La Pagina Aprile 2014

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Numero 11 4 aprile 2014

Mensile a diffusione gratuita di attualitĂ e cultura

IMMOBILIARE

B AT T I S T E L L I

Fot o Al bert o M i ri mao


Presso la filiale di Terni servizi e prodotti per privati, famiglie e piccole medie imprese La filiale di Terni, aperta nel giugno del 2013 e ubicata in Corso del Popolo, è la prima agenzia di Banca Popolare di Vicenza presente in città e, con oltre 300 clienti, è già divenuta un punto di riferimento per famiglie e imprese. La Banca riserva un’attenzione particolare al benessere della collettività: sostiene, infatti, le PMI e i privati facilitando l’accesso al credito e supportando i clienti con strumenti finanziari studiati su misura per le loro esigenze. Nicola Pertile, originario di Legnago, lavora in Banca Popolare di Vicenza dal 2008. Dirige la filiale di Terni dalla sua apertura, coadiuvato da 3 collaboratori: Marilù Lunghi, Chiara Laliscia e Vito Ienna. Chiediamo a Nicola Pertile quali sono i punti di forza di Banca Popolare di Vicenza. La nostra è una banca popolare, con un forte radicamento nei territori. Siamo presenti nella regione Umbria con 2 filiali rispettivamente a Terni e a Perugia. Grazie alla tempestività nei tempi di risposta, l’offerta di servizi ad alto valore aggiunto e ad una grande capacità di “fare sistema” con gli operatori economici del territorio, Banca Popolare di Vicenza svolge un ruolo attivo e decisivo nel favorire la ripresa, l’innovazione e l’internazionalizzazione delle PMI italiane. È un momento delicato e difficile per l’economia. In che modo Banca Popolare di Vicenza sostiene l’economia di Terni? Banca Popolare di Vicenza sostiene sia le aziende che le famiglie, in particolar modo in questo momento difficile di congiuntura economica. Se si confrontano, in provincia di Terni, le performance del Gruppo BPVi rispetto a quelle del Sistema in termini di

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impieghi vivi (a famiglie e imprese) si nota che il Gruppo, nel dicembre 2013, registra una crescita del 38,8% da inizio anno grazie all’apertura della filiale, mentre il Sistema evidenzia una contrazione del 7,6%. Cosa offre Banca Popolare di Vicenza alle imprese e alle famiglie di Terni? Grazie ai numerosi accordi e convenzioni con Enti ed Associazioni di Categoria, la Banca persegue un importante programma di sostegno alle PMI. Banca Popolare di Vicenza mette a disposizione varie tipologie di conti correnti, a seconda delle necessità dei clienti: SemprePiù Impresa per la gestione operativa quotidiana delle imprese, SemprePiù per le famiglie e FeelFree per i giovani. Ai nostri oltre 90.000 Soci riserviamo la gamma di conti correnti SocioPiù a condizioni dedicate e particolarmente vantaggiose. L’Istituto propone, inoltre, una varietà di prodotti innovativi e soluzioni interessanti ad alto rendimento per clienti già acquisiti e nuovi clienti, sia in filiale che sul web. Per agevolare le esportazioni delle aziende italiane, la Banca ha stanziato uno speciale plafond estero e, ai numerosi esercizi commerciali, dedica l’offerta Pos-sibile a condizioni particolarmente vantaggiose sul servizio Pos. Molti prodotti e servizi, ma qual è il vostro rapporto con i risparmiatori e gli imprenditori di Terni? Sono convinto che oggi, come un tempo, venga premiato il rapporto personale e di fiducia. Oggi i direttori delle filiali sono l’interlocutore privilegiato della nostra clientela, con poteri e deleghe per poter risolvere i problemi velocemente e direttamente proponendo soluzioni personalizzate.


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L’inflazione più vecchia La differenza principale che si rileva tra la storia e la cronaca non è tanto nella diversa percezione del tempo -compresso e veloce nei saggi storici, dilatato e lento nel quotidiano fluire delle cronache- quanto nella logica sequenziale degli eventi. Vista da una distanza temporale sufficiente, ogni serie di accadimenti lascia trasparire una logica catena di cause ed effetti, e la sensazione di chi legge è che le cose, alla fin fine, sono andate in un certo modo perché non potevano finire altrimenti. Vivendoli, gli stessi accadimenti sono invece assai meno chiari: vi sono elementi di disturbo che un giorno sembrano importantissimi per rivelarsi del tutto irrilevanti due settimane dopo; e soprattutto le variabili da esaminare, per arrivare ad un giudizio di massima, sembrano così tante da non poter essere trattate in maniera completa ed esaustiva. Va detto che il mestiere degli storici, in fondo, consiste proprio in questa separazione e sintesi: eliminazione di ciò che non è significativo e organizzazione degli eventi importanti in una sequela di cause, concause ed effetti; ed è quindi inevitabile trovarsi più a proprio agio leggendo un testo di storia piuttosto che la cronaca politica di un quotidiano. Anche se, per amore di precisione, va ricordato che anche gli storici altro non sono che uomini, che provano a dare una chiave lineare di lettura che può sempre, però, essere viziata dai propri sentimenti e preferenze, quando non addirittura dai propri interessi. La cronaca e la storia della scienza non sono esenti dai medesimi problemi di comunicazione e di sintesi, anzi. In fondo, per gran parte delle persone i progressi della scienza sono decisamente a basso impatto emotivo: non incidono direttamente sulla quotidianità, sul bilancio familiare, sulla qualità del lavoro e della vita; o, se lo fanno, è solo dopo la trasformazione di una scoperta teorica in una o più applicazioni pratiche, cosa che è spesso realmente rivoluzionaria anche per la quotidianità, ma che per chiudere il ciclo completo

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(ipotesi – teoria – esperimenti – verifica – ulteriore verifica – progetto applicativo – realizzazione – industrializzazione – commercializzazione) richiede tempi decisamente più lunghi di quelli di un decreto legge che può istituire una nuova tassa dalla sera alle mattina. Così, gli storici della scienza si troveranno probabilmente a definire “contemporanee” due grandi conferme di teorie fisiche: giusto un anno dopo della conferma sperimentale del Bosone di Higgs, è arrivata quella della inflazione cosmica. I fisici sono prudenti: in realtà, le verifiche necessarie per arrivare ad una conferma (che, nella scienza, è comunque sempre e solo provvisoria) sono tante: i tempi, dicevamo, sono davvero lunghi. Comunque, quel che l’esperimento BICEP2, dai ghiacci del Polo Sud, sembra confermare, è un modello d’universo non soltanto in espansione, ma tale da aver passato un breve istante della sua vita in modo totalmente parossistico: raddoppiando le sue dimensioni per più di 60 volte in meno di un secondo. Per capire cosa significhi “raddoppiare per 60 volte” le dimensioni, basta ricordare il vecchio aneddoto del chicco di grano che si raddoppia sulle caselle d’una scacchiera; il concetto di “secondo” ci è certo più familiare, ma non bisogna dimenticare che va posto a confronto con i tempi successivi: ciò che accadde in quella frazione di secondo ha definito l’Universo per i 14 miliardi di anni successivi; e le microscopiche fluttuazioni quantistiche -a livello subatomico, quindi, anche se parlare di “atomi”, per quel momento così prossimo alla nascita dell’universo, è una libertà che non ci si può davvero permettere- si sono trasformate poi nelle grandi quantità di materia, galassie, ammassi e superammassi di galassie che oggi definiscono l’Universo così come lo conosciamo. Gli storici, anche gli storici della scienza, dovranno poi sintetizzare, organizzare le informazioni, trasmetterle in maniera opportuna. C’è comunque qualcosa che traspare con forza nella nostra moderna concezione di scienza, qualcosa che la distingue in maniera decisa dalla scienza antica, e che probabilmente dovrebbe essere reso più evidente nell’insegnamento. Dalla tettonica a zolle alle teorie di Darwin, dalla fisica quantistica alla cosmologia, dalla medicina alla matematica, tutto sembra dirci che il mondo, nel senso più ampio del termine, non è statico. I terremoti non sono eccezionali, sono i costanti ripetuti assestamenti del pianeta; le specie, gli animali, noi stessi, non siamo disegnati una volta per tutte, ma cambiamo aspetto, forma, natura. Le sfere celesti non sono ingranaggi che ripetono all’infinito il loro perfetto movimento, ma transitorie regolarità dei frammenti di esplosioni, cambiamenti inimmaginabili. Transitori, variabili e dinamici. Non solo noi, ma tutti i componenti dell’universo. A pensarci bene, è probabilmente tutt’altro che una cattiva notizia. P i e ro F a b b r i


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Un patrimonio da difend Ospite d’eccezione all’Ast il Pre È stato il giorno dei ricordi, dell’orgoglio, della fierezza, dei brindisi, degli auguri per i 130 anni delle Acciaierie, la fabbrica che ha rappresentato un pezzo importante dell’ossatura industriale del paese e che ha forgiato intorno a sé la città di Terni influenzando il contesto sociale, culturale ed anche urbanistico. A fare gli auguri all’Ast anche il Presidente del Senato Pietro Grasso. Quando abbiamo saputo della visita del Presidente è stata per noi una sorpresa inattesa, ma non immeritata, ha sottolineato nel suo intervento alla cerimonia per i 130 anni l’amministratore delegato di Ast Marco Pucci. La storia dell’Acciaieria, nata il 10 marzo 1884 come Saffat, Società Alti Forni, Fonderie e Acciaieria di Terni, parla di fierezza e di sforzo. Uno sforzo che dobbiamo condividere con il sistema paese perché una realtà strategica come questa sia presidiata ed abbia tutte le possibilità per rendere fruttifero il suo ineguagliabile patrimonio, ha sottolineato ancora Pucci. Nel suo discorso l’amministratore delegato, parlando di storia dell’Acciaieria, ha ricordato le molte circostanze critiche di questi ultimi anni, legate ad eventi e fattori che spesso travalicano le nostre personali competenze e responsabilità. Ma non abbiamo mai smesso di tutelare la nostra realtà produttiva nelle sue formidabili professionalità, nel suo valore, nella sua reputazione impegnandoci con attenzione e rigore nella sua multiforme gestione. Anche il Presidente Grasso nel suo intervento alla cerimonia per i 130 anni ha sottolineato l’importanza che l’Acciaieria ha avuto e continua ad avere non solo per Terni e per l’Umbria ma per l’intero paese. Il Presidente ha ricordato che si “tratta di una realtà industriale che occupa quasi tremila persone ed è il primo produttore di acciai speciali in Italia ed il secondo in Europa”. “Da sempre -ha aggiunto- l’Acciaieria è caratterizzata dalla capacità di innovazione tecnologica e contraddistinta dall’eccellenza della produzione”. Si è poi posto l’accento sulla spiccata capacità, che nella storia ha contraddistinto l’Acciaieria, di saper far fronte a periodi di crisi, restando sempre tecnologicamente

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dere che dura da 130 anni sidente del Senato Pietro Grasso

Fotoservizio di Alberto Mirimao

all’avanguardia. “Sono certo -ha concluso il Presidente Grasso- che anche oggi, pur nella complessa situazione caratterizzata da un quadro macroeconomico ancora non positivo e segnata dal necessario rispetto delle stringenti normative europee, l’Acciaiai Speciali Terni saprà trovare le modalità per continuare ad assicurare alla città di Terni, all’Umbria e all’intero Paese il proprio essenziale contributo produttivo e sociale”. Ma non bisogna stare a guardare. Per il Presidente Grasso servono interventi radicali e convinti contro la disoccupazione. “Realtà produttive importanti come questa di Terni ci ricordano che il lavoro è l’unico strumento per garantire un duraturo benessere per le generazioni attuali e per quelle future. È per questo che ritengo che lo Stato, i rappresentanti dei cittadini, le istituzioni, nelle loro articolazioni centrali e locali debbano tornare ad impegnarsi in politiche istituzionali forti, perseguendole con convinzione, politiche che da troppo tempo mancano nel nostro paese in una prospettiva necessariamente europea. L’industria pesante nell’immaginario collettivo sembra aver perso quel ruolo centrale ricoperto in passato. Il processo di terziarizzazione della società contemporanea induce talvolta, erroneamente a mio avviso, a ritenere realtà produttive come questa una sorta di reperti del passato. Se è vero che viviamo nella società delle tecnologie informatiche e della comunicazione, dei servizi finanziari, della dematerializzazione, non possiamo tuttavia ignorare che la qualità della vita e il benessere delle nostre società sono ancora in gran parte legati alla disponibilità di beni che vengono prodotti in contesti come quello delle Acciaierie”. In virtù di questo per il Presidente Grasso è importante educare i giovani all’etica del lavoro quale mezzo di promozione sociale e di sviluppo. Lo Stato però è chiamato a definire regole chiare ed efficaci in materia di sicurezza ambientale e di sicurezza sul lavoro, affinché sia tutelata la salute delle popolazioni che vivono nei territori limitrofi ai complessi industriali e siano garantite la salute e la sicurezza dei lavoratori all’interno dei siti produttivi. “Non esiste profitto, non esiste concorrenza e competizione che possa far passare in secondo piano la vita umana, la salute, la formazione continua dei lavoratori di ogni qualifica e di ogni settore produttivo, il controllo sistematico di misure di sicurezza, la tutela dell’ambiente. Deve essere un impegno di tutti fare in modo che i termini industria, lavoro, ambiente, sicurezza e benessere -ha detto il Presidente Grasso- diventino tra loro sempre più conciliabili e tra loro compatibili per rinnovare il patto di fiducia e collaborazione tra la città, l’azienda, i cittadini, i lavoratori. A brindare ai 130 anni dell’Acciaieria, a fare gli auguri, anche la Presidente Catiuscia Marini, il Sindaco di Terni Leopoldo Di Girolamo, il Presidente della Provincia Feliciano Polli. Tutti hanno posto l’accento sull’importanza della presenza sul territorio di un polo produttivo come l’Acciaieria, di così grande rilevanza. La Presidente Marini ha affermato decisa di voler continuare a pensare che il futuro di Terni sarà nell’industria e nel lavoro. Al termine della cerimonia Pietro Grasso è stato accompagnato in visita ai reparti dove l’acciaio inossidabile, vanto di Terni, viene prodotto e lavorato. Il Presidente si è soffermato a parlare con i dipendenti ed ha chiesto spiegazioni sulle varie fasi di lavorazione a cui si è trovato ad assistere. Al termine brindisi tutti insieme nella biblioteca dell’Ast, dotata di volumi di grande interesse e valore storico.

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BANCA POPOLARE DI VICENZA MEDIOAREA L’ i n f l a z i o n e p i ù v e c c h i a - P F a b b r i FA R M A C I A B E T T I AST Giovane Europa - R M a s t o d o n t i S c a l i s e Giovane Umbria - G R a s p e t t i S A N FA U S T I N O - L F a l c i B i a n c o n i RADIOFREQUENZA - V B u o m p a d r e C I D AT Quanto vale il capitale umano italiano? - A Melasecche Non mi paga gli alimenti! - M P e t ro c c h i ASSESSORATO CULTURA SCUOLA E POLITICHE GIOVANILI A S S E S S O R AT O A I L AV O R I P U B B L I C I La Terni del futuro - L . D i G i r o l a m o CONSORZIO DI BONIFICA TEVERE NERA

Galileo Galilei

- V S e r n i c o l a , C B e r n a rd i n a n g e l i , V C ro c e

LANDI COSTRUZIONI EDILCASALANDI La rotta dei trafficanti del Sinai - F P a t r i z i La festa di San Valentino - A Z e r b i n i C O O P E R AT I VA M O B I L I T À T R A S P O R T I BODONI - F Calzavacca IMMOBILIARE BATTISTELLI COMUNE DI STRONCONE B A RT O L I G I A C O M O - S I D E R Z I N C O GreenASM Scienza o filosofia? - M Ricci L A B O R AT O R I S A L VAT I A Z I E N D A O S P E D A L I E R A S A N TA M A R I A D I T E R N I Quanto siete Europei? - C Colasanti L i ‘ndovini - P C a s a l i N U O VA G A L E N O Basura 1/2 - F L e l l i BRAGONI Ti r o - M V P e t r i o l i Rivoluzione FILI - A Tracchegiani A S S O C I A Z I O N E C U L T U R A L E L A PA G I N A La Pasqua di una volta - V G re c h i Sostenere l’energia: l’assimilazione e la respirazione - L P a o l u z z i L’ a r m a v i n c e n t e d e l l a P a s t i c c e r i a C a r l e t t i : l a q u a l i t à ACCIAIERIE - Manifesto di Sandro Bini - F Calzavacca PA S T I C C E R I A C A R L E T T I SPORT motore del nostro tempo - S L u p i A S S O C I A Z I O N E C U L T U R A L E L A PA G I N A L’ o l o c a u s t o d e g l i U c r a i n i , l a S h o à - P L S e r i MISTER ANGUS Il nuovo corso della DEMETRA - P L a c a n n a La pedodonzia - A N o v e l l i CENTRO MEDICO DEMETRA - ERREMEDICA BOOMERANG il fascino di un volo presistorico - B P e t r o l l i n i L A S TA N Z A D E L S A L E H O M O & N AT U R A ALFIO UNIPOLSAI ASSICURAZIONI F O N D A Z I O N E C A S S A D I R I S PA R M I O COMUNE DI OTRICOLI ALLEANZA Alla scoperta di... archeologia industriale - L Santini PIERO FABBRI - R B e l l u c c i G L O B A L S E RV I C E SUPERCONTI

PA G I N A

Mensile di attualità e cultura

Registrazione n. 9 del 12 novembre 2002, Tribunale di Terni Redazione: Terni, Vico Catina 13 --- Tipolitografia: Federici - Terni

DISTRIBUZIONE GRATUITA Direttore responsabile Michele Rito Liposi Editrice Projecta di Giampiero Raspetti

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Direttore editoriale Giampiero Raspetti

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Le collaborazioni sono, salvo diversi accordi scritti, gratuite e non retribuite. È vietata la riproduzione anche parziale dei testi.

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Giovane Europa Sfere celesti eternamente imperturbabili, ma, al di sotto, un mondo in subbuglio: geopolitica scompaginata, il Mediterraneo attraversato da tensioni pericolosissime, guerre impensabili nel terzo millennio… nell’occhio del ciclone, non più immune da turbolenze belliche, l’Europa che soffre le lacerazioni di una guerra finanziaria devastante, capace di destabilizzare tutte le dotazioni di senso del vecchio, sovrano, continente. Crisi economica insidiosa e destabilizzante, crisi occupazionale lacerante, ma, soprattutto, crisi di identità, di appartenenza, valoriale. L’Italia in prima linea nel disastro, sull’orlo del baratro. Un tragico guazzabuglio di insicurezze sociali, antropologiche, economiche a cui la conca ternana non è immune. Anzi! La crisi internazionale della siderurgia ha qui da tempo sferrato un attacco feroce alla città-fabbrica, prima ancora che la desertificazione raggiungesse le altre regioni. Qui sappiamo già tutto di cosa significhi espulsione precoce dal mercato del lavoro, disoccupazione giovanile, depressione diffusa del tessuto socio-economico… tuttavia, non finirò mai di ricordare l’intercalare di Aldo Moro, nel suo -credo ultimo- discorso al proprio partito, prima della barbarie del rapimento: … questo è il tempo che ci è dato di vivere. E con questo tempo dobbiamo misurarci. Proprio questo, allora, è il tempo giusto per il lancio di un magazine: La Pagina Europa, uno strumento con il quale intendiamo “mettere le mani in pasta nel complesso mondo” europeo in primis… ma non solo! Vogliamo allungare lo sguardo direttamente dentro gli angoli più remoti del vecchio continente, per comprenderne il respiro, portandovi dentro la nostra identità regionale, la saggezza che ci viene da molto lontano, da una antichità di creatori di civiltà, da un medioevo in cui abbiamo espresso i vertici ineguagliabili del pensiero francescano… Ci piace portare con noi, in questo cammino attraverso la complessità del continente, la vecchia Interamna, certi che il mondo europeo dei giovani, dell’economia, del turismo ci seguano poi a ritroso fin qui, nella conca ternana, che gli intellettuali del grand tour mai tralasciavano di visitare e lodare. A Budapest, prima della caduta del muro, ho trovato, da un minuscolo rigattiere, piccole stampe che ritraevano la nostra cascata, le nostre campagne nei secoli scorsi… Apriamo, dunque, redazioni del magazine La Pagina Europa in sedi europee… e non solo; proviamo a stimolare la apertura di fecondi interscambi che promuovano presenze a Terni di gruppi non solo con finalità turistiche; vogliamo qualcosa di più: buone prassi di abbattimento delle frontiere, quelle del pregiudizio, della assenza di dialogo, della indifferenza sociale… che permangono, nonostante Schengen. Il web è la cifra di questi tempi complessi, ha mutato comunicazione, fruizione, acquisto, lavoro, produzione culturale… identità personale. Cogliamo la grandezza di questa opportunità, ne facciamo anzi lo strumento per la pubblicazione del magazine nelle redazioni estere già attive. Chiediamo alla città di aiutarci in questa impresa per stimolare a Terni la crescita di una autentica generazione Erasmus colta, solidale, critica, aperta alle sfide del mondo, profondamente consapevole della meraviglia del pensiero antico di Bernardo di Chartres: noi siamo come nani sulle spalle di giganti, così che possiamo vedere più cose di loro e più lontane, non certo per l’acume della vista o l’altezza del nostro corpo, ma perché siamo sollevati e portati in alto dalla statura dei giganti. Rosella Mastodonti Scalise

EUROPA

Bimensile a diffusione gratuita di attualità e cultura

Numero 1 maggio 2014

Giovane Umbria Nasce altresì La Pagina Umbria, in completa e deferente ammirazione per le grandi ricchezze culturali, ambientali, paesaggistiche, enogastronomiche del nostro territorio: vogliamo farlo conoscere meglio e apprezzare di più. Renderemo allora più agevole la lettura del tradizionale magazine, ormai invero troppo corposo, dividendolo in due: La Pagina e La Pagina Umbria. La prima rimarrà tale e quale, la seconda dedicherà particolare attenzione al territorio, presentando storia, vocazione, progetti di singole, splendide realtà territoriali, gemme che poi, anche attraverso La Pagina Europa, presenteremo in molti angoli del mondo. Lontanissimi dallo sventolare, ad usum elettorale, ectoplasmi e schizzetti di progetti, com’è di moda in questi giorni, abbiamo invece la certezza di rendere concretamente un ottimo servizio alla nostra terra: far conoscere Terni, Regione e lande contigue, anche in città e Paesi lontanissimi da noi. Tanto dobbiamo ai nostri sapienti lettori e ai nostri illuminati sponsor che ci seguono soprattutto per la tensione culturale che ci pervade. Sarà interessante e proficuo mettere in contatto, in tempo reale come si usa dire ormai, vari spaccati sociali internazionali per comunicare e conoscere tradizioni e comportamenti, oltre a storia e paesaggistica, con la certezza di migliorare moltissimo le nostre conoscenze, di essere conosciuti e, per certo, apprezzati. Un nostro granello di humus per contribuire alla gemmazione di civiltà e cittadinanza europee e cosmopolite. Giampiero Raspetti


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R A D I O F R E Q U E N Z A u n t r a t t a m e n t o p e r l a t e r a p i a d e l d o l o re

La radiofrequenza è un trattamento antalgico in grado di interrompere temporaneamente o definitivamente le vie nocicettive di trasmissione del dolore, attraverso la denervazione parziale o totale delle trasmissioni nervose periferiche ottenuta mediante l’utilizzo di una tecnica percutanea mini invasiva, che si avvale di un generatore di radiofrequenze (particolare corrente elettrica), che invia l’impuso elettrico tramite un puntale miniaturizzato introdotto con un ago posizionato con (Fig.1) l’ausilio di un fluoroscopio (apparecchio radiografico).

Fig. 1

Le indicazioni all’uso delle radiofrequenze in ortopedia sono:

PATOLOGIE RACHIDEE

Fig. 2

- sindrome delle faccette zigoapofisarie (Fig. 2), - cervicobrachialgia, cefalea cervicale (Fig. 3), nevralgia occipitale di Arnold, - dolore dorsale con neurite intercostale, - dolore spondilotico e disco genico, - coccigodinie, dolori perineali e pelvici, - dolore rachideo post-chirurgico.

PATOLOGIE DIVERSE Fig. 3

- nevralgia del trigemino, - nevralgia del nervo pudendo, - nevralgia post-erpetica, - neuroma di Morton, - artrosi del ginocchio (Fig. 4), anca (Fig. 5) e spalla, - osteoma osteoide. Quando vi è indicazione al trattamento con radiofrequenze: quando i trattamenti conservativi convenzionali (farmacologici e terapie fisiche) non hanno funzionato, in pazienti che non possono assumere farmaci antidolorifici e in pazienti che non possono essere operati. Controindicazioni: coagulopatie, l’uso di farmaci anticoagulanti, infezione sistemica o meningea. Vantaggi: procedura mini-invasiva, priva di effetti collaterali se si rispettano le indicazioni, eseguibile in regime di ricovero breve, effetto temporaneo e/o permanente (pulsata/continua), procedura ripetibile nel tempo. Dr.

Fig. 5

Vincenzo Buompadre Specialista Ortopedia e Medicina dello Sport

Fig. 4

D r. V i n c e n z o B u o m p a d r e

Specialista Ortopedia e Medicina dello Sport

Te r n i - V i a C i a u r r o , 6 0744.427262 int. 2 - 345.3763073 vbuompadre@alice.it 10


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Quanto vale il capitale umano italiano? Fu Adam Smith il primo degli economisti classici ad introdurre il concetto di capitale umano nella sua La ricchezza delle nazioni, proponendo, ai tempi, l’analogia tra gli uomini e le macchine produttrici. Più di recente, grazie all’apporto della sociologia, la riflessione si è molto ampliata e oggi contempla anche l’esperienza e la capacità di networking, ovvero il saper fare rete, fattori però oggettivamente difficili da valorizzare. Gli ultimi dati OCSE mostrano nell’Unione Europea una forte correlazione tra scelte di investimento sulle persone e risultati economici delle nazioni. In Italia è l’ISTAT, proprio all’interno di un progetto promosso dall’OCSE, con l’obiettivo di comparare il livello di sostenibilità dei sistemi di welfare di vari Paesi, che ha stimato, per la prima volta, il valore del capitale umano, o meglio la sua corrispondente capacità di generare reddito. Il primo elemento critico è che non tutto il capitale umano è, in un dato momento, in condizione di generare reddito e che, pur trattandosi di un’analisi recente, i dati si fermano al 2008 quindi non tengono in alcuna considerazione gli effetti della crisi e delle sue conseguenze proprio su tale forma specifica di capitale. Comunque, anche con dati non proprio recenti, le statistiche continuano a fotografare impietose il gap di genere persistente. Ma cominciano dall’inizio. Nel 2008, un italiano in media secondo tale ipotesi valeva 342mila euro, mentre il valore dello stock totale di capitale umano a livello aggregato era di circa 13.475 miliardi di euro, pari a oltre otto volte e mezzo il valore del PIL dello stesso anno di riferimento. Il metodo di calcolo impiegato considera il valore attuale del reddito

da lavoro lungo il ciclo di vita ipotizzato, tenendo conto di possibili cambiamenti legati alla retribuzione, all’ulteriore possibile formazione, alle diverse condizioni del mercato del lavoro e delle tendenze demografiche. Lo studio è chiaramente di natura sperimentale. L’ISTAT ha poi esteso la stima dello stock di capitale umano anche alle attività fuori mercato, quantificandone il valore, con riferimento alle persone tra i 15 e i 64 anni, in circa 16mila miliardi di euro, pari a 10,2 volte il Pil, di cui oltre 6.100 relativi alla produzione familiare, ovvero la parte del lavoro casalingo, e 9.900 con riferimento all’uso del tempo libero. Le differenze di genere sono tutt’altro che lievi: il 66% dello stock complessivo è uomo, il cui valore pro capite corrispondente è pari a 453mila euro contro i 231mila delle donne. Il gap dipenderebbe dalle differenze di remunerazione esistenti, dal minor numero di donne che lavorano e dal minor numero di anni lavorati in media da una donna rispetto ad un uomo nell’arco della sua vita. Nonostante siano sempre meno insolite situazioni di lavoro casalingo al maschile, non stupisce sapere che la differenza si annulla, anzi le donne arrivano a sopravanzare gli uomini, quando le stime dello stock di capitale umano includono anche il lavoro domestico. Allora le donne si aggiudicano un +12,3%. Ma si può serenamente affermare che questi dati rientrano nella categoria delle “non-notizie”. Già oggi un sistema d’istruzione di qualità a tutti i livelli, la valorizzazione e la permanenza dei talenti, meno tasse sul lavoro e sull’impresa, più politiche attive a sostegno del lavoro, meno monopoli e più concorrenza, in aggiunta al ricambio nelle posizioni di vertice, sono le condizioni minime per far sì che il capitale umano possa crescere per far così crescere anche il Paese. a l es s ia . m e l a s e c c h e @ l i b e ro . i t

Non mi paga gli a l i me n t i ! Capita di frequente che dopo aver faticosamente ottenuto l’omologa dell’accordo, se trattasi di separazione consensuale, o una sentenza favorevole, se trattasi di separazione giudiziale, talvolta dopo anni di estenuanti dispute, il coniuge obbligato non provveda al pagamento di quanto stabilito. Lo stesso può accadere quando a seguito del divorzio, e quindi dopo la cessazione degli effetti civili del matrimonio, permangano obblighi di natura patrimoniale. L’ordinamento prevede una serie di garanzie in caso di inadempimento dell’obbligo di mantenimento nei confronti del coniuge o i figli a seguito della separazione, rimedi che vanno dall’ordine a terzi, tenuti a corrispondere somme di denaro all’obbligato, che una parte del dovuto venga versata direttamente nelle mani dell’avente diritto; si pensi all’ordine dato dal giudice al datore di lavoro di dare una parte della retribuzione al coniuge avente diritto, oppure all’ordine dato ad un ente erogatore di pensione, ovvero al conduttore (inquilino) di un immobile di proprietà del coniuge onerato, o addirittura del debitore di una somma determinata, fino al sequestro di beni del coniuge obbligato. I due rimedi poi, ossia il pagamento diretto e il sequestro, possono essere richiesti e concessi anche contemporaneamente. Occorre precisare che tali rimedi sono previsti dall’ordinamento non in caso di un semplice ritardo, ma solo se vi è un preciso inadempimento dell’obbligato in quanto questi non ha pagato una o più rate dell’assegno di mantenimento. Tuttavia, il mancato pagamento anche di una solo rata che segue molteplici ritardi nel pagamento delle precedenti scadenze può legittimare la richiesta. “Il potere di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro al coniuge obbligato, che una parte di esse venga versata direttamente agli aventi diritto, postula una valutazione di

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opportunità che implica esclusivamente un apprezzamento in ordine all’idoneità del comportamento dell’obbligato a suscitare dubbi circa l’esattezza e la regolarità del futuro adempimento e, quindi, a frustrare le finalità proprie dell’assegno di mantenimento; la relativa valutazione resta affidata in via esclusiva al giudice di merito e, se adeguatamente motivata, non è sindacabile in sede di legittimità.”. Cass. civ., sez. I, 19-05-2011, n. 11062. È bene ricordare che è possibile ricorrere a tali rimedi sia durante il procedimento, sia una volta terminato il giudizio. Il mancato pagamento degli alimenti/mantenimento può inoltre legittimare un’azione per il ritiro del passaporto dell’obbligato e costituisce anche il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare ex art. 570 c.p. ai sensi del quale: Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale [alla tutela legale] o alla qualità di coniuge, è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da euro 103 a euro 1.032. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa o dilapida i beni del figlio minore o del pupillo o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti di età minore, ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Si tratta di un reato che non si configura per una qualsiasi omissione dell’obbligo di pagamento. Perché la condotta sia penalmente rilevante occorre che l’omissione abbia privato il coniuge o i figli dei mezzi di sussistenza, che li abbia cioè posti in una situazione di disagio tale da pregiudicare le primarie esigenze di vita. Circostanza questa che in caso di redditi bassi non è poi così difficile da realizzarsi. Buona lettura del codice civile a tutti. Avv. Marta Petrocchi legalepetrocchi@tiscali.it


Assessorato Cultura Scuola e Politiche Giovanili

La mensa scolastica un bene prezioso a cui il Comune di Terni non ha voluto rinunciare

Sono 3496 gli studenti ternani che ogni giorno mangiano nelle mense scolastiche comunali; ogni anno vengono consumati a scuola quasi 600.000 pasti. Un fiore all’occhiello per la qualità del servizio. Questo perché l’amministrazione comunale ha scelto di far funzionare, quasi nella totalità dei casi, le mense in loco. Ad avere la mensa a scuola sono 36 istituti, su 37 in cui funziona questo tipo di servizio. Tra questi, 22 sono asili nido e materne e 13 scuole elementari. Quattro scuole medie, Benedetto Brin, Guglielmo Marconi, Anastasio De Filis e Giovanni XXIII usufruiscono poi del servizio chiamato dei pasti veicolati: il cibo cucinato arriva da fuori, confezionato in appositi contenitori. Avere la mensa a scuola è un grande vantaggio sotto il duplice aspetto, della salute e didattico; andare a mensa diventa anche un importante momento educativo. Avere la possibilità di cucinare direttamente nella struttura scolastica fa sì che ci sia la possibilità di elaborare menu variati in cui i cibi non devono essere riscaldati; a questo poi va aggiunta la valenza educativa perché si abituano i ragazzi a mangiare diversi cibi, comprese le verdure e la frutta, si vede la cuoca a scuola, si ha un rapporto diretto, si sente il profumo di quello che bolle in pentola. Il cibo arriva appena cucinato, nel piatto fumante, non è servito in contenitori di alluminio. Far seguire ai ragazzi una dieta bilanciata, sana, previene anche l’insorgenza di malattie legate al cibo. In questo contesto si inquadra anche il progetto che stiamo portando avanti insieme alla la Fondazione del dottor Veronesi per la lotta contro il cancro. Nelle scuole in cui funziona il servizio mensa ci sono lezioni di sana alimentazione anche per i genitori, non solo per i bambini. Adulti e studenti insieme vanno a lezione di cucina e salute, precisa Simone

S i m on e G u erra Assessore alla Cultura

Guerra, assessore alla cultura ed alla scuola del Comune di Terni. Le mense comunali fanno uso, nella quasi totalità dei casi, di cibi biologici o Igp che sta per identificazione geografica protetta -aggiunge l’assessore- utilizziamo latte, verdure, pasta, stracchino, pesce, carni bianche, pelati, olio, uova, frutta tutto di provenienza biologica. Siamo tra i pochissimi comuni italiani ad utilizzare il biologico nelle mense scolastiche. Certo questo comporta una lievitazione dei costi a nostro carico ma abbiamo scelto come priorità la tutela della salute dei ragazzi. In molti comuni si è preferito chiudere le mense nelle singole scuole, creare un unico punto in cui si preparano i pasti che poi vengono distribuiti. Ma anche se con non pochi sacrifici economici abbiamo scelto di continuare a far funzionare le mense in ogni plesso. Nonostante i costi elevati che ci siamo trovati a dover sostenere, particolare attenzione è stata riservata al contenimento della quota a carico delle famiglie, abbiamo cercato di mantenere bassi i costi per l’utente. Tra breve prenderà il via anche un’altra sperimentazione, Il menù partecipato, che prevede la messa a punto del menù della mensa insieme a genitori e studenti. La nostra dietista ovviamente sorveglierà e guiderà i lavori, darà consigli per bilanciare i cibi e le calorie. Anche questo è un modo per fare prevenzione, a tavola si combattono molte malattie e si previene anche l’obesità, aggiunge Guerra. L’assessore tiene poi a sottolineare il fatto che nelle mense si faccia uso di stoviglie in ceramica, bicchieri in vetro e posate in acciaio. È un altro segnale importante, stavolta di rispetto per l’ambiente. Abbiamo bandito la plastica e utilizziamo anche l’acqua del rubinetto, quella del sindaco, che viene servita in brocca, dice, scherzandoci su, l’assessore alla scuola.

Fotoservizio di Alberto Mirimao

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A s s e s s o r a t o

Nuo vi Si l van o Ricci Assessore ai Lavori pubblici

a i

i m p i a

L’ a t t e n z i o n e a l l o s p o r t : u n a d e l l e p r i o

Al via una fitta serie d

Tante risorse investite dal Comune per gli impianti sportivi. Quali sono, Assessore Ricci, gli interventi che l’Amministrazione Comunale ha messo in cantiere per gli impianti sportivi della città? Intervenire nella ristrutturazione, manutenzione, creazione di nuovi impianti sportivi è uno dei punti fondamentali per la nostra amministrazione. Una delle priorità che ci siamo prefissi. L’attenzione allo sport, così come quella all’edilizia scolastica, è un grande segno di civiltà. Sono convinto che nella formazione e sviluppo dell’individuo lo sport abbia un ruolo fondamentale come grande veicolo di socializzazione e aggregazione sociale. Grazie allo sport si crea un clima di inclusione e si riescono a superare le differenze sociali e culturali. Lo sport è anche un grande alleato per oltrepassare le situazioni di pericolo e di disagio. L’Amministrazione comunale è convinta che sia importante anche dare risposte a quelle associazioni che permettono a molti giovani di praticare uno sport nei vari territori. È una funzione, un servizio, sociale importante che va tutelato e sostenuto. Convinti di questo abbiamo investito molto in progetti di ristrutturazione, adeguamento, creazione di nuove strutture sportive. Quali sono gli interventi che andranno a valorizzare le eccellenze turistiche? Primo tra tutti quello del Centro Nautico di Piediluco, i cui lavori devono prendere il via. Regione, Provincia, Comune, Federazione Italiana Canottaggio hanno stipulato un accordo di programma per sviluppare il piano di potenziamento, adeguamento funzionale e messa a norma del centro di canottaggio Paolo D’Aloja. Sono convinto del fatto che il turismo sportivo a Piediluco possa svilupparsi grazie alla creazione di tutta una serie di servizi complementari, che possano aiutare anche a far vivere il lago tutto l’anno. Servono strutture per lo sport, ma è necessario potenziare anche altri servizi, dal trasporto alla ricezione. Negozi, pub ristoranti, bar, in concomitanza con gli eventi sportivi, devono rimanere aperti al di là del canonico orario stabilito. Serve flessibilità. Verrà organizzata un’accoglienza deputata che faccia sentire il turista sportivo a proprio agio. Il potenziamento e l’adeguamento del centro Paolo D’Aloja rappresenta un elemento fondamentale per valorizzare ed incrementare la pratica sportiva e costituire un Patto Territoriale che auspichi lo sviluppo integrato. Inoltre, per Piediluco è previsto anche un altro intervento: si realizzerà un campo di gara regolamentare sul lago.

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Lo sport è un volano anche per altre eccellenze turistiche tipiche del ternano e diventa anche pretesto per la promozione turistica. Un’opportunità di sviluppo in questo senso è, ad esempio, la rete escursionistica sulle via dell’acqua, il “trekking sul Nera”. Un itinerario che si estende lungo il fiume Nera, dalla foce alla sorgente, per oltre cento chilometri e coinvolge due regioni, Umbria e Marche, le Provincie di Terni, Perugia e Macerata, il Parco Nazione dei Monti Sibillini, il Parco Fluviale del Nera e undici Comuni. Il progetto del sentiero lungo il Fiume Nera prevede la creazione e riqualificazione di percorsi e sentieri attrezzati, ampie aree di sosta, di ristoro e pic-nic, servizio parcheggio, servizi di sicurezza e manutenzione mezzi, area attrezzata per la sosta dei caravan e autocaravan e punti di informazione. Tutto questo oltre ad incrementare il turismo attivo/sportivo si pone anche l’obiettivo di gettare le basi per lo sviluppo di un indotto economico importante. Quali sono gli altri interventi previsti? Mi viene da pensare al Bocciodromo Prampolini, un centro di aggregazione per il quale si è costruita una nuova sede con quattro piste, spogliatoi, e locali di servizio: una struttura molto moderna in grado di ospitare anche gare nazionali ed internazionali.


L a v o r i

a n ti

P u b b l i c i

s po rtivi

orità dell’Amministrazione Comunale

di lavori ed interventi

Fotoservizio di Alberto Mirimao

Un ulteriore intervento è in programma per il Palatennis tavolo di Campitello, che andrà a completare quello terminato un anno fa. Si tratta di lavori di manutenzione straordinaria dei manti di copertura dei locali spogliatoi, ingresso-bar e palazzina ad uso foresteria del palazzetto. Nel complesso l’impianto sportivo è composto dal palazzetto principale, con relative tribune e servizi igienici, 3.700 metri quadrati di cui 860 metri quadrati della seconda palestra e dell’adiacente foresteria: circa 1.200 metri quadrati, oltre 500 metri quadrati di palestra. Altro rilevante intervento è quello per la riqualificazione degli impianti sportivi di Campitello e Malerba, in via Papa Benedetto III . Da sottolineare l’importante sinergia che si è messa in atto con le società sportive che hanno contribuito, con cifre sostanziose, alla messa a norma degli impianti. A lavori terminati ci saranno: nuovo manto in sintetico, di ultima generazione, nuova illuminazione e anche spogliatoi efficienti e tribune per gli spettatori. Di questo intervento beneficeranno i quasi seicento ragazzi che in queste strutture praticano attività sportiva durante l’anno. Gli interventi del Comune di Terni a favore dello sport sono tantissimi: si sta lavorando anche nel campo

dell’impiantistica polifunzionale. A Collestatte piano si realizzerà un campo per attività sportive, non solo deputato al calcio quindi. Questo di Collestatte è un intervento che va a compensare, dopo molti anni, la perdita del vecchio campo di calcio che esisteva in quella zona. La struttura avrà anche un’importante funzione di aggregazione sociale. Interveniamo infatti in un luogo in cui è vitale realizzare un punto di ritrovo. Il nostro scopo è quello di offrire alla popolazione uno spazio in cui proporre diverse iniziative ed in cui organizzare attività di gruppo per gli adolescenti, i giovani, le famiglie. Un luogo di raccordo per l’intera zona per l’animazione e l’aggregazione spontanea. Sempre nei pressi di Collestatte, in località strada delle Fonte, si realizzeranno anche altre strutture polifunzionali. Anche a Fontechiaruccia, prima del bivio per Arrone, è previsto un intervento per terminare l’impianto sportivo. Inoltre per due campi di calcio, quello di Via del Raggio Vecchio, una parallela di viale Brin, e quello di Collescipoli sono state prese in affitto, per quattro anni, delle strutture prefabbricate, ad uso spogliatoi e si porteranno a termine i lavori di preparazione del terreno per il loro alloggiamento. Ci sono proposte per l’attività sportiva in città? Ci siamo anche preoccupati di garantire ai ternani attività sportiva a chilometro zero; e anche per questo è stato messo a punto il progetto di riqualificazione del parco di Cardeto, che si trova nell’omonimo quartiere. Verranno ristrutturati i campi da tennis, si creeranno altri campi polifunzionali e si organizzerà un percorso della salute con dieci tappe che prevedono altrettanti esercizi mirati. Il finanziamento per il nuovo look di Cardeto sarà sostenuto interamente da interventi privati, ed anche questa è una risposta importante per i cittadini. Con quali finanziamenti si sono messi a punto tutti questi interventi e quanto è stato speso? Pubblici e privati. Per tutti gli interventi pubblici di cui abbiamo parlato, ed anche per la manutenzione straordinaria, sono stati spesi dal Comune di Terni circa tre milioni e mezzo di euro. Per quanto riguarda invece gli investimenti privati siamo ad oltre due milioni di euro. Tutto questo credo che costituisca un’importante risposta che abbiamo dato alla città. In cinque anni di grande sofferenza, sono risposte non opinabili, le strutture rinnovate, gli interventi sono sotto gli occhi di tutti, a beneficio di tutti. In questo contesto poi mi piace ricordare anche un altro importantissimo intervento: quello per le piscine dello stadio, nuovi impianti sportivi e servizi tanto desiderati dalla cittadinanza.

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L a Te r n i d una città sem

La Direzione urbanistica del comune di Terni ha predisposto un progra ambientale e ricomposizione paesaggistica, paesaggistica in cui vengono def

Il Programma urbanistico, a differenza del Pgr, piano regolatore generale, ha una scadenza e viene aggiornato, è uno strumento flessibile che il Comune pensa di realizzare in cinque anni. Ogni anno si potrà modificare per adeguarlo a nuove esigenze, non si tratta di un progetto fisso, il programma ha come caratteristica proprio la scadenza temporale. Con questo strumento verranno realizzate nuove aree verdi, nuovi spazi attrezzati e si supererà di molto il limite fissato dalla legge per il rapporto cittadino-aree verdi. Alla fine dei cinque anni, in cui si svilupperà il programma, Terni sarà una città molto più verde di quella attuale e molto più verde di quanto i limiti di legge avrebbero imposto. Va ricordato che l’attenzione all’ambiente è stata da sempre un punto fermo per l’amministrazione comunale ed ora con la messa a punto di questo progetto si darà ancora più forza a questa scelta. Gli interventi inseriti nel programma riguardano aree da riqualificare che si trovano sia nel centro cittadino che in periferia. Si tratta di zone, che avranno una destinazione pubblica, in cui servono interventi di recupero e riqualificazione ambientale. Tutto questo ovviamente andrà realizzato in conformità alle destinazioni previste dagli strumenti urbanistici vigenti.

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Tra gli interventi previsti particolare importanza rivestono la riqualificazione delle sponde del fiume Nera, il percorso naturalistico pedonale lungo il fiume, che collegherà la Cascata delle Marmore ed il centro città, la riqualificazione dei giardini della Passeggiata e delle aree verdi vicine, la realizzazione di un giardino zen a completamento del parco già esistente di viale Trento. Ci saranno poi diversi interventi privati, in corso di attuazione o da realizzare, nell’ambito dei piani di lottizzazione convenzionati le cui aree di sistemazione verranno cedute gratuitamente all’Amministrazione Comunale. Si sta lavorando poi al progetto di recupero degli edifici esistenti dell’ex lanificio Gruber; in quell’area, nella parte sud, si prevede anche un ampliamento. Diverse le destinazioni d’uso proposte, la maggior parte degli edifici recuperati verranno destinati a finalità sociali con particolare attenzione al tema del social housing. I finanziamenti che verranno utilizzati per sostenere il Programma di riqualificazione urbana potranno essere di tre tipologie: privati in attuazione di piani di lottizzazione; ossia il Comune stabilisce di far fare al privato che costruisce determinate opere; oppure misto pubblicoprivato o totalmente pubblici. In quest’ultimo caso il Comune ha istituito un capitolo di bilancio in cui far confluire le risorse che provengono dalle sanzioni, dalle multe, emesse in seguito all’accertamento di danni ambientali. Quali saranno i primi interventi che verranno realizzati? Le priorità saranno quattro: si realizzerà il primo stralcio


del futuro p re p i ù v e rd e

amma, denominato di Riqualificazione degli spazi di connettività finiti gli interventi per il recupero di aree degradate e di spazi verdi. Leopoldo Di Girolamo Sindaco di Terni

Fotoservizio di Alberto Mirimao

del percorso pedonale di collegamento tra il centro cittadino e la Cascata delle Marmore, il primo stralcio dei lavori di riqualificazione della Passeggiata, il giardino zen in viale Trento e la riqualificazione dei giardini XIII Giugno. Il giardino zen verrà realizzato all’interno del parco delle Grazie nella porzione di verde che si trova all’angolo tra via Turati e viale Trento. Il parco è stato realizzato da poco e si trova in buone condizioni, non ci sono problemi particolari che riguardano il fondo, gli alberi e la vegetazione esistente. È una zona pianeggiante con un leggero dislivello verso via Turati. Il tema del progetto del giardino zen è disegnare uno spazio che diventi simbolo del rapporto di gemellaggio tra Terni e la città di Mikage, vicino a Kobe, in Giappone. Si creerà un asse immaginario che collega le due città, una sorta di itinerario che potranno percorrere le coppie di innamorati che verranno a far visita alla basilica di San Valentino. L’inizio del percorso sarà segnato da un albero di ulivo posto al centro di una pavimentazione circolare che evoca il Cielo e l’Albero della Vita. L’inizio e la fine del percorso sono elementi molto importanti per quanto riguarda la funzione simbolica dell’intervento; sono stati scelti due temi fondamentali presi in prestito dalla tradizione occidentale: l’albero della vita e l’acqua. Questi due elementi, messi in relazione con il percorso che attraversa i quattro elementi della materia, costituiscono l’itinerario completo che evoca il percorso della vita: nascita, vita materiale, salita al cielo.

Accanto alle piante già esistenti nel parco, ne verranno piantumate altre tipiche giapponesi: ci saranno la pianta del pesco, Hamani, il ciliegio giapponese, Sakuma, il bosso. La latitudine a cui si trova Terni è simile a quella della città di Mikage e questo dovrebbe consentire la vita di queste piante senza particolari manutenzioni. Per quanto riguarda l’intervento alla Passeggiata si prevede una riqualificazione con particolare attenzione alle zone del giardino delle mura e del parco Ciaurro. Si valorizzeranno le mura antiche con un’adeguata illuminazione e spostando l’area cani che attualmente si trova proprio a ridosso delle mura stesse. Saranno sostituiti gli attrezzi ginnici esistenti, ormai malconci, e si riorganizzerà tutta l’area verde. Saranno realizzati percorsi jogging ed una nuova area cani. La realizzazione del percorso pedonale, che una volta ultimato collegherà il centro cittadino con la Cascata delle Marmore, prevede la riqualificazione delle sponde del Nera. In questo contesto è prevista anche la realizzazione di un’area che permetta, in occasione di particolari iniziative ed appuntamenti, di installare una piattaforma elevatrice che garantisca anche ai disabili l’accesso alla zona bassa della Prua, quella situata vicino a ponte Caraciotti. Leo Di Girolamo

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Cons or zio di B on La Settimana Nazionale dell Piazza E. Fermi 5 - 05100 Terni Tel. 0744. 545711 Fax 0744.545790 consorzioteverenera@pec.it teverenera@teverenera.it - www.teverenera.it

Torna la Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione, voluta dall’ANBI (Associazione Nazionale dei Consorzi di Bonifica) in collaborazione con le Unioni Regionali delle Bonifiche. Da sabato 17 a domenica 25 Maggio 2014 i Consorzi di Bonifica si aprono alla conoscenza da parte dei propri cittadini-consorziati, confrontandosi sul tema La Terra chiede aria, l’acqua cerca spazio. Come tradizione, tantissimi gli eventi organizzati in tutta Italia, con la possibilità di visite guidate presso le opere idrauliche. Il programma delle manifestazioni ha la caratteristica di rivolgersi ad un pubblico eterogeneo, valorizzando soprattutto le iniziative popolari: convegni e mostre, ma soprattutto passeggiate ecologiche, biciclettate, spettacoli, fino alle esercitazioni di protezione civile. La Settimana Nazionale della Bonifica e dell’Irrigazione è una valida opportunità per conoscere l’attività dei Consorzi, ma soprattutto il proprio territorio. Denso il programma delle iniziative organizzate dal Consorzio Tevere Nera, rivolte principalmente al mondo della Scuola. Durante tutta la settimana tecnici del Consorzio, in collaborazione con l’associazione Myricae, accompagneranno le scolaresche delle materne e delle primarie presso il parco Le Grazie di Terni e lungo le sponde del fiume Nera nel tratto corrispondente al Parco Fluviale Urbano, al fine di far conoscere ed apprezzare le bellezze naturali del territorio. Il rapporto tra Consorzio e Scuola si è sviluppato durante l’ anno scolastico, tramite il Progetto didattico Sorella Acqua, nato in collaborazione con il Provveditorato. Numerose le scolaresche coinvolte che, con curiosità ed entusiasmo, stanno partecipando agli incontri ed alle lezioni riguardanti l’uso dell’acqua, quale preziosa risorsa dell’ambiente e del territorio. Tra le diverse iniziative che si realizzeranno a Terni, durante la Settimana, segnaliamo: - l’inaugurazione di una mostra, presso lo spazio espositivo della Camera di Commercio di Terni, dei lavori creati dagli studenti; - la passeggiata ecologica rivolta a tutti, associazioni sportive e cittadini; - un convegno sull’acqua e sulle energie rinnovabili; - la tradizionale gommonata sul Fiume Nera; - la premiazione degli elaborati delle Scuole. La Settimana della Bonifica è un appuntamento, che viviamo con grande

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L a Te r r a c h i e d e a r i a ,


i fi c a Te v e re N er a

a Bonifica e dell’Irrigazione l ’ a c q u a c e rc a s p a z i o

Orario di apertura al Pubblico Lunedì – Venerdì dalle ore 8,30 alle 12,00 Mercoledì dalle ore 15,30 alle 17,00

partecipazione e responsabilità -ha commentato Massimo Gargano, Presidente ANBIaprendo i lavori della IX CONFERENZA ORGANIZZATIVA NAZIONALE DEI CONSORZI DI BONIFICA, recentemente tenutasi a Venezia. Lo stesso Gargano ha precisato: In un territorio particolarmente fragile e vulnerabile i Consorzi di bonifica costituiscono gli effettivi presidi, per la tutela e la salvaguardia ambientale. Nei tre giorni della Conferenza, oltre 350 rappresentanti delle bonifiche e stakeholder del comparto si sono confrontati su tematiche di grande attualità riguardanti: l’ottimizzazione delle risorse idriche (dal loro risparmio alla produzione di mini e micro idroelettrico), le best practices per l’irrigazione, (dal “progetto acqua virtuosa” al sistema Irriframe), la salvaguardia idrogeologica (dai contratti di fiume ai Protocolli con le Amministrazioni Pubbliche), le opportunità della Politica Agricola Comune (dai partenariati ai Piani di Sviluppo Rurale). Il Consorzio di Bonifica Tevere Nera è stato presente con il suo Commissario Vittorio Contessa ed il Direttore Carla Pagliari che è intervenuta come relatore affrontando il tema delle modalità di riscossione dei contributi consortili dei tre Consorzi di Bonifica operanti in Umbria con particolare riferimento al “progetto in house”, sviluppato dal Consorzio di Bonifica Tevere Nera. I Consorzi di bonifica -ha sottolineato Contessa- rivendicano il loro ruolo. Sono un esempio concreto di buona sussidiarietà dove il privato sopperisce al pubblico. Le azioni svolte a tutela e messa in sicurezza idraulica del territorio ne sono la testimonianza diretta. Va altresì tenuto presente che i Consorzi hanno dato una risposta tempestiva a quelle esigenze di riordino territoriale da tempo invocate. I Consorzi di bonifica, infatti, attraverso un intenso processo di fusioni ed incorporazioni, realizzato mediante norme regionali, sono attualmente 121 rispetto ai 250 degli anni settanta ed ai 180 del 1998. Nello stesso periodo il territorio sul quale i Consorzi operano non ha subìto riduzioni ma si è accresciuto. Si tratta pertanto di un significativo e serio processo di ammodernamento con connesse riduzioni di spesa.

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Galileo Dovrebbero insegnarci a ricordare le idee

La libertà di Galileo

Dovrebbero insegnarci a ricordare le idee e non gli uomini che le hanno prodotte. Gli uomini sono limitati, vulnerabili e, a volte, non sanno prendersi cura delle proprie idee a dovere, falliscono, muoiono. Ma le idee sono eterne e invincibili. Una volta che sono state pensate, pronunciate e scritte non possono più essere ritirate, né cancellate del tutto. Dovrebbero insegnarci a ricordare le idee e non gli uomini che le hanno generate. Così i nostri libri sarebbero pieni di pensieri piuttosto che di nomi. E quanta forza possiede un’idea che non possiede un uomo; essa non può essere minacciata, né torturata. Non si può corrompere come l’anima che ci ritroviamo all’interno, né offuscare come i nostri occhi ciechi, che non temono il buio, bensì la luce. Avete reso cieco anche me rinchiudendomi nel buio delle vostre menti, e sordo, gridando nelle mie orecchie parole rabbiose, senza valore; e adesso quando rivolgo i miei occhi al cielo, come ho sempre fatto fin da ragazzo, non riesco più a vedere nessuna stella, nessun sole. Eppure non sono malato della vostra stessa cecità poiché tengo ancora bene aperti, seppur stanchi, gli occhi della mente. Quegli occhi che voi avete deciso di chiudere, di serrare, di cucire con il filo di qualcun altro. E se anche ho fatto di tutto per scucirli, per tagliare il resistente filo dei pregiudizi, mi avete reciso la mano e chiamato eretico. Mi avete fatto inginocchiare e giurare a gran voce di non ripetere mai più lo sbaglio che non ho fatto, colpevole di una colpa che non ho mai avuto. Ho creduto nella verità e ancora, fino al mio ultimo respiro, crederò nella verità della natura, della scienza e di tutto ciò che si può vedere, sentire, toccare e dimostrare non solo con le parole, ma anche con i fatti e con l’esperienza. Ma è il mio corpo che si è inginocchiato, non la mia mente. Mi hanno chiamato codardo poiché ho temuto il dolore del corpo e la sua decadenza, ma ah! Come siete coraggiosi, voi, a non temere la decadenza della mente! Ed è a voi che ho urlato, voi che non avete orecchie, a voi che ho mostrato, voi che non avete occhi! Ma per voi non ho voluto morire né abbandonare tutto ciò che ho costruito. Non sono un eroe né un martire: sono solo uno scienziato, solo un uomo. Nessuna volontà divina mi ha ispirato, ma soltanto la mia umana volontà ha voluto esplorare il cielo e la Terra e comprenderne le leggi. Vi chiedo di non ricordare il mio nome o ciò che mi è stato imposto con una forza che non valeva la pena contrastare con le armi deboli del corpo, ma le mie idee e le mie parole, che nessuno mai potrà eliminare. Non ho voluto morire per un’idea ma piuttosto vivere per essa e, benché mi sia stata strappata e io l’abbia rinnegata, è ormai indelebile in coloro che hanno preferito accendere la luce invece che nascondersi nel buio e camminare con i propri piedi, inciampando e rialzandosi fino alla fine. E a voi, che camminate con i piedi d’altri, dico che non lasciate impronta e che le vostre insensate verità saranno un giorno annegate nel mare dell’evidenza.

Tra il XVI e il XVII secolo, grazie alla rivoluzione scientifica, che scardina antiche dottrine, cambia radicalmente il modo di concepire la natura e la scienza. Non si tratta solo di nuove scoperte o nuove teorie cosmologiche, a trasformarsi radicalmente è anche l’approccio dell’uomo alla scienza stessa e la figura dello scienziato. Galileo Galilei è uno dei principali responsabili di questo mutamento: egli infatti non solo fu in grado di effettuare importanti scoperte astronomiche e fisiche, ma si fece soprattutto propositore di un nuovo metodo che costituisce un vero e proprio manifesto in questa rivoluzione. È infatti la rivendicazione di una duplice libertà: da un lato, quella della scienza, dall’altro, quella dello scienziato che proprio grazie al suo esercizio diventa libero. In cosa consiste, dunque, l’estrema novità proposta dal metodo galileiano? In primo luogo, esso unisce l’osservazione empirica alla teoria: lo scienziato non deve basarsi solo sullo studio dei testi o sulle proprie teorie astratte e mentali, ma osservare puntualmente la realtà che lo circonda e verificare tramite quest’attenta osservazione le proprie ipotesi. Galileo definisce il suo approccio all’indagine scientifica come insieme di sensate esperienze e necessarie dimostrazioni: esso non è fondato su un empirismo rapsodico e casuale, ma le attestazioni sensoriali sono completate e guidate da dimostrazioni teoriche. D’altro canto, l’indagine empirica fa del metodo galileiano un figlio della rivoluzione scientifica molto più potente e potenzialmente eversivo delle astratte ipotesi matematiche di Copernico, Brahe e Keplero: infatti, come scrive la studiosa Hannah Arendt, “provare che l’ipotesi […] spiega le apparenze non è la stessa cosa che dimostrare la realtà del movimento della terra”. Ma, fattore ancor più importante, il fare scienza per Galileo deve essere autonomo da ogni forma di autorità che possa limitarlo e intralciarlo. Questa rivendicazione contro il principio dell’ ipse dixit è evidente soprattutto nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del modo, nel quale Simplicio, l’aristotelico che segue fedelmente ogni detto del suo maestro, è attaccato pesantemente da Salviati, modello del nuovo scienziato e portavoce delle idee galileiane, in questi termini: “Venite pure con le ragioni e con le dimostrazioni, vostre o di Aristotile, e non con testi e nude autorità”. Nella scienza di Galilei, dunque, non ci sono autorità che reggano, solo ragionamenti e fatti che possono essere dimostrati: il prof. Paolo Rossi, in un’intervista rilasciata per l’Unità, riassume la posizione galileiana sostenendo che nella scienza della rivoluzione “non vale l’autorità di chi parla. Qui vale solo quello che una persona dice. E ciò che una persona dice deve essere provato mediante esperimenti.”. Ecco, dunque, come la scienza diventa libera grazie al matematico toscano: libera dall’autorità del passato, da qualsiasi autorità le si voglia imporre nel presente e anche e soprattutto dall’autorità religiosa, che in quella dura epoca controriformistica di repressione e censura stagliava la sua voce di dissenso anche contro i nuovi scienziati, poiché sovvertivano lo status quo delle cose, e questo non era possibile. Dio aveva detto al Sole Fermati!, sta scritto nelle Sacre Scritture: allora il Sole dev’esser fermo; Dio ha posto l’uomo al centro dell’universo, allora la Terra che egli abita deve esserne per forza il centro. Galilei libera l’indagine scientifica anche da questa forma di limitazione: nelle Lettere Copernicane affronta il delicatissimo rapporto tra fede e scienza e nell’epistola indirizzata alla Granduchessa Cristina di Lorena scrive che Dio, che ci ha fatto dono dell’intelletto, non può averlo voluto anche limitare fornendoci lui la risposta a determinati interrogativi ai quali possiamo trovar risposta da soli grazie alla ricerca scientifica, e aggiunge inoltre che le Scritture sono parziali ed incomplete in ambito astronomico, e che dunque non debbono essere considerate fonte di verità in questo settore. Galileo è uomo di fede e di scienza e, non volendo rinunciare a nessuno dei due aspetti dell’esistenza, propone una separazione degli ambiti: in ogni ambito, però, c’è una supremazia che non può essere messa in discussione e, in quello scientifico, è chiaro che le Scritture non possono arrogarsi il titolo di autorità. Nel suo campo, la scienza è libera. Il metodo di Galileo rende però libero non solo l’approccio alla ricerca ma anche l’uomo stesso: lo scienziato, una volta che ha raggiunto la propria verità in modo autonomo, dato che questa verità è resa forte e inattaccabile dalle dimostrazioni scientifiche, non deve aver paura di divulgarla liberamente, senza temere la repressione. A questo proposito, significativo è il modo in cui il matematico viene presentato dall’autore novecentesco Bertolt Bretch: nella sua opera Vita di Galileo, il protagonista è uno scienziato spavaldo, fiero delle sue scoperte e desideroso di divulgarle. Avendo scoperto i satelliti di Giove, che, essendo corpi celesti che ruotano attorno ad altri corpi, mettono in discussione tutte le antiche credenze circa il movimento planetario, dando credito alle ipotesi copernicane di eliocentrismo e bruniane di acentricità del cosmo, egli è euforico: continua a ripetere al suo amico ed interlocutore Sagredo: “Ora svegliati, Sagredo!” e “Vuoi smetterla di startene lì come un citrullo, quando abbiamo scoperto la verità?” e quando l’altro, più cauto, gli ricorda che si caccerà in grossi guai se divulgherà la sua scoperta, ricordandogli anche come è andata a finire per Giordano Bruno, egli risponde che quest’ultimo è stato condannato al rogo perché non aveva le prove di quel che sosteneva, che era però vero. La scienza, dunque, rende autonomo l’uomo nell’esercizio della sua ragione e nella divulgazione del suo sapere, perché gli fornisce le dimostrazioni che lo rendono inattaccabile da qualsiasi tipo di autorità. Certo è che, pur essendo il desiderio divulgativo proprio del Galileo storicamente esistito così come di

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Valentina Sernicola II D

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Galilei Un ingenuo rivoluzionario quello che Brecht ci presenta, di sicuro il personaggio reale fu meno spavaldo ed intrepido quando, nel 1633, si trovò dinanzi agli occhi gli attrezzi della tortura: in quell’occasione, si mostrò pronto ad abiurare tutte le sue teorie, in particolare quel sistema copernicano che pur grazie alle sue scoperte aveva capito esser quello veritiero. La scienza, che rende l’uomo libero, che lo fa forte delle proprie convinzioni e autonomo nell’esercizio del proprio raziocinio, non ha forse funzionato proprio con il suo primo sostenitore? Come va giudicato questo gesto? Molti lo interpretano come un’astuzia da parte di Galileo, che in questo modo è riuscito a salvarsi e a continuare, seppur con i dovuti controlli e costretto al carcere domiciliare a vita, i suoi studi. Altri, invece, rimangono delusi da questo gesto, considerandolo una mancanza di coraggio. D’altra parte, nonostante l’abiura, il metodo proposto da Galilei non tramontò: gli scienziati cominciarono a lavorare come Galileo, come si evince anche dal quadro L’astronomo o piuttosto l’astrologo di Jan Veermer. La tela, mostrando uno studioso del cielo munito di astrolabio, diagrammi, globi e libri, illustra il cambiamento che si verificò, grazie a Galileo, nell’approccio alla ricerca scientifica, che divenne non solo studio di testi, ma anche osservazione sperimentale della realtà. Divenne libera indagine. La Chiesa, da parte sua, ha deposto le armi: il 31 ottobre 1992 papa Giovanni Paolo II pronunciò un discorso per l’assoluzione definitiva di Galilei dalla accusa di eresia, dandogli ragione: Galileo sosteneva che le Scritture non andassero interpretate alla lettera, ma in maniera allegorica, e il papa in quell’occasione sottolineò che l’errore del tempo fu che la Chiesa tentò di fare il contrario. Il pontefice ricorda anche che: “In realtà, la Scrittura non si occupa dei dettagli del mondo fisico, la cui conoscenza è affidata all’esperienza e ai ragionamenti umani”, concordando con Galileo sull’esistenza di due ambiti distinti, quello scientificofilosofico e quello teologico, che però non sono per forza in opposizione, al contrario “le metodologie proprie di ciascuno permettono di mettere in evidenza diversi aspetti della realtà”. Anche Galileo, padre della libertà della scienza e degli scienziati, è stato liberato dal peso dell’abiura. È stata fatta giustizia. Camilla Bernardinangeli II D

Nel Seicento, il mondo ha aperto gli occhi. Come un bambino che si sveglia da un lungo sonno, che all’inizio si stropiccia le palpebre e piange perché la luce troppo forte gli dà fastidio; che si era abituato al buio e adesso deve arrendersi a questo nuovo bagliore mattutino. Nel Seicento, il mondo si è sbloccato. Come un vecchio, la cui vita è oramai scandita dai ritmi lenti e regolari, sempre uguali, delle abitudini inflittegli dall’età e dalle salde convinzioni che ha portato avanti per tutta una vita; che si trova costretto a cambiare gli orari, le comode consuetudini nelle quali viveva, le ferme certezze nelle quali trovava rifugio. Tutti, il vecchio e il bambino, si sono dovuti adattare al cambiamento, si sono visti mettere in discussione ciò che di più certo c’era, ciò in cui credevano e di cui minimamente dubitavano. Si sono ritrovati spiazzati, colpiti, spaventati: il mondo in cui vivevano è caduto a pezzi. La colpa, che logicamente anche loro hanno ricercato, è in gran parte, azzarderei quasi tutta, riconducibile a un uomo. Un uomo, in effetti, un po’ bambino, o almeno da bambino era la sua ingenuità, la limpidezza innocente ed inconsapevole con la quale affermò le sue brillanti teorie, tutt’altro che ingenue ed inconsapevoli, e la determinazione e la testardaggine con le quali le sostenne. La genialità di quell’uomo, assieme alla sua schietta sfrontatezza, aprirono gli occhi ed invertirono gli schemi, rivoluzionarono l’intera visione del mondo. È proprio di rivoluzione infatti che si parla, quando si nomina lo scienziato pisano Galileo Galilei; come asserì difatti anche il prof. Paolo Rossi, filosofo e storico della scienza: “Sono convinto che si debba parlare di rivoluzione scientifica perché l’attività di Galileo e di tanti altri filosofi naturali nel Seicento ha rappresentato una forte novità. Come accade, appunto, nelle rivoluzioni”. Rossi definisce inoltre la rivoluzione sinonimo di rottura con il passato e proprio di questo infatti si trattò. Prima delle idee introdotte dal polacco Niccolò Kopernico, il quale fu il primo -almeno in età moderna- a sostenere la teoria eliocentrica e ad accusare di inutile complessità la dottrina tolemaica, allora la più diffusa e seguita dal popolo e soprattutto dalla Chiesa, si riteneva il Sole girasse attorno alla Terra, la quale era immobile al centro dell’universo. La sostanziale differenza tra Copernico e Galileo fu proprio nell’approccio che assunsero nel proporre le loro teorie. Kopernico infatti, ormai morente al momento della pubblicazione del suo trattato De revolutionibus orbium celestium, non poté impedire al teologo luterano Andreas Osiander di anteporre alla sua opera una prefazione anonima, nella quale affermava che la nuova dottrina astronomica, di seguito illustrata, non fosse altro che un’ipotesi matematica, volta a semplificare la complessità della precedente teoria. In realtà Copernico credeva fortemente nell’eliocentrismo, reputandolo la struttura fedele e reale del cosmo. A differenza del predecessore, invece, Galilei ebbe modo e volontà di comunicare a tutti la sua scoperta, non riuscendo a porre un freno al proprio entusiasmo da fanciullo, immagine che ci viene fornita anche da un passo del dramma Vita di Galileo di Bertolt Brecht, nel quale lo scienziato, dopo aver osservato con il cannocchiale i satelliti di Giove, manifesta la propria eccitazione all’amico Sagredo: “Sveglia, amico! Quello che vedi tu, non l’ha ancora visto nessuno”. Ma furono proprio il suo entusiasmo e la sua irremovibile decisione a condannarlo. Scienziati, teologi e astronomi precedenti avevano elaborato le loro teorie, giuste o errate che fossero, basandosi su calcoli e osservazioni ad occhio nudo, adducendo come uniche argomentazioni a sostegno la loro convinzione e dimostrazioni matematiche quanto mai astratte e di comprensione estremamente difficile. In tal modo, la Chiesa non ebbe motivo di muovere alcuna accusa nei loro confronti. Galileo, al contrario, si costruì la condanna e l’etichetta di eretico con le proprie mani, volgendo il cannocchiale verso il cielo e offrendo la prova della sua illuminante teoria all’osservazione di tutti. “La diversa rilevanza del sistema copernicano e delle scoperte di Galileo fu compresa chiaramente dalla Chiesa cattolica, che non sollevò obiezioni alle teorie pre-galileiane di un sole immobile e di una terra in movimento, di cui gli astronomi si servivano come ipotesi convenienti per i loro scopi matematici; ma, come precisò il cardinale Bellarmino a Galileo, provare che l’ipotesi spiega le apparenze non è la stessa cosa che dimostrare la realtà del movimento della Terra”. Così scrive la studiosa Hannah Arendt nel suo saggio Vita activa. Fu dunque lui, questo uomo un po’ bambino a fare la rivoluzione. Fu lui a cambiare la cose, a rimuoverne definitivamente alcune e ad introdurne altre. Con lui e la rivoluzione scientifica del Seicento, si andò affermando una nuova immagine della natura, si realizzò “una sorta di autonoma Repubblica della Scienza”, come afferma il professor Rossi sempre nella stessa intervista, e si abbandonò il principio dell’ipse dixit, a favore della diffusione di un sapere pubblico e destinato a tutti, non più riservato ad una stretta cerchia di persone. A Galileo spettano quindi innanzitutto le scuse della Chiesa, che lo condannò, costringendolo ad abiurare, negando tutto ciò che con tanto impegno e devozione aveva scoperto, a vantaggio di tutti. Fu infatti il papa Giovanni Paolo II, nel 1992, ad assolverlo dall’accusa di eresia: “L’errore dei teologi del tempo, nel sostenere la centralità della terra, fu quello di pensare che la nostra conoscenza della struttura del mondo fisico fosse, in certo qual modo, imposta dal senso letterale della Sacra Scrittura (…). In realtà, la Scrittura non si occupa dei dettagli del mondo fisico, la cui conoscenza è affidata all’esperienza e ai ragionamenti umani”. Oltre alle dovute scuse, Galileo si merita anche un nostro ringraziamento. Egli è la luce del mattino che ha costretto il bambino ad aprire gli occhi assonnati, ed è il cambiamento che ha imposto al vecchio di mutare le sue rassicuranti abitudini. Ma allo stesso tempo Galileo è un fanciullo ingenuo quanto geniale, che, convinto di ciò che vede, non si capacita di come anche tutti gli altri non lo scorgano, e di come possa la sua scoperta non suscitare negli animi di tutti il suo stesso vivo entusiasmo. Anche Brecht, nella sua opera, ce lo descrive imprudente ed impulsivo, incapace di contenere e dosare il proprio entusiasmante stupore, ed è così che fu: colto, studioso di talento, uomo a dir poco geniale; ragazzino ingenuo ed impudente, sfrontato e chiaro, limpido, trasparente. Galileo pensava, e ciò che dalla sua mente veniva elaborato egli diffondeva, a discapito suo, per il progresso Valeria Croce II D di tutti.

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Ha più di cinquanta anni, ma se li porta alla grande: l’azienda Landi opera nel settore dell’edilizia fin dal 1960. Da allora la nostra filosofia è rimasta sempre la stessa: massima attenzione alle esigenze del cliente; professionalità, cortesia e competenza; scelta dei prodotti migliori sul mercato; garanzia di un ottimo rapporto qualità prezzo, spiega Massimiliano Landi titolare, insieme al padre Zeno, dell’Edilcasa. Ho cominciato a lavorare fin da giovanissimo, siamo artigiani innamorati nel nostro lavoro, coniughiamo tradizione e tecnologia innovativa, uniamo la vecchia tradizione dei mastri muratori con l’utilizzo dei migliori prodotti e delle moderne tecniche. Per questo l’utilizzo della normativa antisismica per noi non è stata una novità ma una consuetudine già applicata da tempo; usare il fotovoltaico ed il solare, le coibentazioni termoacustiche è stato il giusto completamento della nostra attività, spiega Massimiliano Landi. Nel 1978 per garantire la migliore qualità dei materiali ed una maggiore competitività sul mercato è stata affiancata all’attività costruttiva la Edilcasa Landi, azienda che commercializza materiali per le costruzioni e finiture delle migliori marche, prodotti con le tecnologie più innovative. L’attività viene svolta in una struttura espositiva di 2000 metri quadrati e in un piazzale di 10.000 metri quadrati.

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La rotta dei trafficanti del Sinai

Le regole del makhzan sono precise: puoi lamentarti solo al telefono, anzi devi, per il resto nella prigione-garage (il makhzan) nella villa del ricco beduino Abu Omar non deve volare una mosca, si sta in piedi tutto il giorno con il supporto di scosse elettriche, filo spinato, catene con chiodi conficcati nella carne e, ogni sera, si ha il diritto a telefonare a un familiare per chiedere il riscatto. Durante questi colloqui gli aguzzini versano gocce di plastica fusa sulle ferite aperte per rendere più drammatica la richiesta di denaro. Così racconta Yonas, miracolosamente rilasciato dopo aver racimolato cinquantamila dollari tra il suo paese, l’Eritrea, e quello di sua sorella, l’Australia. L’Eritrea è una caserma-prigione a cielo aperto che per vent’anni è stata in mano al dittatore Isayas Afewerki. Yonas è riuscito a fuggire in un campo profughi in Sudan, dove ha trovato la speranza di un viaggio verso una terra promessa dove rifarsi una vita, Israele. Nel 2012 il governo Netanyahu, per fermare l’ondata migratoria proveniente dal Corno d’Africa, ha eretto un muro al confine con il deserto del Negev, di fatto consegnando alla temibile polizia egiziana i profughi, ma a razionare le migrazioni ci avevano già pensato i beduini del Sinai, veri e propri

trafficanti umani che negli ultimi anni hanno sequestrato più di cinquemila persone. La sorte di Yonas è stata comune a quella di altri eritrei: un beduino l’ha portato in una villa nel deserto dove ha subìto torture e minacce, dopo tre anni ha racimolato i soldi per il riscatto, è stato consegnato alla polizia egiziana e accusato di immigrazione clandestina. Grazie all’intervento di alcune associazioni umanitarie è rimasto poco nelle disumane carceri egiziane, gestite da poliziotti corrotti che chiedono il riscatto ai familiari dei detenuti. Yonas fuma nervosamente in una stanza in affitto in una cittadina egiziana, non ha i soldi per andarsene, non trova lavoro, si batte perché il mondo sappia cosa accade nel Sinai e fermi chi gestisce il traffico di profughi; ha scoperto che i soldi del suo riscatto sono finiti in una banca eritrea; è dal suo paese che viene organizzato tutto. La tragedia umanitaria meno documentata dei nostri anni è stata raccolta da un giovane free lance francese, Baptiste de Cazanove. Intanto ad Asmara, in una fabbrica gestita da un imprenditore di Bergamo, si cuciono le magliette di una nota marca d’alta moda del made in Italy. Nel 2008 l’imprenditore ha organizzato a Napoli un convengo sui rapporti Italia-Eritrea a cui ha partecipato il sanguinario dittatore, isolato dalla comunità internazionale e accolto qui da noi a braccia aperte da uno sparuto gruppetto di autorità locali. D’altra parte, dall’Ital-cantieri all’Eni, fino a una gelatiera dell’epoca fascista ancora operante, gli interessi italiani nell’ex colonia sono ancora molto forti. Francesco Patrizi

La Festa di San Valentino Che il giorno della festa del nostro Santo Patrono si debba assistere e subire tutta quella sarabanda fieristica, di mercanti urlatori e venditori d’ogni cosa appena fuori il Tempio è uno scempio. Mischiare caoticamente e reiteratamente, ogni anno che passa, la Santa Festa e la fiera pare che faccia parte della nostra subcultura arretrata e volgare. Il 14 di febbraio dovrebbe essere un giorno dedicato esclusivamente a San Valentino, con SS. Messe, preghiere, venerazione, canti particolari e processione. Invece, parafrasando una canzone dedicata al Santo dagli Altoforno (famoso gruppo di cantori della ternitudine): “..le nocchie…la porchetta…i palloncini… non insistete troppo chè noi ternani semo bboni e cari.. ma non ce dovete da roppe li cojoni…”. Di recente poi si sono aggiunti tanti cioccolatini… che c’entrano poco con le nostre tradizioni. E pensare che potremmo fare il pienone di turisti in città almeno per una settimana. Se riuscissimo a fare un bel programma composto da giornate impegnate per lo Spirito rivolto a San Valentino, alla Promessa, la poesia e l’arte sacra, e giorni per il corpo: la Maratona intitolata al Santo, altre manifestazioni sportive, escursioni presso i nostri siti più belli che sono posti adattissimi alle coppie perché romantici, come: Carsulae, La Cascata, Piediluco, il Nera, Le Rocche, i Musei (quel poco..). Promuovere quindi la buona cucina nostrana, il percorso dei vini e dell’olio doc, e così altre proposte interessanti non ci mancherebbero da offrire agli ospiti. Con un po’ di buona volontà e un minimo di intelligenza si potrebbe articolare un pacchetto vacanze molto attrattivo, per le coppie di fidanzati, per i maratoneti, amici e parenti al seguito. Poi dovremo cercare di collegare questo evento con i Carri di Maggio, dove i giovani innamorati vengono per vivificare il loro amore nella stagione più propizia, la primavera. E così tornare a Terni per pregare e cantare lodi al Patrono degli Innamorati, il loro Santo Protettore e anche divertirsi. Sulla Promessa, noi come associazione di psicologi, abbiamo più volte tentato di inserire delle giornate di riflessione per le coppie,

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coordinate da esperti della fede e della scienza su tematiche orientate al significato profondo della Promessa, il percorso dal fidanzamento al matrimonio a scopo prevenzione delle crisi, dinamiche e soluzioni. Mi pare troppo poco e superficiale che tutto inizi e si chiuda con il Rito della Promessa, un rinfresco e un brindisi di auguri. Mentre la Basilica del Santo e il complesso della sua struttura dovrebbero diventare la Casa degli innamorati, una dimora sempre aperta per coloro che volessero tornare a pregare per rinforzare e mantenere la Parola scambiata. Un solo incontro anche se intenso e piacevole non lascia segni in profondità, si dovrebbero organizzare incontri periodici con le stesse coppie almeno all’inizio della loro vita al fine di sostenerle, sentire quali difficoltà trovano nel loro comune cammino, mettendo loro a disposizione una équipe composta da religiosi e psicologi specializzata in problematiche loro specifiche. Si può dare aiuto anche attraverso l’apertura di un sito web sulla Promessa e così poter ricevere richieste di consigli dei giovani innamorati e dare loro risposte. Oltre a registrare i nomi delle coppie che partecipano alla Festa sarebbe molto opportuno avere le statistiche di quanti arrivano al matrimonio e in quanti anni, e di conseguenza quanti si lasciano e per quali motivi la Parola data non è andata a buon fine. Di questo e di altro avevamo pensato di intrattenere i fidanzati per qualche ora alla vigilia della loro Festa, ma non ci è stato possibile. Su ispirazione sicuramente di nostra Eminenza (ex) vescovo Paglia, Papa Francesco per San Valentino, ha organizzato un incontro che non ha precedenti nella storia della Chiesa. Venticinquemila fidanzati, provenienti da tutte le parti del mondo, si ritroveranno in Piazza San Pietro per condividere questo giorno con il Santo Padre. Non sono ancora sposati, dice il Papa, ma si amano e vogliono amarsi per sempre, dovremo essere loro vicini e sostenerli. Un segnale fortissimo quello che la Chiesa ha deciso di dare in tempi dove la crisi ha colpito anche quest’unione. Ora noi ternani e sanvalentiniani di fronte ad un evento di tale portata, sarà il caso di collegarci con il Vaticano per fare in modo che dopo la Benedizione del Santo Padre tante coppie vengano a presentare la loro unione d’amore nel Santuario del Patrono degli innamorati? O vogliamo ancora continuare a autodanneggiarci con la solita misera cultura paesana che non ha sviluppo sia religioso che laico? Aldo Zerbini


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BODONI Sul percorso della comunicazione fra gli uomini durante i secoli, dai primitivi graffiti alle innovazioni tecnologiche, in un crescendo che si è fatto spasmodico allontanando la nostra osservazione dalla qualità del contatto privilegiato dell’individuo con il suo prossimo attraverso gli organi sensoriali e facoltà mentali, lo spirito ed il corpo per intenderci, si sono verificati spostamenti del punto di vista, spesso inconsulti e pericolosi. Queste riflessioni molto sommariamente riferite hanno capisaldi nelle varie epoche della storia, simbolicamente rappresentati da personaggi che hanno lasciato una traccia profonda ed indelebile sul nostro cammino intellettuale con la loro capacità di introdurre elementi di grande impatto formativo anche se oggi ingiustamente lasciati da parte. Ma non da tutti. Vogliamo ricordare la celebrazione che si sta concludendo del bicentenario del principe della tipografia, Giambattista Bodoni. Scelta un po’ speciale la nostra perché fa coincidere due aspetti della creatività espressa dall’uomo, il gusto che è arte e la tecnica che è formazione del pensiero legata all’offerta di sempre nuovi mezzi di diffusione della cultura, intendendo per cultura non solo il bagaglio del sapere ma anche l’applicazione di strumenti atti a proporcelo. Come la scrittura e la sua riproduzione grafica, la stampa, frutto dell’opera di eccezionali artigiani ed artisti della tipografia europea. E delle varie localizzazioni che nella nostra regione hanno segnato l’excursus della stampa, da Foligno a Città di Castello, a Spoleto, per ricordare luoghi dove le capacità professionali si sono maggiormente evidenziate. Anche a Terni abbiamo esempi di eccellenti stampatori ed editori che hanno tracciato un percorso ottimale. Ma riprendiamo il nostro discorso più a monte ed esattamente a Parma dove, nella seconda parte del ‘700, giungerà Giambattista Bodoni, piemontese d’origine e lungamente operante a Roma presso la Stamperia della Congregazione di Propaganda Fide dove apprenderà i segreti del mestiere nella maniera più acconcia, rivoluzionando poi l’immagine visiva della pagina con il suo “manuale tipografico” che Franco Maria Ricci, raffinato editore e grande collezionista di edizioni bodoniane chiamerà “madre di tutti i libri”, un abbecedario senza testo che in potenza li conteneva tutti. Personaggio intellettuale, amante delle arti, dalla fama incredibile presso i contemporanei tanto che lo stesso Napoleone si recò a Parma per rendergli omaggio. Il suo gusto estetico e le sue capacità tecniche sono il fondamento del nostro concetto di libro, ma non hanno perso la loro influenza sui media attuali di informazione. Le regole del trattato bodoniano appartengono allo stile grafico tout court. Nei secoli formativi del tracciato visivo che conduce al rapporto attuale con la scrittura se Gutenberg fu il tecnico, Aldo Manuzio l’intellettuale, Bodoni è stato l’esteta creando alfabeti di grande eleganza e codificando il loro uso nella pagina stampata. Oggi conclude l’itinerario Steve Jobs, stimolante imprenditore. Nell’era del mondo digitale ci si chiede che cosa ci resta dell’arte grafica. Gli esperti non hanno dubbi e ci rispondono confermando quello che noi crediamo, ossia che i caratteri di Bodoni sono un modello contemporaneo di stile e di eleganza di cui si tiene conto anche nei font dell’informatica che pur sempre si basa sul design grafico per Fr anca Calzavacca il suo progetto di comunicazione.

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Comune di

Arch. Nicola Beranzoli Sindaco

In un quinquennio di tagli senza precedenti il Comune è riuscito a: mantenere TASSE, IRPEF e IMU a livelli più bassi che in altri comuni. Infatti, nonostante gli aumenti nazionali, riducendo la spesa pubblica ed attivando iniziative, abbiamo mantenuto le stesse aliquote, mentre la maggior parte dei Comuni le ha aumentate nel 2013. Ciò grazie ad una nostra sana politica di riduzione della spesa e di diminuzione con apposite iniziative, come la politica di adozione dei cani abbandonati e custoditi al canile del comune, che costavano al comune oltre 70.000 € all’anno.

Riduzione delle tasse Continueremo su questa strada, operando in futuro ulteriori riduzioni anche per l’attività amministrativa: ad per esempio ho svolto la mia attività di Sindaco senza alcun rimborso delle spese sostenute per i numerosi viaggi compiuti alla ricerca dei finanziamenti. Pur assicurando costantemente livelli di sicurezza per il territorio nonostante neve, movimenti franosi e precipitazioni eccezionali, ecc. non abbiamo aumentato, ma anzi abbiamo diminuito l’indebitamento del Comune preservando dal debito le generazioni future, alle quali anzi consegnamo più risorse di quelle che abbiamo trovato. E questo grazie ai contributi che siamo riusciti ad ottenere come quello per l’abitato di Cisterna ed anche alle attività che abbiamo promosso e che porteranno risorse fresche nelle casse del Comune di Stroncone. Citiamo in particolare la realizzazione del fotovoltaico sui tetti di edifici comunali che, grazie ad un finanziamento regionale di 240.000 €, permetterà al comune di incassare in 20 anni un milione e quattrocento mila Euro, avendone spesi solo 210.000; la riattivazione della autorizzazione alla Terni Energia per il Parco Eolico di Colle Ventatoio, dopo che i ricorsi del Ministero dei Beni Culturali ne hanno impedito l’inizio dei lavori per quasi tre anni; l’opera produrrà energia pulita e farà entrare nelle casse del comune ulteriori 70.000 € all’anno; l’affidamento della messa in sicurezza e l’efficientamento dell’impianto di pubblica Illuminazione, attraverso un esperimento di progetto di finanza che farà risparmiare al Comune almeno 150.000 € di interventi, bloccando il prezzo dell’energia almeno per il 10% di possibili futuri aumenti e ottenendo risultati anche migliori dal punto di vista tecnologico. È anche previsto che il vincitore della gara versi, in base alle attuali normative, un premio di miglioramento dell’offerta che è stato fissato in 70.000 €; la definizione della vicenda dei c.d. SWAP che, da una richiesta degli istituti finanziari di c.ca 140.000 €, si è conclusa a c.ca un terzo con modalità molto pi vantaggiose per il Comune di quelle con le quali si era cominciata la trattativa. Stiamo inoltre per firmare un accordo con l’ENEA che ci permetterà di realizzare a Stroncone un progetto pilota su tecnologie innovative per il risparmio energetico: diminuzione della vulnerabilità sismica ed efficentamento

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S t ro n c o n e energetico dell’intero Centro Storico come se fosse un unico complesso edilizio; realizzazione di un edificio intelligente con necessità energetiche quasi ridotte a zero, nel quale ospitare anche un impianto per allenamento sub dedicato anche ai corpi di soccorso e di protezione civile. Stroncone infatti, grazie alla sua posizione prossima anche all’area Romana, può costituire un riferimento baricentrico per questa attività visto che non sono presenti altri impianti nell’area centrale. Le strade di accesso al Colle ed a Finocchieto sono in corso di progettazione per la realizzazione degli interventi più urgenti, immediatamente eseguibili, ma saranno oggetto di progetti più grandi e consistenti in un bando che la regione sta per emanare: non abbiamo ristretto il nostro orizzonte solo agli interventi realizzabili in questa consiliatura: quello che ci interessa non è guadagnare meriti personalistici, ma realizzare opere per i cittadini e per Stroncone Grazie all’intervento della Provincia di Terni che, provocato e sostenuto, sono stati effettuati interventi di consolidamento e di manutenzione della scarpata stradale Stroncone-Terni, e sono in corso di progettazione quelli necessari sulla strada dei Prati. Insieme alla Provincia abbiamo presentato alla Regione un progetto per la messa in sicurezza dell’abitato di Molenano e della stazione che elimini il problema della strettoia stradale e dell’attraversamento a guado del fosso di Stroncone, impraticabile durante le piogge. Stroncone ha ospitato manifestazioni sportive internazionali Esse possono avere dei benefici futuri in quanto fanno conoscere questo territorio nel modo più corretto, quello di attività sportive salutari. Stroncone è stato infatti inserito in due prove internazionali di tiro con l’arco che hanno portato il paesaggio dei prati ed il centro storico all’attenzione dell’Europa intera, ma anche di paesi come il Canada e l’Australia, creando le premesse per un circuito turistico per gli anni futuri. Questo si affianca ai flussi di turismo religioso e naturalistico, nonché enogastronomico che già oggi vedono presenti numerosi visitatori. Il recupero di numerose piccole chiese rurali, come quelle di Corvaiano, di Vasciano, del Colle e dei Prati, nonché dell’ ex Chiesa del Gonfalone ove ospitare il primo Museo dei Corali, operato con il contributo del GAL, rappresenta uno sforzo considerevole che sta già dando buoni risultati, anche perché si inserisce nei percorsi dei Protomartiri Francescani. Il PUC, che prevede la realizzazione del museo del territorio e delle tradizioni religiose, accanto a nuove attrezzature di parcheggio ed al rifacimento di vie e piazze cittadine, coronerà questo sforzo della mia Consiliatura di portare Stroncone, il suo territorio e le frazioni, ad un livello di attrezzature e di servizi per gli abitanti e per i visitatori più alto e completo di quello di cinque anni or sono.

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La Bartoli Giacomo, Giacomo ha acquisito un’esperienza sulle manutenzioni presso le centrali Enel, costruzioni di torri refrigeranti, carpenterie di ogni genere, recinzioni industriali e civili con relativi cancelli e scale.

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GREENA SM : l ’ im p ia nt o d i b i o d i g es t i o n e e c o m po stag g io d i Ne ra Mo nto ro chiud e i l 2 0 1 3 s u p era n do i r i s u ltati prev isti Trattate oltre 29 mila tonnellate di frazione organica dei rifiuti solidi urbani, prodotti oltre 4 milioni di kWh di energia rinnovabile. Il biodigestore ha generato 2,8 milioni di metri cubi di biogas con un’efficienza quasi doppia rispetto alle attese. 2.800 tonnellate di compost cedute ad attività agricole e per la riambientazione della discarica di Valle a Terni. GreenAsm S.r.l., Joint Venture paritetica costituita da TerniEnergia S.p.A. e ASM Terni S.p.A., comunica che l’impianto di digestione anaerobica, con valorizzazione energetica, e di compostaggio e biostabilizzazione di rifiuti a matrice organica di Nera Montoro, avviato nel mese di ottobre del 2012, ha chiuso l’esercizio 2013 superando gli obiettivi industriali e operativi inizialmente fissati. Il presidente, Ing. Stefano Tirinzi, ha così commentato: “Siamo pienamente soddisfatti dei risultati di esercizio dell’impianto, che contribuisce in maniera consistente alla sostenibilità ambientale e all’innovazione del sistema impiantistico e del ciclo dei rifiuti nell’ambito territoriale. In particolare, la JV tra TerniEnergia e Asm Terni ha impresso un notevole contributo all’attivazione di una filiera corta per il recupero di materia ed energia grazie alla valorizzazione della frazione organica dei rifiuti solidi urbani. Attraverso la costituzione di un veicolo societario paritetico, Asm Terni ha rafforzato il proprio ruolo nodale nella gestione del ciclo dei rifiuti ed ha introdotto elementi virtuosi di partnership tra la multiutility, interamente partecipata dal Comune di Terni, e una società quotata come TerniEnergia che ha nell’industria verde il proprio core business”.

In particolare, nell’impianto GreenASM sono state conferite complessivamente 29.700 tonnellate, composte da frazione organica dei rifiuti solidi urbani da raccolta differenziata e da sfalci e potature, che sono le tipologie di rifiuto più adatte alla produzione di biogas. La fase di biodigestione anaerobica ha consentito la trasformazione di circa 13.500 tonnellate di rifiuto in biogas, prodotto con un rendimento e un’efficienza operativa molto al di sopra delle aspettative. Infatti, l’impianto ha generato oltre 2.800.000 metri cubi di gas (compresa la fase di start-up del biodigestore), con un rapporto di 211 metri cubi di gas per tonnellata di rifiuto contro i 120 metri cubi per tonnellata “garantiti” dal produttore della tecnologia. Tali risultati si sono riflessi con un impatto molto positivo sulla produzione di energia elettrica immessa in rete (oltre 4 milioni di KWh). In termini economici, anche il valore della produzione è risultato superiore alle previsioni del business plan, mentre sul fronte dei costi di produzione l’unica differenza si è riscontrata in relazione agli oneri di smaltimento degli scarti per i quali ci si aspettava una minore quantità. Il miglioramento delle procedure e degli standard della raccolta differenziata da parte dei conferitori e la crescita qualitativa della raccolta stessa, consentono di prevedere un miglioramento di questa voce nei prossimi esercizi. Infine, sono state cedute circa 2.800 tonnellate di compost di qualità impiegato principalmente per la produzione di terriccio per agricoltura e per la ricopertura e riambientazione della discarica di Valle.

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Scienza o filosofia? Solitamente alla prima lezione al liceo l’insegnante mette subito in chiaro, per spiegare che cos’è la filosofia, che essa esprime un sapere critico e libero basato sulla ragione e si distingue dalla religione che è fondata sui dogmi e sulla fede. E poi, venendo alla scienza, definisce anch’essa un sapere critico razionale per cui sembrerebbe non esserci alcuna differenza con la filosofia, ma subito dopo precisa che mentre la scienza cerca di spiegare come avvengono i vari fenomeni, la filosofia si pone la domanda più generale del perché esiste il mondo e da quale principio deriva. Allora si comincia a capire che scienza e filosofia sono un po’ parenti che spesso si danno una mano l’un l’altra nel desiderio di capire un po’ meglio come stanno le cose, pur conservando una loro totale autonomia. La scienza rappresenta un tipo di sapere che non è infallibile né definitivamente vero, anzi Karl Popper ha definito la scienza fallibile e falsificabile - con quest’ultimo termine intendeva dire che le verità scientifiche devono essere messe alla prova e superate se emergono nuove scoperte che mettono in crisi il sapere scientifico precedente. Questo fatto non può essere ignorato dalla filosofia anzi molto spesso nel corso della storia la scienza ha prodotto delle scoperte che hanno aiutato la filosofia a riflettere. Si capisce allora che la scienza, che è tale, come sostiene Kant, perché agisce entro i limiti dell’esperienza, e la filosofia sono un po’ sorelle perché hanno entrambe, come madre che le ha partorite, la ragione. Spesso però nel corso della storia hanno litigato e l’una ha cercato di sottomettere l’altra come nel caso dell’Idealismo spiritualistico della prima metà del1’800, quando la filosofia ha relegato la scienza in un cantucccio perché, a suo dire, la vera scienza era solo scienza dello Spirito o nel caso del Positivismo della seconda metà del 1800, quando la scienza ha ridotto la filosofia al suo servizio. Una cosa del genere era già successa nei secoli del Medio Evo, quando la imperante teologia, la scienza di Dio, aveva ridotto la filosofia a sua schiava, come si diceva allora. Ma in generale possiamo dire che a partire dalla nascita della scienza moderna, con Galileo, la collaborazione tra le due sorelle è stata buona e con vantaggi reciproci. Vorrei portarvi due esempi di scoperte scientifiche che hanno avuto anche notevoli conseguenze filosofiche. Nel 1543 Copernico proponeva un nuovo paradigma cosmologico, in altre parole più comprensibili, aveva sostenuto che il sole è immobile al centro dell’universo e la terra gli gira intorno insieme agli altri pianeti. Era lo sconvolgimento totale della precedente visione cosmologica geocentrica, che avevano elaborato Aristotele e l’astronomo Tolomeo, che vedeva la terra immobile al centro dell’universo e il sole e gli altri pianeti girare intorno ad essa. Era il rifiuto totale di quella visione del cosmo che la Chiesa aveva fatto propria perchè sostenuta nella Bibbia. L’astronomia con i successivi e decisivi contributi di Galileo e Keplero diventava scienza. Ma questa rivoluzione nella collocazione spaziale della terra non restava limitata all’ambito scientifico astronomico, essa comportava, come ben capì subito la Chiesa, una nuova visione dell’uomo e del mondo e cioè una nuova filosofia, che possiamo definire laica perchè fondata sulla razionalità critica, che riflette sui risultati delle

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scoperte scientifiche e li fa propri. La terra divenuta uno dei tanti pianeti, perdeva la sua posizione privilegiata al centro dell’universo e conseguentemente anche l’uomo mutava la sua posizione. Come magistralmente afferma Kuhn: Uomini che credevano che la loro dimora terrestre fosse soltanto un pianeta, ruotante ciecamente attorno ad una tra miliardi di stelle, valutavano la loro posizione nello schema cosmico ben diversamente dai loro predecessori che vedevano la terra come l’unico centro focale della creazione divina. La nuova dottrina planetaria e la concezione filosofica ad essa legata furono strumenti del passaggio dalla società medioevale alla moderna società occidentale in quanto investivano... il rapporto con l’universo e con Dio... la teoria copernicana diventò un centro focale delle terribili controversie in campo religioso e filosofico. In altre parole era avviata la rivoluzione moderna anche in filosofia: l’uomo copernicano si era liberato dell’illusione di essere al centro dell’universo e aveva sostituito ad una visione religiosa una visione scientifica e filosofica laica. Un altro esempio è dato dalla nascita del darwinismo. Quando l’evoluzionismo di Darwin è apparso all’orizzonte del panorama scientifico nel 1859 con L’origine delle specie e con L’origine dell’uomo nel 1871, i più attenti tra gli scienziati e i filosofi del tempo cominciarono a capire che ci si trovava di fronte ad un’altra teoria scientifica, che avrebbe rivoluzionato non solo la biologia, ma, come era accaduto al copernicanesimo in astronomia, avrebbe avuto conseguenze enormi sulla visione filosofica della natura e soprattutto dell’uomo. Come quella di Copernico era stata una rivoluzione nello spazio, quella di Darwin era una rivoluzione nel tempo; infatti con la teoria evoluzionistica alla convinzione fissista, secondo cui le specie erano ancora quelle prodotte da Dio alle origini della creazione, veniva sostituito un nuovo paradigma, secondo cui tutte le specie viventi erano frutto di una evoluzione nel tempo. I due concetti nuovi e rivoluzionari del darwinismo e cioè l’evoluzione biologica e la selezione naturale dovuta alla lotta per la sopravvivenza scardinavano la vecchia visione filosofica della natura e dell’uomo: non più una natura statica e immobile sottoposta alle strettoie di una verità religiosa, che vedeva in essa finalità eterne che Dio vi aveva posto, ma una natura dinamica e in continua evoluzione, dove il caso prendeva il posto della provvidenza. Non più l’uomo creato bello e pronto a immagine e somiglianza di Dio, ma l’uomo frutto di una lunghissima evoluzione. In altre parole Darwin segna il sorgere di una nuova interpretazione filosofica del mondo che è scientifica e laica nella misura in cui decreta, come la chiama John Greene, la morte di Adamo. Dopo Darwin, così come dopo Copernico, la consapevolezza che l’uomo ha acquisito della sua posizione nel mondo ha posto le basi di una nuova visione filosofica, che costituisce il contributo più cospicuo alla concezione laica dell’uomo contemporaneo, contribuendo a liberarlo dai fantasmi intolleranti delle visioni religiose del mondo. Un’ultima avvertenza per chi ama la scienza: stiamo attenti a non trasformarla in una nuova religione. Ce ne sono già troppe. Ma comunque in tal caso ci sarà sempre a vigilare la filosofia come sapere critico e razionale. Marcello Ricci


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A Z I EN DA O S P EDA LI ERA

S . C . d i Pe d ia tr ia e Ne o n a t o l o g i a ,

Dott. Francesco Crescenzi Responsabile Struttura Complessa di Pediatria e Neonatologia, Terapia Intensiva Neonatale A z ie n d a O s p e d a lie r a “S. Mar ia” di Te r ni

La Neonatologia dell’Azienda Ospedaliera di Terni è un punto di riferimento per l’Umbria meridionale e per i territori limitrofi. È dotata di un punto nascita supportato da 4 posti di Terapia Intensiva Neonatale e di 8 posti di Patologia Neonatale e dispone di personale e attrezzature altamente specialistiche capaci di garantire sia una migliore assistenza ai nati sani sia tempestive cure al neonato patologico. Il neonato fisiologico non esiste a priori ma può essere considerato tale solo dopo lo svolgersi degli eventi perinatali che, fortunatamente, nella maggior parte dei casi ha un decorso assolutamente normale e porta ad una rapida dimissione (dopo 48 ore dalla nascita). Tuttavia, per circa il 10% dei neonati la situazione può complicarsi in modo assolutamente non prevedibile e può rendere necessario il trasferimento presso il reparto di Neonatologia o di Terapia Intensiva Neonatale (TIN) per cure o monitoraggio intensivo. La struttura ricovera circa 200 neonati patologici all'anno di cui il 15% con un peso inferiore a 1.500 g. Nel corso del 2013 sono stati 28 i neonati con peso inferiore ai 1.500 g ed un record particolare è stato raggiunto: una neonata di peso alla nascita di circa 480 g, dopo avere raggiunto 380 g in seguito al calo fisiologico, è stata dimessa con grande orgoglio e soddisfazione in ottime condizioni di salute. Oltre al trattamento della patologia acuta, la struttura si contraddistingue per la presa in carico globale del paziente e della famiglia; effettua screening metabolici in collaborazione con il Meyer di Firenze e segue il follow-up dei piccoli pazienti prematuri in collaborazione con professionisti del Bambin Gesù di Roma. Nella Terapia Intensiva Neonatale sono assistiti i neonati con bassa età gestazionale -32 settimane e peso alla nascita inferiore ai 1.500 g- o comunque tutti i neonati che richiedono un supporto ventilatorio o con una compromissione delle funzioni vitali che necessitano di interventi diagnostici e invasivi, compresi i neonati con patologia chirurgica o cardiologica nella prima fase di stabilizzazione. Sono attivi 4 posti di Terapia Intensiva per un’assistenza globale di alto livello attraverso 4 ventilatori meccanici di ultima generazione (ventilazione artificiale convenzionale ed alta frequenza). La struttura è dotata di un ecografo portatile di ultima generazione che permette di poter eseguire varie procedure diagnostiche sia cerebrali sia cardiache direttamente al letto del neonato senza necessità di spostamenti. È inoltre presente una moderna incubatrice da trasporto interfacciabile con l’ambulanza in dotazione all’Ospedale e dotata di ventilatore meccanico per poter effettuare in sicurezza i trasporti d’emergenza dei neonati patologici ricoverati in reparto. Qui vengono accolti i neonati patologici nati presso l'Azienda Ospedaliera di Terni e presso gli altri punti nascita dell'ASL 2 (Narni, Orvieto, Spoleto e Foligno) oltre che i nati nelle regioni limitrofe. La nascita pretermine può avere conseguenze a volte inevitabili come lesioni cerebrali, infezioni. È ormai dimostrato che ridurre lo “stress da terapia intensiva” agendo sul dolore e le eccessive stimolazioni acustiche e luminose può migliorare la sopravvivenza e la prognosi di questi piccoli pazienti. Pertanto, in linea con le più qualificate neonatologie mondiali, puntiamo ad una ridotta aggressività e invasività delle cure. Per tali motivi si cerca di limitare l’uso della ventilazione artificiale mediante respiratore meccanico solo ai pazienti che hanno dimostrato di non rispondere a terapie meno invasive come la ventilazione con nasocannule (CPAP). I ventilatori recentemente acquistati permettono un rapido passaggio dalla ventilazione meccanica alla ventilazione meno invasiva CPAP, ed è stato così ridotto drasticamente l’uso della ventilazione meccanica anche per neonati di

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bassissima età gestazionale. Per cercare di ridurre gli stimoli dolorosi, oltre al ricorso di una razionalizzazione dei controlli da eseguire, si utilizzano sofisticate attrezzature che permettono di effettuare attraverso piccolissime quantità di sangue, esami di routine sui nostri piccoli pazienti, riducendo così sia il dolore sia l’anemizzazione. Per evitare il distacco relazionale che potrebbe produrre la prolungata degenza (a volte anche quattro o cinque mesi) si cerca di favorire il più rapido ricongiungimento della famiglia: i genitori vengono invitati all’interno del reparto favorendo anche un precoce attaccamento fisico quando le condizioni cliniche lo permettono. Nel nostro reparto il metodo "Kangaroo Mother Care" viene praticato con successo per i neonati prematuri, favorendo il contatto pelle-pelle con i genitori, ed è considerato una tappa importante che, oltre a migliorare rapporto tra genitori e figlio, migliora la capacità di alimentarsi e favorisce la ripresa dell’allattamento al seno. L’attività della TIN (Terapia Intensiva Neonatale) non si limita quindi al trattamento della patologia acuta, ma presuppone una presa in carico globale del neonato e della famiglia. Particolare attenzione viene rivolta al sostegno dei genitori e frequenti sono i colloqui per discutere i diversi quadri clinici. La comunicazione coi genitori spesso si sviluppa in maniera particolare con il personale infermieristico (che vive molte ore a contatto con i piccoli pazienti) con cui i genitori a volte creano un legame molto profondo. La disponibilità di una stanza per madri nutrici e


S A N TA M A R I A D I T E R N I

, Terapi a I n t e n s i v a N e o n a t a l e

liguaggio e dell’apprendimento) sono presenti nel 40-50% di questa popolazione. Questo rende necessario un follow up del neonato prematuro effettuato nel nostro centro con la collaborazione della dottoressa Francesca Campi dell'Ospedale Bambin Gesù di Roma. In sala parto è prevista l'assistenza a tutti i parti fisiologici e patologici e la presenza della Terapia Intensiva Neonatale consente di attuare e proseguire le cure necessarie per i neonati patologici. Particolare attenzione è stata rivolta alla cura o meglio “care” del neonato sano: in particolare l’obiettivo non è semplicemente assistere il neonato, bensì il bambino assieme al suo contesto famigliare costituito dalla madre e dal padre. A questo scopo è stata introdotta la pratica del rooming-in (se lo desidera la madre accudisce direttamente il bambino nella propria camera fin dalle prime ore) sostenendo l’allattamento al seno. Nel punto nascita si favorisce l’allattamento al seno sin dalla sala parto favorendo l’attaccamento precoce “bonding”, che viene poi proseguito nelle stanze di degenza grazie al rooming-in. A tutti i neonati presenti al nido e in TIN vengono effettuate visite giornaliere da personale specializzato e dedicato, screening metabolici allargati (c/o Centro referente dell’Ospedale Meyer di Firenze), controllo degli organi di senso (Otoemissioni e Red Reflex) e controlli clinici e di laboratorio post-dimissione.

Équipe

La Pagina di marzo 2014 - Errata corrige: La Dott.ssa Francesca Trivelli non è medico in formazione ma è un Medico dirigente.

Fotoservizio di Alberto Mirimao

per le mamme non residenti a Terni permette di alleviare i problemi di alloggio per lunghi periodi, che spesso è un aggravio economico non sostenibile da molte famiglie. Naturalmente è attiva una stretta collaborazione multidisciplinare per l’assistenza a pazienti con problemi specialistici (Cardiologia, Neuropsichiatria Infantile, Pediatria, Oculistica, Fisioterapia, Otorinolaringoiatria, Neurofisiologia, Servizio Trasfusionale). La TIN dell’Azienda Ospedaliera di Terni rientra in un network internazionale, il Vermont Oxford Network, che raccoglie dati relativi ai neonati pretermine di circa 700 reparti di Terapia Intensiva Neonatale di tutto il mondo. Dati che si rivelano importantissimi per il confronto ed il miglioramento dei processi e della qualità delle cure secondo gli standard internazionali. La Patologia Neonatale è composta da 8 posti e si occupa di: neonati patologici, indipendentemente dal peso e dalla età gestazionale, che necessitano di un monitoraggio costante, di interventi diagnostici e che non rientrano nelle caratteristiche di un neonato in terapia intensiva; di neonati con età gestazionale compresa tra 29-32 settimane e/o peso alla nascita compreso tra 1.000-1.750 g che non necessitano di assistenza ventilatoria anche nei primi giorni di vita; di neonati dimessi dalla terapia intensiva. La possibilità che i neonati prematuri presentino nel loro sviluppo anomalie gravi come le paralisi cerebrali e difetti sensoriali (difetti del visus e dell’udito) è presente nel 5-10% dei neonati estremamente prematuri, mentre anomalie minori (disturbi della postura, disturbi comportamentali del

S.C. di Pediatria e Neonatologia, Terapia Intensiva Neonatale Direttore Dott. Francesco Crescenzi Neonatologi Mauro Lupidi, Mauro De Martinis, Maria Ida Giordano, Marina Korobova, Carla Maria Semeraro Caposala Susanna Piacentini Infermiere Elisa Aguzzi, Rossella Bernardi, Maria Rita Bonindi, Stefania Canavicci, Flavia Catani, Moira Checconi, Luciana Contenti, Maria Cristina Di Dio, Anna Maria Di Giuli, Giancarla Fagotti, Ilaria Malanotte, Nunzia Renifilo

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Quanto siete europei? Scopritelo con Il Ratto d’Europa!

Il vecchio continente è davvero casa nostra o è soltanto… una carta geografica: ricordo ingiallito riaffiorante dal nostro più o meno remoto passato (o presente) di studenti? Esiste davvero un’identità europea? E quali sarebbero le sue specificità culturali, sociali, economiche e… politiche? Quali i confini? In un presente tormentato in cui ciascuno di noi è costretto quotidianamente a fare i conti con le dure conseguenze pratiche dell’approssimitività con cui simili questioni sono state affrontate nel nostro passato, la gran kermesse teatrale del Ratto d’Europa propone alla città di Roma un’avvincente inchiesta intorno alle possibili radici della nostra identità europea sviluppata attraverso il linguaggio della scena, ma nutrita di tutte le possibili linfe che la vita all’interno di una comunità può distillare – da quella politica a quella religiosa, da quella civile a quella economico-finanziaria, da quella artistica a quella produttiva, o assistenziale, o sportiva… Non un semplice spettacolo, dunque, ma un articolato percorso laboratoriale finalizzato ad una messa in scena mediante la quale l’intera città, per il tramite delle sue varie aggregazioni (scuole, biblioteche, università, musei, comunità religiose, gruppi musicali, associazioni culturali, case protette, mondo dell’impresa, gruppi sportivi…), sarà chiamata, idealmente e letteralmente, in scena per raccontare il suo rapporto con l’Europa. L’avventura ha preso il via nell’inverno 2012: una settimana, dal 7 al 14 dicembre, per conoscersi, per divertirsi, per raccontarsi storie ed opinioni, per viaggiare, a piedi o attraverso libri, pagine di giornale, mostre, ricordi, suggestioni, utopie, suoni e colori, paure e speranze, lungo il labirinto della rete o per le suggestive vie di Roma… Tanti appuntamenti a costruire una rete di complicità e amicizie. E dopo quella settimana: laboratori di scrittura, gruppi di lettura e di

Li ‘ndovini A li tembi de Delfu, Dodona, Sibbilla e andri oraculi... tanti cristiani, prima de ffronta li piriculi, li consurdavono perché erono cunvinti che je svelavono lu futuru. A Ppirru, re de l’Epiru, prima d’anna’ a gguerrija’ co’ li romani, j’hanno dittu… Aio te Romanos vincere posse… che ppòle significa’ che… essu potéa vince li romani o cche… li romani potéono vince essu. ‘N sordatu prima de parti’ pe’ la bbattaja se sinti’ risponne da ‘n induvinu… Ibis redibis non morieris in bello… datu che je lo dicéa a vvoce, nun ze capìa ‘n do’ stéa la virgola, allora potéa significa’… Ciài da parti’ ‘n ciài da ‘rtorna’... ciài da muri’ ‘n guerra o… ciài da parti’ ciài da ‘rtorna’… ‘n ciài da muri’ ‘n guerra. Penza ‘n bo’ ‘na virgola che tte cumbinàa!? A lu tembu nostru… p’artrova’ ’st’oraculi c’émo l’imbarazzu de la

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discussione, concerti, mostre, presentazioni di libri e conferenze, film, giochi e momenti di confronto: tante piccole tappe di un lungo viaggio per portare Roma a raccontarsi e a raccontare le sue idee di Europa. L’arrivo? Ad aprile 2014, col debutto dello spettacolo. Per tracciare insieme il bilancio del cammino fatto e poi… chissà? Ma dove è finita, intanto, Europa? La domanda è proprio quella: che fine ha fatto Europa, la nostra splendida Europa? Questo ammirevole progetto (che a Modena ha riscosso un enorme successo e ha visto un’affluenza sempre maggiore ad ogni evento!) sta prendendo piede anche a Roma ed è una di quelle iniziative che non ci si aspetta e che invece lasciano decisamente a bocca aperta per la qualità delle riflessioni che vengono messe in gioco. Coinvolgere poi i ragazzi in queste iniziative è davvero doveroso, oltre che foriero di mille possibilità e sorprese e tutti gli agenti del Ratto ne sono ben consapevoli, oltre che essere in grado di coinvolgere i giovani europei andando a sfruttare sia i canali tradizionali che quelli più attuali. Un esempio può essere Frequency: interferenze nella Storia. Il destino di Europa, un gioco on-line che si avvale delle illustrazioni dei ragazzi della scuola del fumetto di Roma; giocando con la storia recente e passata dell’Europa i singoli giocatori potranno, di volta in volta, risolvere indizi, produrre materiale audiovisivo e contribuire attivamente allo svolgersi della stessa storia. Frequency è quindi un fumetto, ma è anche un gioco che dà la possibilità ai singoli partecipanti di confrontarsi attivamente sui diversi temi trattati all’interno delle dieci puntate. Trovate tutti i riferimenti necessari sia sul sito www.frequencythegame.com che sulla pagina Facebook dedicata (FREQUENCY – il destino di Europa), senza dimenticar, ovviamente, di rimanere aggiornati su tutte le novità del Ratto di Europa sia su Facebook che sul sito roma.ilrattodeuropa.it. L’Europa ha acquisito una tale velocità, pazza e disordinata, che sfugge oggi a qualunque guidatore, a qualunque ragione e va in vertigine spaventosa verso abissi da cui è meglio allontanarsi il più rapidamente possibile. Chiara Colasanti (Frantz Fanon, I dannati della terra, 1961).

Io ciò da èsse?… Scì…tu ciài da èsse! scerda tra ’sdrolughi, cartomanti… fanfalluccari vari. L’andru ggiornu m’è ppresa la smania de famme predi’ lu futuru… e ‘llora so’ ‘nnatu a ccunsurda’ unu de quilli… che mm’ha rassicuratu su li sòrdi, l’amore e la filicità dicennome… Scì… tu te poli arricca’ se la strada ggiusta sai ‘rtrova’!… Scì… tu te poli sposa’ ma se ‘n te sposi non t’abbacchia’!… Scì tu poli èsse filìce ma ‘n te devi rattrista’!… Aho… amicu mia… e ccucì pòzzo fa’ l’induvinu ‘nch’io!... Su forza ‘ntèrrogame… che vvoli sape’... se ppoli scoppia’ de salute?…Te lo dico subbitu… Scì… ma è mmejo no’ scoppia’… sinnò t’artrovi llà ll’arberi pizzuti a ffa’ la terra pe’ li cìci… ccucì doppo sa’ che tte pòzzo di’?… Tu sì statu quillu che io so’… io ciò da èsse quillu che ttu sì mmo’... ma senza prèscia! paolo.casali48@alice.it


Fisioterapia e Riabilitazione

NUOVA SEDE Zona Fiori, 1 05100 Terni – Tel. 0744 421523 0744 401882 D i r. S a n . D r. M i c h e l e A . M a r t e l l a - A u t . R e g . U m b r i a D D 7 3 4 8 d e l 1 2 / 1 0 / 2 0 11

La riabilitazione in acqua è una metodica sicuramente molto utile per garantire un moderno e valido recupero funzionale sia in campo neurologico che ortopedico

Uniche infatti sono le possibilità offerte dallo “strumento acqua”, che agisce contro la forza di gravità (principio di

Archimede), e consente al corpo di muoversi in assenza di peso: questo determina una maggiore facilità a muoversi quando per esiti traumatici, per deficit neurologici o dopo chirurgia ortopedica sarebbe impossibile o dannoso caricare il peso reale sui propri arti. Il risultato è una diminuzione dello stress e del carico sull’apparato muscolo scheletrico che facilita l’esecuzione di movimenti in assenza di dolore. La resistenza offerta dall’acqua è graduale, non traumatica, distribuita su tutta la superficie sottoposta a movimento, proporzionale alla velocità di spinta e quindi rapportata alle capacità individuali di ogni persona. L’effetto pressorio dell’acqua, che aumenta con la profondità, esercita un benefico effetto compressivo centripeto sul sistema vascolare, normalizzando la funzione circolatoria e riducendo eventuali edemi distali. Tale effetto è ampliato nel Percorso Vascolare Kneipp dove si alterna ciclicamente il cammino in acqua calda e fredda.

Con la riabilitazione in acqua è possibile non solo ristabilire le migliori funzionalità articolari e muscolari dopo un incidente, ma anche eseguire delle forme di esercizio specifiche per prevenire la malattia o per curare sintomatologie croniche come la lombalgia. Tali esercitazioni sono particolarmente indicate per quei soggetti in forte sovrappeso con difficoltà di movimento legate ad obesità, ad artriti, a recenti fratture o distorsioni. Nella maggior parte di questi casi si registra un netto miglioramento del tono muscolare e dei movimenti articolari dopo un adeguato programma terapeutico. Il paziente, se anziano, acquisisce in tal modo un maggiore controllo motorio che, migliorando l’equilibrio, allontana il rischio di cadute e rallenta il declino funzionale legato all’invecchiamento. La riabilitazione in acqua è particolarmente indicata in: - esiti di fratture - distorsioni, lussazioni - patologie alla cuffia dei rotatori della spalla - artrosi dell’anca e delle ginocchia - tonificazione muscolare in preparazione all’intervento chirurgico - mal di schiena (lombalgia, sciatalgia, ernia ecc.) - para paresi spastiche - esiti di interventi neurochirurgici - esiti di ictus - esiti di lesione midollare - disturbi della circolazione venosa

Inoltre la temperatura dell’acqua, più elevata (32° - 33°) rispetto alle vasche non terapeutiche, permette la riduzione dello spasmo muscolare e induce al rilassamento. Per questo il paziente si muove meglio e la muscolatura appare più elastica. La riabilitazione in acqua è utile e proponibile a tutti, dai bambini agli anziani; per potervi accedere non occorre essere esperti nuotatori è sufficiente un minimo di acquaticità.

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L’Africa, prima che un Continente, è uno stato d’animo, dove convivono colori, profumi, emozioni. Persone e luoghi mai scontati, situazioni inattese, misteri e magie. Riuscire a trasmettere queste sensazioni è l’aspirazione di chiunque ne scriva, ma anche esercizio egoistico di non perderne la memoria. L’Autore ha vissuto dieci anni in Guinea Equatoriale. Ha avuto il tempo di condividere con i locali una fase delicata della crescita della piccola repubblica, della quale è diventato Console Onorario nel 1992. Da questa esperienza è nato il romanzo Okiri, pubblicato nel 2007 e prende spunto la raccolta di racconti Magica Africa, storie brevi ambientate in luoghi preclusi al turismo di massa e impenetrabili agli occhi di visitatori occasionali.

Basura Walter Shwartz, di nazionalità svizzera, fu investito da un’onda di calore quando l’hostess dell’Iberia spalancò il portellone dell’aereo giunto, dopo cinque ore di viaggio, a Malabo. La leggera brezza che spirava dal mare non leniva la sensazione di sentirsi di fronte alla bocca di un forno spalancato. Prima di scendere, gettò uno sguardo sulla pista: ad attenderlo c’era il Ministro del Medio Ambiente, Don Alberto Efu Ncha, in rigoroso abito nero, cravatta nera lisa, a metà stomaco su camicia bianca dai bordi consunti e arricciati, il quale lo prelevò evitandogli i disagi dei controlli doganali e della Sicurezza. Una volta all’esterno dell’incerta rete metallica che delimitava la zona aeroportuale, attraversarono la folla variopinta e vociante in attesa dell’arrivo di parenti e amici. Quindi, lo accompagnò alla sua Mercedes-Benz. Le condizioni dell’auto riflettevano la sintesi fra l’umana aspirazione al prestigio e lo sconforto per quell’inutile sforzo: parabrezza venato, pneumatici lisci come la testa del proprietario, portiere che non volevano saperne di chiudersi, nonostante l’irruenza dell’autista corpulento e sudato. Walter Shwartz apprezzò, tuttavia, l’insperato e benefico spostamento d’aria. All’interno sedeva Don Augustin Monsuy Owono, Ministro dei Trasporti. Un Ministero quasi inutile, dato che le strade erano consegnate all’incuria degli uomini e all’usura del tempo fin dall’avvento della dittatura di Francisco Macias Nguema, morto nel 1979 per mano di suo nipote, attuale presidente della piccola repubblica. Le competenze funzionali di Don Augustin non potevano estendersi neppure al settore aereo, visto che l’unico Antonov a costituire la flotta di bandiera era in perenne manutenzione, e nemmeno a quello navale, dato che la nave “Ela Nguema”, cortese omaggio della Cooperazione cinese del 1968, si trovava sotto sequestro in Olanda, trattenuta dal cantiere navale che vantava il saldo di 80.000 dollari del ripristino commissionatogli. La missione di Herr Shwartz nella capitale equatoguineana era estremamente delicata: un progetto privato che escludeva il coinvolgimento ufficiale dei due governi. Aveva affrontato il lungo viaggio preparato a tutto. Profondo conoscitore della mentalità africana, si districava nelle contorsioni logiche degli indigeni con assoluta padronanza, come fa un pesce in un labirinto di mangrovie. Taciturno per natura, sapeva che i contatti verbali devono essere sempre seguiti da rapide azioni, accompagnate dal persuasivo fruscio dei dollari, passaggio ineludibile per arrivare al nero su bianco. Superato il posto di blocco all’uscita dell’aeroporto, i tre fermarono l’auto di fronte al “Pizza Italia”, sosta obbligata per il desayuno ed atto dovuto dei locali nei confronti di chiunque visiti per la prima volta la città, unico locale ad avere una minima parvenza di occidentalità. Da lì, i tre si diressero a piedi verso il vicino Ministero del Medio Ambiente, salirono al primo piano attraverso una scala stretta dalle battute consunte, fiancheggiata dai disegni astratti, dipinti sui muri dall’umidità. Dopo aver oltrepassato un ingresso arredato con poltrone sfondate, entrarono nel despacho del Ministro.

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Don Alberto si affrettò a liberare il divano in finta pelle dalle cose che l’occupavano, fra cui i residui d’un pasto della sera prima ed invitò lo svizzero a sedersi. “Abbiamo rivisto un aspetto del progetto -esordì il Ministro dei Trasporti- ai fini di conservare la maggior riservatezza possibile all’operazione. Noi siamo dell’idea che costituire una società di importazione ad hoc, come s’era detto, ci esporrebbe troppo, indipendentemente dai nomi dei soci che eventualmente inseriremmo”. “Avete individuato il posto?”, tagliò corto lo svizzero, senza dar peso al preambolo. “Sì -rispose Don Augustin- l’isola di Corizco, lontana da occhi indiscreti e perfettamente adatta allo scopo”. “Devo visitarla prima di dar seguito agli accordi. Dalla capacità di stoccaggio dipende tutta la trattativa. Quanta gente ci vive?”, chiese secco l’ospite. “Circa centonovanta persone, in pratica una trentina di famiglie”, precisò Don Alberto. “C’è possibilità di poterli trasferire in qualche altra isola vicina?”, incalzò il bianco. “No, sono i proprietari dell’isola e non l’abbandonerebbero mai”, s’affrettò a rispondere il Ministro. “Capite cosa significa, no?”, insinuò Herr Shwartz. “Sì, lo sappiamo”. “Bene, non perdiamo tempo. C’è modo di atterrare sull’isola?”, chiese ancora lo svizzero. “C’è una vecchia pista in terra battuta per piccoli aerei”, l’informarono. “Dobbiamo noleggiare un piper oggi stesso”, disse il bianco. “Potremmo contattare l’agenzia di Felipe, presso l’aeroporto della città”, suggerì Don Augustin. “No, -l’interruppe deciso lo svizzero- meglio noleggiare un mezzo in un paese confinante. Il costo non è un problema”. “Sentiremo l’Interflight di Douala, in Cameroun”, proposero i locali. “Chiamate subito per prenotare”, ordinò Shwartz. Don Alberto gridò per chiamare la segretaria. L’abitudine efficientista dello svizzero subì un tracollo impietoso alla vista della donna. Più tonda che alta, la poveretta tentava di contenere inutilmente l’abbondanza delle forme in una salopette azzurra. Si rivolse al suo capo con una delicatezza perfettamente conforme al portamento: “Che c’è?”, chiese. Il Ministro, evidentemente assuefatto, non si scompose e le comandò di reperire il numero telefonico che gli occorreva. Ottenutolo, Don Alberto chiamò, spiegando al titolare dell’agenzia le sue necessità. Costui, secondo il costume africano, nel confermare la disponibilità del mezzo, precisò, senza giri di parole, che il pilota non si sarebbe mosso da Douala senza aver prima incassato il costo del nolo in contanti. Avuto l’assenso del finanziatore, il Ministro prenotò il viaggio per l’indomani. I tre si sarebbero portati a Douala nel pomeriggio stesso, per essere pronti al decollo nel primo mattino successivo. La preparazione della partenza fu rapida e prese avvio subito dopo che Herr Shwartz ebbe depositato nelle mani del titolare il milione e mezzo di franchi cefas stabiliti. F r a n c o L e l l i ( s egue 2di2)

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Mitico e mitologico: questo non fece sì che le persecuzioni della matrigna Sidero terminassero. ultima delle sue sventure, Tiro si innamorò del dio del fiume personaggi e storie Infine, Enipeo, “il più bello tra quelli che scorrono sulla terra”, come dice

TIRO Questo mese, più che di uno dei tanti personaggi della mitologia greca protagonisti di quelle opere famose che tutti abbiamo studiato a scuola, mi piacerebbe raccontarvi di Tiro, moglie di Creteo ed antenata del grande Giasone, forse un po’ persa nella folla dei tanti eroi ed eroine, e piuttosto sconosciuta. Tanto che, sebbene vi siano due miti piuttosto scollegati fra loro, nessuno si è mai posto il problema, neanche nell’antichità, di quante fossero le Tiro tramandate nei secoli, se due omonime o una sola, particolarmente sfortunata, potremo aggiungere noi. E allora, considerando quest’ultima ipotesi, quella di un’unica donna, vediamo chi fosse, senza porci troppi problemi da filologi. Tiro, figlia di Salmoneo ed Alcidice, era rimasta orfana: suo padre aveva sfidato Zeus, imitandolo e pretendendo sacrifici, e per questo era morto colpito da un fulmine, mentre la madre era morta di parto. Di conseguenza, era cresciuta con Sidero, che Salmoneo aveva sposato prima di morire, una matrigna famosa per i maltrattamenti che infliggeva alla figlia. Qualcuno racconta anche che suo zio, Sisifo, noto per la sua empietà, l’avesse violentata, venuto a conoscenza di un oracolo secondo il quale, se avesse avuto dei figli da Tiro, questi avrebbero arrecato grandissimo danno a Salmoneo, il fratello, che odiava profondamente, mettendola incinta di due figli che ella, temendo per il padre, uccise. Poi, alla fine, riuscì a sposare Creteo, da cui ebbe diversi figli, ma

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Omero, tanto da recarsi tutti i giorni presso le sponde del corso d’acqua a lamentarsi dell’indifferenza del suo amato, tentendo di commuoverlo. Allora Poseidone, il dio del mare, approfittando della situazione, si finse Enipeo e, dopo averla sommersa con un’onda che la nascondesse con lui, la fece addormentare e la rese madre di due figli, Pelia e Neleo, raccomandandole poi di averne cura. Tuttavia ella, per vergogna e temendo l’ira di Sidero, fu costretta ad abbandonarli: essi poi, cresciuti da un allevatore di cavalli, avrebbero vendicato i maltrattamenti subiti dalla povera Tiro uccidendo la matrigna. Questa era evidentemente una storia che aveva colpito molto poco i Greci: Sofocle aveva scritto qualcosa su di lei, ma non aveva avuto grande successo; essenzialmente, la sua storia è raccontata solo da qualche freddo studioso di mito, come Apollodoro o Igino, citata appena in un interminabile susseguirsi di nomi da inserire in un complicato albero genealogico. E poi c’è Omero, il grande Omero, che la nomina nel famoso libro XI dell’Odissea, la discesa agli Inferi, quello che i korizontes (coloro che ritenevano che Iliade e Odissea fossero un “collage” di brevi composizioni di tanti autori) credevano fosse in origine un elenco, forse il catalogo delle donne di Esiodo: potete immaginare voi stessi il pathos che può emergere da un elenco! Del resto, l’unico fatto eccezionale accaduto a Tiro, nella mentalità greca, era stata l’unione con un dio, ed è infatti per questo menzionata dai vari autori, in particolare da Omero, che neanche cita gli altri avvenimenti. Niente di leggendario o di orribile, non era né Elena né Medea, non era neanche la sposa di un grande eroe, come Andromaca o Arianna. Del resto, nella mitologia, di donne unitesi agli dèi ce ne erano a centinaia, nella mitologia greca, quanto al resto non c’era stato nulla di che… cos’altro poteva aspettarsi una donna nella Grecia, nella civilissima Grecia, nella Grecia madre della cultura occidentale? Maria Vittoria Petrioli


Dr. Aldo Tracchegiani Nato a Narni e laureato in Medicina e Chirurgia presso l’Università degli Studi di Perugia. Specializzato con lode in Angiologia medica presso l’Università degli Studi di Catania. Ha frequentato come interno i reparti di Dermatologia, Chirurgia Vascolare, Angiologia, Medicina Interna, negli ospedali di Terni, Spoleto e Perugia. Svolge attività libero professionale dal 1986 nel settore della Flebologia, Dietologia e della Medicina Estetica. Coautore del libro Il Flebolinfedema e autore di numerose pubblicazioni. Ha partecipato in qualità di relatore a numerosi congressi Nazionali e Internazionali. È stato docente in Flebologia e Scleroterapia presso la scuola della Nuova Medicina di Bologna e in numerosi master post universitari. È Direttore Sanitario di numerosi Poliambulatori e Centri Specializzati nei Trattamenti di Medicina Estetica, Flebologia e Dietologia.

RIVOLUZIONE

“FILI”

Lifting medico biostimolante e meccanico con fili riassorbibili I fili di biostimolazione rappresentano il futuro per il trattamento di zone del corpo dove fino ad ora avevamo le armi spuntate. Mi riferisco alle braccia, alle cosce, ai glutei, al collo e alla pancia, anche se porteranno benefici superiori a quelli dei comuni filler coi quali possono essere abbinati anche nel terzo medio e inferiore del volto. Tra i fili bio stimolanti, Balance Lift fa la parte del leone; i campi di applicazione sono: profilo mandibolare, cosce e corpo, regione zigomatica, area frontale ginocchio, braccia, decolté, regione glabellare, area perioculare e peri labiale. Si tratta di un innovativo trattamento ambulatoriale che, grazie alle proprietà del PDO (Polidioxanone), utilizzato in passato anche per la cardiochirurgia, si ha sia biostimolazione cutanea che sostegno ai tessuti. Il filo che si utilizza è riassorbibile e l’effetto si nota con evidenza dopo 2-3 settimane. Per questo facciamo ritornare i pazienti al controllo dopo una settimana e dopo 3 settimane. Intanto la paziente vede giorno dopo giorno migliorare i suoi tessuti in tonicità e compattezza, ricavandone una piacevole sensazione e un progressivo effetto benefico. La metodica che utilizza i fili di sutura biocompatibili e bidirezionali rappresenta in medicina estetica la nuova frontiera per il lifting meccanico non chirurgico per il terzo inferiore del volto. Ogni filo di sutura ha una struttura bidirezionale dotata di quattro coni contrapposti che si fissano nel sottocutaneo, sono riassorbibili completamente nell’arco di due anni e non rappresentano un trattamento invasivo visto che necessitano solo di una lieve anestesia locale. Effettuiamo la prima visita gratuitamente per valutare la situazione e decidere in quel paziente cosa fare e quanti fili mettere. Fissiamo quindi un appuntamento per “l’interventino” che durerà al massimo 20 minuti e che sarà quasi indolore, salvo le due piccole “punturine” di anestesia nei punti di entrata e di uscita dell’ago. Un leggero indolenzimento locale nei due giorni successivi, ma da subito si può riprendere il lavoro. Nei due anni di efficacia prima del riassorbimento la pelle ha un incremento dei fibroblasti, di collagene, di elastina e di acido ialuronico nella matrice. I pazienti sono entusiasti anche di questa rivitalizzazione del viso e vorrebbero metterli in ogni parte del corpo che a loro giudizio risulta rilassata. Con i nuovi fili SILHOUETTE SOFT più lungi e con più coni potremo a breve trattare zone più estese del corpo come cosce, braccia, addome e glutei ed è proprio qui che si evidenzierà la capacità creativa del medico che, come uno scultore, forgerà e rimodellerà il corpo dei pazienti.

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La Pasqua di una volta Guarda che tra poco più di un mese è Pasqua! Questa semplice considerazione ha messo in agitazione generazioni e generazioni di contadini credenti. Ora un po’ meno, vuoi perché i contadini sono notevolmente diminuiti di numero, vuoi perché, forse, ci sono tra loro meno credenti, ma soprattutto perché il lavoro della terra è tutto meccanizzato. Una volta, e mi riferisco fino ad almeno sessanta anni fa, non era così. La Pasqua si festeggia a marzo o ad aprile, mesi che comportano e comportavano un’elevata mole di lavori in campagna, lavori ai quali partecipavano uomini e donne. C’era da zappettare il grano per togliere le erbacce e favorirne lo sviluppo, in modo da garantire per tutta la non piccola e affamata famiglia sia la farina per l’anno successivo, sia la quantità sufficiente alla futura semina e sia qualche sacco da vendere quando la stagione andava alla grande. Questo lavoro, all’apparenza lieve, era svolto dalle donne con zappette dal lungo manico necessarie per estirpare le erbe infestanti e per raccogliere quelle commestibili, che venivano riposte nell’ampio grembiule tirato su e legato alla vita in modo da formare una grande sacca. A fine di giornata, col grembiule pieno che tirava verso il basso e gli inchini fatti verso terra, non avvertire un certo mal di reni era proprio un’eccezione. C’erano poi da potare gli ulivi e trasportare le ramaglie davanti all’ingresso della casa, lavoro riservato agli uomini insieme alla cura e alla alimentazione del bestiame da lavoro. Alle donne era invece affidata la cura di galline, conigli, oche, piccioni e maiali mentre il paio di agnelli castrati, che una volta venduti servivano a contribuire al riempimento del baule, erano portati al pascolo dalle bambine, future spose, che in questo modo si guadagnavano parte della loro futura dote. A sera, mentre una donna lavava la verdura e preparava la cena, le altre insieme agli uomini sceglievano dalle ramaglie di olivo i rametti più teneri (li murricchji) per l’alimentazione delle vacche e li riponevano in un grosso cesto di vimini a maglie rade, detto crinu. Le ramaglie più dure erano invece il cibo dei conigli, che rosicchiavano anche la corteccia dei grossi rami di ulivo, rendendoli bianchi e spolpati come fossero ossa. C’erano poi da fare le pulizie pasquali, zappare gli agli e le fave, andare a portare una gallina da brodo alla comare che aveva partorito di nuovo, e poi c’erano sempre gli imprevisti come un parente che si ammalava o, salvo ognuno, un funerale. Pasqua poi era anche sinonimo di pizze, sia dolci, sia di formaggio. Bisognava quindi mettere da parte più di cento uova e fare poi in modo che le pizze fossero pronte per il giorno in cui passava il prete a benedire le case e gli abitanti, animali compresi. Per quel giorno si apparecchiava il grande tavolo con la tovaglia più bella e sopra si mettevano le uova, sia sode, sia no, le erbe per la frittata pasqualina (asparagi selvatici, lùpari, strigoli, erba della Madonna, due aglietti freschi e altri odori a volontà), la coratella già cotta, il capocollo, le pizze e due bottiglioni di vino. Il prete, accompagnato da un paio di chierichetti muniti di capaci canestri per raccogliere le uova date in omaggio, dava la sua benedizione schizzando l’acqua santa a destra e a manca, faceva qualche complimento, chiedeva notizie di quelli che non c’erano, diceva qualche facezia e poi di corsa, via in un’altra casa perché il tempo era tiranno, allora come ora. Poi c’era la processione del Venerdì Santo con gli uomini incappucciati e coperti dal saio, seguiti da donne e bambini con le candele in mano che, con le loro luci tremolanti miste alle ombre, davano un senso spettrale a tutta la scena. La festa vera incominciava allo scioglimento delle campane quando diventava lecito assaggiare le pizze e continuava per tutto il giorno di Pasqua con lo scambiarsi di continuo gli auguri. Alla fine arrivava anche il lunedì dell’Angelo, ma la gita fuori porta

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non era stata ancora inventata! D’altra parte i contadini erano tutto l’anno fuori porta a lavorare nei campi e il lunedì di Pasqua al massimo andavano alla fiera di merci e bestiame che si svolgeva in luogo apposito, fuori della porta del paese. Vi si contrattavano vacche, vitelli e animali da soma come asine e muli e, per i ritardatari, anche qualche maialino da far ingrassare per la fine dell’anno in corso. C’era poi il banco della ferramenta con tutti gli attrezzi utili per potare gli ulivi sia sopra sia sotto terra, compresi lo slupatore, il paletto dal taglio arcuato e lo strappa accetta, detto anche il male e peggio. Le donne ovviamente si accalcavano intorno al camion che vendeva prodotti di abbigliamento e in quello che vendeva prodotti per la casa, come piatti, bicchieri e bagnarole zincate mentre i bambini giocavano a “fuori verde”. Il gioco consisteva nel tirare fuori dalla tasca un ramoscello con foglie, in genere un rametto di bosso e dire ad alta voce fuori verde! e l’altro doveva, a sua volta, mostrare il suo ramoscello verde. Se ciò non accadeva, doveva pagare una penale. Alla fine una bella incartata di porchetta, due fette di pane a testa e una bottiglietta di gassosa per i bambini, decretavano che la fiera era finita. A tutte queste cose aveva pensato anche Achille, mentre le vacche facevano colazione con le ramaglie di olivo preparate la sera prima. Era il mattino del 9 aprile 1909, Venerdì Santo. Achille era veramente povero. Oltre agli abiti possedeva solo un vecchio fucile ad avancarica, che gli aveva regalato il nonno, insieme a un discreto quantitativo di piombo e polvere da sparo. Di mattino, prima di raccogliere le olive, andava nel capanno sotto la grande quercia a sparare ai tordi, cercando di accoppiarne più di uno per volta per risparmiare le munizioni. In questo modo assicurava la carne per la cena per tutti e in più riusciva col tempo a riempire due grandi barattoli di vetro con tordi arrosto, conservati sott’olio, che erano poi consumati a caccia chiusa. Abitava la casa che il padrone gli aveva assegnato e come mezzadro lavorava il podere da cui ricavava da mangiare per la sua famiglia di otto persone, anzi quasi nove dato che la sua giovane moglie stava soffrendo i dolori del primo parto, nella camera sopra la stalla, assistita dalle donne di famiglia e dalle vicine di casa. Achille era molto religioso e quando attraversava uno dei tanti incroci stradali abbelliti da edicole votive, si toglieva il berretto e biascicava qualche orazione. All’improvviso lo chiamano dalla finestra dicendogli che può salire per vedere la bambina appena nata. Sale di corsa le scale, vede la bambina, abbraccia la moglie e si preoccupa subito di farla battezzare, non si sa mai, meglio che vada in Paradiso che nel Limbo. Gli dicono che è impossibile, perché il Venerdì Santo, il Fonte Battesimale è chiuso per il rinnovo dell’acqua e che il primo a battezzare rompendo il Fonte Battesimale, deve dare in offerta un paio di piccioncini al parroco. In questi casi anche gli uomini pii tendono a prenderla male: il povero Achille aveva pronti da mangiare proprio due paia di piccioncini -al padrone aveva già dato- e aveva deciso di farli cucinare il giorno di Pasqua, al forno con patate, così che a ogni membro della famiglia ne sarebbe toccato mezzo e avrebbero trascorso una bella festa, poiché da molti giorni non mangiavano carne. Il problema fu risolto il lunedì dell’Angelo, quando arrivò la notizia che un benestante aveva battezzato il suo terzogenito, omaggiando il sacerdote con la tradizionale coppia di piccioncini. Presero allora la bambina e in fretta e furia corsero in chiesa dichiarando che era nata proprio quella mattina. E siccome quando uno mente deve mantenere il punto con tutti, la bambina fu registrata il giorno successivo in comune, col nome di Ines, nata il 12 aprile 1909, alle ore 9, invece che il 9 aprile 1909, alle ore 9. Se Parigi val bene una messa, un paio di teneri piccioncini non valgono una piccola bugia? Vittorio Grechi


Sostenere l’energia: l’ as s imi l azi one e la r e sp ir az io n e Il problema energetico riguarda sicuramente non solo la società moderna, per i consumi aumentati a dismisura, ma anche e soprattutto l’uomo, in quanto ogni processo vitale richiede energia e non sempre è facilmente reperibile. Estendendo il concetto direi anche che l’energia, non solo quella misurabile dal punto di vista della fisica, è anche e soprattutto un fatto Mentale. Dopo quarant’anni di pratica medica mi sento di poter affermare con assoluta certezza che è la mente che fa camminare il corpo e non viceversa anche se, secondo le medicine tradizionali il corpo può aiutare la mente: Mens sana in corpore sano. Secondo il punto di vista biomedico l’assimilazione del cibo dovrebbe rappresentare la condizione di base che permetterebbe la produzione di energia secondo una schema meccanico e regole fisiologiche, che però male si adatta al sistema vita in quanto spesso capita al medico di osservare che tutto è a posto sotto quel piano (esami di vario genere) eppure il paziente lamenta stanchezza, mancanza di energia. Energia mentale, energia spirituale, energia che nasce da dentro e che non necessita di nutrimento per potersi manifestare. È quindi giusto pensare che l’energia vada sostenuta piuttosto che creata e certamente in questo processo di sostenimento possono intervenire l’assimilazione e la respirazione. Due processi che avvengono a livello di un preciso distretto energetico che è l’intestino e il polmone. Due organi che la biomedicina pone, giustamente, dal punto di vista anatomico, distanti e non direttamente collegati, mentre la medicina

energetica li considera coincidenti, seppure distinti, in quanto uno si occupa dei gas e l’altro dei solidi e dei liquidi. In pratica la respirazione e l’assimilazione hanno il grandioso compito di trasformare la materia in energia attraverso una serie di percorsi guidati dalla fisiologia relativa. È pure evidente che una alimentazione adeguata con cibi ricchi di energia ovvero con cibi freschi, non conservati, di recente raccolta o produzione, forniranno il massimo del Jing che permetterà di sostenere e reintegrare quello consumato. Pertanto a partire da questa ottica il mondo del surgelato/conservato, seppure atto al non degrado della materia, fornirà soltanto (forse) kilocalorie atte a fare ingrassare l’individuo, ma da un punto di vista di energia, così come l’abbiamo appena definita, quel cibo ne conterrà assai poca o addirittura zero. La respirazione poi, cioè l’ossidazione, contribuirà in maniera sostanziale a sostenere l’energia in quanto tutto deve essere necessariamente trasformato attraverso l’ossigeno che partecipa in maniera costante a mantenere il nostro livello di energia, sia come calore che come comburente. Per ottenere il meglio e il massimo, l’organo deputato, il polmone, richiederà adeguati esercizi ed attività fisica tale, in grado di potenziare le capacità estrattive ma anche le capacità di acquisizione. A questo punto il cinese direbbe che il Jing e il Qi innati, hanno bisogno dell’acquisto per mantenersi e rinnovarsi al fine di dare all’organismo quella possibilità di sviluppo che gli spetta. Dr. Leonardo Paoluzzi Medico chirurgo - Esperto in agopuntura e fitoterapia

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L ’ ar m a v in c en t e d e l l a P ast i cc e r ia C ar le tti: l a q u a l i t à Bisogna fare la fila per arrivare a salutare Simone Carletti. Alla cassa della pasticceria di famiglia, in via Lungonera, distribuisce scontrini ai suoi clienti, molti dei quali saluta per nome. La nostra è un’attività che tra poco festeggerà i venticinque anni di vita; l’hanno messa in piedi i miei genitori nel 1989; abbiamo avuto tutto il tempo di stabilire anche rapporti di amicizia con i nostri clienti. Spesso qualcuno ci invita a pranzo a casa loro e, impegni permettendo, siamo felicissimi di accettare, racconta Simone. Lui e i suoi parenti hanno le idee chiare su quella che è la ricetta per superare la crisi: mantenere alta, altissima la qualità dei prodotti, delle materie prime ed altrettanto alta la qualità del servizio. Le spezie che usiamo per i nostri prodotti sono pregiate, la crema per le paste e per le torte è veramente fatta con uova e latte. Solo così si può superare questo momento difficilissimo per tutti, sottolinea con decisione ricordando quello che, da sempre, sentenzia papà Ubaldo. Quella della Pasticceria Carletti è un’attività di famiglia in cui lavorano i genitori, il capostipite Ubaldo e la moglie Franca, che in realtà all’anagrafe si chiama Ione, ed i tre figli Emanuele, Simone e Matteo. Una bella testimonianza di impegno e sostegno familiare. Perché tutti lavorano sodo per quindici ore al giorno, festivi compresi. Adesso i miei genitori dovrebbero andare in pensione ma stanno ancora

qui accanto a noi a lavorare sette giorni su sette, per garantirci un futuro, dice Simone e dalle sue parole traspare un grande affetto ed una profonda riconoscenza. Roba rara anche questa. La ricetta Carletti funziona perché nonostante il momento di crisi, che ha costretto a chiudere tante attività, il fatturato della pasticceria di via Lungonera è aumentato del 10, 15 per cento. I prodotti della pasticceria ternana vengono richiesti anche a Milano e Verona. E lì è la patria dei prodotti lievitati, tiene a precisare Simone. L’abitudine della colazione al bar tiene, anzi devo dire che sono tornati da noi anche clienti che non vedevamo da tempo. È come se la tradizione fosse tornata di moda. Non si rinuncia neanche all’appuntamento con le paste per il pranzo della domenica. La crisi non si è sentita in questo settore come invece è successo per il catering ed i rinfreschi. Qui la morsa ha stretto, si spende meno quando non si azzerano i festeggiamenti. Per contrastare il momento con i miei fratelli abbiamo inventato qualcosa di nuovo: le serate a tema per il martedì giovedì e venerdì, nella nostra pasticceria. Un’apericena come si chiama oggi. C’è musica dal vivo, dj ed il gioco a quiz. Cerchiamo di offrire qualcosa di diverso, alternativo, conclude. Il tempo stringe. C’è chi lo vuole salutare, chi deve parlargli di lavoro, chi lo reclama in laboratorio dove è al lavoro tutto il resto della famiglia.

ACCIAIERIE – Manifesto di Sandro Bini Il compito di fissare l’immagine che ricordi agli osservatori i centotrent’anni delle Acciaierie di Terni, un lungo percorso di alterne situazioni, di progressi e di difficoltà in campo industriale e sociale, attraverso guerre che hanno sconvolto l’Europa e provocato trasformazioni politiche, ma anche un costante processo di rivoluzione tecnologica, è stato affidato all’artista ternano Sandro Bini. Non è certamente un caso perché l’autore del manifesto dedicato all’avvenimento si è sempre occupato dell’ideazione, della progettazione e della realizzazione artistica di queste opere illustrative di eventi o di prodotti prevalentemente culturali da pubblicizzare. Nel 1986 l’attività di Bini in questo settore ha avuto inizio con l’esecuzione del manifesto e delle scenografie per lo Special Arts allo Sferisterio di Macerata,

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ripreso dalla RAI. Nel 1989 ha interpretato i Campionati del Mondo di Fisarmonica tenutisi a Terni sia con il manifesto che con le scenografie. Dall’anno 1991 al 1999 ha regolarmente realizzato i manifesti pubblicitari per le Ferrovie dello Stato. Lo scorso anno ha affrontato un tema di notevole impegno concettuale pubblicizzando “l’impiego delle cellule staminali”. Per giungere sino ad oggi con la produzione di grande impatto visivo del manifesto sui 130 anni della Società Terni che assembla i vari tempi della nostra principale industria su tre diversi piani: dalle laboriose origini con le ciminiere fumose all’essenzialità dell’attuale struttura siderurgica d’avanguardia, attraverso un punto focale molto intenso ed emotivo, una vera icona per la storia della nostra gente. Franca Calzavacca


P ast icceria

La Pasqua

Pasticceria Carletti Terni, Via Lungonera Savoia 34/36 - Tel. 0744.279937 - Fax 0744.283567 mail: info@pasticceriacarletti.it - web: www.pasticceriacarletti.it 47


Sport motore del nostro tempo Una recente classifica pubblicata dal Sole 24 Ore colloca la Città di Terni ai primi posti tra i Comuni capoluogo, per attività ed eventi sportivi realizzati, in rapporto al territorio ed al numero di abitanti. Tale graduatoria rischia di essere fuorviante se non si definisce un preciso quadro di riferimento del settore, definendone potenzialità e margini di miglioramento. L’impegno richiesto è quello di assicurare l’inalienabile diritto alla pratica sportiva e quindi alla salute, a tutti indistintamente, con particolare attenzione ai giovani, agli anziani, ai disabili ed a coloro che versano in difficili condizioni economiche. La nostra città deve realizzare e promuovere un’offerta sportiva ampia ed articolata, volta alla realizzazione di un virtuoso modello sociale, nel quale le nuove generazioni possano trovare, tramite lo sport, solide fondamenta nell’apprendimento e nel rispetto delle regole, dei diritti e dei doveri. La pietra angolare su cui basarsi è costituita dal volontariato delle società sportive, vero motore ed inesauribile cinghia di trasmissione per la pratica e la diffusione dello sport. L’azione dell’associazionismo sportivo, delle Federazioni e degli Enti di Promozione Sportiva, deve essere sostenuto e tutelato. La prossima apertura degli uffici del Coni Point a Terni va in questa direzione: costituire un presidio territoriale al servizio di coloro che praticano ed organizzano lo sport. Un pool di esperti fornirà consulenze gratuite in tema amministrativo-fiscale, giuridico e psicologico. Dobbiamo tener presente che lo sport, nei suoi aspetti formativi ed aggregativi, favorendo la crescita generale dell’individuo, migliora complessivamente la tenuta valoriale della comunità. Una seria politica per lo sport ed il tempo libero, deve porsi, quindi, obiettivi certi e raggiungibili: Gli sportivi debbono appropriarsi del proprio territorio e viverlo con serena consapevolezza. Le opere incompiute e gli impianti inadeguati sono una vera offesa alla dignità dei cittadini. Bisogna individuare inoltre spunti migliorativi ed occasioni di coinvolgimento per garantire l’accesso e la fruibilità degli impianti ai disabili che intendono fare sport. Occorre riqualificare l’impiantistica sportiva, consapevoli delle ristrettezze economiche, ma convinti della necessità che la pratica e la promozione dello sport necessitano di spazi adeguati ed aree attrezzate.

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Dare impulso e stimolo alla collaborazione con i privati affinché la città di Terni possa finalmente disporre di un Palazzetto polivalente, con una capienza adeguata per ospitare eventi importanti, coinvolgendo nel progetto anche i Comuni limitrofi. Valorizzare le eccellenze dei Centri Federali: Palazzetto della Scherma, Centro di canottaggio a Piediluco, Palatennistavolo. Occorre uno sforzo di idee e di progettualità affinché le diverse Federazioni trovino nella nostra Città gli stimoli e le migliori condizioni per allenarsi, gareggiare ed organizzare eventi sportivi a carattere nazionale ed internazionale. La vicinanza con Roma e la centralità geografica rendono la nostra città strategica per convogliare numeri importanti riguardanti il turismo sportivo, autentico elemento trainante per l’economia di un territorio. Il Coni ha attivato il Credito Sportivo al fine di fornire un adeguato supporto economico per la costruzione ed il miglioramento dell’impiantistica. Gli Enti Locali da parte loro non devono ricercare profitti nella gestione delle proprie strutture, ma altresì garantirsi la partnership di soggetti privati seri e qualificati, che valorizzino l’impianto e ne consentano la fruibilità nel giusto equilibrio economico, affinché le associazioni sportive possano sopravvivere, soprattutto in questo periodo dove la crisi economica non mina solo le aziende, ma anche i circoli sportivi ad esse collegate. Per anni i dopolavoro aziendali hanno garantito un sistema diffuso di pratica sportiva. La crisi del polo chimico ternano e della Sgl Carbon non procurano solo emorragie di posti di lavoro, ma anche la fine di un modello virtuoso di sport legato alla fabbrica. Il circolo Polymer è in difficoltà, la polisportiva Sgl Carbon rischia di vedersi privata non solo del sostegno economico dell’azienda, ma anche della fruibilità dell’impiantistica. Sono questi i temi su cui lavorare ed impegnarsi, perché il vero risultato non è la medaglia, ma la conquista ed il mantenimento del diritto allo sport per tutti! Stefano Lupi Delegato Coni di Terni


4 Aprile 2014

Le Streghe

Angelo Pepicelli, Francesco Pepicelli, Giampiero Raspetti, Loretta Santini

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L’Ol o c aau u s t o d e g l i U c r a i n i, la Shoà Il Secolo dei Genocidi L’Olocausto degli Armeni, di cui abbiamo parlato nella prima parte del nostro articolo, è stato purtroppo soltanto l’inizio di una lunga serie. Insieme ad esso è nata una nuova scuola di pensiero chiamata Negazionismo che puntualmente accompagnerà tutti gli altri genocidi che si verificheranno. Esso consiste nel negare ogni responsabilità politica, morale, storica adducendo giustificazioni, pretesti e scuse ipocrite, anche di fronte all’evidenza di prove inconfutabili quali documenti, filmati, foto, macabri reperti ecc… Proseguiamo ora il nostro viaggio nel buio degli anni luce, percorrendo la storia del secolo della scienza e della tecnica. Dalle terre dell’Impero Ottomano ci spostiamo in Ucraina, balzata oggi alla ribalta internazionale per una grave crisi interna che la vede contrapposta, tragica nemesi storica, alla Repubblica russa. Siamo negli anni che vanno dal 1929 al 1933. L’Ucraina prima faceva parte dell’Impero zarista a cui si era sostituito dopo il 1918 quello sovietico dell’U.R.S.S. Era un paese agricolo basato sulla piccola proprietà e principale produttore di grano nel vasto impero russo. Negli anni in questione Stalin scatenò una violenta repressione conosciuta con vari nomi come Genocidio ucraino o Olocausto ucraino, ma quello più appropriato è Holodomor termine derivato da moryty holodom che in lingua ucraina significa morte per fame perché questa volta lo strumento di sterminio non furono fucilazioni, camere a gas, bensì la fame provocata da una carestia non causata da eventi naturali tipo siccità, devastazioni, guerre, ma di origine dolosa con un piano freddamente studiato a tavolino e altrettanto freddamente realizzato. Alla metà degli anni ’20 Stalin decise di avviare un radicale cambiamento della struttura economica dello stato sovietico allo scopo di fondare un’economia basata su un precisa pianificazione. Secondo il progetto del regime tutta la ricchezza prodotta andava trasferita dall’agricoltura all’industria, principale motore dell’economia pianificata. Stalin, entrando in contrasto con Bucharin, dispose l’accorpamento dei vari appezzamenti privati in cooperative (Kolchoz) o in aziende di stato (Sovchoz) che dovevano consegnare i prodotti al prezzo fissato dallo stato. Ma in Ucraina la piccola proprietà aveva una tradizione molto radicata e i piani del governo di Mosca vennero subito osteggiati. I Kulaki (contadini piccoli proprietari) reagirono con violenza agli espropri imposti dal governo centrale. Proprio sui contadini ucraini si concentrò l’azione coercitiva dello stato sovietico con una strategia divisa in due periodi: 1929-1932 furono approvati due provvedimenti chiamati con chiaro eufemismo collettivizzazione e dekulakizzazione, la prima sancì la fine della proprietà privata, la seconda la deportazione in massa in Siberia di milioni di contadini. Negli anni 1932-1933, al fine di piegare ogni resistenza, vennero attuate misure molto drastiche quali la requisizione di tutti i generi alimentari e l’obbligo di cedere allo stato quantità di frumento tali da non avere più di che sfamarsi. Con questi provvedimenti varati dal Partito comunista sovietico, nel dicembre del 1929, il governo di Mosca provocò con fredda determinazione una terribile carestia che decimò la popolazione. I contadini ucraini si opposero fieramente alla collettivizzazione, preferendo uccidere il bestiame piuttosto che consegnarlo agli emissari di governo, nascondendo il frumento e incendiando fattorie. Stalin allora decise di usare il pugno di ferro inviando migliaia di funzionari governativi russi e 25.000 lavoratori nelle fabbriche allo scopo di rendere più efficace l’opera di collettivizzazione.

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parte II

Nel 1932 una speciale commissione capeggiata da V. Molotov si insediò a Kiev per rendere più efficiente l’azione della polizia e le requisizioni di grano, a cui vennero aggiunte quelle di barbabietole e di patate. Il 7 agosto 1932 il governo di Mosca decise la pena di morte contro chi tentasse di sottrarre frumento alla proprietà collettiva e impedì agli ucraini di uscire dal loro territorio perché non si diffondesse la notizia. La propaganda sovietica in questo modo presentò all’opinione pubblica interna e internazionale i contadini ucraini e i kulaki come reazionari e controrivoluzionari. Le foto e i filmati sfuggiti alla censura del regime moscovita mostrano agghiaccianti immagini di bambini, donne, uomini ridotti a scheletri per la fame, tragico anticipo dello spettacolo a cui si trovarono di fronte gli Alleati nel 1945 durante la liberazione dei lager nazisti. Ridotto allo stremo con la fame il popolo ucraino, il regime ebbe partita vinta e sull’Holodomor calò la congiura del silenzio. Nel 1940 Stalin dichiarò apertamente a W. Churchill che 10 milioni di kulaki erano stati processati e la gran massa annientata. Quando si verificano tali eventi è sempre difficile quantificare il numero delle vittime; esso fu comunque assai elevato e si aggirerebbe intorno ai sette milioni di vittime, tra i morti per fame o per le durissime repressioni della polizia oppure durante il trasferimento nei vari gulag siberiani. Bisognerà aspettare gli anni della Perestrojka di Gorbacev e l’indipendenza dell’Ucraina perché l’Holodomor venisse riconosciuto come genocidio. Attualmente solo 19 stati lo riconoscono ufficialmente come tale. Indubbiamente tra le intricate cause politico economiche del contenzioso tra Repubblica russa e Repubblica ucraina esploso drammaticamente in questi giorni è da annoverare anche il ricordo dello sterminio dei kulaki negli anni dello stalinismo. Riguardo alla Shoà o Olocausto per antonomasia non ci dilungheremo molto, non certo per disinteresse, ma unicamente perché su di esso si sono espresse autorevoli personalità della politica e della cultura internazionali e poi soprattutto per la vasta documentazione disponibile. Tuttavia anche a tal proposito dobbiamo rilevare due fattori importanti. Il primo è che nell’inferno della Shoà, anche se in numero esiguo rispetto agli Ebrei che pagarono il tributo più pesante, finirono anche gli omosessuali, i disabili, gli Zingari, i malati di mente, tedeschi oppositori del regime nazista e perfino sacerdoti di varie confessioni. Il secondo è che, trascorso ormai più di mezzo secolo, scomparsi fisicamente quasi tutti i sopravvissuti, le nuove generazioni, ormai lontane da quegli eventi terribili, vissute nel benessere e nel consumismo, influenzate dalla informazione superficiale dei media, tendono a ridimensionare o addirittura a dimenticare o peggio a negarne l’esistenza. Si tratta del fenomeno del Negazionismo che riguarda non solo singoli gruppi politici di vari paesi, ma a volte regimi veri e propri come quello iraniano in cui l’allora presidente Ahmadinejad convocò a Teharan un convegno internazionale con lo scopo di dimostrare che la Shoà era stata una montatura degli Occidentali e soprattutto degli Americani. Una cosa è certa: ad ogni genocidio non manca mai chi per interessi politici, per ideologia, per odio personale è pronto a negare anche l’evidenza, vedi la Turchia per gli Armeni, la Russia per l’Holodomor ucraino. Nel prossimo numero parleremo dei genocidi avvenuti in Ruanda, in Cambogia e in Bosnia. Pierluigi Seri


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Il nuovo corso della DEMETRA La Demetra ML Cell Factory, da alcuni anni operante in campo medico con soluzioni innovative negli ambiti oncologico e uro-andrologico, è in procinto di assumere un ruolo avanguardistico nel settore sanitario globalmente inteso. A breve, infatti, la società fondata dai dottori Valter Cassutti, medico urologo, e Marco Ballerini, biologo, già consorziata al “Polo di Genetica, genomica e biologia” con le Università Riunite di Perugia e Terni, potrà dar corso alla produzione di terapie cellulari avanzate avvalendosi di una modernissima cell factory. Nella sede a Terni in Via Bramante, all’interno di una superficie complessiva di oltre quattrocento metri quadri, è stato approntato un laboratorio perfettamente isolato dall’ambiente esterno, con filtraggio dell’aria al 99,9%, cabina di scambio per evitare contaminazioni, sistemi di crioconservazione con azoto liquido ed ogni accorgimento prescritto dai rigorosissimi disciplinari vigenti in materia, a livello internazionale, per garantire la sicurezza del prodotto finale. Grazie a un dispositivo medicale di ultima concezione, denominato Prodigy, i tecnici della Demetra saranno in grado di realizzare nuovi farmaci di natura biotecnologica, per terapia personalizzate efficaci nella cura di svariate patologie. L’aspetto scientificamente innovativo di tali terapie si fonda su isolamento, coltura e arricchimento di alcune cellule del sistema immunitario del malato per ottimizzarne la risposta nei confronti delle patologie tumorali e razionalizzarne, il più possibile, l’utilizzo. Ciò anche in associazione con le terapie convenzionali, al fine di potenziarne l’efficacia e ridurne gli effetti collaterali. L’impostazione seguita dalla Demetra mira, pertanto, a favorire il processo endogeno di guarigione ponendo il fuoco dell’attenzione sull’individuo, potenziandone le capacità di autodifesa, divulgando la consapevolezza dell’importanza del cambiamento dello stile di vita e accompagnandolo in un percorso di ricerca e di elevazione. Il contatto diretto con le persone ammalate e le loro famiglie ha inciso in modo indelebile nell’approccio, relazionale e terapeutico, di quanti lavorano nella Demetra, contribuendo in misura determinante al percorso evolutivo in atto. Nella prospettiva da ultimo delineata, un ringraziamento colmo di affetto e nostalgia va all’amico Mirko Littamè, senza il quale il nuovo corso della Demetra non sarebbe stato possibile. Pasquale Lacanna

placanna@libero.it

L a

p e d o d o n z i a

La pedodonzia, o odontoiatria infantile, è quella branca dell’odontoiatria che si prende cura dei denti e della salute orale dei piccoli pazienti, dai primi anni di vita fino all’adolescenza. È di primaria importanza che i bambini vengano curati da una figura specialistica ad essi dedicata, non solo per la necessità di conoscere in maniera approfondita i meccanismi di sviluppo delle arcate e le caratteristiche particolari della patologia cariosa e traumatica nel bambino, ma anche per poter offrire un approccio mirato ed individualizzato che permetta al bambino di vivere serenamente le sedute odontoiatriche, divertendosi, acquisendo fiducia nel professionista e dunque offrendo la collaborazione necessaria. In prima visita viene valutata la situazione orale del piccolo paziente, il livello di igiene orale e la necessità o meno di cure. L’inizio delle sedute operative è sempre preceduto da una o più sedute di “approccio psicologico” in cui il bambino giocando, fa conoscenza con lo strumentario e quindi viene preparato alle cure. Pedodonzia e igiene orale - Sui denti si forma costantemente la placca che è la causa principale di carie. La placca è una pellicola bianco giallastra composta da batteri, i quali combinandosi con zuccheri e amidi contenuti negli alimenti, producono degli acidi in grado di danneggiare lo smalto dei denti, provocandone la carie. Una corretta igiene orale che rimuova placca e residui di cibo dai denti del bambino, associata ad una dieta attenta a limitare il consumo frequente di cibi con molti zuccheri, rappresenta il modo più efficace di prevenire la carie. Sigillatura - La sigillatura dei molari permanenti rappresenta una valida strategia difensiva contro la carie. La superficie masticatoria dei molari presenta dei solchi profondi, nei quali la placca batterica si annida facilmente rendendo difficoltose e spesso insufficienti le manovre quotidiane di igiene orale. Essendo i molari maggiormente esposti al rischio di lesioni cariose precoci, l’applicazione di una resina speciale lungo i solchi masticatori permette di proteggere lo smalto, rendendolo inattaccabile dalla placca batterica. Per la sigillatura di un dente bastano pochi minuti e non serve anestesia. Dopo la pulizia e la preparazione del dente, sui solchi viene applicato il sigillante, fatto poi indurire con una luce apposita. Di solito i sigillanti resistono alla normale masticazione, tuttavia dopo alcuni anni può rendersi necessaria la loro riapplicazione. Si ringrazia per l’articolo la dott.ssa Michela Santi, consulente per la pedodonzia dello studio odontoiatrico Novelli. Alberto Novelli

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Boomerang Il fascino di un volo preistorico Invitato talvolta da qualche amico o conoscente, ho scoperto all’interno delle loro abitazioni dei boomerang appesi o nel corridoio o in salotto, regalati da parenti o amici di ritorno da viaggi in Australia. Quell’oggetto, lanciato da mani esperte, percorrerebbe una traiettoria circolare o ellittica nell’aria e ritornerebbe al mittente, nelle sue mani o a terra vicino a lui. Lanciare un boomerang significa provare il piacere di un gesto antichissimo, limpido, perfetto, abbracciare una totale libertà, respirare aria pura, nella natura e nell’azzurro del cielo. È una grande emozione osservare i suoi volteggi e il suo preciso ritorno; con una preparazione assidua si ottengono prese sempre più spettacolari. Per ottenere risultati soddisfacenti, sia per costruirli sia per i vari lanci, occorre la guida di un esperto che accompagnerà il neofita ai vari gradi di esperienze. Aborigeni di ogni regione del mondo da sempre hanno costruito bastoni da lancio, mazze di legno ed altri ordigni per colpire piccole prede per cibarsene. L’uomo, variando probabilmente per sbaglio la curvatura del profilo aerodinamico delle superfici, si accorse che l’oggetto, lanciato con forte rotazione, tornava al punto di partenza. Nel corso del tempo ne furono elaborate varie forme che permettevano alcune traiettorie, più o meno rapide e precise. Il materiale per costruire un boomerang è quasi sempre di legno, in Australia di Mulga o Wattle, alcuni boo antichi anche di osso o avorio. Nella tomba di Tutankamun ne furono trovati una trentina. Oggi si adoperano vari tipi di compensati, betulla finlandese, compensato marino o semplice compensato di pioppo. Lo scrivente, alla ricerca del sempre nuovo e di materiale da riciclo, ha usato fondi di vecchi cassetti di compensato di faggio, schede di vecchi televisori ed anche rami di vari tipi di alberi. Il volo e la traiettoria del boo risentono del peso specifico del materiale usato, dello spessore e dimensione delle pale. Ho costruito quasi 700 boo, di varie forme e tutti hanno volato e superato la prova per entrare nella raccolta personale. Il Cap. Jomes Cook, il 23 Aprile 1770, fu il primo europeo a sbarcare sulle coste australiane; a lui si deve la scoperta del boo australiano. Descrisse l’attrezzo come “arma distruttiva da lancio” che veniva usata a guisa di spada. Giunto in Europa il boo è stato modificato e perfezionato, trasformandolo in attrezzo per il gioco e in una vera disciplina sportiva. Il termine boomerang sembra derivi dalla parola aborigena australiana Boomori che significa “bastone che torna indietro” o anche da Bumar-Rang, che nella lingua della tribù Turaval, della regione di

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Sidney significa più o meno “oggetto che vola nel vento“. Le antiche popolazioni usavano questo oggetto per la caccia ai volatili, piccoli mammiferi, per giochi di destrezza e caccia alla battuta, per spaventare gli animali e spingerli verso trappole. In Australia, nelle regioni più remote, il boo viene usato per la caccia, è bipala e viene denominato Kilie. Oltre che per cacciare il boo veniva usato per tagliare l’erba e sistemare il terreno per preparare accampamenti, come attizzatoio, come pala per scavare la sabbia, allargare tane o estirpare radici. Il bordo del boo, veniva affilato e reso tagliente per mezzo del fuoco, poi strofinato sulla roccia e lisciato con sabbia molto calda, potendo così tagliare una preda, selezionarla, ecc. Due boo battuti uno contro l’altro producono suoni per accompagnare danze e cerimonie varie. Non si esclude che il boo avesse avuto funzione di oggetto sacro, molti venivano dipinti con figure di animali, di spiriti e scene varie. Nei territori del Nord, nella riserva aborigena dell’Arnem-Land vi sono raffigurazioni risalenti a 15.000 anni fa. Forme e tipi variano di molto; si conoscono 300 nomi nelle varie lingue aborigene. Nella caccia ai volatili il boo veniva lanciato al disopra degli stormi per impaurire gli uccelli che si abbassavano e cadevano nelle reti tese tra gli alberi. Nel combattimento il boo veniva lanciato orizzontalmente, fatto rimbalzare nel terrono per colpire le gambe del nemico. L’utilizzo del bastone da lancio, in Egitto, è documentato da innumerevoli esemplari trovati in molte sepolture e dipinti su vasi e su pareti con scene cerimoniali e di caccia. Due modelli sono conservati al Museo Egizio di Reggio Emilia. Un boo di avorio di mammut, risalente a 23.000 anni fa fu trovato a Sud della Polonia nel 1987. Pare che i Camuni possedessero un’arma molto simile al boo e comune era tra le popolazioni celtiche: una specie di ascia dal manico leggero e flessibile, lunga circa 50 cm. lanciata con abilità tornava indietro con precisione. I romani chiamavano quest’arma Cateia e Virgilio, nell’Eneide, l’annovera fra le armi da guerra. Nella roccia di Naquane se ne vedono tre esemplari, uno in mano ad un personaggio, due sono ritratti in volo, mentre stanno per colpire due cervi. Potrei ancora descrivere e spiegare molte cose a proposito di questo oggetto magico e antico, più che altro dati tecnici e metodi di costruzione, comunque penso di essere stato abbastanza esauriente. Sarebbe opportuno effettuare delle uscite in tempi favorevoli per provare insieme l’emozione del volo su spazi aperti e verdi prati. Buon volo! Bruno Petrollini


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AGENZIA GENERALE TERNI - AGENTE GI AN LU C A G A MBIN I ANLU CA Via della Bardesca, 3 - Tel 0744.409346 - Fax 0744.409347 terni@saiterni.it - www.saiterni.it Presenti sul territorio: Amelia, Attigliano, Fornole di Amelia, Narni Scalo, Sangemini, Orvieto, Todi, Marsciano

LA PENSIONE INTEGRATIVA Quando andremo in pensione, manterremo la stessa retribuzione che percepiamo oggi? Con l’ultima riforma previdenziale, le anzianità contributive maturate dopo il 31 dicembre 2011 saranno calcolate, per tutti i lavoratori, con il sistema di calcolo contributivo. Il sistema contributivo è un sistema di calcolo della pensione che si basa su tutti i contributi versati durante l'intera vita assicurativa e si distingue dal sistema di calcolo retributivo, che si basa invece sulla media delle retribuzioni percepite negli ultimi anni di vita lavorativa. Pertanto, tutti i lavoratori che avrebbero usufruito di una pensione calcolata esclusivamente con il calcolo retributivo, avranno una pensione in pro rata calcolata con entrambi i sistemi di calcolo. Questo implica che nella stragrande maggioranza dei casi le nuove pensioni saranno nettamente più basse dell’ultima retribuzione percepita. Quale soluzione ci consiglia per mantenere lo stesso tenore di vita? Aderire sin da subito a un Piano Individuale Pensionistico oppure ad un Fondo Pensione Aperto rappresenta una strada obbligata per compensare i GAP pensionistici derivanti dal sistema previdenziale obbligatorio. Aderendo ad una forma di previdenza complementare, oltre alla pensione integrativa, avrò altri benefici? I contributi versati sono deducibili dall’imponibile IRPEF fino ad un massimo annuo di € 5.164,57. La tabella seguente illustra quante minori tasse pagherà, anno per anno nella fase di accumulo, un aderente a un PIP o ad un Fondo Pensione aperto.

Intervista all’Agente Generale

Gianluca Gambini gravissime situazioni relative a sé, al coniuge e ai figli per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche; - decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 75 per cento del capitale maturato, per l'acquisto della prima casa di abitazione per sé o per i figli; - decorsi otto anni di iscrizione, per un importo non superiore al 30 per cento del capitale maturato, per ulteriori esigenze degli aderenti. Inoltre, è possibile chiedere il riscatto nei seguenti casi: - nella misura del 50 per cento della posizione individuale maturata, nei casi di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo non inferiore a 12 mesi e non superiore a 48 mesi, ovvero in caso di ricorso da parte del datore di lavoro a procedure di mobilità, cassa integrazione guadagni ordinaria o straordinaria; - totalmente, in caso di invalidità permanente che comporti la riduzione della capacità di lavoro a meno di un terzo e a seguito di cessazione dell'attività lavorativa che comporti l'inoccupazione per un periodo di tempo superiore a 48 mesi. Messaggio promozionale riguardante le forme pensionistiche complementari. Prima dell’adesione ai Fondi Pensione aperti gestiti da UnipolSai Assicurazioni leggere il Regolamento e la Nota Informativa che possono essere richiesti in Agenzia, e consultabili sul sito internet www.unipolasai.it, alla sezione previdenza complementare. Messaggio promozionale riguardante le forme pensionistiche complementari. Prima dell’adesione ai Piani Individuali Pensionistici (PIP) gestiti da UnipolSai Assicurazioni, leggere la Nota informativa, il Regolamento e le Condizioni Generali di contratto che possono essere richiesti in agenzia e sul sito internet www.unipolsai.it, alla sezione previdenza complementare.

Come posso finanziare la mia posizione di previdenza complementare? Il Piano Individuale Pensionistico o il Fondo Pensione aperto possono essere alimentati tramite: - contributo individuale; - destinazione della quota annua del TFR (se dipendente); - contributo del datore di lavoro. I miei soldi rimangono vincolati o in caso di necessità potrò riscattare il capitale accumulato oppure chiedere una anticipazione? Sia i Piani Individuali Pensionistici che i Fondi Pensione Aperti prevedono la possibilità di richiedere un’anticipazione: - in qualsiasi momento, per un importo non superiore al 75 per cento del capitale maturato, per spese sanitarie a seguito di

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Le Fondazioni bancarie sono enti privati non lucrativi, dotati di piena autonomia statutaria e gestionale, che perseguono scopi di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico del territorio. La Fondazione Carit opera principalmente nei settori della ricerca scientifica, dell’istruzione, della salute, dell’arte e cultura, del volontariato e dello sviluppo locale, erogando oltre 3,5 milioni di Euro l’anno. Nell’ambito del settore arte, attività e beni culturali la Fondazione destina annualmente in favore dei restauri, da oltre venti anni, il 30% circa delle risorse. Dal 1992 ad oggi sono stati realizzati nel territorio di intervento della Fondazione, ossia Terni e comuni limitrofi, oltre 500 interventi, che hanno interessato affreschi, dipinti murali, oli su tavola e su tela, organi musicali, sculture lignee e opere in materiale lapideo. Tutti gli interventi di restauro sono realizzati sotto la sorveglianza della competente Soprintendenza dell’Umbria. Tra gli interventi più significativi realizzati in questi anni di attività, si ricordano: - il restauro del prezioso organo Willelm Hermans della chiesa di Santa Maria Maggiore di Collescipoli (Tr) datato 1678; - il restauro della preziosa Dormitio Virginis della chiesa di San Pietro di Terni, attribuita a Francesco di Antonio (detto il Maestro della Dormitio Virginisi) attivo tra la fine del XIV e l’inizio del XV secolo, che suscitò interesse e studi da parte di Federico Zeri; - il restauro della pala di Pier Matteo d’Amelia (Amelia, 1445-1448 / 1508 circa) raffigurante Sant’Antonio abate, unica opera conservata nella sua città natale, Amelia, presso il Museo Civico e Pinacoteca. L’intento della Fondazione, manifestato in questi ultimi anni, è comunque quello di

recuperare un bene nella sua completezza, senza disperdere energie e risorse in piccoli interventi delocalizzati. Ne è un esempio la campagna di restauro condotta presso il Santuario di San Francesco a Terni (XIII secolo). Un recupero avviato nel 2002 dapprima con il restauro della cappella della Croce Santa in collaborazione con la Fondazione Cariplo, proseguito poi negli anni successivi con un intervento sulla facciata, fortemente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale e compromessa nel suo aspetto originario dalla ricostruzione post bellica, e terminato nel 2013 con il restauro dello splendido campanile e dei prospetti laterali esterni compresa l’abside. Interventi analoghi si stanno portando avanti anche nei centri minori di Rocca San Zenone (Tr), con il recupero della chiesa di San Giovanni, i cui dipinti più antichi risalenti al XV secolo sono stati riscoperti sotto consistenti strati di scialbo; o la chiesa della SS. Trinità di Avigliano Umbro, un palinsesto di opere celate per lunghi secoli e che oggi stanno tornando al loro antico splendore. Unico nel suo genere è poi l’intervento, ormai noto, che la Fondazione Carit ha intrapreso con il restauro della fontana di piazza Tacito. Non tanto per le caratteristiche generali dell’intervento, quanto soprattutto per il genere di iniziativa di partnership intrapresa dalla Fondazione. Il progetto è, infatti, frutto di un lavoro di équipe e di collaborazioni messe in campo ormai da diversi mesi dalle istituzioni cittadine, pubbliche e private, volte al recupero della fontana monumentale, opera degli architetti Mario Ridolfi e Fagiolo e dell’artista Corrado Cagli.

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Comune d Va l l i e v a l l o n i , d a p r e s s o e d a

Valli e valloni, da presso e da lontano, tutto è delizioso… Con queste parole il sommo letterato Johann Wolfgang von Goethe descrisse Otricoli nella sua opera Viaggio in Italia (1816). In effetti, in questo piccolo comune alle porte dell’Umbria il connubio tra la natura, rappresentata da un paessaggio tipicamente collinare dalle linee dolci e vegetazione rigogliosa, e la storia di un centro ricco di chiese e palazzi, ma soprattutto con l’imponenza e la vastità dell’antica Ocriculum, è tra gli esempi più riusciti ed apprezzati.

Nico Nunzi - Sindaco

L’ a n t i c a O C R I C U L U M

Ocriculum, alleata di Roma nel 308 aC, dopo la battaglia di Mevania, svolse una funzione strategica come città di confine tra l’Umbria e la Sabina e come punto di scambio tra la viabilità fluviale e terrestre lungo la via Flaminia. I rapporti commerciali con Roma erano, infatti, intensi grazie al vicino porto fluviale sul Tevere detto “porto dell’Olio” di origine romana ma usato anche per tutta l’età papale, ed alla via Flaminia realizzata nel 220 dal console Flaminio. Ascritta alla tribù Arnensis, divenne municipio e nella suddivisione operata da Augusto venne assegnata alla Regio VI, di cui costituì l’estremo lembo verso la Sabina. In età imperiale ebbe vita fiorente con un’economia basata sull’agricoltura, sul commercio e sulla industria figulina e di tegole e mattoni. Le bellezze naturali del territorio, inoltre, la rendevano anche un luogo adatto per la villeggiatura. La città venne distrutta fra il 569 ed il 605 dC durante l’invasione longobarda. L’abbandono della città sviluppata su un’ansa del Tevere, nella seconda metà del VII sec. dC, a vantaggio del recupero del colle preromano, fu dovuto ad un insieme di fattori tra i quali le numerose inondazioni del Tevere e gli spostamenti del letto del fiume. I primi scavi regolari, condotti durante il pontificato di Pio VI portarono l’esplorazione di molti edifici monumentali, come la Basilica e le Terme e le numerose opere d’arte rinvenute (mosaici, sculture, iscrizioni) furono trasportate ai Musei Vaticani. In particolare un mosaico policromo (rinvenuto integro nelle Terme) e la testa colossale di Giove alta 58 cm, trasportate a Roma per via fluviale.

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i Otricoli lontano, tutto è delizioso…

Goethe

Il Centro Storico L’attuale centro storico risulta molto particolare conservando, come difesi dalla cinta muraria altomedievale, edifici e monumenti di epoche storiche anche molto lontane tra loro che vanno dall’età medievale fino ad oggi. L’elemento più qualificante del castello è il suo centro caratterizzato dalla presenza di numerose costruzioni tufacee, da grandi palazzi rinascimentali e soprattutto dalla Collegiata S. Maria Assunta. La chiesa è un interessante esemplare di luogo di culto preromanico del VII sec. quasi totalmente ristrutturata nel IX sec. Divisa in tre navate da pilastri in muratura e colonne, presenta al suo interno rilevanti rifacimenti (subiti soprattutto nel rinascimento e nel seicento) e un cospicuo numero di materiali decorativi di età romana e medioevale (tra cui un pala lignea del XII sec). Nell’epoca moderna, contemporaneamente alla nascita del Borgo e cioè di “un paese accanto al castello”, con caratteristici edifici (dell’800 e del ‘900) e vita propri, il centro storico continuò ad ampliarsi attraverso la costruzione di edifici di notevole valore. Elementi qualificanti della architettura del Settecento sono l’ Oratorio di San Giuseppe da Leonessa, la Chiesa di S. Salvatore, il Palazzo Priorale, attuale sede comunale, e la casa SquartiPerla con la sua eccezionale porta costruita interamente da frammenti antichi. Di particolare rilievo, inoltre, per i secoli XIX e XX, i portici del Borgo, oggi totalmente restaurati, dove si trovavano le antiche stazioni di posta.

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Eventi e tradizioni

Il programma di eventi e spettacoli curati dall’Amministrazione e dalle varie associazioni si presenta ogni anno sempre più ricco di spettacoli e artisti di qualità, capace di caratterizzare il territorio per tutta la stagione.

Dal 13 Maggio lungo le sponde del Tevere si assiste alla rievocazione del Martirio di S. Vittore, Vittore patrono di Otricoli, la cui salma, proveniente dalla Siria, ricomparve sulle rive del fiume dove oggi è eretta una chiesa settecentesca appoggiata ai ruderi del convento benedettino. La statua del Santo a bordo di una barca risale la corrente nella grande ansa scortata da fiaccole e torce: il gioco dei riflessi della luce sull’acqua crea un’atmosfera davvero suggestiva tale da richiamare ogni anno centinaia di fedeli e turisti.

Fotoservizio, nelle 3 pagine, del Gruppo Fotografico Città di Otricoli

Il 14 e 15 giugno è la volta invece di Ocriculum A.D. 168: 168 un weekend all’insegna della storia, dell’arte e della gastronomia all’interno dell’area archeologica. Sarà ancora una volta un’occasione speciale per rivivere le atmosfere del tempo che vide grande l’Impero Romano. Il porto sul Tevere brulicante di barche da carico e chiatte, il vocio indistinto dei marinai che si mischia a quello della folla che gremisce l’Anfiteatro e acclama i suoi eroi gladiatori. Il Teatro con attori e musici, la calma delle Terme e un carro che corre veloce lungo l’Antica via Flaminia.

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A settembre va in scena l’Otricoli Music Festival. Festival Nelle vie, piazze e vicoli del centro storico, cantautori e gruppi musicali, tra i più acclamati ed eclettici, sono i protagonisti in due giorni all’insegna dell’unione tra musica, arte e gastronomia. Già dal pomeriggio molte le esibizioni dei giovani gruppi iscritti grazie a OtricoLive, OtricoLive evento nell’evento che accompagnerà il pubblico sino agli attesi concerti serali che hanno visto esibisirsi in questi anni artisti del calibro di Danilo Rea, Niccolò Fabi e Mauro Ermanno Giovanardi.


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illu re st

Piero Fabbri è uno dei 3 autori di Rudi Mathematici, una ezine dedicata alla divulgazione della matematica, responsabili anche della rubrica Rudi Matematici de Le Scienze. Insieme al collega Rodolfo Clerico ha vinto il premio Peano nel 2007 per il libro Rudi Simmetrie.

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Piero Fabbri


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