Numero 1 3 1 gennaio 2016
Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura
Cena degli Auguri 2015
B u o n 2 0 1 6 Foto Albert o Mi rimao
I l S a l v a t o re Se siete nati prima del 1983, probabilmente vi ha salvato la vita, e non metaforicamente. Ha impedito che finiste polverizzati in una frazione di secondo o, ancora più terribilmente, vi ha evitato atroci sofferenze da ustioni, piaghe e morte per cancro da radiazioni. Se siete nati dopo il 1983, probabilmente vi ha donato la vita: senza di lui sarebbero morte dai due ai quattro miliardi di persone, ed è assai probabile che in un computo così grande di vittime sarebbero finiti anche i vostri genitori. E se anche foste stati tra i pochi a scamparla, è probabilmente a lui che dovete la qualità della vita che quasi inconsapevolmente godete, e che è certamente molto, molto migliore di quella che ci sarebbe in un pianeta devastato dall’olocausto nucleare. E, come tutti i salvatori che si rispettino, è rimasto nell’ombra, sconosciuto, reietto e quasi ridotto alla fame almeno per i successivi vent’anni. C’è stato un periodo in cui la sicurezza del pianeta era affidato ad un principio pazzesco, letteralmente pazzesco, come indicava del resto anche la sigla MAD: Mutual Assured Destruction, distruzione reciproca assicurata. Le superpotenze USA e URSS pensavano che la migliore strategia per la pace fosse quella di assicurare l’una all’altra che, se qualcuno avesse cominciato a sparare, si sarebbe finiti tutti morti, senza vincitori. Perché la MAD funzionasse davvero, occorreva di necessità essere estremamente rapidi nella rappresaglia: se una delle due nazioni avesse lanciato improvvisamente tutti i suoi missili verso l’altra, la reazione doveva ovviamente essere la più tempestiva possibile, in modo da riuscire a lanciare in risposta i missili prima che questi venissero distrutti prima che potessero essere impiegati. Era la Guerra Fredda, e a pensarci adesso è stato davvero incredibile che sia rimasta tale, e non abbia preso calore, fuoco e fiamme. Decine di film hollywoodiani si basavano proprio sui rischi connessi a qualcosa che potesse non funzionare in un momento critico: un errore delle macchine, un potente colto da follia, un malinteso. Per fortuna, i film sono solo film. Ma il tenente colonnello Stanislav Petrov non è un attore, è davvero un ufficiale dell’Armata Rossa: e la notte del 26 Settembre 1983 sta davvero
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in un bunker vicino Mosca, a controllare i segnali che gli invia Krokus, il grande sistema elettronico di difesa sovietico. E siamo davvero in un periodo di rapporti difficili, con il presidente americano Reagan che non ci va tanto leggero: ha da poco definito l’URSS “l’Impero del Male”, e continua a stanziare fondi per i militari, e progetta le “Guerre Stellari”, quelle vere. È in questo clima che Petrov vede che Krokus segnala l’arrivo di un missile americano: partito dal Montana, vola diretto verso l’Unione Sovietica. Petrov dovrebbe dare l’allarme, dare inizio alla rappresaglia: in questo preciso istante, se le sue dita si dirigono verso il bottone rosso che ha il diritto e dovere di premere, si scatenerà davvero l’inferno, quello vero, non quello finto e tutto sommato irrisorio di Russell Crowe vestito da antico romano. Ma pensa che è strano che arrivi un missile solo: una strategia d’attacco la si immagina più diffusa e generale: Stanislav ha l’incredibile coraggio e il sovrumano sangue freddo di attendere, di temporeggiare ancora un po’, nella speranza di un errore dell’infallibile sistema. Ma Krokus, anziché ripensarci, conferma e rilancia: arrivano altri missili americani! Altri quattro, tutti insieme, e così in tutto ci sono cinque ICBM in volo per cancellare la madre Russia. Adesso, temporeggiare è difficile: davvero, davvero difficile. Stanislav Petrov però ci riesce. Non crede ancora ad un attacco, nonostante la supposta infallibilità del sistema: non vuole crederci. E allora non schiaccia nessun bottone, non dà l’allarme. Si scoprirà poi che i supposti missili americani erano degli strani giochi di rifrazione della luce del sole negli strati alti dell’atmosfera; si capirà anche che Petrov ha salvato il mondo, ma per farlo ha violato i protocolli di difesa, ha mancato al suo dovere, notano i suoi superiori. Finirà con l’essere congedato e pensionato in anticipo, finirà in un monolocale d’un paesino, con pochi rubli al mese per tirare avanti. La sua storia si scoprirà solo quando un generale, nella sua autobiografia, ricorderà quel gesto di eroico temporeggiamento; Stanislav diventerà allora un po’ più noto, qualcuno lo intervisterà, altri faranno un film su di lui, ma senza che la sua vita cambi granché. Nel 2004, l’associazione contro le armi nucleari “Cittadini del Mondo” gli offre il suo piccolo premio simbolico, un assegno da mille dollari. Stanislav li dà quasi tutti ai suoi nipoti, salvo quanto gli serve per comprare un oggetto che desidera da tutta la vita: un aspirapolvere. L’aspirapolvere, a quanto sembra, risultò essere difettoso: ma forse la cosa non ha troppo sorpreso Stanislav, che ai difetti delle macchine è abituato. E poi, del resto, in una notte di trentadue anni fa ha salvato la cosa più difettosa del mondo, l’umanità. Piero Fabbri
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P P P C La redazione de La Pagina, negli ultimi mesi, in risposta agli articoli che invitavano ad esplicitare progetti per Terni, è stata punto di riferimento di singole persone o di gruppi, tutti desiderosi di comunicare idee per grandi eventi territoriali. Il segnale risulta positivo se pensiamo alla devozione che questi signori hanno per la città, si tinge di incertezza però e diventa negativo se pensiamo che queste loro suggestioni si configurano spesso come supplenti o sostitutive di quanto non realizzato dalla pubblica amministrazione. Occorre chiarire che avere un’idea rappresenta solo una piccolissima parte di un progetto, il suo elemento di partenza. Un’idea ce l’hanno tutti, un’idea, come si dice, non si nega a nessuno.Tutti propongono di valorizzare: Santo Patrono, Acqua e Pane di Terni, Cascata delle Marmore, Lago di Piediluco... E ci vorrebbe si dicesse di non valorizzarli o di esaltare l’ignoranza o la presunzione o... di dar vetrina mondiale ai lasciti di cane così fiorenti sul manto delle nostre strade! Progetto, però, è altra cosa! È bene chiarirci su termini sostanzialmente equipollenti: Politica, Problema, Progetto, Cultura e specificare che ciascuno di essi è concatenato agli altri tre: non esiste cioè Politica senza le altre tre categorie, e così via per ognuna di esse. È chiaro dunque che la città è fra quelle cose che sono per natura e che l’uomo è un animale politico (Aristotele, La Politica, I). Politica dunque intesa come guida delle relazioni correnti nella polis (città stato), al fine di risolvere i problemi dei cittadini. Politica e Problema sono dunque parole affini, congruenti, congiunte: la soluzione dei problemi è l’essenza stessa della politica. (Duole dover constatare come gli esperti della soluzione dei problemi, cioè matematici, fisici, chimici, biologi, astronomi, ingegneri, architetti... siano assenti nel panorama politico italiano). Ma anche Problema e Progetto sono due facce della stessa medaglia: pro ballo (problema) in greco significa pongo davanti e pro iecto (progetto) in latino significa getto davanti. Non c’è dunque soluzione di un problema senza un adeguato progetto. Ma cosa rende adeguato il progetto? Semplice, è la cultura, la conoscenza cioè dei parametri (i dati) fondamentali relativi alla situazione problematica, il possesso delle modalità di soluzione (le regole) e... un po’ di arguzia, direi. Potrete dunque ben capire che dire semplicemente occorre pensare a... non è un progetto, ma una semplice constatazione. E si capisce anche che se un sedicente politico non sa elaborare progetti, allora è solo un antico, obsoleto politicante. Per proporre il progetto ed essere un politico contemporaneo deve invece abbondare in cultura progettuale e in cultura tout court! Non basta più il caro buon senso di cartesiana memoria! Trovo poi smodato sostenere idee pseudo progettuali su eventi che stanno a Terni come i cavoli stanno alla merenda. Non credo sia opportuno fantasticare Terni come la capitale mondiale dei giovani e degli anziani, dei motori e dei motorini, dei cavalli e delle giumente, di musica di ogni tipo, di cavolfiori e gerani o di qualunque cosa di separato dalle nostre più incisive tradizioni venga in mente. Una condizione essenziale per un progetto territoriale è infatti che abbia radici e ambientazione nel territorio stesso e riguardi pertanto la storia e le versatilità che lo rendono unico. Per far questo non basta aver studiato, occorre anche intelligere, leggere tra o dentro. Occorre poi saper elencare mille dettagli, tutti convincenti, tutti plausibili. Dunque sarà bene non chiamare
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Il Salvatore - P F a b b r i C N A - C O N F E D E R A Z I O N E N A Z I O N A L E A RT I G I A N AT O PPPC - G Raspetti B . M . P. - Soluzioni tecnologiche per il trasporto verticale Prendi un libro, lascia un libro - A Melasecche C M T - C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I G i o r g i o Ta d d e i I l P r e s i d e n t e g e n t i l u o m o - S L u p i ACCADEMIA ROUSSEAU STUDIO MEDICO ANTEO FA R M A C I A B E T T I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I Ammazzavamo il maiale - V Grechi N U O VA G A L E N O Attenti alla delega! - M P e t r o c c h i ARABA FENICE F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O CENA DEGLI AUGURI 2015 - ALL FOODS I K U R D I , u n v o l g o d i s p e r s o parte III - PL Seri G L O B A L S E RV I C E OTTICA MARI
progetto una serie, più o meno articolata, di chiacchiere. Terni vive oggi spiacevoli difficoltà (che non supererà con la rituale ma inutile procedura del vai via tu che vengo io, a meno che non avvenga un cambiamento radicale nel modo di fare politica) per cui è necessaria una grande unione tra cittadini e amministratori, tra Politica e Cultura, per elaborare Progetti, per risolvere Problemi. Si lavori insieme per esaltare e non per distruggere le migliori risorse cittadine. Senza questa unione gli amministratori diventano niente più che vestali di risorse che scemano per poi sparire, mentre i cittadini vedono appassirsi e dileguarsi idee e progetti, in particolare quelli che necessitano di permessi, autorizzazioni, collaborazioni senza le quali tutto si blocca, tutto fallisce, tutto si tinge di fosco grigiore. È quello che sta, ad esempio, avvenendo con il Progetto Mandela, uno dei pochissimi fiori all’occhiello di questa città, che da più di venti anni educa i giovani ternani ai diritti umani, non è solo sconvolgente... è semplicemente non credibile per un consesso appena appena civile. In un momento in cui violenze e massacri avanzano ovunque spietatamente, abbiamo tutti il dovere di impegnarci per il rispetto dei diritti umani e Terni è la PRIMA città al mondo che possa vantare di esserne capitale. Gli studi sulla vita di san Valentino ci restituiscono un personaggio assoluto, una sorta di fondatore di diritti umani, per i quali ha immolato la propria vita. Questo martire è qui, in Terni, ed è il patrono della nostra città, non di altre o di altri Paesi! Noi abbiamo dunque per PRIMI il DOVERE di educare al rispetto dei diritti e di lanciare verso il mondo intero un appassionato grido di allarme. A febbraio l’Associazione Culturale La Pagina darà inizio, con una manifestazione altissima per significato ma semplice per forza di cose, visti i tempi ormai irrimediabilmente persi e dispersi (non da noi), al nostro progetto Terni, città di san Valentino, capitale dei diritti umani. Lo farà insieme alla Diocesi di Terni-Narni-Amelia, al Museo Diocesano e Capitolare di Terni, ad associazioni culturali, italiane e straniere, ad associazioni di categoria del nostro territorio ed alla Camera di Commercio di Terni che hanno, tutti, a cuore i tanti problemi che affliggono la nostra città e che da tempo lavorano in sinergia, senza badare a legacci partitici o ideologici, per questo e per altri progetti. Li ringrazio a nome mio e delle tante persone che amano Terni e che credono nelle sue enormi, ma poco conosciute e poco curate, risorse. Giampiero Raspetti
LA
PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
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Prendi un libro, lascia un libro Un nuovo concetto di biblioteca, diffusa e alla portata di tutti. Tutto è cominciato a Hudson, nel Wisconsin, dall’idea di Todd Bol, che costruì un modellino in scala di una scuola e la riempì di libri in ricordo della madre, un’insegnante appassionata di letteratura. Amici e vicini se ne innamorarono, così ne furono costruite altre, tutte con la scritta “free books”. Bol vide ben presto l’opportunità di realizzare, attraverso questa iniziativa, qualcosa di più vasto, così fu fondata un’associazione, e l’idea si è diffusa in tutto il mondo grazie al progetto no profit Little Free Library. Casette per libri, dislocate per strada, dove campeggia appunto lo slogan “Take a book, leave a book” (prendi un libro, lascia un libro). Si tratta di una forma di condivisione molto innovativa, le persone lasciano i loro libri al parco, in metropolitana o al bar per fare in modo che uno sconosciuto li trovi e faccia lo stesso, così i libri passano di mano in mano. È anche possibile lasciare un messaggio per il lettore che verrà. In sostanza è un modo per condividere le proprie letture (quelle che ci piacciono e che vorremmo consigliare ad altri) con persone che conosciamo o meno. Le persone hanno iniziato addirittura a personalizzare la cassette, cercando di renderle belle e personali. Sul sito web littlefreelibrary.org è facilmente consultabile una mappa delle Little Free Library sparse in tutto il mondo. Si può, anche, segnalare l’ubicazione di una nuova biblioteca cittadina riempiendo l’apposito modulo e allegando una foto della stessa. Chi volesse istituire una Little Free Library può addirittura
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ordinare un’apposita casetta in stile, o richiedere le istruzioni su come costruirla. Tutti possono realizzarne una, l’importante è che sia resistente alle intemperie. Non c’è infatti limite all’immaginazione: molte biblioteche in miniatura sono state costruite con materiali riciclati e spesso decorate da artisti o gruppi di vicini che si riuniscono proprio per l’occasione. In Germania le librerie sono state ricavate da tronchi di alberi non più in attività vegetativa. Il movimento è chiaramente presente sui social networks. In Italia la prima esperienza risale al 2012 a Roma, in un parco romano. Per le Little Free Library italiane esiste, anche, un blog specializzato. Ogni giorno se ne aggiungono nuove e se ne contano già venti, sparse tra Trento, Milano, Modena, Roma e Lecce. Esiste anche un’evoluzione ulteriore del fenomeno Little Free Library, ovvero le condivisioni dei volumi possomo essere viste in Apecar, Pullman e bus, sale condominiali ed ex cabine telefoniche, ovvero il Book Crossing. Ad esempio lasciare un libro su un taxi, utilizzare un’Ape che viaggerà interamente per una regione con lo scopo di trasferire i libri di città in città. Il valore aggregativo di questo movimento lo ha reso un fenomeno mondiale. Attualmente quelle registrate sono più di cinquemila, e non sembrano arrestarsi: è nato anche un progetto non profit per costruire librerie nei villaggi dell’Africa, America latina e Asia. Il libero accesso ai libri, grazie ad una cultura diffusa, e la partecipazione attiva sembrano essere una ricetta perfetta, che non conosce né crisi, né limiti geografici. alessia.melasecche@libero.it
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Giorgio Ta d d e i Il Presidente gentiluomo L’eleganza ed il sorriso aperto di Giorgio Taddei risultavano immediati e coinvolgenti. Incontrandolo per le vie di Terni riconoscevi da lontano l’immancabile cappello borsalino ed un portamento al tempo nobile e popolare. Era piacevole fare qualche passo insieme: scambiavamo opinioni con garbo e gentilezza, mai sopra le righe come era nel suo stile comportamentale. Lui sì che era un ternano vero, profondamente innamorato della città e della sua Ternana Calcio. Un uomo d’altri tempi, un imprenditore di successo, il Presidente della squadra di calcio con la quale ci siamo tutti sentiti importanti, quella della serie A. L’amicizia con Taddei nasce per caso. Allora ero un giovane neolaureato: feci delle scelte personali che procurarono indirettamente a Giorgio un beneficio. Rimasi colpito quando, tempo dopo, mi abbracciò affettuosamente ringraziandomi e spendendo delle belle parole nei miei confronti. È uno dei migliori ricordi che conservo. Questo era Giorgio, una persona di valore con dei valori, di profonda educazione e cortesia. Sino ad allora, non conoscendolo personalmente, ne conservavo solo uno sbiadito ricordo da bambino: fu lui ad accogliermi casualmente negli uffici della società di calcio e tesserarmi “Feramascotte” (tessera nr. 38). Tanti ragazzini della mia generazione ricordano quella magica tessera. La sede si trovava in piazza Solferino, di fronte alla vecchia scuola elementare “G. Mazzini” presso la chiesa di San Pietro. Spesso dalle finestre delle aule sbirciavamo per intercettare l’ingresso di qualche calciatore. Era l’anno della serie A, la città impazziva di gioia, i colori rossoverdi campeggiavano ovunque, eravamo felici! Si percepiva la sensazione di vivere in un bel sogno e Giorgio fu il grande costruttore di quel delirio collettivo. Taddei (Terni, 11 febbraio 1926 – Terni, 26 dicembre 2004) fu uno degli artefici della rinascita della città di Terni dopo la seconda guerra mondiale con l’impresa gestita insieme a suo fratello Gabriele ed al cugino Cesare. La vita poi non gli ha risparmiato dolori e difficoltà, sempre affrontati con dignità e schiena dritta. Presidente della Ternana dagli anni 1971 al 1975 e dal 1982 al 1986 ha conosciuto momenti esaltanti ed anche difficili nei quali l’amore per i colori rossoverdi è stato sempre sopra ad ogni altro interesse. Sotto la sua presidenza la squadra raggiunse due volte la promozione in Serie A (stagione 1972/73 – stagione 1974/75 ). Amico di alcuni colleghi famosi come Giampiero Boniperti, fu un intenditore del calcio moderno e scopritore di alcuni talenti come Franco Selvaggi, futuro campione del mondo nel 1982 con la nazionale di Bearzot. In quei primi anni settanta la Ternana giocava un calcio moderno e spumeggiante. Era il “gioco corto” di mister Corrado Viciani: possesso di palla, pressing alto e continuo scambio di fraseggi e sovrapposizioni tra gli undici della squadra. Diciotto gregari che trovarono nella forza del collettivo le ragioni della vittoria. I protagonisti dell’impresa furono: Migliorini, Geromel, Cardillo, capitan Marinai, Cucchi, Mastropasqua, Benatti, Rosa, Jacolino, Zeli, Russo, Valle. Dall’ottava giornata di campionato si ritrovarono soli in testa e ci restarono sino a fine. La netta vittoria sul Novara (3-1) il 18 giugno 1972, spalancò ai rossoverdi le porte della Serie A, storico traguardo mai raggiunto fino ad allora da nessuna squadra dell’Umbria. Per questo lo sport cittadino deve molto a Giorgio Taddei, un romantico appassionato che ha dedicato tutta la sua vita al calcio ed ai giovani in rossoverde. Proprio il settore giovanile è stato sempre in cima ai suoi pensieri, fino all’ultimo. La targa posta per il decimo anniversario della morte all’antistadio che già porta il suo nome, ricorda la passione e l’amore di un uomo che rappresenta una delle più belle pagine della storia di Terni. Occorre fare di più per mantenere vivo il ricordo di Giorgio Taddei, tributandogli la sincera gratitudine di una comunità sportiva affettivamente legata al suo unico ed insostituibile Presidente! Stefano Lupi
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Delegato Coni Terni
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AZIENDA OSPEDALIERA
Te c n o l o g i a a l l’a v an g u a
Avv. Andrea Casciari D ir etto r e Generale d ella A z ien d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni
Tecnologia all’avanguardia in sala operatoria e altissima specializzazione per i cerebrolesi. In occasione della presentazione di questi due nuovi traguardi del 2015, il direttore generale dell’Azienda ospedaliera di Terni Andrea Casciari, il 18 dicembre, alla presenza della presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, dell’assessore regionale alla sanità Luca Barberini e del vicesindaco di Terni Francesca Malafoglia, ha fatto un bilancio dell’attività dell’ultimo triennio, con focus sullo stato dell’arte del programma di adeguamento strutturale e tecnologico che sta radicalmente cambiando il volto, l’assetto organizzativo e le potenzialità dell’ospedale di Terni. “Gli interventi programmati e realizzati in questo triennio hanno comportato un investimento complessivo di oltre 44 milioni euro di cui 16,9 milioni di euro relativi al programma straordinario di investimenti finanziato dalla Regione e dal Ministero (ex art.20 della L.67/88, derivanti dall’Accordo di Programma tra Ministero della Salute e Regione Umbria), orientato alla messa a norma e all’adeguamento strutturale e tecnologico. Tra gli interventi più significativi ricordo l’attivazione della Neurologia con Stroke Unit e della Pet-Tac, l’acceleratore lineare con relativo bunker in Radiologia oncologica, la nuova Nefrologia e Dialisi, il miglioramento strutturale, tecnologico ed organizzativo del Pronto Soccorso, l’adeguamento della Terapia Intensiva Neonatale, la nuova viabilità interna ed esterna dell’ospedale con ampliamento dei parcheggi, l’adeguamento antincendio e il risanamento delle facciate, che entro gennaio sarà concluso, la
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ristrutturazione e il potenziamento tecnologico dell’intera area radiologica con attivazione di un sistema univoco aziendale per l’identificazione digitale del paziente. Per quanto riguarda gli altri interventi programmati, le gare di appalto sono state già aggiudicate, siamo in attesa di ricevere le autorizzazioni dai Vigili del Fuoco per poter dare inizio ai lavori”. “Tutti gli interventi -ha aggiunto il direttore Casciari- sono stati accompagnati da un processo di riorganizzazione logistica e funzionale delle strutture (Medicina Nucleare in continuità con la PET-TAC, Endoscopia digestiva, Epatologia e Gastroenterologia in un’unica struttura di diagnostica e interventistica, Anatomia Patologica, Ortopedia, Oculistica, Chirurgia Vascolare Toracica, dipartimento di Neuroscienze…) e dall’attivazione di nuovi servizi tra cui la Partoanalgesia e la Terapia Intensiva Aperta. Inoltre, il 2015 ha visto anche l’attivazione del Centro Regionale di Raccolta del Sangue Cordonale (CRR-SCO), presso il Servizio Immuno-Trasfusionale, del Centro di Ascolto Psicologico a disposizione di utenti e familiari, il potenziamento della chirurgia robotica, già consolidata nelle strutture di Chirurgia urologica mininvasiva di Chirurgia digestiva e unità del fegato e di chirurgia generale; l’innovazione introdotta in diabetologia con il progetto di Tele Monitoraggio remoto Doctor Plus®, e la sperimentazione di un innovativo studio clinico per la cura del diabete mellito di tipo 2 attraverso la chirurgia bariatrica mininvasiva”.
S A N TA M A R I A D I T E R N I
ar di a i n s ala op e r a t o r i a
Fotoservizio di Alberto Mirimao
Gli ultimi due traguardi presentati a fine anno sono stati la sala operatoria 3D, una sala video integrata dotata di tecnologia laparoscopica con visione tridimensionale, e l’attivazione della Riabilitazione Intensiva Neurologica, che rappresenta il completamento del percorso terapeutico-assistenziale intraospedaliero dei pazienti affetti da esiti di gravi cerebrolesioni acquisite (di origine traumatica o di altra natura), che necessitano di interventi valutativi e terapeutici non erogabili in altre strutture di riabilitazione intensiva. Nata dalla conversione di una sala del blocco operatorio dell’ospedale, la nuova sala operatoria 3D ha caratteristiche tecnologiche altamente innovative e uniche in Italia e in Europa per l’insieme di qualità e modalità di visione, sistemi di broadcasting audio-video, controllo digitale in remoto e sistemi laparoscopici e ad alta frequenza combinata ad ultrasuoni. L’innovativo sistema laparoscopico con visione Full-HD 3D permette di eseguire interventi di chirurgia mini-invasiva con visione tridimensionale avendo la possibilità di acquisire una nuova percezione della profondità nell’individuazione dei piani chirurgici e del movimento degli strumenti manuali nel campo di visione. Ciò comporta un incremento notevole della velocità di alcuni gesti chirurgici che richiedono molta precisione, come l’esecuzione delle suture in laparoscopia, ad oggi possibili con la stessa qualità solo con la chirurgia robotica. Inoltre, i nuovi sistemi integrati permettono di
mettere in contatto la sala e il chirurgo con altri centri gestendo, per la prima volta in una sala operatoria, flussi video anche in modalità tridimensionale. Ogni evento ripreso in chirurgia endoscopica (laparoscopica/robotica) e dalla telecamera ambientale istallata in sala potrà essere trasmesso in diretta streaming all’interno dell’Azienda ospedaliera e ovunque nel mondo ed anche in modalità web live surgery per trasmissioni on-line, con possibilità di creare librerie multimediali on-demand. Il nuovo reparto di Riabilitazione Intensiva Neurologica è una struttura di alta specializzazione riabilitativa con assistenza medicoinfermieristica h24 e assistenza riabilitativa h8 (ore 8-16), dedicata alla cura e alla riabilitazione dei pazienti in stato di coma, portatori di tracheostomia e nutrizione artificiale. Il passaggio in questa area avviene non appena sono stati superati i problemi relativi alla garanzia della sopravvivenza del paziente ed è possibile l’autonomizzazione dei sistemi di assistenza respiratoria. La struttura sarà strettamente raccordata con i reparti di cura intensiva sia per fornire consulenza immediatamente dopo l’evento acuto e durante le fasi di ricovero in rianimazione e neurochirurgia, neurologia e in altri reparti, sia per garantire una tempestiva accoglienza del soggetto cerebroleso una volta stabilizzato. Collocata al quarto piano per favorire l’ottimale integrazione funzionale con i reparti di neurologia e neurochirurgia, la struttura è dotata di 10 posti letto (con previsione di altri 3 posti letto) distribuiti in quattro stanze di degenza. “Sono stati tre anni importanti e ricchi di soddisfazioni- ha concluso Andrea Casciari- non soltanto per le grandi opere realizzate, ma anche per le fondamentali collaborazioni attivate con le istituzioni, le associazioni del territorio, i direttori di dipartimento e tutti i professionisti e gli operatori dell’azienda. Il tutto in pieno equilibrio di gestione, per il terzo anno consecutivo, e garantendo sempre le regolari attività sanitarie, anche in presenza di importanti cantieri”. Un particolare ringraziamento va alla Regione Umbria, al Comune di Terni, alla Fondazione Carit, alla Fondazione Aiutiamoli a vivere – Terni x Terni anch’io, a CittadinanzAttiva, all’Avis, all’Istituto Briccialdi, al Moto Racing Club di Terni e a tutte le associazioni, i volontari e i soggetti privati che in varia misura, in accordo con la direzione, hanno dato il loro contribuito per dare risposte più adeguate ai cittadini utenti dell’ospedale di Terni, in termini di miglioramento delle prestazioni sanitarie, della dotazione tecnologica, del comfort e dell’umanizzazione delle cure.
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Ammazzavamo il maiale Intorno agli anni cinquanta la popolazione contadina era ancora abbastanza numerosa e tutte le famiglie allevavano almeno un maiale. Se gli ettari di terreno posseduti erano parecchi e se il nucleo familiare era composto da molte braccia e altrettante bocche da sfamare, allora se ne allevavano anche due o tre. Anche chi era diventato operaio nella grande fabbrica, avendo conservato il suo piccolo appezzamento di terreno, in genere un orto irriguo, poteva costruire con quattro tavole di legno e poche tegole una piccola stalla capace di ospitare un suino. L’alimentazione dell’animale dipendeva dalla stagione. Di base veniva somministrata due volte al giorno la troccata -da troccu, trogolo- che altro non era che un beverone fatto con acqua e semola. L’acqua era quella con la quale si era cotta la pasta fatta in casa, salata e ricca di amido, dopo che con essa si erano lavati piatti e posate, ovviamente senza sapone. Vorrei sottolineare, a beneficio dei più giovani, che in quegli anni non c’era ancora acqua corrente nella maggior parte delle case e quindi le donne cercavano di riciclarla al massimo, per risparmiare qualche viaggio alla fontana con la brocca di rame in testa. Le ragazze innamorate erano invece sempre pronte e disponibili per andare a prendere l’acqua e con quella scusa uscire per vedere e farsi vedere. Oltre alla semola, se era estate, si aggiungevano pezzi di zucca, pomodori, cetrioli o frutta, comunque avariata o non commestibile per le persone; d’inverno si aggiungevano invece gli scarti dei broccoli e della verza, finché c’erano, poi si andavano a raccogliere gli jali (Arum italicum o Gigaro chiaro) lungo le siepi e il tutto veniva fatto bollire in un apposito fusto di ferro con manico. In autunno inoltrato si raccoglievano le ghiande cadute a terra, che venivano poi conservate in un magazzino. Giornalmente venivano date ai porci in quantità misurata, per evitare indigestioni e per far sì che il lardo risultasse roseo e di elevato spessore. Il lardo era il condimento usato giornalmente e per tutto l’anno per fare il battuto e quindi il sugo per la pasta, quindi doveva essere abbondante. D’inverno, quando il freddo si faceva pungente, poteva capitare di fare colazione con due fette di pane caldo, reso dorato sulla brace, con in mezzo una fettina di saporitissimo grasso con venature rosee. Era un vanto per ogni contadino dire che il maiale ucciso aveva quasi un palmo di lardo! I giorni che andavano da Santo Stefano all’Epifania erano quelli più gettonati per ammazzare i maiali. La sera avanti del giorno stabilito col norcino, si scavava una buca profonda una settantina di centimetri, ci si mettevano dentro tre grosse pietre piatte e sopra di loro i piedi di un robusto treppiedi atto a sorreggere un caldaio di rame o un fusto di ferro, con un centinaio di litri di acqua. Il mattino successivo, di buon’ ora prima che facesse giorno, dopo aver messo alcuni pezzi di lamiere rugginose tra la terra e il caldaio, per trattenere il calore, il contadino accendeva il fuoco. A giorno fatto, appena l’acqua incominciava a bollire tutti entravano in agitazione. Le donne erano già pronte con le pentole di rame mentre gli uomini, almeno tre o quattro, oltre al norcino, andavano a legare una corda allo stinco di una zampa posteriore dell’animale. Poi il maiale veniva fatto uscire dalla piccola stalla e avviato nei pressi dell’acqua bollente, dove veniva buttato a terra e scannato con un lungo e affilato coltello. E mentre la povera bestia riempiva di urla tutta la valle, una donna infilava una pentola di rame sotto le braccia del norcino per raccogliere il sangue che sgorgava copioso e a fiotti. Appena la pentola risultava piena per metà veniva sostituita con un’altra in modo da recuperare tutto il sangue necessario per fare i sanguinacci.
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Appena l’animale non dava più segni di vita, veniva messo sopra delle tavole sorrette da due cavalletti e per prima cosa si immergevano le zampe, una per volta e fino al ginocchio, in una pentola metallica piena di acqua bollente, agitando. Tolta l’acqua si afferrava la zampa che ancora scottava e si strappavano le unghie con gesti rapidissimi, onde impedire scottature alle mani. Stesso servizio veniva poi rivolto alla coda, alle orecchie e al muso. Fatto ciò si iniziava a raschiare con appositi coltelli le setole del maiale, dopo aver ammorbidito la pelle sempre con acqua bollente. Terminata la rasatura il norcino scopriva i tendini delle zampe posteriori, ci infilava l’armiere, cioè un legno fatto ad arco, usato come divaricatore e poi il maiale veniva appeso a testa in giù a un gancio fissato sotto un portico o nel vano di una porta. Si tagliava l’animale a metà partendo dalla coda e, appena aperto l’addome, le donne mettevano le budella in una bagnarola e andavano subito a pulirle per utilizzarle successivamente. A questo punto il norcino tagliava pezzetti di grasso e magro longitudinalmente al maiale e appena veniva raggiunta la quantità ritenuta necessaria, un’altra donna correva in cucina a preparare la padellaccia con i fagioli, che bollivano nella grande pentola di coccio, posta nello scoppiettante e capace camino. Il pranzo era costituito da questo piatto unico, gustoso e di sostanza, innaffiato con un buon vino rosso. Dopo due o tre giorni bisognava spezzare il maiale che era stato messo ad arieggiare e a indurire nel magazzino. Si ricavavano allora le parti che conosciamo, prosciutti, spalle, lardo ecc. e si ricoprivano di sale grosso. La carne recuperata, spolpati anche gli ossi, veniva macinata, condita, assaggiata e poi con essa si riempivano le budella del maiale per fare le salsicce. Le orecchie, la coda e le varie cartilagini venivano lessate, condite e poi messe in un sacco bianco a scolare e poi pressate con un peso sopra. Dopo qualche giorno si apriva e si assaggiava la coppa compattata dalla gelatina. Col fegato, dopo il controllo del veterinario, si facevano i fegatelli avvolti con la ratta -il peritoneo- e infilzati nello spiedo insieme a foglie di alloro. Con quello che avanzava, se avanzava, mescolato alla carne degli altri organi interni, si facevano le salsicce di fegato, dette mazzafegati, che andavano mangiate per prime perché non si conservavano a lungo. Mentre si svolgevano i suddetti lavori, c’era sempre un vecchio accanto al camino che girava uno spiedo di salsicce o di braciole di lombo. Sopra un capiente piatto c’era un grande filone di pane tagliato longitudinalmente a metà, come fossero le due parti di un panino per giganti. Appena la carne iniziava a gocciolare sui carboni roventi, sfrigolando, il vecchio sollevava lo spiedo e lo infilava tra le due parti del panino gigante, premendo leggermente. E così ripetutamente in modo da insaporire tutto il pane col gustoso grasso che colava dalla carne. Piccola digressione: fare lo panùntu con questo metodo comportava due vantaggi, uno noto, l’altro ignoto per l’epoca. Quello noto era che invece di perdere il gustoso grasso sui carboni, esso si recuperava sul pane con evidente vantaggio degli affamati che non soffrivano certo di alti livelli di trigliceridi e di colesterolo; quello ignoto era una minore produzione di sostanze cancerogene dovuta al ridotto gocciolamento del grasso sui carboni roventi. A cottura ultimata si rimetteva lo spiedo tra il grande panino premendo con forza e contemporaneamente si estraeva lo spiedo, cosicché la carne rimaneva prigioniera del pane continuando a insaporirlo. Anche se il lavoro di salatura, condimento e stagionatura delle parti, continuava nei giorni successivi, la cena della sera che si spezzava il maiale veniva considerata la cena di chiusura. Non era improbabile che dopo le abbondanti libagioni, visto il periodo dell’anno, tutti si mettessero a cantare La Pasquarella accompagnati da un vecchio organetto Vittorio Grechi che non mancava mai.
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Attenti alla delega! Capita di frequente che persone anziane, con qualche disabilità, o semplicemente poco avvezze alle moderne procedure, deleghino altri soggetti ad operare sul proprio conto corrente. Nella maggior parte dei casi, quando la delega non viene rilasciata da soggetti del tutto impossibilitati a provvedere personalmente, il conferimento risponde all’esigenza di consentire prelievi per far fronte alle ordinarie esigenze di vita quotidiana, evitando il disagio di recarsi in banca. Accade spesso che il delegato sia un terzo estraneo alla famiglia come un vicino/a di casa, un/una badante, un/a amico, circostanza questa dalla quale possono derivare non pochi problemi quando, in caso di morte del correntista, gli eredi, visionato il conto, contestino prelievi indebiti che a loro giudizio hanno impoverito l’eredità, oppure quando, semplicemente, i prelievi effettuati appaiano eccessivi per le necessità abituali dell’assistito. La prima cosa da fare in questi casi è verificare se i prelievi trovino giustificazione nelle esigenze di vita e di cura o siano serviti per far fronte alle spese funerarie del titolare del conto. In tal caso non vi è nulla da eccepire. Quando, invece, tale giustificazione non vi sia e, quindi, il sospetto che il denaro prelevato dal conto sia puramente e semplicemente finito nelle tasche del delegato sarà necessario procedere con ulteriori valutazioni. Occorrerà, in primo luogo, valutare se vi era da parte dell’assistito, che ovviamente doveva essere capace di intendere e volere, la volontà di effettuare una donazione, ossia la piena consapevolezza e volontà di determinare l’arricchimento altrui con un impoverimento dei propri beni. Non ci si troverebbe in tale ipotesi se, ad esempio, l’assistito avesse agito sotto pressioni di qualsiasi tipo. In altre parole, la volontà di arricchire un altro soggetto deve avvenire in assenza di qualsivoglia obbligo giuridico e morale, deve sussistere cioè il cosiddetto animus donandi. La Corte di Cassazione, con la sent. n° 468/2010, ha stabilito che non può trattarsi di donazione indiretta in caso di conferimento di delega ad amministrare il conto corrente ove non vi sia la prova dell’animus donandi. In tal caso, ossia in assenza di animus donandi, una volta aperta la successione con la morte dell’assistito, gli eredi, entro 10 anni, potranno agire per impugnare la donazione, sempre che questa leda la quota legittima. Laddove, al contrario, il conferimento della delega sia avvenuto in un frangente di incapacità, anche soltanto temporanea, quindi non dichiarata all’esito di un giudizio, l’atto di delega potrà essere annullato e le somme indebitamente percepite andranno restituite. L’estraneo dovrà in questo caso rispondere anche del reato di appropriazione indebita e di circonvenzione di incapace qualora il delegato sia riuscito ad ottenere il conferimento della delega abusando dello stato di infermità o debolezza psichica. Purtroppo tali situazioni si verificano sovente anche all’interno delle cerchia familiare. Anche quando i prelievi derivano da effettive esigenze dell’assistito, necessarie per rispondere agli aumentati bisogni di cura e assistenza, non sempre adeguatamente documentati, possono verificarsi gravi dissidi familiari. In questo caso la figura dell’amministratore di sostegno, di cui abbiamo già parlato, può essere una valida soluzione atteso che con il suo obbligo di rendiconto al Avv. Marta Petrocchi legalepetrocchi@tiscali.it Giudice Tutelare ogni possibilità di discordia viene ridimensionata.
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Nell’ormai tradizionale conferenza stampa di fine anno il Presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, Mario Fornaci, ha illustrato i più importanti interventi deliberati nel 2015. Fornaci ha affermato con soddisfazione che anche quest’anno sono stati raggiunti risultati più che lusinghieri, frutto di una oculata gestione delle risorse, come attestato da un’apposita analisi di gestione elaborata dall’ACRI. Questi ottimi risultati hanno permesso al Consiglio di Amministrazione della Fondazione, assistito dal Collegio dei Revisori, di realizzare nel 2015 tutti gli obiettivi prefissati dal Comitato di Indirizzo nel Documento Programmatico Previsionale, in cui sono stati destinati oltre 4.700.000 Euro (comprese tutte le disponibilità rivenienti dal recupero dei residui passivi) per le erogazioni a vantaggio del territorio nei sei settori di intervento. Ricerca Scientifica e tecnologica Euro 451.070,58 Arte attività e beni culturali Euro 1.002.195,98 Salute pubblica Euro 789.267,24 Educazione e Istruzione Euro 937.068,89 Volontariato filantropia e beneficenza Euro 887.478,51 Sviluppo locale Euro 692.898,89 Nei settori della ricerca scientifica e dell’istruzione, la Fondazione ha deliberato in favore dell’Università complessivi Euro 388.000,00 per progetti di ricerca rilevanti e con ricadute non solo sul territorio di competenza. Gli stanziamenti più significativi hanno riguardato: - il contributo per la realizzazione del progetto di ricerca “La morbosità neoplastica di rilevanza ambientale nel territorio della conca ternana e narnese-amerino: dalla conoscenza epidemiologica alla prevenzione centrata sullo sviluppo di resilienza nella malattia cronica”; - il contributo per la realizzazione del progetto “Studio del benessere organizzativo e impatto economico sociale: la percezione della sicurezza nei luoghi di lavoro”; - il finanziamento per la ricerca in ambito di Biomarcatori genetici e molecolari per la diagnosi del carcinoma vescicale presso la S.C. di Chirurgia Urologica di Terni. Come di consueto la Fondazione sostiene ogni anno anche il Comune di Narni con un finanziamento di 36.000 Euro per il potenziamento delle attività formative universitarie e post-universitarie e per lo sviluppo delle attività di ricerca. Alle scuole ternane sono stati invece destinati 266.000.000 Euro per dotazioni didattiche, come LIM e altre strumentazioni informatiche, e per progetti laboratoriali teatrali e linguistici, oltre ai premi stanziati in favore di alunni meritevoli nell’ambito di concorsi come il Certamen Taciteum, la gara
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di matematica premio Mathesis e “Vite Parallele: personaggi a confronto”. È proseguito anche nel 2015 il sostegno della Fondazione in favore dell’Istituto Superiore di Studi Musicali “Giulio Briccialdi” di Terni per l’oganizzazione di Masterclass; per l’attività di produzione; per l’acquisto e la manutenzione degli strumenti musicali; per la realizzazione di corsi preaccademici e accademici. Sempre nel settore dell’Istruzione, tra gli interventi più significativi, il Presidente Fornaci menziona: - il contributo in favore dell’Istituto di Istruzione Tecnica Industriale e Geometri Allievi Sangallo di Terni per la realizzazione del nuovo laboratorio di analisi chimica strumentale ed elaborazione dati; - il finanziamento in favore del Liceo Scientifico Statale “Renato Donatelli” di Terni per la realizzazione del progetto “Un approccio multimediale per l’apprendimento delle lingue straniere” attraverso l’allestimento di un nuovo laboratorio; - il finanziamento in favore dell’I.T.S. Umbria Nuove Tecnologie per il Made in Italy e Nuove Tecnologie della Vita di Perugia per il progetto “Nuovo laboratorio di analisi chimica per l’ITS in ambito Biotecnologie- sede di Terni”. Si tratta della realizzare di un laboratorio per fornire le più moderne tecnologie nel campo della Chimica Verde e delle Biotecnologie. Nel settore dell’arte e cultura sono stati deliberati finanziamenti in favore di Enti locali e di Associazioni musicali/teatrali per la realizzazione di eventi di elevato spessore, tra cui: il prestigioso “Concorso Pianistico Internazionale “A. Casagrande”; la qualificata stagione concertistica 2015 realizzata dalla Filarmonica Umbra; i concerti per pianoforte dell’Associazione Araba Fenice, che quest’anno ha anche organizzato per la Fondazione, nella splendida cornice dell’anfiteatro romano di Carsulae, il concerto di Ramin Bahrami; le iniziative promosse dall’Associazione Omaggio all’Umbria, tra cui il concerto presso il Museo delle Armi della Fabbrica delle Armi di Terni in occasione delle celebrazioni della prima guerra mondiale; la Stagione di prosa e danza 2015/16 al teatro Secci” a Terni promossa dalla Fondazione Teatro Stabile dell’Umbria. Come iniziativa propria, in cofinanziamento con Casse di Risparmio dell’Umbria, lo scorso 12 dicembre si è tenuto con grande successo nella chiesa di San Francesco il tradizionale “Concerto di Natale” organizzato dall’Associazione Visioninmusica. Quest’anno a esibirsi è stata la Symphony Orchestra Dubrovnik con la direzione del maestro Alexei
Kornieko e con il violino solista Giovanni Angeleri. Tra i numerosi altri impegni assunti dalla Fondazione nel 2015, Fornaci ha ricordato l’impegno profuso per la valorizzazione e la conservazione di importanti beni storici e artistici del territorio come: il restauro degli splendidi dipinti della sala “Apollo e Dafne” di palazzo dei Carrara a Terni; il rifacimento e il restauro della copertura absidale e laterale della chiesa di San Pietro sempre a Terni. La Fondazione ha poi finanziato il progetto dell’Accademia Etrusca “Carsulae. Dai grandi scavi di Umberto Ciotti (1951-1972) alle nuove campagne di ricerca archeologica nell’area urbana”. Si tratta della pubblicazione integrale della documentazione scientifica e dei reperti rinvenuti dagli anni ’50 ad oggi e le nuove ricerche archeologiche presso il centro urbano di Carsulae. L’iniziativa rientra nell’ormai impegno assunto dalla Fondazione volto alla valorizzazione dell’importante sito archeologico romano del nostro territorio. La Fondazione ha altresì sostenuto come di consueto l’ISTESS nella realizzazione dell’XI Edizione del Film Festival “Popoli e Religioni”, che ha ormai raggiunto un grande prestigio nazionale grazie al suo messaggio di spiritualità e d’incontro interculturale attraverso il cinema. Tra le iniziative proprie realizzate direttamente dalla Fondazione a palazzo Montani Leoni, il Presidente Fornaci ha ricordato: - la mostra Il fascino eterno della Cascata. Corot e la sua veduta, conclusasi il 28 giugno 2015, che in soli cinque weekend di apertura ha registrato oltre 1.400 presenze; - la mostra “Gabriella Maino. Passo dopo passo”, inaugurata lo scorso 10 dicembre. La Fondazione ha poi cercato anche nel 2015 di arricchire la propria raccolta d’arte a beneficio della comunità. Sono stati acquisiti, infatti, tre importanti dipinti raffiguranti il paesaggio locale: - Abrahm Louis Rodolphe Ducros, La cascata delle Marmore presso Terni, acquerello con lumeggiature a gouache su carta bianca, firmato e datato 1785; - Franz Keisermann, La cascata delle Marmore presso Terni, acquerello con lumeggiature a gouache su carta bianca; - Franz Keisermann, La vallata di Terni al levar del sole lungo il fiume Nera, acquerello su carta bianca, recante l’iscrizione con la data 1820. Nel 2015 la Fondazione ha inteso sovvenire nel settore del volontariato a tutte quelle necessità che hanno generato il particolare periodo di crisi che sta vivendo il nostro Paese e la nostra Regione. Ha sostenuto, pertanto, le iniziative e le strutture dell’Associazione “San Martino” quali la “mensa dei poveri” di San Valentino, i Centri di Ascolto e Accoglienza, l’emporio solidale e il progetto “Affitti solidali” in collaborazione con il Comune di Terni. Ha offerto anche il proprio aiuto all’attività capillare che svolgono sul territorio, nel settore sociale e del volontario, le Conferenze Vincenziane, le Parrocchie e i centri di solidarietà. Nel settore della sanità sono stati deliberati interventi per oltre 789.000,00 prevalentemente per l’acquisto di apparecchiature medico-sanitarie per l’Azienda Ospedaliera “S. Maria” di Terni. Tra gli interventi più significativi deliberati per il Nosocomio ternano Fornaci ha ricordato l’impegno economico di 574.000 Euro per l’acquisto di un “litotritore” per il trattamento della calcolosi. Nel settore ammesso dello sviluppo locale, cui comunque sono destinate il 14% delle risorse disponibili, le iniziative più significative hanno riguardato: - il sostegno all’ASD Arciericittà di Terni per il “Campionato mondiale di tiro con l’arco 3D 2015”; - il finanziamento per la realizzazione del progetto “Gran Tour fra le acque delle verdi valli”- Randonnée e brevetto cicloturistico permanente; - il contributo in favore del Comune di Terni per la realizzazione del progetto “Parco per bambini al Caos”.
In particolare in questo settore la Fondazione ha finanziato il progetto “Tutela, Valorizzazione e Promozione del patrimonio ambientale e culturale - Itinerario dei Plenaristi nella Valle del Nera”. Si tratta di un interessante e inedito progetto, che parte da uno dei punti chiave dell’offerta culturale della bassa Umbria denominato “I Luoghi ritrovati di una Valle Incantata – Itinerario e museo diffuso dei plenaristi nella Valle del Nera”. Tale progetto porta, infatti, all’attenzione del pubblico, e degli storici dell’arte in generale, l’esperienza della pittura en plein air nella valle del Nera tra la Cascata delle Marmore e il ponte di Augusto alla fine del ’700 e all’inizio dell’’800: un grande patrimonio artistico costituito dalle opere di oltre 90 artisti per lo più stranieri. Il progetto consiste nella realizzazione di un Archivio virtuale e completo di tutte le opere prodotte nella zona dell’Umbria del sud e nella produzione di un documentario intitolato “La valle incantata” che racconta la storia, i luoghi e le opere dei pittori “plenaristi”. Fornaci ha reso altresì noto che il patrimonio della Fondazione dovrebbe ammontare a fine anno 2015 ad oltre 190 milioni di Euro circa, investito secondo i tradizionali criteri prudenziali di rischio, in modo da conservarne il valore ed ottenerne una adeguata redditività che assicuri nel tempo il perseguimento degli scopi istituzionali in favore della collettività. Da ultimo il Presidente Fornaci ha illustrato lo stato dell’arte dei lavori di restauro della fontana di piazza Tacito, un intervento iniziato purtroppo da diverso tempo e che fino ad oggi non aveva ancora trovato un’adeguata soluzione tecnica. Fornaci ha riferito, però, di essere intervenuto anche di recente presso la Direzione Generale delle Belle Arti, e precisamente dall’arch. Scoppola, e che finalmente la questione si è sbloccata. Lo scorso 15 dicembre, infatti, il Soprintendente Gizzi ha autorizzato le operazioni di messa in sicurezza e di distacco dei mosaici, chiedendo al Comune di Terni di attivare gli accordi con l’Istituto Superiore della Conservazione e del Restauro per le modalità operative più congrue. Comune e ICR si sono già attivati per le procedure di gara. Il Soprintendente Gizzi ha anche nominato i funzionari incaricati dalla Soprintendenza per l’alta sorveglianza nelle persone di Stefania Furelli (storico dell’arte) e Virgilio Lispi (architetto). Il Presidente Fornaci ha colto quindi l’occasione per ringraziare il Direttore Scoppola e il Soprintendente Gizzi per essersi adoperati affinché i lavori di restauro della fontana possano finalmente riprendere.
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I KURDI - un volgo disperso parte III
Concludiamo il nostro viaggio nella storia di un popolo che attraverso i secoli ha subito durissime e feroci persecuzioni, un popolo diviso tra quattro stati che si ostinano a riconoscere non solo come entità politica, ma anche culturale. Tuttavia prima di esaminare la sua situazione in Iraq e Iran, si rende necessaria una premessa. Rispetto a quando nel numero di novembre c.a. abbiamo iniziato ad occuparci della intricatissima questione curda, il quadro politico internazionale ha subito sostanziali cambiamenti. Allora ci si illudeva che il conflitto in Siria fosse solo regionale e le minacce del Daesh-Is solo scioccante propaganda…nulla di più sbagliato! I terribili attentati di Parigi con il loro strascico di sangue, i cosiddetti foreigner fighters mussulmani nati, vissuti, cresciuti in occidente e apparentemente perfettamente integrati andati a dare manforte alle milizie del sedicente califfato, gli attentatori anch’essi nati e vissuti nelle banlieux parigine e belghe, l’intervento militare della Russia in Siria, l’abbattimento di un caccia russo da parte dell’aviazione turca, lo spostamento di milizie dell’Is in Libia per compensare ai rovesci subiti in Iraq e Siria, diretta minaccia per il nostro paese, le conferenze di Roma e Vienna per cercare di dare un assetto alla regione, indicano una situazione in movimento e passibile di sviluppi non sempre prevedibili. Una cosa è certa che in mezzo a questa tempesta si trova il popolo curdo. A tal proposito un nostro ministro ha recentemente affermato che in politica estera i mesi sono vere e proprie ere geologiche. Vista la situazione non si può altro che dargli ragione! In Iraq i Kurdi sono il 17% della popolazione, essi sono concentrati nelle tre province settentrionali dove si trovano ricchi giacimenti di petrolio e cospicue Èrisorse di acqua, zone oggi in parte occupate dall’IS che grazie al loro sfruttamento e al contrabbando si finanzia acquistando armi e tecnologia. È proprio questa zona, di vitale importanza strategica, teatro di duri scontri tra forze regolari irakene e curde con le milizie del Daesh-IS. In Iraq si sono verificate e in parte continuano a verificarsi le repressioni più violente nei confronti dei Kurdi. Essi hanno sempre rappresentato la resistenza più organizzata, subendo deportazioni in massa, bombardamenti di villaggi e attacchi con armi chimiche. Nel 1980 al termine di decennali tensioni scoppiò la guerra tra Iran e Iraq; fu uno scontro violento tra due regimi totalitari, il primo di stampo teocratico sotto la guida dell’ayatollah Komeini, il secondo sotto il governo dispotico di Saddam Hussein. Durante lo scontro che si protrasse con fasi alterne, le autorità irakene ordinarono deportazioni in massa di Kurdi in Iran, rei di parteggiare per il nemico. Migliaia di donne e bambini furono obbligati a lasciare i loro villaggi, mentre i maschi furono senza motivo incarcerati in condizioni disumane. L’elenco però si allunga: nel 1983, 8000 curdi sparirono da Harbil e di loro tutt’oggi non si sa nulla. Nel 1985, 3000 ragazzi curdi sono stati arrestati e torturati dalle forze di sicurezza irakene per costringere i loro parenti a consegnarsi alle autorità. Ma la repressione più dura la si ebbe nel biennio 1987-88 negli anni bui del regime di Saddam Hussein. Il 16 marzo 1988 durante il conflitto con l’Iran venne lanciato sulla città curda di Halabja un attacco chimico con gas al cianuro come rappresaglia contro la popolazione colpevole di non essersi opposta agli iraniani. In soli due giorni i morti furono 5000, ma salirono a 100000 per intossicazione. Dieci giorni dopo fu lanciato un secondo attacco chimico nel
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Quaradash con migliaia di morti, 400 sopravvissuti vennero massacrati mentre fuggivano per trovare dove curarsi da ustioni ed intossicazioni. Il raìs Saddam Hussein prima e nel 2010 il gen. Ali Hassan detto Ali il chimico comandante delle operazioni hanno risposto di tale crimine e sono stati giustiziati. La situazione dei Curdi iracheni non è migliorata nemmeno dopo la Guerra del Golfo, conclusasi con la sconfitta di Saddam che, grazie alla politica ambigua degli USA timorosi di ripercussioni negative da parte di alleati come la Turchia, ha potuto riprendere il controllo del paese schiacciando nel sangue la rivolta degli Sciiti a sud e dei Kurdi a nord i quali speravano di poter rovesciare il regime del rais. Dopo la seconda guerra del Golfo nel 2003 conclusasi con la caduta e la cattura di Saddam, il Kurdistan irakeno divenne regione federale ottenendo una certa autonomia amministrativa. Quando l’Iraq dopo Saddam piombò in un caos violento, solo i Peshmerga curdi si sono dimostrati capaci di contrastare efficacemente il dilagare delle milizie dell’IS, colmando i vuoti lasciati dall’esercito regolare completamente o quasi allo sbando. Proprio nel Kurdistan irakeno stanno risorgendo le speranze del popolo curdo di avere un proprio stato. Per ora il governo della provincia autonoma curda afferma la sua fedeltà al governo di Baghdad, ma non sappiamo quanto questa durerà e soprattutto molto dipenderà come si evolverà la situazione sul piano militare nello scontro con l’IS. In Iran vivono 12 milioni di Kurdi e la loro condizione si avvicina più a quella di curdi turchi e siriani che non a quella dei vicini irakeni. Anche in Iran la minoranza curda ha dovuto confrontarsi con uno stato forte e ostile ad ogni compromesso che possa minarne l’integrità, come la Turchia e la Siria prima della guerra civile. Per cui ha subìto dure repressioni con arresti, torture, processi sommari sia sotto lo sha’ Reza Palhevi che sotto la repubblica islamica dell’ayatollah Komeini. Nel 1946 era stata proclamata a Mahabad un repubblica di stampo sovietico sperando invano nell’appoggio dell’URSS che fu schiacciata dalle truppe dello sha’ che ebbe a che fare con un’intensa attività di guerriglia fino al 1974 quando ci fu una breve tregua. Dopo la cacciata dello sha’ la situazione peggiorò sotto la spinta di un integralismo religioso in nome di uno stato teocratico. Nel 1981 diciotto operai curdi vennero uccisi in una fabbrica di mattoni a Sarougliamish, per non parlare di arresti ed esecuzioni sommarie. Nel 2004 è nato il P.J.A.K. (Free life party of Kurdistan) ma agisce nella clandestinità e uno dei capi, Shirzad Kamavgar, vive in esilio a Bruxelles. Attualmente, secondo fonti non ufficiali, il numero di curdi incarcerati per motivi politici si aggirerebbe intorno ai 1260. Insomma in una fase di mutamento del contesto d’area in senso ampio e in particolare della situazione curda, i curdi iraniani sembrano isolati privi di possibilità di cambiamento nel breve periodo, anche per mancanza di un supporto internazionale come invece per i loro omologhi siriani, irakeni e turchi. Concludiamo questo excursus di tre puntate con una domanda: vista la situazione mediorientale in fermento, riusciranno i Kurdi a coronare il loro sogno plurisecolare di avere uno stato per proprio conto? Riusciranno gli USA e le altre super potenze ad elaborare una linea politica coerente e decisa onde assicurare stabilità a quell’area? Per ora rispondiamo con le parole di un grande scrittore ottocentesco da noi già usato nel sottotitolo: ai posteri Pierluigi Seri l’ardua sentenza!
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