta subliminale. E poiché la libertà è condicio sine qua non della democrazia, di cui il nostro Stato si fregia, essa va imposta a tutti, soprattutto a chi non la vuole; e a tal fine lo Stato non può né deve tirarsi indietro dinanzi ad alcun mezzo. Esiste lo strumento penale con le carceri: si usino, prima che sia troppo tardi, si corra ai ripari! E pur d’assicurare il bene inestimabile che l’esser liberi rappresenta, s‘intensifichi la repressione, si restaurino vecchi ma efficaci istituti come il confino, la tortura e se tutto ciò non bastasse, la pena di morte anche con mezzi dolorosi e inumani, a perenne monito di chi, non perseguendo la libertà, mette in pericolo, con la democrazia, l’identità stessa di noi tutti. La libertà merita ed esige tutto ciò. Italiani! Amate la libertà! È un ordine! Siate liberi o ve ne pentirete. Il Potere esiste per questo! Quisque de populo


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L’uomo che parlava coi Santi Nel tempo in cui l’Italia era ancora piena di contadini, nonno e nipote, tornando dai campi, passarono vicino ai terreni di un tal Osvaldo che approfittò subito per fare una bella chiacchierata. Oggi se passate in un campo, scambiare due parole col contadino chiuso nella cabina di un trattore rombante come un mostro di acciaio, è praticamente impossibile. Col pastore è più facile in quanto, annoiato di parlare tutto il giorno ai cani e alle pecore, egli si mette sempre sul ciglio della strada o del campo, proprio per intercettare qualsiasi passante e tentare di scambiarci due chiacchiere. Osvaldo, chiamato da tutti Svardella a causa della voce un po’ chioccia, era noto al vicinato per due caratteristiche peculiari: era un grande bestemmiatore senza averne alcun motivo e chiamava chiunque, fossero anche i carabinieri, con l’appellativo cosu mia (coso mio). Dire grande bestemmiatore è dire poco. Aveva un repertorio vastissimo che andava dal Padreterno al Santissimo Sacramento, passando per la Madonna e per una miriade di Santi e Beati che forse manco un prete conosceva. Ovviamente i prediletti erano i Santi più noti del territorio, da San Giuseppe di Leonessa a San Felice di Cantalice, passando ovviamente per Santa Rita da Cascia. Quando si accorgeva di essere ripetitivo, prendeva di petto alcuni organi del Santo in questione, dal cuore al fegato, dal sangue alle budella e via bestemmiando. Per quanto riguardava la seconda caratteristica possiamo dire che aveva una idiosincrasia per i nomi delle persone, che per lui erano

tutti cosu mia o cosa mia. Il sole caldo di agosto aveva iniziato la discesa verso il tramonto, quando Osvaldo attaccò bottone facendo prima i complimenti al bambino, poi svoltando subito sui problemi agricoli, sul raccolto e sul tempo. Diceva che se Santa Rita lo avesse aiutato, quell’anno avrebbe rimesso più uva dell’anno precedente e molto più bella. L’interlocutore annuiva sostenendo che la stagione era stata finora molto propizia per i vigneti e si augurava altrettanto per gli oliveti. Svardella ribadiva che con l’aiuto di Sant’Antonio anche la produzione di granturco sarebbe stata ottima e se la Madonna e San Giuseppe lo avessero assistito sperava di ottenere tante olive da avere olio da vendere. L’interlocutore ascoltava perplesso non capendo il perché di tutte quelle sviolinate ai Santi, visto che quell’uomo era abituato a trattarli in modo diametralmente opposto. Domani, se Dio vuole… attaccò Svardella, ma non fece in tempo a concludere la frase perché il suo interlocutore gli chiese la ragione di tanti salamelecchi a quelli che quotidianamente bestemmiava in modo atroce. La risposta di Svardella fu di una semplicità disarmante: Ti stavo dicendo, cosu mia, che domani, se Dio vole, devo allicià quattro pioppi! Ecco spiegato l’arcano! La paura di cadere da quella altezza lo portava a raccomandarsi! L’operazione di lisciaggio consisteva infatti nell’arrampicarsi sul pioppo fino in cima, resistere alle oscillazioni, ridiscendere tagliando con un’accetta i rami in alto evitando di farseli cadere sopra la propria testa e contemporaneamente, con l’altro braccio, tenersi avvinghiato al tronco: lavoro per niente facile e molto pericoloso. Alla fine il pioppo risultava nudo con il suo bel pennacchio di fronde in cima. Questa operazione serviva principalmente per ottenere paletti per sorreggere le piante dei pomodori e dei fagioli rampicanti, mentre le foglie, profumatissime,venivano date in pasto alle vacche. Quando stava coi piedi per terra, ritenendosi più sicuro, Svardella ricominciava la litania delle bestemmie manco fosse un incallito Vittorio Grechi miscredente.

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Tenere a bada il diabete a Natale si può 246 milioni di persone nel mondo hanno il diabete. Un bambino su quattro, in America, ha il diabete. In Italia un bambino su tre è in sovrappeso. Che la medicina ufficiale riporti che il diabete è una “patologia incurabile senza farmaci” non deve meravigliarci. Gli interessi economici in gioco sono molti e le Industrie Farmaceutiche non a caso si chiamano ‘industrie’. Purtroppo in pochi sanno che esistono casi di diabete di tipo 1 e 2 curati definitivamente con un programma terapeutico di 30 giorni… e tanto per cambiare la soluzione è naturale e semplice. Tutto partì come una sperimentazione negli States tramite un dottore omeopata, praticante di medicina alternativa, sostenitore del crudismo, attraverso il quale afferma di essere in grado di curare il diabete, la depressione ed altre malattie degenerative croniche. Durante la sperimentazione vennero accettati uomini e donne di tutte le età che volessero tentare una guarigione naturale senza farmaci, attraverso un percorso di soli 30 giorni. Tra coloro che si attennero al programma di guarigione, il 100% notò evidenti miglioramenti psico-fisici, oltre al distacco dalla dipendenza insulinica. Persero in media 25 kg a testa, alcuni ripresero a fare fitness senza problemi alle giunture. La dipendenza da alcuni cibi (spesso escusivamente emozionale, non legata a necessità reali del corpo) era pressoché scomparsa. Il dr. Cousens monitorò giorno per giorno i suoi pazienti e i loro progressi. Al termine del programma alcuni volontari diminuirono i cibi meno adatti all’uomo, altri smisero gradualmente di mangiare carne, latte e derivati, zucchero, carboidrati, caffè, soda, cibo spazzatura, cibi confezionati e persino gli abituali cibi cotti. I benefici per i crudisti sono enormi e da sperimentatore quale sono posso assicurarvelo: livello di energia alle stelle dalla mattina alla sera; ringiovanimento di cellule e tessuti; canale alimentare svuotato da materiale tossico in putrefazione accumulato nei decenni; disintegrazione ed eliminazione di grasso, tessuti malati,

cisti, tumori, ascessi; una migliore funzione di tutti gli organi; livello di zuccheri nel sangue ottimale; pressione regolare; aumentata resistenza allo sforzo fisico; aumentata lucidità e serenità mentale; ecc… I crudisti al 100% si nutrono di frutta a basso indice glicemico (in primis la mela), ortaggi, fiori, germogli, semi oleosi e alghe. Tutti i processi biologici si svolgono a temperature più basse di 57° C, quindi mangiare cibo cotto equivale a mangiare cibo “morto”, che non può che indebolire il nostro corpo, impegnandolo in faticosi processi digestivi, privandolo di componenti importanti come proteine naturali, sali minerali, vitamine ecc. Inoltre il cibo crudo (cibo vivo) è ricco di acqua, quindi rende meno viscoso il sangue ed è biochimicamente più compatibile con il nostro corpo. Nel diabete è proprio l’aumentata viscosità del sangue che rende impossibile al pancreas secernere insulina in tempo. Chiaramente più il sangue è viscoso, maggiori sono le ostruzione e più alto sarà il livello di glucosio nel sangue. Ora un po’ di consigli generici, ma utili, per chi volesse evitare di accumulare troppi chili a Natale. In pochi sanno che se cominci la giornata con un centrifugato di frutta (ricco di fruttosio, il miglior carburante per l’uomo) il tasso di glucosio nel sangue diminuisce drasticamente. Mangiare verdure ad inizio pasto. La frutta va mangiata a stomaco vuoto. Bere lontano dai pasti (2 ore dopo e 30 minuti prima del pasto) diminuisce drasticamente la possibilità di fermentazioni intestinali, spesso causa di varie patologie. Per chi non riesce a distaccarsi da tutto il cotto vengono in soccorso le farine integrali nei casi di attacchi di fame improvvisi (meglio se mangiate a fine pasto). Il pane va limitato al massimo, va preferito il pane integrale ben tostato per ridurre la collosità degli amidi nell’intestino. Molte altre patologie di fronte alle quali la scienza ufficiale prescrive farmaci intossicanti ed inutili possono esser curate con una dieta sana, naturale, che rispetti i princìpi dell’Igienismo Alimentare, associata ad una frequente attività fisica. Per avvicinarsi al crudismo ognuno di noi dovrebbe fare un percorso molto graduale, consapevole e personalizzato, quindi anziché partire con diete “fai da te” consiglio a chiunque di leggere libri di valore come Il sistema di guarigione della dieta senza muco o il libro/DVD Crudo e semplice, libri di Shelton o di Renè Andreani. La consapevolezza alimentare va acquisita, non può esser inventata dalla mattina alla sera. Anche gli stolti sanno digiunare, è nella ri-alimentazione che ci vuole competenza. Gandhi Andrea Conti Dottore in fisioterapia

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C’ è speranz a s e q ue s t o a c c a d e a T e rni

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c u l t u r a Spettacolo del MOVEO Danze orientali L E A L M ÈE di K Kostadinova Regia di Beppe Chierici Sapori arabi a cura di Hassània Lakrad e Loretta Santini


d e i

p o p o l i Associazione Culturale La Pagina

VenerdĂŹ 9 novembre 2012

Terni, Via De Filis 7a

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C’è sper anza se q ues t o a c c a d e a T e rni

Giornata mondiale de

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ei diritti dei bambini MartedĂŹ 20 novembre 2012

Associazione Culturale La Pagina Terni, Via De Filis 7a

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C o n f e Pao lo Leo n elli Lu nedì 12 novembre 2012

Ipazia

Irene Mazzilli Mercoledì 21 novembre 2012

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T e r n i

Rione Trastevere

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I castellieri della Valnerina

Marco Barbarossa Ven e rdì 23 novembre 2012


r e n z e Narni sotterranea

Ro b er to Nin i

Cardiochirurgia a Terni

AlessandroPardini

Ven erd ì 30 n ovembre 2012

C’è speranza se questo accade a Terni

S ab at o 24 novembre 2012

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M o s Fot o di Mar co Ilar i Gioved ì 8 - Dom en ica 11 N ovembre 2012

C ’ è

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T e r n i

Geometrie urbane

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Qu adr i

Otto r imo Fab r i

Gioved ì 15 - Dom en ica 18 N ovembre 2012


t r e B runo Petr o llin i

Gioved ì 22 - Dom en ica 25 Nov embre 2012

Francesco Costantini - Salvatore Baiano Svizzero

s p e r a n z a

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Gioved ì 29 Nov - Dom en ica 2 D ic 2012

C ’ è

Poesie e foto

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T e r n i

Bastoni d’arte

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Programmazione DICEMBRE

2012

Gio 6 - Dom 9

MOSTRA

Lun 10

La dichiarazione universale dei diritti dell’uomo: le radici ideologiche e l’importanza storica

ore 17

La Pagina: Vignette di James Danieli Marcello Ricci

Sab 15

ore 17

La Salute con trattamenti naturali Francesco Bassanelli, Alessandro Betti, Santino Rizzo

Lun 17

ore 18

Cultural Cabaret Tre

replica

Mar 18 - Dom 23

MOSTRA

Mar 18

100° numero de La Pagina Lettura brani a cura del Progetto Mandela

Mer 19 Sab 22

ore 17 ore 17 ore 17 ore 20

Matematica: Paolo Casali e Giampiero Raspetti

100° numero de La Pagina Lettura brani del Liceo Classico Tacito Corrispondenze di amorosi sensi libro di Giampiero Raspetti La cena dei perché

regia Simone Mazzilli regia Elena Marrone Presentazione di Piero Fabbri

Lunedì 24 Dicembre 2012 - Domenica 6 Gennaio 2013 MOSTRA I presepi di Bruno Petrollini e le cartoline natalizie di Florio L’organizzazione Mondiale della Sanità definisce la salute come: Lo stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia. Per questo, quando parliamo della “salute delle vie aeree” in una città ad alto tasso di inquinamento come Terni, è bene affrontare il discorso sotto molteplici punti di intervento, partendo dalla prevenzione e dalla profilassi fino ad arrivare a procedure diagnostiche, terapeutiche e chirurgiche delle alte vie respiratorie. Il 15 Dicembre 2012 alle ore 17.00 presso l’Associazione Culturale La Pagina, grazie all’intervento del Dr Santino Rizzo, del Dr Alessandro Betti e di Francesco Bassanelli, si parlerà appunto delle molteplici possibilità per far fronte ad una situazione come quella di Terni che è bene prendere in esame. L’Istituto Superiore della Sanità ha pubblicato recentemente i risultati di uno studio durato dal 2007 al 2010 in cui sono stati individuati i luoghi con il maggior tasso d’inquinamento e collegato ad esso la maggior incidenza di problematiche del tratto respiratorio tra i quali risulta essere presente anche Terni. Nella prima parte della conferenza, Francesco Bassanelli parlerà dei princìpi sui quali si basa una sana prevenzione delle nostre vie aeree e quali linee di intervento quotidiane possiamo adoperare per la nostra salute. Nella seconda parte il Dr Alessandro Betti, seguendo le argomentazioni precedenti, tratterà nello specifico il tema dell’Haloterapia e della Fitoterapia, cedendo poi la parola al terzo relatore il Dr Santino Rizzo, primario del reparto di Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, che presenterà le attività ambulatoriali, cliniche, terapeutiche e chirurgiche relative alle patologie di pertinenza otorinolaringoiatrica.

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SOCIO CON SOLI 30 € POTRAI, COME SOCIO, GODERE DI TUTTI I NOSTRI SERVIZI CULTURALI FINO AL 31 DICEMBRE 2013 ! TI ASPETTIAMO!

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P RIM A M ON D I A L E

Le sue cartoline illustrate e commerciali hanno fatto conoscere al mondo intero la città di Terni, la nostra bella regione dell’Umbria, la nostra giovane nazione “l’Italia”, ma soprattutto Virgilio Alterocca è stato un esempio di come ci si debba impegnare per la propria Città. Non a caso Terni è stata definita una miniera di CARTOLINE, per merito esclusivo di Virgilio Alterocca. Questo straordinario ternano ha reso Terni una città famosa e conosciuta per le sue straordinarie Cartoline Illustrate, che ancora oggi sono molto ricercate dai molti collezionisti di tutto il mondo. NeI 1904 realizza, con l’aiuto di vari incisori laziali e illustratori, quello che è considerato il fiore all’occhiello della sua stamperia, vale a dire la Galleria Dantesca, composta da cento cartoline numerate dal numero 4601 al 4700 che ripropongono altrettante tavole della Divina Commedia Alinari. Con questa edizione si ripete il miracolo delle figurine della Doyen: laddove non ci sono i mezzi per acquistare i costosi volumi degli Alinari, entrano le nitide cartoline retinate di Alterocca - Terni, corredate dei versi essenziali per accedere alla cantica dantesca. Questa iniziativa riscuote l’immediato consenso dei collezionisti e della gente di media cultura; comunque il riconoscimento più alto ad Alterocca arriva nel 1906, all’Esposizione d’Arte Decorativa di Milano, che premia la serie della Divina Commedia e della Francesca da Rimini con la Medaglia d’Oro: è la prima volta che questo premio viene conferito alle cartoline, finora considerate come un ordinario prodotto tipografico. Da: Sergio Marigliani, Il testamento segreto di Virgilio Alterocca

A Terni, in Via De Filis 7, nella Sala G della Associazione Culturale La Pagina, dal 12 al 27 gennaio 2013, a cura di Sergio Marigliani e in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Terni, Terni si potranno ammirare le 100 cartoline (serie completa) dedicate alla Divina Commedia di Dante Alighieri, stampate da Virgilio Alterocca.

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Corso di lingua araba Hassania, la nostra favolosa insegnante di lingua araba

C ’ è

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q u e s t o

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T e r n i

Perché apprendere una lingua in più? E perché proprio quella, misteriosa e complessa, dei popoli Arabic speaking? Un bellissimo corso di lingua araba si è gioiosamente avviato proprio nel cuore della vecchia Terni!

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Lakrad El Hassania, laureata in Lingue e Culture straniere all’Università di Lettere e Filosofia di Perugia, è Perito Consulente Tecnico nell'ambito dell'interpretariato. Attualmente tiene un corso di lingua Araba presso l’associazione La Pagina, ed un altro per bambini ad Avigliano Umbro. È Presidente e fondatrice dell’Associazione Arkan Intercultura che ha fra le sue finalità la diffusione e la conoscenza della lingua e cultura Araba. Felice di avere conosciuto la cultura e lingua italiana, custodisce la sua lingua madre con molta cura e cerca di divulgarla. Sebbene abbia avuto modo di ascolare/ imparare diverse lingue ho sempre pensato che quella dell'arabo fosse comunque complicata soprattutto per la presenza di suoni che non usiamo. Quando ho aderito all'iniziativa della Associazione Culturale La Pagina su questo tema ero veramente curioso di vedere come la signora Hassania avrebbe impostato l'apprendimento, curiosità professionale in quanto ex docente di un'altra lingua: la matamatica. Hassania ha mostrato di tenere sottocontrollo il gruppo, sebbene eterogeneo, cercando di capire le dinamiche di apprendimento personali, dando quindi una risposta a tutti. È risultata ferma ed intelligente anche nel riutilizzare le nostre fughe in avanti (che avrebbere creato confusione) per ribadire pacchetti di conoscenze incontrate ma ancora non sistematizzate nel nostro database. E non manca l'aspetto culturale anche da noi sollecitato in una atmosfera serena, ludica Giuseppe Giacinti ed euristica.

È legittimo chiedersi quali moventi del cuore e della mente abbiano mosso un piccolo popolo di curiosi, identificabili mediante variabili strutturali molto composite (il gruppo è fortemente intergenerazionale, equilibrato per differenza di genere, composito per provenienza socio-culturale...), ad infilarsi nel percorso di iniziazione agli alfabeti minimi di un universo linguistico tanto lontano dalla nostra quotidianità. Passi per le lingue occidentali di base (inglese, in primis) senza una infarinatura delle quali sembra non sia ormai possibile sopravvivere …ma perché mai andare a misurarsi con una lingua tanto, per noi neolatini, complicata? Io, per la verità, ho accolto con euforia la notizia del lancio, da parte della associazione culturale La Pagina di un corso di lingua araba; da anni inseguivo questo interesse (senza successo, a Terni) prima di tutto per la estrema complessità del dinamismo sociale connotante il multiforme mondo arabo, lacerato sovente da drammatici eventi bellici (i cui esiti lacerano anche le coscienze di noi occidentali). Oggi il vento delle rivoluzioni, tra mille palesi contraddizioni, infiamma i paesi del Maghreb, con la storia e la dinamica sociale dei quali noi italiani, che abitiamo uno stivale proteso nei mari di Libia e Tunisia, non possiamo non fare quotidianamente i conti. Sempre più adesso, in presenza del dinamismo esponenziale di eventi che caratterizzano lo sviluppo delle primavere arabe, molto frustrante diventa seguire qualsiasi telegiornale senza minimamente saper decriptare grafemi, fonemi, sensibilità, mood... che trasudano da una attualità drammatica ed esaltante insieme …occorre, credo, cominciare a decodificare, a capire, ad interpretare, senza troppe intermediazioni. E che dire, poi, della meraviglia del viaggiare nei paesi in cui il paesaggio dolcissimo, il clima caldo ed avvolgente, le atmosfere vivaci del suk, lo skyline elegantissimo di moschee e minareti, il fascino dei suoni intensi ed incredibili nella liturgia del salmodiare del Muezzin, i colori ocra ed i sapori speziati…hanno la loro colonna sonora in profondi, gutturali, aspirati fonemi certo diversi dai nostri neolatini… ma in fondo non del tutto estranei ad alcune sonorità risuonanti nei mercati e nelle strade delle nostre città siciliane o calabresi! Un interessantissimo corso di lingua araba, insomma, è stato varato dalla associazione culturale La Pagina e, molto saggiamente, affidato ad una giovane, bravissima, intellettuale di Casablanca -Lakrad El Hassania- che vive da alcuni anni in Umbria con la sua famiglia italiana e che riesce, sapientemente, a mediare culture linguistiche diverse (quella araba con quelle italiana e francese). Operazione didattica non semplice, vista la innegabile difficoltà tecnica nell’approccio ad una struttura linguistica che implica per noi molti rovesciamenti prospettici: a partire dalla lateralità (l’arabo procede, come è noto da destra a sinistra), per giungere al grafismo del tutto estraneo alla nostra tradizione, alle sonorità, che richiedono un tirocinio fonetico…per non parlare della semantica…entro cui stiamo appena cominciando a muovere i primi passi. Con gioia, naturalmente ! Rosella Mastodonti


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Corrispondenze

Prefa

Homo Sapiens Sapiens è il nome scientifico della nostra specie, e già nel ripetersi di quel doppio participio presente, sapiente, si cela una strana maledizione. È una maledizione diffusa, anche se solo alcuni soggetti sembrano soffrirne in maniera acuta e disperata: si tratta della consapevolezza di non poter, in nessun modo, conoscere tutto. Ne soffrono in modo intenso le persone curiose, ma basta soffermarsi un attimo per capire che è una malattia innata nella specie: a differenza degli altri animali del pianeta, che per tutta la loro evoluzione si sono migliorati nell’adattarsi all’ambiente, la specie umana si è evoluta nella direzione opposta, cercando il metodo per adattare l’ambiente a se stessa. È stata una scelta forse inconsapevole, ma comunque coraggiosa e di importanza capitale; ed è un passo cruciale per comprendere la natura dell’Uomo. Il motore di questo grandioso sconvolgimento dei parametri naturali è stato il progressivo e inarrestabile sviluppo dell’intelligenza: ma il primo alimento dell’intelligenza è la curiosità. Le abilità di scoprire, di inventare, di immaginare e costruire manufatti che così fortemente caratterizzano l’animale Uomo, altro non sono che effetti collaterali di questa iniziale curiosità. È quindi proprio la curiosità, in ultima analisi, ciò che determina la natura e il destino dell’essere umano. Non fossimo curiosi, non saremmo uomini: e non è una metafora, ma una verità che discende direttamente dalle teorie di Darwin. Però la Terra e l’Universo sono grandi, grandissimi: troppo grandi perfino per l’enorme curiosità dell’Uomo. Sono stracolmi di scoperte ancora possibili, traboccano di interrogativi che eternamente si rinnovano. In pochi secoli il mondo dell’uomo si è altamente specializzato; ogni lavoro, ogni attività richiede un gran numero di informazioni specifiche, di dettagli complessi. La vita stessa è ormai così specializzata che ci vuole tempo e formazione anche solo per riuscire a muoversi in un piccolo ambito tecnico, come guidare una macchina, od usare un telefonino. Oggi più che mai è davvero impossibile per un singolo individuo padroneggiare tutto il conoscibile. Non sono più immaginabili i grandi geni universali, quelle persone che racchiudevano in una sola mente tutte o quasi le conoscenze del loro tempo. Ed è per questo che fin dalle elementari si insegnano i diversi aspetti della conoscenza suddividendoli in categorie e discipline: lingua, aritmetica, storia, geografia, disegno, arte: poi la struttura della conoscenza si raffina, si specializza nelle medie, si canalizza nelle scuole superiori, si separa definitivamente nelle università. Finché le discipline diventano del tutto incomunicabili: separati i dipartimenti, addirittura estranei tra loro i vari settori del mondo del lavoro, e quindi della vita stessa. Anche se non è possibile fare altrimenti, non bisognerebbe però mai dimenticare alcuni princìpi fondamentali: ad esempio, che la curiosità degli esseri umani è per propria natura generale e diffusa, e niente affatto settoriale. O che l’universo che vogliamo e dobbiamo scoprire è unico, e non è certo tenuto a rispettare le classificazioni artificiose nelle quali noi, per nostro comodo, lo abbiamo arbitrariamente suddiviso. Pensare che sussista qualche forma di incompatibilità tra i diversi oggetti della conoscenza è un errore. È quasi sempre solo per pigrizia mentale che ci si rifugia in questa convinzione, e si risolve di fatto nella paura d’iniziare l’avventura di Ulisse, che per bocca di Dante ci esorta a seguire virtù e conoscenza. Dovrebbe confortarci l’idea che la natura si sia dimostrata conoscibile dall’uomo, almeno finora, almeno in parte. Quindi, quasi per definizione, non esistono reali barriere all’indagine, non esistono forme diverse di conoscenza: ce ne è una sola che possediamo, e la possediamo tutti. Questo è tanto più vero se si prova a guardare come si svolge, in genere, la carriera di uno scienziato: se è vero -come è vero- che continua ad imparare e a studiare per tutto il corso della vita, è anche indiscutibile che il lavoro di esplorazione e dettaglio viene affrontato di solito in gioventù e nella prima maturità; quando i dettagli delle nuove scoperte sono ben compresi e posseduti, la sua attenzione torna ad interrogarsi sui fondamenti, spesso mettendoli in discussione; perché è lì, al principio, che risiede la parte più misteriosa della propria disciplina. Proprio come i grandi maestri di arti marziali, che dopo aver raggiunto tutti i possibili gradi e colori delle proprie cinture tornano ad indossare quella bianca, a simboleggiare il ritorno allo sguardo innocente e curioso del bambino. Perché il bambino è curioso di tutto. Impara a contare e a leggere, e certo non si rende neppure ben conto di star imparando i rudimenti di due discipline diverse; dal suo punto di vista, sta solo scoprendo delle cose. Perché non distingue istintivamente le discipline? Perché è troppo piccolo e ingenuo? O forse perché è la separazione stessa delle discipline che è innaturale, artificiosa? Il bambino è ancora immune dalle costrizioni delle suddivisioni artificiali della conoscenza che gli adulti sono stati costretti a costruire. Le separazioni tra discipline sono artefatti, e gli artefatti sono sempre di difficile comprensione per uno scolaro di sei anni. Siamo prigionieri di quell’incantesimo che ci impedisce di conoscere in dettaglio ogni aspetto del mondo. La maledizione di cui siamo vittime, quel “non poter conoscere tutto” ci costringe a selezionare, a scegliere: ma è davvero importante ricordare che questo significa perdere qualcosa, perché ogni scelta

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G ia m p ie ro

Corrispo d’amoro


d’amorosi sensi

azione

o R as p etti

ondenze osi sensi

comporta una drammatica rinuncia. E se per cause pratiche siamo forzati a canalizzare la nostra attenzione quotidiana, per la stessa ragione dovremmo sforzarci ogni tanto di tornare indietro e cercare i punti di contatto, i nodi in cui i rami delle specializzazioni tornano nel tronco unico e solido dell’albero della conoscenza. È lì che si trovano le maggiori sorprese; è lì, nelle connessioni impreviste e imprevedibili della sapienza iniziale dalla quale si dipartono tutti i rami, che si possono riconoscere i caratteri comuni di ogni avanzatissima e diversissima tecnica. È lì che si trovano le corrispondenze. “Corrispondenze” è la parola magica di questo libro. Come accade sempre nelle opere meditate, ci si ritrova come guida una parola che incredibilmente riesce a sintetizzare più di quanto ci si possa aspettare da una singola voce di dizionario. Per l’uomo comune, “corrispondenza” può forse portare alla mente uno scambio di lettere, uffici postali, postini; o forse, all’alba di questo secolo, di un flusso ininterrotto di e-mail. Per uno studioso di umanistica, la “corrispondenza” è talmente vitale che assurge al nome stesso della disciplina che più ama: la corrispondenza è fatta di lettere, e dalle lettere deriva non solo l’essenza, ma il nome stesso della letteratura. Per un matematico, la corrispondenza è l’oggetto stesso della ricerca: è ciò che si trova, ad esempio, come fattore comune tra quattro pecore, quattro case e quattro dita: qualcosa che è impalpabile, che mette in contatto concetti diversi e inspiegabili, finché non si scopre (o si inventa) il concetto di numero. “Quattro” è proprio la corrispondenza tra quei gruppi di pecore, case e dita: è dalle corrispondenze che nasce il numero, e pertanto è dalle corrispondenze che nasce la matematica stessa. In questo libro sarete portati a cercare, non solo a scoprire, diverse corrispondenze. L’alternarsi di pagine bianche e nere che mescolano l’approccio letterario delle une con l’approccio scientifico delle altre, accompagna e guida una lettura che vuole sempre far pensare a come poteva essere prima, all’inizio, la ricerca del sapere. Il primo dei protagonisti si chiama Ras, e Ras significa “molti”: questa è la parola che usano, ancor oggi, i popoli primitivi quando si sentono incapaci di proseguire a mettere in corrispondenza oggetti e numeri. Uno, due, tre... molti. Quindi Ras è un confine, e come tale va superato, ricercato, risolto. Ras non ha gli strumenti dell’uomo moderno, non è legato alla categorizzazione crudele - da una parte la scienza, da un’altra l’arte, in una terza direzione ancora la vita stessa. Ras mette insieme tutto quello che ha, bastoncini e divinità, mente e sassolini, magia ed esperimento, per superare la maledizione che lo marchia già nel suo stesso nome. Al Ras primitivo fa seguito il Ra egizio, e poi il Ro greco, il Radius romano: tutti alla ricerca del sapere attraverso le corrispondenze. E tutti, naturalmente, alter-ego dell’autore da cui originano il nome: Giampiero Raspetti. È lo stesso autore che si trasporta indietro nel tempo, alla ricerca dei nodi iniziali della conoscenza: e per farlo utilizza un nuovo, ulteriore significato della parola “corrispondenza”. Perché sono due le azioni cruciali del conoscere: lo studio e la congettura. Raspetti, per scrivere questo libro, ha dovuto scavare all’indietro, ricostruire antichi alfabeti, destinare alla ricerca molto tempo. Allo stesso tempo, ha provato a ragionare, a considerare, a mettere in relazione oggetti e princìpi. Perché è così che funziona: si impara dagli altri, e poi si prova a dare il proprio contributo originale. Al primitivo Ras manca la corrispondenza tra il suo nome, che è una dichiarazione di impossibilità di conoscere i nomi dei numeri e delle cose, e il suo desiderio di conoscere tutto. A Ra manca ancora la corrispondenza tra la natura, il cielo e gli dèi, e la cerca. A Ro, che battezza e dà nome ai numeri, manca il nome per chiamare l’infinito. A Raspetti, inquieto abitatore dei nostri tempi, manchi solo tu, lettore, perché è a tutti noi che l’autore indirizza la sua esigenza di ricercare e di conoscere. Ras, Ra, Ro, Radius, Raspetti: tutti cercano corrispondenze, che poi altro non sono che le comunicazioni, i contatti, i segnali astratti dell’unità concreta della natura. Perché in fondo la vita stessa, e non solo la conoscenza, altro non è che la ricerca di identità, di comunanze, di corrispondenze, appunto. Mettere in relazione le tacche su un osso e le stelle dell’Orsa Maggiore è l’inizio del contare, ma è anche, forse soprattutto, un’azione non troppo diversa dal mettere in relazione una persona con un’altra. Ed è forse per questo che anche la parola “relazione” ha un significato così denso, interdisciplinare, con coniugazioni e significati molto variegati da materia a materia, ma tale da mantenere sempre, in ogni caso, il suo significato originale e nativo: che è quello di punto di contatto, di riconoscimento, di identità in qualche aspetto ben preciso. Ed è per questo che questo libro, che qualcuno potrebbe prendere per un libro “solo” di matematica, ha in realtà intenzioni più decise e coraggiose. Nella ricerca delle corrispondenze della matematica con l’arte, con la mitologia, con la letteratura, con la scienza e con l’Uomo, si nasconde anche la ricerca più essenziale, che è la ricerca della comunanza, dell’Altro. Così, per quanto possa sembrare difficile crederlo a prima vista, questo è soprattutto un libro d’amore. Piero Fabbri

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Terni Rugby, il pallone ovale è entrato in famiglia Ci sono quasi duecento famiglie ternane nelle quali il pallone ovale ormai è di casa; nel 2006 non ce n’era praticamente nessuna. Ora invece le mamme accompagnano i bambini, o le bambine, al campo e ne approfittano per mettersi d’accordo su quali dolci preparare per il terzo tempo della domenica, mentre i figli cominciano a correre e a rincorrersi per prendere quella palla ovale. I papà, poi, li vengono a riprendere e, invece di organizzare la partita a calcetto, annotano sui loro telefoni gli orari dell’allenamento della squadra degli Old, gli “anziani”, che non giocano un vero e proprio campionato, ma vanno in campo per il gusto di ritrovarsi insieme e -ogni tanto- si confrontano in gare con Old di altre città, che si trasformano in occasioni di socialità e di goliardia. Nel frattempo arrivano le squadre juniores, l’Under 16 e l’Under 20 che si preparano per i loro campionati, con grinta e impegno, con la voglia di crescere e di diventare dei veri giocatori di rugby. Come i Draghi, i ragazzi della Senior, del primo XV, ovvero la prima squadra (che, appunto, mette in campo quindici giocatori titolari, ma che è formata da un gruppo di più di trenta atleti). Loro fanno sul serio, giocano in C Elite, portando il nome del Terni Rugby con orgoglio sui campi dell’Emilia (Bologna, Parma), della Toscana, delle Marche…Ma i giocatori con la maglia a strisce orizzontali rossoverdi sono tutti dilettanti e, al 95% ternani doc. Da due anni stanno provando la scalata alla serie B e andarli a vedere nelle gare di campionato nell’impianto di San Carlo è sempre uno spettacolo. Questo e molto altro è il Terni Rugby, un’associazione nata appena sette anni fa, grazie all’impegno del presidente Alessandro Betti e di un gruppo sempre più numeroso di persone e che preferisce definirsi un Club, sul modello anglosassone. Un Club che cerca di essere presente non solo nello sport, ma anche nel sociale, organizzando progetti nelle scuole, per i bambini e i ragazzi che hanno problemi, lavorando nel carcere di Sabbione. Cercando insomma di contagiare tutti con il fascino della palla ovale e di un ambiente che consente ai ragazzi e alle loro famiglie una crescita non solo sportiva, ma anche umana.

Le ragazze e i l pat to dei calzini Qualcuno dice che il rugby non è uno sport per signorine. Basta venire al campo di San Carlo per essere clamorosamente smentiti. Ci sono quasi trenta ragazze che giocano e, in questa stagione, sono state protagoniste di un mezzo miracolo sportivo. Hanno deciso di unirsi alle loro colleghe di Perugia, per formare un’unica squadra umbra, che si chiama Umbria Rugby Ragazze e che milita nel campionato di serie A. Una collaborazione che sarebbe impensabile in altri sport e che sta invece dando ottimi risultati nel rugby. Per dimostrare la loro coesione le ragazze ternane e perugine hanno deciso di giocare, ognuna con un calzettone rossoverde e uno biancorosso, a dimostrazione che lo sport, almeno il rugby finora, può andare oltre i campanili.

Le atlete di Umbria Rugby Ragazze in una gara del campionato di serie A

Un C l ub, t a n t i c o n t at t i Per avere altre informazioni, o per contattare il Terni Rugby, ci sono molti modi. Innanzitutto si può consultare il sito web w w w. r u g b y t e r n i . i t Oppure scrivere una mail a info@rugbyterni.it o telefonare all’info line 392 10 10 10 5 Il Terni Rugby, grazie ai suoi associati ed ai suo sostenitori, è anche sui principali social network: su FB con la pagina ufficiale Rugby Terni, poi con il gruppo Terni Ovale e con il gruppo Rugby Terni. Ogni settimana, infine, sul canale Yout ub e d el Ter n i Rugb y , si possono seguire i video con le sintesi delle gare della prima squadra.

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AZIENDA OSPEDALIERA

C l i n i c a Otorin

D ott. Santino R izzo D ire tto re Clin ica O to r in o lar ingoiatr ic a A z ie n d a O s p e d a lie r a “ S . M ar ia” di Te r ni

La Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Azienda Ospedaliera Santa Maria di Terni, diretta dal Dr. Santino Rizzo, svolge attività ambulatoriale, clinica, strumentale, di degenza e chirurgica, attuando procedure diagnostiche e terapeutiche sempre in linea con gli standard operativi correnti. La sua attività è rivolta verso l’utenza regionale ed extraregionale, rispondendo ad istanze patologiche sia mediche che chirurgiche acute, croniche e neoplastiche. Per quanto riguarda l’aspetto diagnostico e clinico, è stato attivato un percorso che comincia dalla visita otorinolaringoiatrica generalista presso i Poliambulatori, prenotabile mediante CUP (circa 1400 all’anno); qualora fossero necessari ulteriori accertamenti, la Clinica dispone di servizi ambulatoriali dedicati, che consentono di eseguire esami diagnostici e strumentali per raggiungere una precisa diagnosi e programmare un idoneo iter terapeutico. Tra questi servizi occorre ricordare l’ambulatorio di endoscopia delle vie aerodigestive superiori e di otomicroscopia (responsabile Dr. Andrea Pennacchi) con circa 200 prestazioni l’anno: mediante endoscopi ottici flessibili è possibile esplorare in maniera adeguata le fosse nasali, la faringe e la laringe, consentendo una diagnosi precoce delle malattie infiammatorie e tumorali di queste regioni, mentre con un microscopio è possibile studiare l’orecchio per diagnosticare otiti croniche e perforazioni timpaniche. Il servizio di audiovestibologia (responsabile Dr. Saverio Falcetti) esegue diagnosi e terapia delle ipoacusie e delle sindromi vertiginose mediante esami strumentali quali esami audiometrici tonali e vocali, impedenzometrici, potenziali evocati uditivi tronco encefalici, otoemissini acustiche, esami vestibolari, potenziali evocati vestibolari, videonistagmografia con circa 1900 prestazioni all’anno (in collaborazione con l’audiometrista Giuliana Venuto). In tale ambito è anche attivo un servizio di riabilitazione vestibolare (responsabile Dr. Antonietta Rossi), che si occupa di quelle sindromi vertiginose che sono suscettibili di terapia fisica, quali le vertigini posizionali e gli esiti delle cosiddette labirintiti. Inoltre è in corso il progetto di screening audiologico neonatale per la diagnosi precoce delle ipoacusie infantili con circa 1000 prestazioni annuali. Il servizio di foniatria (responsabile Dr. Elena Bracchi) si occupa della diagnosi, cura e riabilitazione delle disfonie funzionali ed organiche e della riabilitazione logopedica dei pazienti laringectomizzati, eseguendo circa 100 prestazioni all’anno. Il servizio di rinologia è dedicato alla diagnosi e cura delle sindromi ostruttive respiratorie naso-sinusali, delle riniti e delle sinusiti mediante uno studio funzionale rinomanometrico (circa 40 prestazioni all’anno). In collaborazione con i colleghi radioterapisti, oncologici ed anatomopatologi è attivo un comitato oncologico multidisciplinare per la pianificazione terapeutica ed il successivo follow-up dei pazienti affetti da tumori del naso, della faringe e della laringe, con circa 250

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pazienti esaminati all’anno. I medici della Clinica ORL eseguono, inoltre, circa 1200 consulenze all’anno di pazienti ricoverati in altri reparti e circa 2000 consulenze all’anno di pronto soccorso. Per quanto riguarda l’attività chirurgica, vengono eseguiti circa 700 interventi l’anno, che verranno sicuramente incrementati grazie ad un recente aumento del numero delle sedute operatorie. Oltre alla chirurgia di base (adenotonsillectomia, settoplastica, turbinoplastica con radiofrequenze), la Clinica ORL esegue anche interventi d’eccellenza. Ad esempio la chirurgia del cancro della laringe, della faringe e del cavo orale e delle sue eventuali metastasi al collo: in base a ciascun caso clinico, tali interventi saranno eseguiti con chirurgia tradizionale “a cielo aperto” o per via endoscopica con LASER CO2. La chirurgia dell’orecchio medio si esegue tramite un microscopio operatorio ed è indicata nei casi di otiti croniche semplici o complicate, con l’esecuzione di timpanoplastiche e miringoplastiche. La chirurgia delle ghiandole salivari (parotidectomie totali o parziali, asportazione della ghiandola sottomascellare) si esegue in caso di malattie tumorali benigne o maligne o per processi infiammatori cronici o per calcolosi. La chirurgia endoscopica funzionale del naso e dei seni paranasali consente di trattare malattie


A SANTA MARIA DI TERNI

nolaringoiatrica Clinica di Otorinolaringoiatria e patologia cervico-facciale

infiammatorie croniche, la poliposi nasale ed alcune neoplasie senza necessità di eseguire accessi dall’esterno, consentendo, così al paziente un migliore decorso postoperatorio ed una più rapida guarigione; in tale ambito è attiva una collaborazione con i colleghi neurochirurghi per la chirurgia endoscopica dei tumori della ghiandola ipofisi e con i colleghi oculisti per la chirurgia endoscopica delle vie lacrimali. La Clinica ORL è molto attiva anche dal punto di vista scientifico; oltre a presentare contributi scientifici a vari congressi, nell’anno in corso sono stati organizzati a Terni, presso la Sala Conferenze dell’Ospedale, due Corsi, con ampia partecipazione da parte di medici ospedalieri e del territorio, infermieri e personale tecnico. Infatti, il 16 Giugno 2012 è stato organizzato un Corso teorico-pratico sulla diagnosi precoce delle ipoacusie infantili ed il 27 Ottobre 2012 un Congresso sulle indicazioni, tecniche e gestione delle trachetomie. In conclusione, si può affermare che l’attività diagnostica, chirurgica e scientifica della Clinica ORL dell’Azienda Ospedaliera di Terni rappresenta un punto di riferimento importante per la regione e per le provincie extraregionali confinanti, con prestazioni in crescita sia dal punto di vista quantitativo che qualitatitivo.

Dire t t ore Dr. Santino Rizzo Dir ige nt i M e dic i Dr. Elena Bracchi Dr. Saverio Falcetti Dr. Antonio Giunta Dr. Andrea Pennacchi Dr. Antonietta Rossi Spe c ialist a in f or m az ione Dr. Diletta Marinetti Audiometrista Giuliana Venuto Caposala Re par t o Rita Moretti Inf e r m ie r i Re par t o Daniela Arcangeli, Mara Aureli, Tatiana Bianchini, Tiziana Ciavarroni, Giovanna Currao, Giuseppe Di Giorgio, Umberto Gargarese, Patrizia Giansanti, Sandra Meloni, Donatella Perotti, Sonia Pettinacci, Michela Tempobuono Inf e r m ie r i M e dic he r ia Patrizia Candelori, Luciana Colantoni, Antonella Spadini, Tiziana Stufara Caposala Sala Ope r at or ia Fabrizio Corvi Inf e r m ie r i Sala Ope r at or ia Angelo Attisano, Antonella Cipria, Benedetta Gigli, Giuliana Gubbiotti, Roberto Miciano, Roberta Seconi OSS Re par t o e Sala Ope r at or ia Romina Baldassarre, Tiziana Battistoni, Carla Federici, Maria Micheli, Fabrizio Ministro, Isabella Tizi, Mirella Virili

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Via Pacinotti, 8 - Terni Tel. 0744429161

Via Pacinotti, 8 - Terni Tel. 0744429161

L'attuale nella tecnologia CONE BEAM applicata L'apparecchiatura NEW TOM 3D La tecnologia Cone Beam (CBCT, dalla forma conica del fascio di raggi X) genera radiazioni pulsate nel corso della singola rotazione intorno al cranio del paziente (20-40 secondi), a differenza delle sezioni assiali multiple della TC multistrato. Il computer analizza i dati quantificandoli in cubi (voxel) di 0.15 mm per lato, molto più piccoli rispetto a quelli della TC spirale; da questo deriva la altissima qualità e definizione delle immagini ottenute, con possibilità di identificare anche le più piccole alterazioni ossee. Il costo biologico sul paziente per un esame è pertanto molto basso, quasi comparabile a uno studio di ortopanoramica, con dosi radianti sino a 200-300 volte inferiori rispetto alla TC spirale. Come in ambito odontoiatrico dove la tecnologia CBCT ha completamente sostituito l'obsoleto dental scan, il paradigma sta cambiando anche per gli specialisti in otorinolaringoiatria. Infatti le immagini CBCT consentono nel campo ORL la valutazione di anomalie delle vie respiratorie che sono la causa principale di patologie quali ad esempio l'apnea notturna, o, ad esempio di valutare le patologie dell'orecchio medio anche nei controlli post-operatori nelle valutazioni delle protesi. La CBCT consente inoltre la creazione di immagini altamente diagnostiche di fratture del complesso orbito-zigomatico-mascellare o di altri traumi del massiccio facciale e dell'articolazione temporo-mandibolare. Molteplici le applicazioni pratiche in ambito della diagnostica pediatrica, con possibilità di studiare il bambino senza eccessive preoccupazioni in termini di esposizione radiologica.

Si effettuano esami di: - TA C r a d i o l o g i a 3 D - radiologia - ortopanoramica - mammografia - ecografia con sistema digitalizzato ad alta risoluzione d’immagine per una migliore diagnostica, forniti su pellicole o compact disc.

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Fisioterapia e Riabilitazione

NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11

La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico

Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di

Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.

Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa

Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.

Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882

- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia

- Visite specialistiche - Analisi del passo e della postura - Elettromiografia - EEG - Ecografia apparato locomotore - Idoneità sportiva ... e molto altro

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Lui, lei e … l’architetto Quando le corna fanno stile TERNI – Nella città dell’amore, dove molti ternani sono entrati in depressione da qualche tempo per la chiusura del caffè Rendez Vous, non sapendo più dove passare il fine settimana, si svolge questa vicenda. Daniele, un ragazzo di 32 anni, libero professionista in ambito pubblicitario, da un anno pendolare sulla tratta Terni-Roma, è follemente innamorato di Federica, una studentessa di 33 anni, fuori corso (direi proprio fuori) alla facoltà di Economia di Collescipoli, disoccupata e mantenuta dalla famiglia. Proprio Federica da un anno era diventata l’amante di Marco, 33 anni, architetto, di buona famiglia, ex compagno di scuola di Federica al liceo scientifico di Terni, migliore amico di Daniele. Ingredienti per un dramma pirandelliano, potrebbe dire qualche lettore, invece, la pura e semplice realtà. Tutto si scatena lo scorso 11 novembre, quando Daniele torna da Roma nella casa dove convive con Federica, senza avvertirla. Ad aspettarlo sotto le coperte la ragazza e il suo amico architetto, che senza mentire hanno ammesso: Noi ci amiamo. Daniele muto e incredulo esce di casa, prende l’automobile e corre dalla madre piangendo. Federica prova più volte a chiamare Daniele al cellulare, ma non gli risponde. L’architetto intanto lascia l’abitazione, proprietà di Daniele, senza dire una parola. Va a casa, si collega su Facebook e nello spazio dedicato a “cosa stai pensando?” scrive: Ho avuto una donna e ho perso un amico. Ogni coppia ha le sue dinamiche di rapporto e i suoi problemi, ma come si fa a rovinare una storia di 6 anni in questo modo? Federica poteva fare uno sforzo, non tanto nello studio che ormai è invano, arrivata a 33 anni, ma almeno nel cercare di parlare con Daniele per chiarire le cose che non gli andavano bene, a patto che vi fossero, visto che Daniele non le ha mai fatto mancare nulla ed è sempre stato una persona impeccabile. Inoltre da come mi ha scritto Daniele nella sua lettera, Federica più di una volta aveva elogiato

Marco in vari contesti, e più di una volta aveva espresso interesse per lui, con frasi tipo: Hai visto Marco che lavoro ha trovato?...; e ancora: Marco è geniale, hai visto che ha progettato?... o peggio ancora: Marco è un uomo da sposare, magari te come lui… Daniele si fidava di Federica e dell’amico; era stato lo stesso Marco a farli incontrare, sei anni prima, chi l’avrebbe mai detto? C’è una cosa bruttissima nel rapporto di coppia, che andrebbe sempre evitata: cercare pretesti quando le cose non vanno per il verso giusto. Il genio umano è sagace nel trovare invenzioni per evadere dal ligio rispetto altrui e l’assenza di dialogo, in questo caso, forse opportunistico, è stata la causa di tanto male. Federica, ora convive a casa dell’architetto, e ha chiesto a Marco di sposarla, dopo sole tre settimane di convivenza. Marco su facebook le scrive ogni tanto: Non correre troppo, stai moooltoooo calmaaa! Chi sa che più che a Marco non sia interessata al suo conto in banca, visto che più di una volta ha detto a Daniele: Marco economicamente sta bene non è un precario come te. Daniele si è fatto forza e due giorni fa è stato nominato direttore creativo e responsabile marketing presso una delle più famose case di moda italiane e pur nutrendo ancora molta malinconia e rabbia per Federica si sente apposto. Da parte mia pur non conoscendolo direttamente, gli faccio i miei migliori auguri e voglio sottolineare il motivo che mi ha spinto a scrivere questo articolo: Federica non ha raccontato ai suoi amici la vera dinamica della situazione, che è quanto scritto qui. Con la speranza di rendere, almeno moralmente giustizia a Daniele, che non vuole che gli amici, dalla parte di Federica, pensino che sia stato lui a sbagliare. Comunque vada tra Federica e Marco una cosa la dobbiamo dire: Daniele nella sua sfortuna ha dimostrato di avere grande stile, non solo nella superiorità nell’affrontare la situazione, ma nel comprendere che nella vita non tutto quello che si perde ha veramente valore. Federica ha esagerato e se la legge dantesca del contrappasso esiste, speriamo che la colga di sorpresa. Al di là di tutto, mi viene da pensare che forse c’è un Deus ex machina che muove tutto il mondo e porta ordine, anche se con sofferenza, dove regna il caos e l’ingiustizia. Se sei brillante, impeccabile e qualcuno lede il tuo essere, non devi mai rattristarti, devi andare avanti, perché prima o poi la persona giusta arriva per tutti. Un giovane e grande cantante italiano, che per arrivare ad essere felice ne ha passate di cotte e di crude, un giorno ha scritto: Nessuno è solo. Lorenzo Bellucci lorenzobellucci.lb@gmail.com

C on uno sguardo a l p a s s a to e d u n o a l f u t u r o Andare a scuola dai classici con le conferenze dell’A.I.C.C. -Terni A partire dal 30 novembre 2012 e fino al mese di aprile 2013, con cadenza bimestrale, si terrà in Biblioteca Comunale (Sala Caffè Letterario, ore 17.00) il ciclo di conferenze organizzate dall’Associazione Italiana di Cultura Classica- Delegazione di Terni, sul tema “La persistenza del classico”. Le relazioni, tenute da docenti del Liceo Classico “G.C. Tacito” di Terni, da ex docenti e da ricercatori universitari, svilupperanno argomenti della cultura classica -dalla storia locale alla filosofia, dall’arte alla letteraturaconsiderati sempre in stretto rapporto con la contemporaneità. Un’occasione per conoscere, approfondire, riflettere ed interpretare la realtà presente con gli strumenti offerti dai classici, seguendo l’esempio di Petrarca: ante retroque respiciens. Annarita Bregliozzi Presidente A.I.C.C. – Delegazione di Terni

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PROGRAMMA IL CARTEGGIO SALUTATI-PETRARCA Un modello di sviluppo dell’eloquenza tra mondo antico e mondo moderno Prof. Alessandro Cesareo 30/11/2012 GHIANNIS RITSOS: UN ALCEO DEL XX SECOLO Poe sia, passione , politic a Prof. Pierluigi Seri

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“VETERA TRANSIVERUNT ET ECCE NOVA FACTA SUNT” Epigrafia umanistic a a Te rni Prof.ssa Serena Spreca, Prof. Pasquale Astolfi 21/02/2013 IL CONOSCERE COME APERTURA AL REALE Appunti sull’intenzionalità della conoscenza tra Antico e Moderno Prof. Paolo Carlani 21/03/2013 I SEGNI E LE PAROLE Comunic are pe r pe rsuade re . I e ri e oggi Prof.ssa Paola Mostarda, Prof. Fausto Dominici

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LO SP EC C H I O U RB A N O Antefatto Come onda improvvisa lo sviluppo urbano di Terni, in questi ultimi anni, sospinto dalla persistente ideologia produttivistica, si è infranto sullo scoglio della recessione economica. Questa mette a nudo che tale ideologia, che pone lo sviluppo come fine, è aliena al progresso di una comunità. Vuoi per le discutibili scelte dell’Amministrazione Comunale, vuoi per la peculiarità della crisi economica italiana o come loro combinato disposto, sta di fatto che l’onda, rinculando come risacca, ha lasciato dietro di sé mucchi di relitti. Relitti che nel caso di bonaccia avrebbero potuto rimanere, meno evidenti, sul fondo mare dell’indifferenza. Vediamone alcuni.

Primo relitto: ciò che resta del Piano particolareggiato di corso del Popolo L’unico, fatto salvo il Piano di ricostruzione del dopo guerra, prodotto nell’arco di un sessantennio di vita urbanistica; fu elaborato negli anni ottanta del secolo scorso dall’architetto Wolfgang Frankl, già orfano del suo sodale Mario Ridolfi. Suo obiettivo era di completare il corso del Popolo, asse principale di penetrazione da Sud al centro città, previsto dal Piano Lattes-Staderini del 1937, suturando alcune lacerazioni del tessuto urbano, per troppo tempo neglette, e integrando parti di città. Contemplava, ad Ovest la rilegatura con lo slargo di via della Caserma, ad Est un collegamento pedonale, scavalcante il fiume, dal centro città al Quartiere Giardino. Ma soprattutto il Piano avrebbe consentito, indirettamente, di colmare il vuoto formatosi a ridosso di Palazzo Spada. In tale vuoto il Comune di Terni avrebbe potuto realizzare, cedendo o permutando l’area di cui era proprietario, il cosiddetto Uovo, edificio-summa dell’opera Ridolfiana (destinato a nuovi uffici comunali e dotato di una sala convegni). Così non è stato: si è preferito ricavare il nuovo palazzo degli uffici all’interno dell’area in cui si è svolta l’operazione immobiliare e rinunciare all’Uovo ridolfiano. E dire che ci fu, a suo tempo, una solenne promessa pubblica del sindaco Paolo Raffaelli per realizzare il progetto di Ridolfi. Uno smacco e una beffa per il grande architetto: nella piazza a lui intitolata è rimasto, in luogo della sua opera, un vuoto desolante, “l’horror vacui” dei retri di via Roma. A Terni, definita “città d’autore” in omaggio alla presenza di molteplici sue opere, manca la più importante. Uno smacco e una beffa anche per l’architetto Frankl: il suo Piano con tanta cura pensato ed elaborato è stato inopinatamente sottoposto ad un trattamento di bulimia volumetrica che lo ha letteralmente sfigurato. Ora appare, ad opera quasi ultimata, come un coacervo di palazzine da periferia urbana: e la punta a “curtain wall” dell’edificio pentagonale, sede dei nuovi uffici comunali, sembra una soluzione velleitaria, foglia di fico a coprire il senso di colpa del progettista. Ciò che stona, al di là dell’insipienza e la presunzione di coloro che hanno gestito l’intera operazione urbanistica, è l’indelicatezza usata nei confronti dei due autori, perché scomparsi. Viene da credere che l’invenduto di molti alloggi, il rischio di fermo del cantiere e, ironia della sorte, l’infiltrazione d’acqua nei nuovi uffici comunali, sia una loro sottile vendetta per lo sgarbo patito.

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Corso del Popolo - Attuazione del piano

Il vuoto urbano a ridosso di Palazzo Spada

“ L’ u o v o d i R i d o l f i ” - D i s e g n o d e l l ’ a u t o r e

“ L’ u o v o d i R i d o l f i ” - M o d e l l o i n l e g n o


Relitti urbani e insolenze urbanistiche Secondo relitto: ciò che resta dell’operazione mercato coperto L’euforia consumistica dei decenni scorsi aveva coinvolto anche la piazza omonima: qui era prevista la demolizione del manufatto esistente, considerato obsoleto, e al suo posto la realizzazione di un nuovo supermercato. In fretta e furia, con un budget ridottissimo è stato costruito un hangar a Largo Manni che potesse accogliere i commercianti da trasferire dall’edificio del mercato esistente; questo giace, ormai vuoto da qualche tempo, in completo abbandono. La società che si era aggiudicata l’appalto per la realizzazione e la gestione dell’opera, sembra aver rinunciato all’operazione; ciò perché il Comune ha ritardato, per imprevisti problemi legali, la consegna dell’area e la sopraggiunta crisi economico-sociale ha poi sconsigliato un investimento di tale portata. La città registra, oggi, la presenza di due edifici in aree centrali: il primo, di nuova fattura e funzionante, con un carattere di provvisorietà, il secondo, con una valenza storica, che si appresta a divenire rovina. Che fare? Forse è opportuno ripensare il ruolo di dette due aree, strategiche nello scacchiere urbano, all’interno dell’arcipelago di edifici, sedi di attività culturali, esistenti nel centro storico e a ridosso di questo. Per la prima area, Largo Manni, ormai compromessa dalla presenza del nuovo mercato coperto, si può solo attendere una miglior sorte in un futuro più o meno remoto. La seconda invece potrebbe annoverare una destinazione d’uso prestigiosa, una volta ristrutturato l’edificio esistente, come una sala per concerti dotata di tutti gli attributi di qualità funzionale, tecnologica e formale in stretto rapporto con il vicino Istituto Superiore di studi musicali G. Briccialdi.

Morale della favola Chi accetta acriticamente, come atto di fede (ammesso che sia buona) la regola non scritta dello sviluppo, come crescita economica continua, dovrebbe mettere nel conto la sua vocazione bulimica, l’eccesso come suo fine. Dovrebbe essere consapevole che essa tende a dilatare e divorare sempre più spazio, a contrarre sempre più il tempo per aumentare indefinitamente il suo sviluppo. La velocità assunta, sempre più alta, ha condotto la macchina dello scriteriato sviluppo urbanistico fuori strada. Gli esempi mostrati ne rappresentano, metaforicamente, gli avanzi, i relitti. Ci si chiede, appunto, quale siano stati i criteri urbanistici adottati per sostenere con ostinata tenacia tali scelte. A noi sembrano assenti, o meglio criteri di altra natura. Una metamorfosi inaspettata e curiosa, quella della sinistra umbra, passata ormai (vox populi) all’aggiornato simbolo di “calce e carrello”. Smagata essa ha finalmente capito come “gira il mondo”; noi non lo abbiamo ancora capito e forse non lo capiremo mai. Perciò, noi, continuiamo ancora a stupirci di fronte a simili insolenze urbanistiche. Ci siano concessi indulgenza per il nostro ritardo culturale e rispetto per la nostra biodiversità, per la nostra minoritaria specie, la cui sopravvivenza garantisce anche l’impudenza di chi ha in tal modo operato. Valter Tocchi

Il vecchio mercato coperto

Terzo relitto: ciò che resta della Villa Fongoli La Villa Fongoli e la Villa Maria sono tra le prime opere del trentenne romano Cesare Bazzani realizzate a Terni nel 1903-4, qui approdato dopo l’incarico di costruire la Palazzina Alterocca. Esse costitituiscono due riusciti esempi di Villa suburbana dell’inizio del secolo scorso; ambedue adottano un sobrio linguaggio classicista appena temperato da stilemi modernisti. La loro peculiarità tipologica ha un preciso riferimento storico, come molte Ville suburbane italiane di varia latitudine ed epoca, la Villa Romana. Da questa mutuano la stretta interdipendenza tra ambiente agricolo e costruito, una sintesi di spazio antropizzato che realizza un’unità formale inscindibile. Tale unità è stata violata. La realizzazione di due lottizzazioni ha eroso gran parte del contesto spaziale agricolo delle due Ville e le ha ridotte allo stato di corpi amputati, senza più una ragione d’essere, un altro scempio. L’impudente spregio è più grave per la prima e ben evidenziato dal cartellone che pubblicizza la lottizzazione: “Realizzazione complesso immobiliare Parco Villa Fongoli”. Ironia della sorte o, se si preferisce la dea Nemesi, ha voluto che molte delle unità immobiliari del complesso siano rimaste invendute.

Villa Fongoli

Villa Fongoli - In primo piano il supermercato della lottizzazione

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La Terni Verniciatura nasce nel 2007. Si trova nella zona industriale di Vascigliano di Stroncone e si occupa di sabbiatura e verniciatura dei metalli. La sua produzione varia da cancelli, ringhiere, persiane, termosifoni fino alla carpenteria più pesante tipo serbatoi, travi, tralicci e macchinari industriali. Il processo di lavorazione comincia con la preparazione dei manufatti tramite la sabbiatura che consiste nell’investire il pezzo in questione con aria ad alta pressione e granuli abrasivi. Essa viene svolta in una cabina apposita e come materiale abrasivo viene usato il Garnet, una roccia australiana che è tra i minerali più duri al mondo e inoltre, al contrario della sabbia, non è pericoloso per l’ambiente e la salute delle persone. Il risultato del processo è l’assenza totale di impurità come grasso o vecchie vernici. Inoltre la superficie del metallo diventa ruvida e idonea per la migliore aderenza delle pitture. La verniciatura viene fatta con metodo air-mix per piccoli manufatti e con metodo air-less per le grandi produzioni. Essa viene svolta su un grigliato aspirante dotato di filtri a carboni attivi i quali trattengono i solventi evitando emissioni nocive nell’atmosfera.Una volta pronti i manufatti vengono accuratamente controllati e imballati con il massimo della cura per evitare così che si rovinino durante il trasporto. La Terni Verniciatura annovera nel suo portfolio clienti aziende importanti del ternano e non, come la Co.Re.In. srl, la Sider Zinco srl, la Ondulit Italiana spa, la Vivard impianti srl, la Coimont sas, la SO.IM.I. s.r.l., la CCM spa e molte altre, oltre a clienti privati e piccole officine meccaniche. L’obiettivo finale dell’azienda è il conseguimento di una sempre maggiore qualità nel massimo rispetto dell’ambiente e della tutela della salute.

• Sabbiatura, fino al grado SA3, e verniciatura a liquido di manufatti metallici (travi, serbatoi, ringhiere, cancelli, ponteggi e gru edili) • Sabbiatura di marmi, mattoni, pianelle e legno • Preparazione, a mezzo sabbiatura, di materiale già verniciato da zincare a caldo • Sabbiatura e verniciatura in opera di impianti industriali • Imballaggio accurato • Capacità massima di sollevamento 10 tonnellate

TERNIVERNICIATURA di Tarquini Riccardo Sede Legale Via del falco, 49 05100 Terni - Tel. 0744/304099 Sede Operativa Via F. Malvetani snc - 05039 Vascigliano di Stroncone(TR) Tel/Fax 0744/608156 cell. 347/3567123 tarquiniriccardo@hotmail.it

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L’alimentazione del bambino: l’allattamento Il primo anno di vita del neonato è caratterizzato dalla rapida crescita e da notevoli modificazioni della composizione corporea: il neonato raddoppia di peso entro il 5° mese e lo triplica entro il dodicesimo. La sua statura aumenta di circa 24 cm nello stesso periodo. In passato, prima dell’uso del latte artificiale, il neonato aveva ben poche possibilità di sopravvivere senza il latte materno, si ricordi la figura della balia. L’opinione che l’allattamento al seno rappresenti quanto di meglio può essere offerto al nuovo nato, sia dal punto di vista nutrizionale che dal punto di vista dei rapporti psicologici tra madre e figlio, è validissima. L’antico detto “ogni neonato ha diritto al latte della propria madre” sembra essere trascurato per tutta una serie di motivi quali le mutate condizioni di vita di larghi strati della popolazione, la diffusione del lavoro femminile extradomestico, l’aumento del tenore di vita, l’urbanizzazione, la propaganda industriale per i latti dell’infanzia, i progressi della tecnica nell’allattamento artificiale e, non ultimo, l’ipogalattia cioè la presenza di quantità limitata di latte nella madre. Attualmente si tende ad attaccare il neonato al seno il più presto possibile, già 5-6 ore dopo la nascita, sia pur per breve tempo e sovente. Questi contatti precoci favoriscono la calata lattea che rafforzano il legame tra madre e figlio. Il numero delle poppate varia a seconda della capacità del lattante, fino a 7-8 nei primissimi giorni per ridursi a 5-6 dopo le prime settimane con un intervallo notturno di almeno 6 ore. Il lattante è l’arbitro delle poppate e non deve essere svegliato per mangiare, mantenendo l’intervallo di almeno due ore tra una poppata e l’altra. La durata della poppata è quanto mai varia, in media bastano 10-12 minuti, offrendo all’inizio ambedue i seni per poi passare ad una sola mammella. Circa il modo di allattare è preferibile quello libero: “dargli il latte quando vuole e quanto ne vuole” purchè ci sia. La bilancia è da usare solo per controllare il peso del lattante una volta a settimana. Una crescita intorno a 180-200 grammi è l’indice migliore per valutare l’accrescimento e la validità dell’allattamento. Si calcola grosso modo un fabbisogno di 150 grammi di latte di donna per kg di peso corporeo, cioè circa 100-105 Kcal/KG per soddisfare le sue necessità. Per ciò che riguarda la durata dell’allattamento al seno nei primi 5 giorni si ha la produzione del colostro che presenta un tasso proteico e di sali minerali maggiori rispetto al latte maturo, è ricco di enzimi e immunoglobuline (specie le IgA); quindi si

passa al latte di transizione fino al decimo giorno; dal decimo giorno in poi si ha il latte maturo che per digeribilità e composizione è perfetto per le esigenze nutrizionale del neonato e per una sua crescita ottimale. Per i primi 4 mesi è consigliabile un allattamento completo, se la madre è in buone condizioni e lo desidera può protrarsi fino al sesto mese, dopo il quinto sesto mese conviene integrarlo con altri alimenti. Si parla di allattamento misto quando la madre non ha sufficiente apporto di latte per il poppante; bisogna allora aggiungere una quota variabile di latte di altre specie o vegetale, nei casi di intolleranza, convenientemente preparati per completare la razione. Questo metodo a poppate complementari è da adottare nei primi mesi, poi al divezzamento può essere attuato a poppate alterne. In mancanza di latte materno si deve ricorrere all’allattamento artificiale con l’impiego di latte “adattato” che si ottiene da latte di vacca modificato nella composizione dei nutrienti. Questi latti hanno un notevole margine di sicurezza, anche se richiedono l’applicazione di norme igeniche elementari per il poppatoio, la tettarella di gomma, e l’uso dell’acqua sterile in bottiglia. Per ciò è bene sentire il parere del pediatra per una guida sicura circa la qualità e la quantità del latte. La diluizione è generalmente di 13-15 grammi in 100 ml di acqua con un intervallo tra le poppate di almeno 3 ore, in casi particolari si può utilizzare il late ipoallergenico come il latte di soia. È comunque bene tenere presente le reali necessità del lattante ed il costo di questi prodotti. Lorena Falci Bianconi

CASA DELLA DIVINA PROVVIDENZA re s idenz a prote tta e re side nza comun i t a r i a

La residenza è in un ex convento dei frati cappuccini situato su tre piani. La vita residenziale si svolge tutta al piano terra, ove sono anche tre ampi saloni per le varie attività. Scopo principale della casa è recuperare e mantenere, dove possibile, le capacità cognitive e motorie dei propri ospiti. Il personale, dai medici fino ad arrivare al personale assistenziale e religioso, è altamente specializzato. 05016 Ficulle (TR), zona Cappuccini n° 9 Tel. 0763 86021 - Fax 0763 86214 email info@casadivinaprovvidenza.org

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A letto col proprio assassino Riflessioni sul femminicidio Il Progetto Mandela inizia l’anno di lavoro con una riflessione riguardo il femminicidio. L’occasione è stata la messa in scena, lo scorso 26 novembre, di una lettura dedicata dal titolo Amore assassino. Storie di ordinaria violenza, a cura della regista Irene Loesch e dei laboratori dell’associazione. Il laboratorio di comunicazione ha provato a ragionare in merito a questa difficile tematica. “Tragedia in un condominio a Padova dove un uomo uccide la propria moglie davanti alla figlia di tre anni. In casa. Ci sono volute 40 coltellate perché il ragazzo smettesse di massacrare il petto della amata”. Amore assassino, uomini che amano e uccidono l’amore, donne che dormono accanto al proprio assassino. Quando finirà tutto questo? Fino a oggi le vittime sono oltre cento. Tutte donne, tutte uccise nel posto dove dovrebbero sentirsi protette, nel posto dove ci dovrebbe regnare un clima di amore. Le vittime sono in continuo aumento: solo nel 2011, 135 donne hanno perso la vita in maniera violenta. Chiedersi il perché di quanto succede è un’impresa. Quali sono le cause che scatenano una reazione tale da far uccidere la propria amata con 20 coltellate? L’uso distratto, poniamo non intenzionale, di un linguaggio che nega alla donna la sua libertà: se mi lasci ti ammazzo! oppure: promettimi che sarai MIA per sempre, come se la donna fosse un oggetto da possedere. È un linguaggio che mistifica: in questo modo ciò che era nato come una manifestazione d’amore, una dichiarazione di bene e fiducia, viene interpretato da alcuni uomini come affermazione di sottomissione costringendo la donna in una lettura deviata della dinamica sentimentale. È forse vero che la lotta delle donne ha perso uditori? E pensare che nel 1981 è stata proprio la pressione del fronte femminile a dare l’impulso per cancellare il delitto d’onore. L’uso inadeguato, poi, del corpo femminile può minare l’immagine della donna dopo tutto quello che è stato fatto negli anni per guadagnarne il rispetto. Tv e web diventano oggi trampolini per l’emissione di un messaggio sbagliato. E tutto questo porta a una riflessione sul fatto che si costruisce un puzzle sociale per cui l’opinione pubblica non riesce a metabolizzare il bombardamento di questioni inerenti l’essere donna. E allora digerire le conquiste fatte dalle donne in ambiti che prima gli erano preclusi diventa così difficile? Lasciamo aperta la questione, sospendendo un giudizio che sarebbe semplicistico e forse poco utile. Vi lasciamo con questa riflessione su fatti che abbiamo voluto affrontare e che speriamo nel tempo colorino sempre di meno le cronache.

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Dichiara i tuoi diritti! Ehi tu! Sì, dico a proprio a te che stai leggendo. Non mi dire che ancora non l’hai saputo! No? Allora ti avverto io: il 10 dicembre alle 17 nei locali della Associazione Culturale La Pagina si terrà la conferenza sulla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del Prof. Marcello Ricci. Devi sapere che la Dichiarazione scaturì nel 1948 dall’indignazione degli Alleati per le atrocità commesse durante la Seconda Guerra Mondiale ed è stato il primo documento a sancire universalmente i diritti che spettano all’essere umano. È anche uno dei testi di base delle Nazioni Unite! Dopo una breve introduzione il Prof. Ricci ci illustrerà in cosa consiste la Dichiarazione, i motivi della sua importanza e i vari articoli che la costituiscono, accompagnato da video, diapositive, poesie e racconti recitati dai ragazzi del Progetto Mandela. Prova a pensarci: ti sei mai chiesto com’è possibile che tu stia leggendo? Bhè, che domanda è? replicherai... perché me lo hanno insegnato. Dove? -A scuola- dirai. Ebbene, le tue non sono risposte poi così scontate. Perché, diciamocelo, la possibilità di andare a scuola non è appannaggio di tutti, né per di più quella di poter lavorare o usufruire di una gratuita assistenza sanitaria, tanto che in passato si è sentito il bisogno di mettere per iscritto questi diritti. Se oggi ne godi, lo devi anche alla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Si parlerà dei tuoi. Non vorrai mica mancare?

Ce nt o s f um a t u re… d i Tern i ! Augur i a La Pagina In questo periodo è possibile ammirare i ragazzi del gruppo recitazione del progetto Mandela cimentarsi in letture su argomenti di estrema importanza ed attualità e mettere in cantiere il programma per i prossimi mesi. Tra i tanti appuntamenti dell’associazione possiamo annoverare il raggiungimento di un traguardo importante per la realtà giornalistica ternana: il centesimo numero de La Pagina, mensile a distribuzione gratuita che potrà vantare il merito di aver informato gli abitanti di Terni per ben 100 volte. L’incontro che si svolgerà il 18 Dicembre presso la sede del giornale stesso, consisterà in una serie di letture di frammenti estrapolati da articoli che per un motivo o per un altro hanno segnato la storia del mensile, a cura del regista Simone Mazzilli e dei laboratori. Questo incontro sarà l’ultimo dell’anno 2012 a vedere la partecipazione pubblica del gruppo recitazione, i laboratori e con questi i lavori proseguiranno con intensità per affrontare l’appuntamento con la giornata della memoria, il prossimo 27 gennaio. Anche il laboratorio di comunicazione è in piena lavorazione per pianificare un 2013 di impegno che, spaziando oltre il mezzo cartaceo, si sposterà sulla radio andando in onda una volta a settimana per informare gli ascoltatori sull’avanzare del progetto e non solo. Non resta che farsi gli auguri di buona fortuna e darci appuntamento alla prossima uscita con maggiori dettagli sulle iniziative de Il Progetto! A cura del laboratorio di comunicazione del Progetto. Camilla Calcatelli, Jasmine Dakhlaoui, Francesco Gaggia, Teresa Heidland, Eleonora Landi, Chiara Stefanelli

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CENTRO VETERINARIO LUNGONERA Il Centro Veterinario Lungonera è una struttura operante sul territorio ternano da circa venti anni che ha saputo sempre rinnovarsi e dotarsi di attrezzature moderne e personale costantemente aggiornato. Nella nuova sede di Via Narni è in grado di offrire gran parte dei sevizi medici generici e specialistici necessari per la gestione della salute dei piccoli animali d’affezione, in particolare cani e gatti, il tutto arricchito da un’ottima dose di disponibilità e trasparenza. Il Centro mette a disposizione dei suoi pazienti, oltre alle quattro sale visita, un laboratorio analisi interno in grado di dare risposte in tempi brevissimi, due reparti degenza, un servizio di diagnostica per immagini comprensivo di ecografia, ecocardiografia (ecocolordoppler), radiologia digitale e videoendoscopia che affianca le attrezzate sale operatorie anche per interventi mininvasivi come, ad esempio, l’ortopedia in radioguida digitale, l’asportazione ecoguidata o video guidata di corpi estranei. Per qualsiasi necessità, per preventivi o per prenotare appuntamenti non esitate a contattarci al nostro numero fisso 0744 221044 o mobile 328 3299920 o alla mail lungoneravet@libero.it Per maggiori informazioni potete visitare i nostri siti web www.centroveterinariolungonera.com www.veterinarioterni.it Centro Veterinario Lungonera Dr. Marco Piantoni-Dr. Paolo Cortelli Panini-Dr. Marco Cozza-Dr. Matteo Neroni ricevono, preferibilmente su appuntamento, in Via Narni 210/i dal lunedì al sabato dalle 09:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 20:00 per emergenze S.O.S. 24h al 3283299920

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Al Centro Veterinario Lungonera, le cagne, così come le gatte, destinate alla sterilizzazione, vengono ricoverate in day hospital per almeno 4 ore e dopo 12 di digiuno (niente cibo, solo acqua). Alla dimissione sono quasi nelle stesse condizioni che erano all’ingresso, ovvero sveglie ed autosufficienti e non necessitano di accortezze particolari se non l’evitare corse e salti per 7 giorni ed il leccamento ossessivo della ferita. Generalmente il trattamento antidolorifico e la copertura antibiotica fatti in sede operatoria sono sufficienti ed i punti cutanei, intradermici e riassorbibili, non vanno asportati. Ovarioisterectomia al CVL Per le cagne di taglia grande, specialmente se molto grasse, è necessario un intervento a quattro mani, oltre alla presenza fissa, ovviamente, di un anestesista. Da un’apertura praticata tra i muscoli addominali vengono asportate le ovaie e l’utero fino alla cervice; nella cagne e nelle gatte molto giovani potrebbe essere sufficiente asportare solo le ovaie. Tutti i fili utilizzati all’interno dell’addome sono in materiale completamente riassorbibile; anche per i muscoli ed il sottocute si preferiscono fili riassorbibili, così come per la cute (il derma). Solo nel caso in cui sia necessario abbreviare i tempi anestetici si utilizzano per la pelle delle agrafes metalliche da asportare dopo 7, massimo 10 giorni. Prima di ogni intervento che necessiti di anestesia generale sarebbe consigliabile un esame del sangue teso a valutare la funzionalità degli organi deputati alla metabolizzazione e smaltimento dell’anestesia (esame preanestetico); tale valutazione si fa obbligatoria quando a finire sotto i ferri sono soggetti non più giovani o con altre patologie in atto. Questo perché l’anestesia, sebbene condotta con metodiche e materiali tra i più moderni e sicuri, rappresenta sempre un rischio per la salute e per la vita stessa; per tale motivo i proprietari di animali destinati alla sala operatoria saranno chiamati a firmare un consenso informato simile a quelli usati per le persone negli ospedali. Per qualsiasi chiarimento, siamo a Vostra disposizione. Dr. M arc o Coz z a 52


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E m a n u e l a Montefranco (TR) - Chiesa della Madonna del Carmine

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Presepe Affresco del XV secolo di scuola umbra

Arrone (TR) - Chiesa di Santa Maria

Poggio Primo

Affreschi molto o Sal

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NativitĂ e adorazione dei pastori 1516 - Giovanni da Spoleto e Vincenzo Tamagli

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Scheggino (PG) - Chiesa di San Nicola

Presepio

o Caso (PG) - Chiesa di San Fortunato

Natività

deperiti attribuiti a Guidobaldo Abbatini lvi Castellucci - intorno 1654

- Chiesa di Santa Maria delle Grazie

Natività

ttribuita alla bottega dello Spagna

Opera commissionata a Giovanni di Pietro, detto lo Spagna, che, vecchio e malandato, tracciò l’impianto dell’opera dipingendo le figure più importanti. Alla sua morte l’opera fu terminata dal pittore Piermarino di Giacomo

Sant’Anatolia di Narco (PG) - Chiesa di San Felice di Narco

Adorazione dei Magi Opera della prima metà del secolo XV

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Ferentillo - Precetto (TR)

Presepio Scuola di Jacopo Siculo, 1559

Il tema della natività e della sacra rappresentazione si riscontra in tele e affreschi presenti in diversi edifici religiosi sparsi nel territorio umbro, in particolare in Valnerina. Gli artisti che si sono cimentati su questa tematica hanno utilizzato varie tecniche, trasponendo nelle opere la loro sensibilità e la spiritualità del loro tempo. Già a partire dal IV secolo la Natività divenne uno dei temi più frequentemente rappresentati nell’arte religiosa. Proprio per influsso della spiritualità francescana, dal XIII al XX secolo molti artisti hanno rappresentato la nascita di Gesù ispirandosi sia ai vangeli che ai libri apocrifi (scritti che non fanno parte della Bibbia ma della traduzione orale su Gesù). La rappresentazione della natività solitamente mette in primo piano il Bambino, sovente in terra come nella chiesa di S. Maria ad Arrone, a sottolinearne l’umanità, oggetto di devota e tenera contemplazione da parte dei fedeli, di lato la Madonna e dietro Giuseppe come si può ammirare nella chiesina di dedicata a S. Maria delle Grazie a Caso . È dunque la madre a dividere con il figlio la centralità della scena. Inoltre, tradizionalmente Giuseppe è raffigurato come un uomo anziano e tratteggiato da colori più cupi rispetto a quelli di Maria, più vivaci. Un posto di rilievo è riservato, nella grotta, ai due animali più importanti: il bue e l’asino, considerati, a ragione, tra i personaggi di base della scena, completata dai pastori e dai Magi adoranti. Le bellezze storiche ed artistiche dei piccoli centri della Valnerina sono la nostra memoria e vanno adeguatamente tutelate e valorizzate. Con l’augurio che, contemplando queste immagini della Natività, possiamo anche noi sperimentare quanto è raccontato da Tommaso da Celano al riguardo del presepe di Greccio: …per i meriti del Santo, il fanciullo Gesù veniva risuscitato nel cuore di molti, che l’avevano dimenticato, e il ricordo di Lui rimaneva impresso profondamente nella loro memoria. (Vita prima, 30, 86) Emanuela Ruffinelli

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Tra I l l u minism o Ambiv

Bisognerebbe aver perso qualsiasi esigenza di rigore intellettuale per osare di definire il Romanticismo, sostiene P. Valery, in merito al movimento culturale affermatosi nell’Europa del XIX secolo. Complesso e contraddittorio, trova il suo punto di partenza nel rifiuto della ragione illuministica, facoltà conoscitiva empirica, analitica, sperimentale, legata indissolubilmente all’ambito del fenomeno e imperniata sul criterio del limite. Non a caso l’intellettuale romantico tedesco Hoelderlin, affermando che “un Dio è l’uomo quando sogna, un mendicante quando pensa” (Iperione, I, 1), svuota di ogni significato l’attività di riflessione dell’uomo, esaltando la dimensione dell’inconscio e dell’immaginazione, con una vena sostanzialmente irrazionalistica. Sua anche la celebre domanda: Voi che cercate il sommo bene nella profondità della scienza, nel tumulto dell’azione, nell’oscurità del passato, nel labirinto del futuro, dentro le fosse e sopra le stelle, sapete voi dirmi qual è il suo nome? Il suo nome è bellezza. La bellezza come essenza divina del mondo è un tema tipicamente romantico; si tende infatti ad interpretare il rapporto tra Dio e il mondo come quello che si instaura tra l’artista e l’opera, tenendo presente che la natura è l’opera d’arte per eccellenza. L’arte, infatti, fornisce all’uomo un linguaggio immediato in grado di orientarlo verso l’assoluto, il grande protagonista di questa nuova sensibilità. L’uomo è costantemente alla ricerca di vie d’accesso all’infinito che individua nel sentimento, nella fede e in una ragione diversamente intesa, quella dialettica di Hegel. Per sentimento intendiamo la facoltà dell’animo umano che la cultura classica aveva in gran parte ignorato, che l’Illuminismo aveva solo iniziato ad esaminare e che il Romanticismo mette in piena luce enfatizzandolo; si tratta di una modalità prelogica, metarazionale nonché anterpredicativa (vale a dire che viene prima della articolazione del linguaggio). La fede risulta essere la capacità di cogliere il tutto nella parte, l’assoluto nel relativo, l’infinito nel finito, l’eterno

V i a N a r n i 5 4 Te r n i 0 7 4 4 / 8 1 3 6 5 5 - w w. s i m a c a f f e . i t

nel contingente. Sicuramente, però, la svolta decisiva che ha permesso di passare dal criticismo kantiano all’idealismo hegeliano è rappresentata dal nuovo modo d’intendere la Ragione, non più come facoltà conoscitiva che si applica con rigore ed efficacia alla finitezza fenomenica, o come pretesa fallimentare di cogliere l’infinito a prescindere dall’esperienza, utilizzando le dodici categorie a vuoto, ma come struttura logica e ontologica del mondo, dal carattere dinamico e storico. L’intelletto di Kant perde così il suo primato e il soggetto non si limita più a definire l’oggetto attraverso le sue forme a priori, accettando dall’esterno la pluralità dei dati empirici, ma diventa colui che crea gli oggetti mentre li pensa, inteso come attività spirituale in divenire. Il passaggio dall’una all’altra di queste due concezioni, dovuto alla diversa interpretazione dell’Io penso, che non è più un’attività gnoseologica formale e finita, rompe violentemente i rapporti con una filosofia in cui il richiamo al limite era stato sempre presente. Abbagnano non a caso si riferiva alla filosofia di Kant utilizzando l’espressione “ermeneutica della finitudine”, in altri termini interpretazione della condizione dell’uomo nella sua finitezza, con l’accezione pascaliana di dignità. È doveroso puntualizzare, però, che accanto alla sofferenza e al disagio per la fragilità corporea dell’uomo, si colloca la sua grandezza, che nasce dal fatto di avere nella mente le tre idee (Io, Mondo e Dio) e nel cuore l’imperativo categorico. Cos’è il sublime kantiano se non l’opposizione tra ragione e immaginazione, che è alimentata proprio da questa consapevolezza? Inserito in una dimensione noumenica, il sublime può essere distinto in matematico (incommensurabilmente grande) e dinamico (infinitamente potente). In un certo senso Kant anticipa la sensibilità romantica, sia aprendo le porte alla celebrazione del genio in ambito artistico, sia esaminando la teoria del sublime, ripresa dall’intellettuale Burke. Egli definì il sublime come un’emozione che nasce nell’animo dall’avvertimento del pericolo di fronte alla vastità e alla potenza della natura, di cui l’uomo è solo una piccola parte. Si tratta di una visione destinata a godere di ampia fortuna, soprattutto nell’ambito letterario: inizia a prendere corpo l’idea di romanzo gotico, in cui la fascinazione si unisce a un senso di smarrimento e raccapriccio. Alcuni critici sono concordi nell’individuare nel romanzo ottocentesco di Manzoni “I promessi Sposi” tratti dello stile gotico, soprattutto nell’episodio alquanto misterioso di Gertrude, la monaca di Monza. Occorre però tener presente che il Romanticismo in Italia assume caratteri profondamente diversi rispetto al cosiddetto Romanticismo negativo tedesco. Infatti, lo scrittore milanese si fa portatore di valori patriottici e civili, più vicini a un popolo ancora sottoposto alla dominazione straniera, in “marcia” verso un’indipendenza voluta e conquistata con sacrificio. La dimensione storica, propria sia del romanzo italiano che di quello francese (il cui massimo esponente è Victor Hugo), estranea al mondo tedesco, permette di considerarlo un Romanticismo, al contrario, positivo. Un caso particolare nel contesto italiano è costituito dal poeta Giacomo Leopardi, il quale è al contempo sulle linee della tradizione e su quelle di una più schietta modernità: si professò avversario del Romanticismo, in realtà ne raccolse le parti vitali. Dette forma classica a certi stati d’animo che il Romanticismo aveva tanto contribuito a determinare e perciò continuò mirabilmente l’opera del Foscolo. Non si è in grado, quindi, di definire il romanticismo senza tener conto delle molteplici sfumature di cui si compone, delle innumerevoli sfaccettature ed eccezioni che lo rendono un periodo difficile da analizzare, interprete di umori totalmente nuovi ed espressione di una sensibilità improntata sulla coscienza individuale e su un’instancabile tendenza verso l’oltre. Desirée Bosi III IF

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e Rom a n t i c i sm o

alenze

In conseguenza della crisi della cultura illuministica, in cui l’uomo era al centro non soltanto della realtà a lui contemporanea, ma anche di tutto il processo storico, nel Romanticismo si mette in discussione la posizione dell’uomo nell’ordine del mondo e dunque la validità delle sue azioni. Nell’ambito della letteratura italiana due grandi autori dell’Ottocento, Manzoni e Leopardi, si concentrarono sul rapporto tra l’uomo e la realtà, giungendo a conclusioni al tempo stesso parallele e contrastanti: parallele perché entrambi prendono atto della debolezza propria della natura umana, contrastanti perché se da un lato Manzoni supera il pessimismo storico in chiave trascendente, dall’altro, Leopardi non risolve la sua visione pessimistica della storia, anzi la amplifica al punto tale da arrivare al pessimismo cosmico. Il tentativo di confrontare il pensiero di Manzoni con quello di Leopardi, pur nella consapevolezza che i due autori reagiscono alla crisi della cultura settecentesca “sui due opposti versanti ideali”, è presente in un passo del saggio “I Promessi Sposi, romanzo dei rapporti di forza” di Italo Calvino. Il principale punto di contatto che Calvino mette in luce è il tentativo da parte di entrambi di individuare minuziosamente “le forze contro cui l’azione umana deve scontrarsi”, in modo da definire dialetticamente il senso di quest’ultima. Manzoni, rifiutando una “religiosità consolatoria, dissimulatrice della spietatezza del mondo”, sostiene che l’uomo deve fare i conti con il male, che si manifesta a più livelli nel romanzo: sia attraverso la carestia e la pestilenza, sia attraverso il sopruso esercitato dai potenti nei confronti degli umili. Tuttavia, grazie ad una visione provvidenzialistica, ne “I Promessi Sposi”, Manzoni supera la visione pessimistica che aveva espresso nella tragedia “Adelchi” del 1822: dunque, dalla massima “non resta che far torto o patirlo”, Manzoni arriverà a dire nel “sugo” del romanzo che “i guai quando vengono per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce e li rende utili per una vita migliore”. Comunque, il fatto che il Dio buono sia “absconditus” e che egli si manifesti negativamente nella storia, spinge Calvino a definire i Promessi Sposi un “romanzo senza Dio e senza Provvidenza”. Ma Leopardi è senza dubbio, come afferma lo stesso Calvino, “più drastico” nel rifiutare le “facili illusioni” che caratterizzano tanto “la fede nel progresso umano”, quanto “la bontà della natura”. Se, dunque, in una prima fase, il poeta si scaglia contro la μικροψιχία dei moderni, che si contrappone alla grandezza sia estetica, sia etica degli antichi, gradualmente matura una concezione totalmente pessimistica, che lo porta a scontrarsi prima con il Fato, come emerge da “L’ultimo canto di Saffo”, poi contro la Natura, non più madre benigna, ma matrigna, divinità malvagia addirittura, in accordo al pensiero espresso nelle “Operette Morali”, in particolare nel “Dialogo della natura e di un islandese”. Mutando le forze ostili all’uomo, muta anche il senso dell’azione umana secondo l’inscindibile binomio presentato da Calvino: l’uomo, infelice non più a causa dell’impossibilità di raggiungere un piacere limitato per estensione e per durata, ma a causa di un dato oggettivo, ossia la malvagità della natura, deve prendere atto del fatto di essere un semplice meccanismo nel circuito naturale di produzione e distruzione e del fatto di non poter

modificare la sua condizione. L’uomo, in Leopardi, può soltanto alleviare la sua sofferenza tramite il contatto con gli altri uomini. Manzoni, invece, pur nella consapevolezza della costante insidia del male, intende comunicare ai lettori che l’azione non è vana, anzi consente agli uomini di collaborare alla realizzazione del disegno provvidenziale, che è necessariamente volto al bene. Emblema di tale dato è la figura di Padre Cristoforo, il quale, accogliendo la Grazia, si converte e persevera nel fare il bene, abdicando definitivamente alla malvagità e alla violenza che avevano caratterizzato la sua gioventù. Dunque, se l’uomo in Manzoni gode della libertà di scegliere il bene o il male e di collaborare o meno al progetto divino, in Leopardi è un “factum”, uno scherzo nel piano di natura, che soffre più degli animali proprio perché è consapevole della propria miseria e dello scarto esistente tra la propria vita, destinata a concludersi nella “fredda tomba”, e la vita della natura, la quale si rigenera ogni primavera. Concludendo, si può affermare, in accordo al passo di Calvino, che è possibile riconoscere nei due autori sia aspetti affini, come la piccolezza dell’uomo in rapporto all’universo, sia aspetti contrastanti, come il diverso superamento del pessimismo storico o la concezione della Nicoletta Mazzocchi III IF libertà.

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Te r n i - Vi a C a s s i a n B o n 1 / a ( P i a z z a Ta c i t o ) Te l . 0 7 4 4 . 4 2 5 9 4 5 - 0 7 4 4 . 4 2 4 9 8 9 w w w. i s t i t u t o i t a l i a n o a n d r o l o g i a . c o m erremedica@tiscali.it info@istitutoitalianoandrologia.com ORARIO d a l L u n e d ĂŹ a l Ve n e r d ĂŹ dalle ore 08.30 alle 12.30 dalle ore 15.00 alle 19.00

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Ipertermia

ovvero curare con il calore Si sente molto parlare di terapie basate sull’aumento della temperatura al fine di ottenere beneficio in diversi ambiti patologici. Il termine che definisce questo tipo di approccio è: Ipertermia. In realtà il termine ipertermia è abbastanza vago e racchiude in sé metodiche a volte completamente diverse tra loro. In genere si tratta degli effetti benèfici derivanti dall’esposizione di una determinata zona del corpo ad un campo elettromagnetico, e quindi all’energia che questo eroga, con conseguente aumento della temperatura in situ. Abbastanza comune in questo senso è l’utilizzo dell’ipertermia in ambito di patologie ostearticolari e medicina sportiva. Parlando comunque di campo elettromagnetico, esistono differenze sostanziali a seconda della lunghezza d’onda appunto delle onde generate; per esempio la penetrabilità nel corpo umano è inversamente proporzionale alla frequenza d’onda e quindi quanto questa è più bassa tanto più il campo energetico andrà in profondità. In genere le frequenze variano da poche decine ad alcune centinaia di MegaHerz, a seconda dell’utilizzo. Un caso particolare di ipertermia è la cosiddetta Capacitiva Profonda, usata in ambito oncologico. Essa si differenzia da quella intraoperatoria, dove il chemioterapico viene “riscaldato” per facilitarne la penetrabilità in loco, in quanto anch’essa si basa sugli effetti di un campo elettromagnetico che dall’esterno raggiunge la massa tumorale. Pur essendo nel prontuario del Sistema Sanitario Nazionale dal 1996,

questa metodica è poco utilizzata seppur presente in alcuni ospedali italiani. È una terapia da considerarsi di supporto alle terapie correnti, con le quali si integra perfettamente, comunque sempre nel rispetto delle indicazioni di cui è oggetto. In questo caso le frequenze utilizzate sono pari a 13.56 MHz e di fatto i possibili benefici si hanno grazie alle modificazioni che il campo elettromagnetico induce in modo selettivo sulla cellula neoplastica. Di fatto si ripristinano quei fenomeni di controllo della crescita cellulare definiti dal termine “apoptosi” che la cellula tumorale per sua natura non ha, con conseguente necrosi del tessuto malato e successiva stimolazione del sistema immunitario. I macchinari esistenti per questo tipo di ipertermia in genere si equivalgono anche se in alcuni casi si differenziano per la capacità di individuare la zona malata e quindi trattarla in modo selettivo. Concludendo l’ipertermia capacitiva profonda, se applicata correttamente e nel rispetto delle indicazioni, può essere un valido supporto a chemioterapia e radioterapia, sia in associazione che da sola se le suddette terapie non possono più essere utilizzate. Le aspettative sono essenzialmente quelle del miglioramento della qualità della vita del paziente oncologico e in taluni casi, del prolungamento della stessa. Dott. Marco Ballerini Centro Medico Demetra

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Sulle montagne della Valnerina ternana vive, da quasi 25 anni, un eremita laico che ha una storia veramente singolare e che merita di essere raccontata. Il suo nome è Pietro, originario di Monopoli (BA), oggi sessantenne, e prima di arrivare in quella casa isolata da tutto e da tutti, ha avuto una vita che dire avventurosa, è sicuramente dire poco! Credo che la sua storia sia emblematica del suo tempo, nel bene e nel male; dei mitici anni ’60, quando i giovani di allora misero in discussione il modello di vita dei loro genitori, con molta fantasia e speranza di cambiare il mondo. Se essi riuscirono nell’intento, non sta a me dirlo, ma sicuramente possiamo affermare che noi beneficiamo ancora oggi, dopo tutti questi anni, soprattutto nella vita di tutti i giorni, forse anche senza rendercene conto, di molte conquiste da loro ottenute. Pietro, all’età di 15 anni, lasciò la sua casa per partire all’avventura, come facevano molti giovani in quel tempo, con un sacco a pelo e pochi spiccioli in tasca, ma con la speranza di conoscere il mondo al di fuori di quelle quattro mura che ormai gli stavano troppo strette. Senza una meta né un obiettivo preciso, se non quello di respirare la libertà. Inizialmente vagabondò nel nord Italia e ogni luogo dove poter trovare un piccolo giaciglio era per lui un posto adatto. In questo modo bussò a tante porte, e vivere di elemosina e di piccoli lavoretti fu la sua scelta di vita: ospizi, ostelli, conventi, parrocchie, ecc. e quando non trovava nulla di ciò, il cielo era il suo tetto, o al massimo la volta di un ponte. In quel periodo tra i giovani si andava sviluppando un’idea di società alternativa a quella esistente, e in quest’ottica stavano nascendo delle cosiddette “Comuni hippie”, dei luoghi, spesso dei casali di campagna abbandonati, dove i giovani vivevano in comunità, mettendo tutti i propri averi a disposizione degli altri, e di fatto abolendo la proprietà privata. Pietro frequentò molti di questi luoghi, prima in Italia e poi all’estero, Germania ed Olanda soprattutto. Purtroppo qui, oltre a conoscere tantissimi giovani come lui, ebbe le prime esperienze di droghe pesanti, che lo portarono pericolosamente più volte vicino al baratro. Forse quello che lo salvò fu proprio quel suo aspetto caratteriale che lo portava sempre ad essere insoddisfatto di ciò che aveva, ed a pretendere e cercare di più, anche altrove. Da tempo aveva una relazione con una ragazza che involontariamente lo trascinò in quel vortice, fino quasi a toccare il fondo, e solo poco prima del precipizio riuscì a fermarsi e trovare la forza per ricominciare. La molla da cui scaturì questa forza fu la lettura, quasi casuale, della Bibbia. Un amico gli regalò il testo sacro dei Cristiani, e fu a quel punto che cominciò a capire, e più approfondiva e più si rendeva conto che quelle parole contenevano la soluzione dei problemi. Insomma fu un vero e proprio “colpo di fulmine” mistico! Da quel momento la sua vita cominciò a prendere

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Pietro, l


’eremita

un’altra piega. Viveva ad Amsterdam, dove lavorava 6 mesi l’anno, in un villaggio turistico, mentre negli altri 6 mesi cominciò a girare per il Mondo, con l’idea di portare agli altri la “parola di Dio”. Per alcuni anni non fece altro, ed in mezzo a mille avventure, cercò di vivere da “vero cristiano”, portando il suo messaggio alla gente che lo voleva ascoltare, specie nei paesi del Sud America, sempre con pochi spiccioli in tasca, armato solo di tanta fede e volontà. Ma giunse un momento che anche questo non gli sembrava sufficiente, e cresceva in lui il desiderio di andare a rifugiarsi in qualche luogo isolato, per dedicarsi alla preghiera e alla ricerca profonda di Gesù. Ed a questo punto il destino era pronto a riservargli qualche piacevole sorpresa. Infatti durante il suo periodo di lavoro nel villaggio turistico olandese, ha modo di conoscere dei ragazzi di Terni, che poi sarebbero diventati i suoi migliori amici, e a loro chiede di trovargli un rudere sulle montagne umbre, richiamato dal desiderio di vivere a contatto con la natura, nella regione di San Francesco e Santa Rita. Ed il sogno si avvera! Viene trovato e quindi acquistato con pochi spiccioli, i resti di un caseggiato abbandonato da moltissimi anni dai proprietari contadini, sulla montagna del Comune di Ferentillo. Per poterlo rendere ospitale, le fatiche sono indescrivibili! Ci vorranno ben 3 anni prima di avere una casa con l’acqua della sorgente a monte, con mobili auto-costruiti, senza luce e servizi... ma questo era il suo sogno. Da quel momento la sua vita viene scandita dalla preghiera e dal lavoro artigianale, nel suo piccolo laboratorio dove produce oggetti in cuoio. E nei primi anni l’isolamento era veramente totale, dato che per arrivare alla sua casa-rifugio c’era da camminare per ben 90 minuti, in un sentiero che attraversava boschi, torrenti, e precipizi… Spesso, inoltre, rifiutava contatti con il prossimo. Successivamente si è aperto maggiormente al prossimo, e non è certo inusuale andare a fargli visita e trovare la sua casa piena di ospiti. Io ho conosciuto Pietro più di 10 anni fa, e fin dall’inizio ciò che mi ha colpito maggiormente è il suo senso di ospitalità. Pur vivendo con pochissimi beni materiali, la sua casa è sempre aperta a chiunque volesse fargli visita, magari solo per scambiare opinioni sulla fede. Ed io che non sono certamente un credente fervente, da quel giorno non posso più fare a meno di vivere un’amicizia profonda e sentita nei suoi confronti, ed ogni volta che con degli amici vado a fargli visita (molto spesso per la verità) torno a casa con la convinzione di essere più ricco dentro, e spesso con molti dubbi in più sul tipo di vita che viviamo tutti i giorni, noi cosiddetti civili. La storia di Pietro è stata magnificamente raccontata in un film-documentario di un giovane regista ternano, Emanuele Pecorari, dal titolo “Coming home”, e proiettata lo scorso anno all’interno del Festival “Popoli e Religioni” di Terni. Marco Barcarotti

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Don Salvatore Colella Il parroco a cui dobbiamo la Croce sul monte Forcella di Mezzo (monte la Croce) Don Salvatore Colella nacque a Montemileto in provincia di Avellino il 23 Novembre 1863. Fece il militare nel suo paese di origine nel 1884. Per la sua vocazione religiosa studiò presso il seminario di Terni e fu aggregato alla diocesi stessa il 15 Giugno 1886 ...viste tutte le cose solite a vedersi e maturamente considerate le cose da considerarsi... come è scritto nell’atto di aggregazione dall’allora Vescovo di Terni Mons. Antonio Belli (Vescovo della città dal 1871 al 1897). Il 18 Settembre dello stesso anno ricevette gli ordini minori di Esercistato e Accolitato1. Nel 1887 ricevette l’ordine di Suddiacono2. Nel 1891 fu nominato Parroco della chiesa di San Giovanni Battista di Piedimonte (oggi Madonna dell’Ulivo). Nel 1895 sostituì il Parroco Don Mariano Alfani della chiesa di Santa Maria del Rivo. Qui, dopo aver letto la Lettera Pastorale di Papa Leone XIII3 che ordinava l’innalzamento di venti Croci sui monti d’Italia per rendere omaggio a Gesù Cristo Redentore a cui era dedicato il secolo scorso, scattò l’idea di erigere una Croce su uno dei monti che circondavano Terni. Tra mille difficoltà, dubbi, incertezze e con qualche debito riuscì nel suo intento. Grazie alla sua caparbietà coinvolse nel suo progetto la S.A.F.F.A.T. (Società Alti Forni Fonderie Acciaierie Terni)4, la Cassa di Risparmio di Terni e la grande generosità del popolo ternano.

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Il 6 Luglio 1902 fu inaugurata la Croce eretta sul monte Forcella di Mezzo che ancora oggi, a distanza di oltre un secolo, è meta di escursionisti e pellegrini. Il destino volle che nel 1910 fosse nominato Parroco della chiesa di S. Maria dell’Oro situata proprio sotto la montagna dove era stata eretta la Croce. Lo stesso destino decise la sua morte nel luogo che tanto amava. Infatti, Don Salvatore Colella cessò di vivere il 30 Aprile 1930 all’età di 67 anni, assassinato a colpi di martello dal suo sacrestano, tale Benedetto Moscatelli, nei pressi della chiesa di S. Maria dell’Oro. Il sacerdote fu trovato privo di sensi e sanguinante sulla strada vicina alla chiesa, detta selciata o corta dei frati che univa Colle dell’Oro a Terni. A nulla valsero i soccorsi e il prodigarsi del Dott. Bracci all’ospedale di Terni. Riprese i sensi solo per il tempo di dire quello che era successo. L’assassino, che intanto era fuggito a Roma, fu arrestato e condannato all’ergastolo. Il decesso destò molto scalpore ed ebbe ampia risonanza nei giornali dell’epoca. Il sacerdote è sepolto nella sua tomba al cimitero di Montemileto in provincia di Avellino. Gerardo Gambini 1) Il quarto degli Ordini Minori Ecclesiastici; 2) Primo Ordine Sacro Maggiore; 3) Gioacchino Pecci di Carpineto (Anagni). Papa dal 1878 al 1903 con il nome di Leone XIII; 4) Poi Soc. Terni.


La Raccolta d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni Un patrimonio della comunità che esce dai “forzieri” di palazzo Montani Leoni per farsi conoscere da tutti Questo l’intento perseguito dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni nella realizzazione della mostra sulla Raccolta d’arte che sarà inaugurata venerdì 14 dicembre 2012 alle ore 17,00 a palazzo Montani Leoni- Terni, corso C. Tacito 49. Alcune delle opere esposte – come si leggerà nel catalogo curato da Anna Ciccarelli e Francesco Santaniello – sono frutto di mirate acquisizioni della Fondazione sul mercato antiquario finalizzate alla salvaguardia e alla tutela del patrimonio artistico prevalentemente locale; altre derivano, invece, dalle acquisizioni che l’omonima banca ha compiuto dal 1846 al 1992 prima dello scorporo dalla Fondazione. La mostra si sviluppa su due piani del cinquecentesco palazzo, nel rispetto anche della collocazione usuale della maggior parte delle opere. Al piano nobile sono sistemate le raffigurazioni della Cascata delle Marmore, opere databili tra il XVII e il XX secolo, tra le quali spiccano la bella tela attribuita a Philipp Peter Roos, il dipinto assegnato alla cerchia di Claude Joseph Vernet e la grande veduta di Carlo Bossoli. Al secondo piano, nella sala “Paolo Candelori”, sono, invece, collocati tutti i dipinti più antichi della raccolta, tra cui quelli di alcuni interpreti della storia dell’arte italiana quali Antiveduto Gramatica, Raffaellino del Garbo, Girolamo Genga, Gian Domenico Cerrini; nelle sale attigue è stato dedicato un ampio spazio agli artisti attivi nel napoletano tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento, come il ternano Alceste Campriani, il partenopeo Vincenzo Gemito e il romano Antonio Mancini; infine nelle altre sale sono stati sistemati gli artisti interpreti dell’arte ternana e romana del Novecento: Amerigo Bartoli, Ilario Ciaurro, Ugo Castellani, Carlo Quaglia, Felice Fatati, Umberto Prencipe, Orneore Metelli, Piero Gauli. L’arco temporale coperto dalle opere della raccolta d’arte della Fondazione Carit è molto ampio: oltre cinquecento anni di storia dell’arte. Un elemento ricorrente in tutta la mostra è la presenza cospicua di rappresentazioni di paesaggi umbri e di vedute romane, che caratterizzano l’intera collezione artistica. Le ville e le cascine umbre, il fiume Nera e i paesaggi di Castellani; gli scorci narnesi di Fatati; le rappresentazioni della Terni industriale di Gauli; le vedute del lago di Piediluco, della Cascata delle Marmore e delle campagne romane di Bartoli; le vie cittadine e il duomo di Orvieto di Metelli. La parte più affascinante per il pubblico è sicuramente rappresentata dalle raffigurazioni della Cascata delle Marmore, una piccola collezione alla quale la Fondazione tiene molto nella costante ricerca di ulteriori opere che vengono individuate sul mercato antiquario. La scelta di allestimento della mostra ha privilegiato la dimensione “domestica”, ambientando le opere anche in alcune sale di rappresentanza della Fondazione, quali la sala del Consiglio di Amministrazione e del Comitato di Indirizzo con i loro soffitti decorati e gli antichi arredi.

La raccolta d’arte della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni A cura di: Anna Ciccarelli e Francesco Santaniello Luogo: Terni, palazzo Montani Leoni, corso C. Tacito 49 Vernissage: 14 dicembre 2012 ore 17.00 Durata dell’evento: dal 15 dicembre 2012 al 17 febbraio 2013 Orari di apertura al pubblico: ogni sabato e domenica 11.00-13.00; 17.00-19.00 Ingresso gratuito Catalogo disponibile all’interno della mostra

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Come i raggi cosmici potrebbero aver causato le estinzioni di massa delle ere passate (Prima parte) Una causa ben nota che determinò la scomparsa dei dinosauri 65 milioni di anni fa è da attribuire alla caduta di un grosso asteroide, ma studi di paleontologia a carattere internazionale hanno dimostrato che nelle ere passate le estinzioni di massa sul nostro pianeta ce ne sono state tante e si sono succedute con scadenze periodiche. Altre cause sono state accreditate al riguardo, come la caduta di comete, intense attività di vulcanismo, alte concentrazioni di anidrite carbonica nell’atmosfera e lunghi periodi di glaciazioni. Recentemente però una équipe di astronomi ha presentato una teoria che vede i Raggi Cosmici fautori della scomparsa ripetuta della vita sul nostro pianeta. Vediamo in che modo, iniziando a conoscere da vicino questi raggi. Alla fine dell’ottocento Roentgen scopre i Raggi X e pochi anni dopo Becquerel e i coniugi Curie scoprono la radioattività naturale di alcuni elementi. Verificando che in profondità del mare l’intensità di questa radiazione diminuiva (esperimento dell’italiano Pacini) e che a 5000 mt. di altezza, viceversa, questa intensità aumentava (esperimento a bordo di un pallone aerostatico dell’austriaco Hess, premio Nobel nel 1936), se ne deduceva che questa radiazione non era di origine terrestre ma veniva dallo spazio. Un secolo intero di esperimenti e rilevazioni sia al di fuori della nostra atmosfera, con molteplici satelliti, sia con rilevatori sul suolo terrestre, sia in laboratori sotterranei, hanno affinato le nostre conoscenze e a considerare i Raggi Cosmici come particelle cariche provenienti dal nostro Sole, da Stelle e Supernovae della nostra galassia, nonché da Quasar e Buchi Neri di origine extragalattica. La loro pericolosità è tale da interferire con i cromosomi cellulari, spezzare il legame della doppia elica del DNA, procurare un invecchiamento cellulare, diminuire le possibilità di procreazione ed essere la causa di formazioni tumorali. Per nostra fortuna abbiamo due scudi che ci proteggono: il primo è il campo magnetico terrestre che ne devia la maggior parte (vedi foto 1), e il secondo è la nostra atmosfera che interferisce a livello atomico, trasformando i protoni che arrivano dallo spazio in una pioggia di altre particelle come i Muoni ma che, a livello del mare, non sono pericolosi (vedi foto 2). Le cose cambiano se saliamo in alto. A 10.000 mt. di altezza l’intensità della radiazione aumenta di cinque volte, a l6.000 mt. di dieci volte e se andiamo fuori dell’atmosfera, per esempio sulla Stazione Spaziale Internazionale, di ben cento volte. Gli astronauti che vi stazionano, in un solo giorno assorbono una dose così elevata da essere paragonata a quella che assorbiamo noi comuni mortali in un anno intero qui sulla Terra. Un anno passato nello spazio equivale alla distruzione di un terzo del DNA in un corpo vivente! Possiamo concludere questa prima parte con la consapevolezza che i Raggi Cosmici, in dosi elevate hanno il potere di interferire, in modo negativo, con l’evoluzione della vita sulla Terra e sul prossimo numero di questo magazine, ne daremo una spiegazione a carattere astronomico. Tonino Scacciafratte Presidente A.T.A.M.B. - tonisca@gmail.com

Parliamo delLA LUNA Influenze tra Terra e Luna - Le maree Gli effetti reali prodotti dalla Luna, direttamente riscontrabili sulla Terra sono: l’illuminazione notturna, più o meno accentuata, prodotta dalla luce del Sole riflessa dalla superficie lunare, e le maree, effetto dell’attrazione, principalmente tra Terra e Luna, sommato alla forza centrifuga conseguente alla rotazione dei due corpi intorno al comune baricentro. Il fenomeno mareale produce il massimo effetto sulle strutture fluide del pianeta provocando, a seconda dei luoghi, il rilevante innalzamento e abbassamento del livello delle grandi masse oceaniche. Le maree sono quindi la conseguenza di un fenomeno universale, persistente e periodico, le cui cause sono prevalentemente astronomiche. Generalmente, nell’arco di un giorno si manifestano due cicli, rispettivamente, di alta e bassa marea che già i greci, in epoca ante cristiana, attribuivano alla posizione della Luna e del Sole rispetto alla Terra, ignorandone però, il motivo. Il fenomeno apparve chiaro soltanto dopo che Newton elaborò la legge di gravitazione universale. Sulla Terra, solo la Luna e il Sole sono in grado di causare forze di marea apprezzabili; il Sole, benché molto distante, agisce per la sua massa enorme; la Luna, anche se molto piccola, esercita l’azione maggiore perché più vicina (la forza di gravità è direttamente proporzionale alla massa ed inversamente proporzionale al quadrato della distanza). Come detto, è l’azione combinata della gravità e della forza centrifuga del sistema Terra-Luna che genera le maree. L’innalzamento del livello del mare si manifesta contemporaneamente in corrispondenza dell’asse tra i due corpi celesti, sia sulla faccia della Terra rivolta verso la Luna, sia su quella opposta (vedi figura); contemporaneamente, sui mari che si trovano in posizione ortogonale rispetto all’asse Terra-Luna si verifica l’abbassamento del livello. Quando la Luna e il Sole si trovano allineati (Luna nuova o Luna piena), le forze di attrazione si sommano provocando i maggiori innalzamenti del livello del mare. Lo spostamento mareale delle masse liquide oceaniche, inoltre, è la causa del rallentamento del periodo di rotazione terrestre con il conseguente aumento, impercettibile ma costante, della durata del giorno. Il fenomeno delle maree, nel suo insieme, è certamente molto più complesso perché è il risultato del sinergismo di più fattori. Rimando in altre sedi, per chi lo vorrà, lo studio più approfondito. L’argomento del prossimo appuntamento riguarderà gli effetti positivi e negativi dell’illuminazione notturna prodotta di riflesso dalla Luna e, concluso il capitolo degli effetti, reali potremo dedicarci per un po’ anche a quelli meno reali o presunti o...? Enrico Costantini

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Fine d e l u m o n n u

Una soffitta sull’Universo

21 Dicembre 2012 Se po’ di’ senz’andru che l’annu è ‘ncuminciatu da ‘n bellu po’… lu monnu pare che ffinisce lu ventunu Dicembre ddumiladodici… e io ciò sembre ‘llu pallinu …no’ mme lu leva più gniciunu da la capoccia!... Ccucì l’andru ggiornu ‘nzieme co’ mmi’ moje stevo a ‘rganizza’ ‘n’urdima bbotta de vita... Caràibbi... Awai... Barbàdosse... Mardive... e a la fine… mi moje m’ha cunvintu de fa’ ‘na settimana de Dicembre a le Sescèlle... urdimo ggiornu propiu lu ventunu... armeno non facemo mancu a ttembu a ppaga’ l’albergu. Travòrdi da quill’entusiasmu non ‘emo sintitu che stevono a ssona’ lu campanellu... era Zzichicchiu che... Ammappete Lunardi’!... Da mo’ che stò a ssona’… e cche cciài le recchie federate de priciuttu?... Io pe’ non faje vede’ l’affari nostri ‘evo datu ‘na ‘ccartocciata a ttutti ‘lli depliànte che stevono su lu tavulinu… come se stassimo a ffa’ ‘n bo’ de pulizzie... e issu… Aho… guarda che Ppasqua è ppassata… e cche è ‘stu finimonnu!?... A Zzichi’… lu vidi che cce stai a ppenza’ ‘nchi tu!?... ???... Li Maya ciànno presaggìtu lu ggiornu pricisu che ‘ncuminciono li disastri… duvuti a lu capovorgimentu de li Poli… a lu pianeta Nibbìru che sse scontra co’ nnoi… a lo Sole che sse scalla sembre de più e cche ppassa davanti a lu centru galatticu… a li terremoti… a li vulcani… a li zzùnami…a li pianeti che ss’allinono… a li scontri co’ ‘na cometa… co’ ‘n asteroide... senza parla’ ppo’ de Nostradàmusse… A Lunardi’… e ddaje ‘na piantata!... Come fai a ccréde a ttutte ‘ste fregnacce… me fa specie che ssì ppure amicu mia!?... Tuttu pòle succède… ma no’ perché ce lu dicono quilli!… E allora… vistu che cce stai… méttece pure l’annu bbisestile co’ li Pesci che entrono su l’Acquariu… ccucì la famo completa!... Mi moje che cce steva a ssinti’… pe’ ppaura che mme cunvincevo e no’ la portavo più ‘n vacanza ha fattu… A Lunardi’ hai sintitu?… Li pesci dentro l’acquariu… quilli se sarvono senz’andru! Allora mesà che annanno a bbagnu pure noi a le Sescèlle… quarche probbabilità ‘n più de scampaccela ce l’emo! p a o lo . ca s a li4 8 @ a lice. i t

LA SICUREZZA DEI TUOI INVESTIMENTI

Overlooooook! Overloooooook! Dove sei finito? Eccomi Leonardo! Non preoccuparti, ero andato a dare una pulitina ai miei oculari… stasera voglio farti ammirare Giove in tutta la sua maestosità! Pensa, stasera si vedono anche le sue quattro lune tutte allineate! Le lune? Ma non è solo nostra la Luna? Devi sapere, amico mio, che anche gli altri pianeti del sistema solare hanno dei satelliti, detti anche lune, proprio come la Luna lo è per noi. Pensa che Giove, tra più grandi e più piccoli, ne possiede oltre 60. E perché mi hai detto che ne vediamo quattro? Perché sono quelli visibili con i nostri strumenti e scoperti da Galileo e sono: Io, Europa, Ganimede e Callisto. Io è l’unico corpo del sistema solare ad avere, come la Terra, un’attività vulcanica, Europa e Callisto si pensa abbiano sotto la superficie acqua fangosa che potrebbe ospitare anche piccole forme di vita come i batteri. Ganimede è il più grande dei quattro, ma non solo, è la luna più grande di tutto il sistema solare, più grande anche del pianeta Mercurio! Fantastico… ogni cosa che ci ruota intorno praticamente ha una sua storia indipendentemente dal fatto che sia grande o piccolo, una stella o un pianeta o un semplice satellite! Già… non dobbiamo pensare infatti che dal punto di vista scientifico siano importanti solo i corpi celesti maggiori e più conosciuti, ma anche quelli minori. Ma ora andiamo avanti con il nostro sistema solare! Ma com’è l’ordine dei pianeti rispetto al Sole? Hai ragione, anche questa è una cosa importante e da sapere quando si parla del sistema solare. In ordine: Mercurio è il più vicino al Sole, allontanandoci troveremo Venere, poi ci siamo noi, ovvero la Terra, Marte, Giove, Saturno, Urano, Nettuno e infine Plutone che per la sua grandezza nel 2006 fu declassato a “pianeta nano” o “grande asteroide”. Considera che la sua grandezza è pari più o meno a quella del suo satellite Caronte: si potrebbe quasi parlare di un pianeta doppio! E’ un mondo formato da roccia e ghiaccio. Wow! Ma questi pianeti, tra di loro, hanno qualcosa in comune? Certo che sì Leonardo. Li possiamo suddividere intanto in due specie: rocciosi e gassosi, che poi sono quelli che andremo a vedere da vicino questa sera poiché stiamo osservando Giove che, insieme a Saturno, Uranio e Nettuno, fa parte di quei pianeti composti da gas. Michela Pasqualetti m ik y pas 78@ v irgili o.i t

Osservatorio Astronomico di S.Erasmo Osservazioni per il giorno Venerdì 28 Dicembre 2012 Dopo le abbondanti libagioni natalizie e in prossimità del cenone di capodanno, una bella passeggiata in montagna ci calza a pennello... indossate abiti pesanti però! Peccato che la volta celeste sarà rischiarata dalla Luna piena e la visione di oggetti deboli sarà penalizzata; per nostra fortuna Giove con i suoi satelliti si trova ben alto a meridione nelle migliori condizioni di visibilità e potremmo osservarlo per tutta la serata. Daremo comunque una sbirciatina anche alla Nebulosa di Orione (M42) e allo spettacolare ammasso aperto delle “Pleiadi”. Ad occhio nudo, oltre alle costellazioni invernali avremo modo di osservare anche una cometa: quella di…Miranda! A voi tutti auguriamo BUON NATALE e un FELICE ANNO NUOVO… e se venite all’osservatorio portate anche panettone e spumante! TS

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10 Novembre 1841 il miracolo di Hatton Garden Londra, piena età vittoriana: un popolo di sventurati si aggira ogni giorno nelle buie strade della capitale inglese, composto da migliaia di piccoli suonatori di organetto e venditori di statuette di gesso. Essi, sorprendentemente, sono bambini italiani venduti per pochi soldi da famiglie indigenti a sfruttatori privi di scrupoli, i quali si appropriano del magro frutto della carità popolare nei confronti di quei fanciulli. È tuttavia dall’ingiustizia che nasce la luce della speranza, talvolta donata dalla figura di un uomo che, spesso guidato dalla fede nella virtù umana, denuncia con coraggio le miserie del proprio tempo e si batte contro il loro giogo. Nell’Inghilterra del XIX secolo si parlava di un benefattore, un esule repubblicano genovese di nome Giuseppe Mazzini, il quale, dopo aver trascinato nelle aule di tribunale molti di quei mercanti si schiavi, divenne l’artefice del miracolo di Hatton Garden, avvenuto il 10 Novembre del 1841. Fu in codesta mirabile data che si celebrò l’educazione come unico mezzo per ottenere la reale libertà da qualsiasi oppressione morale, sociale o politica, fondamento del pensiero mazziniano che costituì il pilastro della Scuola Italiana Gratuita allora fondata. La vostra libertà, i vostri diritti, la vostra emancipazione da condizioni sociali ingiuste, la missione che ciascun di voi deve compiere qui sulla terra, dipendono dal grado di educazione che vi è dato raggiungere: erano queste le parole con cui l’apostolo della democrazia si rivolgeva a quei poveri fanciulli ed a molti altri italiani emigrati a Londra, sottratti alla miseria intellettuale dall’istituto situato al numero 5 di Hatton Garden. In esso si insegnava l’italiano, il disegno, l’aritmetica e la geografia, alle quali ben presto si aggiunse la lingua inglese, tuttavia ogni domenica lo stesso Mazzini impartiva lezioni di astronomia e di storia della comune patria, della quale sarebbe stato in seguito considerato protagonista di sommo rango. Egli si adoperava inoltre per ottenere i contributi economici necessari alla scuola, trovando il sostegno del filosofo John Stuart Mill, dello scrittore Charles Dickens, autore di uno straordinario affresco della miseria sociale della propria epoca, e di Lady Byron, vedova del grande poeta. Codesta mirabile iniziativa, poiché ideata da quello che veniva considerato il capo della setta democratica, venne contrastata in ogni modo sia dall’ambasciata piemontese che dal Pontefice, il quale giunse al punto di concedere indulgenze a chi avesse fatto della beneficienza in favore di altre opere maggiormente vicine al pensiero cattolico, eppure essa riuscì a vincere ogni ostacolo posto sul cammino del progresso per diversi anni, anche durante i periodi di assenza del patriota genovese. Gli insegnanti che vi operavano non ricevevano alcun tipo di compenso, ed insieme ai molteplici benefattori della scuola, ogni 10 Novembre, anniversario della sua fondazione, servivano il pasto in una cena celebrativa agli studenti più meritevoli premiati, spesso suonatori d’organetto sfuggiti alla propria infame sorte grazie a quel pugno d’eroi. Fra di essi spicca la figura di Giuseppe Mazzini, che con gioia di padre d’una generazione d’italiani tutta, così descriveva in una lettera i momenti di contemplazione della propria lontana e sofferente nazione alla fedele amica Jessie White Mario: E se li aveste uditi applaudire con entusiasmo a quei passi dei discorsi che ricordavano con più amore e con più fervore di speranza d’Italia, avreste sentito come rapidamente potrebbe educarsi il nostro popolo, se invece della mera e morta istruzione che potete dargli in Italia poteste offrir loro, come la nostra natura esige, una parola di vita e di poesia che animasse quell’istruzione. Francesco Neri Scuola Media Leonardo Da Vinci - Classe III Sez. A

Le foto sono relative al convegno tenutosi il 10 novembre 2012 presso il caffè letterario al piano terra della Biblioteca Comunale di Terni con lo scopo di ricordare la Scuola Italiana Gratuita fondata a Londra da Giuseppe Mazzini, le cui lezioni erano frequentate dai figli degli immigrati italiani costretti a mendicare per le strade o a lavorare in fabbrica in condizioni del tutto disumane. Tale commemorazione, rivolta in particolar modo agli studenti di scuole medie ed elementari la cui presenza è stata notevole ed apprezzata, è stata fortemente voluta dalla sezione locale “L. Salvatorelli” dell’Associazione Mazziniana Italiana, tra i cui soci sono intervenuti il presidente Auro Rocchi, il vice presidente Andrea Giardi ed il giovane studente Francesco Neri.

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