Numero 111 gennaio 2014
Mensile a diffusione gratuita di attualità e cultura
Ateneo Lezione all’aperto Sant’Erasmo - 28 dicembre 2013
IMMOBILIARE
B AT T I S T E L L I
Foto Marco Barcarotti
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L’ e t e r n a g h i r l a n d a f i o r i t a - G R a s p e t t i SWING - F C a l z a v a c c a A S S O C I A Z I O N E C U L T U R A L E L A PA G I N A Tr a N a t a l e e M a t e m a t i c a - P F a b b r i Elogio della disobbedienza - C Colasanti IgNobel, quando la scienza fa (soprattutto) ridere - A M e l a s e c c h e Pane al Pane - F L e l l i S A N FA U S T I N O La parrucchiera dei marines - F Patrizi IMMOBILIARE BATTISTELLI Il patrocinio a spese dello Stato - M P e t ro c c h i C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I ASSESSORATO CULTURA SCUOLA E POLITICHE GIOVANILI ASM TERNI SpA A S S E S S O R AT O A I L AV O R I P U B B L I C I Inaugurazione Direttrice Civitavecchia - Orte - Terni - Rieti CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA LICEO CLASSICO - M Salvati, C Bernardinangeli, V Sernicola, V Croce, L Marinelli LANDI COSTRUZIONI L A B O R AT O R I S A L VAT I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I La Riv(@)oluzione della TV - F Colangelo N U O VA G A L E N O A c a c c i a c o i c a p i - V Grechi La stanchezza - L Paoluzzi J o h n L o c k e (fine 2° parte) - M R i c c i To c c a r s i - V Policreti ANTICA CARSULAE La spedizione dei mille - F Neri Anche lo sangue ‘n montagna bbolle prima - P C a s a l i CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA L’ a n f i t e a t r o r o m a n o d i Te r n i - D F a g i o l i L e S t e l l e d e l C O N I i l l u m i n a n o Te r n i SAURO MAZZILLI - R B e l l u c c i ALFIO C I D AT Cifoplastica percutanea - V B u o m p a d r e HUMOR PRECARIO - C Brunetti Un Museo all’aperto di acciaio e marmo - L Santini F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O Cos’è la piorrea? - A No v e l l i ALLEANZA TORO Un dramma al camposcuola Casagrande di Terni - M B a r c a r o t t i G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI
L’eterna ghirlanda fiorita Nell’Associazione non deteniamo né dispensiamo cultura. Ci piacerebbe averne a riccioli d’oro avvolgenti come eterna tempesta di neve. Disponiamo solo di ciocche sparute, in giornate non di sole, non di pioggia. Sappiamo però coordinare, organizzare, vivere serenamente la cultura di altri. Abbiamo bisogno di te, delle tue conoscenze, della tua sensibilità. Dei tuoi progetti, delle tue idee, dei tuoi sogni. Della tua compagnia, della tua amicizia. Vieni con noi, in giornate di sole, qualunque sia la tua età. Giampiero Raspetti
SWING Le siepi si incupiscono l’ombra si fa pensiero ogni senso conclude il suo lungo percorso panorami si placano in nebbie mattutine insistono soltanto il tempo e le memorie in ritmi e movimento scansioni e sortilegi passaggi musicali incisi nel ricordo battute e percussioni da spartire con gli altri per concludere l’anno di cento o mille giorni.
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PA G I N A
Mensile di attualità e cultura
Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni
Franca Calzavacca dicembre 2013
DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti
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Direttore editoriale Giampiero Raspetti
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Non prendere scorciatoie. Se vuoi emozioni, assumi cultura. Ogni Lunedì, dalle ore 16 alle ore 18,30 Coordinatori: Bertolini, Casali, Contessa, Grechi, Fabri, Giorgetti, Leonelli, Mazzilli, Policreti, Raspetti, Ricci, Rinaldi, Santini, Seri, Tei, Tini Brunozzi.
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Gennaio Gennaio Gennaio Febbraio Febbraio
Ateneo
Relatori SANTINI - TEI - LEONELLI MAZZILLI - RICCI - RASPETTI GIORGETTI - GRECHI - POLICRETI MAZZILLI - RICCI - RINALDI SANTINI - TEI - RASPETTI
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Venerdì
de La Pagina
Venerdì 17 gennaio ore 17,17 La superstizione nei detti popolari Lory La Santa La superstizione porta male Raspo el Diablo Venerdì 31 gennaio Le trasformazioni urbanistiche di Terni nella seconda metà dell’ottocento Mazzilli Venerdì 21 febbraio Terni sparita
Ceccoli, Florio Leonelli, Santini
28 dicembre 2013
Il cielo dell’ Ateneo
Foto di Marco Barcarotti e Alberto Mirimao
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Tra Natale e Matematica Ci sono esperienze che si fanno raramente nella vita, anche se non costerebbe nulla ripeterle più volte. Finire all’interno del Reparto Maternità di un ospedale, ad esempio. Capita a tutti, prima o poi: qualche volta da protagonisti (in qualità di genitori o neonati), più spesso da comprimari (parenti, amici o conoscenti dei protagonisti citati), ma insomma capita: e inevitabilmente si finisce col naso schiacciato contro un vetro dietro il quale si agitano dei giovanissimi mammiferi urlanti o dormienti. Anche se vissuta solamente in occasioni speciali, la possibilità di godere di un tale spettacolo è virtualmente sempre possibile, e del tutto gratuita. E forse, a pensarci bene, può perfino sembrare strano che non esista l’abitudine di andare a vedere i nuovi nati così, tanto per passare il tempo e godersi la scena, un po’ come si va a fare una passeggiata o a godere un tramonto. Non c’è mica bisogno della parentela per assistere ad un simile grandioso spettacolo. È però vero che, al pari della maggioranza delle persone, l’evento che mi ha riportato davanti al vetro di una nursery è stato strettamente privato: la nascita di una Mia nipote. Ma, al di là delle basse e riprovevoli citazioni personali, che l’esperienza sia di alto valore rinfrancante è sempre facilmente leggibile: non tanto negli indifferenti neonati che, all’interno del nido, si limitano a coniugare unicamente i due verbi “urlare” e “dormire”, quanto dalle espressioni inebetite del nugolo di adulti che si accalca di fronte al vetro protettivo. Certo è che non tutte le espressioni sono uguali: l’affetto e la curiosità abbondano ovunque ad alti tassi di inflazione, ma ci sono alcune facce più splendenti di altre. Sono quelle dei genitori e dei nonni; e anche dei bisnonni, quando i neonati hanno la fortuna di averne. In fondo, è ben comprensibile: sono tutte persone che condividono una importante consapevolezza, quella che -senza di loro- dietro il vetro ci sarebbe un bambino in meno. La lunga catena delle generazioni ha forgiato un nuovo anello, ed è inevitabile che il misto di soddisfazione, tenerezza, orgoglio e amore riesca a disegnare su quei volti un’espressione del tutto peculiare e caratteristica. La condivisione dello stesso pensiero da parte di persone di età così diversa non può non affascinare, e stimola un pensiero certo più sciocco e leggero, se comparato all’emozione che i soggetti in questione provano, ma comunque tale
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w w w. l a p i a z z e t t a r i s t o r a n t e . i t lapiazzetta.terni@libero.it
da sfuggire ad una risposta facile, o quantomeno immediata e diretta. Il punto d’inizio del pensiero sta lì, dietro il vetro: è la generazione numero zero, di anni zero. Dietro il vetro ci sono i genitori, che è facile chiamare generazione 1, di anni… beh, variabili, dai venti in su. Difficile decidere quale sia l’età media: tempo fa, o ancora oggi altrove, si diventava padri e madri prima di quanto fanno gli italiani oggi; per mediare tra luogo e luogo, tempo e tempo, fissiamo arbitrariamente in 25 anni l’età in cui si ha il primo figlio. Quindi generazione 1, 2 genitori, anni 25, nati attorno al 1988. Ancora indietro: generazione 2, 4 nonni, anni 50, nati dalle parti del 1963; generazione 3, 8 bisnonni, anni 75, nati nel 1938; generazione 4, 16 trisavoli, anni 100, nati attorno al 1913… Il conto è facile, ma il senso della realtà si perde quasi subito, perché i numeri crescono incredibilmente in fretta. È bastato risalire di un solo secolo per scoprire che, tra genitori, nonni, bisnonni e trisavoli, c’è voluto il patrimonio genetico di 30 antenati per fabbricare quel preciso neonato. Ma questo è niente: se si risale di due secoli, ecco che gli antenati diretti sono già 510. Un salto di mezzo millennio, fino al Sedicesimo Secolo? Arrivano già ad essere più di due milioni. Dall’epoca di Dante, padre della nostra lingua, hanno popolato il pianeta più di mezzo miliardo di ascendenti diretti del frugoletto. I festoni di Natale nel reparto Maternità fanno il rilancio finale: in ultima analisi, sono messi lì per richiamare alla memoria proprio una nascita, avvenuta più di duemila anni fa. Nascita importante, se contiamo gli anni proprio a partire da quella data, ma a questo punto, la curiosità infantile e un po’ sciocca è ormai scatenata. Quanti antenati diretti di quei bambini dietro il vetro della nursery sono vissuti, dall’Anno Uno a oggi? La risposta è stupefacente, e non può che essere sbagliata: il calcolo registra un risultato pari a più di due milioni di miliardi di miliardi. Troppa gente, non c’è dubbio. Specialmente considerando che il numero degli esseri umani è sempre andato crescendo, dalla prima comparsa in Africa fino ad oggi. Ma anche se il calcolo si risolve in un paradosso (l’errore principale del conteggio sta nel considerare come “distinti” tutti gli antenati), se ne può estrapolare qualcosa di assolutamente vero e chiaro: e cioè che alla costruzione di un nuovo bambino contribuiscono virtualmente tutti gli esseri umani mai vissuti. Ogni nuovo nato è, anche se unico e irriproducibile, un perfetto riassunto di tutta l’umanità; e come tale ci accomuna tutti, nessuno escluso, in una parentela che è probabilmente più forte della semplice fratellanza. Forse, poi, il significato ultimo della celebrazione che ogni Dicembre si ripete per la nascita di quel ragazzino venuto al mondo duemila anni fa è esattamente lo stesso. E se così fosse, beh, tanto meglio. P i e ro F a b b r i
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Elogio della disobbedienza Ogni gennaio che si rispetti porta con sé una serie di decisioni importanti. - Da gennaio inizio la dieta e vado in palestra: stavolta non posso fallire, che diamine! - Basta: ho deciso! Da gennaio non sopporterò più in silenzio le angherie di quel cretino del mio capo: farò sentire anche la mia voce! - Ecco, ci siamo: approfitto dell’inizio del nuovo anno per cambiare completamente il mio look... magari così cambio un po’ anche la mia mentalità, magari... Fanno sorridere i buoni propositi per l’anno nuovo, in effetti, ma sono anche necessari; per ogni essere umano che si rispetti. Buoni propositi necessari, così come è necessario il germe della disobbedienza; la disobbedienza quella sana, quella genuina, quella che porta a superare vecchi confini e che conduce a nuove conquiste, personali o universali che siano. In momenti come questo contingente, non c’è la volontà di inneggiare alla rivolta, quello no, per carità: condivido l’urgenza di un cambiamento, ma preferisco altre modalità, per così dire. Penso sia molto più valido credere nella qualità del cambiamento necessario affinché le cose si sistemino e ritengo opportuno che la spinta verso questo atteso cambiamento provenga da quella sana disobbedienza di cui si parlava prima. L’ultimo libro di Dacia Maraini parla proprio di questo e ho preso in prestito il sottotitolo del suo romanzo come titolo di questa riflessione: Chiara di Assisi – Elogio della disobbedienza. Chiara ha disobbedito in tanti di quei modi che quasi non riusciamo a rendercene conto: il MedioEvo non era certo un periodo favorevole alle giovani fanciulle con le idee chiare e la volontà ferrea come Chiara, anzi. Eppure lei ce l’ha fatta e con il suo esempio ha contagiato le sue consorelle (oltre che la maggior parte delle sue parenti), che l’hanno seguita in questo percorso, per nulla facile, di fede e di vita.
Il suo esempio è un esempio illustre, così come ci suggerisce l’etimologia latina del suo nome: le sue scelte sono fonte di luce per chi sta brancolando nelle tenebre e non riesce a trovare il bandolo della matassa. Non sto dicendo che sto pensando di andare in un convento di clausura, né tantomeno sto spingendo altre persone a farlo: sto cercando di andare oltre, così come ha consigliato l’autrice nel suo libro, inizialmente scritto sottoforma di epistolario, pungolata da una persona esterna che ha fatto bussare alla porta della scrittrice il “personaggio Chiara” finché la Maraini non lo ha studiato e reso suo. Così come ha reso suo un concetto molto caro a tutti gli accaniti lettori di questo mondo. Cosa farei senza i libri? Ne ho la casa piena, eppure non mi bastano mai. Vorrei avere una giornata di trentasei ore per poter leggere a mio piacere. Tengo libri di tutte le dimensioni: da tasca, da borsa, da valigia, da taschino, da scaffale, da tavolo. E ne porto sempre uno con me. Non si sa mai: se trovo un momento di tempo, se mi fanno aspettare in un ufficio, che sia alla posta o dal medico, tiro fuori il mio libro e leggo. Quando ho il naso su una pagina non sento la fatica dell’attesa. E, come dice Ortega y Gasset, in un libro mi “impaeso”, a tal punto che mi è difficile spaesarmi. Esco dai libri con le pupille dilatate. Lo considero il piacere più grande, più sicuro, più profondo della mia vita. Il Natale è appena passato e forse vi hanno riempito di libri che non vedevate l’ora di leggere, oppure no, non so; ma permettetemi un consiglio: fatevi un regalo extra, insieme ai nuovi propositi per l’anno nuovo. Leggete un libro su Santa Chiara di Assisi e provate a mettervi nei suoi panni. Nel libro di cui ho parlato c’è una profonda analisi del personaggio che riesce ad avvicinarlo, nonostante la sua distanza temporale e sostanziale, ai giorni nostri, alle nostre mentalità, ai nostri giorni frenetici e pieni di impegni, voci, suoni e rumori. Chiara, con il suo silenzio, con la sua letizia e con il suo incredibile spirito di sacrificio ed adattamento può davvero insegnare molto a tutti noi, primo tra tutti, il valore della disobbedienza. Chiara Colasanti
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I g No b e l q u a n d o l a scienza fa (soprattutto) ride re
L’argomento che intendo trattare riguarda fatti realmente accaduti e i riferimenti a persone e avvenimenti sono voluti. Ritengo doverosa questa preventiva precisazione perché, obiettivamente, potrebbero sorgere dubbi sulla veridicità di quanto riportato. Infatti appare molto singolare brevettare un sistema per intrappolare gli aspiranti dirottatori aerei, impacchettarli e paracadutarli direttamente nelle mani della polizia oppure effettuare una ricerca sulla circostanza che gli ubriachi si sentono psicologicamente più attraenti o, sempre più fantasioso, uno studio che fissa una relazione fra il tempo impiegato da una mucca a sdraiarsi, rispetto alla probabilità che si alzerà rapidamente in piedi e, una volta alzata, sostenere che non è semplice predire quanto tempo passerà prima che si stenda di nuovo. Ricerche e studi ufficiali, tutti decisamente grotteschi. Parliamo dei premi IgNobel. Non sfuggirà anche ai meno attenti il gioco di parole, IgNobel o meglio Ignobel (Ignobile) e, trattandosi di un premio di livello accademico, c’è di che meravigliarsi. È evidentemente una parodia del serissimo premio Nobel e viene assegnato regolarmente ogni anno, dal lontano 1991, a ben dieci ricercatori per ricerche, studi o risultati scientifici conseguiti, quasi certamente inutili e, nella migliore delle ipotesi, al limite del farsesco. Ma ciò che va assolutamente tenuto presente è che i vincitori sono ricercatori universitari, selezionati in base ad articoli pubblicati anche su riviste scientifiche autorevoli. Non solo, ma la cerimonia (rigorosamente di gala) sponsorizzata dalla rivista scientifico-umoristica statunitense Annals of Improbable Research, si tiene presso il teatro dell’Università di Harvard ed i premi sono consegnati dai vincitori del vero Nobel. Come si può anche leggere dal sito ufficiale, l’obiettivo dichiarato del premio è “celebrare l’insolito, onorare il fantasioso e stimolare l’interesse della gente per la scienza”. I vincitori, che arrivano ad Harvard a proprie spese, hanno 60 secondi di tempo per il discorso di ringraziamento. Ma vediamo a chi è andato nel 2013 l’ambito riconoscimento per gli studi più pazzi del mondo accademico. Ebbene sì, anche l’Italia ha
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La colpevole indifferenza per quanto accade nelle curve degli stadi italiani o il buonismo peloso con cui si eccede nel difendere i comportamenti di nostri pseudo-tifosi all’estero, sono atteggiamenti che nascondono un serio disagio sociale, prima che sportivo. A Torino, dopo la chiusura delle curve dell’Olimpico per discriminazione territoriale, neoreato d’ispirazione ipocrita -forse per non toccare la suscettibilità dei delinquenti di sinistra poco inclini a fare la parte dei razzisti- la Vecchia Signora ha inteso ricostruirsi un’improbabile verginità concedendo quegli stessi spazi ai bambini. Il lodevole proposito non ha tardato a manifestare insanabili crepe per i guasti educativi già prodotti sui giovani. I piccoli, emulando gli adulti, hanno martellato per l’intero incontro il portiere ospite, accompagnando ogni suo rinvio da fondo campo con l’epiteto merda, secondo un’abitudine consolidata, divenuta, diciamo così, una specialità della casa. Il giudice sportivo ha comminato una multa di 5.000 euro alla Juve, cifra paragonabile a un centesimo per le tasche di un impiegato di 4° livello. Sui tifosi laziali in galera, accusati di danneggiamenti e risse a Varsavia, in occasione di un incontro di Europa League, si sta
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avuto la sua parte: un gruppo di Professori e Ricercatori dell’Università di Milano si è aggiudicato il premio per la Fisica grazie alla scoperta che, sulla Luna, una persona potrebbe correre sulla superficie di uno stagno. Il vero vincitore della serata è stato un team dell’Università di Lund che ha portato a casa ben due premi (Biologia e Astronomia) con una sola ricerca: quella in cui hanno rivelato che gli scarabei stercorari sono in grado di orientarsi, anche in assenza di Luna visibile in cielo, usando la Via Lattea come punto di riferimento. Invece, un gruppo di ricercatori giapponesi dell’Università di Tokyo ha ricevuto il premio per la Medicina in virtù di uno studio su un gruppo di topi che avevano subìto un trapianto di cuore. I ricercatori hanno scoperto che gli animali, la cui aspettativa media di vita post operatoria è di 7 giorni, ne sopravvivevano ben 27 ascoltando La Traviata, di Giuseppe Verdi, e solo 11 ascoltando Enya. Impossibile non menzionare anche i vincitori del premio per la Pace. Il riconoscimento è andato a pari merito al premier bielorusso Alexander Lukashenko e alla sua polizia di Stato. Il primo per aver reso illegale applaudire in pubblico e alla seconda per aver arrestato un uomo con un solo braccio con l’accusa di aver applaudito. Se ancora non bastasse, quest’anno la cerimonia si è conclusa con la première di una mini-opera chiamata “l’arnese di Blonsky”, omaggio alla vita e al lavoro di due premiati nel 1999, George e Charlotte Blonsky. La loro prodezza? Avere creato un congegno per aiutare le donne a partorire che prevede di legare la partoriente su un tavolo circolare, che viene fatto poi ruotare velocemente, per sfruttare la forza centrifuga per favorire la nascita del bambino! Tra tanto ridere, una piccola amara riflessione, certo che l’arcinoto imperat accademico “publish or perish” (o si pubblica o si muore, accademicamente parlando!) di danni ne ha fatti alle ricerca vera e ai ricercatori e soprattutto alle finanze pubbliche che tali soggetti hanno retribuito. Intanto in attesa dell’edizione ufficiale del settembre 2014 non ci resta che stanare i migliori candidati, inviare le candidature all’email marca@improbable.com e poi… che vincano i migliori! a l es s ia . m e l a s e c c h e @ l i b e ro . i t
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spalmando un mediatico vittimismo, unito all’odiosa e strisciante accusa nei confronti del sistema giudiziario polacco. I mascalzoni nostrani sono diventati d’incanto prigionieri di guerra, estradati in un campo di concentramento, rispolverato alla bisogna. La Polonia ci sta insegnando come debbono essere trattati i delinquenti, ci sta indicando, quando si vuole, come sia facile individuare e fermare i facinorosi e ci sta mostrando come le leggi prive della certezza della pena non appartengano ad un paese civile. Il Ministro Emma Bonino potrà pure classificare inopportune le parole del suo corrispondente polacco che ha definito banditi gli arrestati, ma banditi restano a tutti gli effetti. Il buonismo all’italiana non paga, né in ambito sportivo, né in altri contesti. Una manifestazione di supporter laziali manifesterà davanti all’Ambasciata polacca a Roma al grido di Aridatece li puzzoni nostri! Inutile dire che i reduci troveranno adeguato riconoscimento per i meriti acquisiti in questa gloriosa ‘campagna polacca’ e scaleranno posizioni prestigiose nella gerarchia ultra, perpetuando un malcostume che non morirà, almeno fino a quando saranno in troppi Franco Lelli ad accorrere al capezzale per dargli ossigeno.
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La parrucchiera dei marines
Cercasi parrucchiere in Kuwait! Sul volantino svettavano palme e sorrisi mentre sul retro era riportata l’intervista ad una ragazza indonesiana diventata ricca in pochi mesi grazie a questa opportunità. Dato che era in cerca di lavoro, la giovane giavanese aveva chiamato l’agenzia e, salutato il marito e i due bambini, era partita alla volta del paese del petrolio. Non era mai stata brava in geografia, ma quando era scesa dall’aereo aveva avuto qualche dubbio sul paese in cui era arrivata: nessun grattacielo a cinque stelle in vista, del mare cristallino neanche il riflesso, nemmeno una palma a fare ombra. Una jeep, sobbalzando sulle buche, l’aveva portata in mezzo al deserto per scaricarla in un campo militare dove, in uno stanzone coperto da una lamiera infuocata, le avevano dato il benvenuto in Iraq. A dire il vero un angolo con un barbiere che radeva i soldati c’era, ma quasi nessuno andava a farsi l’acconciatura, il posto era adibito per consentire alle truppe di soddisfare le impellenze biologiche mascoline così da contenere il pericolo che, durante le missioni, si andasse a stuprare le donne irachene, inasprendo oltremodo la difficile convivenza delle “forze di pace” nel paese. Suo malgrado, la giovane giavanese si era ritrovata a svolgere una missione umanitaria.
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Aveva inoltre conosciuto altre connazionali, tutte aspiranti parrucchiere residenti di lungo corso nel campo, le quali le avevano raccontato che una volta una compagna di sventura era riuscita a corrompere un soldato, a farsi restituire il passaporto e a tornare in patria, ma non era seguita nessuna denuncia perché i trafficanti sanno bene che la vergogna impedisce a una donna indonesiana di confessare di essersi prostituita. Per sua fortuna la nuova arrivata sapeva fare davvero la parrucchiera e possedeva una bellezza assai gradita alle truppe, così aveva fatto di necessità virtù e aveva cominciato a fare pelo e contro pelo a tutti gli ufficiali che si recavano da lei per ben altre esigenze. Pian piano aveva affinato l’arte della maitresse allestendo un esercizio di bordellocoiffeur molto apprezzato non solo dalla ciurmaglia accalorata; erano soprattutto gli alti ranghi a soddisfare i bassi istinti e ad elargire laute mance. Alla fine, nel giro di un paio di anni, la giovane aveva messo da parte il gruzzolo che le aveva consentito di tornare in patria corrompendo l’intermediario che deteneva il suo passaporto. Una volta giunta a Giakarta ha raccontato senza pudori la sua storia, senza lasciarsi intimidire dagli attacchi sessisti e dal pubblico dileggio, suo marito le è rimasto vicino e ancora oggi la maitresse dei marines, come viene chiamata, continua imperterrita la sua battaglia contro la tratta delle schiave prostitute per i militari in missione di pace, anche perché ogni giorno trova in giro quei volantini ingannevoli e ascolta gli annunci delle false testimonial dell’agenzia che promettono facili guadagni lisciando i capelli delle donne arabe all’ombra dei petroldollari. Francesco Patrizi
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Il patrocinio a spese dello Stato L’art. 24 della nostra Costituzione stabilisce che: Tutti possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi [cfr. art. 113]. La difesa è diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Sono assicurati ai non abbienti, con appositi istituti, i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. La legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari. La norma costituisce chiara espressione del principio di uguaglianza e riconosce a tutti la possibilità tutelare i propri diritti ricorrendo al Giudice. Il diritto alla difesa è un istituto fondamentale di ogni sistema democratico ed è ritenuto di tale importanza da essere annoverato tra i diritti inviolabili della persona analogamente al diritto alla libertà personale, alla inviolabilità del domicilio, alla libertà religiosa, alla libertà di manifestazione del proprio pensiero. Al fine di rendere effettivo il diritto di essere rappresentati in giudizio, tanto per agire quanto per difendersi, l’ordinamento ha previsto che la persona non abbiente possa richiedere la nomina di un avvocato e la sua assistenza a spese dello Stato. L’istituto del patrocinio a spese dello Stato vale nell’ambito di un processo civile ed anche nelle procedure di volontaria giurisdizione (separazioni consensuali, divorzi congiunti, ecc.). L’ammissione al gratuito patrocinio è valida per ogni grado del processo e per le procedure connesse. La stessa disciplina si applica anche nel processo amministrativo, contabile e tributario. Per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato è necessario che il richiedente sia titolare di un reddito annuo imponibile, risultante dall’ultima dichiarazione, non superiore a € 10.766.33. Se l’interessato convive con il coniuge o con altri familiari, il reddito è costituito dalla somma dei redditi conseguiti nel medesimo periodo
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da ogni componente della famiglia, compreso l’istante. Tuttavia, qualora la controversia abbia ad oggetto diritti della personalità (diritto alla vita, all’onore, alla riservatezza, all’identità personale), oppure l’interesse del richiedente sia in conflitto con quello degli altri componenti della famiglia con lui conviventi, non si applica il cumulo e si tiene conto del solo reddito personale dell’istante. Il patrocinio a spese dello Stato può essere richiesto: dai cittadini italiani; dagli stranieri, regolarmente soggiornanti sul territorio nazionale al momento del sorgere del rapporto o del fatto oggetto del processo da instaurare; dagli apolidi (soggetto privo di cittadinanza); dagli enti o associazioni che non perseguano fini di lucro e non esercitino attività economica. L’ammissione può essere richiesta in ogni stato e grado del processo ed è valida per tutti i successivi gradi del giudizio. Se la parte ammessa al beneficio rimane soccombente, ossia perde la causa di primo grado non può utilizzare il beneficio per proporre impugnazione. La domanda di ammissione al patrocinio per le cause civili si presenta presso la Segreteria del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati, competente rispetto al luogo dove ha sede il magistrato davanti al quale è in corso il processo. La domanda di ammissione in ambito penale si presenta presso l’ufficio del magistrato davanti al quale pende il processo. Il patrocinio a spese dello Stato è escluso: nei procedimenti penali per reati di evasione in materia di imposte; se il richiedente è assistito da più di un difensore (è ammesso invece, ora, nei procedimenti relativi a contravvenzioni) per i condannati con sentenza definitiva per i reati di associazione mafiosa, e connessi al traffico di tabacchi e agli stupefacenti (modifiche apportate dalla legge 24 luglio 2008, Avv. Marta Petrocchi n. 125). legalepetrocchi@tiscali.it
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Assessorato Cultura Scuola e Politiche Giovanili Teatro di
Si m on e Gu erra
D o m e n ic a
Assessore alla Cultura
La stagione di Teatro di domenica è un’iniziativa ormai consolidata da una storia ventennale. Rivolta ai bambini, vede un’altissima partecipazione delle famiglie. Spesso si registra il tutto esaurito, con una presenza che si aggira intorno alle 2500 unità l’anno. Obiettivi: - avvicinare i ragazzi al linguaggio verbale e gestuale; - avvicinare i ragazzi alle varie forme espressive del teatro: teatro d’attore, teatro di figura (burattini, pupazzi, marionette), teatro d’ombre; - stimolare la creatività e la fantasia dei ragazzi attraverso le storie proposte; - recuperare il rapporto attivo e diretto con l’attore e con la storia; - riscoprire, attraverso il teatro, il mondo delle fiabe, delle favole e dei racconti tipici della narrativa per ragazzi; - progettare un cartellone con i più interessanti spettacoli del panorama nazionale del settore, al fine di avvicinare il pubblico dei ragazzi al complesso mondo del teatro; - mettere a disposizione delle famiglie nelle domeniche invernali uno spazio di incontro e condivisione attraverso i laboratori per i bambini e il teatro ragazzi. Utenza: bambini e ragazzi dai tre agli undici anni accompagnati dalle famiglie. Modalità di svolgimento: dieci spettacoli di teatro ragazzi rivolti ai bambini dai tre agli undici anni che si svolgono presso il teatro Secci, da ottobre a gennaio, di domenica pomeriggio; laboratori ludico didattici divisi per fascia di età c/o Tettoia Caos dalle ore 15,30 - prima degli spettacoli di teatro ragazzi. I laboratori sono due: uno per la fascia di età dai tre ai sei anni e l’altro per la fascia di età dai sei agli undici anni. L’
Spettacoli
Assessorato alla Cultura organizza, in collaborazione con l’Associazione
Culturale La Pagina:
Ateneo
Peter Pan: una storia di pochi centimetri e piume Compagnia Gli Alcuni Domenica 19 gennaio 2014 - ore 17 Diapason:clown in musica Compagnia I Circondati Domenica 26 gennaio 2014 - ore 17 di e con Diego Carletti e Luciano Menotta Hansel e Gretel Compagnia Fondazione Aida Domenica 2 febbario 2014 - ore 17 di e con Emanuela Camozzi e Irene Fioravante Cane blu Compagnia Teatro Gioco Vita Domenica 9 febbraio 2014 - ore 17 di Nicola Lusuardi e Fabrizio Montecchi con Deniz Azhar Azari e Laura Dell’Albani
per tutte le età
Non si smette mai di imparare, ma, soprattutto, non bisogna mai smettere. All’Ateneo si discuterà, insieme a coordinatori-relatori, su alcuni temi fondamentali. Com'è fatto il mondo? Come si è formato? Come siamo giunti alla situazione di oggi? Ci sono delle leggi che regolano la vita di tutto l'universo? Qual è stato, qual è e quale dovrebbe essere il ruolo dell'uomo in rapporto alla natura e agli altri uomini? Ci incammineremo sulla strada percorsa dall'uomo sulla via della conoscenza, partendo dagli insegnamenti di Socrate, uno dei padri fondatori della civiltà occidentale: sappiamo di non sapere e la conoscenza è un processo continuo che non avrà mai fine. E vogliamo anche discutere sul ruolo svolto dall'uomo nella storia, delle scoperte e dei progressi compiuti ed anche degli errori e delle atrocità effettuate, partendo dalla considerazione che viviamo in una società dove coesistono credenze ed esperienze varie e dove nessuno dovrebbe ritenersi detentore della verità assoluta. La strada l'ha indicata Dante Alighieri, qualche tempo fa, per bocca di Ulisse: Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza. Vi invitiamo a percorrere un po' di strada insieme a noi.
S E DE Teatro Secci Caos O RARI
Coordinatori-Relatori Bertolini, Casali, Contessa, Grechi, Fabri, Giorgetti, Leonelli, Mazzilli, Policreti, Raspetti, Ricci, Rinaldi, Santini, Seri, Tei, Tini Brunozzi Dalle ore 16 alle ore 18.30, presso la sede della Associazione stessa, in Terni, Via De Filis 7. Per informazioni e iscrizioni: 0744.1963037 - 3936504183 - 3465880767 La partecipazione agli incontri è del tutto GRATUITA
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Orario dei laboratori ore 15,30 Orario degli spettacoli ore 17,00 P RE Z Z I Prezzi laboratori gratuiti Prezzi spettacoli € 6,50 Riduzione per i soci coop € 6,00 RE F E RE NT I Comune di Terni Direzione Cultura Fontemaggiore Teatro stabile di Innovazione
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Assessorato ai Progetto Trek Si l van o Ricci Assessore ai Lavori pubblici
Il progetto è stato ideato nel 2006 in occasione del 60° anniversario della fondazione della Sezione di Terni del C.A.I. in quanto un gruppo di soci hanno percorso un tracciato sentieristico ed escursionistico lungo il fiume Nera dalla foce alla sorgente. Con D.G.C. n. 160 del 9 Maggio 2012 è stato approvato lo studio di fattibilità dell’intervento (successivamente inserito in un Programma sviluppato attraverso un Accordo Operativo di Scopo stipulato tra il Comune di Terni, la Provincia di Terni e l’Agenzia Forestale Regionale dell’Umbria) e l’adesione al progetto Trekking del Nera, promosso dal C.A.I. di Terni. Il Programma, di cui il Comune di Terni è capofila, è stato denominato Reti Escursionistiche d’Interesse Interregionale sulle Vie dell’Acqua - Progetto Trekking del Nera. Il Progetto è presente nell’elenco annuale delle opere pubbliche e costituisce una priorità per il Comune ai fini del finanziamento. A tal proposito desidero illustrare il primo passo compiuto dal Comune di Terni in merito all’attuazione del primo lotto funzionale di rilevanza strategica, ovvero il percorso di collegamento tra la Cascata delle Marmore e la Città di Terni lungo il corso del Fiume Nera. Questo progetto rappresenta una reale opportunità per la realizzazione di interventi che possano rendere più attrattiva la vita nelle aree di pregio del nostro territorio, grazie ad una integrazione tra le politiche di fruizione dell’ambiente e le politiche di valorizzazione del territorio.
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La riscoperta del fiume rappresenta uno degli elementi fondamentali di identificazione dell’Umbria ed in particolare di Terni: esso costituisce una risorsa fondamentale, un elemento chiave per la tutela del territorio, lo sviluppo dell’economia territoriale, per la salvaguardia della biodiversità e di altri valori ambientali, per lo sviluppo turistico, sportivo e culturale. Le risorse paesaggistiche e naturali della Regione vanno sempre più considerate veri e propri fattori di crescita e di sviluppo. Il contesto territoriale di questo Progetto è una zona di grande valore ambientale e paesaggistico, parliamo della Valnerina, valle del fiume Nera. Essa comprende il Parco Naturale del Nera e la Cascata delle Marmore, oltre che il lago di Piediluco e i Comuni di Ferentillo e Arrone, deliziosi borghi medievali. Spettacoli naturali indimenticabili come i vertiginosi salti del fiume Velino che, in località Marmore, gettandosi fragorosamente nel Nera, forma la cascata delle Marmore, splendidi paesaggi montani ricchi di vegetazione e profonde gole. Questo scenario naturale offre la possibilità di praticare diversi sport nel segno dell’avventura: rafting, torrentismo, canoa, kajak, le pareti rocciose di Arrone e Ferentillo, paradiso per l’arrampicata sportiva. Una gastronomia eccellente basata su prodotti tipici di grande pregio come tartufo, pesce (trote e gamberi di fiume), prodotti della norcineria e ottimo olio dop. L’obiettivo prioritario del progetto è quello di ampliare, arricchire, riqualificare e valorizzare un’area caratterizzata da un alto valore ambientale e storico-
Lavori Pubblici king del Nera
Assessore ai Lavori Pubblici
Fotoservizio di Alberto Mirimao
culturale. In questa prospettiva, attraverso gli investimenti da effettuare e gli interventi da attuare, si intendono raggiungere alcuni obiettivi specifici: - favorire l’aumento dei flussi turistici in entrata; - favorire l’incremento del potenziale di crescita delle strutture ricettive del comprensorio territoriale interessato; - favorire l’aumento delle opportunità di sviluppo occupazionale; - creare i presupposti per lo sviluppo di un indotto economico importante in grado di offrire risultati concreti nel medio e lungo termine. Gli interventi proposti mirano a potenziare e migliorare la fruizione di un ambiente di inestimabile valore, senza intaccarne la bellezza e l’unicità. Verranno utilizzati materiali ecosostenibili. Le opere prevedono l’utilizzo di materiali naturali, ad alto fattore di riciclo, sistemi di ingegneria naturalistica e sistemazioni naturali a basso impatto ambientale. Verranno realizzati percorsi attrezzati (escursionismo, trekking, mountain bike) con la possibilità di fruizione di ampie aree di sosta, parcheggio, nonché area attrezzata di caravan e autocaravan. Segnaletica sui percorsi ed itinerari, realizzata ed installata in conformità agli standard nazionali ed internazionali con diciture bilingue. L’intero tracciato della rete escursionistica del Trekking del Nera si sviluppa per oltre 100 chilometri e coinvolge due Regioni (Umbria e Marche), le
Province di Terni, Perugia e Macerata, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, il Parco Regionale Fluviale del Nera e undici Comuni. Il progetto del sentiero lungo il fiume Nera costituisce il naturale allacciamento tra il Fiume Tevere e il Camminitalia nei pressi delle sorgenti del Fiume Nera nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini ed il sentiero escursionistico ripercorre in più punti Il Cammino di S. Francesco e S. Benedetto nel contesto della “via delle acque” e dei Gran Tour Europei. In tale contesto si possono cogliere le grandi opportunità di sviluppo derivanti dall’organizzazione di percorsi integrati che possano coniugare la fruizione delle ricchezze naturali e paesaggistiche delle aree rurali con l’artigianato, gli eventi culturali, i servizi per il turismo e la valorizzazione dei nuovi prodotti turistici territoriali. Terni, il suo territorio e la sua vocazione turistica “potrà e dovrà” rappresentare un nodo d’integrazione in una Regione altamente competitiva. L’obiettivo principe del Progetto è acquisire i vantaggi nello sviluppo di proposte per la valorizzazione e la riqualificazione delle aree produttive e dei settori di sviluppo (siti di pregio storico, turistico, paesaggistico ed ambientale) per mantenere viva la partecipazione di tutti gli attori al Piano di Sviluppo Strategico Silvano Ricci in modo continuativo ed interattivo.
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Inaugurazion
Civitavecchia - O Leopoldo Di Girolamo Sindaco di Terni
Il 10 dicembre 2013 è stato inaugurato il nuovo tratto lungo la Direttrice Civitavecchia-Orte-Terni-Rieti, compreso tra lo svincolo “Valnerina” e l’intersezione con la strada statale 79 (dal Km 3,272 al Km 7,968), compreso il ponte delle Marmore. Alla Cerimonia hanno partecipato il Sindaco del Comune di Terni, Leopoldo Di Girolamo; il Sindaco del Comune di Rieti, Simone Petrangeli; il Presidente dell’Anas, Pietro Ciucci; il Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini; il Sottosegretario di Stato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Rocco Girlanda; il Presidente della Provincia, Feliciano Polli; l’Assessore all’Ambiente, Territorio, Infrastrutture e Trasporti della Regione Umbria, Silvano Rometti; il Commissario Straordinario della Provincia di Rieti, Giancarlo Felici. Il nuovo tratto lungo 4,7 Km consente finalmente di collegare in modo diretto e veloce i due grandi centri urbani di Rieti e di Terni, abbattendo sensibilmente i tempi di percorrenza, dagli attuali 30-40 minuti, a poco più di 15 minuti. Da parte del sindaco di Terni, Leopoldo Di Girolamo, c’è la certezza che: Questa infrastruttura, oltre a rappresentare un elemento di grande rilevanza per il nostro territorio, si rivelerà decisiva anche per lo sviluppo di quelle strategie comuni che, con i Comuni di Rieti, Civitavecchia e Viterbo, stiamo mettendo in cantiere con il progetto Civiter (Civitavecchia-Viterbo-Terni-Rieti). La nuova infrastruttura stradale è caratterizzata da due opere principali: il ponte ad arco della lunghezza di 300m (battezzato con il nome “Ponte delle Marmore”) e la Galleria “Valnerina”. La Galleria è dotata dei più moderni impianti tecnologici di illuminazione, antincendio, sistema di videosorveglianza con telecamere
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n e D i re t t r i c e
Orte - Terni - Rieti intelligenti e controllo dei fumi. Il Ponte, opera di notevole risalto sia strutturale sia paesaggistico, permette l’attraversamento in rettilineo dell’intera valle per una estensione di circa 300m ad una quota massima di 71m sul piano di campagna della valle. L’opera troverà completamento mediante un nuovo ponte metallico di scavalco del fiume Velino e proseguirà in rilevato fino al confine Regionale. Dichiarata “strategica e di preminente interesse nazionale” ai sensi della Legge Obiettivo, la Direttrice è stata approvata dal CIPE ed interamente finanziata dall’ANAS per un importo di oltre 200 milioni di euro; i lavori hanno avuto inizio alla fine del 2006 e trovano oggi completamento ed apertura al traffico di una tratta estremamente significativa. Il Sindaco di Rieti, Simone Petrangeli, dichiara: Si avvicinano due comunità legate da sempre e abbiamo così una grande occasione per pensare ad uno sviluppo integrato di questi due territori che insieme contano 200 mila abitanti. Il collegamento veloce tra Rieti e Terni rappresenta una grande occasione per tutti. E ancora il Sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo: Sono passati 30 anni dai primi progetti e oggi finalmente si compie un passo avanti decisivo; sarà completato il Progetto Terni-Rieti che rafforzerà il rapporto di collaborazione storica tra le due comunità e valorizzerà le peculiarità e le vocazioni che ogni territorio possiede, mettendole a servizio del bene comune. Si vede realizzato un sogno e il suo concretizzarsi dimostra che il Paese quando vuole sa fare e sa fare bene. Elisabetta Cianchi
Fotoservizio di Alberto Mirimao
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Cons or zio di B on Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it
Un Ente
Automatizzati e collaudati gli impianti di controllo e gestione Il rischio idrogeologico è legato ad eventi: alluvioni, frane o valanghe, dannosi sia per l’ambiente che per l’uomo, conseguenti a fenomeni climatici di eccezionale portata ed intensità. In particolari situazioni ambientali ciò provoca dilavamento, trascinamento di roccia e fango con pericolose tracimazioni di corsi d’acqua. Sul territorio italiano sono state individuate le aree a rischio frana, valanga ed alluvione, componendo un quadro conoscitivo delle maggiori situazioni di squilibrio presenti nei bacini idrografici del Paese. Solo un’attenta difesa del suolo, attuata attraverso il riassetto del territorio, può prevenire rischi e pericoli. Occorre quindi considerare non solo i canali ed i corsi d’acqua, bensì l’intero territorio idrografico di pertinenza, puntando sulla manutenzione quale assoluta priorità, oltre ad una cura generale dell’ambiente. Tra le principali azioni di prevenzione, risulta fondamentale la conoscenza dei vari fattori di vulnerabilità del territorio e le diverse forme di pericolosità possibili. Anche sul territorio della Provincia di Terni, in particolare nell’area dell’Orvietano, il rischio idrogeologico è, tra i rischi naturali, il più ricorrente. Eventi climatici estremi concentrati in ridotti archi temporali, scarse opere di regimazione dei corsi d’acqua, l’abbandono delle aree montane, nonché l’espansione urbanistica in zone potenzialmente inondabili hanno contribuito nel tempo, a determinare un scenario di rischio idrogeologico di notevole rilevanza. Per questo è di particolare importanza l’opera di prevenzione svolta dai Consorzi di Bonifica in Italia. Il Consorzio di Bonifica Tevere Nera a completamento di un anno assai ricco di attività e di lavori per la prevenzione da rischio idrogeologico, ha recentemente collaudato l’impianto di telecontrollo e telegestione dei tre principali canali adduttori a scorrimento: Sersimone, Cervino e S. Rocco del Comune di Terni.
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i fi c a Te v e re N er a
all’opera
Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 9,00 alle 13,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00
dei canali Sersimone, Cervino e S.Rocco nel Comune di Terni Tale opera è fondamentale per la messa in sicurezza idraulica dell’intera rete dei canali di irrigazione a scorrimento (estesi per circa 200 km.), a difesa degli insediamenti urbani del Comune di Terni. Gli apparati elettronici ed elettromeccanici realizzati ed installati, attraverso un sistema di sensori di livello, consentono di eliminare i flussi di acqua ad uso irriguo in ingresso nei canali, permettendone lo svasamento automatico in tempo reale. Viene così aumentata la capacità di invaso dei collettori che, in occasione di precipitazioni abbondanti, ricevono le acque di prima pioggia drenate dalle strade e dagli insediamenti civili ed industriali. Ciò che faceva un tempo l’uomo, ora viene attuato da sistemi elettromeccanici, con tempi di intervento molto più rapidi ed efficaci! Recentemente il Consorzio ha eseguito lavori urgenti di ripulitura dalla vegetazione sul Torrente Tescino e sul Torrente Serra in località Borgo Bovio. Sottolineiamo poi la preziosa collaborazione del Consorzio con la Provincia di Terni, il Comune di Terni e la Protezione Civile in tema di impegno per la prevenzione da rischio idraulico. Il Consorzio non solo garantisce l’intervento del proprio personale in situazioni di criticità, ma ha contribuito ad istruire volontari, fornendo agli enti preposti una mappa dettagliata delle zone interessate da possibili inondazioni, interferenti con le reti terziarie dei canali irrigui esistenti.
Il Consorzio Tevere Nera è davvero un Ente all’opera!
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In memoria di N Hai mai ascoltato un po’ di blues? - Hai mai ascoltato un po’ di blues? - Sì! Lo suono anche al piano, sa? - Ah, davvero? E… Ti piace? - Da morire… - Ne sono felice. Ti va di ascoltare una storia? - Magari… Di cosa narra? - Di blues. - La prego, cominci! - Ti sei addirittura emozionata? - Beh, sa… Il mio sogno è andare a studiare blues in America e vivere di musica; avere la possibilità di imparare qualcosa in più - di qualsiasi cosa si tratti - è meraviglioso per me. - Bene allora: credo di aver trovato l’interlocutrice perfetta per una storia che è un po’ diversa dalle altre, e che forse è in grado di far riflettere. È come un rito, ormai, che nella mia famiglia si tramanda da secoli ma non è una leggenda, è tutto vero, purtroppo. - Purtroppo... Come mai? - Lo capirai da sola man mano che andrò avanti con il racconto. Mio nonno me la narrò così quand’ero bambino: Devi sapere che circa centocinquanta anni fa il padre di mio padre tornò a casa da un lungo viaggio nel continente americano; in quel luogo lontano imparò a coltivare il cotone e la canna da zucchero. I “maestri” che glielo insegnarono, però, erano molto severi, a tal punto che qualche volta accadeva che lo punissero e, siccome era triste, imparò da solo a fare un’altra cosa ancora più bella: cantare. I compiti che assegnavano al nonno erano tanti e, a volte, anche molto difficili da svolgere, e allora la voce e la musica diventavano l’unico strumento per distrarsi e non pensare. Fino all’età di nove o dieci anni credetti a ciò che mi avevano raccontato, ma crescendo volli sapere sempre di più; forse era la curiosità per l’America, bramavo tanto scoprire qualcosa di quel continente che sembrava così diverso da quello a cui appartenevo, così affascinante, così libero… - Mi è sembrato di sentire una sfumatura di amarezza nella parola libero, mi sbaglio? - No, no, non ti sbagli affatto. Più crescevo, più pregavo i miei genitori, i miei nonni di farmi davvero comprendere ciò che il mio antenato aveva patito -perché è questo il termine corretto- più, facendo luce sull’accaduto, da un atteggiamento di dubbio e perplessità scivolavo verso il disprezzo, fino a rimanere schifato. Quel mio lontano nonno era stato letteralmente strappato dalla propria casa, dalla propria famiglia e deportato in America a bordo di una nave portoghese o spagnola insieme a centinaia di compatrioti. Che destino li avrebbe attesi? La morte, in breve tempo, per coloro che non fossero sopravvissuti alle condizioni pietose delle imbarcazioni; anni di schiavitù, fame e malattie per chi invece sbarcò sulle coste del nuovo continente in catene, debole, malato. I negri, così ci chiamavano -e lo fanno tutt’ora- avrebbero prestato servizio ai bianchi come schiavi, lavorando in piantagioni di tabacco, cotone e caffè. A volte non era loro offerto neppure cibo o acqua, vivevano in condizioni disumane ed era altissima la frequenza di infezioni, spesso mortali. Fu proprio sotto il sole cocente dell’America che nacque il blues: ballare, cantare le sofferenze della propria vita ma anche abbandonarsi fiduciosi alla protezione di un Essere superiore, che a tutti gli uomini accordava lo stesso valore, contro l’ottusa convinzione dell’esistenza di
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razze migliori rispetto ad altre, permetteva loro di volgere la mente altrove. - Ci sarà pur stato qualcuno che, in un secolo e mezzo, abbia deciso di porre fine ad un simile massacro! Ricordo le lezioni di storia sull’argomento e sono inorridita adesso come lo fui allora. - Già all’inizio del diciannovesimo secolo l’Inghilterra si era impegnata a contrastare la rinata volontà della Francia napoleonica di ricominciare a percorrere quel triangolo Europa-Africa, AfricaAmerica, America-Europa, ma solo alla fine dello stesso secolo la schiavitù divenne effettivamente illegale. - Ed ora? Devo essere sincera, un brivido mi è corso lungo la schiena quando ho appreso la notizia della morte di Nelson Mandela. - Quanto avrei voluto avere la fortuna di scambiare anche solo qualche parola con quell’uomo, quel grande uomo... - Ha significato molto il suo operato, non è vero? - Molto sarebbe riduttivo. Nel 1993 la parola Apartheid ci faceva ancora tremare tutti; per quasi cinquanta anni il bianco e il nero non furono agli antipodi solo nella mente dei pittori, ormai la distanza tra quei due colori si era tradotta in una profonda frattura all'interno della comunità civile: separazione sul posto di lavoro, istituzione di ghetti, distinzione a livello di locali pubblici e di aree urbane; eravamo perfino costretti a camminare su un diverso marciapiede! Neanche l’amore era sfuggito a quel sistema di segregazione razziale che ci ha considerati bestie per mezzo secolo: innamorarsi di qualcuno con un colore di pelle diverso dal proprio era diventato un reato perseguibile penalmente! E poi la svolta. L’immenso coraggio e forza d’animo di Mandela, il suo dimostrare di vivere per un popolo nei confronti del quale si sentiva in dovere di intervenire mirando ad un unico scopo -dare al nero la stessa dignità del biancoscossero a tal punto la roccaforte del governo che aveva approvato le nuove leggi in favore dell’Apartheid da causarne il crollo alle elezioni del 1994. Mandela era stato eletto Presidente del Sud-Africa, e con lui tutti noi. Finalmente ci sentimmo uomini, uomini con il diritto di decidere della propria vita, con il diritto e la possibilità di viverla come qualsiasi altro cittadino di razza bianca. - È così bello vedere quelle lacrime di gioia scendere sul suo viso… - Beh, ecco… Ci sarebbe un altro fatto che meriterebbe di essere ricordato; in fondo, dopo la fine del regime di segregazione è stato il più grande passo avanti in merito alla questione del razzismo, perché è di razzismo che si è parlato fino ad ora. - Si riferisce all’elezione di Barack Obama come Presidente degli Stati Uniti? - Esattamente. Quel ragazzo hawaiano di umili origini è stato forse colui che ha sentito più stretto l’abbraccio nel quale Nelson Mandela ci ha accolti, un Mandela che, dal canto suo, non ha mai smesso di rassicurarlo con il suo costante supporto, sotto tutti i punti di vista. Obama è il Presidente della più grande potenza mondiale, ed è stato scelto per gli obiettivi che si era prefisso di raggiungere, guardando oltre il color cioccolato della sua pelle. Ciò di cui sono fermamente convinto è che Obama mai dimenticherà chi lo ha ispirato nel tentativo di rendere l’America un Paese migliore, più aperto, il Paese che da bambino chiamavo libero e a cui tanto guardavo con occhi pieni di speranza, un Paese che ora è libero davvero. Perché questo è il blues: cantare la sofferenza che si prova, ma anche la speranza in un futuro migliore. Blues è far arrivare la propria voce al cielo per ogni piccola Martina Salvati II C gioia. Blues è sentirsi uomo.
Nelson Mandela Il p e r i c o l o d e l d o ma n i 5 dicembre 2013, viene a mancare Nelson Mandela, primo Presidente sudafricano dopo l’Apartheid. Il Sudafrica piange la sua scomparsa intonando l’inno nazionale. Il mondo intero partecipa al lutto: non si tratta solo della perdita di un ex-capo di Stato ma di un uomo simbolo della lotta per la libertà contro la segregazione razziale e l’ingiustizia. A pochi giorni dalla sua scomparsa, sono tutti apparentemente uniti nel compiangere il vecchio Madiba: sia il leone che la gazzella, nel continente africano, si rattristano per la sua morte, dimentichi della loro diversità. Domani sarà ancora così? Risulta difficile crederlo, in un’Africa memore e testimone di innumerevoli atti di violenza, scontri e soprusi. Ma il razzismo non è estraneo neanche al resto del mondo: anzi, è costantemente in mezzo a noi e ci priva della nostra umanità come un’edera che rimane attaccata al tronco di un albero, privandolo della sua linfa vitale. Oggi può apparire attenuato rispetto al passato, ma in realtà sfugge all’apparenza, fa meno scandalo. L’intolleranza nei confronti del
diverso è ancora pane quotidiano e sta al passo col progresso tanto che il Cyber-razzismo esplode in Rete, soprattutto fra i giovani. All’interno delle nuove generazioni, che sembrano essere ispirate da buoni propositi e ideologie pacifiste, si nasconde infatti il persistente pericolo del pregiudizio razziale, che non comprende più soltanto il colore della pelle ma anche comportamenti, abitudini, categorie di pensiero lontane da quelle più consuete e convenzionali. I nuovi mezzi di comunicazione non fanno altro che velocizzare e amplificare il suono di questa stridente melodia. Ora il rischio è che il tempo cancelli l’esempio e l’insegnamento che Madiba ci ha lasciato in eredità e che la gazzella e il leone, dopo avergli rivolto l’estremo saluto, riprendano le armi. E noi? Siamo impotenti di fronte a questo? Anche noi dovremmo usare delle armi per combattere ma, come disse Rita Levi Montalcini, le uniche vincenti sono quelle della sapienza. Mandela ci ha fatto capire che essere sapienti significa soprattutto saper perdonare e tollerare: scolpiamolo nella nostra memoria. Camilla Bernardinangeli e Valentina Sernicola II D
L’ uomo che a r m ò l a p a c e I media italiani, forse perché sospinti dal clima politico generale, in merito alla morte di Nelson Mandela hanno commesso un grave errore: quello di includere il presidente sudafricano nelle schiere dei cosiddetti moderati, seguendo il cliché che descrive il pacifismo come una sorta di resistenza passiva e quindi dimenticando la sua scelta di rispondere con la lotta armata ai soprusi inflitti al popolo sudafricano. Come egli infatti affermava: è sempre meglio risolvere i conflitti col cervello che col sangue ma a volte non c’è scelta. La svolta che lo spinse ad abbandonare la strategia del dialogo e della diplomazia -iniziata nel 1948 con l’istituzione di un ufficio legale per l’assistenza gratuita delle persone prive di qualsiasi tutela giuridica- ci fu nella primavera del 1960, dopo la carneficina di africani avvenuta a Sharpeville. Da quel cruento 21 marzo, Mandela, dopo aver appreso l’arte del guerrigliero e con essa l’uso di esplosivi ed il funzionamento di mitra e pistole, divenne il comandante dell’ala armata Umkhonto we Sizwe dell’ANC (Lancia della nazione, o MK), che contribuì a fondare. Coordinò la campagna di sabotaggio contro l’esercito e gli obiettivi del governo, ed elaborò piani per una possibile guerriglia per porre fine all’apartheid. Raccolse fondi all’estero per l’MK e dispose campi militari con l’appoggio di alcune frazioni della sinistra internazionale, appoggio
che gli costò caro, in quanto nel 1964 venne arrestato e dovette abbandonare il suo progetto di costruzione di una società libera e democratica. Fin qui la storia di un patriota molto amato dal suo popolo. Ma la sua vera grandezza si manifestò quando, in seguito alla sua scarcerazione avvenuta nel 1990, di fronte alla possibilità di attuare il progetto iniziale di lotta armata e cercare vendetta, preferì una strategia politica volta alla riconciliazione e alla pace, per costruire una Nazione dove venisse garantita libertà a tutti, neri o bianchi che fossero, e la sicurezza a ogni minoranza presente sul territorio. È a questo punto che Mandela divenne l’artefice del superamento definitivo del regime di Apartheid e della riconciliazione tra le diverse componenti della società sudafricana. Ricordando Mandela dunque non possiamo non comprendere quanto il vero pacifismo consista nell’essere pronti a sacrificare anima e sangue per costruire una società più libera e giusta, in un processo che non si compie mai del tutto: Da parte mia ho fatto una scelta: non lascerò il Sudafrica e non mi arrenderò. Solo attraverso la sofferenza, il sacrificio e l’azione militante potremo conquistare la libertà. La lotta è la mia vita. Continuerò a combattere per la libertà fino alla morte. Valeria Croce e Lucia Marinelli II D
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A Z I EN DA O S P EDA LI ERA Risultati 2013
Dott. Andrea Casciari Direttore generale A z ie n d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni
Nonostante una partenza difficile e complessa, oggi possiamo annunciare con soddisfazione di aver raggiunto l’equilibrio di gestione per l’anno 2013, con un tendenziale pareggio di bilancio che ci riporta ai parametri del Sistema Sanitario Regionale. Questo risultato è stato possibile grazie ad una serie di azioni finalizzate all’appropriatezza e alla razionalizzazione delle risorse. Il tutto garantendo una qualità delle prestazioni che, continuando ad accrescere l’attrazione dei servizi, ha permesso di aumentare i volumi delle attività extra regionali e delle attività di alta specialità in ambito regionale. Questo è il quadro generale delineato dal direttore generale del S. Maria di Terni, Andrea Casciari, nel corso della conferenza stampa indetta per presentare alla stampa e agli operatori sanitari i risultati aziendali del 2013 e gli obiettivi prefissati il 2014. Per il prossimo anno -ha aggiunto il manager Casciari- gli obiettivi si rivolgono al consolidamento dei risultati gestionali del 2013 e a un nuovo modello organizzativo. Lavoreremo principalmente sulla qualità delle procedure (linee guida, regolamenti) e dei servizi, tra cui parto analgesia e servizio radiologico h24. E siamo pronti per affrontare la sfida della riqualificazione strutturale e tecnologica dell’ospedale. Stiamo solo aspettando che vengano liberate le risorse per iniziare i lavori. Nel dettaglio, l’andamento gestionale del 2013 ha dimostrato un miglioramento dell’efficienza aziendale attraverso l’incremento dei volumi di attività di ricovero di 9,5 milioni di euro rispetto al 2012, riferiti in particolare all’attività di alta specialità regionale (+1,9 mln), all’attività extraregionale (+3,4 mln) e all’attività di medio-bassa specialità regionale (+4,2 mln). La revisione contratti in base alla spending review e il monitoraggio costante dei costi hanno portato ad una riduzione contabile dei costi di quasi 2 milioni di euro, assorbendo sia il tasso di inflazione (1,3%) sia l’aumento del costo dei beni sanitari (1,1 mln) dove, tuttavia, si rileva un miglioramento dell’efficienza del loro utilizzo. Tra l’altro, l’azione di risanamento di bilancio e un miglioramento dei flussi finanziari in ambito regionale hanno determinato una riduzione rilevante dei tempi di pagamento, con previsione di allineamento ai termini di legge. Per quanto riguarda le performance aziendali si rilevano importanti segni di miglioramento con un aumento della complessità della casistica e dei ricoveri ordinari (diminuiscono i ricoveri diurni o day hospital) e comincia a scendere l’indice di inappropriatezza della degenza.
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Le azioni e gli interventi del 2013 hanno riguardato il protocollo generale di intesa fra Regione Umbria e Università degli Studi di Perugia, la Centrale Operativa 118 e il riordino complessivo del sistema della emergenza-urgenza, l’assistenza odontoiatrica, la continuità assistenziale ospedale-territorio, la riabilitazione, l’endocrinologia e la farmaceutica sul fronte della integrazione; mentre in termini di efficienza gli interventi hanno comportato la creazione della rete informatica aziendale, la riunificazione del dipartimento TestaCollo, le apparecchiature e attrezzature per la T.I.N., l’apparecchiatura per l’esecuzione della PET, anatomia patologica, la riorganizzazione dell’area delle chirurgie generali, il laboratorio Analisi, l’adeguamento organico delle strutture complesse di Anatomia Patologica e Anestesia e Rianimazione, il mantenimento dell’attività chirurgica e assistenziale a completo regime anche nel periodo estivo e l’incremento delle sedute operatorie programmate, l’adeguamento dei posti letto nelle strutture complesse di Neurochirurgia e di Rianimazione, la specialistica ambulatoriale, l’acquisizione di attrezzature varie in autofinanziamento per circa 1,5 mln. di euro e l’acquisizione di 150 postazioni di lavoro per il rinnovo della dotazione informatica. In termini di equità, appropriatezza clinica e organizzativa, il 2013 ha portato la revisione del regolamento dell’attività libero professionale (ALP), la procedura di gestione dei ricoveri urgenti e posti letto soprannumerari, il progetto Eliminazione/riduzione posti letto soprannumerari, la responsabilità organizzativa del Centro Salute Donna, la continuità assistenziale in area medica e chirurgica estesa anche ai giorni festivi e il riconoscimento dei primi due “Bollini rosa” nell’ambito dell’attenzione
S A N TA M A R I A D I T E R N I Obiettivi 2014 della nostra sanità, indipendenti dal patto nazionale per la salute. Emilio Duca ha espresso apprezzamento per l’equilibrio di gestione raggiunto dall’azienda ospedaliera, in linea con l’equilibrio regionale della sanità. In particolare, ha apprezzato il lavoro portato avanti dall’azienda ospedaliera con la Usl Umbria 2 per creare una reale integrazione tra ospedale e territorio ed ha ribadito la necessità di ridurre i ricoveri medico-diagnostico in regime di day hospital, secondo il trend che già si rileva all’ospedale di Terni. Ha infine annunciato che entro la fine di gennaio potrebbero esserci delle novità positive in merito allo sblocco del finanziamento da parte del Ministero dell’economia: quasi 17 milioni di euro con cui si potranno realizzare gli attesi interventi strutturali di riqualificazione dell’ospedale. La sanità regionale -ha detto il Sindaco Leopoldo Di Girolamo- anche quest’anno, nonostante le difficoltà economiche e la riduzione delle risorse, si è confermata come un modello. Il primo cittadino di Terni ha anche enfatizzato il fatto che l’ospedale, da sempre elemento di orgoglio per la città, ha una collocazione strategica che guarda ad un bacino di utenza che comprende anche l’alto Lazio ed ha risorse umane di altissimo livello che hanno consentito di garantire qualità dell’assistenza a costi contenuti. Se per qualche anno la parola magica in sanità è stata appropriatezza -ha aggiunto Di Girolamo- ora è arrivato il momento di tradurre in pieno anche il concetto di integrazione, tra ospedale, territorio e università. Non possiamo che accompagnare le politiche regionali in tema di riforma e misure di riordino della sanità. Giuseppe Schillaci, in rappresentanza dell’Università degli Studi di Perugia, ha ricordato quanto a Terni l’integrazione tra il sistema universitario e il sistema sanitario sia una realtà radicata nel tempo e, a nome del Magnifico Rettore, ha confermato gli impegni dell’università per il Polo scientifico di Terni e in particolare per i dipartimenti di medicina.
posta alla salute della donna. Per quanto concerne gli interventi strutturali nel 2013 è stato possibile realizzare il piano di gestione delle emergenze e interventi per la sicurezza antincendio, la ristrutturazione della Neurologia e Neurofisiologia (ancora in corso), la sala operatoria per interventi di chirurgia vascolare, il parcheggio e la ristrutturazione della mensa. Tra gli obiettivi del 2014, oltre alla stabilizzazione dei risultati gestionali dell’anno 2013 (con particolare riferimento ai volumi di attività, ai costi dei beni sanitari, alla complessità della casistica, all’appropriatezza della degenza) rientrano l’attivazione del parto analgesia, dell’attività h24 della Radiologia, della lungodegenza e altre azioni finalizzate al miglioramento della qualità assistenziale. Ma altri interventi sono previsti nel 2014. Tra di essi la riorganizzazione delle professioni sanitarie, la copertura delle direzioni di alcune strutture complesse (Anestesia, P.S., Medicina d’Urgenza), la riunificazione delle strutture complesse di area pediatrica, il potenziamento delle attività dei servizi DEA, l’informatizzazione del percorso chirurgico, la sistemazione logistica e strutturale della Nefrologia e Dialisi e gli investimenti finalizzati alla riqualificazione strutturale e tecnologica del servizio sanitario. Hanno partecipato alla conferenza stampa, insieme al Direttore generale dell’Azienda Ospedaliera S. Maria di Terni Andrea Casciari, la Presidente della Regione Umbria Catiuscia Marini, il Sindaco del Comune di Terni Leopoldo Di Girolamo, il Direttore regionale alla sanità Emilio Duca e Giuseppe Schillaci in rappresentanza dell’Università degli Studi di Perugia. Tutti hanno sottolineato l’importanza dell’integrazione tra ospedale e università, una delle tre grandi sfide
A nome della giunta regionale -ha concluso la Presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini- posso dire che l’azienda ospedaliera di Terni è ormai una risorsa e può esercitare una funzione positiva e importante per l’Umbria e per il sistema sanitario nazionale. Condividiamo il percorso avviato quest’anno e quello tracciato per il 2014 dal Direttore Casciari. La governatrice dell’Umbria ha inoltre sottolineato come l’integrazione tra ospedale e università sia entrata nella fase operativa; ha rimarcato l’impegno economico per gli investimenti in tema di riqualificazione strutturale e tecnologica prevista dall’art. 20 e ha lodato l’adeguamento del sistema informatico quale presupposto per la qualità assistenziale, la sicurezza e l’ottimizzazione della spesa sanitaria, senza dimenticare di segnalare la qualità dei professionisti che operano nella struttura ternana e che spiegano anche il costante aumento della mobilità attiva extraregionale (e addirittura internazionale o transfrontaliera). Il “Santa Maria”, dunque, guarda al nuovo anno con positività, in attesa che il Ministero sblocchi le risorse per procedere con gli interventi di riqualificazione strutturale dell’ospedale.
Fotoservizio di Alberto Mirimao
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La Ri(@)voluzione della TV Con questo articolo, intendo condividere con coloro interessati al mondo della comunicazione, le esperienze che ho fatto nel corso della mia carriera professionale ed in particolare quando insieme ad un gruppo di giovani appassionati e sognatori abbiamo realizzato una Communication Factory che per dodici anni ha portato avanti politiche di ricerca e di innovazione nel campo della comunicazione a tutto tondo, e nello specifico nell’ambito della comunicazione aziendale. Nel 2002 circa, all’affacciarsi del satellite come strumento di connettività per le aziende, abbiamo cominciato a mescolare alcuni elementi che facevano parte del nostro percorso professionale: competenze di tecnologia e linguaggi video, studi della comunicazione sul punto vendita e l’indomita volontà di creare nuove formule di comunicazione. Risultato: la definizione e la strutturazione di un modello/concept di comunicazione televisiva innovativo, applicabile a contesti nei quali, fino ad oggi, si riteneva inattuabile la comunicazione attraverso il media televisivo. Nella nostra sede operativa si articolavano i seguenti servizi: Teatri di posa /Un teatro Blueback /Laboratorio scenografico /postazioni di post-produzione video /Una sala audio /Una sala Doppiaggio /Una postazione di animazione 3D: Softimage, Maya /Laboratorio tecnico /Sperimentazione nuove tecnologie /Sviluppo dei software /Reparto creativo /Tre gruppi creativi /Sceneggiatori /Gruppi di ricerca nuovi format e nuovi linguaggi per il media da noi strutturato /Centro servizi per il controllo e la messa in onda dei palinsesti. Questo ampio patrimonio di competenze e di strumenti ci permetteva di gestire l’ideazione, la realizzazione e la gestione di questo nuovo sistema televisivo completamente al nostro interno garantendo al cliente: un controllo costante e prezioso di ogni momento di sviluppo, con il vantaggio qualitativo che da ciò ne derivava. La Ri(@)voluzione della TV Se alcuni anni fa qualcuno avesse detto: Voglio un telefono personale, colorato secondo i miei gusti, con una suoneria unica, creata appositamente per me… gli altri avrebbero pensato: è un pazzo, è un sognatore, è un megalomane. Oggi quel qualcuno è solo uno tra i vari milioni di coloro che possiedono un cellulare esattamente con quelle caratteristiche. Se fino a poco tempo fa qualcuno avesse detto: Voglio una rete televisiva personale da istallare nel mio circuito di comunicazione. Una tv unica, costruita sulle mie necessità, con una programmazione dedicata, funzionale ai miei obiettivi, una tv che porta il mio nome… gli altri avrebbero pensato: è un pazzo, è un sognatore, è un megalomane. Oggi quel qualcuno può avere la sua tv. La “Digital Signage”, un nuovo concetto di TV Una tv su misura, personalizzata, che si costruisce sulle esigenze e sulla fisionomia del network che la commissiona. L’evoluzione della tecnologia e della cultura delle comunicazioni rende possibile oggi quello che fino a qualche tempo fa sembrava impensabile. La specificità dei mezzi e dei linguaggi Ci sono le automobili, i treni e le navi. Poi ci sono le strade, le rotaie e le rotte marittime. La forma e le caratteristiche dei primi (la loro specificità, in una parola) è determinata dalla forma e dalle caratteristiche dei secondi (dalla loro specificità). Questo esempio per comprendere meglio un principio fondante della comunicazione, ovvero la specificità dei linguaggi. Nuovi media Quando si parla della nascita di un nuovo media, lo si fa in modo improprio, in quanto, spesso, si tratta solamente della nascita di una nuova strada o di una nuova rotaia o di una nuova rotta, per tornare al nostro paragone, con relativa nuova automobile, treno o nave. Ecco dunque che viene definita impropriamente come nascita di un nuovo media l’arrivo sulla scena di una nuova rete televisiva o di una nuova emittente radiofonica che, seppure nuova nei contenuti, nell’aspetto, nella proposta, non esce dalle forme di un meccanismo comunicativo già da tempo codificato. La nascita della tv di prossimità è un nuovo mezzo con caratteristiche diverse, con modalità di fruizione non ancora contemplate che ridefiniscono un linguaggio, qualcosa che non è più né un’automobile, né un treno, né una nave, generando un’evoluzione comunicativa con tutte le conseguenze che questa determina. Una nuova specificità Possiamo allora dire che la tv di prossimità è un nuovo media poiché presenta una nuova specificità rispetto a quelle conosciute finora. Potremmo inquadrarla a metà tra le forme della comunicazione cartacea, l’affissione, la stampa, della comunicazione video, tv-cinema, e di quella web, internet-cellulari. Una specificità basata inoltre su limiti di tempo: i tempi medi di fruizione per uno spettatore si aggirano intorno ai sei minuti. Sui limiti di audio: il quale sarà spesso in secondo piano rispetto alle immagini. Una produzione dedicata Da quanto detto è facile comprendere che i prodotti/programmi che andranno a costituire il palinsesto della tv di prossimità dovranno essere realizzati ad hoc, nel rispetto della specificità del media per poterne realizzare la massima efficacia comunicativa. È opportuno sottolineare la grande differenza tra questa filosofia di tv di prossimità e altri circuiti similari che ripropongono programmi creati per altri media, il che equivale a dire, tornando al nostro paragone, che si mette un treno su un’autostrada o un’automobile in mezzo al mare: le conseguenze sono facilmente deducibili. La difficoltà, l’entusiasmante opportunità, ma soprattutto l’inderogabile necessità è quella di creare forme di linguaggio adatte a questo nuovo media, strutturare prodotti nuovi, giusti per questa nuova comunicazione e adattare prodotti già esistenti, quando questo è possibile, per renderli compatibili con un media innovativo.
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Identità Tutto questo si traduce concretamente in una tv caratterizzata da: - un forte coinvolgimento dello spettatore, una tv fatta dalla gente, - nuovi linguaggi visivi e nuove forme espressive, - una spiccata contestualizzazione. Il mondo del degli uffici postali è un microcosmo, una comunità di clienti (più o meno) costanti che, attraverso questa TV, potrà: autorappresentarsi, sfruttando, in modo sicuramente più dignitoso e corretto di altra e nota programmazione televisiva, quel forte sentimento narcisistico che ormai permea l’intera società, autoreferenziarsi, rendendo più facili e interessanti rapporti di conoscenza, scambio di informazioni, proposte di consigli e desideri inerenti quel mondo che ora la vede protagonista. Tutto questo generando un meccanismo di autofidelizzazione che creerà legami sempre più forti e interattivi col contesto del punto vendita. Come funziona In sintesi è una TV_Intranet che sfrutta le caratteristiche classiche dei sistemi LAN; viene inviato, tramite il “currier” più adeguato, il pacchetto di dati del palinsesto presso ognuno dei punti di visione. La mattina, quando il sistema si attiva, provvede a mandare in onda quanto previsto. Prof.
Francesco Colangelo
Università di Tor Vergata. Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali. Corso di laurea in Scienze dei Media e della Comunicazione
Fisioterapia e Riabilitazione
NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11
La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico
Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di
Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.
Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa
Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.
Terni Zona Fiori, 1 Tel. 0744 421523 401882
- Riabilitazione in acqua - Rieducazione ortopedica - Riabilitazione neurologica - Rieducazione Posturale Globale - Onde d’urto focalizzate ecoguidate - Pompa diamagnetica - Tecarterapia
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A caccia coi Capi O gni riferim ento a pe rsone e a fatti re alme nte ac c aduti è p u r a m e n te c a s u a le Dovete sapere che la posta alla beccaccia è giustamente vietata e vi spiego perché. La beccaccia è innanzi tutto la regina del bosco ed è la preda più ambita di un vero cacciatore. All’imbrunire esce al volo dalla boscaglia e va nei terreni vicini ai fiumi o ai torrenti dove, col suo lungo becco, può scavare nella terra molle e catturare vermi e simili dei quali è ghiottissima. Prima dell’alba, quando c’è ancora qualche stella nel cielo, rientra a volo radente nella macchia, ove un po’ dorme e un po’ razzola nel tappeto di foglie, sempre alla ricerca dei suoi succulenti manicaretti. Il problema grosso per la beccaccia è che passa sempre, nel suo andirivieni giornaliero, più o meno nello stesso punto e il cacciatore che lo sa, l’aspetta e la uccide. Se dopo qualche giorno o anche l’anno dopo viene in quel bosco un’altra beccaccia, essa volerà sempre in quel centinaio di metri, dove fu uccisa la precedente … e così via. Ecco perché la posta è vietata: se c’è una beccaccia nella zona non ha scampo, a meno che il cacciatore non la fallisca. La regina del bosco merita invece più rispetto: deve essere cacciata con il cane, così ha più possibilità di salvare le penne. E chi non ha mai visto il fremito del cane, che punta l’agognata preda e la scarica di adrenalina che provoca il frullo verticale della beccaccia in una ceppaia di carpini, non può capire lo spirito del vero cacciatore.
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Rompietti caricò il fucile. Sippa era sparita come il solito, mentre Kriss tremava dal freddo accovacciato ai piedi del suo padrone. All’improvviso, tra lusco e brusco, vide qualcosa sgattaiolare fuori dal bosco: una lepre che s’inerpicava su una ripa. Pam… una fiammata e non vide più niente. “Dott. Rompietti a cosa ha sparato? Alla beccaccia? L’ha presa?… Aspetti che la facciamo annusare a Kriss…” e si avvicinava a grandi passi, seguito come un’ombra dal cane.”. “Ho sparato a una lepre” disse il Rompietti “ ma non so se l’ho presa… non ci si vede bene ancora…”. In quel momento uscì dal bosco Sippa col naso a terra sulle tracce olfattive della lepre e piombò sulla preda afferrandola con le potenti mascelle. La lepre era agonizzante e il dott. Netti si sgolava per far avanzare il suo Kriss, in modo che potesse annusarla e prenderla pure lui. Dopo le molte grida del padrone, il cane finalmente abbandonò la posizione di retroguardia e tentò di avvicinarsi alla lepre, subito stoppato da Sippa che con una ringhiata come si deve chiarì, in dialetto canino, che la lepre l’aveva trovata lei e non intendeva dividerla con nessuno. Il Kriss allora si allontanò di qualche metro, adocchiò un bel ciuffo d’erba, alzò la zampa e ci scaricò sopra la sua pipì, come per dire… chi se ne frega… Dopo i complimenti di rito (… bella lepre, guarda che zampe lunghe …), riposta la preda in macchina, iniziarono la battuta di caccia visto che ormai era giorno fatto e il momento delle beccacce era passato senza… beccacce. Avanzavano distanti tra loro di una trentina di metri e il Grande Capo aveva scelto di stare sotto un costone, in modo da avere più probabilità di sparare al fagiano che, notoriamente, vola verso il basso, mentre il Rompietti era costretto ad arrancare in mezzo a una sterpaglia abbastanza fitta sopra il costone medesimo. A un tratto scorse Sippa, che aveva perso di vista da un po’, in una plastica posizione di punta trasversale: ritta e tesa dalla coda al naso, la zampa destra alzata, pronta allo scatto, con un occhio guardava verso lui e con l’altro fissava un punto a terra qualche metro davanti a sé. Si beò per un lunghissimo attimo dello spettacolo poi dette l’ordine… il cane scattò in avanti e un fagiano maschio si alzò in volo scoccodellando… Pam… Pam … Due colpi: col primo non lo aveva preso bene, perché era troppo vicino e la rosa dei pallini non aveva avuto la possibilità di allargarsi, aveva fatto palla, come si dice in gergo. Il fagiano cadde sul costone in mezzo a un campo di erbacce alte fino alla cintola, fuori dalla vista di Sippa, che continuava a cercare nel bosco, ma non fuori dalla vista acuta del Capo e del suo cane. “Kriss, vai… prendilo… su… suuu…” e con una mano prendeva i sassi e li tirava verso l’alto, in mezzo alle ginestre, nella zona dove era caduto il volatile. Il cane si era staccato dalle calcagna del padrone e col naso all’aria e le zampe bagnate dall’erba gelata, dimostrava sì di sentire l’odore della selvaggina, ma anche di non avere alcuna voglia di arrampicarsi per andare a prenderla. E il padrone che lo accarezzava e gli indicava il punto: “… vai… vai… vai… su… su… su… dott. Rompietti lo stimoli pure lei, perdiana!… lo chiami… lo faccia venire su…” e intanto tirava i sassolini. Dopo aver provato inutilmente anche lui più volte -Kriss si era addirittura seduto e tremava dal freddo- si rivolse al Grande Capo dicendo: “Dott. Netti, invece dei sassi provi con un pezzo di crostata…”. Appena uscita la battuta dalla bocca si rese conto di averla detta grossa, ma non fece in tempo a pensarci perché Sippa, nel suo girovagare libero, ne aveva alzato un altro che stava volando proprio nella direzione dell’incavolato superiore. Rompietti avrebbe potuto sparargli ma si trattenne: “Dott. Netti… sopra… sopra…” gli gridò lieto dell’evento inatteso, che poteva distogliere, almeno temporaneamente, l’attenzione del Capo dalle sue battute fuori luogo. A dire la verità sperava che, una volta incarnierato quel facile fagiano, sarebbe stato più disponibile a ridere delle battute cretine di un giovane dipendente sconsiderato... Pam… Pam… Pam, tre colpi e il fagiano cadde lontano un centinaio di metri, in mezzo a un campo con l’erba non molto alta mentre alcune penne, strappate dai pallini di piombo, volteggiavano lentamente a metà strada. Il giovane raccolse contento il suo fagiano, mentre il Grande Capo correva verso il punto di caduta, cercando di ricaricare il fucile, seguito a ruota dal cane e gridando: “Ha visto che tiri, dott. Rompietti… è caduto come un sasso… guardi le penne…” -ansimava godendo a vederle scendere come fiocchi di neve- “… l’ho preso al primo colpo… però lo avevo scarseggiato… per questo ho sparato di nuovo… per essere certo… Kriss… lo abbiamo preso… attento… è caduto da queste parti… vittorio.grechi@gmail.com Trovalo… su su su… vai vai vai…”. continua
La stanchezza Sempre più persone riferiscono di essere stanche! Sembra quasi un’epidemia. In realtà la stanchezza è una condizione che potremmo definire come una mancanza di forza e quindi di energia, di vitalità. I medici la chiamano astenia! Uno stato di mancanza di vitalità che si esprime attraverso l'incapacità di fare, ma anche di pensare; eppure non è stato fatto niente per essere stanchi, non abbiamo spaccato legna per tutto il giorno né siamo stati per campi dalla mattina all'alba! Siamo stanchi perché le contrarietà quotidiane ci assorbono più energie di quanto disponiamo sul piano mentale e sul piano emozionale. Siamo stanchi perché presi dalle mille cose da fare, non abbiamo il tempo per fare quello che ci siamo prefissati di fare... fare... forse mettiamo troppa carne al fuoco! Ebbene questa situazione sintomatologia ha molteplici cause ed è chiaro che per conoscere il motivo profondo, la vera causa, è necessaria una diagnosi medica precisa che escluda cause organiche e, soprattutto, è opportuno non prendere la prima cosa che ci capita e che magari maschera situazioni ben più importanti. Ora, perché si realizzi la condizione di buon funzionamento del corpo, è necessario che tutto il sistema uomo funzioni bene e perché ciò accada è necessario che ci sia un buon adattamento al ritmo quotidiano. Non è così per la maggior parte degli esseri viventi, i quali hanno difficoltà ad adattarsi, mancano di adattabilità, il sistema è lento o incapace di dare risposte adattative ed ecco allora che spuntano le piante adattogene, quelle piante che ci danno l'energia per adattarci a ciò che cambia e che possono ridurre anche lo stress. Già, lo stress, ancora lui, il primo responsabile della nostra astenia, responsabile anche di tutto ciò che rappresenta la nostra capacità di difesa immunitaria, la capacità di non ammalare. Pertanto l'astenia si lega profondamente alla immunodeficienza, alle scadenti condizioni dei meccanismi preposti alla difesa del corpo. E allora come difendersi?! Usando piante adattogene, piante in grado di renderci più forti contro lo stress e la malattia in generale, piante quali l'astragalo, la rodiola, la schisandra, il ginseng, l'eleuterococco, il ginostemma e altre fra cui la griffonia a valenza antidepressiva. Tipica in ogni caso è l'astenia mattutina e dopo pranzo. In questo caso è il nostro fegato ad essere chiamato in causa e quindi bisognerà trovare piante adatte a lui e al suo buon funzionamento. E la dieta? Sì, anche i cibi sbagliati possono contribuire alla stanchezza, sia quando sono troppo pesanti e difficili da digerire sia quando sono scarsi di certi nutrienti. Insomma questo sintomo banale non va trascurato perché quando si prolunga per un certo tempo può nascondere mille insidie; se preso in tempo invece non crea problemi. Dr. Leonardo Paoluzzi
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Lettera sulla tolleranza
John Locke (1632-1704) fine II parte
Per la legge mosaica gli idolatri e gli apostati dovevano essere sterminati, infatti è proprio di uno stato fondato su una religione, nel quale cioè la politica ha il compito di attuare leggi di derivazione religiosa, che coloro che non riconoscono l’autorità di questa religione non riconoscono automaticamente nemmeno quella della politica, doppio motivo per essere discriminati. Locke condanna dunque della religione giudaica lo stato teocratico, salva però l’aspetto morale dato dai comandamenti. Ma la legge mosaica, non impegna i cristiani, infatti la venuta di Cristo, secondo Locke, ha segnato la separazione tra la religione e lo stato, infatti: ... sotto il Vangelo non esiste uno stato cristiano... Egli insegnò la fede e i costumi con cui ciascun singolo doveva giungere alla vita eterna, ma non istituì nessuna società politica, non introdusse nessuna nuova forma di governo, che dovesse essere propria del suo popolo in modo particolare, né armò di spada i magistrati perché gli uomini fossero costretti alla fede e al culto che egli aveva proposto ai suoi o fossero distolti dalla religione altrui. Successivamente i cristiani, prima poveri e perseguitati, diventano forti quando lo stato passa dalla loro parte con Costantino e Teodosio, e cominciano a perseguitare gli idolatri pagani togliendo loro la vita e i beni: ... si fa pretesto della religione e della salvezza delle anime per le ruberie e l’ambizione. Comincia farsi strada il concetto di peccato: ... se si dice “l’idolatria è un peccato e perciò deve essere evitata con ogni impegno”, la deduzione è assolutamente corretta. Ma se si dice “è un peccato e perciò deve essere punita dal magistrato” non è lo stesso. Non è compito del magistrato, infatti, mettere in guardia con leggi e brandire la spada contro tutto ciò
che ritiene un peccato davanti a Dio e questo perché: ... dal momento che non ne viene alcun danno alla proprietà altrui né è turbata la pace pubblica, queste cose non sono represse dalla censura della legge, neanche là dove sono riconosciute come peccati. Qui si vede chiaramente che Locke intende distinguere il peccato dal reato e lascia questa fondamentale distinzione in feconda eredità alla laicità contemporanea, che deve confrontarsi con stati nettamente teocratici come molti stati islamici o con la pretesa della religione cattolica di imporre allo stato la sua visione morale e politica. Le intolleranze sono sempre pericolose perché si possono rivoltare contro gli intolleranti: ... D’altronde se un sovrano pagano o maomettano ritiene che la religione cristiana sia falsa e spiaccia a Dio, non avrà lo stesso diritto di eliminare allo stesso modo i cristiani? In conclusione: ... il magistrato non deve proibire che in una chiesa siano sostenute e insegnate opinioni speculative di qualsiasi genere, perché esse non hanno nulla a che fare con i diritti civili dei sudditi. Se un papista crede che ciò che un altro chiama pane sia in realtà il corpo di Cristo, non offende in nessun modo il suo vicino. Se un giudeo non crede che il Nuovo Testamento sia parola di Dio, non altera per nulla il diritto civile. Se un pagano dubita di entrambi i Testamenti, non perciò deve essere punito in quanto cittadino disonesto. Sia che uno creda queste cose, sia che non le creda, l’autorità del magistrato e i beni dei cittadini sono salvi. Da notare che Locke non fa cenno a chi non crede in Dio cioè agli atei, tutto il suo ragionamento si muove solo nell’ambito delle varie chiese e credenze religiose, segno che l’ateismo non merita tolleranza? La risposta a questa domanda la vedremo meglio e più dettagliatamente in seguito. Marcello Ricci
To c c a r s i Una delle tante cose negative che ci sono piovute addosso dal mondo anglosassone è la paura del contatto fisico. Non è stato sempre così. Anzi, nel nostro bel mondo mediterraneo la vicinanza, il contatto fisico, le strette di mano, le pacche affettuose sulle spalle erano non solo ammesse, ma gradite. Le persone usavano raccontarsi confidenze intime prendendosi sotto braccio e avvicinando le teste. Nel mondo anglosassone viceversa, tutto ciò non è considerato corretto. La loro prossemica (lo studio della vicinanza fisica tra persone) prevede una distanza rigorosa tra interlocutori. Si narra di un inglese che parlando su una terrazza con un arabo che gli si avvicinava, durante la conversazione, secondo il costume della sua terra, continuò ad arretrare per ristabilire la distanza che l’arabo continuava ad accorciare, fino a che, arrivato alla balaustra, perse l’equilibrio e precipitò di sotto. Ma la distanza fisica è distanza umana. Essere lontani fisicamente implica, in fondo, esserlo anche affettivamente e spiritualmente. Non a caso i popoli che ammettono il contatto fisico all’interno del proprio galateo, sono quelli con strutture sociali parentali più forti. Nel nostro meridione mediterraneo il senso della famiglia è sempre stato assai forte, tanto da far dare tale nome perfino alle organizzazioni malavitose proprio per la forte solidarietà all’interno del gruppo, che esse condividono con le famiglie vere e proprie. Né è un caso che l’attacco all’istituto della famiglia sia venuto dal mondo anglosassone, dove i legami familiari sono stati, ormai da decenni, sciaguratamente relegati tra le cose obsolete. In Erano tutti miei figli (1947) Arthur Miller mette in bocca ad un personaggio questa tremenda battuta: Tu sei l’unico che io conosca a volere
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ancora bene ai propri genitori e l’altro risponde: Non s’usa più, vero? Le conseguenze catastrofiche di ciò a livello spirituale e umano oggi sono sotto gli occhi di tutti. E l’avere accettato questo canone ha esposto anche il nostro Paese a perdere quei legami di affetto e di sangue senza che alcun altro legame potesse sostituirli, per l’ottimo motivo che nessun aggregarsi artificiale avrà mai la forza che ha il sodalizio familiare, naturale in quanto basato su solidi vincoli di sangue, primo fra tutti quello genitori-bambino. L’abitudine di fare una carezza a bimbi anche sconosciuti, da parte di adulti che provavano per loro un naturale senso di tenerezza, abitudine che strappava un sorriso di compiacimento ai genitori, fa oggi guardare con malanimo se non addirittura con sospetto l’incauto che si permetta un gesto del genere. Tuttavia il contatto fisico è un elemento non contingente, ma sostanziale del rapporto affettivo, non solo, com’è ovvio, di quello amoroso, il che magari è ancora vero per motivi biologici, ma proprio di tutti i rapporti affettivi. Il bambino che non viene vezzeggiato anche fisicamente, con carezze e quant’altro, riporta da adulto una maggiore o minore carenza affettiva e problemi a livelli di integrazione sociale; peggio, avrà problemi anche a trasmettere il proprio calore umano ad altri, i propri figli in primis. Si apriranno in tal modo catene di disagio affettivo che porteranno a disagi sociali dei generi più disparati, sicché contribuendo ad aumentare il tasso di infelicità dell’ambiente ne aumenterà fatalmente anche quello di aggressività, dato che chi è sereno e contento assai difficilmente è gratuitamente aggressivo, a differenza da chi vive nel dolore, nella frustrazione e perciò, assai spesso, nella rabbia. Com’è, quotidianamente, sotto i nostri occhi. Vincenzo Policreti
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La spedizione dei Mille: La liberazione di Napoli
Qui cessa il racconto di straordinarie battaglie e di cruenti scontri: inizia ora quello di un’avanzata inarrestabile perché priva di seri ostacoli, almeno fino ai giorni del Volturno. La rivoluzione era finalmente spontaneo moto di popoli; essa accompagnava la corsa di Garibaldi verso Partenope quando non la precedeva: la Basilicata era già insorta prima dello sbarco a Melito, Potenza aveva cacciato le autorità borboniche, mentre la sollevazione delle Calabrie venne fomentata dal barone Francesco Stocco che, non ancora guarito dalle ferite di Calatafimi, si recò a Catanzaro per proclamarvi decaduto il regime napoletano e raccogliere migliaia di nativi del luogo, poi paragonati da Alberto Mario agli abitanti della Magna Grecia per antichità di tratti. L’esercito nemico era ormai in rotta, soprattutto per la vigliaccheria dei propri comandanti, quali Cardarelli, che capitolò a Cosenza, Flores, che fece lo stesso a Bari, Vial, posto a difesa delle Termopili di Monteleone ed a capo di 12.000 uomini, da lui poi lasciato a Ghio, che decise di accamparsi presso Soveria-Mannelli. Qui il 22 agosto giunse il duce dei Mille che, dopo aver completato le manovre di accerchiamento, si recò nelle file borboniche, le quali subito si unirono al generale nonostante i temporeggiamenti tentati dal loro primo ufficiale nel corso delle precedenti trattative per la resa.
Dopo aver annunciato tale brillante successo con un celebre proclama, Garibaldi decise di precedere le proprie truppe, spossate da una marcia così aspra da mettere a dura prova molti volontari come Giovanni Froscianti, costretto a curarsi a causa di febbri malariche, o Luigi Cairoli, ucciso dal tifo. Il 31 fu a Cosenza, dove una commovente e sincera orazione di Bixio rese omaggio al sepolcro dei prodi che presero parte alla spedizione dei fratelli Bandiera, fucilati dai soldati napoletani dopo aver visto fallire il proprio tentativo di una insurrezione di cui si credette responsabile Mazzini, che nonostante sia stato sempre contrario ad essa molto soffrì per colpe non proprie. Dopo aver oltrepassato Spezzano e Castrovillari, Garibaldi proseguì a dorso di mulo insieme a sei compagni, con i quali incontrò i 1.500 uomini di Turr presso Sapri, luogo della tragica fine di Pisacane e dei suoi 300, ed infine, passando per Lagonegro, proseguì sino a Padula, dove il 5 settembre raccolse la defezione del borbonico Cardarelli, molto biasimato dai propri 3.000 soldati per un gesto considerato doppio e vigliacco. A Salerno ancora 40.000 napoletani si preparavano ad una battaglia campale, ma le continue disfatte e il diverso consiglio dei generali di re Francesco fecero sì che egli, invece di porsi a capo di coloro che gli erano rimasti fedeli, ordinasse la ritirata; dopo aver attraversato Eboli il duce dei Mille giunse la sera del 6 in una città festosa e Francesco Neri soprattutto libera. Liceo Ginnasio “G.C. Tacito” IV sez. C
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L’anfiteatro romano di Terni L’edificio ternano, come tutti gli anfiteatri, può essere diviso in due parti: una struttura vera e propria destinata agli spettatori e funzionale alla messa in scena dello spettacolo (cavea) e uno spazio centrale vuoto e riempito di sabbia, da qui il nome arena, destinato ai personaggi che davano vita all’esibizione. Il complesso è composto da quattro anelli concentrici di forma ellittica: due strutture radiali e due gallerie perimetrali dove confluivano gli spettatori per accedere poi alle gradinate. Sopra questo sistema poggiava la cavea, divisa dall’arena per mezzo di un muro alto tra i 2 e i 3 metri; tracce di intonaco del rivestimento murario con colori giallo e rosso sono stati rinvenuti durante l’ultima campagna di scavi. Questa barriera serviva da protezione per gli spettatori. I posti venivano assegnati sulla base del censo (stato sociale): ai personaggi più importanti dell’antica Interamna erano riservate le sedute migliori, quindi prendevano posto nel primo ordine di gradinate, quello più vicino all’arena. La tecnica di costruzione adoperata è l’opus reticolatum bicromo, blocchetti a forma piramidale inseriti in un’anima cementizia a formare appunto un reticolo. Le pietre utilizzate sono un calcare locale bianco e un travertino litoide di colore più scuro, conosciuto a Terni come “sponga”, nome dovuto all’aspetto spugnoso della pietra. Questa tecnica è usata in facciata e nelle parti più in vista del monumento. Nelle parti meno visibili è utilizzato invece l’opus incertum, di sicuro meno dispendioso sia da un punto di vista economico che pratico. Il perimetro esterno era diviso in due ordini: uno superiore, oggi scomparso, di cui resta solo una parte della pavimentazione, nel settore sudorientale, e un ordine inferiore costituito da un susseguirsi alternato di finestroni ad arco, parti chiuse
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Seconda parte
delimitate da lesene e arcate d’ingresso. I due accessi principali, scoperti di recente, sono orientati est-ovest. Si sono ben conservate le pavimentazioni in lastre di calcare e parte dei prospetti monumentali che sostenevano le arcate. Durante l’ultima campagna di scavo sono stati riportati alla luce anche i due ingressi secondari: uno si trova a nord, sotto il vescovado, l’altro a sud. L’anfiteatro di Interamna Nahars poteva contenere circa 10.000 persone secondo i calcoli fatti da JeanClaude Golvin, architetto e archeologo francese. Lo studioso afferma che la tipologia architettonica dell’edificio rappresenta una sorta di prototipo tra gli anfiteatri a struttura piena e quelli a struttura cava. Nei primi la gradinata poggia direttamente sul terreno, mentre nel secondo caso è supportata da un complesso di archi, volte e muri radiali. Sempre secondo il Golvin, e sostenuto anche da altri, questo anfiteatro fu uno dei primi dotati di una galleria perimetrale esterna. La struttura misura m 98,50 nell’asse maggiore e m 73 in quello minore; l’arena m 63 x 36,5. I due ingressi principali situati sull’asse maggiore sono larghi circa 4 metri. Questi elementi ci aiutano meglio a comprendere l’importanza dell’anfiteatro ternano e della città nel periodo romano, notevole centro della via Flaminia. Oggi questo complesso è stato riqualificato e può essere visitato su prenotazione. Durante la stagione estiva viene utilizzato come teatro e cinema all’aperto. Circa 2000 anni fa il suo utilizzo era completamente diverso: all’interno vi si svolgevano spettacoli a dir poco cruenti, i ludi gladiatori, chiamati dai romani munera, e le venationes, vale a dire le cacce o i combattimenti tra animali. Uno spettacolo più raro e difficile da allestire era la naumachia, battaglia navale, che a Terni non veniva messo in scena, infatti non sono stati ritrovati né sistemi di adduzione né di espulsione delle acque, necessari a riempire l’arena. Con l’avvento della religione cristiana questi spettacoli furono dapprima osteggiati e poi aboliti con l’editto di Onorio del 404 d.C., tranne le venationes che sopravissero nel tempo per giungere, in forme diverse, fino ai giorni nostri. Basti pensare alla corrida in Spagna o al combattimento tra galli in oriente. Il blocco degli spettacoli fu motivato anche dagli eccessivi costi di gestione e manutenzione dell’apparato organizzativo, non più sostenibili con la crisi finanziaria del tardo impero. Denis Fagioli
L e St el l e d e l C O N I i l l u mi n a n o Te r n i Si sono svolte a Terni, presso la sede municipale di Palazzo Spada, le premiazioni del Coni. In una sala consiliare gremita di gente le autorità intervenute hanno consegnato le benemerenze nazionali ed i riconoscimenti per gli atleti della Provincia di Terni che, nel corso del 2013, si sono particolarmente distinti, ottenendo risultati in ambito nazionale ed internazionale. Tra le benemerenze, oltre alle Stelle al Merito, per dirigenti e società sportive, è stata consegnata anche la Palma al Merito, riconoscimento riservato ai tecnici. Grande soddisfazione del Delegato Coni Dott. Stefano Lupi che nel suo intervento ha segnalato il grande impegno del movimento sportivo della Provincia di Terni, annunciando la prossima apertura del Coni Point. In tal modo verranno maggiormente garantiti i servizi del Coni alle società sportive, restituendo alla comunità ternana un presidio importante per la promozione dello sport cittadino. La cerimonia è stata presenziata dal Presidente Regionale del Coni Gen. Domenico Ignozza, con la partecipazione dei due vice Presidenti Rosati e Forcignanò. È intervenuto il dott. Fabio Sturani, membro della Giunta Nazionale del Coni, a testimonianza della considerazione del lavoro prodotto dal territorio, in termini di manifestazioni e qualità espressa dagli atleti, tecnici e dirigenti sportivi ternani. Alla presenza delle massime autorità amministrative locali e regionali si è festeggiato lo sport nelle sue migliori espressioni certamente di risultati, ma soprattutto di passione e di valori.
Stella d’Oro al Merito Sportivo Onofrio Fanelli Stella d’Argento al Merito Sportivo Asd Cronometristi N. Troiani – Terni Lamberto Benvenuti Paolo Diamanti Stefano Lupi Roberto Miliani Silvano Pani Stella di Bronzo al Merito Sportivo Asd Pol. Giovanile Salesiana Eriberto Bosico Asd Libertas Orvieto Giampaolo Capponi Liliana Scolieri Palma di Bronzo al Merito Tecnico Daniele Lucidi Riconoscimenti agli Atleti Pietro Rosetti UITS Giacomo Porrazzini UITS Fabio Lugenti UITS Gino Bernardini UITS Giampiero Stefanelli UITS Stefano Marini UITS Diego Meoni FITAV Fabio Coscia FIPSAS Paolo Tagliavento FIGC Pasquale Fraticelli FIB Giorgio Moriconi FIB Ivano Froscianti FIB Guido Giovannetti FIP Gianluca Leonelli FIP Lorella Cubay FIP Giovanna Crisostomi FIP Gioia Lamini FIP Linda Petrarchini FIP Rachele Porcu FIP Tommaso Montanari FMI Jonathan Molfino FIJLKAM Gianluca Guazzaroni FIJLKAM Greta Vitelli FIJLKAM Pietro Mellone FIJLKAM Annibale Battisti FIJLKAM Francesco Rosati FIJLKAM Dmitro Kovalenko FIJLKAM Alessio Foconi FIS Miren Guarino FIS Sofia Martini FIN Matteo Mulas FIC Valeria Pedelli FIDAL
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Sa u ro M a z z illi Se n a t o re della cittĂ
Insigne uomo intellettuale marito padre nonno 36
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Ci f opl a st i ca p e rc u ta n e a Le fratture vertebrali da fragilità ossea (Fig.1) avvengono frequentemente in persone in età avanzata e sono spesso la conseguenza di una malattia demineralizzante “l’osteoporosi” (l’incidenza di tali fratture oltre i 75 anni di età è del 21% nel sesso maschile e 35% nel sesso femminile). Il trattamento più frequente è quello conservativo, che consiste nel riposo a letto, utilizzo di un busto ortopedico e di farmaci antidolorifici e farmaci antidemineralizzazione ossea. Nei pazienti in cui tale trattamento non risulta efficace nel ridurre il dolore trova indicazione l’interventio di cifoplastica; questo consiste nell’introduzione di cemento osseo radiopaco (polimetilmetacrilato) in una cavità creata nel corpo vertebrale da un palloncino introdotto per via percutanea (Fig.2), permettendo di ridurre il dolore e ripristinare almeno in parte l’altezza del corpo vertebrale (Fig.4). L’intervento viene usualmente effettuato in anestesia generale e in anestesia locale associata a blanda sedazione; tutta la procedura percutanea è effettuta sotto controllo ampliscopico (radiografico), entrando nel corpo vertebrale attraverso uno o ambedue i peduncoli vertebrali (Fig.3). L’effetto principale è sul dolore che scompare o si riduce sensibilmente in oltre l’85% dei casi; permette inoltre di ottenere un parziale ripristino dell’altezza vertebrale nel 90% dei casi ed una parziale correzione della deformità vertebrale (cifosi). L’indicazione principale di questa procedura sono le fratture vertebrali da schiacciamento da osteoporosi recenti (fino a tre mesi). Controindicazioni a questo intervento sono gravi malattie della coagulazione, collasso vertebrale completo, fratture instabili, complicanze neurologiche. Dr. Vin ce n z o B u ompa dre Specialista Ortopedia e Medicina dello Sport
Fig. 2
Fig. 1 Fig. 4 Fig. 3
D r. V i n c e n z o B u o m p a d r e
Specialista Ortopedia e Medicina dello Sport
Te r n i - V i a C i a u r r o , 6 0744.427262 int. 2 - 345.3763073 vbuompadre@alice.it
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La Fondazione Cassa di Risparmio di Terni e Narni, visto il grande interesse e la partecipazione che ha registrato l’iniziativa, ha deciso di prorogare fino al 16 febbraio 2014 l’evento ArteinCorso, inaugurato a palazzo Montani Leoni lo scorso 19 dicembre. Il tema dell’evento è nato dall’idea di poter utilizzare gli ampi spazi posti a pian terra del palazzo, di recente acquisizione da parte della Fondazione e, sino allo scorso dicembre 2012, sede della Carit SpA. Si tratta di una superficie molto grande per la cui organizzazione e ristrutturazione è stato promosso un concorso internazionale di architettura che si sta concludendo proprio in questo periodo. L’intento della Fondazione è quello di creare un grande luogo dedicato alla cultura e all’arte; uno spazio polifunzionale atto ad ospitare, anche contemporaneamente, mostre d’arte, convegni, congressi, riunioni, concerti. Nell’ambito dell’evento si svolge la personale Fotogrammi d’arte. Sergio Coppi.
102 immagini in bianco e nero e a colori scattate da Coppi, fotografo professionista di “adozione” ternana, in giro per l’Europa tra il 1973 e il 2013, alle Biennali di Venezia, all’Art First di Bologna, al Maxxi e al Macro di Roma, allo storico museo Madre di Napoli, al Museo Pergamon di Berlino, al Centro Nazionale d’Arte e di Cultura Georges Pompidou di Parigi, e ancora al Leopold Museum e al Mumok di Vienna. Fotografie eseguite in occasione di mostre, eventi, rassegne d’arte contemporanea; il fotografo, infatti, con la sua immancabile Nikon, è presente anche alle anteprime e alle presentazioni di importanti manifestazioni culturali europee. Alcune delle foto in mostra sono state scattate a Roma alla mostra dedicata a Edward Hopper, il più popolare e noto artista americano del XX secolo; a Vienna alla mostra di Dan Flavin, artista minimalista autore di installazioni realizzate con lampade al neon; sempre a Vienna alla collezione del Mumok ed in particolare alle opere di Robert Mangold, altro artista minimalista contemporaneo; a Perugia alla retrospettiva dedicata al grande artista tedesco Joseph Albers. In mostra anche alcuni scatti realizzati da Coppi in Umbria, terra di grande vivacità culturale e fertile di eventi artistici: momenti della mostra dedicata nel 2010 a Pier Matteo d’Amelia al Caos a Terni; le rassegne realizzate a palazzo Collicola a Spoleto; l’inaugurazione del Centro Italiano Arte Contemporanea di Foligno; la collettiva “Arte Fluida” organizzata al castello Corsini di Sismano. Altre fotografie ritraggono infine personaggi noti, come Giorgio De Chirico, Giovanna Melandri, John Elkann; monumenti storici, come l’Ara Pacis di Roma; sculture, come la statua di Fernando Pessoa di Lisbona; giardini artistici come La Serpara di Viterbo con l’opera di Daniel Spoerri. L’evento ArteinCorso e la mostra dedicata alle fotografie di Sergio Coppi rimarranno aperti, con ingresso libero, fino al prossimo 16 febbraio 2013 tutti i venerdì sabato e domenica dalle ore 11 alle ore 13 e dalle ore 17 alle ore 19. Il catalogo, a disposizione del pubblico, è stato curato da Anna Ciccarelli.
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Cos’è la piorrea? Con il termine comunemente usato di piorrea, denominazione in realtà abbandonata in ambito medico, s’intende una patologia infiammatoria e degenerativa molto frequente negli adulti che colpisce i tessuti parodontali, cioè i tessuti che circondano il dente conferendogli sostegno e stabilità e sono: gengiva, osso, cemento radicolare ossia lo strato superficiale della radice dentaria, legamento parodontale cioè il legamento che unisce la radice del dente all’osso circostante. Il termine medico corretto per indicare la piorrea è in realtà parodontite. La parodontite può essere causata da diversi fattori ma certamente il più significativo è la presenza di batteri patogeni che, se non rimossi con le manovre di igiene orale, quindi importantissime, formano la placca batterica e il tartaro. Ciò causa infiammazione, degenerazione dei tessuti circostanti e il progressivo scollamento della gengiva dal dente con la conseguente formazione di una sacca tra il dente da una parte e la gengiva e l’osso dall’altra che si chiama tasca parodontale, all’interno della quale le elevate concentrazioni di batteri favoriscono il progressivo riassorbimento dell’osso circostante e l’ulteriore approfondimento della tasca stessa. In questo modo il dente perde sempre più osso intorno alla radice e quella che inizialmente è soltanto una lesione infiammatoria reversibile della gengiva che si presenta arrossata e sanguinante allo spazzolamento, diviene poi, se non trattata, una lesione più grave con cospicua perdita di osso, tasche profonde, formazione a volte di ascessi gengivali e mobilità dei denti che possono alla fine essere persi. Negli ultimi anni è stata riscontrata da parte di ricercatori una correlazione tra parodontite e alcune malattie sistemiche ad esempio il legame bidirezionale tra parodontite e diabete: il paziente diabetico ha maggiore predisposizione alla malattia parodontale e questa provoca, a causa della continua presenza di batteri e tossine batteriche, maggiore difficoltà nel controllo glicemico; o ancora il legame tra tale patologia e malattie cardiovascolari sempre a causa dei batteri della cavità orale in grado di diffondere nel circolo ematico; o ancora il ruolo della parodontite come fattore di rischio in grado di favorire nelle gestanti parti prematuri. Il trattamento della parodontite deve essere valutato da uno specialista poiché va modulato in base alla gravità del quadro clinico e può variare da procedure di igiene orale professionale con la rimozione della placca e del tartaro, a trattamenti chirurgici eseguiti sui tessuti interessati cioè sostanzialmente gengiva e osso al fine di effettuare una pulizia più radicale e correggere le lesioni profonde indotte dalla patologia, fino anche a promuovere, sempre attraverso procedure chirurgiche e laddove la perdita di sostegno sia più marcata, una rigenerazione seppur a volte parziale del tessuto osseo andato distrutto in seguito all’evoluzione della patologia. Alberto Novelli
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30-09-1984
Un dramma al campo scuola Casagrande di Terni
Marco, corri! Corri subito in Ospedale! Moreno ha avuto un malore durante la corsa e lo hanno portato al Pronto Soccorso in condizioni disperate! Queste poche parole urlate al telefono da un amico comune mi rimbombano nella testa da ben 29 anni! Esattamente da quel maledetto 30-09-1984. Cosa era accaduto? Al Campo Scuola Casagrande di Terni nei 3 anni precedenti, e appunto nei giorni di fine Settembre 1984, la Società Sportiva Atletica Terni era riuscita ad organizzare una gara denominata 1000 x 1000, dove appunto mille persone dovevano impegnarsi in una staffetta di mille metri ciascuno, cercando di farlo
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nel minore tempo possibile. La difficoltà, oltre al puro aspetto atletico, consisteva nel riuscire a trovare ed organizzare mille persone nell’arco di 2 giorni e mezzo di gara. Ma la grande preparazione degli organizzatori aveva garantito la buona riuscita dell’impresa, e nel 1983 c’era stata l’omologazione del record mondiale di questa strana disciplina, non olimpica. Tra i partecipanti, oltre ai tantissimi anonimi, ci furono anche atleti famosi, come il ternano Tonino Viali (Bronzo), Masala (Oro Olimpico a Los Angeles nel Pentathlon), l’azzurro Materazzzi, ed Alberto Cova (Oro olimpico nei 10.000 nel 1984 alle Olimpiadi di Los Angeles). Il mio caro amico ventiquattrenne Moreno Orsini, calciatore dilettante, rimase ad attendere il suo turno per tutta la notte, e la mattina successiva, quella dell’ultimo giorno di gara, si apprestò a ricevere il testimone dall’atleta che lo precedeva con il sorriso sulle labbra, felice di ripetere l’esperienza dell’anno precedente, orgoglioso di poter dire di detenere il record mondiale di questa disciplina, insieme ad altri 999 atleti. Infatti l’anno precedente tutto filò liscio, e Terni salì agli onori delle cronache sportive per essere riuscita nell’impresa di organizzare questa manifestazione. Quel giorno invece accadde il tragico imprevisto! A poche decine di metri dalla fine della sua frazione di gara Moreno si accasciò improvvisamente a terra, fermato per sempre da un arresto cardiocircolatorio, che lo portò alla morte 2 mesi dopo (il 2 Dicembre), lasciando nella disperazione più profonda i suoi famigliari, i suoi amici e tutti coloro che avevano avuto la fortuna di conoscerlo. Moreno era un ragazzo pieno di voglia di vivere, come tutti i ragazzi di quell’età, sempre con il sorriso sulle labbra e soprattutto sempre disponibile nei confronti dei meno fortunati e bisognosi di aiuto. Per me Moreno era più di un amico, direi un fratello. Coetanei, e vicini di casa, avevamo frequentato le scuole materne, quindi le elementari insieme, per poi ritrovarci alle Superiori ed infine al Corso di Infermiere Professionale. Ed entrambi ci eravamo trasferiti contemporaneamente dal paese di nascita (Rocca San Zenone) al nuovo quartiere popolare di Cospea. Insomma si può dire che eravamo veramente ... fratelli. Questo accadeva appunto quasi 30 anni fa, e nel campo della Medicina dello Sport si sono fatti veramente passi da gigante, ed ora sarebbe impensabile un fatto del genere. Un atleta, anche se amatoriale, per potersi dire tale deve necessariamente sottoporsi alle visite previste da una Legge Nazionale, e aggiungerei anche dal buon senso. Oggi non è più possibile scendere in campo, pure se di periferia, senza che un medico abbia sottoposto a visita l’atleta in questione. Ed in molti campi di calcio, palestre, palazzetti dello sport, ci sono dei defibrillatori che sono dei veri salvavita in frangenti del genere. Ma tutto questo non è ancora sufficiente; ad esempio sicuramente sarebbe utile che una legge prevedesse l’obbligo di
dotare ogni struttura sportiva di un defibrillatore. Questo sta a significare l’importanza della parola prevenzione nel campo della medicina generale, ma ancora di più nella medicina dello Sport. Anche se non si deve mai abbassare la guardia, come dimostrano i casi simili che ancora oggi accadono, anche recentemente. Ma chiediamoci anche quante vite si sono salvate grazie all’attività costante e silenziosa di migliaia di medici dello sport, e non, che con la loro attività giornaliera di prevenzione limitano al massimo casi simili a quello di Moreno. E ricordando Moreno mi piace immaginare che il suo sacrificio abbia comunque contribuito alla consapevolezza, da parte dell’opinione pubblica, che l’unica arma per impedire tali tragedie umane sia quella della PREVENZIONE. Marco Barcarotti
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