LA BIENNALE DI VENEZIA Presidente / President Roberto Cicutto Consiglio di Amministrazione / Board Vice Presidente / Vice President Luigi Brugnaro Claudia Ferrazzi Luca Zaia Collegio dei Revisori dei Conti / Auditors’ Committee Presidente / President Pasqualino Castaldi Ines Gandini Angelo Napolitano Direttore Generale / Director General Andrea Del Mercato Direttore Artistico del Settore Danza / Artistic Director of the Dance Department Wayne McGregor CBE
BIENNALE DANZA Venezia 13—29.07.2023
17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea 17th International Festival of Contemporary Dance LA BIENNALE DI VENEZIA Direttore Generale / Director General Andrea Del Mercato
STRUTTURA ORGANIZZATIVA / ORGANISATIONAL STRUCTURE SERVIZI CENTRALI / CENTRAL SERVICES AFFARI LEGALI E ISTITUZIONALI, RISORSE UMANE E VICARIATO / LEGAL AND INSTITUTIONAL AFFAIRS, HUMAN RESOURCES AND DEPUTY Direttore / Director Debora Rossi Affari Legali e Istituzionali / Legal and Institutional Affairs Martina Ballarin Francesca Oddi Lucrezia Stocco Risorse Umane / Human Resources Graziano Carrer Luca Carta Giovanni Drudi Antonella Sfriso Alessia Viviani Loris Zennaro Rossella Zulian SEGRETERIE / SECRETARIATS Segreteria Generale / General Secretariat Chiara Arisi Caterina Boniollo Maria Cristina Cinti Elisabetta Mistri Cerimoniale / Protocol Office Francesca Boglietti Lara De Bellis Marta Isman Veronica Zuanel Segreteria Biennale College / Biennale College Secretariat Claudia Capodiferro Giacinta Maria Dalla Pietà
AMMINISTRAZIONE, FINANZA, CONTROLLO DI GESTIONE E SPONSORSHIP, PROMOZIONE PUBBLICO / ADMINISTRATION, FINANCE MANAGEMENT SUPERVISION AND SPONSORSHIP, PROMOTION Direttore / Director Valentina Borsato Amministrazione, Finanza, Controllo di Gestione / Administration, Finance, Management Supervision Bruna Gabbiato Elia Canal Marco Caruso Martina Fiori Gregorio Granati Elisa Meggiato Manuela Pellicciolli Cristina Sartorel Sefora Tarì Sara Vianello Sponsorship Caterina De Marco Paola Pavan Promozione Pubblico / Promotion Carlotta Carminati Caterina Castellani Serena Cutrone Lucia De Manincor Anna Eudosia Di Costanzo Elisabetta Fiorese Stefania Guglielmo Emanuela Padoan Marta Plevani
PROGETTI SPECIALI, PROMOZIONE SEDI / SPECIAL PROJECTS, PROMOTION OF VENUES Direttore / Director Arianna Laurenzi Progetti Speciali / Special Projects Valentina Baldessari Francesco Carabba Davide Ferrante Carolina Fullin Elisabetta Parmesan Promozione Sedi / Promotion of Venues Nicola Bon Cristina Graziussi Alessia Rosada SERVIZI TECNICO LOGISTICI / TECNICHAL AND LOGISTICAL SERVICES Direttore / Director Cristiano Frizzele
SERVIZIO ACQUISTI, APPALTI E AMMINISTRAZIONE PATRIMONIO / PURCHASING, PROCUREMENT AND ASSETS Direttore / Director Fabio Pacifico Ufficio Acquisti e Appalti / Purchasing and Procurement Silvia Gatto Silvia Bruni Angelica Ciabocchi Eleonora Cialini Ufficio Ospitalità / Hospitality Linda Baldan Jasna Zoranovic Donato Zotta Amministrazione Patrimonio / Assets Maurizio Celoni Antonio Fantinelli
Progettazione Mostre, Eventi e Spettacolo dal vivo / Exhibition Design, Events and Live Performance Massimiliano Bigarello Cinzia Bernardi Maria Sol Buso Alessandra Durandde la Penne Jessica Giassi Valentina Malossi Sandra Montagner
UFFICIO STAMPA ISTITUZIONALE E CINEMA / INSTITUTIONAL AND CINEMA PRESS OFFICE Responsabile / Head Paolo Lughi
Facility Management Giulio Cantagalli Piero Novello Maurizio Urso
UFFICIO ATTIVITÀ EDITORIALI E WEB / EDITORIAL ACTIVITIES AND WEB Responsabile / Head Flavia Fossa Margutti
Information Technology Andrea Bonaldo Michele Schiavon Leonardo Viale Jacopo Zanchi
Cesare Bisantis Francesca Buccaro Michela Lazzarin
Giovanni Alberti Roberta Fontanin Nicola Monaco Maddalena Pietragnoli Cristiana Scavone
I COLLABORATORI PER IL 17. FESTIVAL INTERNAZIONALE DI DANZA CONTEMPORANEA / COLLABORATORS FOR THE 17th INTERNATIONAL FESTIVAL OF CONTEMPORARY DANCE Andrea Avezzù Michele Braga Leonardo Bucalossi Valentina Campana Martina Cappellesso Chiara Carpanese Riccardo Cavallaro Marzia Cervellin Samantha Chia Francesco Cocco Francesco di Cesare Simone Ferrari Teresa Fornaro Nicola Giacobbo Matteo Giannasi Uzma Hameed Irene Marchesin Ornella Mogno Margherita Morucci Beatrice Mosole Matilde Pezzini Olimpia Russo Juliane Miriam Schneemann Emma Soletti Rachel Thomas Paolo Zanin Giulia Maria Zucchetta SETTORE DANZA, MUSICA, TEATRO / DANCE, MUSIC, THEATRE DEPARTMENT Dirigente Responsabile Organizzativo / Executive Head of Organisation Francesca Benvenuti Segreteria / Secretariat Veronica Mozzetti Monterumici
Programmazione e Produzione / Programming and Production Michela Mason Federica Colella Maya Romanelli UFFICIO STAMPA DANZA, MUSICA E TEATRO / DANCE, MUSIC, THEATRE PRESS OFFICE Responsabile / Head Emanuela Caldirola Ilaria Grando SETTORE ARTI VISIVE – ARCHITETTURA / VISUAL ARTS – ARCHITECTURE DEPARTMENT Dirigente Responsabile Organizzativo / Executive Head of Organisation Joern Rudolf Brandmeyer Marina Bertaggia Marco Bagaggia Emilia Bonomi Raffaele Cinotti Francesco Paolo Di Cuia Stefania Fabris Stefania Guerra Francesca Aloisia Montorio Luigi Ricciari Micol Saleri Ilaria Zanella
UFFICIO STAMPA ARTI VISIVE – ARCHITETTURA / VISUAL ARTS – ARCHITECTURE PRESS OFFICE Responsabile / Head Maria Cristiana Costanzo Claudia Gioia SETTORE CINEMA / CINEMA DEPARTMENT Direttore Generale / Director General Andrea Del Mercato Segreteria / Secretariat Mariachiara Manci Alessandro Mezzalira Programmazione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica / International Film Festival Programming Office Piera Benedetti Giulia Erica Hornbostel Silvia Menegazzi Daniela Persi Silvia Sacchetti Accrediti Industry Cinema / Industry Cinema Accreditations Ilaria Cicconi Flavia Lo Mastro Biennale College Cinema Valentina Bellomo Venice Production Bridge Chiara Marin
ARCHIVIO STORICO DELLA BIENNALE DI VENEZIA – ASAC / HISTORICAL ARCHIVE OF CONTEMPORARY ARTS Dirigente Responsabile Organizzativo / Executive Head of Organisation Debora Rossi Archivio Storico / Historical Archives Maria Elena Cazzaro Giovanna Bottaro Michela Campagnolo Marianna Carpentieri Lia Durante Marica Gallina Helga Greggio Judith Kranitz Silvia Levorato Michele Mangione Manuela Momentè Adriana Rosaria Scalise Alice Scandiuzzi Biblioteca / Library Valentina Da Tos Valentina Greggio Silvia Levorato Elena Oselladore
Sommario / Contents 20
Introduzione / Introduction Roberto Cicutto Presidente / President La Biennale di Venezia
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Stati alterati: le varietà della coscienza Altered States: Varieties of Consciousness Anil Seth In primo piano / Feature Interviews
18 19
37
“Era come se fosse un angelo a darmi quel movimento” “I Felt as If an Angel Was Giving Me That Movement” Simone Forti
47
Il cerchio della vita Circle of Life TAO Dance Theater
55
Umanità non narrativa Non-Narrative Humanity Lucy Guerin
63
“Sia l’uno che l’altro, e fra l’uno e l’altro” “Both, and Something in Between” Pontus Lidberg
71
Visione e vulnerabilità Vision and Vulnerability Andrea Peña
Immagini di apertura di / Opening images by RAVI DEEPRES
81
Altered States 17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea 17th International Festival of Contemporary Dance
82
Simone Forti LEONE D’ORO ALLA CARRIERA GOLDEN LION FOR LIFETIME ACHIEVEMENT
102
TAO Dance Theater LEONE D’ARGENTO SILVER LION
130
192 206 230 240 256 270 284 300 314
ACOSTA DANZA MICAELA TAYLOR SIDI LARBI CHERKAOUI JAVIER DE FRUTOS ALEXIS FERNÁNDEZ & YADAY PONCE LUNA CENERE OONA DOHERTY LUCY GUERIN INC MICHAEL KEEGAN-DOLAN PONTUS LIDBERG RACHID OURAMDANE ANDREA PEÑA & ARTISTS (AP&A) ANDREA SALUSTRI BOTIS SEVA & FAR FROM THE NORM
331
DAY BY DAY
Roberto Cicutto Presidente / President La Biennale di Venezia
È questo il terzo anno del mandato di Wayne McGregor come Direttore Artistico del progetto del Festival Internazionale di Danza Contemporanea. La prima edizione nel 2021 aveva come titolo First Sense, con un forte accento sul contatto fisico in un tempo ancora dominato dalla pandemia che costringeva tutti alla distanza; nel 2022 Boundary-less voleva esprimere un mondo senza separazioni dove anche i corpi si possono (nuovamente) fondere. Quest’anno Altered States ci ricorda come i movimenti, ma anche le emozioni e i sentimenti, siano effetto delle migliaia di flussi prodotti dalla nostra chimica interiore; da qui la definizione di “alchimisti del movimento” attribuita agli artisti di questa diciassettesima edizione della Biennale Danza. La vena di ricercatore instancabile del Direttore Artistico Wayne McGregor è una virtù indispensabile per dare alle arti dal vivo (Danza, Musica e Teatro) quella potenza che coinvolge in una chimica comune spettatori e artisti annullando la distanza fra platea e palcoscenico. Questo spirito di ricerca è incarnato al massimo livello dal Leone d’Oro alla carriera attribuito a Simone Forti, la cui ricchezza e varietà creativa sono celebrate anche da una mostra realizzata in collaborazione con il Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles (MOCA) e dal lavoro fatto da Sarah Swenson che ha riallestito le Dance Constructions con i giovani partecipanti alla Biennale College Danza. Il ritorno a Venezia di Oona Doherty, Leone d’Argento nel 2021, suggella il patto fra La Biennale di Venezia e gli artisti cui viene attribuito questo premio affinché continuino a farci dono della loro arte. Sono sicuro che accadrà lo stesso anche per Tao Ye e Duan Ni di TAO Dance Theater, che siamo lieti di accogliere come Leoni d’Argento 2023.
20 21 Introduzione | Introduction
This is the third year of Wayne McGregor’s tenure as Artistic Director of the International Festival of Contemporary Dance. The first edition, in 2021, was called First Sense, and put a strong emphasis on physical contact in a pandemic-dominated time, when everyone was forced to stay apart; Boundary-less in 2022 wanted to express a world without fracture lines where even bodies could (once again) merge. This year, Altered States reminds us of how movements – but also emotions and feelings – are brought about by our inner chemistry; hence the label “movement alchemists” attributed to the artists of this 17th edition of Biennale Danza. Artistic Director Wayne McGregor’s tireless research gives power to the live arts (Dance, Music and Theatre), bonding together spectators and artists by erasing the distance between the audience and the stage. This spirit of research is embodied at the highest level by the Golden Lion for Lifetime Achievement, conferred this year upon Simone Forti. Her richness and creative variety are also celebrated with an exhibition organised in collaboration with The Museum of Contemporary Art, Los Angeles (MOCA) – and through the work of Sarah Swenson, who has re-staged some of Forti’s Dance Constructions with the participants of the Biennale College Danza programme. The return of 2021 Silver Lion Oona Doherty to Venice reflects the pledge between La Biennale di Venezia and its awarded artists that they will keep returning to share with us the gift of their art. I am confident that the same will prove true for Tao Ye and Duan Ni of TAO Dance Theater, who we are delighted to receive as Silver Lions in 2023. Wayne McGregor’s dedication and enthusiasm in making the outcome of the College’s activity ever richer, more exciting and more prolific have had extraordinary results in the past. I am sure this edition of the Festival once again will tap into that same magic. For all these reasons, this year La Biennale has decided to give more resources to the festivals that represent these arts, allowing for greater investment in productions and co-productions, and offering an increased number of performances over more days of programming, in order to reach an ever-wider audience. I renew my gratitude to Wayne McGregor for embodying the spirit that La Biennale strives to foster with its events and
La dedizione e l’entusiasmo di Wayne McGregor nel rendere sempre più ricca, emozionante e prolifica nei risultati l’attività del College, hanno trovato negli anni passati riscontri straordinari. E sono certo che questa magia si riprodurrà anche in questa edizione del Festival. Per tutte queste ragioni La Biennale ha deciso di dare da quest’anno più risorse ai festival che rappresentano queste arti, consentendo un maggiore investimento in produzioni e co-produzioni e offrendo più repliche in più giorni di programmazione al fine di raggiungere un pubblico sempre più vasto. Rinnovo la mia gratitudine a Wayne McGregor per aver saputo interpretare lo spirito che La Biennale vuole infondere alle proprie manifestazioni e festival, che pur mantenendo la capacità di mostrare quanto di meglio le arti contemporanee abbiano da offrire, intende inoltre celebrare quanto è stato seminato nel corso del tempo, rivitalizzandolo anche attraverso la trasmissione di conoscenza ai giovani talenti all’inizio della loro carriera, che da tutto il mondo si incontrano nell’irripetibile esperienza della Biennale College. Per il loro fondamentale sostegno, il ringraziamento va al Ministero della Cultura e alla Regione del Veneto, alle Istituzioni del territorio che in vario modo sostengono La Biennale, alla Città di Venezia, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna, la Marina Militare. Si ringrazia Bottega Veneta, Main Sponsor della Biennale Danza 2023, la Rai, Media Partner de La Biennale di Venezia, Venezia Unica e NOWNESS & AnOther Magazine.
22 23 Introduzione | Introduction
festivals: to show the best that contemporary art has to offer, while celebrating all that has been developed over the course of time – and to pass on knowledge old and new to young talents at the very beginning of their careers, as they gather from around the globe to live the unrepeatable experience of Biennale College. For their fundamental support, thanks go to the Ministry of Culture and Veneto Region; to local institutions that in various ways support La Biennale; to the City of Venice; to the Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna; and to the Italian Navy. We’d also like to thank Bottega Veneta, Main Sponsor of Biennale Danza 2023; Rai, Media Partner of La Biennale di Venezia; Venezia Unica; and NOWNESS & AnOther Magazine.
Anil Seth è professore di Neuroscienze cognitive e computazionali presso l’Università del Sussex, co-direttore del Programma su cervello, mente e coscienza del Canadian Institute for Advanced Research (CIFAR) e ricercatore avanzato del Consiglio europeo della ricerca. È l’autore di Being You: A New Science of Consciousness (tr. it. Come il cervello crea la nostra coscienza, Raffaello Cortina, 2023). Anil Seth is Professor of Cognitive and Computational Neuroscience at the University of Sussex, Co-Director of the Canadian Institute for Advanced Research (CIFAR) Programme on Brain, Mind, and Consciousness, and an advanced investigator of the European Research Council. He is the author of Being You: A New Science of Consciousness (Faber & Faber, 2021).
24 25 Anil Seth | Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
Anil Seth Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
Stati alterati: le varietà della coscienza di Anil Seth
E lui ruota e ruota e ruota per disfarsi dei tre strati di sé e avvia con disciplina devota in quel vorticare il suo fuoco interiore. Diventa una parte del sistema solare roteando nel suo cosmico canto. Trascendendo l’anima per bocca di Dio per unirsi all’origine di tutte le cose. Suzy Kassem, La danza degli angeli 1
Wayne McGregor, vero pioniere della danza moderna, ha scelto il tema Altered States per la Biennale Danza di quest’anno. Lo trovo perfettamente calzante, dato il mondo in rapida evoluzione in cui viviamo, che a rigore potremmo descrivere come un mosaico di stati di alterazione globale. Da neuroscienziato, sono molte le questioni che gli stati di alterazione mi suggeriscono, alcune affrontate anche nel corpus di opere presentate alla Biennale Danza 2023, in un modo o nell’altro. Tali questioni hanno a che fare con gli stati di alterazione della coscienza. La coscienza è uno dei tratti determinanti delle nostre vite, se non il tratto determinante. È quello che ci rende diversi dai semplici oggetti. Pur essendo sorprendentemente difficile trovare definizioni precise, a livello intuitivo sappiamo tutti cos’è la coscienza. È quello che svanisce quando sprofondiamo in un sonno senza sogni o subiamo un’anestesia totale; è quello che ritorna
26 27 Anil Seth | Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
Altered States: Varieties of Consciousness by Anil Seth
He spins and spins and spins To remove all three layers of him And with devout discipline He spirals to ignite the light within. He becomes a part Of the solar system And spirals to its cosmic hymn. His soul transcends through The mouth of God To join the source Of everything. Suzy Kassem, The Dance of Angels 1
Wayne McGregor, a true pioneer of modern dance, has chosen the theme Altered States for this year’s Biennale Danza. This is a highly appropriate theme, given the rapidly changing world in which we live, which can be aptly described as a mosaic of globally altering states. As a neuroscientist, altered states bring to mind some other topics – topics which are also reflected in the body of work presented at Biennale Danza 2023, in one way or another. These topics have to do with altered states of consciousness. Consciousness is one of the defining features of our lives, if not the defining feature. It is what makes us different from mere objects. Although precise definitions are surprisingly hard to come by, intuitively we all know what consciousness is. It is what goes away when we fall into a dreamless sleep, or undergo general anaesthesia – and it is what returns when we wake up in the morning, or come round in the recovery room.
quando ci svegliamo la mattina o ci risvegliamo in sala di rianimazione. In un celebre articolo, il filosofo Thomas Nagel ha definito la coscienza in questo modo: “[Per un organismo cosciente,] c’è qualcosa che è come essere quell’organismo”2. Presumo intenda dire che si prova qualcosa a essere una creatura cosciente, mentre a essere un semplice oggetto non si prova assolutamente niente. È una definizione utile, perché chiarisce che la coscienza, nella sua forma più essenziale, non riguarda capacità sofisticate come il linguaggio o l’intelligenza: risulta piuttosto dall’avere un tipo qualunque di esperienza. Per noi esseri umani, la coscienza si manifesta in due modi fondamentali: l’esperienza del mondo e l’esperienza di sé. Quando apriamo gli occhi, ci sembra che il mondo – con tutti i suoi colori, forme e movimenti – si riversi direttamente nella nostra mente. E al centro di tutto questo c’è il senso di essere un io, con un corpo, un punto di vista, ricordi del passato e progetti per il futuro. Può sembrare che abbiamo esperienza del mondo in quanto tale, e che l’“io” – l’esperienza di “essere te” o “essere me” – sia l’entità interiore che si occupa della percezione (fra l’altro, Entity è il titolo di un altro meraviglioso lavoro di McGregor). Ma una fertile combinazione di moderne neuroscienze e filosofia piuttosto antica sta svelando un quadro diverso: l’esperienza del mondo e l’esperienza di sé sono entrambe costrutti percettivi, sorta di brillanti congetture con cui il cervello interpreta, e solo indirettamente, ciò che è là fuori nel mondo o qui dentro nel corpo. La mia metafora preferita per l’esperienza cosciente – che è in sintonia con il tema Altered States – è quella di “allucinazione controllata”. In quest’immagine, il cervello genera costantemente previsioni sul mondo e sul corpo e utilizza segnali sensoriali per aggiornare queste previsioni, e per tenerle legate al mondo e al corpo con vincoli non di accuratezza, ma di utilità. Ciò che sperimentiamo consapevolmente non è una lettura diretta delle informazioni sensoriali in arrivo, ma una costruzione cerebrale ribaltata e invertita, cioè una sorta di allucinazione, controllata da segnali sensoriali in modi che mantengono stabile
28 29 Anil Seth | Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
The philosopher Thomas Nagel has famously defined consciousness as follows: “[For a conscious organism,] there is something it is like to be that organism”.2 I take him to mean that it feels like something to be a conscious creature, whereas for a mere object, it doesn’t feel like anything at all. This is a useful definition, because it makes clear that consciousness, at its most fundamental, is not about sophisticated capabilities like language or intelligence – it is simply about having any kind of experience whatsoever. For us humans, there are two basic manifestations of consciousness: the experienced world, and the experienced self. When we open our eyes, the world – with all its colours, shapes and movement – seems to pour itself directly into our minds. And sitting in the middle of all this is the experience of being a self, with a body, a perspective, memories of the past and plans for the future. It may seem as though we experience the world just as it is, and that the “self” – the experience of “being you” or “being me” – is the entity (Entity is the title of another wonderful McGregor piece, by the way) within, that “does” the perceiving. But a rich combination of modern neuroscience and rather old philosophy is revealing a different picture: both the experienced world and the experience of self are kinds of perception; brain-based “best guesses” that only indirectly reflect what’s out there in the world, or in here in the body. My preferred metaphor for conscious experience – which chimes with the theme Altered States – is that of “controlled hallucination”. In this picture, the brain is constantly generating predictions about the ways the world and body are, and using sensory signals to update these predictions – to keep them tied to the world and the body in ways that are not constrained by accuracy, but by utility. What we consciously experience is not a direct readout of incoming sensory information, it is a top-down, inside-out, brain-based construction – a kind of hallucination – but one that is controlled by sensory signals in ways that keep our behaviour on track. As the novelist Anaïs Nin once said, “we don’t see the world as it is, we see it as we are”. Recognising the constructed, inside-out nature of perceptual experience is very difficult, because
il nostro comportamento. Come ha detto la scrittrice Anaïs Nin: “Non vediamo le cose come sono; vediamo le cose come siamo”. Riconoscere la natura artefatta e rovesciata dell’esperienza percettiva è molto difficile, perché l’esperienza per sua vera natura ci dice il contrario. Le nostre esperienze quotidiane del mondo e dell’io presentano una sorta di ingenuo realismo, in cui gli oggetti della nostra percezione sembrano avere proprietà indipendenti dalla nostra mente. A volte, cose come le illusioni ottiche possono aprire uno spiraglio su una verità più profonda, ma sono di solito scorci fugaci, brevi distrazioni da un’altrimenti incondizionata e inconscia accettazione del fatto che le cose sono come sembrano. Gli stati di alterazione della coscienza offrono – fra le altre cose – modi per alzare un poco il sipario sulla percezione. E ne rivelano la vera natura di processo generativo dipendente dal cervello. Molti di questi stati rivelano inoltre che anche l’io è una sorta di allucinazione controllata, un’altra collezione di congetture – ma di un tipo molto speciale – che hanno luogo nel cervello. Nel menu degli stati di alterazione – più o meno facilmente accessibili – c’è l’imbarazzo della scelta. I più noti sono le varietà del sonno, e sappiamo tutti che il sonno non disattiva la coscienza. I sogni sono vividi panorami di sensazioni ed emozioni, per quanto dotati di proprietà molto diverse dalla normale esperienza di veglia. In essi accadono cose strane che non riconosciamo come strane. Alcune modalità sensoriali – molto spesso l’olfatto – sembrano assenti. E spesso, nei sogni, il nostro comportamento si distingue per una sorprendente passività. (Recenti esperimenti nel campo delle neuroscienze hanno rivelato che qualcosa resta attivo nella mente anche quando non stiamo sognando.) Nei sogni a volte capita di renderci conto che stiamo sognando, senza però svegliarci. È un altro stato di alterazione: il sogno lucido. Non solo siamo consapevoli di essere in un sogno, ma abbiamo il potere di controllarne e influenzarne il corso. Per quanto difficili da raggiungere, questi stati gettano una luce potente sulla natura artificiale della nostra realtà vissuta, come elegantemente esplorato nel film Inception di Christopher Nolan. Le fasi ipnagogiche e ipnopompiche – come sono
30 31 Anil Seth | Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
the very nature of experience is that it doesn’t seem this way. Our everyday experiences of the world and of the self present a kind of naive realism, in which the objects of our perception seem to have their properties independently of our minds. Sometimes things like visual illusions may give us a glimpse of a deeper truth, but these glimpses are usually fleeting, brief diversions from our otherwise unquestioning and indeed unconscious acceptance that how things seem is how they are. Altered states of consciousness offer – among other things – ways to lift the curtain a little on the true nature of perception; to reveal it as the generative, brain-dependent process that in reality it is. And many of these states also reveal the self, too, to be a kind of controlled hallucination – another collection of brain-based guesses, but of a very special kind. There is an extensive menu of altered states to sample from, with some more accessible than others. The most familiar are varieties of sleep, and we all know that sleep doesn’t extinguish consciousness. Our dreams are vivid panoramas of sensation and feeling, though with a very different quality from normal waking experience. Weird things happen that we don’t recognise as being weird. Some sensory modalities seem absent, most frequently smell. And there is often a surprising passivity to our behaviour in dreams. (Even when we are not in dream states, there is often still something going in our minds, as recent experiments in neuroscience have revealed.) Sometimes, when we dream, we can become aware that we’re dreaming – and without waking ourselves up. In this altered state we are lucid dreaming. Not only can we recognise that we are in a dream, but we can begin to control what happens – we regain agency. These states, though hard to attain, provide a powerful insight into the constructed nature of our experienced reality – as elegantly explored in Christopher Nolan’s film Inception. Hypnagogia and hypnopompia – the evocatively named borderlands of sleep – can also bring about a transient state in which our normal perceptual experience can become strangely interpenetrated with dreamlike content. Most of the time when we dream, though,
suggestivamente chiamate le zone di confine del sonno – possono anche determinare uno stato transitorio, in cui la nostra normale esperienza percettiva si ritrova stranamente aggrovigliata a contenuti onirici. La maggior parte delle volte, però, quando sogniamo, rimaniamo inconsapevoli della magia operata dal nostro circuito neurale. Sogniamo, come nulla fosse, e poi, come nulla fosse, ci svegliamo. Altri stati di alterazione mostrano ancora più chiaramente il ruolo attivo che il corpo e il cervello svolgono nella vita cosciente. I più importanti sono quelli indotti dalle sostanze psichedeliche, che stanno godendo di una rinascita sia nelle neuroscienze – come potenti strumenti nella ricerca sulla coscienza – sia nella medicina, dove hanno dato risultati estremamente promettenti nel trattamento di condizioni di salute mentale come la depressione. Sostanze psichedeliche come l’LSD, la psilocibina e la DMT (l’ingrediente attivo dell’Ayahuasca, un decotto sudamericano) inducono una profonda alterazione dell’esperienza cosciente, i cui dettagli sono notoriamente difficili da descrivere. Alcuni trattano lo stato psichedelico come prova di prima mano di una realtà più profonda, a cui la droga consente temporaneo accesso. Altri, come me, sono convinti che il loro potere epistemico consista nel rivelare, per esperienza diretta, la base materiale di tutte le esperienze. Elemento saliente di molte esperienze psichedeliche è quello della “dissoluzione dell’ego”: il crollo delle barriere fra l’io, l’altro e il mondo. Questo può avere effetti potentissimi: la mancata esperienza di qualcosa può far capire che quel qualcosa non è come sembra; che potrebbe essere un costrutto mentale, una falsificazione così elaborata da non permetterci mai di vedere cosa c’è dietro. Anche l’esperienza del corpo può essere radicalmente alterata e forse persino totalmente abolita. Nella mia ricerca sulla coscienza sono arrivato a riconoscere la centralità del corpo in tutto il nostro vissuto3. Il corpo non è un robot di carne che trasporta il cervello da un posto all’altro: è la ragione stessa per cui siamo dotati di un cervello. I nostri cervelli sono incorporati in strutture vive e mobili fatte di carne, sangue e ossa, e i nostri corpi sono integrati nel mondo, un mondo che contiene anche altri cervelli
32 33 Anil Seth | Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
we remain unaware of magical work our neural circuitry is performing. We just dream, and then we wake up. Other altered states can more powerfully shed light on the active role our brains and bodies play in our conscious lives. Most prominent are those induced by psychedelics, which are enjoying a renaissance in both neuroscience – as powerful research tools in the science of consciousness – and medicine, where they show substantial promise for treating mental health conditions such as depression. Psychedelics like LSD, psilocybin and DMT (the active ingredient in the South American brew Ayahuasca) induce a profound alteration of conscious experience, the details of which are notoriously hard to describe. Some people take the psychedelic state as first-person evidence of a deeper reality to which the drug allows them temporary access. Others, myself included, locate their epistemic power in revealing, directly in experience, the material basis of all experience. A prominent feature of many psychedelic experiences is that of “ego dissolution” – the experience of a breakdown in otherwise ever-present boundaries between self, other and world. This can be extremely powerful, because the absence of experiencing something can spark the recognition that the thingin-question may not be as it seems; that it could be a fabrication of the mind so deeply wrought that we never normally encounter it as such. The experience of the body, too, can be radically altered – perhaps even abolished entirely. In my own research into consciousness, I’ve come to recognise the centrality of the body to everything we experience.3 The body is not just a meat-robot that carries the brain from place to place – it is the reason we have brains at all. Our brains are embodied in living, moving frames of flesh, blood and bone, and our bodies are embedded in the world – a world containing other brains and bodies too. We experience the world around us, and ourselves within it, with, through and because of our living and always moving bodies. Perhaps this is why dance can be so powerful in reconnecting us with our bodies and therefore with each other. Movement is distinctive among categories of experience: we experience movement
e altri corpi. Abbiamo esperienza del mondo intorno a noi, e di noi stessi al suo interno, con, attraverso e a causa dei nostri corpi vivi e sempre in movimento. Forse è per questo che la danza ha un così forte potere di riconnetterci con il nostro corpo, e quindi tra di noi. Il movimento occupa un posto unico fra le categorie dell’esperienza: sentiamo il movimento nel mondo, e sentiamo anche i nostri corpi in movimento. E quando percepiamo un corpo in movimento diverso dal nostro, il nostro cervello in parte risponde emulando quel movimento all’interno dei propri circuiti. Quando osserviamo qualcuno danzare incarniamo parzialmente – “incerebriamo” – il danzatore, ognuno a suo modo, perché abbiamo tutti corpi e cervelli diversi. I danzatori espandono lo spazio di possibilità del movimento, e noi che guardiamo ci sentiamo partecipi di queste possibilità ampliate. Nel tracciare le loro figure sul palco, coreografi e danzatori suscitano nel pubblico un nuovo apprezzamento di queste menti incarnate e integrate, una finestra sulla centralità del corpo nell’esperienza cosciente. Tornando ad Altered States, mi viene in mente l’immagine del derviscio rotante, soggetto della poesia di Suzy Kassem. I dervisci rotanti della tradizione sufi potevano ruotare fino a un’ora senza soffrire di vertigini o affaticamento, e così facendo presumibilmente allentavano la presa dell’io fisico, permettendo all’anima di viaggiare. La coscienza e il movimento hanno una connessione sempre più forte. Nella coreografia moderna – quella di McGregor in particolare – si ruota senz’altro di meno, ma non si è meno capaci di evocare un senso di meraviglia, e di dimostrare con vivida immediatezza la centralità del corpo nell’esperienza cosciente. Non abbiamo un corpo: siamo un corpo. E ora più che mai c’è bisogno degli stati di alterazione che la danza può provocare.
1 Estratto da Suzy Kassem, The Dance of Angels (La danza degli angeli), in Kassem, Rise Up and Salute the Sun: The Writings of Suzy Kassem, a cura di Ryan Grim, Boston, Awakened Press, 2011. 2 Thomas Nagel, What Is It Like to Be a Bat?, in “The Philosophical Review”, vol. LXXXIII, n. 4, 1974, pp. 435-450: 436. 3 Anil Seth, Being You: A New Science of Consciousness, London, Faber & Faber, 2021 (tr. it. Come il cervello crea la nostra coscienza, Milano, Raffaello Cortina, 2023).
34 35 Anil Seth | Stati alterati: le varietà della coscienza / Altered States: Varieties of Consciousness
out in the world, and we experience our bodies in motion too. And when we perceive a moving body other than our own, our brains respond in part by emulating the movement within its own circuitry. When watching dance we partly embody – “embrain” – the dancer, and we will each do it in our own way, because we all have different bodies and different brains. As dancers expand the space of possible movement, watching dance can gift us a sense of these wider possibilities. Choreographers and dancers, through the patterns they trace, elicit in their audiences a new appreciation of our embodied and embedded minds, and a window onto the centrality of the body to conscious experience. Returning to Altered States, the image of the whirling dervish – the subject of Suzy Kassem’s poem – comes to mind. Whirling dervishes from the Sufi tradition could rotate for up to an hour without suffering dizziness or fatigue, and in doing so they supposedly loosened the grip of the material self, allowing the soul to travel. Consciousness and movement become even more deeply connected. Modern choreography – especially that of McGregor – may involve less spinning, but is no less able to evoke feelings of wonder, and to convey with vivid immediacy the centrality of the living body to conscious experience. We do not just have bodies, we are bodies, and the altered states that dance can ignite are needed now more than ever.
1 Excerpt from Suzy Kassem, The Dance of Angels, in Kassem, Rise Up and Salute the Sun: The Writings of Suzy Kassem, edited by Ryan Grim. Boston: Awakened Press, 2011. 2 Thomas Nagel, “What Is It Like to Be a Bat?”. The Philosophical Review, 83(4), 1974, pp. 435-450: 436. 3 Anil Seth, Being You: A New Science of Consciousness. London: Faber & Faber, 2021.
In primo piano / Feature Interview
Simone Forti LEONE D’ORO ALLA CARRIERA / GOLDEN LION FOR LIFETIME ACHIEVEMENT
“Era come se fosse un angelo a darmi quel movimento”
Simone Forti, Leone d’Oro alla carriera, parla della sua vita nella danza di Sarah Crompton
“Non sono una che vuole avere grandi riconoscimenti”, dice Simone Forti. “Sento la responsabilità di ricoprire questo ruolo e penso che in un certo modo, per ciò che ho fatto e per come ho preso parte alla mia generazione, abbiamo rotto con le posizioni di comando”. Danzatrice pionieristica, fra gli artisti più significativi della danza e dell’arte a partire dagli anni Sessanta, si riferisce al suo Leone d’Oro alla carriera, ricevuto alla Biennale Danza di quest’anno. Ottantottenne e affetta dal morbo di Parkinson, parlare le costa fatica, ma la forza della sua personalità è ancora straordinariamente chiara. La sua conversazione arde di vitalità e intelligenza. Ammette di sentirsi profondamente onorata dal premio. “Sono molto contenta che l’opera sia ancora in circolazione. Credo sia un bene. Sono contenta che continui ad avere una vita forte e mi fa piacere. Sono arrivata a riconoscere che posso portare questo riconoscimento alla nostra generazione e alla nostra scuola di pensiero. Anche se sono un po’ vecchia e un po’ stanca per farlo”. Ride, e si percepisce l’energia e la curiosità che l’hanno posta in prima linea nella parabola dell’avanguardia dal momento in cui ha presentato per la prima volta, nel 1961, le sue Dance Constructions nel loft di Yoko Ono (evento che ha ispirato la generazione di creatori che avrebbe poi fondato l’innovativo Judson Dance Theater). In una lettera dell’epoca, Yvonne Rainer, una di quei pionieri, scriveva: “Sono in debito con Simone per il mio risveglio come danzatrice; posso onestamente dire che la mia vita creativa è iniziata quando l’ho incontrata”. Rainer aveva conosciuto Forti nel 1960, quando seguivano insieme le lezioni alla Martha Graham School, e avevano poi condiviso un monolocale. Ricorda che Forti l’ha condotta dove non si sarebbe mai aspettata di trovarsi, portando “la divina immagine del danzatore a una dimensione umana in modo più efficace di qualsiasi cosa avessi mai visto”. Anche a posteriori, il pensiero di Forti sembra radicale. Vedeva la danza ovunque, facendo di movimenti e gesti quotidiani il tessuto stesso dell’arte. Metteva due
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“I Felt as If an Angel Was Giving Me That Movement”
Simone Forti, Golden Lion for Lifetime Achievement, talks about her lifetime in dance by Sarah Crompton
“I am not someone who wants to have big recognition”, says Simone Forti. “It feels like a responsibility to fill that role and somehow I feel that what I did, and how I participated in my generation, we broke away from taking on big positions”. The pioneering dance-maker, one of the most significant artists in the fields of art and dance from the 1960s onwards, is talking about being Golden Lion for Lifetime Achievement at this year’s Biennale Danza. Now 88, and with Parkinson’s disease, talking is an effort, but the force of her personality is still overwhelmingly clear. Her conversation blazes with vitality and intelligence. She admits she feels profoundly honoured by the award. “I am very glad that the work will be out there. I feel that’s good. I am glad that it continues to have a strong life and I appreciate that. I have come round to recognising that I can bring this recognition to our generation and our school of thought. Even though I am a little old and a little tired to be doing it”. She laughs and you sense the energy and curiosity that has placed Forti at the forefront of the avant-garde curve from the moment she first presented her Dance Constructions in Yoko Ono’s loft in 1961 – an event that inspired the generation of creators who went on to found the ground-breaking Judson Dance Theater. In a letter from that time, Yvonne Rainer, one of those pioneers, wrote: “I am indebted to Simone for my awakening as a dancer; I can honestly say that my creative life began when I met her”. Rainer had met Forti when they both took classes at the Martha Graham School in 1960 and then shared a studio. She recalls that Forti took her to places she had never expected to be, taking “the god-like image of the dancer down to a human scale more effectively than anything I had ever seen”. Even in retrospect, Forti’s thinking feels radical. She saw dance everywhere, making everyday movements and gestures the fabric of art. She put two people on either end of a see-saw, one reading an art magazine and the other moving around and said they danced. Someone suspended from the ceiling a loop of rope, slowly
persone alle estremità di un dondolo, una che leggeva una rivista d’arte e l’altra che continuava a muoversi, e la chiamava danza. Qualcuno sospendeva dal soffitto un rotolo di corda che pian piano, spinto da altri di qua e di là, si dispiegava? Era danza. Così erano due persone nascoste sotto delle scatole che facevano rimbalzare alcune palline. Se si spostava da un lato all’altro della stanza, annunciando la sua intenzione di scrivere una lettera, era danza. Era danza se avanzava in uno spazio a quattro zampe, muovendosi in cerchio come un animale. Ed è essenziale che questi eventi non siano avvenuti in contesti teatrali formali. Si sono svolti in gallerie d’arte e spazi vuoti. Forti ha abbattuto le barriere tra le forme d’arte: la danza era arte, l’arte era danza, entrambe erano performance. “Il percorso esisteva da molto tempo”, spiega. “Il teatro è stato molto più sperimentale della danza per generazioni, e negli anni Sessanta, socialmente, gli artisti visivi, i danzatori, i poeti e i musicisti uscivano insieme, facevano feste insieme, si vedevano e si ascoltavano a vicenda. Mi sentivo a casa in qualcosa che aveva una storia. Sentivo un senso di appartenenza”. Ciononostante, quando si è trattato di spedire gli inviti a quel primo vero spettacolo serale nello studio di Ono, Five Dance Constructions & Some Other Things, ha avuto un momento di esitazione: “Ho scritto un annuncio, che avevo fatto a mano e poi ho fotocopiato. Ne avrò preparati circa venti e mi ricordo di essere lì, ferma di fronte alla cassetta della posta con la consapevolezza che se l’avessi spedito, avrei dovuto farlo sul serio. C’è voluto un po’ di coraggio per arrivare a dire va bene, ci sto”. La sua rivoluzione era iniziata in sordina. Dopo essere fuggita dall’Italia a causa dell’antisemitismo, la sua famiglia si era stabilita a Los Angeles nel 1939 e Forti era andata a studiare al Reed College, in Oregon. Quando a vent’anni sposò l’artista Robert Morris si trasferì a San Francisco e iniziò a prendere lezioni alla Halprin-Lathrop School, co-fondata dalla danzatrice e coreografa Anna Halprin. “Non l’avevo presa molto sul serio, e non sapevo minimamente cosa avrei fatto”, ricorda. “Mio marito Bob mi aveva insegnato come tendere una tela per dipingere e facevo quello; poi un giorno, a scuola, uno dei compagni di ballo di Anna ha tenuto un corso di improvvisazione. Quella cosa mi ha conquistata. Mi ha detto che Anna insegnava a Marin County, e ho iniziato ad andarci in autobus... Ero parecchio presa. Quando sono andata al Reed per la prima volta, pensavo che avrei finito per studiare biologia e ho scoperto che i seminari di Anna erano una sorta di ricerca. Una ricerca sul corpo umano”. Eppure non c’era niente di analitico nella sua reazione all’atto di danzare. “Mi sentivo così felice in classe. Quello che mi attraeva di più era che che c’erano momenti in cui il movimento o la direzione del movimento arrivavano da soli, come se fosse un angelo a darmi quel movimento”. Nel 1959, Forti si trasferì a New York con Morris e iniziò a prendere lezioni di movimento e composizione con Robert Ellis Dunn al Merce Cunningham Studio. A quel punto, sentiva il bisogno di un cambiamento. Aveva trovato una rivista nello studio di Halprin che mostrava l’artista Saburo Murakami muoversi attraverso una serie di cornici tese con la carta, in un’opera intitolata Passage. “Sono rimasta colpita dalla sua semplicità. Un’idea, un’azione e la piena soddisfazione che ho provato”. Allo stesso tempo, la sua relazione con Morris stava finendo. “C’erano problemi in casa e avevo solo bisogno di riuscire a spingere qualcosa, o tirare qualcosa, per sentirmi forte. Ricordo di essermi accorta che se mi girava la testa per aver bevuto, dovevo fissare una linea o vedere qualcosa di dritto. Quindi ho creato qualcosa che mi desse proprio questo. Erano le Constructions... Mi mancava anche lo studio
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unwinding, propelled by others this way and that, was dance. So were two people hidden under boxes bouncing balls. It was dance if she moved from one side of the room to another, announcing her intention to write a letter. Or if she crawled across a space on all fours, moving in circles like an animal. Crucially, these events didn’t take place in formal theatrical settings. They unfolded in art galleries and empty spaces. Forti broke down barriers between art forms: dance was art, art was dance, both were performance. “The path had existed for a long time”, she explains. “Theatre had been much more experimental than dance for generations, and in the 1960s, socially, the visual artists and the dancers and the poets and the musicians were hanging out with each other, were having parties together, were going to see and hear each other’s work. I felt at home in something that had a history in it. It was where I belonged”. Nevertheless, she hesitated as she sent out the invitations to that first full evening show in Ono’s studio – Five Dance Constructions & Some Other Things. “I mailed an announcement, which I made by hand and then Xeroxed. I probably sent about 20 of them and I remember standing in front of the mailbox and knowing that if I mailed it, I would have to do it. It took some courage to go ahead and say, ok, I stand by this”. Her revolution had started quietly. After fleeing antisemitism in Italy, her family settled in Los Angeles in 1939, and Forti went on to study at Reed College in Oregon. When she married the artist Robert Morris at the age of 20, she moved to San Francisco and began to take classes at the Halprin-Lathrop School, co-founded by the dancer and choreographer Anna Halprin. “I wasn’t very serious about it, or near knowing what I was going to do”, she recalls. “My husband Bob had taught me how to stretch a canvas for painting and I was doing that; then, one day at the school, one of Anna’s dance partners taught an improvisation class. That hooked me. He told me that Anna was teaching in Marin County, and I started going there by bus... I was just really taken with it. When I first went to Reed, I had thought I was going to end up studying biology, and I found Anna’s workshops were a kind of research. Research into the human body”. Yet there was nothing analytical in her reaction to the act of dancing. “I just felt so joyful in class. What most attracted me was that there were moments in movement or in the direction of movement when it was just coming, as if an angel was giving me that movement”. In 1959, Forti moved to New York with Morris, and began to take movement and composition classes with Robert Ellis Dunn at the Merce Cunningham Studio. By then, she felt in need of a change. She had seen a magazine in Halprin’s studio that showed the artist Saburo Murakami moving through a series of frames taut with paper, in a work entitled Passage. “I was taken by how simple it was. One idea, one action, and how completely satisfying I found it”. At the same time, her relationship with Morris was ending. “There was trouble in my home, and I just needed to be able to push against something, or pull against something, to feel my strength. I remember feeling that if I was dizzy from drinking, I had to look at a line and see something straight. So I made something that would give me that. That was the Constructions”. “I was also missing Anna’s outdoor studio and I was thinking I am not in nature, but I have weight and I take up space. That gave me a sense of something solid that was still there”. This combination of abstract thinking, artistic exploration and an emotional need seems to be a thread that Forti has pursued throughout an astonishingly rich, varied and brave career. Movement for her has an almost meditative quality; it grounds
all’aperto di Anna e pensavo: non sono immersa nella natura, ma ho un peso e occupo uno spazio. Questo mi ha dato la sensazione di permanenza di qualcosa di solido”. Questa combinazione di pensiero astratto, esplorazione artistica e bisogno emotivo sembra un filo conduttore che Forti ha perseguito nel corso di una carriera sorprendentemente ricca, varia e coraggiosa. Il movimento per lei ha una qualità quasi meditativa; la radica nel mondo. Allo stesso tempo, ciò che provoca il suo bisogno di movimento è l’osservazione di ciò che le sta accadendo intorno. “È una reazione a ciò che sta succedendo”, dice. Nel 1968, ad esempio, tornata a Roma per vivere con i suoi genitori dopo la rottura del suo secondo matrimonio con Robert Whitman, un altro artista – “i miei genitori dicevano che dovevo voltare pagina” –, iniziò a visitare il Giardino zoologico di Roma, che era nelle vicinanze. Da bambine suo padre aveva portato lei e sua sorella allo zoo e le aveva incoraggiate a disegnare gli animali. Ora, nello stesso luogo, disegnando e osservando, trovava di nuovo conforto. Queste osservazioni divennero il fattore scatenante di Sleep Walkers e dei successivi Zoo Mantras. “Ero triste, e gli animali erano tristi, e ci sedevamo insieme”, ricorda. “Si stavano semplicemente muovendo come si muovevano in quella situazione, e non si muovevano nel modo in cui gli era stato insegnato a muoversi, ad avere un certo stile. Ho iniziato a chiedermi: come mi muovo io? Devo fare attenzione a come mi muovo, valorizzarlo e lavorarci”. “Poi ho notato che c’erano alcuni animali che inventavano giochi. Un giorno ho visto questo piccolo scimpanzé che ha trovato un buco nel terreno, ci ha infilato un dito, si è sporto all’infuori e ha cominciato a correre in tondo. Ho iniziato a guardare un movimento che sembrava fatto per divertimento o in qualche modo alleviava la noia e la tristezza”. Ha collegato le azioni degli animali alla propria vita, mescolando ancora una volta un’astuzia intellettuale e una emotiva. “Una cosa che ho scoperto è che a volte il bisogno emotivo c’era e quindi mi serviva una struttura per adattarlo”, ammette. Per tutta la vita Forti è stata sempre molto vicina al padre. “Dopo la guerra mi ha insegnato a leggere l’italiano”, racconta. “E ha cercato di insegnarmi a giocare a scacchi”. Era un lettore ossessivo di giornali, attento agli eventi di portata globale; è stata questa attenzione che gli ha permesso di lasciare l’Italia quando l’antisemitismo era in ascesa. Quest’esempio è stato lo stimolo per un altro filone della sua arte, le News Animations, in cui combina movimento e parola, e si esprime su questioni importanti come la politica e il cambiamento climatico. “Ho dovuto impegnarmi di più dopo la sua morte perché qualcuno doveva pur leggere le notizie”, dice Forti. In News Animation Improvisation del 1986, ad esempio, esprime la sua paura e l’ansia per gli eventi che alla fine hanno portato alla guerra del Golfo, per mezzo sia del corpo sia delle parole. Movimento e linguaggio sembrano sgorgare da un’unica fonte. Nel corso della sua carriera, Forti ha mostrato una straordinaria apertura al mondo che la circonda e verso ciò che può imparare semplicemente vivendo. Il suo lavoro è cambiato, in particolare dopo il 1969, quando ha vissuto l’esperienza del Festival di Woodstock e – nelle sue parole – “un anno intero di immersione nella cultura psichedelica”. Interessi successivi l’hanno portata a realizzare ologrammi con Lloyd Cross e a esibirsi con il musicista Charlemagne Palestine. Nel suo fondamentale Handbook in Motion, scritto nel 1974 e ristampato nel 1997, osserva: “Trovo interessante rendersi conto che la parola ‘incantare’ viene dalla stessa radice di ‘canto’. Ho menzionato quello che chiamo lo stato di danza. In un certo senso, è uno stato incantato. Forse è uno stato di polarizzazione in canali
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her in the world. At the same time, it is her observation of what is happening around her that prompts her need to move. “It is about responding to what is happening”, she says. In 1968, for example, after she returned to Rome to live with her parents after the break-up of her second marriage to another artist, Robert Whitman – “my parents said I needed to turn a page” – she started to visit Rome Zoological Garden, which was nearby. In her childhood, her father had taken her and her sister to the zoo and encouraged them to draw the animals. Now she found solace there once again, drawing and watching. These observations became the trigger for Sleep Walkers and her later Zoo Mantras. “I was sad, and the animals were sad, and we would sit together”, she recalls. “They were just moving as they moved in that situation, and they were not moving in the way they had been taught to move, to have a certain style. I started wondering how do I move? I must note how I move and appreciate that and work with that... Then I noticed that there were a few animals that invented games. One day I saw this little chimp who found a hole in the ground, stuck his finger in it, leaned out and ran round and round. I started watching movement that seemed as if it were being done because it was fun or it alleviated the boredom and sadness somehow”. She related the actions of the animals back to her own life, once again mixing an intellectual conceit and an emotional one. “One thing I found was that sometimes the emotional need would be there and then I would need a structure to fit that into”, she says. Forti was very close to her father throughout his life. “After the war he taught me to read Italian”, she says. “And he tried to teach me chess”. He was an obsessive reader of newspapers, paying close attention to world events; his alertness allowed them to leave Italy when antisemitism was on the rise. His example was the spur for another strand of her art, the News Animations, in which she combines movement with speaking out on important issues such as politics and climate change. “I had to engage more after he died because someone had to be reading the news”, Forti says. In News Animation Improvisation from 1986, for example, she expresses her fear and anxiety about the events that ultimately lead to the Gulf War, both through her body and through words. Movement and language seem to spring from a common source. Throughout her career, Forti has exhibited an extraordinary openness to the world around her and what she can learn through the sheer act of living. Her work changed, for example, after 1969, when she experienced Woodstock Festival and – in her words – “an ensuing year of immersion in psychedelic culture”. Later interests led her to make holograms with Lloyd Cross and perform with the musician Charlemagne Palestine. In her influential Handbook in Motion, written in 1974 and reissued in 1997, she notes: “I find it interesting to realise that the word ‘enchant’ shares the same root with the word ‘chant’. I’ve mentioned what I call the dance state. In a way, it’s a state of enchantment. Perhaps it’s a state of polarisation into harmonic channels along which motor energy pleasurably flows. When I’m dancing, I am moved by that mysterious response to the music. And I pursue that special order of thoughts that come out of the body in motion, and which seem to be one with the motion itself”. Always dancing, always moving, always fascinated by the nature of movement. Is there a common thread to the rich tapestry of her work? She smiles gently, as she answers. “Yes, but I don’t think I can articulate it verbally”. She is tired now. We talk about Huddle, a piece that needs six or seven people to stand close together and form a strong structure, knees a little bent, arms around
armonici lungo i quali fluisce piacevolmente l’energia motoria. Quando ballo, sono commossa da quella misteriosa risposta alla musica. E inseguo quell’ordine speciale di pensieri che escono dal corpo in movimento, e che sembrano tutt’uno con il movimento stesso”. Sempre a danzare, sempre in movimento, sempre affascinata dalla natura del movimento. C’è un filo conduttore nel ricco arazzo del suo lavoro? Mentre risponde sorride dolcemente. “Sì, ma non credo di poterlo articolare a parole”. Adesso è stanca. Parliamo di Huddle, un’opera che ha bisogno di sei o sette persone che stiano vicine per formare una struttura forte, le ginocchia un po’ piegate, le braccia intorno alle spalle o alla vita. Poi una persona si stacca dal gruppo e inizia ad arrampicarsi sul mucchio, sale in cima e scende dall’altra parte. Quando Forti ha realizzato il lavoro per la prima volta, ricorda, per riscaldarsi si doveva correre gli uni contro gli altri; ci furono cadute e crolli. “È diventato più delicato perché forse è quello che serve ora. Sono i più giovani che l’hanno reso tale”. Fa una pausa, pensando al passato. Poi torna a sorridere. “Il lavoro è nato in gran parte grazie all’apertura di quei tempi. È stato divertente”.
Sarah Crompton è critico di danza per “The Observer” e critico teatrale per WhatsOnStage. com. Scrive di temi culturali per testate come “The Guardian”, “The Times” e “American Vogue”. Tra le sue pubblicazioni, Sadler’s Wells: Dance House (Oberon Books, 2013), Leanne Benjamin: Built for Ballet (Melbourne Books, 2021), Ed Watson: A Different Dance (Prestel, 2023).
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each other’s shoulders or waists. Then one person detaches themselves from the group and begins to climb up the huddle, over the top and down the other side. When Forti first made the piece, she remembers, the warm-ups would involve running into one another; there were tumbles and collapses. “It has got gentler because perhaps that is what is needed now. Younger people have brought that to it”. She pauses, thinking of the past. Then smiles again. “The work quite a bit grew out of the openness of the times. It was fun”.
Sarah Crompton is dance critic for The Observer and theatre critic for WhatsOnStage. com. She writes on all aspects of culture for newspapers including The Guardian, The Times and American Vogue. Her publications include Sadler’s Wells: Dance House (Oberon Books, 2013), Leanne Benjamin: Built for Ballet (Melbourne Books, 2021) and Ed Watson: A Different Dance (Prestel, 2023).
In primo piano / Feature Interview
TAO Dance Theater LEONE D’ARGENTO / SILVER LION
Il cerchio della vita
di Uzma Hameed
La compagnia TAO Dance Theater, vincitrice del Leone d’Argento di quest’anno, è stata fondata a Pechino nel 2008. Il merito della creazione del suo stile unico di danza contemporanea va al coreografo Tao Ye e alla danzatrice e costumista Duan Ni, insieme nella vita oltre che nel lavoro. E proprio sulla vita e sul lavoro i due artisti presentano qui alcune riflessioni.
Raccontaci della tua formazione di danzatrice in Cina. Quali tecniche o intuizioni preziose ti ha lasciato? Hai inoltre partecipato a un programma di scambio con l’American Dance Festival. Cosa ti ha colpito della tua prima esperienza con la danza in Occidente? Fra i generi cinesi tradizionali ci sono danza classica, danza popolare, balletto e D.N. tanzigong (una tecnica dell’opera cinese che consiste nell’esecuzione di salti, capriole e acrobazie sul tappeto), che mi hanno permesso di sviluppare flessibilità e forza muscolare. La danza cinese esalta la concezione estetica della vitalità ritmica, che permea ogni aspetto della mia pratica. Ho potuto partecipare all’American Dance Festival grazie alla mia insegnante, Yang Meiqi. È stato il suo approccio innovativo all’insegnamento che mi ha permesso di allargare i miei orizzonti a livello internazionale.
T.Y.
Dopo esserti formato nelle danze tradizionali cinesi, hai sperimentato la danza contemporanea per la prima volta durante il servizio militare. Che cosa ti ha attirato? Ho seguito le orme di mia madre. Da piccola sognava di far parte del Gruppo di lavoro culturale e artistico dell’esercito, perché era brava nel canto e nella danza. Ma mia nonna non approvava e non è riuscita a realizzare il suo sogno. Il cerchio si è chiuso quando l’ho realizzato io per lei.
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Circle of Life
by Uzma Hameed
TAO Dance Theater, the recipient of this year’s Silver Lion, was founded in Beijing in 2008. Husband and wife team Tao Ye and Duan Ni are the artists behind the company’s unique style of contemporary dance – with Tao as choreographer and Duan as dancer and designer. Here, they each share insights into their life and work.
Tell us about your dance training in China. What is the most precious technique or insight that it gave you? You also participated in an exchange programme with the American Dance Festival. What struck you on your first exposure to dance in the West? Chinese traditional dance includes classical dance, folk dance, ballet and tanziD.N. gong (a Chinese opera technique of performing jumps, kicks and acrobatics on the carpet), which helped me develop my body’s flexibility and muscle strength. Chinese dance also advocates for the aesthetic of rhythmic vitality, which is integrated into all of my dances. I went to the American Dance Festival thanks to the recommendation of my teacher, Yang Meiqi, whose vast educational philosophy opened my eyes to dance at an international level.
T.Y.
After a training in traditional Chinese dance forms, you first encountered contemporary dance while you were in the military. What was it that drew you to it? I was influenced by my mother, who as a child could sing and dance. She dreamt of entering the art troupe in the military. Unfortunately, that dream didn’t come to life since my grandmother did not support it. Yet it came full circle when I managed to take her dream on and realised it.
T.Y.
Ricordi la prima volta che hai visto Duan Ni danzare? Cosa ti ha colpito di più del suo modo di muoversi? La morbidezza, come fosse priva di ossa. Il suo corpo pare potersi ripiegare e assumere qualsiasi forma, in un perfetto equilibrio fra libertà e personalità che mi fa pensare all’acqua. Poi l’estrema rilassatezza ed elasticità, come fosse fatta di gomma. Si resta incantati dallo slancio naturale che accompagna lo sbilanciarsi del baricentro del suo corpo.
Hai avuto un successo internazionale come danzatrice. Parlaci della decisione di formare TAO Dance Theater con Tao Ye e Wang Hao. D.N. Abbiamo fondato TAO Dance Theater nella speranza di ispirare i danzatori cinesi con la nostra concezione del corpo, e di contribuire ad abbattere i confini tra la danza e le altre discipline artistiche, di fungere da catalizzatore per la comunicazione interdisciplinare.
T.Y.
Potresti scegliere tre parole per descrivere i fondamenti della tua pratica di movimento? In che misura senti di attingere alle forme tradizionali cinesi o alla loro filosofia? Cos’è il “Circular Movement System”? Innescare, trasmettere, seguire. Il cerchio è inizio e fine. Trattiamo il corpo come un cerchio, in estensione e contrazione. Il cerchio non definisce un singolo momento, ma fa fluire il pensiero e il movimento senza interruzione. Immaginiamo che ogni singolo centimetro del corpo possa descrivere un cerchio e dare vita a infinite possibilità di movimento. Così sperimentiamo variazioni di peso, gravità e baricentro di ogni centimetro del corpo insieme al legame vitale fra lo spazio e il tempo.
Come si articola la collaborazione fra te e Tao Ye? Quando create una coreografia, che processo avete per sviluppare insieme i concetti e il movimento? D.N. Innanzitutto riflettiamo su movimenti e linguaggi del corpo che non sono ancora stati sperimentati. Successivamente immaginiamo di tracciare delle linee guida per esplorare i movimenti sul palco. È solo dopo averli provati che capiamo se funzionano. Il corpo è qualcosa di reale e concreto, e risponde ai movimenti in modo diretto e immediato.
T.Y.
Cosa significa per te la coreografia? Cosa speri che percepisca il pubblico da un tuo spettacolo? Il corpo umano sta al mondo come il microcosmo sta al macrocosmo. Il corpo è reale e incontaminato e vorrei che il pubblico scoprisse i segreti della sua esistenza e condividesse e apprezzasse la sua essenza, questa parte imprescindibile della vita.
Qual è la considerazione più importante quando danzi in uno spettacolo? Qual è per un danzatore la difficoltà maggiore nella tecnica di TAO Dance Theater? D.N. La danza è un viaggio senza limiti, ricco di stimoli ed emozioni. Quando danzi, ti concentri sul tuo corpo, sugli altri, sullo spazio, sulle luci, sulla musica. E tutto questo è indispensabile. C’è quasi un senso di onniscienza, di poter osservare le connessioni fra tutti gli elementi. Le nostre esecuzioni non hanno interruzioni, per cui la difficoltà maggiore è quella di mantenere la continuità, che è alla base di tutto il processo.
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T.Y.
Do you recall the first time you saw Duan Ni dance? What particularly struck you about her way of moving? Bonelessly soft. It feels like her body can be folded into any form at will; a perfect blend of freedom and personality that reminds me of water. Then her extreme relaxation and elasticity, a rubber-like resilient strength combined with the natural inertia of the body’s imbalanced centre of gravity – just mesmerising.
You had a successful international career as a dancer. Tell us about the decision to form TAO Dance Theater with Tao Ye and Wang Hao. D.N. TAO Dance Theater was originally created to bring the concept of our body to influence Chinese dancers, as well as to shake the barrier between dance and other art forms, catalysing diverse interdisciplinary communication.
T.Y.
If you had to choose three words to describe the fundamentals of your movement practice, what would they be? To what extent do you feel you draw on traditional Chinese forms or their philosophy? What is the “Circular Movement System”? Mobilise, transmit, follow. The circle is both a beginning and an end. We work our bodies extending and contracting, like a circle. The circle is not defined by a single moment, so are body movements everlasting. Then imagine that every part of your body is such a circle, permitting endless possibilities of movement. Under this discipline, we get to study the shift of weight and gravity of the body, and to explore the vital connection between space and time.
What does the collaboration between you and Tao Ye look like? When making a piece, what is your process for developing the concepts and the movement together? D.N. Firstly, we think about and discuss what kinds of movement or body language have not been explored yet. Then we establish a direction to guide the body practices on stage. We also rely on our intuition to determine whether it works or not. The body is real and concrete, it responds in a true and immediate way to the given movements.
T.Y.
What does choreography mean to you? What do you hope the audience will take away from a performance? The human body is to the world what the microcosm is to the macrocosm. The body is real and pure and I would like the audience to discover the secrets of its existence and to share and appreciate its essence, this indispensable part of life.
What is the most important consideration for you when you are dancing in a performance? What is the greatest challenge for the dancer in the technique of TAO Dance Theater? D.N. Dance is an ever-expanding process where you focus on yourself, others, space, lights, music... all indispensable. It is as if turning on an omniscient perspective, observing the connections of all that exists. There is no break in our performances from beginning to end. Therefore, the biggest challenge is continuity, not just for single moments, but the connection of all the processes. How do you think about designing costumes for dance? What is the role of clothing in the performance? D.N. The clothes follow the movement of the body, and my design philosophy is to integrate clothes and dance as a whole, based on the uniqueness of the body language.
Qual è il tuo approccio al disegno dei costumi per la danza? Che ruolo ha l’abbigliamento nell’esecuzione? D.N. I costumi devono seguire i movimenti del corpo. Il mio concetto di design si basa sulla fusione dei costumi con la danza, incentrata sull’unicità del linguaggio del corpo.
T.Y.
In che modo gli altri aspetti della pratica di TAO Dance Theater – film, fotografia e abbigliamento – dialogano con la danza? La danza è un’attività che coinvolge sia il corpo sia lo spirito, ha origine nella preistoria, vive nel presente e guarda al futuro. La danza ha inizio laddove non riusciamo a esprimerci con le parole. Qualsiasi forma d’arte riguarda l’umanità, la vita e la natura, e il corpo è il legame tra questi elementi.
Parlaci del lavoro della compagnia con danzatori non professionisti. Cosa offrono i vostri laboratori alle persone comuni? D.N. Vorremmo aiutare a scoprire le potenzialità del corpo, che possiede un linguaggio tutto suo e capacità infinite, e aprire a possibilità di sperimentare nuovi movimenti, amarsi e accettarsi e imparare a valorizzare ogni centimetro del proprio corpo. Qual è il principio alla base delle vostre Numerical Series?
T.Y. Le Numerical Series ruotano attorno all’esplorazione del corpo e alle sue possibilità motorie. Perché si muove? Come si muove? Questi interrogativi vengono posti in qualsiasi epoca e da tutti gli individui. Nella mia concezione la danza è attimo, il corpo è mortale, ma queste opere sono eterne.
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How are the other aspects of TAO Dance Theater’s practice – film, photography and clothing – in dialogue with the dance work? T.Y. Dance is physical and spiritual. It comes from the primitive, belongs to the present and concerns the future. It is when we exhaust our words that we dance. All art forms are associated with humanity, life, nature – and our body is where all of them connect. Tell us about the company’s work with non-professional dancers. What do your workshops aim to offer ordinary people? D.N. Our workshops aim to inspire more people to discover the possibilities of the body, with its language that is both independent and all-inclusive. To let people discover possible ways that the body can move in, love and accept themselves, and experience the existence of every inch of the skin. What is the principle underlying your Numerical Series of works?
T.Y. The Numerical Series follow one principle, which is the exploration of the body, and the possibility of body movements. Why does it move? How does it move? These propositions are perpetually relevant to any era and individual. In my mind the dance is instant, the body is mortal, but these works are eternal.
In primo piano / Feature Interview
Lucy Guerin
Umanità non narrativa
Lucy Guerin riflette su tre decenni nella danza di Uzma Hameed
“Era sull’oceano ma sembrava un deserto: grandi orizzonti e pochissimo verde”, racconta la coreografa Lucy Guerin della fattoria nell’Australia Meridionale dove ha trascorso i primi anni dell’infanzia. Ha un vivido ricordo di un uccello solitario seduto sul filo che collegava la casa al generatore elettrico, con lei, piccolina, che girava su se stessa, cantava e lo guardava. “Credo ci fosse qualcosa in quel paesaggio – lo spazio, la luce e il movimento – che per me bambina si era tutto fuso insieme”, riflette, a proposito delle origini del suo interesse per la danza. “Penso che in parte sia emerso dal fatto che in questo posto così vuoto e bellissimo non ci fosse molto da fare”. Non è difficile vedere la connessione tra il paesaggio che descrive – minimale ma misteriosamente potente – e alcuni aspetti della sua danza. La sua opera, nei quasi tre decenni da quando ha iniziato a creare coreografie, è nota, fra gli altri attributi, per il movimento formale, preciso, antisentimentale, radicato nel postmoderno, e anche per gli scenari evocativi, che, pur se di natura non necessariamente narrativa, sono pregni di significato. Split, ad esempio, che Guerin presenta alla Biennale Danza 2023, è un duetto fra due danzatrici – una vestita e una nuda – che si svolge all’interno di uno spazio quadrato delimitato da un nastro adesivo bianco. È una relazione tra due persone? O la rappresentazione di un’identità femminile “scissa”? O una battaglia per le risorse? Il lavoro invita all’interpretazione nel momento in cui essenzialmente rifiuta una versione univoca. Eppure, per la celebre coreografa astratta australiana – Guerin ha vinto un Sidney Myer Performing Arts Award, un “Bessie” e numerosi Green Room, Helpmann e Australian Dance Awards – la prima lezione di danza è stata a scuola di balletto. “Avevamo una scatola di costumi per mascherarci, in cui c’era un vecchio paio di scarpe da punta, con la punta di legno, davvero vecchio stile”, ricorda. “Erano state di mia madre, che aveva fatto un anno di danza classica quando aveva diciotto anni. Continuavo a barcollarci in giro e non smettevo di chiedere se potevo andarci anch’io”. Dopo aver studiato danza classica fino alla prima adolescenza scopre, tornandovi
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Non-Narrative Humanity
Lucy Guerin reflects on three decades in dance by Uzma Hameed
“It was near the ocean, but quite desert-like: wide horizons and not very lush”, choreographer Lucy Guerin says of the farm in South Australia where she spent her early childhood. She describes a vivid memory of looking up at a solitary bird sitting on the wire that connected the electricity generator to the house, and of her tiny self, spinning around and singing as she watched it. “I feel as though there’s something about the landscape – the space, the light and the movement – that sort of all connected for me around that time as a young child”, she muses, on the subject of where her dancing came from. “I think some of it did come out of not really having a lot to do in this very empty, beautiful place”. It’s not difficult to see the connection between the minimal yet mysteriously powerful landscape she describes and certain aspects of her dance. Her oeuvre, in the almost three decades since she started making choreography, is known, among other attributes, for its formal, precise, anti-sentimental movement, rooted in postmodernism – and also for evocative scenarios, which, while they may not be narrative in nature, are redolent with meaning. Split, for example, which Guerin is bringing to Biennale Danza 2023, is a duet between two female dancers – one clothed and one naked – set within a white taped square. Is this a relationship between two people? Or a representation of a “split” female identity? Or a battle for resources? The piece invites interpretation while ultimately rejecting a single narrative. Yet, for Australia’s celebrated abstract choreographer – Guerin is the winner of a Sidney Myer Performing Arts Award, a “Bessie” and multiple Green Room, Helpmann and Australian Dance awards – the first experience of dance class was in ballet. “We had a dress-up box, and there was a pair of old pointe shoes in there, which had wooden toes, really old fashioned ones”, she recalls. “They had belonged to my mother, and she told me that when she was 18, she did a year of ballet. I used to teeter around on those, and I kept asking if I could go”. She took ballet classes into her early teens but, on returning to it after a break during the final years of high school, discovered that the training she had missed
dopo una pausa durante gli ultimi anni delle superiori, che le lezioni perse volevano dire che “riconnettersi al sistema del balletto era piuttosto difficile”; si avvicina così alla danza contemporanea, diplomandosi nel 1982 presso il Centre for the Performing Arts di Adelaide. Si trasferisce quindi a Sydney dove inizia a danzare con il coreografo Russell Dumas. Dumas, racconta, a quel tempo era appena tornato dal suo lavoro con Twyla Tharp e Trisha Brown negli Stati Uniti. “Era molto influenzato da queste coreografe, e ci parlava costantemente di loro. E quand’ero poco più che ventenne mi ha portato a New York insieme a un altro danzatore... Ho trovato la scena estremamente elettrizzante e qualche anno dopo ho deciso di trasferirmi”. I sette anni che Guerin ha trascorso a New York a partire dal 1989 hanno rappresentato un momento davvero entusiasmante nella danza che si praticava downtown. Racconta del lavoro con innovatori del movimento come Steve Paxton e Lisa Nelson, delle lezioni con Simone Forti e della presentazione di estratti di lavori alla Judson Church – quest’ultima, ovviamente, famosa come luogo d’incontro del collettivo di artisti sperimentali degli anni Sessanta da cui è emersa la danza postmoderna. “Allo stesso tempo”, dice, “andavamo tutti ogni giorno a lezione di danza classica. Ma non per avere un perfetto en dehors. Era molto anatomico e riguardava soprattutto la fisicità e l’allineamento; si usava quella forma per esplorare la funzionalità del movimento. E così, quando ho iniziato a creare il mio stile di movimento, c’era un vero dibattito su quest’idea di linea e forma, seguito da una sorta di dissoluzione... All’epoca molti di noi erano alla ricerca di un vocabolario di movimento inedito, cosa che ora non è più così importante. Volevamo davvero trovare questi modi intricati e insoliti di muoverci”. A quell’epoca, ricorda Guerin, non c’erano molti artisti indipendenti o compagnie attivi in Australia e, per i giovani danzatori, essere a New York era “davvero sorprendente. C’erano così tante cose diverse, così tanti coreografi e laboratori. Prendevo il ‘Village Voice’, che era gratuito ed elencava tutti i workshop, le audizioni e le recensioni. Per i danzatori era una grande risorsa”. In questo periodo Guerin lavora con coreografi influenti come Tere O’Connor, Bebe Miller e Sara Rudner, oltre a gettare le basi del proprio lavoro. “Erano sorprendenti, credo, il modo e la chiarezza con cui la gente riusciva ad articolare le potenzialità della danza. Quando stavamo preparando un’opera invitavamo varie persone a venire a dare un’occhiata durante le prove, e ricevevamo un sacco di opinioni. Poi, dopo lo spettacolo, venivano tutti a dirci cosa ne pensavano!”. Ride. “Erano generosi, ma comunque sì, avanzavano davvero delle critiche, e credo ci fosse molta differenza rispetto a come andavano allora le cose in Australia”. Lucy Guerin Inc (LGI) è stata fondata a Melbourne nel 2002 e la coreografa cita il tempo solitario trascorso in studio come parte importante del suo processo di quei primi anni, quando si esibiva ancora nelle sue opere. “Avevo stati mentali, o forse anche stati fisici, che si incanalavano nei movimenti che creavo... il risultato sembrava molto netto, chiaro. Mi concentravo quindi su una sensazione, e questo portava a un tipo di movimento insolito... Ed è importante per me avere in mente il senso di una struttura in dialogo con questo movimento molto personalizzato, e che poi finiscano entrambi con il modificarsi a vicenda”. Una volta uscita dal ruolo di danzatrice, per comprendere meglio il processo dall’esterno, la sua pratica ha cominciato a includere improvvisazione e indicazioni ai danzatori basate su specifici compiti. Sebbene non abbia mai rinunciato a quella che chiama “coreografia pura”, descrive la combinazione di interventi autoriali e pratiche di improvvisazione come “una conversazione... [tra] le azioni dei ballerini e le loro scelte, e le regole che sto dettando anche attraverso quest’altro materiale”. Voce, video, testo e design d’impatto sono tutti elementi che caratterizzano il cor-
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meant that “connecting back into the ballet system was quite difficult”, and so found her way to contemporary dance – graduating in 1982 from the Centre for the Performing Arts in Adelaide. Then she moved to Sydney where she began dancing with choreographer Russell Dumas. Dumas, she relates, was at that time newly returned from working with Twyla Tharp and Trisha Brown in the U.S. “He was very influenced by these choreographers, and he talked to us a lot about them. And in my very early 20s, he took myself and another dancer to New York... I thought it was hugely exciting what was happening there. And so a few years later, I decided to move there”. The seven years that Guerin spent in New York from 1989 were indeed exciting times in the downtown dance scene. She describes working with movement innovators such as Steve Paxton and Lisa Nelson, doing classes with Simone Forti and presenting extracts of work at the Judson Church – the latter, of course, famous as the meeting place of the 1960s experimental artists’ collective from which postmodern dance emerged. “But at the same time”, she says, “all of us went to ballet class every day. But it wasn’t about having perfect turnout. It was very anatomical and very much about the physicality and the alignment, and using that form to explore the functionality of movement. And so, when I began to make my own movement, there was a real conversation between this idea of line and form, and a sort of dissolving of that... Many of us were all searching for, at that time, unique movement vocabulary, which is not such a focus now. We really wanted to find these intricate, unusual ways of moving”. In that era, Guerin says, there were not so many companies or independent artists working in Australia and, for a young dance artist, to be in New York was “really exciting. There were just so many different things going on, so many choreographers and workshops. I used to get the Village Voice, which was free, and all the workshops and auditions and reviews would always be listed there. It was a great resource for dancers”. Guerin worked with influential choreographers such as Tere O’Connor, Bebe Miller and Sara Rudner, as well as beginning to make her own work. “The amazing thing about it was, I think, the way that people could articulate what dance could be, and with great clarity. If we were making a work, we’d invite people to come and have a look at some point in the making process, and there would be a lot of feedback. And then, after your show, everyone would come up and say what they thought of it!” She laughs. “In generous terms, but yeah, they would really critique it, and I think that was very different to how it was in Australia at that time”. Lucy Guerin Inc (LGI) was founded in Melbourne in 2002, and the choreographer cites solitary studio time as an important part of her process in those early years, when she was also dancing in her work. “I had states of mind, or maybe even states of body, that fed into the movement that I created... It seemed to come out really quite clearly or distinctly. So I would identify a sensation, and that would lead to a very particular kind of movement... And it’s very important to me to have a sense of a structure in my mind, which has a conversation with this very personalised movement – and that they change each other”. Once she stepped out of the dancing role, in order to better comprehend the work from the outside, her practice developed to include more improvisation and task-based input from the dancers. Though she has never let go of what she calls “straight choreography”, she describes the combination of authorial and improvisatory practices as “a conversation... the dancers’ agency and their choices, speaking to rules that I’m also laying down through this other material”. Voice, video, text and strong design looks are all elements that feature in the company’s eclectic and seemingly genre-defying body of work. I wonder where the
pus eclettico e apparentemente anarchico della compagnia. Mi chiedo dove la coreografa ritenga che i suoi lavori possano collocarsi, in momenti diversi, sullo spettro fra astrazione e narrazione. “A un certo punto, mi piaceva davvero creare il movimento attraverso la visione di materiali su YouTube”, riflette. “Facevo in modo che i danzatori copiassero il movimento di una rivolta di strada o di calciatori, o di cantanti rock... È molto letterale, ma anche piuttosto stilizzato, perché a trasformarlo in danza succede per l’appunto questo. Non credo che la danza sia molto naturalistica”. Descrive il suo approccio come “l’atto di scolpire una sensazione sul palco, o quello che io chiamo il tono o l’umore del palco... Nella realizzazione di un’opera il ritmo è per me molto, molto importante, e penso che sia anche significativo: ritmo e spazio, vicinanza tra i danzatori. È molto semplice, ma penso sia uno dei modi più chiari di comunicare con la danza. Non è narrativo, ma riflette comunque eventi umani”. Quando parliamo, Guerin ha appena concluso il suo lavoro più recente, NEWRETRO – un’opera di tre ore per ventuno danzatori, che comprende estratti da ventuno lavori realizzati nel corso dei ventuno anni della compagnia. L’evento si è svolto in una galleria, con il pubblico invitato ad andare e venire. Molti, tuttavia, hanno scelto di rimanere per l’intera durata. “Volevo che il pubblico sentisse questa vicinanza con i danzatori e che si connettesse davvero con la materialità della danza e con il modo in cui si accumula in te, mentre la osservi. Penso sia successo davvero. E nessuno mi ha chiesto cosa volesse dire. Penso che questo progetto sia stato davvero molto chiaro su cosa sia la danza e cosa facciamo in studio, giorno dopo giorno, per la maggior parte del tempo, mentre quando presenti uno spettacolo, è quasi come se la danza fosse al suo servizio. Non che un significato non ci fosse: c’era, e la gente si è emozionata molto, in realtà più che in qualsiasi altro mio lavoro. Penso che possa far emergere qualcosa nella vita delle persone e nella loro storia, perché ti dà questo spazio”. Da quando Guerin ha iniziato, molte cose sono cambiate in Australia, sia nella danza sia nella resa dei conti del Paese con il proprio difficile passato, in particolare per quanto riguarda i popoli delle Prime Nazioni. LGI nomina ogni anno un direttore residente aborigeno e ha un programma di tirocinio per i danzatori delle Prime Nazioni. “È stata una cosa molto emozionante per tutti noi”, riflette, parlando di questa crescente consapevolezza. “Avere ora la presenza di più danzatori e coreografi delle Prime Nazioni e iniziare a comprendere questa prospettiva, di cui per la maggior parte della mia vita non ho avuto idea... mi sento incredibilmente privilegiata a essere presente in un momento in cui ci viene rivelata”. Mentre a Melbourne cala la notte e Guerin si alza per accendere le luci, parliamo un po’ di PENDULUM, l’installazione che sta portando alla Biennale Danza di quest’anno con la sua compagnia. Sviluppata in collaborazione con il compositore Matthias Schack-Arnott, la descrive come “una conversazione tra suono, gravità e corpi. Sono i danzatori [che] attivano i pendoli, e poi reagiscono ad essi in una conversazione fra controllo e, immagino, una sottomissione alle grandi forze cosmiche”. È una descrizione appropriata per un’opera che ha debuttato a Melbourne mentre scoppiava la pandemia di Covid-19 e che ha avuto una sola rappresentazione prima che la città venisse chiusa per quattro mesi. “Sai, eravamo la città con il lockdown più rigoroso al mondo”, ricorda la coreografa. “Quindi penso che quando il lavoro è riemerso di nuovo, alla fine dell’anno scorso, in un contesto diverso, c’era un senso di quasi... era come una meditazione, o come creare pace, o voler riuscire a trovare una nuova esperienza all’interno dell’opera”. È un’esperienza che non vediamo l’ora di condividere a Venezia.
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choreographer feels her pieces might, at different times, sit on the spectrum between abstraction and narrative. “At one point, I was really into making movement through watching things on YouTube”, she reflects. “I’d get the dancers to copy the movement of a riot or soccer players or rock singers... That’s very literal, but it was also quite stylised, because to turn it into dance, that is what happens. I don’t see dance as very naturalistic”. She describes her approach as “like a sculpting of the feeling on the stage, or what I call the tone or the mood of the stage... Rhythm is really, really important to me in making work, and I think it’s very meaningful as well – rhythm and space, proximity of dancers. It’s very basic, but I think it’s one of the clearest ways of communicating in dance. It’s not narrative, but there are human events being reflected there”. When we speak, Guerin has just closed her most recent piece, NEWRETRO – a three-hour work for 21 dancers, comprising extracts from 21 works made over the company’s 21 years. The event took place in a gallery, with audience members invited to come and go. However, many people chose to stay for the entire duration. “I wanted the audience to have this proximity to the dancers, and for them to really connect with the materiality of the dancing and how it sort of builds up in you, as you watch it. I think it really did do that. And nobody asked me, what did it mean? I think, this project was really very clear what dancing is, and what we do in the studio, day in, day out, most of the time, whereas when you’re presenting a show, it’s almost like the dancing is at the service of the show. Not that there wasn’t any meaning – there was, and people became very emotional; actually a lot more than any other work that I’ve done. I think it can bring up things for people in their own lives and their own history, because it gives you that space”. Many things in Australia have changed since Guerin first started out, both in dance and in the country’s reckoning with its own difficult past, particularly in regard to First Nations people. LGI appoints a First Nations Resident Director each year, and has an internship programme for First Nations dancers. “It’s been a very emotional thing for all of us”, she reflects, on this growing awareness. “To have now the presence of more First Nations dancers and choreographers, and starting to understand this perspective, which for most of my life I had no idea about – I feel incredibly privileged to be around at a time when this has been made known to us”. As night falls in Melbourne, and Guerin gets up to turn on the lights, we talk a little about PENDULUM – the installation the company is bringing to this year’s Biennale Danza. A collaboration with the composer Matthias Schack-Arnott, she describes it as “a conversation between sound and gravity and bodies. The dancers [are] the ones who are activating the pendulums, and also responding to them in a conversation between control and, I guess, submission to greater cosmic forces”. It’s an apt description for a piece that premiered in Melbourne as Covid-19 broke, and had only one showing before the city was placed in lockdown for four months. “You know, we were the most locked down city in the world”, the choreographer recalls. “So I think when the work resurfaced again, at the end of last year, in a different setting, there was a sense of almost... it was like a meditation, or creating peace, or wanting to be able to have a new experience through in the work”. It’s an experience we look forward to sharing in Venice.
In primo piano / Feature Interview
Pontus Lidberg
“Sia l’uno che l’altro, e fra l’uno e l’altro”
Una conversazione con Pontus Lidberg di Uzma Hameed
Nel corso di due decenni, il coreografo e regista svedese Pontus Lidberg ha messo insieme un impressionante catalogo di commissioni, con un elenco di compagnie che si legge come un Who’s Who del mondo della danza: New York City Ballet, Martha Graham Dance Company, Ballet de l’Opéra national de Paris, Ballet du Grand Théâtre de Genève e Acosta Danza, solo per citarne alcuni. Inoltre, ha trascorso gli ultimi cinque anni alla guida del Danish Dance Theatre sia come direttore artistico sia come amministratore delegato. Ora, tuttavia, il quarantaseienne Lidberg, nuovamente libero da impegni, torna a lavorare alle proprie opere e a vivere da artista indipendente. “Vuol dire rendersi vulnerabili, ovviamente”, dice. “Ma anche liberi. È un paradosso interessante, perché in un certo senso è davvero liberatorio... Abbiamo tutti delle responsabilità, sempre, ma mi sento decisamente più leggero”. Lidberg non è nuovo a decisioni audaci. Pare abbia sempre nutrito una curiosità irrequieta che lo spinge a guardare oltre la consuetudine e ad andare a caccia di sfide. All’età di quattro anni, ispirato da una visita al balletto, chiede di iniziare a studiarlo; quando si scopre che la classe a cui lo hanno iscritto i suoi genitori è – comprensibilmente – improntata al gioco, fa richiesta di essere mandato in una scuola di danza più rigorosa. Ricorda di essersi lamentato che “ci si diverte troppo e si impara poco”. “Ero piuttosto serio all’epoca”. Segue pertanto un corso presso il Royal Swedish Ballet, dove ancora una volta dimostra la propria precocità quando, poco più che adolescente, si reca dal preside per chiedere di poter partecipare al nuovo programma di danza contemporanea della scuola, che però è offerto solo agli studenti degli ultimi tre anni. “Già allora volevo capire i diversi modi di affrontare il movimento e la coreografia”, precisa. Fortunatamente, il preside acconsente e il giovane Lidberg si iscrive al corso, nella misura consentita da un programma completo di formazione di balletto classico. Ci tiene a sottolineare che, sebbene il suo percorso possa sembrare, in retrospettiva, un passaggio dal balletto alla danza contemporanea, per lui non si è trattato
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“Both, and Something in Between”
A conversation with Pontus Lidberg by Uzma Hameed
Over two decades, Swedish choreographer and film-maker Pontus Lidberg has built up an impressive back catalogue of commissions, with a list of companies that reads like a who’s who of the dance world – New York City Ballet, Martha Graham Dance Company, Ballet de l’Opéra national de Paris, Ballet du Grand Théâtre de Genève and Acosta Danza, to name but a few. Alongside, he spent the last five years at the helm of Danish Dance Theatre as both Artistic Director and CEO. Now, however, 46-year-old Lidberg is cutting loose once more, as he returns to making his own work, and to the life of an independent artist. “It’s vulnerable, for sure”, he says. “It’s also free. It’s an interesting paradox, because it is freeing in a way... We all have responsibilities, always, but I definitely feel a bit lighter”. He is no stranger to bold decisions. Lidberg, it seems, has always possessed a restless curiosity that drives him to look beyond familiarity and seek out challenge. At the age of four, inspired by a visit to the ballet, he asked to begin lessons and, when it turned out that the class his parents enrolled him in was – understandably at that age – weighted towards fun, demanded to be sent to a more dedicated dance school. “There’s too much play and not enough learning”, he recalls complaining. “I was pretty serious at the time”. A training at the Royal Swedish Ballet followed, where once again his precocity was in evidence when, in his mid-teens, he went to see the principal to ask if he could participate in the school’s new contemporary dance programme, which was, however, offered only to older students in their final three years. “Already then, I wanted to understand different ways of approaching movement and choreography”, he says. Fortunately, the principal agreed and the young Lidberg joined the class – to the extent that a full schedule of classical ballet training permitted. He is at pains to point out that, although his journey may look, in retrospect, as though he left ballet for contemporary dance, for him it was not a case of “either/ or” but rather “both/and”.
di un aut aut, ma di un et et con l’aggiunta di qualcos’altro. Dopo il perfezionamento presso il Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris, prosegue gli studi in Contemporary Performing Arts presso l’Università di Göteborg. “Sono molto interessato al [rapporto tra] disciplina e Zen”, dichiara, quando gli chiedo cosa gli abbia lasciato lo studio della danza classica. “La disciplina dello Zen esiste per un motivo. E il motivo è la liberazione. E penso che il balletto sia per molti versi lo stesso... È molto binario, in un certo senso. Del tipo: ‘È questo e non quello’. È molto facile da seguire – non significa che sia facile da praticare, ma è molto chiaro”. Eppure, avendo iniziato così giovane, sente crescere sempre più un senso di mancanza di evoluzione personale, al di là dello sforzo per sviluppare le proprie capacità tecniche e artistiche. “Alla fine ero più interessato a creare. E quindi aveva più senso approfondire le forme delle arti performative contemporanee, perché aprivano più orizzonti. Come dire: ‘Be’, non si sa ancora cosa ne verrà fuori’. Quel ‘non si sa’ o ‘non lo so ancora’, è molto, molto stimolante per me, e lo è sempre stato”. Pur avendo danzato per anni a livello professionale con varie compagnie di balletto europee, a un certo punto si rende conto di non essere mai stato veramente felice. “Non era abbastanza. Sai, non era certo quello il punto di tutto questo sforzo. Lo sforzo serviva per creare”. Finché si è trovato coinvolto in una compagnia, si è gettato in qualsiasi opportunità di lavoro creativo. Ora, al di fuori di quelle strutture, decide di crearsi da solo quelle opportunità. Questo è ovviamente l’inizio di quella che si rivelerà una stellare e prolifica carriera di coreografo. Tuttavia, mentre la danza è chiaramente nel DNA di Lidberg, forse non se ne trova necessariamente traccia nel suo retaggio famigliare, un retaggio, specifica, “medico: dottori e psicologi” (entrambi i genitori lavorano in quest’ultimo campo). Così, per quattro anni, oltre a portare avanti il suo lavoro coreografico, studia anche medicina. Di quella decisione dice: “Era un periodo in cui dubitavo seriamente del valore della mia pratica di danza. Non che volessi lasciarla perdere o metterla da parte. Quello mai. Però volevo fare anche qualcos’altro... E infatti gli anni in cui frequentavo la facoltà di medicina a Stoccolma sono stati tra i più interessanti dal punto di vista creativo, perché stavo imparando e assorbendo e così via, ma ho anche creato coreografie. In un certo senso non mi mancava davvero nulla”. A lungo andare, però, questa situazione diventa ingestibile. Finché è a Stoccolma, il coreografo può prendersi un semestre sabbatico per fare danza, e poi tornare. Ma poi le opportunità creative cominciano ad arrivare a ondate. “Era come cavalcare un’onda oceanica: surfarla può portarti lontanissimo”, riflette. “E il surf mi ha portato così lontano che in realtà sono finito da tutt’altra parte. Ma non è stata una decisione tipo ‘va bene, ora smetto’: per niente. È successo in modo tutto sommato molto organico”. Ritiene che il lascito più duraturo della sua formazione scientifica e artistica sia una mentalità curiosa e indagatrice: “Spesso mi viene chiesto di tenere una masterclass o un seminario... A volte lo faccio, ma non così di frequente. E uno dei motivi è che, alla fine, mi sento ancora studente, non insegnante... A tutti gli effetti, sto ancora imparando”. Credo si possa notare, in tutto questo, una mente precisa e analitica che diffida delle eccessive semplificazioni. Tipicamente, Lidberg premette alle sue risposte un riconoscimento della complessità dell’argomento. Sottolinea, ad esempio, l’influenza del contesto e della preparazione da danzatore sul suo linguaggio coreografico. Ma quando gli chiedo, quasi come esperimento mentale, di individuare la base su cui si fonda, risponde subito: “Direi il tatto”.
66 67 In primo piano | Feature Interview Pontus Lidberg
After further training at the Conservatoire national supérieur de musique et de danse de Paris, he went on to study Contemporary Performing Arts at the University of Gothenburg. “I’m very interested in [the relationship of] discipline and Zen”, he says, when I ask him what he feels his ballet training gave him. “The discipline of Zen is there for a reason. And the reason is to set you free. And I think that ballet is in many ways the same... It’s very binary, in a way. It’s very much like: ‘It’s this and not that’. It’s very easy to follow – doesn’t mean it’s easy to do, but it’s very clear”. Yet, having started so young, he felt increasingly a sense of lack of development, beyond the striving to develop one’s own individual skill and artistry. “I was, in the end, more interested in creating. And so it made more sense to go further into contemporary performative art forms, because it was more open-ended. It’s like: ‘Well, we don’t know what it’s going to be yet’. That ‘we don’t know’ or ‘I don’t know, yet’, is very, very exciting for me, and has always been”. Though for some years he danced professionally with various European ballet companies, he found he was never truly happy. “It was just not enough. It wasn’t really the primary reason for all of this effort, you know? The effort was to be able to create”. In-house, he had always signed up for any and every opportunity around creative work. Now, outside those structures, he decided to create those opportunities himself. This was, of course, the beginning of what would unfold as a prolific and stellar career as a choreographer. But, while dance is clearly in Lidberg’s DNA, it was perhaps not immediately traceable in his family background, which he describes as “medical – doctors and psychologists”. (Both parents are in the latter field.) So, for four years, alongside developing his choreographic work, he also studied medicine. Of that decision he says: “I had a moment where I was seriously doubting the meaningfulness of my dance practice. Not that I wanted to end or stop that. Never. I wanted to do something other also... And, in fact, those years when I was in medical school in Stockholm were some of my most interesting ones creatively, because I was learning and absorbing and so on, but I also created dance works. I really did have it all in a way”. In the end, though, this arrangement became unworkable. As long as he was in Stockholm, the choreographer could press pause on a semester of study to make dance, and return afterwards. Then the creative opportunities began to flow in. “It was like catching a wave on the ocean, and the surf just brings you very far”, he reflects. “The surf brought me so far that I actually ended up in another place. But that wasn’t a decision [of] okay, now I’m going to stop this, not at all. It just kind of happened very organically”. The lasting influence of his scientific background and training, he says, is a curious and enquiring mindset: “I’m often asked to teach a masterclass, or workshop... I do it sometimes, but not so often. And part of it is, I still identify as a student, you know, I don’t feel like a teacher... In every aspect, I’m still just learning”. One can also, I think, glimpse a mind that is precise, analytical and wary of oversimplifying. Typically, Lidberg prefaces his answers with an acknowledgement of the complexity of the territory. He points out, for example, the influence of context and dancer background on his choreographic language. But when I ask him, almost in the manner of a thought experiment, to identify a cornerstone on which it could be said to rest, he responds decisively. “I’m going to say touch”. “Our bodies and our nervous systems are designed to be with others”, he explains. “Many dancers can relate to the fact that even when you don’t know
“I nostri corpi e il nostro sistema nervoso sono progettati per stare con gli altri”, spiega. “Molti danzatori raccontano che, anche quando non conosci necessariamente qualcuno, se ci lavori insieme a livello fisico, hai la sensazione di conoscerlo. Si verifica un passaggio di informazioni senza l’uso di parole. In un certo senso, ovviamente non è preciso... è di natura intuitiva. Eppure, è molto chiaro... ed è per questo che il teatro fisico è interessante, perché, anche come pubblico, possiamo leggerlo, possiamo capire cosa sta succedendo senza bisogno di seguire un testo”. Un altro aspetto del suo lavoro – per il quale è naturalmente molto noto – concerne l’esplorazione del rapporto tra danza e cinema. I suoi film The Rain e Labyrinth Within hanno ottenuto numerosi premi e candidature. Sulle differenze di creare per la pellicola riflette: “Per me le immagini sono il vero tessuto connettivo... o forse la pittura. ‘Pittura’ è una parola migliore, credo, perché ci sono anche i colori usati e la composizione di quel particolare primo piano, sfondo e dettaglio. Invece, sul palco, l’aspetto temporale è diverso. In qualche modo i momenti assumono maggiore importanza. Momenti molto effimeri diventano ciò che guida il processo”. Mi chiedo se, nel caso di Lidberg, il paradosso insito nella danza – quello della sua esistenza sia all’interno sia all’esterno del corpo – non si trovi forse ancora più intensificato, e se un’altra forza trainante della sua carriera non sia questa continua esplorazione delle varie prospettive corporee e incorporee di danzatore, medico, coreografo, direttore artistico, di colui che filma e colui che è filmato. È d’accordo: “Queste tensioni sono sempre presenti, anzi, molto più che presenti... c’è una costante... non direi lotta, necessariamente, ma una costante necessità di negoziazione. In un certo senso, sono convinto che valga per tutti gli esseri umani, no? Viviamo una tensione tra l’animalità – siamo creature biologiche – e la nostra mente, che è in grado di pensare ed estendersi in tutti i tipi di direzione: futuro e passato e immaginazione e [una] sintesi di queste cose. E, in effetti, sono ambedue vere. Non credo che non siamo la nostra mente. Ma non siamo nemmeno solo una sorta di programma biologico in esecuzione. Siamo sia l’uno che l’altro, e qualcosa fra l’uno e l’altro”. Mentre è ancora in fase di ricerca su On the Nature of Rabbits, il nuovo lavoro che sta preparando per la Biennale Danza, il coreografo spiega che il punto di partenza dell’opera sono i peluche che possediamo da bambini e il significato che hanno per noi. Il bambino “serio” di cui parlava all’inizio della nostra conversazione si intravede mentre descrive l’intensità del disagio che ha provato quando un amato cane giocattolo è stato smarrito durante un viaggio. E si sente l’incontro fra la creatività e le radici famigliari nella psicanalisi quando afferma: “Penso a relazioni intime che in un certo senso diventano la versione adulta di quell’attaccamento, o hanno il potenziale di diventarlo; dove si cerca, allo stesso modo, un grado di familiarità e sicurezza, e qualcosa che è sempre lì con te. Ed è relazionale, ma può anche trattarsi di vagheggiamento e fantasie. Sta quindi accadendo qualcosa di simile, ma la posta in gioco è molto più alta”. È una combinazione affascinante.
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somebody necessarily, if you work with them physically, you feel like you know them. There’s a transfer of information that happens, that is wordless. Of course, it’s not, in one way, precise... it has an intuitive quality to it. And yet, it’s very clear... And that’s why physical theatre is interesting, because, as an audience, we can also read it, we can understand what’s going on without text”. Another facet of his work – for which he is well-known, of course – is exploring the relationship between dance and film. His films The Rain and Labyrinth Within have garnered numerous awards and nominations. On the difference of creating for film he reflects: “The texture is really images for me... or maybe painting. ‘Painting’ is a better word, I think, because it’s also the colours that are used, and the composition of that particular foreground, background and detail. Whereas, on stage, the time aspect is different. Somehow the moments become more important. Very ephemeral moments become what’s driving the process”. I wonder if, in Lidberg’s case, the inherent paradox of dance – that of its existence both inside and outside the body – is not perhaps even more heightened, and whether a continuous exploration of the various embodied and disembodied perspectives of dancer, doctor, choreographer, artistic director, the person who films, or is filmed, is another driver of his career? “Those kinds of tensions are always present, in fact, more than present... negotiating them is like a constant – not a struggle necessarily – but a constant kind of necessity”, he agrees. “In a way, I feel like it is true for all human beings. We have a tension between being animals, you know, we are biological creatures, but our minds... have the capacity of abstract thinking and projections in all sorts of directions – future and past and imagination and [a] synthesis of things. And, in fact, both are true. I don’t feel like we are not our minds. But neither are we only a kind of biological programme that’s running. We are both, and something in between too”. While the choreographer is still in the research phase for On the Nature of Rabbits, the new piece he is making for Biennale Danza, its starting point, he explains, is the plush toys we own as children, and the significance they hold for us. The “serious” child he talked about at the beginning of our conversation can be glimpsed as he describes the intensity of the distress he experienced when a beloved toy dog was lost while travelling. And there’s certainly a sense of the family background in psychoanalysis joining hands with creativity, when he says: “I think about intimate relationships that kind of become the adult version of that, or can be – where, similarly, you’re looking for a degree of familiarity and safety, and something that’s there with you all the time. And it’s relational, but it also can be a lot of projection and fantasy. So, there’s something similar happening, but the stakes are way higher”. It’s a fascinating combination.
In primo piano / Feature Interview
Andrea Peña
Visione e vulnerabilità
di Uzma Hameed
Andrea Peña, con la sua compagnia Andrea Peña & Artists (AP&A), è la vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica internazionale, con la proposta di una nuova opera dal titolo BOGOTA. Abbiamo incontrato la coreografa, che ha condiviso alcune riflessioni sul suo lavoro e sul suo viaggio nella danza. La danza e il design hanno sempre fatto parte del suo universo Sebbene Peña sia nata in Colombia, quand’è ancora molto giovane la sua famiglia si trasferisce per un periodo a Toronto. È lì che chiede di andare a lezione di danza classica, anche se forse persino allora ci sono segni che sarebbe diventata una coreografa: “Ci sono queste foto di me: tutti i bambini di tre anni sono persi e confusi. E ci sono io che sto cercando di guidare le persone verso il posto in cui dobbiamo andare”. Al ritorno in Colombia, all’età di sei o sette anni, realizza le sue prime coreo grafie: “Ricordo che i miei genitori avevano una collezione di musica sperimentale. E quelli erano i miei pezzi preferiti. Pensavo che i suoni fossero così bizzarri... E quindi coreografavo questi piccoli numeri per mia sorella con la musica sperimentale, e disegnavo i costumi... la materialità di questi, diciamo, schizzi di una bambina di otto anni era una parte importante di questi esperimenti”. Crescendo, le sue influenze includono i Pink Floyd, il film di Stanley Kubrick 2001: Odissea nello spazio... “A mio padre Carlos piacevano questi fantastici DVD dei concerti dei Pink Floyd”, dice Peña, ricordando in particolare il classico video di Another Brick in the Wall: “Ci sono questi ragazzini in uniforme scolastica, camminano su un ponte e poi cadono dentro questa macchina... e si ribellano contro la società e parlano di umanità, e io ho dieci anni e vedo queste cose”. Guardando indietro, può trovare le radici di alcuni aspetti del suo lavoro in “queste domande sull’umanità, sui vincoli, sulle
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Vision and Vulnerability
by Uzma Hameed
Andrea Peña, with her company Andrea Peña & Artists (AP&A), is the winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new international choreographic creation, with their proposal for a new piece entitled BOGOTA. We caught up with the choreographer, who shared some insights into her work and her journey into dance.
Dancing and designing were always part of her universe Although Peña was born in Colombia, her family moved to Toronto for a while when she was very young. It was there that she asked to go to ballet classes – though possibly, even then, there were signs that she might be a choreographer in the making: “There are these photos of me: all the little three year olds are lost and confused. And I’m trying to guide people where we’re supposed to go!”. By the age of six or seven, she was back in Colombia and making and designing her first dance pieces: “I remember my parents had a collection of experimental music. And those were my favourites. I thought the sounds were so bizarre... And so I would choreograph these little numbers on my sister with the experimental music, and I would develop the costumes – the materiality part of these, like, eight-year-old sketches were very much part of these experiments”. Her influences growing up include the rock band Pink Floyd, the Stanley Kubrick film 2001: A Space Odyssey... “My dad Carlos was into these really cool film DVDs of Pink Floyd concerts”, Peña says, recalling in particular the iconic video of Another Brick in the Wall: “There are these kids in school uniforms, and they’re walking on a deck and then they fall into this machine... and they’re like revolting against society and talking about humanity, and I’m watching this at ten years old”. Looking back, she can see the roots of certain aspects of her work in “these questions about humanity, constraints, social
strutture sociali”. Con 2001: Odissea nello spazio di Kubrick, a colpirla sono stati la nozione di intelligenza artificiale e il tema della compassione. “Quella scena iniziale con il monolito e gli ominidi che scoprono come usare un oggetto per uccidersi a vicenda per sopravvivere... Penso che i Pink Floyd e 2001: Odissea nello spazio abbiano davvero condizionato il mio cervello! E anche la mia estetica”. ...e il visionario coreografo Alonzo King A diciassette anni, Peña si trasferisce a San Francisco per una formazione preprofessionale con l’Alonzo King LINES Ballet, un periodo che considera estremamente influente. “Alonzo portava molto delle sue radici etniche nel lavoro, il retaggio culturale dei neri, la sua spiritualità come persona di colore. E vede davvero la danza come pratica filosofica. È qualcosa che mi ha davvero colpito... dare spazio alla coreografia e al corpo e, allo stesso tempo, parlare di filosofia, dell’umano e dell’io, intrecciati fra loro”. È “ossessionata dalle nozioni di ibridità” La sua famiglia immigra nuovamente in Canada, a Vancouver, quando Peña ha tredici anni, poi in Québec nel Canada francese. Ora vive e lavora a Montréal. “Quando sono qui mi considero latinx. Ma quando vado in Colombia, sono decisamente una latinx cresciuta all’estero. Quindi la questione di appartenenza è sempre in evoluzione... penso che adesso e a livello globale molti di noi siano ibridi in questo senso. Talmente tanti si sono trasferiti per via di sfollamenti, diaspore, o come figli di immigrati... Sono sempre stata molto curiosa di sapere come possiamo consolidare lo spazio di questa zona grigia tra identità complesse”. È uno spirito eclettico che ha vacillato Un fascino di lunga data per “la coscienza umana e il cervello” conduce Peña a studiare da neurochirurgo, ma due anni nell’ambiente scientifico le fanno capire che a entusiarmarla davvero è “l’aspetto creativo della disgregazione del cervello”. Tornata alla danza, intraprende una carriera che include esibizioni con Ballet BC e Ballets Jazz Montréal ma, verso la fine di quegli anni, dice di aver sentito una “sorta di deficit” nel ruolo tradizionale di danzatrice: “Dov’è il confronto? Chi sono io, come persona in questo mondo? Come posso contribuire? Dov’è il mio spazio per farmi sentire?”. Quando un infortunio mette in pausa la sua carriera artistica, Peña passa al disegno industriale, ottenendo una laurea magistrale alla Concordia University. Ora considera “la teoria del design, la materialità, la scultura o la grafica su metallo, e la conoscenza della comunicazione visiva” senz’altro “l’altra metà di me”. In seguito lavora nella moda come stilista e art director. “Non avrei mai pensato di voler fare la coreografa”, confessa. “Pensavo che fosse davvero strano diventare coreografa dopo essere stata danzatrice!”. Quando si dedica a una breve residenza con cinque danzatori, il suo obiettivo è semplicemente quello di indagare se sia possibile “fare spazio ai danzatori in quanto esseri umani” e “a un po’ più di rigore concettuale rispetto al solo rigore tecnico”. Ma, nel mettere insieme quindici minuti di questo lavoro per una rappresentazione, ha un’epifania: “Oh Dio! Il senso della mia vita è questo”. Su questo tortuoso percorso verso la sua passione, riflette di aver “vacillato un po’... Penso che fosse per darmi il tempo di giocare all’interno di questi diversi parametri di corpo e design, e di capire qual è effettivamente la conversazione tra di essi”. Il suo lavoro si occupa delle strutture e della vulnerabilità... “Sistemi sociali – che siano vincoli socio-politici, geografici, materiali: siamo co-
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structures”. With Kubrick’s 2001: A Space Odyssey, it was the notion of artificial intelligence and the theme of compassion that struck her. “That opening scene with the monolith and hominins that figure out how to use an object to kill each other for survival... I think Pink Floyd and 2001: A Space Odyssey have really affected my brain! Also my aesthetics”. ...and visionary choreographer Alonzo King At 17, Peña moved to San Francisco for pre-professional training with Alonzo King LINES Ballet – a period she describes as extremely influential. “Alonzo was somebody who brings a lot of his ethnicity into the work, his cultural heritage as a black person, his spirituality as a person of colour. And he really sees the dance practice as philosophical. That was something that really impacted me... giving space to talk about choreography and the body while, at the same time, to talking about philosophy and the human and the self, intertwined”. She’s “obsessed with notions of hybridity” Her family immigrated back to Canada when Peña was 13 – to Vancouver, then to Quebec in French Canada. She now lives and works in Montreal. “When I’m here I consider myself Latinx. But when I go to Colombia, I’m definitely a Latinx that grew up abroad. So this question of belonging is always in flux... I think now and, as a global whole, a lot of us are so hybrid. There’s so many people who have either moved through displacement, through diaspora, through [being] kids of immigrant parents... I’ve always been very curious about how we empower space for this grey zone in between complex identities”. She’s a polymath who teetered A long-time fascination with “human consciousness and the brain” led Peña to study to be a neurosurgeon, but being in the science world for two years made her realise it was actually “the creative aspect of breaking up a brain” that excited her. Returning to dance, she had a career that included performing with Ballet BC and Ballets Jazz Montréal but, towards the end of those years, she describes feeling a “sort of deficit” in the traditional dancer role: “Where’s the conversation? Who am I, as a person in this world? What can I bring? Where is my space to be heard?”. When injury put her performance career on hold, Peña moved into industrial design, obtaining a Masters from Concordia University. She now describes “design theory, materiality, sculpture, or metal graphic design, understanding visual communication” as “definitely the other half of me”. She subsequently worked in fashion as a stylist and art director. “I never thought I wanted to choreograph – I thought it was super weird to become a choreographer after being a dancer!”, she confesses. When she undertook a short residency with five dancers, her goal was simply to investigate whether she could “make space for the dancers as human beings” and “a bit more conceptual rigour, rather than just technical rigour”. But, in putting together 15 minutes of this work for a sharing, she had a eureka moment: “Oh, my God, this is the meaning of my life”. Of this circuitous route to her passion, she reflects: “I kind of teetered a bit... I think it was giving myself time to play in these different parameters of body and design, and to understand actually, what is the conversation between them”. Her work is concerned with frameworks and vulnerability... “Social systems – be it socio-political, geographic, material constraints: we are constantly as human beings put in a conversation against parameters, or there are
stantemente costretti a confrontarci con dei parametri, o strutture, o aspettative. Sono sempre stata affascinata dal modo in cui l’umano si rivela in quelle negoziazioni con tutti i sistemi che incontriamo nel corso della vita”, spiega. Un altro aspetto chiave della sua pratica, afferma, è la ricerca della vulnerabilità, che sente essere legata al suo background colombiano, in particolare alla sua eredità indigena. “La Colombia”, dice, “ha bisogno di decolonizzare se stessa, anche come Paese latino-americano”. Parla di un fatto della sua storia famigliare a lungo taciuto: “Circa cinque anni fa, io e mia sorella abbiamo iniziato realmente a fare i conti con il fatto che nostro nonno, Miguel, è indigeno. Ma cosa vuol dire? Portiamo dentro di noi questa ‘indigenità’ e credo che l’abbiamo sempre sentita”. Cosa significa però la vulnerabilità nel contesto della performance? “Penso che sia davvero incoraggiante dare agli artisti lo spazio per esistere contemporaneamente nella loro gloria e dis-gloria. [Per] permettere ai danzatori di essere se stessi, il proprio io sessuale, il proprio io ambizioso, il proprio io vulnerabile, o non essere niente, o essere molto, diverse sfaccettature del loro intero io... Penso di stare cercando di dare al pubblico il coraggio di affrontare quelle parti di noi stessi... ancora, con la questione dei sistemi sociali di cui a volte non ci accorgiamo di far parte, o che reprimiamo”. ...e realismo magico La tradizione del realismo magico nella letteratura colombiana, dice Peña, è un’altra importante influenza su come pensa al suo lavoro; non necessariamente in modo tangibile, ma “sono abbastanza ossessionata dall’idea di creare universi. Li chiamo ‘universi’ perché sono composizioni musicali altamente scenografiche. Se torni a quei video dei Pink Floyd, ad esempio, o a 2001: Odissea nello spazio, la direzione artistica è come la creazione di un universo. Con questa nozione di realismo magico, credo di stare davvero cercando, nei miei vari lavori, di creare quelli che chiamo ‘universi alternativi’. E il mio obiettivo è di riflettere con questi universi la nozione di alterità”. Il suo stile di collaborazione è “rizomatico” Peña descrive i suoi collaboratori – la parte “& Artists” di AP&A – come “esseri umani pazzescamente fenomenali”, fondamentali per il processo creativo e fulcro di quello che facciamo. “Lavoriamo davvero in questo spazio molto fluido e collaborativo. Sebbene la direzione visiva, la guida, i termini della negoziazione siano miei, sono gli artisti che attivano il lavoro e gli danno vita. Non eseguono idee, sono continuamente spinti a portare il loro punto di vista nel lavoro. C’è una coscienza collettiva... È come se il collettivo si ‘rizomasse’ – che non è un verbo –, ma insomma ci si trova costantemente in un processo rizomatico!”. Morte, resurrezione e il Barocco latino-americano sono alcune delle preoccupazioni di BOGOTA “Ho iniziato con la morte e la resurrezione”, dice Peña della nuova opera, “chiedendomi quali fossero i cicli di morte e trasformazione che come esseri umani subiamo nel corso della vita, non necessariamente la morte come fine della vita, come ci verrebbe naturale pensare”. Attraverso la ricerca sull’arte del Rinascimento e del Barocco europeo, si imbatte nel Barocco latino-americano o andino, in cui le immagini importate in America Latina attraverso la colonizzazione subivano un processo di ibridazione da parte di artisti indigeni. “Ad esempio, in centro a Bogotá, da dove vengo, c’è questa minuscola chiesa”, dice. “Dentro è tutta oro, super ricca, grottesca, esagerata. E i dipinti, che sono ritratti in
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frameworks, expectations. I’ve always been fascinated in terms of how the human is revealed in those negotiations with all the systems that we encounter in a lifetime”, she explains. Another key aspect of her practice, she says, is a search for vulnerability, which she feels is linked to her Colombian background, specifically her indigenous heritage. “Colombia”, she says, “is in a process of needing to decolonise itself, even as a Latin American country”. She talks about her own unspoken family history: “About five years ago, my sister and I really started sitting with the fact that our grandfather, Miguel, is indigenous. And what does that mean? We carry this ‘indigeneity’ within us that I think we’ve always been aware of”. But what does vulnerability mean in the context of performance? “I think it’s really empowering to give performers the space to kind of exist in their glory and dis- glory all at the same time. [For] dancers [to] be themselves, their sexual selves, their ambitious selves, their vulnerable selves, being nothing, being a lot, like different facets of their wholeness... I think I’m trying to empower the audience to face those parts of themselves – again, with this question of social systems that we sometimes don’t realise we’re in, or that we repress”. ...and magical realism The magical realist tradition in Colombian literature, Peña says, is another important influence on how she thinks about her work – not necessarily tangibly, but “I have this sort of obsession with creating universes. I call them ‘universes’ because they are highly scenographic musical scores. Like, if you go back to these videos of Pink Floyd or 2001: A Space Odyssey, the art direction in them is like the crafting of a universe. In the different works that I do, I think I’m really searching, through this notion of magical realism, to create what I call ‘alternative universes’. And my goal is, through these universes, to reflect the notion of otherness”. Her collaboration style is “rhizomatic” Peña describes her collaborators – the “& Artists” part of AP&A – as “insanely phenomenal human beings” who are critical to the creative process and the core of what we do. “We really work in this very fluid and collaborative space. Although the visual direction, the guidance, the frames of negotiation are mine, the artists activate the work and they bring it to life. They’re not executing ideas, they’re being challenged to bring their point of view constantly to the work. There’s a collective consciousness... It’s like the collective is ‘rhizoming’ – that’s not a verb, but it’s in a rhizomatic process constantly!”. Death, resurrection and the Latin American Baroque are some of the preoccupations of BOGOTA “I started with death and resurrection”, says Peña of the new piece, “asking myself what are the cycles of death and transformation that we undergo as human beings within a lifetime, not necessarily death as the end of life as we would traditionally think”. Through research into art of the Renaissance and the European Baroque period, she stumbled upon the Latin American or Andean Baroque genre, in which imagery imported to Latin America through colonisation was hybridised by indigenous artists. “For example, in Bogotá, where I’m from, you have this teeny church downtown”, she says. “All of it is gold on the inside, super rich, like so grotesque, so exaggerated. And the paintings, which are Baroque-style paintings of religious figures, they’re actually portrayed in the Amazon forest. So [there are] these tensions where paint-
stile barocco di figure religiose, hanno in realtà come sfondo la foresta amazzonica. Quindi [ci sono] queste tensioni in cui i pittori prendono la nostra terra – l’Amazzonia – e poi ibridano o sovvertono l’immagine”. Continua: “Ma quindi cosa significano queste cose per noi oggi? Come possiamo oggi trovare posto in queste tematiche? E cosa significa sottomettere queste immagini a un processo di queering? Cosa significa re-immaginare dei corpi queer nei quadri barocchi? Cosa significa sottoporre a queering il simbolismo religioso?”. Quando uno dei suoi collaboratori canadesi manifesta il suo disagio per la prolungata concentrazione sul tema della morte, Peña si rende conto della differenza di prossimità a tali questioni nel Paese in cui è nata: “La Colombia è un Paese che ha attraversato così tante morti e trasformazioni. La storia della morte nel nostro Paese è enorme, dal colonialismo alle guerre interne. Mi sono resa conto che noi, come popolo colombiano, viviamo con la morte, che è tutto il tempo con noi, semplicemente parte della vita... è una cosa [con cui] abbiamo imparato a coesistere e convivere”. Le interessa quindi considerare, da una prospettiva contemporanea e postcoloniale, se questa vicinanza con la morte consenta anche una vicinanza con la gioia. “Vediamo che c’è uno spirito di resistenza intorno alle nozioni di morte? Che in Colombia c’è questo bellissimo spirito celebrativo di resilienza nato dalla storia del Paese – cose che ci rendono umani, ci rendono vulnerabili”. Chiaramente emozionata, fa una pausa per riprendere fiato, poi aggiunge: “Sì, ci sono molte cose da dire”. Non vediamo l’ora di continuare la conversazione a Venezia!
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ers would take land that is ours – the Amazon – and then hybridise or subvert the image”. She continues: “Well, what do these things mean to us today? How can we situate ourselves today in those questions? And also what does it mean to queer this imagery? What does it mean to re-imagine queer bodies in Baroque paintings? What does it mean to queer the religious symbolism?”. When one of her Canadian collaborators pointed out a discomfort in prolonged engagement with questions of death, Peña realised how proximity to such issues is different in the country of her birth: “Colombia is a country that has gone through so much death and transformation. The history of death in our country is massive, from colonialism to internal wars. I realised that as Colombian people, we live with death, right here all the time, it’s just part of life... it’s a thing that we’ve learned to coexist and cohabit [with]”. She was interested, then, to consider from a contemporary, postcolonial perspective whether this proximity with death allows also a proximity with joy. “Do we see that there is a spirit of resistance around notions of death? How in Colombia there’s this beautiful celebratory spirit of resilience that has been born from a country’s history – things that make us human, make us vulnerable”. Clearly excited, she pauses for breath, then adds: “Yeah, there’s many things to be said”. We can’t wait to continue the conversation in Venice!
17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea 17th International Festival of Contemporary Dance
Programma / Programme
Simone Forti LEONE D’ORO ALLA CARRIERA / GOLDEN LION FOR LIFETIME ACHIEVEMENT 82 83 Simone Forti Leone d’Oro alla carriera | Golden Lion for Lifetime Achievement
“Innovatrice in molteplici mezzi espressivi ed esperta nelle improvvisazioni di danza, nella sua arte Simone Forti ha spesso combinato elementi di movimento, suono e oggetti in nuove e sorprendenti articolazioni ibride. Il suo lavoro ha avuto un’influenza determinante sullo sviluppo della danza postmoderna e ha aperto la strada al minimalismo”
“An innovator in multiple media and expert dance improviser, Simone Forti’s art has often combined elements of movement, sound, and objects into new and surprising hybrid articulations – work that has been as influential in the development of postmodern dance as it has been revelatory to minimalism” Wayne McGregor
Collaborations Simone Forti
In una dinamica collaborazione con il Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles (MOCA), la Biennale Danza 2023 presenta l’inaugurazione europea di Simone Forti, la prima mostra volta a esplorare in profondità la monumentale attività della visionaria artista e Leone d’Oro alla carriera. Forti è forse più nota come coreografa, ruolo che la mostra mette in evidenza attraverso l’esecuzione delle sue rivoluzionarie Dance Constructions, con un cast di artisti e creativi della Biennale 84 85 Collaborations | Simone Forti & MOCA | Exhibition
College Danza. Al tempo stesso, Simone Forti può essere considerata in modo più ampio come un’artista che lavora con il movimento. Guardando oltre le Dance Constructions, la mostra illustra l’ampiezza e la profondità della sua pratica dagli anni Sessanta ai giorni nostri. In a dynamic collaboration with The Museum of Contemporary Art, Los Angeles (MOCA), Biennale Danza 2023 presents the European opening of Simone Forti, the first in-depth exhibition to explore the monumental career of the visionary artist and our Golden Lion for Lifetime Achievement. Forti is perhaps best known as a choreographer, and the exhibition includes performances of her ground-breaking Dance Constructions, featuring a cast of Biennale College Danza artists and creatives. At the same time, she can more expansively be understood as an artist who works with movement. Looking beyond the Dance Constructions, this exhibition elucidates the breadth and depth of Simone Forti’s astonishing practice from the 1960s through to the present day.
MO Exhibition
86 87 Collaborations | Simone Forti & MOCA | Exhibition
OCA Simone Forti esplora l’enorme influenza della carriera lunga sessant’anni di un’artista visionaria. Simone Forti explores the enormously influential six-decade career of a visionary artist.
Ampiamente celebrata come coreografa e danzatrice, Simone Forti (nata a Firenze nel 1935) è un’artista del movimento, i cui strumenti sono il proprio corpo insieme ad altri materiali e media. La mostra considera i molti modi in cui l’artista affronta il movimento attraverso la scultura, il disegno, il video e la performance. Dopo aver studiato improvvisazione con Anna Halprin nella San Francisco Bay Area negli anni Cinquanta, Forti si sposta a New York dove entra a far parte di un circolo artistico d’avanguardia che include Trisha Brown, Yvonne Rainer e Steve Paxton. È della primavera del 1960 la prima esecuzione di Dance Constructions, punto cardine per lo sviluppo della danza 88 89 Collaborations | Simone Forti & MOCA | Exhibition
postmoderna e del dialogo fra arte visiva e danza contemporanea. Simone Forti ripercorre il lavoro dell’artista a partire da quel momento cruciale attraverso numerosi progetti e collaborazioni, fra cui performance dal vivo e relativa documentazione, disegni, fotografie, poster e altri ephemera selezionati dai suoi archivi. Abbracciando sei decenni, questi lavori rivelano l’approccio sempre curioso, tattile e generoso di Forti alla creazione artistica, la sua celebrazione dell’elasticità del corpo e la sua dedizione alle possibilità del movimento senza restrizioni.
Simone Forti Sea Lions Sunning Fullness of Throat Sensuous Quality (Animal Study), 1968
90 91 Collaborations | Simone Forti & MOCA | Exhibition
Matita su carta / Pencil on paper, 27,94 × 21,59 cm. Courtesy of The Box, Los Angeles
Widely celebrated as a choreographer and dancer, Simone Forti (born in Florence in 1935) is an artist who works with movement, using her own body as well as other materials and media. The exhibition considers the many ways in which the artist addresses movement through sculpture, drawing, video and performance. After studying improvisation with Anna Halprin in the San Francisco Bay Area in the 1950s, Forti became part of an avantgarde artistic circle in New York that included Trisha Brown, Yvonne Rainer and Steve Paxton. In the spring of 1960, she premiered her Dance Constructions – works that have been critical to the development of postmodern dance and helped to reframe the dialogue between visual art and contemporary dance. Simone Forti traces the artist’s work from this pivotal moment through numerous projects and collaborations including live performance and performance documentation, drawings, photographs and posters and other ephemera from her archives. Altogether, these works over the last six decades reveal Forti’s consistently inquisitive, tactile, generous approach to artmaking, her celebration of the elasticity of the body and her dedication to the possibilities of untethered movement.
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Simone Forti Fotogramma da / Still from Zuma News, LA, 2013 Video (colore e suono / colour and sound), 12’36”. Da / From NONFICTIONS – Gorbachev Lives / Zuma News / Questions. Un lavoro congiunto di / A joint work by Jeremiah Day, Simone Forti, Fred Dewey. Courtesy of The Box, Los Angeles
Vista dell’allestimento di Simone Forti (15 gennaio - 2 aprile 2023), presso il MOCA Grand Avenue Set-up view of Simone Forti (15 January - 2 April 2023), at MOCA Grand Avenue Courtesy of The Museum of Contemporary Art (MOCA). Photo by Jeff McLane
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Simone Forti Bug Jump, 1975-1978 Ologramma multiplex di 120° / 120-degree multiplex hologram, 144 × 51 × 33 cm. Courtesy of The Box, Los Angeles
SIMONE FORTI
organizzata dai curatori associati / organised by associate curators Rebecca Lowery Alex Sloane con il curatore ospite / with guest curator Jason Underhill The Museum of Contemporary Art, Los Angeles
14.07, 15.07, 21.07, 22.07.2023 > H 11.00-20.00 16.07, 18-20.07, 23.07, 25-27.07.2023 > H 11.00-19.00 28.07, 29.07.2023 > H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E
SIMONE FORTI 98 99 Collaborations | Simone Forti & MOCA | Exhibition
Simone Forti ripercorre i sessant’anni del rivoluzionario lavoro dell’artista, a partire dal 1960 con una selezione delle sue fondamentali Dance Constructions, che hanno riformulato per sempre il rapporto fra danza contemporanea e arte visiva, e che sono eseguite dal vivo negli spazi dell’Arsenale a intervalli regolari. Oltre alla performance dal vivo, la mostra comprende anche fotografie, video, disegni e materiali provenienti dai vasti archivi di Simone Forti, tutti diversi modi in cui l’artista ha esplorato il movimento. La fascinazione e l’empatia per gli animali, che durano da una vita, sono evidenti dai suoi disegni di Animal Studies e da video e fotografie in cui incorpora questi studi nel proprio movimento; l’impegno verso l’attualità si riscontra invece nelle performance e nei disegni di News Animations a partire dagli anni Ottanta; e il suo spirito di cooperazione – incarnato in progetti con collaboratori come Peter Van Riper, Charlemagne Palestine e Lloyd Cross – è immortalato in una varietà di media. Simone Forti charts the artist’s ground-breaking work across 60 years, beginning in 1960 with a selection of her influential Dance Constructions, which forever reframed the relationship between contemporary dance and visual art, and which are performed live in the Arsenale venue on a regular schedule. Beyond the live performance, the exhibition also comprises photography, video, drawing and material from Forti’s extensive archives, all of which explore movement in different ways. Forti’s lifelong fascination with and empathy for animals is revealed in her Animal Studies drawings and in videos and photographs where she incorporates these studies into her own movement; her engagement with the push and pull of current events beginning in the 1980s is revealed in her News Animations performances and drawings; and her spirit of community – embodied in projects with collaborators such as Peter Van Riper, Charlemagne Palestine and Lloyd Cross – is captured in a variety of media.
Simone Forti Nata a Firenze nel 1935, vive e lavora a Los Angeles, dove è emigrata nel 1939 per sfuggire alle leggi razziali dell’Italia fascista. Si avvia alla carriera di danzatrice negli anni Cinquanta, quando frequenta il San Francisco Dancers’ Workshop di Anna Halprin, sperimentando un nuovo metodo di lavoro incentrato sull’improvvisazione. Nel 1959 si trasferisce a New York e studia con Robert Ellis Dunn, che la introduce al lavoro di John Cage presso il Merce Cunningham Studio. Debutta come coreografa nel 1960 con See-Saw e Rollers e, nel 1961, Five Dance Constructions & Some Other Things. Dal 1968 al 1970 vive a Roma, dove presenta le sue Dance Constructions alla galleria L’Attico e partecipa al festival Danza volo musica dinamite. Tornata negli Stati Uniti negli anni Ottanta e Novanta, fonda il gruppo Simone Forti and Troupe e lavora con l’artista Nam June Paik. Artista totale, Forti ha esteso la sua pratica dal disegno al cinema, dal video alla fotografia, dall’installazione alla scrittura. I suoi lavori e le sue performance sono stati presentati presso: MoMA, Guggenheim, Whitney
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Museum of American Art, MoMA PS1 (New York); Hammer, Getty Museum, MOCA (Los Angeles); San Francisco Museum of Modern Art; Centre Pompidou, Musée du Louvre, Fondation Cartier pour l’art contemporain (Parigi); Carré d’art (Nîmes); Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (Madrid); Kunsthaus (Zurigo); MAMCO (Ginevra); Kunsthalle (Basilea); Hayward Gallery (Londra); Castello di Rivoli (Torino); Centro Pecci (Prato); ICA Milano; L’Attico (Roma); Stedelijk Museum (Amsterdam), e in molte altre istituzioni. Born in Florence in 1935, she lives and works in Los Angeles, where she emigrated from Italy in 1939 to escape fascist, anti-Semitic persecution. Her career as a dancer began in the 1950s when she took part in Anna Halprin’s San Francisco Dancers’ Workshop, experimenting with a new working method based on improvisation. In 1959, she moved to New York and studied with Robert Ellis Dunn, who introduced her to the work of John Cage at the Merce Cunningham Studio. She made her debut as a choreographer in 1960 with See-Saw and Rollers
and, in 1961, Five Dance Constructions & Some Other Things. From 1968 to 1970 she lived in Rome, where she showed her Dance Constructions at L’Attico gallery and took part in the festival Danza volo musica dinamite. Back in the United States during the 1980s and 1990s, she founded the group Simone Forti and Troupe, and worked with artist Nam June Paik. A total artist, Forti has dedicated herself to drawing, film and video, photography, installation art and writing. Her works and performances have been shown at MoMA, Guggenheim, Whitney Museum of American Art, MoMA PS1 (New York); Hammer, Getty Museum, MOCA (Los Angeles); San Francisco Museum of Modern Art; Centre Pompidou, Musée du Louvre, Fondation Cartier pour l’art contemporain (Paris); Carré d’art (Nîmes); Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (Madrid); Kunsthaus (Zurich); MAMCO (Geneva); Kunsthalle (Basel); Hayward Gallery (London); Castello di Rivoli (Turin); Centro Pecci (Prato); ICA Milano (Milan); L’Attico (Rome); Stedelijk Museum (Amsterdam), among many others.
TAO Dance Theater LEONE D’ARGENTO / SILVER LION 102 103 TAO Dance Theater Leone d’Argento | Silver Lion
“La fiducia di TAO Dance Theater nel puro potere del movimento, con tutto il suo potenziale ed espressività latenti, e la sua sottigliezza, eleganza, idiosincrasia, limitazione e restrizione ci impone di guardare e guardare ancora, per imparare la sintassi nascosta e riuscire davvero a ‘vedere’, come se sentissimo il nostro corpo per la prima volta e per la prima volta iniziassimo a danzare”
“It is TAO Dance Theater’s confidence in the power of movement alone, with all its latent potential and expressivity, its nuance, elegance, idiosyncrasy, limitation and restriction that demands of us to watch and watch again – to learn the hidden syntax and to really ‘see’ as if experiencing bodies and indeed dancing for the very first time” Wayne McGregor
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11 2021 – 60’ prima italiana / Italian premiere coreografia / choreography Tao Ye composizione musicale / music composition Xiao He luci / lighting design Ma Yue Tao Ye costumi / costume design Duan Ni realizzazione costumi / costume tailoring DNTY danzatori / dancers Huang Qiqi Yan Yulin Xu Fujin Tong Yusheng Li Siyu Liu Yiren Sun Leirui Wu Zhenkai Li Jiayu Cheng Leting Wan Lu
direzione artistica / artistic direction Tao Ye Duan Ni gestione compagnia / company management Wang Hao direzione prove / rehearsal direction Huang Qiqi direzione tecnica / technical direction Ma Yue produzione e direzione progettuale / production and project direction Jun Jun
28.07.2023 > H 20.00 Teatro Malibran
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coordinamento esecutivo / executive coordination Tai Yuanxu direzione visuale / visual direction Fan Xi DNTY managing direction Ning He coordinamento tournée / tour coordination Jun Jun Tai Yuanxu in collaborazione con / in collaboration with Fondazione Teatro La Fenice
Perché il corpo si muove? Il movimento avviene spontaneamente o è attivato da una forza esterna? Quali confini usiamo per definire noi stessi? 11 è l’undicesimo capitolo di Numerical Series. Il titolo rappresenta sia il numero “11” sia due “1” separati e indipendenti. Il suo significato non può essere reso a parole. Può solo essere percepito attraverso gli occhi di ciascun spettatore e collegato a ciò che ciascuno sente il bisogno di esprimere. In 11, i danzatori seguono una regola che è allo stesso tempo liberatoria e limitante: i movimenti della parte inferiore del corpo sono rigorosamente coreografati, mentre quelli della parte superiore sono completamente improvvisati. Come si raggiunge l’equilibrio tra natura dell’individuo e disciplina di gruppo? 11 opera su una comprensione più profonda delle meccaniche della singolarità e del punto d’origine della libertà. Undici ballerini si muovono in un caleidoscopio di colori, facendo propria l’armonia creata dalle loro differenze. Why does the body move? Does movement occur spontaneously or is it activated by an outside force? What boundaries do we use to define ourselves? 11 is the 11th instalment in Numerical Series. The title stands for both the number “11” and for two separate, independent “1s”. Its meaning cannot be put into words. It can only be perceived through the eyes of each viewer and connect with what it is they need to express. In 11, the dancers comply with a rule that is at once freeing and limiting: the movements of their lower body are strictly choreographed, but those of the upper body are completely improvised. How do we find the balance between the nature of the individual and the order of the group? 11 operates on a deeper understanding of what constitutes singularity and of where freedom comes from. Eleven dancers move in a kaleidoscope of colour, embracing the harmony created by their differences.
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13 2023 – 30’ prima europea / European premiere coreografia / choreography Tao Ye composizione musicale / music composition Xiao He luci / lighting design Ma Yue Tao Ye costumi / costume design Duan Ni realizzazione costumi / costume tailoring DNTY danzatori / dancers Huang Qiqi Yan Yulin Xu Fujin Tong Yusheng Li Siyu Liu Yiren Sun Leirui Wu Zhenkai Li Jiayu Cheng Leting Wan Lu Lu Wenchao Xing Jinhang
direzione artistica / artistic direction Tao Ye Duan Ni gestione compagnia / company management Wang Hao direzione prove / rehearsal direction Huang Qiqi direzione tecnica / technical direction Ma Yue produzione e direzione progettuale / production and project direction Jun Jun
29.07.2023 > H 20.00 Teatro Malibran
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coordinamento esecutivo / executive coordination Tai Yuanxu direzione visuale / visual direction Fan Xi DNTY managing direction Ning He coordinamento tournée / tour coordination Jun Jun Tai Yuanxu in collaborazione con / in collaboration with Fondazione Teatro La Fenice
13 è il dodicesimo capitolo di Numerical Series. Questo lavoro utilizza il concetto della Trinità in correlazione al numero “13”, con tre tipi di interazione e connessione corporea: assoli, duetti e danze d’insieme. I danzatori partono uniti in un tutto omogeneo, e poi gradualmente si scindono in forme diverse. I continui cambiamenti nella sequenza coreutica aprono un mondo fisico complesso: la messa in opera di impatto, estrusione, fusione e caduta, rimbalzo, trazione e altri infiniti fenomeni. Attraverso ritmi lenti, medi e veloci, i corpi si trasformano in acqua, montagne, rocce e ogni altra cosa. Questo è il momento in cui il corpo mette in scena i capricci dell’immaginazione. I concetti di una, due e più dimensioni danno forma a una regola. In questa creazione, il coreografo ha coltivato i tre cambiamenti di corpo, spazio e tempo per formare un insieme caotico. La coreografia utilizza concetti rigorosi e aperti per rispondere ai diversi stati di concretezza e impermanenza del presente. 13 is the twelfth instalment of Numerical Series. This work uses the concept of the Trinity to correspond to the number “13”, including three types of body interaction and connection: solos, duets and group dances. In the work, dancers are connected into a whole, and then gradually fission into different forms. The continuous changes in the dance sequence open up a complex physical world: the realisation of impact, extrusion, fusion, and falling, rebound, pull and other infinite phenomena. Through slow, medium and fast rhythms, the bodies are transformed into water, mountains, rocks and all things. At this time, the body demonstrates the vagaries of imagination. The concepts of one, two and multiple dimensions form a rule. In this creation, the choreographer cultivated the three changes of body, space and time to form a chaotic whole. Rigorous and open concepts are used in the choreography to respond to the different states of the present concrete and impermanent.
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14 2023 – 30’ prima europea / European premiere coreografia e ideazione del suono / choreography and sound concept Tao Ye luci / lighting design Ma Yue Tao Ye costumi / costume design Duan Ni danzatori / dancers Huang Qiqi Yan Yulin Xu Fujin Tong Yusheng Li Siyu Liu Yiren Sun Leirui Wu Zhenkai Li Jiayu Cheng Leting Wan Lu Lu Wenchao Liu Liyuan Zhang Zhuoyao
direzione artistica / artistic direction Tao Ye Duan Ni gestione compagnia / company management Wang Hao direzione prove / rehearsal direction Huang Qiqi direzione tecnica / technical direction Ma Yue produzione e direzione progettuale / production and project direction Jun Jun
29.07.2023 > H 20.00 Teatro Malibran
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coordinamento esecutivo / executive coordination Tai Yuanxu direzione visuale / visual direction Fan Xi DNTY managing direction Ning He coordinamento tournée / tour coordination Jun Jun Tai Yuanxu in collaborazione con / in collaboration with Fondazione Teatro La Fenice
Il ritmo è il tessuto connettivo della vita. 14, il tredicesimo capitolo di Numerical Series, è un’esplorazione del ritmo e del cambiamento. Quali sfide presentare al nuovo assetto del corpo? Questa volta, Tao Ye rompe il precedente metodo creativo dei cicli ripetuti ed esplora le potenzialità spaziotemporali tra azione e stasi attraverso la proteiforme orditura del movimento. In quest’opera, la musica adotta audacemente un temperamento unico, minimalista e bilanciato, e fa coincidere la progressione della lancetta delle ore con le complesse dinamiche del corpo che danza. Attraverso la relazione audiovisiva della sottrazione, il “Circular Movement System” (tecnica corporea di TAO Dance Theater) viene dilatato fino ai limiti estremi. I tagli e le piegature di punti, linee e piani nello spazio, l’agitazione e l’oscillazione con il controllo del peso, fanno tornare l’opera al puro movimento del corpo, e tutte le possibilità si dispiegano in un ritmo mutevole e immutato. Rhythm is the linkage of all life. 14, the thirteenth instalment of Numerical Series, is about the exploration of rhythm and change. How to challenge the new context of the body? This time, Tao Ye breaks the previous creative method of repeated cycles, and uses the ever-changing texture of movement to explore the space-time possibility between movement and stillness. The music of this work boldly adopts a single, minimalist, well-balanced temperament, and uses the progressive method of the hour hand to correspond to the complex dynamics of the body in dance. Through the audio-visual relationship of less is more, the “Circular Movement System” (body technique of TAO Dance Theater) is expanded to the ultimate. The cuttings and foldings of points, lines and planes in the space, the agitation and swing with the control of weight, make the work return to pure body movement again, and all possibilities unfold in a changing and unchanged rhythm.
Tao Ye Nato a Chongqing, Cina, si è diplomato alla Chongqing Dance School. Dopo aver danzato con lo Shanghai Army Song and Dance Ensemble, entra a far parte, sempre a Shanghai, dello Jin Xing Dance Theatre, per poi trasferirsi a Pechino e unirsi alla Beijing Modern Dance Company. Nel 2008, all’età di ventitré anni, fonda TAO Dance Theater. Le sue opere principali includono Weight × 3, 4, 5, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 e 14. Ispirato dal pensiero orientale, sviluppa il “Circular Movement System” in combinazione con il proprio stile di danza, sistema che ottiene una considerevole reputazione internazionale. All’età di ventisette anni è invitato a esibirsi al Lincoln Center Festival di New York. Nel 2012, la rivista asiatica “Men’s UNO” gli conferisce l’Elegance Award per la leadership culturale. Dal 2011 al 2013 è membro del programma Sadler’s Wells New Wave Associates. Il “Beijing News” lo premia con l’Innovator
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Award 2013 per la danza e, due anni dopo, con l’Emerging Artist Award. Ha preso parte a molte collaborazioni interdisciplinari, dal cinema al teatro, dalla moda al video alla fotografia. La coreografia di Tao Ye presenta uno stile minimalista incentrato sulla ripetizione e la restrizione. Ha ricevuto lodi per le sue concezioni “decisamente all’avanguardia”, che generano un impatto radicale sui danzatori e sul pubblico. Born in Chongqing, China, he is a graduate of the Chongqing Dance School. After dancing with the Shanghai Army Song and Dance Ensemble, he joined Shanghai-based Jin Xing Dance Theatre, and later moved to Beijing to join the Beijing Modern Dance Company. In 2008, at the age of 23, he founded TAO Dance Theater. His main works include Weight × 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 13 and 14. Inspired by Asian thought,
he developed the “Circular Movement System” in combination with his own style of dance. This system has developed a distinguished reputation internationally. At the age of 27, he was invited to perform at the Lincoln Center Festival in New York. In 2012, Asia’s Men’s UNO magazine awarded him the 2012 Elegance Award for cultural leadership. He was a member of the Sadler’s Wells New Wave Associates programme from 2011 to 2013. The Beijing News awarded him the 2013 Innovator Award for Dance and, two years later, the 2015 Emerging Artist Award. He has been involved in many cross-disciplinary collaborations, in fields such as film, theatre, fashion design, video and photography. Tao Ye’s choreography is minimalistic in style, with a focus on repetition and restriction. His concepts were acclaimed “definitely on the cutting edge”, and are very challenging for dancers and spectators.
Duan Ni Nata a Xi’an, Cina, si diploma presso lo Shaanxi Art College e continua i suoi studi presso il Modern Dance Choreography Department della Beijing Dance Academy (sede del Guangdong). Qui studia con Madame Yang Meiqi, pioniera dell’insegnamento della danza e direttrice e fondatrice della Guangdong Modern Dance Company, la prima compagnia di danza moderna in Cina. Durante questo periodo, Duan Ni riceve una borsa di studio dell’Asian Cultural Council che le permette di partecipare a un programma di scambio all’American Dance Festival. Duan Ni ha danzato con lo Jin Xing Dance Theatre di Shanghai, la Akram Khan Company di Londra e la Shen Wei Dance Arts di New York. Nel 2008 ha contribuito a fondare TAO Dance Theater, di cui è danzatrice e direttrice artistica. Prima danzatrice moderna cinese invitata a esibirsi con compagnie internazionali,
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accoglie stili e idee con l’interezza del proprio corpo, e sviluppa i tratti distintivi del proprio linguaggio corporeo combinando con flessibilità e resilienza, purezza e apertura la ricca esperienza in Cina e oltreoceano. Duan Ni si è esibita al Lincoln Center con tre diverse compagnie, ricevendo lodi dai critici del “New York Times”, che l’hanno definita “straordinaria”, “formidabile” e dotata di “estremo controllo atletico”. Born in Xi’an, China, she graduated from Shaanxi Art College and continued her study at the Modern Dance Choreography Department of Beijing Dance Academy (Guangdong branch). There, she studied under dance education pioneer Madame Yang Meiqi – the founding Director of Guangdong Modern Dance Company, the first modern dance company in China. During this time, Duan Ni received an Asian Cultural Council Scholarship to
support her participation in an exchange program at the American Dance Festival. Duan Ni has danced with Shanghai Jin Xing Dance Theatre, Akram Khan Company in London and Shen Wei Dance Arts in New York. In 2008, she joined TAO Dance Theater as a founding dancer and Artistic Director of the company. As the first Chinese modern dance performer invited to dance with international dance companies, she has embraced the ideas and styles with her body’s inclusiveness, and formed her own body language and traits, which combine flexibility and resilience, pureness and openness with her rich experience in China and overseas. Duan Ni has performed at Lincoln Center with three different dance companies. Each time, she was singled out by The New York Times, lauded by critics as “extraordinary”, “formidable” and possessing “extreme athletic control”.
Wang Hao Nata nello Hubei, Cina, si diploma alla School of Dance della Minzu University of China. Dopo aver danzato con la Beijing Modern Dance Company, nel 2008 entra a far parte di TAO Dance Theater come danzatrice co-fondatrice. Nel 2013 diventa assistente del direttore artistico, occupandosi di questioni amministrative. Nel 2014 è responsabile progettuale e inizia a seguire tutti i progetti nazionali e internazionali, fino a diventare responsabile della compagnia nel 2015. I suoi riconoscimenti includono il primo premio alla sesta Beijing Dance Competition
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(1998), il primo premio all’ottava Beijing Dance Competition e il terzo premio alla settima Annual China National Dance Competition (entrambe del 2003), e il secondo premio alla nona Beijing Dance Competition (2005). Born in Hubei, China, she graduated from the School of Dance at Minzu University of China. She danced with Beijing Modern Dance Company, and in 2008 joined TAO Dance Theater as a founding dancer. In 2013, she became the Assistant of the Artistic Director of the company,
dealing with administrative works. In 2014, she became the Project Director and began to take over all the international and national projects, going on to become Company Manager in 2015. Her awards include first prize in the 6th Beijing Dance Competition (1998), first prize in the 8th Beijing Dance Competition and third prize in the 7th Annual China National Dance Competition (both 2003), and second prize in the 9th Beijing Dance Competition (2005).
TAO Dance Theater Fondata a Pechino nel 2008 da Tao Ye, Duan Ni e Wang Hao, è la prima compagnia di danza contemporanea cinese invitata a esibirsi al Lincoln Center Festival di New York, all’Edinburgh International Festival, alla Sydney Opera House e al Théâtre de la Ville di Parigi. In qualità di artista residente, la compagnia si è esibita anche all’American Dance Festival e al Sadler’s Wells. La sua Numerical Series è stata presentata in tournée in tutto il mondo, in più di quaranta Paesi e oltre cento festival. Insieme a Non-Numerical Series è stata eseguita tra le rovine di un’arena romana e alla Settimana della moda di Parigi, all’ArtScience Museum di Singapore, all’Aranya Theatre, alla Jaguar Shanghai Symphony Orchestra Hall e alla Beijing Design Week di Pechino. Nel 2019, TAO Dance Theater ha prodotto Exchange con Cloud Gate, portandola in tournée in tutta la Cina. Nel 2021, il video di Infinite Walking è rimasto nella lista delle ricerche più frequenti su TikTok per diverse settimane di fila, con quasi cinquecento milioni di visite e decine di migliaia di persone che ne
imitavano il “body-free-walking style”. “Time Out New York” ha inserito le perfomance della compagnia tra i dieci migliori spettacoli di danza del 2014. Ancora nel 2021, TAO Dance Theater ha creato DNTY e TAO Studio. Il primo ha introdotto il concetto “l’abito deve seguire il corpo”, esplorando abbigliamento, musica, danza e immagine. Il secondo ha lanciato il “Circular Movement System”, incoraggiando le persone a sentire, sperimentare ed esplorare le infinite possibilità del corpo come un caleidoscopio. Founded in Beijing in 2008 by Tao Ye, Duan Ni and Wang Hao, it is the first contemporary dance company in China to be invited to perform at the Lincoln Center Festival in New York, Edinburgh International Festival, Sydney Opera House and Théâtre de la Ville in Paris. It has also performed at the American Dance Festival as Resident Artist, and at Sadler’s Wells. The company’s Numerical Series has toured all over the world, in more than 40 countries and at over 100 festivals. Along with Non-Numerical Series
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it has been performed in the ruins of a Roman arena and at Paris Fashion Week, the ArtScience Museum in Singapore, the Aranya Theatre, the Jaguar Shanghai Symphony Orchestra Hall and Beijing Design Week. In 2019, TAO Dance Theater jointly produced Exchange with Cloud Gate, touring China. In 2021, the company’s Infinite Walking was listed on the TikTok hot search list for several weeks in a row, with tens of thousands imitating the body-free-walking style, and nearly 500 million video plays. Time Out New York named the company’s performances among the ten best dance shows of 2014. Also in 2021, TAO Dance Theater established DNTY and TAO Studio. The former introduced the concept that “clothes should follow the body”, exploring clothing, music, dance and image. The latter launched the “Circular Movement System”, encouraging people to feel, experience and explore the infinite possibility that the body is like a kaleidoscope.
Come si collega al vostro lavoro il concetto di “altered states”?
Il concetto di “altered states” è costante e continuo. Può fare riferimento in generale a tutte le cose (intorno a noi), che è esattamente ciò che il corpo affronta e a cui risponde in ogni momento. Tao Ye & Duan Ni
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Tao Ye & Duan Ni
How does the concept of “altered states” speak to your work?
The concept of altered states is constant and continuous. It can refer generally to all things (around us), which is precisely what the body is facing and responding to at all times.
Potete dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella vostra pratica artistica?
Danziamo senza specchi, il che ci garantisce un’importante consapevolezza che noi chiamiamo “visione di sé” (ispezione interna e visione esterna). Ciò ci connette al mondo esterno attraverso la percezione di occhi, orecchie, bocca, naso, corpo, mente e tempo. Non c’è bisogno di uno specchio per rifrangere o percepire l’esistenza, ma usiamo il nostro corpo come uno specchio per osservare la connessione tra ogni cosa. Tao Ye & Duan Ni
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Tao Ye & Duan Ni
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
We dance without mirrors, which grants us an important awareness we call “self-viewing” (internal inspection and external vision) that connects us to the outside world through the perception of eyes, ears, mouth, nose, body, mind and time. You don’t need a mirror to refract or perceive existence; instead, we use our body as a mirror to observe the connection between everything.
Altered States un’immagine / an image
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Acosta Danza 130 131 Acosta Danza
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AJIA L’“ajiaco” è una zuppa tradizionale cubana, preparata con una miscela di diversi ingredienti: spezie, carne e verdure. Il titolo Ajiaco è stato scelto per rispecchiare l’eclettismo e la diversità dei coreografi presenti in questa serie di opere. “Ajiaco” is a traditional Cuban soup, made with a blend of different ingredients: vegetables, spices and meat. The title Ajiaco has been chosen to reflect the eclecticism and diversity of the choreographers featured in this suite of works.
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ACO PERFORMANCE di / by Micaela Taylor FAUN (DUET) di / by Sidi Larbi Cherkaoui 98 DÍAS di / by Javier de Frutos DE PUNTA A CABO di / by Alexis Fernández & Yaday Ponce
AJIACO
La compagnia è stata fondata da Carlos Acosta nel 2015 per riunire e far maturare i giovani talenti creativi emergenti della danza cubana. La filosofia di Acosta Danza è di formare danzatori in grado di fondere senza sforzo il classico con il contemporaneo, attingendo alle ricche influenze della musica e della danza cubane, creando un repertorio stimolante e suggestivo che si spinge oltre i confini convenzionali. La compagnia ha già avuto la fortuna di lavorare con alcuni dei coreografi più importanti al mondo e incoraggia i propri membri, con grande successo, a proporre e sviluppare nuove coreografie. Acosta Danza ha debuttato al Gran Teatro de La Habana Alicia Alonso di Cuba nell’aprile 2016, e da allora si è esibita in tournée in Europa, Asia, Medio Oriente, Russia e negli Stati Uniti, con grande successo di critica. La compagnia è estremamente
grata al suo sponsor fondatore, Aud Jebsen, per il continuo e incrollabile supporto lungo il suo percorso fino a oggi, così come a Sir Simon Robey, alla Oak Foundation e ad Alan Howard per il loro sostegno. Con il generoso supporto di Aline Foriel-Destezet, Acosta Danza è inoltre orgogliosa di essere stata scelta come International Associate Company del Sadler’s Wells. The company was created by Carlos Acosta in 2015 to harness and develop the young creative dance talent emerging from Cuba. The ethos of Acosta Danza is to train dancers who can combine both classical and contemporary genres effortlessly, imbibed with Cuba’s rich musical and dance influences, to create repertoire that is exciting and stimulating, and pushes conventional boundaries. The company has already been fortunate enough to work with
some of the world’s leading choreographers, and also encourages the emergence and development of new choreography from among its own members, to great success. Acosta Danza performed for the first time at the Gran Teatro de La Habana Alicia Alonso, Cuba in April 2016, and has since performed in Europe, Asia, the Middle East, Russia and the United States to great critical acclaim. The company is extremely grateful to its founder sponsor, Aud Jebsen, for her continuous and unwavering support throughout its journey to date, as well as Sir Simon Robey, the Oak Foundation and Alan Howard for their support. With generous support of Mrs Aline Foriel-Destezet, Acosta Danza is also proud to have been chosen as an International Associate Company of Sadler’s Wells.
Acosta Danza 136 137 Acosta Danza
Nato a Cuba nel 1973, si forma presso la Escuela Nacional de Ballet de Cuba dell’Avana. Dopo aver vinto numerosi premi, tra cui il Prix de Lausanne (1990), danza professionalmente con molte delle compagnie più prestigiose del mondo, prima di stabilirsi al Royal Ballet. Si ritira dal balletto classico nel 2016, dopo aver interpretato quasi tutti i ruoli. Nel corso della sua carriera Acosta ha creato spettacoli pluripremiati, tra cui Tocororo e Carlos Acosta and Friends of The Royal Ballet. Ha inoltre coreografato produzioni di Don Quixote e Carmen (The Royal Ballet) e Guys and Dolls (West End). Tra i suoi scritti, Pig’s Foot e No Way Home, la sua autobiografia. Yuli, un film ispirato alla sua vita, è stato presentato in anteprima al Festival internazionale del cinema di San Sebastián nel 2018. Fonda Acosta Danza nel 2015, e nel 2017 lancia la Carlos Acosta International Dance Foundation, che ha aperto la sua prima accademia di danza all’Avana e offre un programma di formazione gratuito di durata triennale. Acosta ha ricevuto
l’onorificenza di Commander of the British Empire (CBE) per il suo contributo alla danza ai New Year Honours del 2014, il Queen Elizabeth II Coronation Award dalla Royal Academy of Dance nel 2018, e un Critics’ Circle Award nel 2019 per eccezionali contributi alle arti. Dal gennaio 2020 è direttore del Birmingham Royal Ballet. Mentre la compagnia entra nel suo terzo decennio di attività, Acosta continua a guidarla in direzioni imprevedibili e sorprendenti, definendo cosa significhi essere una compagnia leader mondiale nel campo del balletto classico nel XXI secolo. Born in Cuba in 1973, he trained at the Escuela Nacional de Ballet de Cuba, Havana. After winning multiple awards, including the Prix de Lausanne (1990), he danced professionally with many of the world’s most prestigious companies, with The Royal Ballet becoming his home. He retired from classical ballet in 2016, having performed almost every role. Acosta created many awardwinning shows during his ballet career, including Tocororo and Carlos Acosta and Friends
of The Royal Ballet. He also choreographed productions of Don Quixote and Carmen (The Royal Ballet) and Guys and Dolls (West End). His written works include Pig’s Foot and his autobiography, No Way Home. Yuli, a film inspired by his life, had its premiere at the San Sebastián International Film Festival in 2018. He established his own company, Acosta Danza, in 2015, and in 2017 launched the Carlos Acosta International Dance Foundation, which opened its first dance academy in Havana and provides a free three-year dance training programme. Acosta was awarded a CBE for his contribution to dance in the New Year Honours list 2014, and received the 2018 Queen Elizabeth II Coronation Award from the Royal Academy of Dance, and a 2019 Critics’ Circle Award for Outstanding Services to the Arts. In January 2020, Acosta became Director of Birmingham Royal Ballet. As the company enters its third decade, he continues to take it in a direction that is surprising and unpredictable, and truly defines what it is to be a world-leading classical ballet company in the 21st century.
Carlos Acosta 138 139 Carlos Acosta
Come si collega al vostro lavoro il concetto di “altered states”?
La danza e la pratica creativa di Acosta Danza sono “alchimie del movimento”, guidate dall’inesauribile bisogno del creatore e direttore della compagnia, Carlos Acosta, di modellare un corpo che danza e vive a partire da un patrimonio consolidato verso un presente sempre in costruzione. Questa nozione presuppone la diversità dell’esercizio della danza e la varietà dei modi di rappresentare un corpo danzante, con una sensibilità multiculturale che si costruisce a partire dalle tecniche acquisite, e che risponde a determinate prerogative culturali e sociali. In questo senso, l’esercitazione del corpo alla “Cuban Modern Dance Technique” fa risaltare una corporeità fortemente carnale, virtuosistica, sensuale e sinuosa. I criteri di bellezza dipendono da altre variabili: un torso espressivo che canalizza emozioni, sensazioni, ritmi e un bacino con un’ampia gamma di qualità fisiche. È un corpo che vibra a ritmo di tamburo per lanciarsi verso la periferia con movimenti taglienti e ondulatori carichi di significati. Questa carnalità definisce il danzatore cubano rispetto ad altri con pratiche simili nel resto del mondo; identifica uno stile, un’espressione, un’identità. Ed è “con e da” questo corpo che Acosta Danza deriva la sua pratica come ideale esistenziale; un evento nel quale si trasformano le percezioni, le nozioni e il proprio stesso essere; nel quale si conservano l’eredità e il patrimonio della danza di Cuba; nel quale corpi ancestrali prendono vita abitati dal respiro che si fa movimento e dallo spirito che si trasforma in danza.
Carlos Acosta & Yaday Ponce
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Carlos Acosta & Yaday Ponce
How does the concept of “altered states” speak to your work?
As “alchemists of movement”, the dance and creative practice of the Acosta Danza company is driven by the inexhaustible need of its creator and Director, Carlos Acosta, to model a body that dances and lives from an incorporated heritage to a present that is always under construction. This notion assumes the diversity of the dance exercise and the dissimilar ways of representing a dancing body, with multicultural awareness that is built from acquired techniques, and that responds to certain cultural and social requisites. In this sense, the training of the body in the “Cuban Modern Dance Technique” favours a corporality with an emphasis on physicality, skill, sensuality and sinuosity. The beauty criteria are assumed from other variables: an expressive torso channelling emotions, sensations, rhythms and a pelvis with a wide range of physical qualities. This is a body that vibrates with the beating of the drums to project itself towards the periphery with cutting and undulating movements loaded with meanings. This corporality defines the Cuban dancer compared to others with similar practices in the rest of the world; it identifies a style, an expression, an identity. And it is “with and from” this body that Acosta Danza assumes its practice as a way of existence; an event where perceptions, notions and one’s own being are transformed; where the legacy and dance heritage of Cuba is preserved; where ancestral bodies come to life inhabited by the breath that becomes movement and the spirit that turns to dance.
Potete dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella vostra pratica artistica?
Lo sviluppo di una pratica plurale, in cui si identificano due sistemi di formazione (balletto classico e “Cuban Modern Dance Technique”), e un processo di creazione aperto e complesso, ci permette di articolare un corpo fatto di molteplici corporeità. Un corpo capace di sfidare i dogmi della danza tradizionale e immergersi nel cosmo di pratiche di danza ibride ed esperienze di vita. Questo tipo di dispositivo che sperimenta una realtà si permette di esplorare le proprie capacità espressive; di svuotarsi di vecchi precetti, abitudini, passatempi, false perfezioni; di riconoscersi come un corpo vasto, un corpo desideroso di vivere e fluire in eventi nuovi. Il nostro corpo danzante è in grado di modulare il suo stato di coscienza e percezione del mondo per vivere un’esperienza unica che offre apprendimento individuale e collettivo, non solo nel suo contesto artistico ma anche in quello umano. Carlos Acosta & Yaday Ponce
142 143 Carlos Acosta & Yaday Ponce
Carlos Acosta & Yaday Ponce
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
Developing a plural practice, where two training systems are identified (classical ballet and “Cuban Modern Dance Technique”), and an open and complex creation process, allows us to articulate a body of multiple corporalities. A body that is capable of challenging the dogmas of traditional dance and immersing itself in the cosmos of hybrid dance practices and life experiences. This kind of device that experiences a reality allows itself to explore its own expressive capacities; to empty itself of old precepts, habits, hobbies, false perfections; to recognise itself as a vast body, a body eager to live and flow in new events. Our dancing body is capable of modulating its state of consciousness and perception of the world to live a unique experience that provides individual and collective learning, not only in its artistic context but also in its human one.
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Micaela Taylor 146 147 Micaela Taylor
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PERFORMANCE di / by Micaela Taylor 2022 – 17’ prima italiana / Italian premiere coreografia / choreography Micaela Taylor musica / music Andy Stott, Sleepless Johnny Dexter Goss, Angels AGF feat. Kubra Khademi, The Radical Self Claude Debussy, Suite bergamasque, L. 75, III. Clair de Lune
danzatori / dancers Yasser Dominguez Mario Sergio Elias Frank Junior Raul Reinoso Deborah Sanchez Alejandro Silva Patricia Torres
luci / lighting design Pedro Benitez costumi / costume design Micaela Taylor Yunet Uranga
14.07.2023 > H 20.00 15.07.2023 > H 17.00 Teatro Piccolo Arsenale
PERFORMANCE 150 151 Micaela Taylor
Questo lavoro mette in luce le complessità dell’esecuzione. I danzatori zigzagano emotivamente fra ciò che è realtà e ciò che è spettacolo. La quarta parete crolla e vediamo gli “esecutori” generare sempre più adrenalina e spossatezza. Come creatrice, sono incuriosita da quanto posso concedere alla finzione senza perdere autenticità. In assenza di dettagli espliciti, vediamo corpi nello spazio che sono governati dal ritmo, e poi ne vengono privati. Un ritmo senza barriere e concentrato direttamente sugli spettatori, mettendo in chiaro che tutto questo è per loro. This work focusses on the complexities of performance. The dancers emotionally weave together what is reality and what is a show. The fourth wall is broken as we see the “performers” generate more and more adrenaline and exhaustion. As a creator I’m intrigued by how much I can indulge in fiction without losing authenticity. Without explicit detail, we see bodies in space that groove, and then are stripped of rhythm. A rhythm that has no boundary and is full of direct focus towards the audience, illustrating that it is all for them.
Nata in California nel 1993, è danzatrice, coreografa, fondatrice e direttrice artistica del TL Collective, che sta costruendo dalle fondamenta. Formatasi nell’hip-hop e nel balletto, ha creato un proprio genere di danza definito “Expand Practice”, che emana emozioni dal profondo e compone una grande varietà di forme e strutture fisiche come espressione del proprio sé autentico. Il suo lavoro si distingue per lo stile stravagante ed esagerato di espressioni facciali, gesti e teatralità atletica. Nel 2018 ha ricevuto il primo Springboard Danse Montreal EMERGE Choreographic Award, nel 2019 è stata nominata da “Dance Magazine” tra i “25 to Watch” e nell’aprile 2020 è apparsa nella copertina di “Dance Magazine”. In quanto millennial, Taylor è impegnata come influencer e cerca di essere di esempio per tutti gli aspiranti artisti BIPOC, oltre a realizzare opere rivoluzionarie che uniscono stili commerciali alla danza da palcoscenico. Le sue opere sono state presentate, fra gli altri, presso
il Jacob’s Pillow, The Broad Stage, The Ford e l’ICA di Boston. Oltre a occuparsi del lancio della propria compagnia, Taylor ha incarichi di insegnante e coreografa per, fra gli altri, Rambert, Getty Museum, BODYTRAFFIC, Gibney × Springboard Danse Montreal, Cleo Parker Robinson Dance, il b12 festival di Berlino e Acosta Danza. I prossimi lavori includono una commissione della Martha Graham Dance Company e una co-commissione di Jacob’s Pillow e American Dance Festival. Born in California in 1993, she is a dancer, choreographer and the founder and Artistic Director of The TL Collective, which she is building from the ground up. Trained in hip-hop and ballet, she has created her own dance genre coined “Expand Practice”, exuding emotion from the core and creating varied physical shapes and textures as expressions of one’s authentic self. Her quirky style of exaggerated facial expressions, gesture and athletic theatricality sets her work apart.
She received the inaugural Springboard Danse Montreal EMERGE Choreographic Award in 2018, was named in Dance Magazine’s “25 to Watch” in 2019 and graced the cover of Dance Magazine in April 2020. A millennial herself, Taylor is a role model and influencer to aspiring BIPOC artists, and is creating ground-breaking work that introduces commercial styles to concert dance. Taylor’s work has been presented at Jacob’s Pillow, The Broad Stage, The Ford, the ICA Boston, and more. Alongside the launch of her company, Taylor has been commissioned to choreograph and teach by Rambert, the Getty Museum, BODYTRAFFIC, Gibney × Springboard Danse Montreal, Cleo Parker Robinson Dance, b12 festival in Berlin and Acosta Danza, among others. Upcoming work includes a commission from Martha Graham Dance Company, and a co-commission from Jacob’s Pillow and American Dance Festival.
Micaela Taylor 152 153 Micaela Taylor
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Quando creo, ho sempre il desiderio di vivere di dualismi: forza e debolezza, speranza e perdita, velocità e lentezza, momenti di una storia fisica o emotiva che rivelano qualcosa dell’esistenza umana. Sono convinta che gli stati di alterazione siano parte integrante della nostra esperienza. Performance vuole mettere in luce quanta tempra ci voglia per affrontare gli stati di alterazione della vita. Gli alti e bassi, la dualità delle emozioni e il ritmo inaspettato delle circostanze. L’interrogativo se restare vulnerabili o recitare una parte. Micaela Taylor
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Micaela Taylor
How does the concept of “altered states” speak to your work?
When creating, I always desire to live in dualities – those between strength and weakness, hope and loss, fast and slow, moments in a physical or emotional narrative that speak to human existence. To me, altered states are something that we as humans can expect. The focus in this work, Performance, is how much stamina it takes to deal with the altered states of life. The ups and downs, the duality of emotions and the unexpected pace of circumstances. The quest to either be vulnerable, or to perform.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Nella mia pratica, mi chiedo costantemente cosa significhi danzare dall’interno verso l’esterno, muoversi da sotto la pelle. È questo che mi fa esprimere nel modo più autentico possibile: dare spazio a strutture e qualità inevitabili, ponendo le basi di una narrazione dinamica. Micaela Taylor
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Micaela Taylor
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
In my practice, I’m constantly questioning what it is like to dance from the inside/out, to move from within the skin. This causes my expression to be as authentic as possible. Giving room to textures and qualities that are inevitable. Making for a dynamic narrative.
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Sidi Larbi Cherkaou 160 161 Sidi Larbi Cherkaoui
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FAUN (DUET) di / by Sidi Larbi Cherkaoui 2017 – 15’ prima italiana / Italian premiere coreografia / choreography Sidi Larbi Cherkaoui direzione prove / rehearsal direction Daisy Phillips Daniel Proietto musica / music Claude Debussy
musica aggiuntiva / additional music Nitin Sawhney costumi / costume design Hussein Chalayan luci / lighting design Adam Carrée danzatori / dancers Patricia Torres & Yasser Dominguez
14.07.2023 > H 20.00 15.07.2023 > H 17.00 Teatro Piccolo Arsenale
FAUN (DUET) 164 165 Sidi Larbi Cherkaoui
Di origine fiammingo-marocchina, Sidi Larbi Cherkaoui è uno dei coreografi contemporanei più richiesti al mondo. È riconosciuto per la creazione di ingegnose produzioni che gettano nuova luce sulle culture e i generi di movimento che esplora. Faun (Duet) è stato originariamente commissionato dal Sadler’s Wells per la produzione In the Spirit of Diaghilev. È l’interpretazione di Cherkaoui di L’Après-midi d’un faune. Con l’aggiunta della musica di Nitin Sawhney all’immediata riconoscibilità della partitura di Debussy, Faun (Duet) si libera del proprio bagaglio culturale e diventa esso stesso duale o multiplo, primordiale e moderno, sradicato a un tempo dalla storia e dalla geografia. Faun (Duet) è una produzione Sadler’s Wells, ed è co-prodotto da Chaillot - Théâtre national de la Danse, Monaco Dance Forum, Teatre Nacional de Catalunya, Mercat de les Flors, Opéra de Dijon e Grand Théâtre de Luxembourg. Of Flemish-Moroccan origin, Sidi Larbi Cherkaoui is one of the most sought-after contemporary choreographers in the world. He is renowned for creating imaginative productions that shine a new light on the cultures and movement genres he explores. Faun (Duet) was originally commissioned by Sadler’s Wells for its production In the Spirit of Diaghilev. It is Cherkaoui’s interpretation of L’Après-midi d’un faune. With the addition of Nitin Sawhney’s music to the instantly recognisable score by Debussy, Faun (Duet) sheds its cultural baggage and becomes in itself dual or multiple, primeval and modern, suddenly uprooted from history and geography. Faun (Duet) is a Sadler’s Wells production, co-produced by Chaillot - Théâtre national de la Danse, Monaco Dance Forum, Teatre Nacional de Catalunya, Mercat de les Flors, Opéra de Dijon and the Grand Théâtre de Luxembourg.
Nato in Belgio nel 1976, sfugge alle facili categorizzazioni: danzatore, coreografo, regista d’opera, compositore, è direttore artistico del Ballet du Grand Théâtre de Genève, oltre che dello Eastman, e artista associato al Sadler’s Wells. La spinta alla sinergia con le sue controparti è una costante nel suo DNA artistico. Sutra (con i monaci Shaolin e lo scultore Antony Gormley), Dunas (con María Pagés) e zero degrees (con Akram Khan) ne sono esempi ben noti, ma le sue collaborazioni attraversano tutte le discipline
artistiche, tra cui cinema, teatro, musical e circo. I riconoscimenti ottenuti in virtù delle sue prolificità e poliedricità includono due Olivier Awards, l’Europe Prize New Theatrical Realities e un Fred and Adele Astaire Award. Born in Belgium in 1976, he defies easy description: dancer, choreographer, opera director, composer, Artistic Director of the Ballet du Grand Théâtre de Genève, as well as of Eastman, and Associate Artist at Sadler’s Wells. The thirst to join hands
Sidi Larbi Cherkaoui 166 167 Sidi Larbi Cherkaoui
with his counterparts has been a constant in his artistic DNA. Sutra (with the Shaolin monks and sculptor Antony Gormley), Dunas (with María Pagés), and zero degrees (with Akram Khan) are well-known examples of this – but his collaborations cut across all artistic disciplines, including cinema, theatre, musical and circus. His honours reflect his genre-transcending prolificity and include two Olivier Awards, the Europe Prize New Theatrical Realities and a Fred and Adele Astaire Award.
Javier de Frutos 168 169 Javier de Frutos
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98 DÍAS di / by Javier de Frutos 2023 – 19’ prima assoluta / world premiere coreografia / choreography Javier de Frutos
costumi / costume design Javier de Frutos
musica / music Estrella Morente feat. Michael Nyman, Le di a la caza alcance da una poesia di / after a poem by Juan de la Cruz
luci / lighting design Javier de Frutos
Estrella Morente feat. Michael Nyman, Pregón de las moras Estrella Morente, Calle del aire
danzatori / dancers Enrique Corrales Zeleidy Crespo Yasser Dominguez Mario Sergio Elias Amisaday Naara Raúl Reinoso Laura Rodriguez Alejandro Silva Jennifer Suarez Patricia Torres
poesia / poem Federico García Lorca, Son de negros en Cuba
14.07.2023 > H 20.00 15.07.2023 > H 17.00 Teatro Piccolo Arsenale
98 DÍAS 172 173 Javier de Frutos
Perdutosi a Cuba, Federico García Lorca era riuscito a ritrovarsi dopo aver abbandonato vecchi e logori pregiudizi. Aveva riscoperto la sua amata lingua, il sole, i colori, le sue vergini cattoliche (associate alle sante yoruba/nigeriane), insieme alla bellezza e alla sensualità. In quella Cuba scintillante, Lorca si era sentito quanto mai a casa e vicino alle sue radici. Di ritorno in Spagna da New York, doveva fermarsi una settimana. Alla fine rimase novantotto giorni: nelle sue stesse parole, i più felici della sua vita. 98 Días prende le mosse da quel momento nel tempo e lo trasforma in un’ode, non solo a Lorca, ma a tutti gli errabondi che si trovano all’improvviso catturati da una forza irresistibile, dove amore e bontà potrebbero rivelarsi solo un’illusione. Federico García Lorca lost himself in Cuba and then found himself again, discarding all the old, worn-out prejudices, and getting back his beloved language, the sunshine and the colours, his Catholic virgins (combined with Yoruban/Nigerian saints), sensuality and beauty. In that sparkling Cuba, Lorca felt more at home and back to his roots than he’d ever felt. He was meant to stop over for a week on his way back to Spain from New York. Eventually, 98 were the number of days of that visit – in his own words, the happiest days of his life. 98 Días takes that moment in time as a starting point and turns it into an ode, not only to Lorca, but to all outsiders that search and unexpectedly find themselves caught in a force that cannot be resisted, and where love and goodness may just be illusory.
Nato in Venezuela nel 1963, acclamato regista, coreografo e designer latinx, è stato nominato dall’“Evening Standard” una delle persone più influenti del Regno Unito nel 2016. Inoltre, è uno dei soli tre artisti nella storia degli Olivier Awards ad aver ricevuto una nomination in tutte le categorie di danza. I suoi riconoscimenti includono il Prix des Auteurs del Concours de Seine-Saint-Denis di Parigi (1996); un premio del South Bank Show (1997); un premio Time Out (2004); un Critics’ Circle Award (2005); l’Olivier Award per il migliore coreografo teatrale (2007); l’Evening Standard Theatre Award (2011); il Chita Rivera Award per la migliore coreografia in un adattamento cinematografico per il grande schermo (2017). Nel 2000, il South Bank Show ha dedicato un’intera monografia al suo lavoro, candidata poi ai Royal Television Society Awards per il miglior documentario artistico. De Frutos è anche stato il primo beneficiario della
Culture Parliamentary Fellowship dell’Arts Council England, grazie alla quale ha potuto studiare a fondo le opere di Tennessee Williams. Più di recente, due suoi cortometraggi, The Burning Building e Whoever You Are, si sono distinti a livello internazionale in diversi festival cinematografici, raccogliendo un impressionante elenco di riconoscimenti tra cui miglior film indipendente, miglior regia e miglior sceneggiatura adattata. Born in Venezuela in 1963, acclaimed Latinx director, choreographer and designer he was named one of the most influential people in the UK by the Evening Standard in 2016. In addition, he is one of only three artists in the history of the Olivier Awards to have received nominations in all dance categories. His awards include the Prix des Auteurs in the 1996 Concours de Seine-Saint-Denis, Paris; a 1997 South Bank Show award; a 2004 Time Out award;
a 2005 Critics’ Circle Award; the 2007 Olivier Award for Best Theatre Choreographer; a 2011 Evening Standard Theatre Award; and the 2017 Chita Rivera Award for best choreography in a feature film for the screen adaptation. In 2000, the South Bank Show dedicated a full feature to his work, which was nominated at the Royal Television Society Awards for Best Arts Documentary. De Frutos also became the first recipient of the Arts Council England Arts and Culture Parliamentary Fellowship, through which he studied extensively the works of Tennessee Williams. Most recently, two of his short films, The Burning Building and Whoever You Are, have been internationally recognised in several film festivals, gathering an impressive list of accolades including best Indie, best director and best adapted screenplay.
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Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Ho sempre usato i ricordi come punto di partenza per la maggior parte delle mie creazioni. Sono affascinato dai modi soggettivi (e amplificati) in cui scegliamo di presentare la nostra realtà. I ricordi sono innescati da musica, suoni, profumi. Un luogo, un volto o un gusto. E a volte, forse spesso, la sala di montaggio nella nostra testa taglia via i ricordi proprio come fossero scene dal grande film della nostra vita. Eppure, con materie così volatili e combustibili creo un’opera concreta, fatta per condividere, comunicare e trasformare. Non è una realtà alternativa, ma una realtà alterata: fragile, complessa e costruita con cura. In sostanza uno STATO DI ALTERAZIONE. Javier de Frutos
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Javier de Frutos
How does the concept of “altered states” speak to your work?
I have always used memories as a starting point for most of my creations. I am fascinated by the subjective (and heightened) ways in which we choose to present our own reality. Memories are triggered by music, sounds, perfumes. A place, a face or a taste. And sometimes – possibly often – the editing room in our heads suppresses memories just as if they were scenes from that big movie that is our lives. Yet the work that I create using such volatile and combustible material is there, with the desire to share, communicate and to transform. It is not an alternative reality, but a fragile, complex and carefully crafted altered reality. In essence an ALTERED STATE.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Internamente sono un profondo introverso che ha bisogno di comportarsi da estroverso per presentarsi al mondo esterno. La continua tensione tra interno ed esterno si è manifestata e si è spostata subliminalmente nel corso della mia pratica. Sono un immigrato e figlio di un immigrato. E sono gay e latinx, in rapporto conflittuale con la religione e la fede. Ovunque, un estraneo. Ci saranno sempre forze esterne che influenzeranno il mio equilibrio interno. Eppure credere che l’esterno e l’interno siano la stessa cosa, a seconda dei punti di vista dei singoli individui, è ciò che porta ricchezza e sfumature umane al mio lavoro.
Javier de Frutos
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Javier de Frutos
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
Internally I’m a serious introvert who needs to act as an extrovert to lead in an external world. The constant tension between internal and external has manifested itself and subliminally shifted throughout my practice. I’m a child of an immigrant, and an immigrant myself. And I’m gay and Latinx, with a conflicted relationship with religion and faith. Always an outsider. There will always be external forces that will affect my internal balance. Yet believing that the external and internal are the same depending on individual perspectives is what brings human layers and shades to my work.
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Alexis Fernánde & Yaday Ponce 182 183 Alexis Fernández & Yaday Ponce
ez
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DE PUNTA A CABO di / by Alexis Fernández & Yaday Ponce 2016 – 18’ prima italiana / Italian premiere coreografia / choreography Alexis Fernández assistente alla coreografia / assistant to choreography Yaday Ponce musica / music Omar Sosa, Kumar, Kike Wolf da / from José White, Beautiful Cuban costumi / costume design Vladimir Cuenca
danzatori / dancers Enrique Corrales Zeleidy Crespo Yasser Dominguez Mario Sergio Elias Frank Junior Raúl Reinoso Laura Rodriguez Deborah Sanchez Alejandro Silva Jennifer Suarez Patricia Torres Daniela Urgelles
luci / lighting design Yaron Abulafia
14.07.2023 > H 20.00 15.07.2023 > H 17.00 Teatro Piccolo Arsenale
DE PUNTA A CABO 186 187 Alexis Fernández & Yaday Ponce
Il coreografo contemporaneo Alexis Fernández (Maca), cubano, ha creato questo lavoro in collaborazione con Yaday Ponce per l’intera compagnia. Ha per sfondo il Malecón, un’ampia spianata con un argine che si estende per otto chilometri lungo la costa dell’Avana. Attraverso De Punta a Cabo Maca esprime le sue impressioni sulla Cuba contemporanea; un Paese che conosce e ama, pieno di contrasti, fusione di tradizione e modernità, povertà e sviluppo, a un tempo classico e fortemente caustico, una realtà fantastica, un’esplorazione della personalità cubana contemporanea. Cuban contemporary choreographer Alexis Fernández (Maca) created this piece in collaboration with Yaday Ponce for the whole company. It is set against the backdrop of the Malecón, a broad esplanade and seawall that stretches for eight km along the coast in Havana. Maca shares his impressions of contemporary Cuba through De Punta a Cabo; a country he knows and loves, full of contrasts, a fusion of traditional and modern, poverty and development, the classic and the most corrosive, the real wonderful, an exploration of the contemporary Cuban personality.
Nato a Santiago de Cuba nel 1975, si diploma sia al Ballet Nacional de Cuba sia alle Escuelas Nacionales de Arte, ambedue all’Avana. Ha lavorato con varie compagnie di danza a Cuba, in Ecuador e in Spagna, tra cui Danza Contemporánea de Cuba e La Intrusa di Barcellona. Nel 2009, insieme a Caterina Varela, fonda la propria compagnia La Macana, con sede
in Galizia (Spagna), con la quale crea nuove coreografie e progetti di danza volti alla collaborazione con svariati artisti internazionali. Born in Santiago de Cuba in 1975, he graduated from the Ballet Nacional de Cuba in Havana, and also the Escuelas Nacionales de Arte, Havana. Fernández has worked with many dance companies in Cuba, Ecuador and
Spain including Danza Contemporánea de Cuba and La Intrusa, Barcelona. In 2009, together with Caterina Varela, Fernández founded La Macana, his own company based in Galicia, Spain. With his company he creates new choreographies and dance projects to work with many international artists.
Alexis Fernández 188 189 Alexis Fernández
Nata a Cuba nel 1980, si è formata in balletto classico e danza contemporanea e si è esibita in tutto il mondo con Danza Contemporánea de Cuba. Diplomata in Danza, si dedica soprattutto a insegnamento e laboratori di danza contemporanea. I suoi riconoscimenti includono il Premio LUKAS ai Latin UK Awards per la migliore produzione nei teatri del Regno Unito; Moon Award per la produzione di Carmina Burana (Messico, 2008); Asociación Hermanos Saíz (2010); Contributo alla danza contemporanea di Cuba (2010);
premio Ramiro Guerra dell’Asociación Hermanos Saíz per l’interpretazione femminile (2011). Nel 2016 Ponce entra a far parte di Acosta Danza come insegnante e direttrice delle prove. È stata assistente coreografa per la Carmen al Texas Ballet Theater nel 2017 e al Queensland Ballet nel 2018. Born in Cuba in 1980, she studied classical ballet and contemporary dance, and joined Danza Contemporánea de Cuba, performing around the world. Ponce holds a degree in Dance focussing on contemporary dance teaching classes and workshops.
Yaday Ponce 190 191 Yaday Ponce
Awards include the LUKAS Prize at the Latin UK Awards for best production on UK stages; Moon Award for staging Carmina Burana (Mexico, 2008); Asociación Hermanos Saíz (2010); Contribution to Contemporary Dance of Cuba (2010); the Ramiro Guerra award for feminine interpretation of the Asociación Hermanos Saíz (2011). In 2016, Ponce joined Acosta Danza as a teacher and Rehearsal Director. As Assistant Coreographer, she taught Carmen to the Texas Ballet Theater in 2017 and to Queensland Ballet in 2018.
Luna Cenere 192 193 Luna Cenere
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VANISHING PLACE 2023 – 50’ prima assoluta / world premiere ideazione e coreografia / concept and choreography Luna Cenere
direzione tecnica / technical direction Nicola Mancini
performers Marina Bertoni Francesca La Stella Ilaria Quaglia Davide Tagliavini Luca Zanni
produzione / production La Biennale di Venezia Körper - Centro Nazionale di Produzione della Danza Teatro di Napoli - Teatro Nazionale
musica / music Renato Grieco
con il sostegno di / with the support of Hessisches Staatsballett Agora de la danse - résidences de création croisées en danse entre l’Italie et le Québec con / with CINARS e / and NID Platform, Oriente Occidente festival, MIC - Direzione Generale Spettacolo, IIC Colonia, IIC Montreal
luci / lighting design Giulia Broggia spazio scenico / set design Raffaele di Florio
21.07, 22.07.2023 > H 18.00 Teatro Piccolo Arsenale
VANISHING PLACE 196 197 Luna Cenere
realizzato nell’ambito del progetto di residenze coreografiche / realised within the framework of the choreographic residencies project Lavanderia a Vapore e grazie alla residenza presso / and thanks to the residency at FABBRICA EUROPA / PARC Performing Arts Research Centre vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica italiana / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new Italian choreographic creation
Vanishing Place è una dimensione in cui il tempo, inteso nella sua evanescenza, si genera e si perde come le emozioni del presente e la memoria. Un paesaggio in movimento fatto di corpi, gesti e immagini dai contorni sfumati e inafferrabili, in cui ogni azione manifesta custodisce in sé il suo contrario, la sua stessa assenza. È uno spazio surreale in cui il tempo è sottratto a se stesso. Praticando la condizione di nudità dal 2015, Luna Cenere ha sviluppato un approccio personale e un metodo di ricerca che continua a osservare il corpo come un paesaggio. La sua ricerca è incentrata sulla capacità del corpo di astrarsi e diventare elemento poetico senza mai abbandonare la concretezza della forma e del gesto. Ispirata dalla corrente surrealista e dalle immagini di autori come Ren Hang, Evelyn Bencicova, Astrid Verhoef e AdeY, l’autrice prosegue la sua ricerca sui temi del corpo, della postura e del gesto. In questo nuovo progetto, Vanishing Place, l’intenzione di Cenere è quella di scavare più a fondo nella pratica del nascondere e rivelare, sperimentando la relazione tra corpo e oggetto scenico e intraprendendo una ricerca cromatica. Vanishing Place is a dimension where time, in its evanescence, is created and lost, like the emotions of the present and memory; a moving landscape made up of bodies, gestures and images with blurred and elusive edges, in which every manifest action contains its opposite, its very absence. It is a surreal space where time is taken away from itself. Practising the state of nudity since 2015, Luna Cenere has developed a personal approach and a research method that continues to regard the body as a landscape. Her research is focussed on the body’s ability to abstract itself and become a poetic element without forgoing the concreteness of form and gesture. Inspired by the Surrealist movement and by the images of authors such as Ren Hang, Evelyn Bencicova, Astrid Verhoef and AdeY, the author continues her research on the themes of body, posture and gesture. In this new project, Vanishing Place, Cenere intends to dig deeper into concealing and revealing practices, experimenting with the relationship between the body and the stage object, and undertaking a chromatic research.
Nata a Napoli nel 1987, è danzatrice, coreografa e performer. Si diploma in Danza contemporanea presso Movimento Danza - Ente di Promozione Nazionale di Napoli nel 2009, laureandosi successivamente alla Salzburg Experimental Academy of Dance (SEAD). Nel 2014 si trasferisce in Belgio e continua la sua formazione attraverso festival internazionali, tra cui Deltebre Dansa, ImPulsTanz e La Biennale di Venezia (Biennale College Danza 2015). Lavora con la Anton Lachky Company e con Simone Forti prima di entrare a far parte della Compagnia Virgilio Sieni per La Mer e Cantico dei Cantici (2015). Nel 2017 viene selezionata come artista Aerowaves Twenty18 e successivamente vince il Best Choreography Award al festival Solocoreografico con Kokoro, opera prodotta dalla compagnia Körper e selezionata per NID Platform 2019. Seguono Twin (2018), presentata in anteprima al FOG Performing Arts Festival e selezionata da Network Anticorpi XL; Pneumatika, eseguita presso i Teatri Associati di Napoli, il Festival La Democrazia del Corpo di Firenze e il Festival NAOcrea di Milano; Natural Gravitation. Tribute to
Isadora Duncan (2019), su commissione del Festival di Ravello e Körper; Zoé (2021), prodotta da Körper e Oriente Occidente, e selezionata per NID Platform 2020; Shoes On (2022), prodotta da Körper. Nel 2019-2020 è stata artista associata di Körper e del festival Oriente Occidente; ha vinto il Premio Positano “Léonide Massine” per la Danza 2019 e nel 2020 un Danza&Danza per Genealogia_Time Specific. Ha lavorato al film Capri Revolution (2017) di Mario Martone sotto la direzione coreografica di Raffaella Giordano. Born in Naples in 1987, she is a dancer, choreographer and performer. She received her diploma in Contemporary Dance at Movimento Danza - Ente di Promozione Nazionale, Naples in 2009, later graduating from Salzburg Experimental Academy of Dance (SEAD). In 2014 she moved to Belgium and continued her training through international festivals, including Deltebre Dansa, ImPulsTanz and La Biennale di Venezia (Biennale College Danza 2015). She worked with the Anton Lachky Company and with Simone Forti before joining Compagnia Virgilio Sieni
for La Mer and Cantico dei Cantici (2015). In 2017 she was selected as an Aerowaves Twenty18 artist and later won the Best Choreography Award at the Solocoreografico festival with Kokoro – a work produced by the company Körper, and selected for the NID Platform, 2019. It was followed by Twin (2018), previewed at FOG Performing Arts Festival and selected by the Network Anticorpi XL; Pneumatika, which was performed at the Teatri Associati di Napoli, the Festival La Democrazia del Corpo, Florence and the Festival NAOcrea, Milan; Natural Gravitation. Tribute to Isadora Duncan (2019), a commission by the Festival di Ravello and Körper; Zoé (2021), produced by Körper and Oriente Occidente, and selected for the NID Platform, 2020; Shoes On (2022), produced by Körper. Associate artist of Körper and the Oriente Occidente festival in 2019-2020, she won the Premio Positano “Léonide Massine” per la Danza 2019, and a Danza&Danza award in 2020 for Genealogia_Time Specific. She worked on Mario Martone’s film Capri Revolution (2017) under the dance direction of Raffaella Giordano.
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Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Vanishing Place è un lavoro sul sogno, sul ricordo e sull’evanescenza. Penso al sogno come stato di accettazione dell’irreale, un momento in cui ci abbandoniamo alla magia, all’apparente incoerenza, al susseguirsi di immagini simboliche, talvolta frammentate, che la mente ci propone. Il sogno è uno spazio surreale, uno stato di coscienza non ordinario, di alterazione, come l’innamoramento o l’ipnosi; uno spazio in cui il tempo, inteso nella sua evanescenza, si genera e si perde, insieme alle emozioni e alla sua stessa memoria. In questo processo la nudità viene percepita ed entra a far parte del cosiddetto “non ordinario”, nonostante sia la nostra vera natura. Nel tempo ho compreso che riportare la scena e il corpo stesso a questo grado zero, mi permette di decontestualizzarlo e quindi astrarlo come materia viva. Nel mio lavoro sento la necessità di abbandonare la realtà e far sì che elementi surreali conducano me e lo spettatore in un altrove onirico in cui anche la percezione del tempo possa essere alterata. Uno stato di abbandono in cui anche le più grandi bugie sono lecite. Luna Cenere
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How does the concept of “altered states” speak to your work?
Vanishing Place is a work about dreams, memories and evanescence. I think of dreams as a state of acceptance of the unreal – a moment in which we surrender to the magic, to the apparent inconsistency, to the succession of symbolic and sometimes fragmented images that the mind presents us with. Dream is a surreal space, a non-ordinary, altered state of consciousness, akin to falling in love or hypnosis; a space in which time, in its evanescence, is created and lost, together with emotions and its own memory. In this process, despite being our true nature, nudity is perceived and placed amongst the so-called “non-ordinary”. Over time, I’ve understood the need to bring the staging and the body itself back to this zero degree, in order to decontextualise it and thus abstract it as a living matter. In my work, I feel the need to abandon the real and let surreal elements lead the viewer and myself somewhere dreamlike where even the perception of time can be altered. A state of abandonment where even the greatest lies are fair game.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Nel mio lavoro il dialogo tra interno ed esterno è una traccia costante. Sono sempre alla ricerca e in ascolto degli stati emotivi che si generano in ogni postura assunta dal corpo, che definisco “paesaggi interiori”. Seguo queste tracce affinché possano condurmi a generare il mio paesaggio esteriore e a poterlo, forse, scrivere nello spazio. Per fare ciò è necessario un esercizio di percezione profonda accompagnata dall’ascolto del corpo, delle sue posture e di quello che proiettano all’esterno. Allo stesso tempo osservo la mente, il suo divagare e afferrare ciò che riconosce. Quando mi accingo a creare, condivido con i miei collaboratori una serie di pratiche che mi accompagnano da anni, al fine di ricercare empiricamente questi stati. Mi entusiasmano e non finiscono mai di stupirmi le infinite possibilità di percezione e di lettura che il corpo nella sua nudità può offrire, che sia io stessa ad abitare il movimento, ad agirlo, o che sia solo un’osservatrice. Perché non è solo lo spazio di dialogo tra me, la mia mente e il mio corpo a generare ciò che appare; fuori di me, infatti, c’è lo sguardo di chi osserva. E quando le menti sono in sintonia, compongono insieme il senso dell’accadimento; quando nel loro vagare alla ricerca di questo senso trovano insieme qualcosa, lì credo che si instauri la perfetta relazione. Quella che per me è la poesia del non detto. Luna Cenere
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Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice? The dialogue between inside and outside is a thread that runs through my work. I’m always looking for and listening to what I call “inner landscapes” – emotional states generated by the body in its every posture. I follow these traces so that they might lead me to generate my outer landscape, and to be able, perhaps, to write it out in space. A deep awareness is required to do this, in addition to listening to the body, its postures and what they project. At the same time, I observe the mind as it wanders and seizes what it can understand. As I set out to create, I share with my collaborators a series of practices that have accompanied me for years, in order to research these states empirically. I’m always excited and amazed at the infinite possibilities of perception and interpretation that the bare body can offer, whether it is I myself who dwells inside the movement and acts it out, or whether I am just a bystander – for it’s not only the dialogue between me, my mind and my body that generates what appears, but also the gaze of the observer. When minds find themselves in tune they construct the meaning of an event; when roaming about in search of this meaning they find something together. There, I believe, the perfect relationship is brought into being – what I think of as the poetry of the unsaid. Luna Cenere
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NAVY BLUE 2022 – 60’ prima italiana / Italian premiere coreografia e direzione artistica / choreography and artistic direction Oona Doherty
collaboratore per la scrittura / writer collaborator Bush Moukarzel
gestione e produzione / management and production Gabrielle Veyssiere
ideazione video / video concept Nadir Bouassria
produzione e amministrazione / production and administration Jenny Suarez
luci e direzione tecnica / lighting design and technical direction John Gunning
coreografia / choreography Oona Doherty con la collaborazione dei danzatori / with the collaboration of the dancers musica / music Jamie xx Sergei Rachmaninoff produzione musicale / music production William Smith
direzione di scena / stage management Lisa Marie Barry ideazione costumi / costume concept Oona Doherty Lisa Marie Barry danzatori / dancers Arno Brys Kevin Coquelard Thibaut Eiferman Amancio Gonzalez Miñon Kinda Gozo Zoé Lecorgne Andréa Moufounda Magdalena Öttl Tomer Pistiner Mathilde Roussin Hilde Ingeborg Sandvold Joseph Simon Sati Veyrunes prodotto da / produced by OD Works
co-prodotto da / co-produced by Kampnagel International Summer Festival (Germany) Sadler’s Wells (UK) Chaillot - Théâtre national de la Danse (France) La Biennale di Venezia (Italy) Maison de la Danse (France) The Shed (USA) Belfast International Arts Festival (UK) e / and Big Pulse Dance Alliance co-prodotto da / co-produced by Dance Umbrella (UK) Dublin Dance Festival (Ireland) Torinodanza Festival (Italy) Julidans (the Netherlands) presentato da / presented by Tanz im August/HAU - Hebbel am Ufer (Germany) Zodiak - Side Step Festival (Finland) ONE DANCE WEEK (Bulgaria) TANEC PRAHA International Festival of Contemporary Dance and Movement Theatre (Czech Republic) New Baltic Dance (Lithuania) CODA Oslo International Dance Festival (Norway) finanziato da / funded by German Federal Cultural Foundation co-finanziato da / co-funded by Creative Europe programme of the European Union con il supporto di / with the support of Kulturstiftung des Bundes e / and Direction régionale des affaires culturelles Île-de-France - Ministère de la Culture
13.07.2023 > H 22.00 14.07.2023 > H 18.30 Arsenale – Teatro alle Tese
NAVY BLUE 210 211 Oona Doherty
Con musiche di Sergej Rachmaninov e Jamie xx, questa nuova avvincente opera si interroga su dove siamo stati e dove stiamo andando, facendo urgente appello al mutamento della società. Navy Blue è la prima opera di Oona Doherty per la grande scena internazionale e la più ambiziosa: una cupa coreografia per dodici danzatori selezionati da tutta Europa. È basata sul Concerto per pianoforte n. 2 di Sergej Rachmaninov, un’opera che riflette la depressione del compositore e il suo superamento. Doherty traduce nel presente l’ideale classico di crisi e redenzione: l’unisono del balletto classico è condito dalla paura e forzato ad attraversare il terrore esistenziale, fino all’emergere di una rinascita – un tentativo di libertà e un nuovo futuro. L’opera consta di due parti distinte, per la durata di circa un’ora: parte uno “The Oppression” e parte due “Submission into Love”. Doherty la descrive come “una distruzione, la morte di una forma, una rinascita. Ci pieghiamo all’insù verso il buio galattico dello spazio profondo. Un intenso blu acrilico disseminato di stelle cadenti e di corpi che squarciano il cielo notturno. È un inchino per invitare alla danza, un modo di chiedersi cosa fare dopo”. Stelle cadenti Solo un vitello bianco panna rimasto alla luce. Trascinandosi lungo l’acrilica notte oscura Un profondo oscuro Blu navy Danzando di terrore esistenziale.
Featuring music from Sergei Rachmaninoff and Jamie xx, this compelling new piece considers where we have been and where we are heading as it urgently appeals for societal change. Navy Blue is Oona Doherty’s first work for the big stage, and her most ambitious yet – a dark piece of choreography for 12 dancers, cast throughout Europe. It is based on Sergei Rachmaninoff’s Piano Concerto No. 2, a work that reflects the composer’s own depression and its overcoming. Doherty translates the classical ideal of crisis and redemption into the present: the unison of the classical ballet is flavoured with fear and dragged through an existential dread, until a rebirth emerges – an attempt at freedom and a new future. Roughly an hour in length, the work plays out in two distinct parts: part one “The Oppression” and part two “Submission into Love”. Doherty describes it as “a destruction, a death of a form, a rebirth. We arch up into the Galactic black of deep space. Scattered with shooting stars, with bodies tearing through the night sky, a deep acrylic blue. This is a bow to dance, this is a questioning of what to do next”. Shooting stars Only a cream white calf left in the light. Dragged through the acrylic dark night A deep dark Navy blue Existential dread and dancing.
Nata a Londra nel 1986, studia al St Louise’s Comprehensive College di Belfast, alla London Contemporary Dance School, alla University of Ulster e al Trinity Laban di Londra. Dal 2010 si esibisce in opere di teatro-danza a livello internazionale con varie compagnie, tra cui: T.r.a.s.h. (Paesi Bassi), Abattoir Fermé (Belgio), Veronika Riz (Italia), United Fall/Emma Martin (Irlanda), Enda Walsh e Landmark Productions (Irlanda). Nel 2016 crea Hope Hunt & the Ascension into Lazarus, il suo primo lavoro solista, per il quale riceve nello stesso anno il Tiger Dublin Fringe Festival Best Performer Award, il Total Theatre Dance Award & The Place Award for Dance all’Edinburgh Festival Fringe (2017), il primo premio conferito dal pubblico e dalla giuria del festival di Grenoble (re) connaissance (2017). La sua prima opera corale, Hard to be Soft – A Belfast Prayer (2017), permette a Doherty di essere selezionata nello stesso anno tra i Top 10 Irish Artists di “The Irish Times”, ed è votata come migliore spettacolo di danza britannico del 2019 da “The Guardian”. Doherty ha stretto una vasta gamma di relazioni artistiche a livello nazionale e internazionale con, fra gli altri, Jamie xx, (LA)
HORDE, Luca Truffarelli, John Scott e Girl Band. Le sue coreografie uniche e viscerali hanno attratto l’attenzione internazionale ottenendo numerosi riconoscimenti, tra cui il Leone d’Argento della Biennale di Venezia nel 2021. È stata artista selezionata per Aerowaves 2017, Prime Cut Productions Reveal Artist e MAC Theatre Belfast HATCH Artist (20162017), artista associata alla Maison de la Danse de Lyon (2017-2018), artista associata presso La Briqueterie CDCN du Val-de-Marne (2017-2019), artista residente del Dublin Dance Festival (2020-2022), ed è Big Pulse Dance Alliance Artist (2021-2023). Born in London in 1986, she studied at St Louise’s Comprehensive College, Belfast, London Contemporary Dance School, the University of Ulster and Trinity Laban, London. She has been performing dancetheatre internationally since 2010 with various companies, including: T.r.a.s.h. (the Netherlands), Abattoir Fermé (Belgium), Veronika Riz (Italy), United Fall/Emma Martin (Ireland), Enda Walsh and Landmark Productions (Ireland). She created her first solo work Hope Hunt & the Ascension into Lazarus in 2016, for which she was awarded the Tiger Dublin
Fringe Festival Best Performer Award (2016), the Total Theatre Dance Award & The Place Award for Dance at the Edinburgh Festival Fringe (2017), and audience and judges’ first places at the Grenoble (re)connaissance festival (2017). Her first group piece, Hard to be Soft – A Belfast Prayer (2017), saw Doherty selected as one of the Top 10 Irish Artists in 2017 by The Irish Times and was voted No. 1 UK dance show of 2019 by The Guardian. Doherty has forged a wide range of artistic relationships locally and internationally: with Jamie xx, (LA)HORDE, Luca Truffarelli, John Scott and Girl Band, among others. Her distinctive and visceral choreography has sparked international attention, earning multiple awards, including La Biennale di Venezia Silver Lion (2021). She was an Aerowaves 2017 selected artist, a Prime Cut Productions Reveal Artist and MAC Theatre Belfast HATCH Artist (2016-2017), an Associate Artist at Maison de la Danse de Lyon (2017-2018), an Associate Artist at La Briqueterie CDCN du Val-de-Marne (2017-2019), a Dublin Dance Festival Artist in Residence (2020-2022), and is a Big Pulse Dance Alliance Artist (2021-2023).
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Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Parecchio! Penso che nel mio modo di danzare rientrino molta storia del sistema nervoso e molte fantasie intoccabili. Come ricordi di ketamina, cocaina e Valium, più una sorta di immaginazione vissuta: il corpo che cade, che si rivolta dentro una lavatrice, un cerbiatto che scivola su una pozza d’olio. Il mio amico Sam e io siamo ossessionati da Altered States (Stati di allucinazione), il film di Ken Russell del 1980, una rappresentazione cinematografica della regressione biologica fino all’incontro con l’istante iniziale: la materia primaria e primordiale della coscienza. Penso agli stati di alterazione come reali e irreali insieme. In gran parte del mio lavoro l’atto della danza è, in un certo senso, fantascientifico. Oona Doherty
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a lot of nervous system history and a lot of untouchable imagination. Like memory of ketamine, cocaine, Valium, but also a kind of lived imagination – the body falling, tumbling in a washing machine, a baby deer slipping in a puddle of oil. My friend Sam and I are obsessed with the 1980 Ken Russell film Altered States, where a cinematic depiction of biological devolution takes place until meeting the beginning – the primordial matter of consciousness before all time – takes place. I think altered states are real and unreal. In a lot of my work the act of dance is, in a way, sci-fi. Oona Doherty
How does the concept of “altered states” speak to your work?
A lot! I think in my dancing there’s
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
È difficile rispondere, perché sto ancora esplorando questa relazione. Non credo di avere una chiara comprensione cinetica di ciò che il pubblico coglie e prova durante uno dei miei spettacoli, forse qualcosa di molto diverso dalle narrazioni interiori che guidano il materiale motorio. Chissà se si può leggere solo in termini di conflitto ed euforia, luce e oscurità. L’interno è molto stratificato con scene, persone e forze all’opera nel corpo, e spazio per dare motivo di muoversi in questo modo. Ma penso che se l’esecutore ci crede veramente, “lo” vede, e “lo” prova – qualunque sia il racconto interiore di quel momento –, lo sentirà anche il pubblico. Penso che se hai bisogno di cadere, devi cadere davvero; che tu sia un danzatore o un contabile, tutti i corpi sanno distinguere il vero dal falso. Oona Doherty
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Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
This is a tough one for me as I think I’m still learning about this relationship. I’m not sure I have a clear kinetic understanding of what the audience is witnessing/experiencing during one of my shows, which is maybe very different from the internal narratives that drive the movement material. I’m unsure if it can only read as struggle and euphoria, dark and light? The internal is very layered with scenes, people and forces at work in the body, and space to give reason to move like this. But I do think that if the performer truly believes and sees “it”, feels “it” – whatever that moment’s narrative may be – the audience will feel it. If you need to fall, you have to really fall, I think; whether you’re a dancer or an accountant, all bodies know what’s real and what’s fake.
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Co-direttore artistico di Dead Centre, compagnia teatrale con sede a Dublino, è stato co-autore e co-regista di tutte le produzioni della compagnia, tra cui Alles, was der Fall ist, al Burgtheater di Vienna; Bählaams Fest alla Ruhrtriennale in Germania; e un adattamento del Silenzio di Ingmar Bergman al Göteborgs Stadsteater, in Svezia. Altri crediti di regia/scrittura con il Dead Centre includono: LIPPY, Chekhov’s First Play, Hamnet, Beckett’s Room (una coproduzione con il Gate Theatre di Dublino) e To Be a Machine (Version 1.0) (una co-produzione con il Dublin Theatre Festival). Tutti i lavori sono stati presentati in tournée internazionali, manifestazioni ed eventi come il Festival International New Drama (Berlino), Prague Crossroads, VIE Festival (Modena) e molti altri. Tra i lavori recenti e di prossima realizzazione figurano Katharsis
– un adattamento del romanzo I vagabondi del premio Nobel Olga Tokarczuk, al Burgtheater di Vienna – e un adattamento operistico di Teorema di Pasolini alla Deutsche Oper di Berlino. Ha lavorato anche come attore per Thomas Ostermeier in Returning to Reims, presentato in anteprima al Manchester International Festival nel 2018 e in seguito messo in scena allo Schaubühne di Berlino e al St. Ann’s Warehouse di New York. Co-Artistic Director of Dead Centre, a theatre company based in Dublin, he has co-authored and co-directed all of the company’s productions, including Alles, was der Fall ist, at the Burgtheater, Vienna; Bählaams Fest at Ruhrtriennale, Germany; and an adaptation of Ingmar Bergman’s The Silence at Göteborgs Stadsteater, Sweden. Other Dead Centre directing/ writing credits include: LIPPY,
Chekhov’s First Play, Hamnet, Beckett’s Room (a co-production with the Gate Theatre, Dublin) and To Be a Machine (Version 1.0) (a co-production with Dublin Theatre Festival). All works have toured internationally to festivals and venues such as Festival International New Drama (Berlin), Prague Crossroads, VIE Festival (Modena) and many more. Recent and upcoming work includes Katharsis – an adaptation of Flights by Nobel Prize-winning author Olga Tokarczuk at Burgtheater, Vienna – and an operatic adaptation of Pasolini’s Teorema at Deutsche Oper Berlin. As an actor he has also worked with Thomas Ostermeier, performing in Returning to Reims, which premiered at Manchester International Festival 2018 and then had runs at the Schaubühne, Berlin and St. Ann’s Warehouse, New York.
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Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
“Altered states” significa entrare in un teatro. Non è un comportamento normale. È una forma di autoreclusione e isolamento che di solito si associa alla punizione. Stare seduti fermi, al buio, a lungo, senza alcun contatto con il mondo esterno. Perché lo facciamo? Perché alterare così il nostro stato esistenziale? Evidentemente c’è qualcosa che non va nel nostro stato attuale che ci spinge a cercare realtà alterate. È quello che intendeva Rimbaud quando sosteneva che “un poeta si fa veggente attraverso un lungo, immenso e ragionato sregolamento di tutti i sensi”. Andiamo alla ricerca di nuove prospettive. Nel buio del teatro vediamo ciò che la luce del giorno oscura. Bush Moukarzel
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How does the concept of “altered states” speak to your work?
Altered states means walking into a theatre. It is not a normal thing to do. It is a form of selfconfinement and restriction that would usually be associated with punishment. Sit still, in the dark, for an extended period of time, with no means of contact with the outside world. Why do we do it? Why alter our state of being in such a way? Evidently there is something wrong with our current state that makes us search for altered realities. This is what Rimbaud meant when he claimed that “a poet makes himself a visionary through a long, boundless, and systematised disorganisation of all the senses”. We go in search of new perspectives. In the dark of a theatre we see what the light of the day obscures.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
“Solo le persone superficiali non giudicano dalle apparenze. Il vero mistero del mondo è il visibile, non l’invisibile” – Oscar Wilde Il palcoscenico e il pubblico si incontrano nel “mondo del visibile”. Anche per questo i membri del pubblico spesso si chiamano “spettatori”. Il mio lavoro privilegia l’esterno rispetto all’interno perché, come suggerisce la citazione sopra, la superficie è “già abbastanza profonda”. Nelle superfici possiamo perderci. Dopo tutto, che importanza ha la profonda esperienza interiore vissuta da un danzatore che non riesce a emergere nel “mondo del visibile”? Non lo vede nessuno. Al contrario, cosa succede se il danzatore dentro non prova niente, ma sul palco trova una forma, una coreografia che sente vicina alla propria anima? Diremmo che quel momento funziona. In questo senso, l’esterno contiene l’interno ma non viceversa. L’interno può spesso oscurare l’esterno e impedirci di accedere al “vero mistero del mondo”. Bush Moukarzel
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The stage and the audience meet in “the world of the visible” – this is also why the audience are often called “spectators”. My work prioritises the external over the internal because, as the quotation above suggests, the surface is “deep enough”. We can get lost in surfaces. After all, what does it matter if a performer is having a profound internal experience which fails to rise to “the world of the visible”? No one will see it. Conversely, what if a performer feels nothing inside, but they find a form on stage, a choreography that speaks of their soul? We would say that the moment works. In this sense, the external contains the internal but not the other way around. The internal can often obscure the external and keep us from accessing the “true mystery of the world”. Bush Moukarzel
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
“It is only shallow people who do not judge by appearances. The true mystery of the world is the visible, not the invisible” – Oscar Wilde
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Compositore, danzatore, produttore musicale e remix artist britannico, è uno dei tre membri di The xx. Formato a Londra nel 2005, quattro anni dopo il gruppo pubblica il primo album, xx, che sale al terzo posto nelle classifiche del Regno Unito e vince il Mercury Prize. Coexist (2012), il secondo lavoro, raggiunge il numero uno nel Regno Unito e il quinto posto nella classifica Billboard negli Stati Uniti. xx e Coexist hanno venduto collettivamente oltre quattro milioni di copie. Nel 2013 il gruppo tiene, con The xx in Residence, diciotto serate con il tutto esaurito al Manchester International Festival. Lo spettacolo si trasferisce quindi a New York. Sempre nel 2013, il gruppo cura il proprio festival, Night + Day, a Lisbona, Londra e Berlino. Jamie xx è stato produttore e remixer per Florence and the Machine, Drake, Adele e Alicia Keys ed è stato spesso in tournée con loro e altri artisti. Nel 2015, dopo l’uscita di alcuni singoli, pubblica In Colour, il suo primo album da solista, selezionato tra gli album dell’anno del Mercury Prize, con nomination ai BRIT
Awards e agli Ivor Novello Awards nel 2015, e ai Grammy nel 2016. Quell’anno Jamie xx collabora anche al balletto Tree of Codes con il coreografo Wayne McGregor e l’artista Olafur Eliasson. Nel 2017 si riunisce con The xx per il terzo album, I See You, che si posiziona in cima alle classifiche in otto Paesi. Da allora Jamie xx ha prodotto diversi singoli da solista, in aggiunta all’acclamato primo album del compagno di band Oliver Sim, Hideous Bastard (2022). British composer, performer, music producer and remix artist, he is one of three members of The xx. The group formed in London in 2005, and released their debut album xx four years later. It reached number three in the UK charts and won the Mercury Prize. Coexist (2012), The xx’s second album, reached number one in the UK and five on the Billboard album chart in the US. xx and Coexist have since sold over four million copies between them. In 2013, The xx gave 18 sell-out performances at Manchester International Festival. The show,
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The xx in Residence, later transferred to New York. Also in 2013, the group curated its own festival, Night + Day, in Lisbon, London and Berlin. Jamie xx has toured widely, and has worked extensively as a producer and remixer for acts including Florence and the Machine, Drake, Adele and Alicia Keys. In 2015, following the release of several singles, he released In Colour, his first solo album, which was shortlisted as one of the Mercury Prize albums of the year and received nominations at the 2015 BRIT Awards, the Ivor Novello Awards and the 2016 Grammy Awards. That year Jamie xx also collaborated with choreographer Wayne McGregor and artist Olafur Eliasson on the ballet Tree of Codes. In 2017, he reunited with The xx to release their third album I See You, which topped the charts in eight countries. Jamie xx has since produced several solo singles, as well as bandmate Oliver Sim’s acclaimed debut solo album Hideous Bastard (2022).
Lucy Guerin Inc 230 231 Lucy Guerin Inc
232 233 Lucy Guerin Inc
SPLIT 2017 – 45’ prima italiana / Italian premiere coreografia / choreography Lucy Guerin
luci / lighting design Paul Lim
danzatori / dancers Ashley McLellan Lilian Steiner
produttrice della prima assoluta / producer from world premiere Annette Vieusseux
danzatori della prima assoluta / dancers from world premiere Melanie Lane Lilian Steiner
produzione esecutiva / executive production Brendan O’Connell
composizione / composition Scanner
una produzione di / a production by Lucy Guerin Inc
sound design Robin Fox
22.07.2023 > H 21.00 23.07.2023 > H 20.00 Teatro del Parco – Mestre
SPLIT 234 235 Lucy Guerin Inc
in collaborazione con / in collaboration with Settore Cultura, Teatro del Parco Comune di Venezia
Split esplora un mondo di divisioni. Due donne si alternano fra l’astratto e il drammatico, oscillando tra due identità, in accordo e in conflitto. Sono vincolate da dimensioni di spazio e tempo che continuano a restringersi, che acuiscono l’intensità della loro relazione. È tanto una negoziazione con se stessi quanto con gli altri, e forse indica un desiderio sia di minimalismo sia di eccesso. Questa graduale riduzione degli elementi fondamentali della coreografia riflette la riduzione delle risorse del nostro pianeta e non ci lascia via d’uscita dalla sua inevitabile traiettoria. Split è un’opera intima eseguita da due danzatrici eccezionali sulla musica del compositore britannico Scanner. Split explores a world of divisions. Two women alternate between the abstract and the dramatic, shifting between two identities, reconciled and in conflict. They are framed by ever-diminishing dimensions of space and time, which escalates the intensity of their relationship. It’s as much a negotiation with oneself as with others, and perhaps indicates a desire for both minimalism and excess. This gradual reducing of the fundamental elements of choreography reflects our planet’s shrinking resources, and leaves us no way out of its inevitable trajectory. Split is an intimate work performed by two exceptional dancers, with a musical score by British composer Scanner.
Tra le principali compagnie di danza contemporanea australiane, è nota per la sua indagine coreografica sulla performance dal vivo volta a creare esperienze trasformative per il pubblico. Fondata nel 2002, Lucy Guerin Inc (LGI) si propone di costruire una vivace comunità di danzatori e creatori e di espandere la conversazione sulla coreografia, insieme alla sua pratica. Attraverso programmi di studio ad ampio raggio tra cui lezioni, residenze, laboratori e spazi per mettere in scena nuovi lavori, LGI offre sostegno ad artisti locali e indipendenti nell’esplorazione delle proprie concezioni della danza. La fondatrice e direttrice artistica Lucy Guerin lavora a stretto contatto con eccezionali danzatori e artisti nel campo del suono, della scrittura, delle luci e del design per sviluppare nuove produzioni che nei ventuno anni di storia della compagnia sono state proposte in tournée in tutta l’Australia e all’estero. Le sue opere creano spesso piccole società che traggono le proprie regole dal rapporto del corpo umano con lo spazio, il ritmo e le altre persone. È nota per “la capacità unica di illuminare le profonde emozioni umane attraverso coreografie astratte”
(Hilary Crampton, “The Age”). Nel marzo 2023, LGI ha presentato in anteprima il suo lavoro più ambizioso – NEWRETRO – comprimendo insieme nel presente frammenti di ventuno opere passate, eseguite da ventuno danzatori presso l’Australian Centre for Contemporary Art (ACCA). Altri lavori recenti includono PENDULUM (con il compositore sperimentale Matthias SchackArnott); Metal (con il coro heavy metal indonesiano Ensemble Tikoro); e Attractor (con Dancenorth Australia, Gideon Obarzanek e il duo indonesiano Senyawa). One of Australia’s leading contemporary dance companies, it is known for its choreographic investigation into live performance that creates transformative experiences for audiences. Formed in 2002, Lucy Guerin Inc (LGI)’s purpose is to extend the discourse and practice of choreography and build a vibrant community of dancers and makers. LGI supports local, independent artists to explore their own visions for dance through wide-ranging studio programmes including classes, residencies, workshops and
platforms for showing new works. Founding Artistic Director Lucy Guerin collaborates closely with exceptional dancers and artists in sound, text, light and design to develop new productions that have toured extensively across Australia and internationally throughout the company’s 21-year history. Guerin’s works often create small societies that devise their rules from the human body’s relationship to space, rhythm and other people. She is known for “a unique capacity to illuminate deep human emotions through abstract choreography” (Hilary Crampton, The Age). In March 2023, LGI premiered its most ambitious work to date – NEWRETRO – compressing fragments of 21 past works into the present moment, performed by 21 dancers at the Australian Centre for Contemporary Art (ACCA). Other recent works include PENDULUM (with experimental composer Matthias Schack-Arnott); Metal (with Indonesian heavy metal choir Ensemble Tikoro); and Attractor (with Dancenorth Australia, Gideon Obarzanek and Indonesian duo Senyawa).
Lucy Guerin Inc 236 237 Lucy Guerin Inc
Altered States un’immagine / an image
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Michael KeeganDolan 240 241 Michael Keegan-Dolan
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MÁM 2019 – 80’ prima italiana / Italian premiere creato da / created by Michael Keegan-Dolan in collaborazione con / in collaboration with Teaċ Daṁsa musica / music Cormac Begley e / and stargaze Imogen Alvares Cormac Begley Beatriz C. Bidault Romain Bly Kim Ceysens Marlies van Gangelen Caimin Gilmore James O’Hara Aki Iwamoto Zen Jefferson Mayah Kadish Timon Koomen Maaike van der Linde Amit Noy Keir Patrick Rachel Poirier Ellie Poirier-Dolan Connor Scott David Six James Southward Latisha Sparks Carys Staton scenografia / set design Sabine Dargent luci / lighting design Adam Silverman costumi / costume design Hyemi Shin
sound design dal vivo / live sound design Sandra Ní Mhathúna
gestione costumi / costume management Amanda Donovan
sound design originale / original sound design Helen Atkinson
tecnici del suono / sound technicians Daragh Murphy Ber Quinn
sound design aggiuntivo / additional sound design Romain Bly Jelle Roozenburg coordinamento musicale / music coordination Romain Bly direzione prove in tournée / tour rehearsal direction Mani Obeya produzione / production Dawn Prentice gestione generale / general management Áine Ní Éalaí gestione di produzione / production management Michael Lonergan direttrice di scena / stage manager Marina Dunford vicedirettrice di scena / deputy stage manager Sinéad Cormack assistente alla direzione di scena / assistant stage manager Iain Synnott direttore tecnico di scena / technical stage manager Danny Hones
20.07, 21.07.2023 > H 20.00 Teatro Malibran
MÁM 244 245 Michael Keegan-Dolan
gestione luci / lighting management Dónal McNinch co-prodotto da / co-produced by Dublin Theatre Festival Sadler’s Wells, London New Zealand Festival of the Arts con il supporto di / with the support of NASC & Nomad touring networks tournée internazionale supportata da / international touring supported by Culture Ireland produzione finanziata da / production funded by Open Call award, the Arts Council of Ireland in collaborazione con / in collaboration with Fondazione Teatro La Fenice
MÁM è stato realizzato nel West Kerry Gaeltacht nel 2019, due anni dopo il trasferimento della sede della compagnia dalle Midlands alla punta sudoccidentale dell’Irlanda. MÁM è nato qui, dall’incontro di molte persone, sentimenti e fonti d’ispirazione, ma il viaggio è iniziato davvero mentre stavo camminando sul Cnoc Bhréanainn, dove Brandano, un santo, era rimasto seduto per molti giorni e notti in cerca della rivelazione. Mentre il sole tramontava lentamente nel vasto Oceano Atlantico settentrionale, in quel momento ho scoperto un’impressione – come un seme o un presentimento – che ha dato via al processo creativo che avrebbe portato a MÁM. A chi vive vicino a questa montagna, MÁM (“passo di montagna” in irlandese) potrà dire molte cose; a chi vive in una città dell’Europa industrializzata, potrebbe dire tutt’altro. Per tutti, spero solo che l’incontro con MÁM sia un’esperienza di trasformazione – piccola, grande o media. MÁM was made in the West Kerry Gaeltacht in 2019, two years after we moved the company’s base from the Midlands to the southwest tip of Ireland. MÁM sprung from the meeting of many people, feelings and sources of inspiration that we found here, but the journey truly started one day when I was out walking on Cnoc Bhréanainn – where Brendan, a holy man, sat for many days and nights to enlighten his mind. On this particular evening the sun was sinking slowly into the vast North Atlantic Ocean, and in this moment I discovered a feeling – like a seed or sensation – that eventually grew into a creative process that resulted in MÁM. For a person who lives near this mountain, MÁM (“mountain pass” in Irish) may speak of many things; for one who lives in a city in industrialised Europe, it may speak of others. For anyone who meets with MÁM I only ever hope that they will have a transformative experience – little, big or medium.
Fondata da Michael KeeganDolan nel 2016 quando la sua compagnia, Fabulous Beast Dance Theatre, si è trasferita dalle Midlands irlandesi al West Kerry Gaeltacht, sulla costa sudoccidentale dell’isola, Teaċ Daṁsa realizza opere di danza e teatro che coltivano connessioni profonde ed eloquenti con le tradizioni, la lingua e la musica dell’Irlanda. Teaċ Daṁsa crea un luogo in cui gli artisti possono riunirsi per realizzare opere di danza e teatro che aspirino a trasformare sia l’artista sia il pubblico attraverso l’esperienza dell’opera. Pur essendo radicata in Irlanda, la compagnia attinge a un ensemble internazionale di danzatori, artisti e collaboratori e ha creato produzioni itineranti di risonanza nazionale e internazionale. La prima rivoluzionaria produzione di Teaċ Daṁsa, Swan Lake / Loch na hEala, ha vinto l’Irish Times Theatre Award nel 2017 per la migliore nuova produzione e il National Dance Award dello UK Critics’ Circle per la migliore produzione nel 2018. MÁM, creato nel 2019, è stato il primo spettacolo interamente concepito, preparato e prodotto nel West Kerry Gaeltacht, nominato all’Olivier Award
per la migliore nuova produzione di danza nel 2020 e a due UK National Dance Awards dello UK Critics’ Circle nel 2021. Sempre nel 2021, il regista irlandese Pat Collins ha presentato in anteprima al London International Film Festival il suo documentario The Dance, un film che segue il processo creativo alla base della realizzazione di MÁM. Teaċ Daṁsa è tornata al Dublin Theatre Festival nel 2022 con How To Be A Dancer In SeventyTwo Thousand Easy Lessons, una co-produzione con il Gate Theatre che nel 2023-2024 sarà in tournée nazionale e internazionale. Established by Michael KeeganDolan in 2016 when his company, Fabulous Beast Dance Theatre, moved from the Midlands of Ireland to the West Kerry Gaeltacht on the southwest coast, Teaċ Daṁsa makes dance and theatre work that nurtures deep and meaningful connections with the traditions, language and music of Ireland. Teaċ Daṁsa creates a place where artists can come together to make dance and theatre work that aspires to transform both artist and audience by the experience of the work. While grounded in Ireland, the company draws upon an
international ensemble of performers, artists and collaborators, and has created productions that have toured and resonated both nationally and internationally. Teaċ Daṁsa’s first production, Swan Lake / Loch na hEala was ground-breaking, and won the Irish Times Theatre Award 2017 for Best New Production and the UK Critics’ Circle National Dance Award for Best Production 2018. MÁM, created in 2019, was the first show entirely conceived, rehearsed and produced in the West Kerry Gaeltacht, and was nominated for an Olivier Award for Best New Dance Production in 2020 and two UK Critics’ Circle National Dance Awards in 2021. Also in 2021, Irish film-maker Pat Collins premiered his feature-length documentary, The Dance, as part of the London International Film Festival – a film that follows the creative process behind the making of MÁM. Teaċ Daṁsa returned to the Dublin Theatre Festival in 2022 with How To Be A Dancer In Seventy-Two Thousand Easy Lessons – a co-production with the Gate Theatre that will tour nationally and internationally in 2023-2024.
Teaċ Daṁsa 246 247 Teaċ Daṁsa
Direttore artistico della compagnia Fabulous Beast Dance Theatre dal 1997 al 2015, con cui ha creato tre produzioni nominate agli Olivier Award – Giselle (2003), The Bull (2005) e The Rite of Spring (2009) –, ha studiato spada giapponese con il maestro John Evans e yoga con il guru Shandor Remete. Nel 2004, Giselle vince un Irish Times Theatre Award, e nel 2008 The Bull riceve un National Dance Award dello UK Critics’ Circle. Rian, del 2011, nel 2013 vince un “Bessie” (New York Dance and Performance Awards) per la migliore produzione. Nel 2012, Keegan-Dolan dirige e coreografa una nuova produzione del Giulio Cesare di Handel al London Coliseum per la English National Opera. Nel 2015 crea The Big Noise per la GöteborgsOperans Danskompani, lavorando a stretto contatto con il celebre musicista folk scandinavo Ale Möller.
In qualità di direttore artistico ospite della National Youth Dance Company del Sadler’s Wells per la stagione 2015-2016, Keegan-Dolan sviluppa InNocentes. Nel marzo 2017 elabora un nuovo lavoro sulla Sinfonia n. 8 di Dvořák per la compagnia di danza del Gärtnerplatztheater di Monaco. Associato del Sadler’s Wells, ha una vasta esperienza nell’insegnamento e ha condotto seminari per numerose compagnie di danza e teatro. Artistic Director of Fabulous Beast Dance Theatre (1997 to 2015), creating three Olivier Award-nominated productions – Giselle (2003), The Bull (2005) and The Rite of Spring (2009) – he trained with Japanese sword master John Evans and yoga guru Shandor Remete. In 2004, Giselle won an Irish Times Theatre Award, and The Bull received a 2008 UK Critics’ Circle National Dance Award. Rian, created in 2011, won a
“Bessie” (New York Dance and Performance Awards) for Best Production in 2013. In 2012, Keegan-Dolan directed and choreographed a new production of Handel’s Giulio Cesare at the London Coliseum for the English National Opera. In 2015 he created The Big Noise for the GöteborgsOperans Danskompani, working closely with celebrated Nordic folk musician, Ale Möller. As Guest Artistic Director of the National Youth Dance Company at Sadler’s Wells for the 20152016 season, Keegan-Dolan created In-Nocentes. In March 2017, he devised a new work to Dvořák’s Symphony No. 8 for the dance company of the Gärtnerplatztheater, Munich. An Associate at Sadler’s Wells, he has extensive experience teaching, and has led workshops for a range of dance and theatre companies.
Michael Keegan-Dolan 248 249 Michael Keegan-Dolan
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Danzare è mutare forma e organizzare abilmente il ritmo, il tempo e la qualità delle transizioni tra le forme. Ogni forma ha un’emozione e quindi potenzialmente un uso – alcune più, altre meno. Quando cambiamo forma cambiamo molte cose. Possiamo alterare il nostro stato psichico. Possiamo lavorare attraverso la danza per aumentare o diminuire un’emozione. Possiamo entrare e uscire da diversi stati psichici e possiamo imparare a cogliere le forme che appaiono mentre viaggiamo da una sensazione all’altra. Possiamo imparare a raccogliere le transizioni e la loro sequenza naturale per creare danze da condividere in una performance o in un rituale, che potrebbero quindi consacrarsi all’evoluzione dell’artista e del suo pubblico. Il compito è diventare più consapevoli di questo processo e sviluppare lentamente la capacità di vedere, ascoltare e sentire meglio ciò che si sta svolgendo intorno a noi, per divenire tutt’uno con esso. Michael Keegan-Dolan
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Michael Keegan-Dolan
How does the concept of “altered states” speak to your work?
Dancing is shapeshifting, the art of skilfully organising the rhythm, tempo and quality of the transitions between shapes. And every shape has a feeling and therefore potentially a use – some lesser, some greater. When we change shape we change many things. We can alter our frame of mind. We can work through dancing to increase or decrease a feeling. We can dance ourselves into and out of different states of mind, and we can learn to harvest the shapes that appear as we travel from one sensation to another. We can learn to collect the transitions and their natural sequencing to make dances that we can share in performance or in ritual, which could then be dedicated towards the evolution of the artist and their audience. The work is to become more conscious of this process and slowly develop an ability to see, hear and feel better what is unfolding around us, and then to be entirely at one with that.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
L’energia fa la forma. Un danzatore è un maestro nella manipolazione del movimento dell’energia. Cambiando forma, si può cambiare il flusso o la qualità dell’energia. C’è un nesso tra ciò che viene vissuto interiormente e ciò che diventa espressione di quell’interiorità, che potremmo chiamare esterno. È come una porta che, con pratica e sforzo, diventa più facile da aprire e chiudere. Quando in un artista c’è una connessione ben definita tra interno ed esterno, possiamo provare il senso di integrità e verità che emana anche se siamo seduti in mezzo al pubblico. Michael Keegan-Dolan
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Michael Keegan-Dolan
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
Energy makes shape. A dancer is a master of the manipulation of the movement of energy. By changing shape, you can change the flow or quality of energy. There is a junction between what is experienced as internal and what becomes an expression of that interiority; what we might call external. It’s like a doorway that, through work and practice, becomes easier to open and close. When the connection between the interior and exterior is well defined in any performer, we experience a feeling of integrity and truth that emanates from them when we sit before them as their audience.
Altered States un’immagine / an image
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Pontus Lidberg 256 257 Pontus Lidberg
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ON THE NATURE OF RABBITS 2023 – 60’ prima assoluta / world premiere coreografia / choreography Pontus Lidberg drammaturgia / dramaturgy Adrian Guo Silver animazioni e proiezioni / animations and projections Jason Carpenter musica originale / original music Stefan Levin luci / lighting design Keiron Johnson
assistente alla coreografia / choreography assistant Gamal Gouda con / with Pontus Lidberg e i danzatori / and the dancers danzatori e collaboratori artistici / dancers and artistic collaborators Paulo Arrais Damiano Artale Jens Rosén Nadja Sellrup Oscar Salomonsson Hussein Smko Benjamin Stroman
costume del coniglio / rabbit costume Rachel Quarmby-Spadaccini costumi e guardaroba / costumes and wardrobe Karen Young assistente di produzione / production assistant Grazia Schiavone
commissionato da / commissioned by La Biennale di Venezia co-commissionato e co-prodotto da / co-commissioned and co-produced by Works & Process at the Guggenheim e / and Works & Process LaunchPAD supporto alla residenza di / residency support by Bethany Arts Community con il generoso supporto di / with the generous support of Orsolina 28 Art Foundation Dalateatern Falun Balettakademien Stockholm The Charles and Joan Gross Family Foundation The Barbro Osher Pro Suecia Foundation e di persone altrettanto generose / and similarly generous people
26.07, 27.07.2023 > H 21.00 Arsenale – Teatro alle Tese
ON THE NATURE OF RABBITS 260 261 Pontus Lidberg
On the Nature of Rabbits è ispirato a fatti realmente accaduti. Poco dopo il crollo del muro di Berlino e al culmine dell’epidemia di AIDS, un giovane arriva a Parigi dall’ex Germania Est e si innamora di un uomo con cui non può comunicare. Hanno un’interazione esclusivamente non verbale. La danza e la fisicità sono gli unici linguaggi che possono condividere. In questo nuovo lavoro, Pontus Lidberg astrae questa storia per esplorare la relazione tra i ricordi dell’infanzia e le sfumature del desiderio. La presenza di un coniglio impagliato simboleggia ardori e desideri inespressi. In una serie di scene oniriche, il lavoro contempla l’impatto duraturo degli affetti infantili, il delicato equilibrio tra realtà e immaginazione e le complessità del desiderio e delle relazioni. Proiezioni animate aggiungono alla danza uno strato giocoso e interattivo. On the Nature of Rabbits is inspired by true events, shortly after the fall of the Berlin wall and at the peak of the AIDS epidemic. A young man arrives from former East Germany to Paris and falls in love with a man with whom he cannot speak; they can communicate only in ways that do not include spoken language. Dance and physicality are the only languages they share. In this new work, Pontus Lidberg abstracts this story to explore the relationship between childhood mementos and the nuances of desire. The presence of a stuffed rabbit becomes representative of unspoken longings and desires. In a series of dreamlike scenes, the work contemplates the lasting impact of childhood attachments, the delicate balance between reality and imagination and the complexities of desire and relationships. Animated projections add a playful and interactive layer to the dance.
Coreografo, cineasta, danzatore e vincitore della Guggenheim Fellowship nel 2019, si è saldamente affermato come artista visionario per la sua fusione di cinema e danza. Come coreografo, Lidberg ha creato opere per compagnie come Acosta Danza, Ballet de l’Opéra national de Paris, Beijing Dance Theater, Le Ballet du Grand Théâtre de Genève, Les Ballets de Monte-Carlo, Martha Graham Dance Company, New York City Ballet, Semperoper Ballett (Dresda), Wiener Staatsballett e molte altre, così come per la propria compagnia, Pontus Lidberg Dance. Gli sono state commissionate opere presentate in festival e sedi come Baryshnikov Arts Center, Montpellier Danse, National Arts Center of Canada, New York City Center, festival Oriente Occidente, Chaillot - Théâtre national de la Danse, The Joyce Theater. Il suo lavoro Siren, tra le migliori performance presentate a Cuba nel 2018, ha ricevuto il Villanueva Award dall’Unión Nacional de Escritores y Artistas de Cuba (UNEAC). Il suo film Labyrinth Within ha vinto come miglior film al Dance on Camera Festival nel 2012. Anche The Rain ha ricevuto
numerosi premi; il “New York Times” ha scritto che “The Rain illustra in modo memorabile ciò che un film sulla danza può dire rispetto alla danza in scena”. Il suo primo lungometraggio, Written on Water, con Aurélie Dupont, è stato presentato in anteprima al Festival International du Film sur l’Art di Montréal nel 2021. Lidberg è stato direttore artistico del Danish Dance Theatre tra il 2018 e il 2022. Tornato a operare come artista indipendente, continua a lavorare, progetto dopo progetto, con un gruppo fluido di collaboratori di lunga data. Choreographer, film-maker, dancer and recipient of a 2019 Guggenheim Fellowship, he has firmly established himself as a visionary artist, merging dance and film. As a choreographer for the stage, Lidberg has created works for dance companies including Acosta Danza, Ballet de l’Opéra national de Paris, Beijing Dance Theater, Le Ballet du Grand Théâtre de Genève, Les Ballets de Monte-Carlo, Martha Graham Dance Company, New York City Ballet, Semperoper Ballett (Dresden), Wiener Staatsballett and many more, as well as for
Pontus Lidberg Dance, his eponymous project. His work has been commissioned and presented by festivals and venues including Baryshnikov Arts Center, Montpellier Danse, the National Arts Center of Canada, New York City Center, Oriente Occidente festival, Chaillot Théâtre national de la Danse, and The Joyce Theater. His work Siren received a Villanueva Award from Unión Nacional de Escritores y Artistas de Cuba (UNEAC) in 2018. His film Labyrinth Within won Best Picture at the Dance on Camera Festival in 2012. His film The Rain received numerous awards; The New York Times wrote “memorably, The Rain illustrates what filmed dance can say that staged dance cannot”. His first feature film, Written on Water, starring Aurélie Dupont, premiered at Le Festival International du Film sur l’Art in Montreal in 2021. He was the Artistic Director of Danish Dance Theatre between 2018 and 2022. As Lidberg returns to making work as an independent artist, he continues to work with a fluid group of longtime collaborators on a project-byproject basis.
Pontus Lidberg & Pontus Lidberg Dance 262 263 Pontus Lidberg & Pontus Lidberg Dance
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Gli stati di alterazione possono assumere varie forme nel processo coreografico. Possono essere fisici o emotivi, forzare i limiti sia del corpo sia della mente e comportare l’uso di pratiche di movimento alternative o non tradizionali. Traggo ispirazione da varie discipline come la somatica, l’improvvisazione, le arti marziali e i movimenti quotidiani. Incorporando diversi linguaggi motori nel mio processo coreografico, il mio lavoro e le nozioni sulla natura della danza continuano a evolversi. Gli stati di alterazione comprendono anche l’esplorazione di paesaggi emotivi e interiori. Cerco di scavare nelle profondità delle emozioni umane per generare materie e immagini motorie, con la speranza che questa esplorazione si traduca in un lavoro coreografico in grado di suscitare riverberi emotivi sui danzatori e sugli spettatori. Pontus Lidberg
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in various ways in the choreographic process. They can be physical or emotional, challenging boundaries of both body and mind, and involve the use of alternative or non-traditional movement practices. I draw inspiration from various disciplines such as somatics, improvisation, martial arts and everyday movements. By incorporating diverse movement languages into my choreographic process, both my work and notions of what constitutes dance continue to evolve. Altered states also encompass the exploration of emotional and internal landscapes. I try to delve into the depths of human emotions to generate movement material and images, with the hope that this exploration results in choreographic work that elicits emotional resonance from performers and audiences alike. Pontus Lidberg
How does the concept of “altered states” speak to your work?
Altered states can manifest
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
La mia pratica mette in primo piano gli aspetti interni dell’esperienza umana – psicologici, spirituali ed emotivi –, e il mio approccio ha più di un punto in comune con quello che viene definito “realismo magico”. La pioggia totale e incessante di The Rain è allo stesso tempo reale e magica, un tentativo di rappresentare sia la realtà interiore sia quella esteriore. In Written on Water, il corpo umano ritratto in vari modi nell’acqua descrive anche eventi interiori. È un paradosso: è magico nel senso che non è spiegabile razionalmente, eppure è allo stesso tempo reale. Costituisce cioè la realtà del personaggio. Pontus Lidberg
266 267 Pontus Lidberg
Pontus Lidberg
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
Internal aspects of human experience – psychological, spiritual and emotional – are at the forefront of my practice, and the term “magical realism” and many of its implications are relevant to my approach. The ceaseless and all-encompassing rain in The Rain is at the same time real and magical, an approach to depicting reality both internal and external. In Written on Water, the human body portrayed in various ways in water also describes internal events. It is a paradox: it is magical in the sense that it is not rationally explainable, yet it is simultaneously real – it is the reality of the character.
Altered States un’immagine / an image
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Rachid Ouramda 270 271 Rachid Ouramdane
ane
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VARIATION(S) 2019 – 60’ prima italiana / Italian premiere design e coreografia / design and choreography Rachid Ouramdane
prodotto da / produced by Chaillot - Théâtre national de la Danse
musica / music Jean-Baptiste Julien
co-prodotto da / co-produced by CCN2 - Center chorégraphique national de Grenoble Bonlieu Scène nationale Annecy Théâtre de la Ville, Paris
luci / lighting design Stéphane Graillot direzione di scena / stage management Jean-Marc L’Hostis scenografia / set design Sylvain Giraudeau
creato il 9 ottobre 2019 presso / created on 9 October 2019 at Bonlieu Scène nationale Annecy con il supporto di / with the support of Dance Reflections by Van Cleef & Arpels
con / with Annie Hanauer Ruben Sanchez
19.07.2023 > H 21.00 20.07.2023 > H 18.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi
VARIATION(S) 274 275 Rachid Ouramdane
“Cerca di scoprire la differenza nell’identico”. Durante la genesi di Variation(s), Rachid Ouramdane si è fatto guidare da questa frase di Fernand Schirren – grande saggista e artigiano del ritmo scomparso nel 2001 –, che apre prospettive vertiginose. L’opera si svolge in uno spazio vuoto che permette di concentrarsi appieno sulla danza stessa. Si articola in due assoli di pari durata interpretati da due complici di lunga data del coreografo, Ruben Sanchez e Annie Hanauer. Sanchez, primo a salire sul palco, avanza con vibrante agilità – prima nel silenzio, poi in una libera osmosi con le incantevoli suggestioni del jazz crepuscolare di Jean-Baptiste Julien. Esplora lo spazio con forza e grazia, attraversato com’è da uno stile ibrido (tip tap, flamenco, music-hall) con un ostinato tocco personale. Hanauer offre quindi una danza vorticosa e scintillante, punteggiata da momenti di epifania, a un tempo fluidi ed espressivi. In intima risonanza tra loro, per Ouramdane questi due assoli rappresentano “le due facce opposte di un nastro di Möbius”, continuum perfetto marcato però da una singolarità insormontabile. “Try to find out the difference in the same”. During the genesis of Variation(s), Rachid Ouramdane was guided by this phrase of Fernand Schirren – great essayist and craftsman of rhythm who died in 2001 – which opens up vertiginous perspectives. The piece takes place in an empty space, allowing a maximum concentration on the dance itself. It consists of two solos of equal length interpreted by two long-time accomplices of the choreographer – Ruben Sanchez and Annie Hanauer. The first on stage, Sanchez evolves with vibrating nimbleness – first in silence, then in a free osmosis with spellbinding music of a twilight jazzy tendency by Jean-Baptiste Julien. Inhabited by a hybrid style (tap dance, flamenco, music-hall) with a stubborn personal touch, he explores the space with strength and grace. Hanauer then delivers a whirling and shimmering dance, punctuated with epiphanic moments, both fluid and expressive. In intimate resonance with each other, these two solos represent, according to Ouramdane, “the two opposing sides of a Möbius strip”; constituting a perfect continuum, while displaying an invincible singularity.
Nato a Nîmes nel 1971, si avvicina alla danza all’età di dodici anni grazie alla scoperta dell’hip-hop. Radicato nella cultura urbana e in piena espansione negli anni Ottanta e Novanta, questo movimento agisce come strumento di emancipazione fisica e politica. Fortemente dedito a questa disciplina, parallelamente segue corsi intensivi di danza classica e moderna. Nei primi anni Novanta lascia gli studi di biologia per dedicarsi alla danza e viene ammesso al Centre national de danse contemporaine di Angers. Interprete e coreografo, partecipa a numerose collaborazioni, in particolare con Meg Stuart, Odile Duboc, Hervé Robbe, Alain Buffard, Christian Rizzo, Julie Nioche, Emmanuelle Huynh. Le creazioni di Rachid Ouramdane sono spesso centrate sul tema della testimonianza e dell’esperienza personale (minori rifugiati, vittime di torture o di catastrofi naturali, sportivi dilettanti), materiale per ordire una coreografia strutturata. Per le proprie creazioni, come per le opere su commissione e i workshop, Ouramdane si avvale del contributo di artisti circensi (Compagnie XY), drammaturghi (Pascal Rambert, Sonia Chiambretto), artisti visuali
(Nicolas Floc’h e Mehdi Meddaci), musicisti (Jean-Baptiste Julien e Alexandre Meyer). Autore di un progetto ambizioso articolato intorno alla multiformità e alle collaborazioni, dall’aprile 2021 è direttore di Chaillot - Théâtre national de la Danse. In questo stesso spirito di apertura al mondo e di interscambio tra discipline differenti, ha scelto come artisti associati figure provenienti da ambiti diversi come Gisèle Vienne, Nacera Belaza, Aurélie Charon, Fanny de Chaillé, Dorothée Munyaneza, la Compagnie XY, François Chaignaud, Faustin Linyekula e Kery James. Born in Nîmes in 1971, he discovered dance at the age of 12 through hip-hop. Rooted in urban culture and in full bloom in the 1980s and 1990s, this movement serves as a means of physical and political emancipation. Strongly dedicated to it, Ouramdane also underwent intensive training in classical and modern dance. In the early 1990s he decided to abandon his biology studies to devote himself exclusively to dance. Accepted at the Centre national de danse contemporaine in Angers, he collaborated widely as both a choreographer and a performer, especially with Meg
Rachid Ouramdane 276 277 Rachid Ouramdane
Stuart, Odile Duboc, Hervé Robbe, Alain Buffard, Christian Rizzo, Julie Nioche and Emmanuelle Huynh. A frequent theme in Ouramdane’s creations is that of bearing witness to unique personal experiences (such as those of child refugees, victims of torture or natural disasters, sports amateurs); material he then moulds into structured pieces of choreography. Key contributors to his creations and collaborators are circus artists Compagnie XY; playwrights Pascal Rambert, Sonia Chiambretto and others; visual artists Nicolas Floc’h and Mehdi Meddaci; and musicians Jean-Baptiste Julien and Alexandre Meyer. Author of an ambitious project centred around multiformity and collaborations, Ouramdane has been Director of Chaillot Théâtre national de la Danse since April 2021. In this same spirit of openness to the world and exchange between different disciplines, he has chosen as associate artists figures from diverse backgrounds such as Gisèle Vienne, Nacera Belaza, Aurélie Charon, Fanny de Chaillé, Dorothée Munyaneza, the Compagnie XY, François Chaignaud, Faustin Linyekula and Kery James.
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Il concetto di “altered states” è la chiave del mio lavoro, specialmente in relazione a ciò che provano i danzatori. Gli esempi non mancano: Lora Juodkaite, che con il suo stile di danza rotante sfiora uno stato di trance (Dans le noir su voit mieux); gli stati estremi di acrobati e atleti di alto livello, cardine di Corps extrêmes; o anche i cambiamenti graduali di Variation(s), in cui gli stati del corpo alterano la percezione del pubblico. Il termine porta anche a chiedersi: alterazione rispetto a cosa? Ogni esecutore raggiungerà un diverso stato di alterazione rispetto alla sua pratica abituale. Quando il funambolo Nathan Paulin parla di uno stato di alterazione nel bel mezzo di una traversata, si trova già in uno stato fuori dall’ordinario rispetto alla gente comune. Cerco di capire come questi punti di svolta si intersechino fra gli interpreti in scena, e come ciò si traduca per il pubblico. Il mio ruolo di coreografo consiste anche nel prestare estrema attenzione e nel tentare di entrare in sintonia con quello che avviene sul palco, in modo da poter raggiungere e poi catturare quell’istante preciso, ma spesso elusivo, in cui si verifica un’alterazione. Rachid Ouramdane
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Rachid Ouramdane
How does the concept of “altered states” speak to your work?
This idea of altered states is key to my work, particularly when it comes to what the performers experience. I can think of many examples, including the dancer Lora Juodkaite, who reaches an almost trance-like state through her specific spinning dance style (Dans le noir on voit mieux), the extreme states of acrobats and high-level athletes who are the cornerstone of Corps extrêmes, or even in the gradual changes of Variation(s), in which body states alter the audience’s state of perception. The phrase raises an interesting question: altered in relation to what? Each performer will reach a different altered state depending on their main practice. When the highline walker Nathan Paulin talks about this altered state that occurs in the middle of a crossing, he’s already in an extraordinary state to the average person. I’m seeking out how these tipping points meet amongst the performers on stage, and how that translates to the audience. As a choreographer, I think I have to be extremely alert and attuned to what’s going on so I can bring in and grasp that sometimes-elusive point when the change happens.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Per poter respirare, e per evitare cedimenti, un corpo – sia esso umano, sociale o architettonico – necessita di una circolazione stabile tra esterno e interno. A volte basta un cambiamento esteriore marginale per comprometterne l’equilibrio strutturale, o viceversa. Variation(s) ne è un esempio: due assoli, apparentemente distinti, le cui affinità emergono gradualmente attraverso i motivi musicali o gestuali. I danzatori non sono mai sul palco nello stesso momento, eppure si verifica un’interazione. Quello che sta fuori interagisce continuamente con quello che sta dentro. Le pause sono interessanti in quanto costringono, per vie a volte inaspettate, a ritrovare l’equilibrio complessivo e la fluidità. Più in generale, nei miei lavori ho cercato costantemente di rivelare i sentimenti provati dalle persone che dirigo. Provo così a documentare chi esse siano, cercando di ricostruire i diversi modi in cui ciascuno da un lato percepisce gli elementi della vita intorno a sé, e dall’altro porta la propria sensibilità verso il mondo esterno. Rachid Ouramdane
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Rachid Ouramdane
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
To breathe, a body – whether it is human, social or a building – needs the internal and the external to flow evenly, or else that body will be compromised. Sometimes it only takes a marginal external change to throw a body off kilter, or the opposite. Variation(s) is a case in point. They are two seemingly distinct solos whose similarities appear gradually through the musical or gestural motifs. The dancers are never together on stage and yet an interaction happens. The one who is outside is constantly interacting with the one who is inside. The breaks are interesting as they force one – through sometimes unexpected roads – to regain overall balance and flow. More broadly, in my pieces I have tried consistently to reveal the feelings experienced by the people I direct. In this way I am documenting who they are by actualising how everyone perceives the elements of life around them differently and brings their sensitivity to the external world.
Altered States un’immagine / an image
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Andrea Peña & Artists 284 285 Andrea Peña & Artists (AP&A)
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BOGOTA 2023 – 80’ prima assoluta / world premiere coreografia e direzione artistica / choreography and artistic direction Andrea Peña danzatori / dancers Nicholas Bellefleur Jean-Benoît Labrecque Chi Long Jontae McCrory Erin O’Loughlin Charlie Prince Francois Richard Frédérique Rodier Jo Tainii luci / lighting design Hugo Dalphond sound design Debbie Doe
consulenza artistica / artistic advice Helen Simard costumi / costume design Jonathan Saucier Polina Boltova scenografia / set design Jonathan Saucier direzione di scena / stage management Conrad St-Gelais visuals Bobby Leon Felix Godbout Delavaud Antoine Ryan & Kevin Calero Andrea Peña
drammaturgia / dramaturgy Angelique Wilkie
13.07.2023 > H 19.30 15.07.2023 > H 16.00 16.07.2023 > H 21.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi
BOGOTA 288 289 Andrea Peña & Artists (AP&A)
co-produzione / co-production La Biennale di Venezia Agora de la danse Danse Danse Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo developing agent Mickaël Spinnhirny - Agence Mickaël Spinnhirny con il supporto di / with the support of La Biennale di Venezia Agora de la danse Conseil des arts du Canada Conseil des arts et des lettres du Québec Danse Danse Maison de la culture Notre-Dame-de-Grâce Conseil des arts de Montréal vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica internazionale / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new international choreographic creation
Sono onorata di poter iniziare l’avventura di BOGOTA: uno spazio di rappresentazione coreografica e progettuale e secondo lavoro su larga scala di Andrea Peña & Artists (AP&A). Esplorando le nozioni di morte e resurrezione in una prospettiva postindustriale, queer e del Barocco latino-americano, BOGOTA è ambientato in un universo dal design arido e brutalista; porta sulla scena corpi e oggetti come elementi del paesaggio, estendendo le nostre nozioni di tempo attraverso imponenti materiali edilizi che mettono in tensione la forza e la fragilità del corpo. L’opera mira a offrire uno spazio per l’attivazione dal vivo, per la trasformazione energetica e l’interazione in tempo reale con gli artisti, attraverso sistemi che esplorano la morte e la resurrezione come trasformazioni coreografiche nel corpo all’interno di un paesaggio materiale e scenografico. I am humbled to embark on BOGOTA: Andrea Peña & Artists (AP&A)’s second large-scale work – a choreographic and design performative situation. Exploring notions of death and resurrection through a post-industrial, queer and a Latin American Baroque lens, BOGOTA is set within a dry and brutalist industrial design universe, staging bodies and materials as landscapes, stretching our notions of time through large-scale construction objects that place in tension the force and fragility of the body. The work aims to offer space for live activation, energy transformation and real-time negotiations with the artists, through systems that explore death and resurrection as choreographic transformations in the body within a material and scenographic landscape.
È una compagnia multidisciplinare di artisti trentenni e oltre che lega insieme gli universi della coreografia e del design. Fondata nel 2014 a Montréal, Québec nella regione di Tiohtià:ke, la compagnia fonde corpo e materialità in rappresentazioni teatrali e opere digitali e scultoree per creare universi d’arte vivente. La pratica poliedrica di AP&A esplora le periferie dell’immaginario sociale e le narrazioni ibride che alimentano la collisione di diversi campi, discipline e individui. I lavori più recenti della compagnia includono: Viun (2014), Kairos (2015) e Zero One One Zero (2017), Untitled I (2018) e Untitled I + III (2019), che hanno vinto l’Hong Kong International Choreography Award; 6.58:
MANIFESTO (2021), che ha vinto il Clifford E. Lee Award del Banff Centre e aperto l’internationale tanzmesse nrw nel 2022. Queste opere sono state presentate in Canada, Giappone, Stati Uniti, Germania, Italia, Svezia, Norvegia, Francia, Messico, Panama, Grecia, Spagna e India. A multidisciplinary company of 30-year-old+ artists that merges the universes of choreography and design. Founded in 2014 in Montreal, Quebec in the territory of Tiohtià:ke, the company merges the body and materiality in performative, digital and sculptural works to create living arts universes. AP&A’s multifaceted practice explores the
peripheries of social imagination, and hybrid narratives that nurture the collision of different fields, disciplines and individuals. The company’s most recent works include: Viun (2014), Kairos (2015) and Zero One One Zero (2017), Untitled I (2018) and Untitled I + III (2019), which won the Hong Kong International Choreography Award; and 6.58: MANIFESTO (2021), which won the Banff Centre’s Clifford E. Lee Award and opened the 2022 internationale tanzmesse nrw. This works have been presented across Canada, Japan, the USA, Germany, Italy, Sweden, Norway, France, Mexico, Panama, Greece, Spain and India.
Andrea Peña & Artists (AP&A) 290 291 Andrea Peña & Artists (AP&A)
Nata a Bogotá, Colombia, nel 1990, ha fondato Andrea Peña & Artists (AP&A) dopo una carriera come performer con Ballet BC e Ballets Jazz Montréal. Le sue creazioni sono ora riconosciute in Canada e all’estero per il loro valore di spazi critici e alternativi di condivisione rispetto alle nostre nozioni di umanità sensibile. Con una laurea magistrale in Disegno industriale presso la Concordia University, il lavoro di Peña incorpora approcci interdisciplinari che sfidano la pratica coreografica come fonte di sperimentazione e
conoscenza collettiva. In qualità di artista queer biculturale, Peña è nota per le sue tecniche complesse e stratificate incentrate sul contatto profondo tra il corpo fisico e un approccio di ricerca altamente concettuale. Born in Bogotá, Colombia in 1990, she created Andrea Peña & Artists (AP&A) after a career as performer with Ballet BC and the Ballets Jazz Montréal. She is now recognised in Canada and internationally for her creations as critical, alternative and spatial encounters that break with our
notions of a sensitive humanity. With a Masters in Industrial Design from Concordia University, Peña’s work incorporates cross-disciplinary approaches that challenge choreographic practice as a source of collective experimentation and knowledge. As a queer bi-cultural artist, Peña is known for her complex layered systems that involve deep encounters between the physical body and a highly conceptual research approach.
Andrea Peña 292 293 Andrea Peña
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Il mio lavoro, e BOGOTA in particolare, è una ricerca sulle evoluzioni del complesso e oscillante stato dell’essere. Lo stato dell’essere come processo ciclico di trasformazione in una continua evoluzione che crolla, si ricostruisce, si rigenera, si rinnova sul piano fisico, mentale e spirituale. Le opere non ritagliano lo spazio per la performatività dell’alterazione; lo ritagliano, piuttosto, ai fini di una compresenza individuale e pluriversale dell’alterare e del lasciarsi alterare attraverso l’opera. Stati di alterazione come situazioni coreografiche e nozioni di tempo che generano uno spazio per un’ibridazione politica, per l’intermedio, per la liminalità dell’identità, attraverso la pratica attiva del queering. To queer denota la pratica di sfidare, ricontestualizzare, sovvertire e riappropriarsi di ciò che è normale all’interno dei paradigmi socio-culturali; i nostri lavori mirano pertanto a un’alterazione degli stati sia per l’esecutore, sia per il pubblico che emerge da un queering collettivo e riflessivo. Processi esecutivi che includono il pubblico, che da partecipante si pone a testimone della visceralità temporale della trasformazione. Questi “universi alternativi”, come mi piace chiamarli, sono attivazioni vive offerte dall’umanità vulnerabile degli individui sul palco, che attraversano coraggiosamente le mutazioni dei propri unici e complessi archetipi del sé. Un’energia che dà spazio alla coesistenza di sacro e profano attraverso il dolore e la celebrazione di stati di alterazione. Andrea Peña
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Andrea Peña
How does the concept of “altered states” speak to your work?
My work, and BOGOTA in particular, searches for the evolutions of the complex and wavering state of being. The state of being as a cyclical process of transformation in a continuous evolution that collapses, rebuilds, regenerates, renews within the physical, the mental and the spiritual. The works carve space not for the performativity of alteration; they rather carve space for an individual and pluriversal co-presence of altering and allowing oneself to be altered through the work. Altered states as choreographic situations, and notions of time that make space for a political hybridity, for what is in-between, for the liminality of identity, through an active practice of queering. To queer denotes a practice of challenging, recontextualising, subverting and re-appropriating what is normal across socio-cultural paradigms; therefore our works aim towards an alteration of states for both performer and audience that emerges from a collective and reflective queering. Performative processes that include the audience’s posture of being witness as a participant in the temporal viscerality of being transformed. These “alternative universes”, as I like to call them, are live activations offered by the vulnerable humanity of those individuals on stage, who courageously traverse mutations of their singular and complex archetypes of self. An energy that gives space for the sacred and the profane to co-exist through the pain and celebration of undergoing altered states.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Nel pensare alla nozione di interno ed esterno, il mio cervello si blocca sulla distinzione binaria tra questi due estremi. Lavorando in spazi liminali – fra il centro e la periferia –, la nozione di interno ed esterno spinge la nozione di esperienza in due direzioni. Piuttosto, mi trovo a riflettere sulla delicata membrana tra interno ed esterno. Qual è lo spazio di porosità e influenza tra questi due opposti? Credo che nei nostri lavori siamo alla ricerca di questa membrana porosa che si trova fra il dentro e il fuori. Dove il dentro si fonde con il fuori, dove si rovescia, dove si guasta, dove si spinge oltre il dovuto. Dove l’interno diventa l’esterno e l’esterno diventa l’interno. Una complessa dualità che diventa l’ecosistema dell’uno e dei molti. Andrea Peña
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of internal and external, my brain comes to a halt as I experience a brain freeze rooted in the binary distinction between these two extremes. Working in the liminal spaces of the in-between – of what lies between the centre and the periphery – the notion of internal and external pulls the notion of experience in two directions. Rather, I find myself reflecting on the delicate membrane between internal and external. What is the space of porosity and influence between these two binaries? I think in our works we search for this porous membrane that lies between what is inner and what is outer. Where the inner blends with the outer, where it spills, where it spoils, where it goes further than it should. Where the inner becomes the outer and the outer becomes the inner. A complex duality that becomes the ecosystem of one and many. Andrea Peña
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
In thinking about the notion
Altered States un’immagine / an image
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Andrea Salustri 300 301 Andrea Salustri
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MATERIA 2021 – 60’
creazione e performance / creation and performance Andrea Salustri luci e direzione tecnica / lighting design and technical direction Michele Piazzi team tecnico / technical team Michele Piazzi Chamsedine Madec Ivan Bartsch Andrea Parolin Andreas Harder sound design Federico Coderoni musica originale / original music Federico Coderoni Ah! Kosmos consulenti creativi / creative advisors Kalle Nio Roman Müller Darragh McLoughlin Alex Lempert Benjamin Richter Matthias Buhrow Mariagiulia Serantoni
co-produzione / co-production PERPLX gestione artistica / artistic management Valentina Barone distribuzione / distribution Lisa Laubner - Aurora Nova (worldwide) Stéphane Noël - Materialise (Asia) Niamh Moroney (Belgium, Ireland) Valentina Barone (Italy) residenze / residencies Chamäleon Theater L’Espace Périphérique - La Villette La Maison des Jonglages cirqu’Aarau Katapult Zirkusquartier Zürich La Briqueterie CDCN du Val-de-Marne kunstencentrum BUDA PERPLX
25.07.2023 > H 20.00 26.07.2023 > H 18.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi
MATERIA 304 305 Andrea Salustri
con il supporto aggiuntivo di / with additional support of circusnext - European platform co-finanziato da / co-funded by Creative Europe Programme of the European Union Chamäleon Productions cirqu’Aarau circus re:searched Berlin Senate Department for Culture and Europe TelepART programme of the Finnish Institute in Germany
Una coreografia per diverse forme di polistirolo e un essere umano MATERIA esplora le possibilità di un materiale, il polistirolo, fino a renderlo vivo e protagonista degli eventi che si verificano sul palco. Il ruolo del performer si sposta verso quello del facilitatore, e l’attenzione viene costantemente negoziata fra oggetto, manipolatore e manipolazione. Un percorso conduce e segue il materiale, dal movimento esitante di un fragile incontro fino al frastuono orchestrato da un apparato autosufficiente. L’opera oscilla tra calma e oscurità, tra scoperta e distruzione. Lo spettacolo cerca di non forzare una narrazione, bensì di dare allo spettatore la possibilità di proiettare le proprie associazioni sul materiale scenico. All’interno di una struttura definita, gli oggetti sono liberi di prendere iniziative. A Choreography for Several Polystyrene Shapes and One Human MATERIA explores the possibilities of one material, polystyrene, to the point that it becomes alive and the protagonist of the events occurring on stage. The role of the performer shifts towards that of the facilitator, and the focus is constantly negotiated between object, manipulator and manipulation. A path leads and follows the material, from the hesitating movement quality of a delicate encounter to the loud soundscape of a self-sufficient apparatus. The work drifts between calmness and darkness, between discovery and destruction. The piece tries not to force a narrative, but rather lets the audience project their own narrative onto the images presented on stage. Within a set structure, objects are free to take initiatives.
Nato a Roma nel 1988, inizia come artista di strada, esibendosi in spettacoli di giocoleria e manipolazione di fuoco. Nel 2013 si laurea con lode in Filosofia all’Università La Sapienza di Roma e decide di trasferirsi a Berlino per studiare danza contemporanea. Completato il Dance Intensive Program presso Tanzfabrik Berlin, si iscrive allo Hochschulübergreifendes Zentrum Tanz Berlin (HZT) per perfezionarsi in danza
e coreografia. Nel 2018-2019 è laureato circusnext - European circus label. Attualmente sta creando installazioni multimediali e porta in tournée il suo lavoro MATERIA. Born in 1988 in Rome, he learned contact juggling and fire manipulation, and has worked as a street artist. In 2013 he graduated cum laude in Philosophy from Università La Sapienza in Rome, then decided
to move to Berlin to pursue an education in contemporary dance. He first completed the Dance Intensive Program at Tanzfabrik Berlin, and went on to study dance and choreography at the Hochschulübergreifendes Zentrum Tanz Berlin (HZT). Salustri is a circusnext European circus label laureate 2018-2019. Currently, he is creating multi-media installations and touring his work MATERIA.
Andrea Salustri 306 307 Andrea Salustri
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Viviamo in ambienti popolati da oggetti e modellati dalla funzionalità d’uso. Apparecchi elettrici, veicoli, mezzi di trasporto, valute, dispositivi tecnologici e meccanici ecc. – tutto il nostro mondo è pieno di oggetti. Siamo assediati dalla materia. La nostra comprensione di questi oggetti varia a seconda delle esigenze e della competenza d’uso. Apprendiamo il modo corretto ed efficace di usare le cose, ma allo stesso tempo perdiamo gradualmente la capacità di esaminarle. Di oggetti che non possono più assolvere la loro funzione primaria diciamo che sono rotti o inutilizzabili, e li buttiamo via. Appena possiamo permettercelo, li sostituiamo con oggetti perfezionati. Li riduciamo insomma alla funzionalità imposta dal loro design, e questo – assieme al loro valore economico – determina sia i confini della nostra percezione sia i termini del nostro rapporto con essi. MATERIA rappresenta un tentativo di cambiare questa percezione e di instaurare un rapporto diverso con uno dei più tipici materiali usa e getta: il polistirolo. Il lavoro mira ad alterare il nostro stato di presenza con gli ambienti pieni di oggetti in cui siamo immersi, da uno di sfruttamento a uno di coesistenza, invitandoci a mettere in discussione e rimodellare la nostra interazione quotidiana con gli oggetti. La danza, a volte, si deve scoprire più che creare. MATERIA incoraggia gli spettatori ad alterare la propria percezione e a lasciarsi andare a uno stato di giocosa scoperta in cui la coreografia prende forma come un processo piuttosto che un prodotto, che ci circonda silenziosamente. Andrea Salustri
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Andrea Salustri
How does the concept of “altered states” speak to your work?
Besieged by matter, we navigate through object-based environments shaped by functionality of use. Electrical appliances, vehicles, means of transportation, currencies, technological and mechanical devices, etc. – our entire world is full of stuff. We understand these objects to different degrees of complexity, in relation to our needs and our capacity to operate them. We learn the proper and effective way to use things, but at the same time gradually lose the ability to investigate them. We declare as broken or unusable objects that have lost the capacity to serve their primary purpose, which we dispose of easily. We replace objects for others that have improved characteristics, where economically feasible. In short, we flatten objects to their designed functions, and this – together with their economic value – defines the borders of our perception and dictates the way we relate to them. MATERIA represents an attempt to shift this perception and engage in a different relationship with one of the most disposable materials: polystyrene. The work aims to alter our state of presence with our object-based environments, from one of use and disposal to one of coexistence, inviting us to question and reshape our daily interaction with objects. Dance is, at times, to be discovered rather than created. MATERIA encourages the spectators to alter their perception and embrace a state of playful discovery where choreography generates as a process rather than a product, silently surrounding us.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
La mia pratica comprende danza, circo e manipolazione di oggetti. Si concentra sulle nostre interazioni con essi: dalla percezione alla ricerca del movimento, fino a un’esplorazione olistica che tenta di ri-trovare gli oggetti attraverso un processo di defamiliarizzazione e riscoperta giocosa. Tutto ciò si basa sull’idea che i costituenti fondamentali della realtà non sono cose ma processi. Questo concetto metafisico, condiviso da numerosi filosofi antichi e moderni, ha fortemente influenzato il mio lavoro, risultando in un dialogo tra la mia coreografia e il suo ambiente, in una direzione de-antropocentrica. In questo senso, la mia pratica cerca di allontanarsi dall’imposizione unidirezionale dell’interno sull’esterno, dalla mera creazione di materiale coreografico da spingere nel mondo, e cerca invece un dialogo in cui l’esterno e l’interno – il mondo e la mia esperienza del mondo – sono in un costante scambio reciproco. Questo scambio ruota attorno alla percezione umana e al rapporto con gli ambienti caratterizzati dai loro oggetti, generando una serie di incontri unici che sfuggono a qualsiasi desiderio di cristallizzazione coreografica. De-antropocentrismo significa capacità di trasformazione soggettiva, capacità di essere influenzati dalle cose così come le cose sono influenzate da noi. La mia pratica con gli oggetti si radica nell’ascolto e nell’osservazione, attraverso la lente di una object-oriented ontology. Andrea Salustri
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Andrea Salustri
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
My practice grows at the borders between dance, circus and object manipulation. It focusses on our interactions with objects: from perception to movement research, to an holistic exploration that attempts to re-encounter objects through a process of defamiliarisation and playful rediscovery. A starting point for this is the idea that the fundamental constituents of reality are not things but processes. We are used to look at the world as a collection of things, where objects and ourselves exist as identifiable and delimited blocks of reality, as enduring substances traversed by accidental processes of change. But identities can be associated with processes rather than substances, we might look at the world not as a collection of things, but rather as a collection of processes in a particular state at a particular time. This metaphysical concept, shared by many ancient and modern philosophers, has strongly influenced my work towards a more dialogical approach between my choreographic work and its environment, in a de-anthropocentric direction. In this sense, my practice seeks to deviate from the unidirectional imposition of the internal on the external, from the mere creation of choreographic material to be pushed out into the world, and instead seeks a dialogue in which the external and the internal – the world and my experience of the world – are in a constant mutual exchange. This exchange revolves around our perception and relationship to our object-based environments, engaging in a series of unique encounters that elude any desire for choreographic crystallisation. De-anthropocentrism means the capacity for subjective transformation, the ability to be affected by things just as things are morphed by us. My practice with objects is rooted in listening and observing through the lens of an objectoriented ontology.
Altered States un’immagine / an image
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Botis Seva & Far From The Norm 314 315 Botis Seva & Far From The Norm
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BLKDOG 2021 – 65’ prima italiana / Italian premiere regia e coreografia / direction and choreography Botis Seva
produzione esecutiva / executive production Lee Griffiths
danzatori / dancers Far From The Norm
gestione di produzione / production management Andy Downie
Rory Clarke Shangomola Edunjobi Larissa Koopman Joshua Nash Joshua Shanny-Wynter Victoria Shulungu Naïma Souhaïr luci / lighting design Tom Visser costumi / costume design Ryan Dawson Laight musica / music Torben Sylvest fonico di missaggio / mix engineer Pär Carlsson
gestione di produzione tournée / touring production management Andrej Gubanov Chriss Burr tour & marketing manager Siân Gilling direzione prove / rehearsal direction Hayleigh Sellors direzione prove ricerca e sviluppo / research and development rehearsal direction Ekin Bernay
18.07.2023 > H 20.00 19.07.2023 > H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese
BLKDOG 318 319 Botis Seva & Far From The Norm
con il contributo artistico di / with the artistic contribution of Charlotte Clark Clarissa Shulungu Ezra Owen Isaac Ouro-Gnao Jordan Douglas Savanah Anais Rowe Shiloh Seva Tyrone Isaac-Stuart produzione / production Far From The Norm Norrlandsoperan Sadler’s Wells, London con il supporto di / with the support of Arts Council England Kingston University Laban Theatre Siobhan Davies Studios Dance: Urban Practice department, University of East London
“BLKDOG è per tutti coloro che hanno affrontato il trauma e il dolore, per chiunque abbia dovuto assistere alla depressione o alla perdita di un famigliare. Viviamo in una società in cui parlare delle nostre emozioni potrebbe non essere mai compreso; ho passato l’infanzia tacendo delle mie emozioni e ora, a trent’anni, posso finalmente far sentire la mia voce. Lascio alla mia arte la sua funzione. Bisogna usare la propria arte per le ragioni giuste, rispecchiando la realtà del proprio tempo. Intorno a noi è pieno di esseri umani che vivono nel dolore e fanno del loro meglio per tirare avanti; dobbiamo mostrarci l’un l’altro più amore e umiltà”. Botis Seva
“BLKDOG is for everyone who has dealt with trauma and grief. For anyone who has had to watch family members go through depression or loss. We live in a society where speaking about our emotions may never be understood; I spent my childhood never speaking about my emotions and now, at the age of 30, I can finally speak up. I let my art do what it needs to do. Use your art for the right reason and reflect the times we are dealing with. There are broken humans all around us who are trying their best to cope; we need to show each other more love and humility”. Botis Seva
Guidata dal direttore artistico Botis Seva, è una compagnia performativa che si impegna a mettere in scena esecuzioni sincere, stimolanti e delle quali si sente la necessità, performance che rispecchiano la nostra generazione. Far From The Norm decostruisce i vocabolari della street dance, mette in discussione i preconcetti sull’hip-hop e crea lavori che danno voce agli emarginati. Tutto il lavoro della compagnia è originale, coraggioso e vitale e invita al dibattito su questioni socio-politiche e sul mondo contemporaneo.
Gli artisti di Far From The Norm portano in studio una vasta gamma di stili di danza – dal popping al breaking, dal krump allo house –, ed è grazie alla loro polivalente preparazione che Seva è in grado di indagare, imparare ed estendere il campo del possibile. Led by Artistic Director Botis Seva, it is a performance company that strives to make honest, relevant and needed performance work that reflects our generation. Far From The Norm deconstructs street dance
Far From The Norm 320 321 Far From The Norm
vocabularies, challenges perceptions of hip-hop and creates work that empowers marginalised people. All of the company’s work is original, vital and fearless and invites debate on socio-political issues and the contemporary world. Far From The Norm performers bring to the studio a range of dance styles – from popping to breaking, krump to house – and it is with their informed knowledge of different dance styles that Seva is able to question, learn and translate what else is possible.
Nato e residente a Londra, è un danzatore, coreografo e regista che opera nei campi della cultura hip-hop, del teatro fisico e della danza contemporanea. Seva è uno dei più talentuosi coreografi britannici di colore e il suo linguaggio inconfondibile lo ha posto all’avanguardia sia nel Regno Unito sia a livello internazionale. Sebbene le sue basi siano nella coreografia, la sua pratica sperimenta con la forma, la struttura e la teatralità per reinventare continuamente il suo approccio alla creatività, che si tratti di performance dal vivo o digitali. Facendo uso di tecniche cinematografiche, letterarie, artistiche e di altri linguaggi coreutici, l’obiettivo di Seva è fare la differenza nella società e utilizzare le sue esperienze personali per guidare il filo narrativo delle proprie coreografie. Nel 2019 ha ricevuto un Olivier Award per la migliore nuova produzione di danza per BLKDOG, oltre ad alcune nomination per la produzione ai Black British Theatre Awards
e agli UK Critics’ Circle National Dance Awards (entrambi del 2022). Ha inoltre vinto concorsi coreografici internazionali tra cui la Copenhagen International Choreography Competition e la 30. International Choreographic Competition Hannover (entrambe del 2016), oltre a prestigiosi riconoscimenti interdisciplinari tra cui uno CHANEL Next Prize Award (2022), un Vimeo Best of the Year Award e un Carmen Mateu Young Artist European Award (entrambi del 2023). Born and based in London, he is a dancer, choreographer and director working within the realms of hip-hop culture, physical theatre and contemporary dance. Seva is one of the most talented Black British choreographers, and his distinct language has placed him at the forefront in the UK and internationally. Whilst his foundation is in choreography, his practice experiments with form, structure and theatrics to continuously reinvent his approach to
Botis Seva 322 323 Botis Seva
creativity – whether that is in live or digital performance. Borrowing techniques from film, text, art and other dance languages, Seva’s focus is on making a societal difference and using his personal experiences to drive storytelling in his choreography. He was awarded an Olivier Award for Best New Dance Production in 2019 for BLKDOG, as well as production nominations at the Black British Theatre Awards and the UK Critics’ Circle National Dance Awards (both 2022). Seva also won first place at international choreography competitions including the Copenhagen International Choreography Competition and 30th International Choreographic Competition Hannover (both 2016), as well as prestigious cross-art-form recognitions including a CHANEL Next Prize Award (2022), a Vimeo Best of the Year Award and a Carmen Mateu Young Artist European Award (both 2023).
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Nella creazione di un’opera utilizzo diversi stati, così come utilizzo diverse emozioni; gli stati di alterazione non rappresentano un mio pensiero fisso quando creo. È vero, però, che uno stato di coscienza con cui lavoro quando creo sono i sogni. Cerco di ricordarne ogni possibile dettaglio e utilizzo questi minuscoli concetti per costruire piccole narrazioni o eventi che possano dare coesione a un’opera. Potremmo dire si tratti di uno stato di alterazione, anche se trascendere un sogno sul palco può sembrare difficile. Pensando al tema in termini più generali e al perché faccio quello che faccio, come artista il mio obiettivo principale è trasformare le persone, a molte delle quali il mondo può sembrare confuso, ma anche riconoscibile allo stesso tempo. Questo può certamente significare un cambiamento del proprio modo d’essere, un’alterazione del proprio stato d’animo. Botis Seva
324 325 Botis Seva
Botis Seva
How does the concept of “altered states” speak to your work?
In creating a work, I use different states, just as I use different emotions; altered states are not necessarily something I would think of specifically when creating. But then again, a state of mind I work with when I create is that of dreams. I try to remember every detail I can, and use these tiny concepts to build small narratives, or events that can bring a piece together. You could say this is an altered state, although transcending a dream on stage can feel tough to do. Thinking a bit more broadly about it and why I make work, the world can feel confusing for a lot of people, but also recognisable at the same time – and my main aim, as a creative, is to transform people. Certainly, this can mean changing your state of being, altering your state of mind.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Credo che il mio sia più un lavoro interiore. Sono introverso e gran parte della mia pratica emerge da uno spazio d’introversione. A volte, come creativo, opero in uno spazio piuttosto chiuso. Penso che la mia rappresentazione dello spazio esterno si realizzi attraverso la ricerca. Passo molto tempo online a cercare idee, e a chiedere a persone che ne sanno più di me di arricchire le mie conoscenze e andare più in profondità. Credo che nel processo creativo ci sia bisogno di pratiche sia interne sia esterne, per stimolare pensiero e idee. Botis Seva
326 327 Botis Seva
Botis Seva
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
I think I work more in an internal way. A lot of my practice comes from myself as an introvert, or from an introverted space. Sometimes, as a creative, I can be quite closed off. I think my version of external practice is through research. I spend time finding ideas online and asking people who know more than me to push my knowledge and dig deeper. I feel you need both internal and external practices in a creative process to challenge your own thinking and ideas.
Altered States un’immagine / an image
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DAY BY DAY
DAY BY DAY
Giovedì / Thursday 13.07.2023
H 19.30 Arsenale – Tese dei Soppalchi vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica internazionale / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new international choreographic creation ANDREA PEÑA BOGOTA (80’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, Danse Danse, Agora de la danse, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo a seguire conversazione con la coreografa / to be followed by a conversation with the choreographer
332 333
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 22.00 Arsenale – Teatro alle Tese OONA DOHERTY NAVY BLUE (60’) * co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, OD Works, Kampnagel International Summer Festival, Sadler’s Wells, Chaillot - Théâtre national de la Danse, Maison de la Danse, Belfast International Arts Festival, The Shed, Big Pulse Dance Alliance a seguire conversazione con la coreografa / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Venerdì / Friday 14.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G OONA DOHERTY aperto a tutti / open to all H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 16.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) ** a seguire conversazione con gli artisti / to be followed by a conversation with the artists H 18.30 Arsenale – Teatro alle Tese OONA DOHERTY NAVY BLUE (60’) * co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, OD Works, Kampnagel International Summer Festival, Sadler’s Wells, Chaillot - Théâtre national de la Danse, Maison de la Danse, Belfast International Arts Festival, The Shed, Big Pulse Dance Alliance
334 335
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 20.00 Teatro Piccolo Arsenale ACOSTA DANZA AJIACO (100’) PERFORMANCE (17’) * – Micaela Taylor FAUN (DUET) (15’) * – Sidi Larbi Cherkaoui 98 DÍAS (19’) *** – Javier de Frutos DE PUNTA A CABO (18’) * – Alexis Fernández & Yaday Ponce a seguire conversazione con Carlos Acosta / to be followed by a conversation with Carlos Acosta
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Sabato / Saturday 15.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Teatro del Parco – Mestre BOTIS SEVA & FAR FROM THE NORM avanzato / advanced in collaborazione con / in collaboration with Settore Cultura, Teatro del Parco Comune di Venezia H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 14.00 Arsenale, Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) ** H 16.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica internazionale / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new international choreographic creation ANDREA PEÑA BOGOTA (80’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, Danse Danse, Agora de la danse, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo
336 337
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 17.00 Teatro Piccolo Arsenale ACOSTA DANZA AJIACO (100’) PERFORMANCE (17’) * – Micaela Taylor FAUN (DUET) (15’) * – Sidi Larbi Cherkaoui 98 DÍAS (19’) *** – Javier de Frutos DE PUNTA A CABO (18’) * – Alexis Fernández & Yaday Ponce
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Domenica / Sunday 16.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G ACOSTA DANZA avanzato / advanced
H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 17.00, H 19.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) **
338 339
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 21.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica internazionale / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new international choreographic creation ANDREA PEÑA BOGOTA (80’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, Danse Danse, Agora de la danse, Teatro Mayor Julio Mario Santo Domingo
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Martedì / Tuesday 18.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G ANDREA PEÑA aperto a tutti / open to all
H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
340 341
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) ** H 20.00 Arsenale – Teatro alle Tese BOTIS SEVA & FAR FROM THE NORM BLKDOG (65’) * a seguire conversazione con il coreografo / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Mercoledì / Wednesday 19.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Teatro del Parco – Mestre BOTIS SEVA & FAR FROM THE NORM avanzato / advanced in collaborazione con / in collaboration with Settore Cultura, Teatro del Parco Comune di Venezia
H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 16.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) **
342 343
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese BOTIS SEVA & FAR FROM THE NORM BLKDOG (65’) * H 21.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi RACHID OURAMDANE VARIATION(S) (60’) * a seguire conversazione con il coreografo / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Giovedì / Thursday 20.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G RACHID OURAMDANE avanzato / advanced
H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
344 345
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 18.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi RACHID OURAMDANE VARIATION(S) (60’) * H 20.00 Teatro Malibran MICHAEL KEEGAN-DOLAN MÁM (80’) * a seguire conversazione con il coreografo / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Venerdì / Friday 21.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G RACHID OURAMDANE avanzato / advanced H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
H 18.00 Teatro Piccolo Arsenale vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica italiana / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new Italian choreographic creation LUNA CENERE VANISHING PLACE (50’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, Körper - Centro Nazionale di Produzione della Danza, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale a seguire conversazione con la coreografa / to be followed by a conversation with the choreographer
346 347
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 20.00 Teatro Malibran MICHAEL KEEGAN-DOLAN MÁM (80’) *
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Sabato / Saturday 22.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G STUDIO WAYNE MCGREGOR avanzato / advanced H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
H 18.00 Teatro Piccolo Arsenale vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica italiana / winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new Italian choreographic creation LUNA CENERE VANISHING PLACE (50’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia, Körper - Centro Nazionale di Produzione della Danza, Teatro di Napoli – Teatro Nazionale
348 349
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 21.00 Teatro del Parco – Mestre LUCY GUERIN INC SPLIT (45’) * in collaborazione con / in collaboration with Settore Cultura, Teatro del Parco Comune di Venezia a seguire conversazione con la coreografa / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Domenica / Sunday 23.07.2023
H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
RASSEGNA FILM DANZA / DANCE FILM SCREENINGS H 11.00-22.00 Teatro Piccolo Arsenale A DAY OF FILMS FEATURING OUR FESTIVAL ARTISTS H 15.00, H 18.00 Ca’ Giustinian – Sala delle Colonne BIENNALE COLLEGE COREOGRAFI / CHOREOGRAPHERS SCOTT ELSTERMANN MOSAIC (30’) *** HAI-WEN HSU TÉNÈBRES VACILLANTES (25’) *** produzione / production La Biennale di Venezia a seguire conversazione con i coreografi / to be followed by a conversation with the choreographers
350 351
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
WORKSHOPS H 17.00-18.30 Arsenale – Sala d’Armi G TAO DANCE THEATER aperto a tutti / open to all H 20.00 Teatro del Parco – Mestre LUCY GUERIN INC SPLIT (45’) * in collaborazione con / in collaboration with Settore Cultura, Teatro del Parco Comune di Venezia
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Martedì / Tuesday 25.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G LUNA CENERE aperto a tutti / open to all H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
WORKSHOPS H 15.00-18.00 Arsenale – Sala d’Armi G MICHAEL KEEGAN-DOLAN avanzato / advanced H 17.00 Ca’ Giustinian – Sala delle Colonne BIENNALE COLLEGE COREOGRAFI / CHOREOGRAPHERS SCOTT ELSTERMANN MOSAIC (30’) *** HAI-WEN HSU TÉNÈBRES VACILLANTES (25’) *** produzione / production La Biennale di Venezia
352 353
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 20.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi ANDREA SALUSTRI MATERIA (60’) a seguire conversazione con il coreografo / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Mercoledì / Wednesday 26.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-11.30 Arsenale – Sala d’Armi G XIE XIN aperto a tutti / open to all H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
H 18.00 Arsenale – Tese dei Soppalchi ANDREA SALUSTRI MATERIA (60’)
354 355
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
H 21.00 Arsenale – Teatro alle Tese PONTUS LIDBERG ON THE NATURE OF RABBITS (60’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia Works & Process at the Guggenheim a seguire conversazione con il coreografo / to be followed by a conversation with the choreographer
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Giovedì / Thursday 27.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G LUCY GUERIN aperto a tutti / open to all
H 11.00-19.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles H 12.00 Ca’ Giustinian – Sala delle Colonne Cerimonia di consegna / Award Ceremony Leone d’Argento / Silver Lion TAO DANCE THEATER
356 357
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 16.00, H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) ** H 21.00 Arsenale – Teatro alle Tese PONTUS LIDBERG ON THE NATURE OF RABBITS (60’) *** co-produzione / co-production La Biennale di Venezia Works & Process at the Guggenheim
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Venerdì / Friday 28.07.2023
WORKSHOPS H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G PONTUS LIDBERG aperto a tutti / open to all H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
H 16.00 Teatro Piccolo Arsenale BIENNALE COLLEGE DANZATORI / DANCERS DUO (2023, EXTENDED) (20’) *** coreografia / choreography WILLIAM FORSYTHE WHEN I AM FACING U (30’) *** coreografia / choreography XIE XIN produzione / production La Biennale di Venezia
H 20.00 Teatro Malibran TAO DANCE THEATER (Leone d’Argento / Silver Lion) 11 (60’) * a seguire conversazione con i coreografi / to be followed by a conversation with the choreographers
INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 16.00, H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) **
358 359
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
DAY BY DAY
Sabato / Saturday 29.07.2023
H 11.00-20.00 Arsenale – Sala d’Armi A | Sala d’Armi E SIMONE FORTI (Leone d’Oro alla carriera / Golden Lion for Lifetime Achievement) MOSTRA / EXHIBITION in collaborazione con / in collaboration with The Museum of Contemporary Art (MOCA), Los Angeles
H 16.00 Teatro Piccolo Arsenale BIENNALE COLLEGE DANZATORI / DANCERS DUO (2023, EXTENDED) (20’) *** coreografia / choreography WILLIAM FORSYTHE WHEN I AM FACING U (30’) *** coreografia / choreography XIE XIN produzione / production La Biennale di Venezia
H 20.00 Teatro Malibran TAO DANCE THEATER (Leone d’Argento / Silver Lion) 13 (30’) ** 14 (30’) **
INSTALLAZIONI / INSTALLATIONS H 16.00, H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese LUCY GUERIN INC & MATTHIAS SCHACK-ARNOTT PENDULUM (40’) **
360 361
*** prima assoluta / world premiere ** prima europea / European premiere * prima italiana / Italian premiere
Il programma può subire variazioni / The programme may be subject to change
PHOTO copertina / cover: ©Ravi Deepres pagine / pages 1 ©Rick Guest, con / with Olivia Pomp 6-15 ©Ravi Deepres 17 ©Ravi Deepres 36 ©Ravi Deepres 46 ©Ravi Deepres 54 ©Ravi Deepres 62 ©Ravi Deepres 70 ©Ravi Deepres 80 ©Ravi Deepres 83 ©Jason Underhill; courtesy the Artist & The Box, Los Angeles; ritratto di / portrait of: Simone Forti 90 ©Simone Forti; courtesy The Box, Los Angeles; Sea Lions Sunning Fullness of Throat Sensuous Quality (Animal Study), 1968 92-93 courtesy The Box, Los Angeles; fotogramma di / still of: Zuma News, LA, 2013; da / from NONFICTIONS – Gorbachev Lives / Zuma News / Questions; un lavoro congiunto di / a joint work by Jeremiah Day, Simone Forti, Fred Dewey 94-95 ©Jeff McLane; courtesy The Museum of Contemporary Art, Los Angeles (MOCA); vista dell’allestimento di Simone Forti (15 gennaio - 2 aprile 2023) presso il MOCA Grand Avenue / installation view of Simone Forti (15 January - 2 April 2023) at MOCA Grand Avenue 96 courtesy The Box, Los Angeles; Simone Forti, Bug Jump, 1975-1978 97 ©Jeff McLane; courtesy The Museum of Contemporary Art, Los Angeles (MOCA); vista dell’allestimento di Simone Forti (15 gennaio - 2 aprile 2023) presso il MOCA Grand Avenue / installation view of Simone Forti (15 January - 2 April 2023) at MOCA Grand Avenue 101 ©Jason Underhill; courtesy the Artist & The Box Los Angeles; ritratto di / portrait of: Simone Forti 103 ©Fan Xi; ritratto di / portrait of: Tao Ye & Duan Ni
104-105 ©Fan Xi; foto di scena / stage photo 109 ©Fan Xi; foto di scena / stage photo 112-113 ©Fan Xi; foto di scena / stage photo 117 ©Fan Xi; ritratto di / portrait of: Tao Ye 119 ©Fan Xi; ritratto di / portrait of: Duan Ni 121 ©Fan Xi; ritratto di / portrait of: Wang Hao 123 ©Fan Xi; foto di scena / stage photo 129 ©Fan Xi; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Tao Ye & Duan Ni 130-131 ©Lester Vila Pereira; foto di scena / stage photo 132-133 ©Lester Vila Pereira; foto di scena / stage photo 137 ©Miguel Altunaga; foto di prove / rehearsals photo 139 ©Johan Persson; ritratto di / portrait of: Carlos Acosta 145 ©Enrique Soldevilla-Estudio 50; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Carlos Acosta & Yaday Ponce 146-147 ©Lester Vila Pereira; foto di scena / stage photo 148-149 ©Lester Vila Pereira; foto di scena / stage photo 153 ©Lee Gumbs; ritratto di / portrait of: Micaela Taylor 159 foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Micaela Taylor 160-161 ©Toti Ferrer; foto di scena / stage photo 162 ©Studio Gavilondo; foto di scena / stage photo 163 ©Enrique (Kike) Smith; foto di scena / stage photo 167 ©Koen Broos; ritratto di / portrait of: Sidi Larbi Cherkaoui 168-169 ©Dan Lowenstein; foto di prove / rehearsals photo 170-171 ©Dan Lowenstein; foto di prove / rehearsals photo 175 ritratto di / portrait of: Javier de Frutos 181 foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Javier de Frutos 182-183 ©Hugo Glendinning; foto di scena / stage photo 184-185 ©Hugo Glendinning; foto di scena / stage photo 189 ritratto di / portrait of: Alexis Fernández
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191 ©Yuris Nórido-Estudio 50; ritratto di / portrait of: Yaday Ponce 192-193 ©Stefano Mattea; foto di prove / rehearsals photo 194 ©Stefano Mattea; foto di prove / rehearsals photo 195 ©Stefano Mattea; foto di prove / rehearsals photo 199 ©Federica Capo; ritratto di / portrait of: Luna Cenere 205 ©Vantees; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Luna Cenere 206-207 © Ghislain Mirat; foto di scena / stage photo 208-209 ©Dajana Lothert; foto di scena / stage photo 213 ©Luca Truffarelli; ritratto di / portrait of: Oona Doherty 219 ©Oona Doherty; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Oona Doherty 221 ©Luca Truffarelli; ritratto di / portrait of: Bush Moukarzel 227 foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Bush Moukarzel 229 ©Laura Jane Coulson; ritratto di / portrait of: Jamie xx 230-231 © Gregory Lorenzutti; foto di scena / stage photo 232-233 © Gregory Lorenzutti; foto di scena / stage photo 237 ©Gregory Lorenzutti; foto di scena / stage photo 239 ©Gregory Lorenzutti; foto sull’idea di “atered states” di / photo concept of “altered states” by: Lucy Guerin Inc 240-241 ©Ros Kavanagh; foto di scena / stage photo 242 ©Ros Kavanagh; foto di scena / stage photo 243 ©Ros Kavanagh; foto di scena / stage photo 247 ©Matt Grace; foto di scena / stage photo 249 ©Rich Gilligan; ritratto di / portrait of: Michael Keegan-Dolan 255 ©Ros Kavanagh; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Michael Keegan-Dolan 256-257 © Omid Zarei; foto di prove / rehearsals photo 258-259 © Omid Zarei; foto di prove / rehearsals photo 263 ©Nir Arieli; ritratto di / portrait of: Pontus Lidberg 269 ©Pontus Lidberg; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Pontus Lidberg 270-271 ©Nicolas Leliävre; foto di scena / stage photo 272-273 ©Nicolas Leliävre; foto di scena / stage photo 277 ©Géraldine Aresteanu; ritratto di / portrait of: Rachid Ouramdane 283 ©Philippe Delval; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Rachid Ouramdane 284-285 ©Félix Godbout Delavaud; foto di scena / stage photo 286 ©Kevin Calero, Antoine Ryan; foto di scena / stage photo 287 ©Andrea Peña; foto di scena / stage photo
291 ©David Wong; foto di prove / rehearsals photo 293 ©Bobby Léon; ritratto di / portrait of: Andrea Peña 299 ©Bobby Léon; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Andrea Peña 300-301 ©Milan Szypura; foto di scena / stage photo 302-303 ©Dagnija Bernane; foto di scena / stage photo 307 ©Eike Walkenhorst; ritratto di / portrait of: Andrea Salustri 313 ©David Konecny; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Andrea Salustri 314-315 ©Paul Phung; foto di scena / stage photo 316-317 ©Camilla Greenwell; foto di scena / stage photo 321 ©Camilla Greenwell; foto di scena / stage photo 323 ©Camilla Greenwell; ritratto di / portrait of: Botis Seva 329 ©Johnson Tsang (Pathway, 2019); foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Botis Seva 365 ©Rick Guest, con / with Olivia Pomp
ALTERED STATES LA BIENNALE DI VENEZIA 17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea 17th International Festival of Contemporary Dance Attività Editoriali e Web / Editorial Activities and Web Responsabile / Head Flavia Fossa Margutti Ideazione / Concept Wayne McGregor CBE Testi “In Primo Piano” e Cura / “Feature Interviews” Texts and Curation Uzma Hameed Testo “In Primo Piano. Simone Forti” / “Feature Interview: Simone Forti” Sarah Crompton Redazione e Coordinamento / Editing and Coordination Nicola Giacobbo Supervisor con la collaborazione di / with the collaboration of Caterina Moro Redazione per l’inglese / English Editing Rachel Thomas Traduzioni / Translations Olga Barmine, Federico Sanna – da italiano a inglese Federico Sanna – da inglese a italiano Emanuele Marsili – da cinese a italiano Shenzhou Wang – da cinese a inglese Progetto Grafico e Impaginazione / Design Project and Layout Headline Stampa / Printed by Grafiche Antiga
LA BIENNALE DI VENEZIA Presidente / President Roberto Cicutto Consiglio di Amministrazione / Board Vice Presidente / Vice President Luigi Brugnaro Claudia Ferrazzi Luca Zaia Collegio dei Revisori dei Conti / Auditors’ Committee Presidente / President Pasqualino Castaldi Ines Gandini Angelo Napolitano Direttore Generale / Director General Andrea Del Mercato Direttore Artistico del Settore Danza / Artistic Director of the Dance Department Wayne McGregor CBE
BIENNALE DANZA Venezia 13—29.07.2023
Sommario / Contents 18
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Altered States Wayne McGregor CBE Direttore Artistico del Settore Danza / Artistic Director of the Dance Department
Immagini di apertura di / Opening images by INDIGO LEWIN
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Eterna alterazione Eternal Alteration Jennifer Higgie 45
Installazioni / Installations Lucy Guerin Inc & Matthias Schack-Arnott
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Biennale College Danza
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Collaborations | Simone Forti Le pratiche di Simone Forti workshop Practices of Simone Forti Workshop Dance Constructions Sarah Swenson
William Forsythe 90 100 Xie Xin 121
Biennale College Coreografi / Choreographers
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Biennale College Danzatori / Dancers
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A Day of Films featuring our Festival Artists
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Workshops
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INFO
Wayne McGregor CBE Direttore Artistico del Settore Danza / Artistic Director of the Dance Department
Altered States Siamo seduti nella fioca luce della platea in attesa che inizi lo spettacolo. È quel momento prezioso prima che si alzi il sipario, quel momento in cui tutto è possibile. Il respiro rallenta mentre l’attrazione dell’esperienza collettiva – il pubblico come unico grande organismo – ci incoraggia a scrollarci di dosso le energie della giornata e a prepararci per questo “ritaglio di tempo”. Ci troviamo in uno stato fluido, fatto di attesa, curiosità e aspettativa. Uno stato di beata incoscienza. Avvertiamo sensazioni che provengono dal didentro: è la nostra chimica interiore. Il nostro senso di interocezione che va in sovraccarico. In questo preciso istante, immerse nel flusso sanguigno, centinaia di sostanze chimiche attraversano il nostro corpo. Sono processi naturali e determinano il modo in cui pensiamo, sentiamo, parliamo e agiamo. Ci condizionano quasi del tutto, ogni volta che manifestiamo una reazione, un pensiero o un’emozione, spesso senza renderci conto che possiamo gestirli anche in maniera attiva, alterando delicatamente l’equilibrio chimico interiore, così da influenzare respirazione, movimenti, empatia e comunicazione. Quando danziamo o assistiamo a straordinarie performance di danza, le sensazioni corporee più profonde provocano cambiamenti, poiché le reazioni chimiche che avvengono dentro di noi alterano le nostre percezioni in tempo reale. Il respiro accelera, gli occhi guizzano, il battito cardiaco aumenta e il petto si contrae; oppure ci calmiamo, ci rilassiamo, gli occhi si spalancano, i peli sulla pelle si rizzano: le connessioni tra cervello, corpo, mente e mondo si rimodellano. E a volte, quando siamo fortunati, si trasformano. Può capitare di sentirsi euforici, stimolati,
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Altered States We sit in the darkening auditorium waiting for the show to begin. This precious moment before the curtain goes up, where all is possible. Our breathing slows as the collective pull of this shared experience – this “audience organism” – encourages us to wash away the energies of our day, and to be made ready for this “cut-out of time”. We are in a fluid state of anticipation, curiosity and expectation; a blissful state of unknowing. We are sensing, from the inside out, our internal chemistry – our interoception sense in overdrive. Right now, in our bloodstreams, there are hundreds of naturally occurring chemicals racing through each of our bodies. Those chemicals direct how we think, feel, speak and behave. We operate largely at the mercy of them, experiencing reactions, thoughts and emotions, often without realising that we can actively manage them, gently altering our internal chemical balance to influence the way we breathe, move, empathise and communicate. When we dance or experience incredible dance performances, our body’s inner sensations are provoked into states of change as chemical reactions inside us transform our perceptions in real time. We breathe faster, our eyes dart, our heart rate increases and our chest tightens; or we quieten, relax back, eyes wide, the hairs on our skin standing tall. The connections between our brain, body, mind and the world reshape and, sometimes, when we are lucky, metamorphosise. We can feel elated, challenged, energised, infuriated, surprised, adrenalised, transported or, quite simply, we sit there with tears streaming down our faces. This is the power of dance. The greater one’s new affinity with the artwork, the more radical the altered states as we are moved from the prosaic to the profound. Dance changing, then, our very state of being. The artists selected for Biennale Danza 2023 are movement alchemists. Their work is driven by an insatiable curiosity to explore and experiment, both in process and performance; through improvisation, soma-sensory installation, radical minimalism or in surprising departures of form and context. Fundamentally, they challenge traditional dance orthodoxies, and in doing so release us to experience our bodies anew,
eccitati, infuriati, sorpresi, adrenalinici, trasportati o, più semplicemente, di rimanere lì seduti con le lacrime che scorrono lungo il viso. È il potere della danza. Maggiore è questa nuova affinità con l’opera d’arte, più radicali sono gli stati di alterazione che proviamo nel muoverci dal prosaico al profondo. La danza, quindi, è in grado di cambiare il nostro stesso modo d’essere. Gli artisti selezionati per la Biennale Danza 2023 sono alchimisti del movimento. Il loro lavoro è guidato da un’insaziabile curiosità di esplorare e sperimentare sia nel processo creativo sia nella performance, attraverso l’improvvisazione, l’installazione somatico-sensoriale, il minimalismo radicale o sorprendenti deviazioni di forma e contesto. In sostanza, sfidano le ortodossie tradizionali della danza e, così facendo, ci consentono di provare sensazioni corporee inedite, collegando quelli che percepiamo come modelli esterni del mondo con le nostre mappe interiori più inesplorate e, dunque, alterando i nostri stati di comprensione ed esperienza. Quest’anno siamo lieti di commissionare, anche in collaborazione, nuovi progetti in un Festival che prevede sette prime mondiali, così come siamo entusiasti di presentare tre prime europee e nove prime italiane, che includono artisti di spicco della danza mondiale e innovative voci emergenti. Nell’arco di diciassette giorni, sono in scena a Venezia oltre centocinquanta artisti in ottantanove eventi. Inoltre, ospitiamo in residenza le produzioni di artisti che fanno qui il loro debutto, offrendo tempi e spazi per provare, sperimentare e sviluppare tecnicamente i loro progetti in vista di presentarli in tournée internazionali. Quest’anno iniziamo con una collaborazione importante che celebra una delle artiste del movimento più dotate e rivoluzionare del secolo, Simone Forti, nostro Leone d’Oro alla carriera. In una dinamica collaborazione con il Museo d’Arte Contemporanea di Los Angeles (MOCA), il 17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea presenta l’inaugurazione europea di Simone Forti, la prima mostra che esplora in profondità la carriera monumentale della visionaria artista. Forti è forse più nota come coreografa, ruolo che la mostra mette in evidenza attraverso l’esecuzione
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connecting our external models of the world with our lesserknown internal maps – altering our states of understanding and experience. We are delighted to be commissioning and cocommissioning new work this year, in a Festival of seven world premieres, and thrilled to be presenting three European premieres and nine Italian premieres – from iconic dance world leaders to emerging, innovative new voices. Over 150 artists are LIVE in Venice, with 89 events across 17 days. We are also hosting full-production residencies for artists who are premiering work with us, providing critical time in our theatres to test, experiment and technically develop their projects ready for international touring. This year we begin with a major collaboration to celebrate one of the most gifted and revolutionary movement artists of the century, Simone Forti – our Golden Lion for Lifetime Achievement. In a dynamic collaboration with The Museum of Contemporary Art, Los Angeles (MOCA), the 17th International Festival of Contemporary Dance presents the European opening of Simone Forti – the first in-depth exhibition to explore the monumental career of this visionary artist. Forti is perhaps best known as a choreographer, which the exhibition highlights with performances of her ground-breaking Dance Constructions, featuring a cast of Biennale College Danza artists. At the same time, Forti can more expansively be understood as an artist who works with movement. This exhibition surveys six decades of her work, elucidating the breadth and depth of her practice through works in paper, videos, holograms and performance ephemera and documentation. Simone Forti is a homage to a towering artist who has forever reframed the dialogue between visual art and contemporary dance. Tao Ye and Duan Ni – our Silver Lions – bring their exceptional company TAO Dance Theater to Venice for the first time with their Italian premiere of 11, and European premieres of 13 and 14. TAO Dance Theater mesmerises and challenges with its innovative “Circular Movement System” and rigorously austere, minimalist aesthetic. In confronting our felt sense of time, TAO Dance Theater provokes us into a place of meditative focus,
delle sue innovative Dance Constructions, con un cast di artisti della Biennale College Danza. Allo stesso tempo, Forti può essere considerata in modo più ampio come un’artista che lavora con il movimento. Guardando oltre le Dance Constructions, la mostra ripercorre i sei decenni dell’incisivo lavoro dell’artista, illustrando l’ampiezza e la profondità della sua pratica attraverso opere su carta, video, ologrammi, ephemera e documentazioni sulle performance. Presentando progetti realizzati dagli anni Sessanta a oggi, Simone Forti rende omaggio a un’artista di spicco, che ha ridefinito per sempre il dialogo fra arte visiva e danza contemporanea. Tao Ye e Duan Ni – nostri Leoni d’Argento – portano per la prima volta a Venezia la loro eccezionale compagnia TAO Dance Theater, in occasione della prima italiana di 11 e delle prime europee di 13 e 14. Grazie a un’estetica rigorosamente austera e minimalista, la compagnia TAO Dance Theater ipnotizza e stimola il pubblico con l’innovativo “Circular Movement System”. Problematizzando la nostra percezione del tempo, TAO Dance Theater ci sfida a entrare in uno spazio meditativo mettendoci in comunicazione con i nostri più profondi paesaggi emotivi. Nel 2021 avevamo accolto a Venezia Oona Doherty come nostro Leone d’Argento, invitandola a presentare in futuro un suo sogno nel cassetto. Oggi Doherty ritorna con l’inquietante Navy Blue, commissionato da La Biennale di Venezia e nostra prima italiana per il 2023. Con musiche di Sergej Rachmaninov e Jamie xx, il lavoro scomodo e viscerale dell’artista analizza dove noi siamo stati e in che direzione noi ci stiamo muovendo, lanciando un appello urgente per il cambiamento della società. Il celeberrimo danzatore e coreografo Carlos Acosta giunge per la prima volta in Italia con la sua eponima compagnia. Formata nel 2015 per valorizzare e sviluppare gli esplosivi talenti emergenti della danza di Cuba, Acosta Danza e i suoi incredibili danzatori hanno conquistato il mondo con performance appassionate e audaci dallo stile gioiosamente eclettico. Per la Biennale Danza 2023, i coreografi Micaela Taylor, Sidi Larbi Cherkaoui, Alexis Fernández (Maca) e Yaday Ponce presentano il proprio lavoro mozzafiato in un programma in quattro parti che include la prima mondiale del sensazionale danzatore venezuelano Javier de Frutos. MÁM di Michael Keegan-Dolan irrompe sul palcoscenico in una virtuosa maratona di danza e musica della durata
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while allowing us to access our deepest internal emotional landscapes. In 2021 we welcomed Oona Doherty to Venice as our Silver Lion and invited her to present a dream project in the future. Now Doherty returns with her unsettling Navy Blue, commissioned by La Biennale di Venezia and our Italian premiere for 2023. Featuring music from Sergei Rachmaninoff and Jamie xx, this disruptive and visceral work considers where we have been and where we are heading, as it urgently appeals for societal change. Superstar dancer and choreographer Carlos Acosta brings his eponymous company to Italy for the first time. Formed in 2015 to harness and develop the explosive young talent emerging from Cuba, Acosta Danza and its astonishing dancers have taken the dance world by storm in passionate and daring performances of joyous, eclectic style. For Biennale Danza 2023, choreographers Micaela Taylor, Sidi Larbi Cherkaoui, Alexis Fernández (Maca) and Yaday Ponce present breathtaking works in a four-part programme that also includes a world premiere by Venezuelan dance sensation Javier de Frutos. Michael Keegan-Dolan’s MÁM storms onto the stage in a virtuosic 90-minute dance and music marathon embodying every single human emotion. Bringing together the virtuoso Irish traditional concertina player Cormac Begley, the European classical, contemporary collective s t a r g a z e and twelve international dancers from the company Teaċ Daṁsa, MÁM is a transformative meeting place between soloist and ensemble, classical and traditional, local and universal. Paris-based Rachid Ouramdane’s Variation(s) pitches two phenomenally danced solos in an extreme musical work verging on trance, our everyday “normal” waking consciousness hypnotised into an elevated, altered state of experience. Launching his new company with us in 2023, Pontus Lidberg’s world premiere and La Biennale di Venezia’s commission On the Nature of Rabbits is a collaborative tour de force; Pontus’ team includes Emmy award-winning animation director Jason Carpenter. On the Nature of Rabbits interweaves a soul-searching true story of connection, love and sexuality in the early 1990s with a reflection on our evolving relationship with nature in a time of rapid change.
di novanta minuti, che intende mettere in scena ogni singola emozione umana. Raggruppando il musicista tradizionale irlandese Cormac Begley, virtuoso della concertina, l’ensemble europeo di musica classica contemporanea s t a r g a z e e dodici danzatori internazionali della compagnia Teaċ Daṁsa, MÁM vuole essere un luogo d’incontro e trasformazione per solisti ed ensemble, classico e tradizionale, locale e universale. Variation(s) del coreografo con sede a Parigi Rachid Ouramdane porta in scena in un’opera musicale estrema, al limite della trance, due fenomenali assoli, in cui il nostro “normale” e quotidiano stato di veglia è ipnotizzato ed elevato a un’esperienza di profonda alterazione. Pontus Lidberg lancia insieme a noi la sua nuova compagnia, in occasione della prima mondiale di On the Nature of Rabbits. Commissionata da La Biennale di Venezia, l’opera è un tour-de-force collaborativo: il team include Jason Carpenter, regista d’animazione vincitore di un Emmy. On the Nature of Rabbits intreccia una vera storia di anime in cerca di connessione, amore e sessualità nei primi anni Novanta con una riflessione sull’evoluzione della nostra relazione con la natura in tempi di rapidi cambiamenti. Destrutturando la danza di strada e mettendo in discussione la percezione dell’hip-hop, il lavoro emotivamente carico, teatrale e popolare di Botis Seva mescola danza urbana, testo e teatro fisico. La sua pluripremiata compagnia, Far From The Norm, invita a un dibattito su questioni politico-sociali e sul mondo contemporaneo. In questa prima italiana, attraverso ricordi d’infanzia e traumi della vita adulta, BLKDOG si interroga su come combattere i nostri vizi per trovare un senso di pace. Laureato circusnext, il romano Andrea Salustri provoca e seduce con MATERIA – Una coreografia per diverse forme di polistirolo e un essere umano. Oscillando fra scoperta e distruzione, il materiale diventa il protagonista e il performer fa da mediatore in una relazione in continuo movimento tra oggetto, manipolatore e manipolazione. L’australiana e anticonformista Lucy Guerin sfida la gravità con i trentanove pendoli in PENDULUM, l’installazione digitale creata in collaborazione con l’artista percussivo Matthias Schack-Arnott, in mostra all’Arsenale. I performer si aggirano in un campo di pendoli in movimento, ciascuno composto da una campana sospesa che non fa
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Deconstructing street dance and challenging perceptions of hip-hop, Botis Seva’s work is emotionally charged, theatrical and popular – mixing urban dance, text and physical theatre. Seva’s award-winning company Far From The Norm invites debate on socio-political issues and the contemporary world. In this Italian premiere, and through haunting childhood memories and adult life traumas, BLKDOG questions how we fight through our vices to find a sense of peace. Rome-based circusnext laureate Andrea Salustri provokes and beguiles with MATERIA – A Choreography for Several Polystyrene Shapes and One Human. Drifting between discovery and destruction, the material becomes the protagonist and the performer the facilitator in a continuously shifting relationship between object, manipulator and manipulation. Australian maverick Lucy Guerin brings her gravity defying 39 digital PENDULUM installation, created with percussive artist Matthias Schack-Arnott, to Arsenale. Performers roam among a field of moving pendulums, each consisting of a suspended bell that tolls, pulses and hums. The power and vulnerability of the human body is revealed through the dancers’ attempts to control the relentless rise and fall of the pendulums’ weight – and we, the audience, feel the motion of time passing inside us, building an intimate kinaesthetic empathy with performer, pendulum and our own internal chemistry. In a special project for Biennale Danza 2023 in Mestre’s Teatro del Parco, Lucy Guerin’s sharp, elegant choreographic work Split reflects the dilemmas of negotiating with oneself and others in a world of increased pressure and reduced resources. Featuring a musical score by British composer Scanner, Split is a thought-provoking structural meditation rendered in movement. Our call-outs for new choreographic creations yielded incredible submissions. This initiative not only provides us with the rare opportunity to discover fresh talent both in Italy and worldwide, but also opens up La Biennale di Venezia to new dialogues, crosstalk and collaborations. Columbian/Canadian multidisciplinary artist Andrea Peña, winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new international choreographic creation, presents BOGOTA – a brave approach to new movement exploration and hybrid
che suonare, pulsare e mormorare. Il potere e la vulnerabilità del corpo umano si rivelano nel tentativo di controllare l’incessante salita e discesa del pendolo in una scenografia in eterno movimento, mentre noi, il pubblico, sentiamo lo scorrere del tempo, costruendo empatia intima e cinestetica con i performer, il pendolo e la nostra chimica interna. In un progetto speciale per la Biennale Danza 2023 al Teatro del Parco di Mestre, Split, l’acuto ed elegante lavoro coreografico di Lucy Guerin, riflette i dilemmi della relazione con se stessi e con gli altri in un mondo caratterizzato da una pressione crescente e da risorse ridotte. Con musiche del compositore britannico Scanner, Split costituisce una stimolante meditazione strutturale trasformata in movimento. I nostri bandi per nuove creazioni coreografiche hanno generato candidature sorprendenti. L’iniziativa non solo ci offre la rara opportunità di scoprire talenti emergenti in Italia e nel mondo, ma apre La Biennale di Venezia a nuovi dialoghi, scambi di vedute e collaborazioni. L’artista multidisciplinare colombiana/canadese Andrea Peña, vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica internazionale, presenta BOGOTA: un approccio coraggioso all’esplorazione di nuovi movimenti e forme ibride, e di nozioni di morte e resurrezione attraverso una lente latino-americana postindustriale, queer e barocca. Con Vanishing Place, Luna Cenere, vincitrice del bando Biennale Danza 2023 per una nuova creazione coreografica italiana, continua la propria ricerca sul sorprendente dialogo tra corpo nudo, postura, oggetto, paesaggio e gesto, penetrando il cuore stesso di ciò che significa danzare. Lo scorso anno Indigo Lewin, la nostra fotografa in residenza 2021-2024, ha presentato i suoi ritratti intimi della Biennale Danza 2021, mentre il regista Ravi Deepres ha ripreso tutti i nostri eccellenti artisti e le loro performance in alta definizione e con più telecamere per l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC) della Biennale di Venezia. Lewin e Deepres sono di nuovo in residenza per la Biennale Danza 2023 e portano avanti la loro prospettiva unica su un mondo speciale come il nostro. Cercate i loro lavori all’interno di questo catalogo. La Biennale College Danza è stata un punto di forza delle edizioni 2021 e 2022 e ha visto la partecipazione di giovani artisti straordinari e fantasiosi cresciuti a ritmo
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forms that investigates notions of death and resurrection through a post-industrial, queer and Latin American Baroque lens. With Vanishing Place, Luna Cenere – winner of the Biennale Danza 2023 call-out for a new Italian choreographic creation – continues her research on the naked body, posture, object, landscape and gesture in startling dialogue with one another – piercing the very heart of what it is to dance. Last year, Indigo Lewin, our photographic artist in residence 2021-2024, unveiled her intimate dance portraits of Biennale Danza 2021, while film-maker Ravi Deepres shot all of our stellar performers/performances in high definition, multi-camera captures for La Biennale di Venezia Historical Archive of Contemporary Arts (ASAC). Lewin and Deepres are again in residence for Biennale Danza 2023, evolving their unique perspectives on our special world. Look out for their printed exhibition of work in this catalogue. Biennale College Danza has been a highlight of both the 2021 and 2022 seasons, with superb, imaginative young artists growing exponentially during their intensive three months in Venice. Our ambition to connect our burgeoning young talent with unrivalled learning, training, mentoring and creating of opportunities has been fortified by the excellence we have experienced in the past two editions. Once more, 16 young dancers from around the world and two young choreographers have been resident at Biennale Danza 2023 – taking class, participating in workshops, learning rep and, vitally, creating new work. In a special commission, Chinese dance phenomenon Xie Xin is creating a new work with the College participants for a shared programme in the Arsenale. Continuing our ambition to connect Biennale College with our greatest living dance artists, we are thrilled that our students have William Forsythe’s work Duo remade on them, by two of the most important dancers of his company – Brigel Gjoka and Riley Watts. Biennale College is also central to the celebration of our Golden Lion for Lifetime Achievement, Simone Forti. Sarah Swenson – choreographer, dancer and Forti specialist – is in Venice teaching and restaging the Dance Constructions on our students as part of the Simone Forti exhibition. Biennale College Danza is equally committed to investing in the future generation of choreographic dance talent,
esponenziale durante i tre mesi di lavoro intensivo a Venezia. La nostra ambizione di mettere in contatto i talenti in erba con opportunità di apprendimento, formazione, tutoraggio e creazione senza pari è stata rafforzata dal successo delle due scorse edizioni. Ancora una volta, sedici giovani danzatori provenienti da tutto il mondo e due giovani coreografi sono stati in residenza alla Biennale Danza 2023, frequentando corsi, laboratori, studiando elementi di repertorio e, soprattutto, dando vita a nuovi progetti. In una commissione speciale, il fenomeno della danza cinese Xie Xin crea all’Arsenale una coreografia inedita in collaborazione con i partecipanti alla Biennale College Danza. Sviluppando ulteriormente l’intenzione di far lavorare con la Biennale College i più grandi artisti della danza viventi, siamo entusiasti del fatto che i nostri studenti siano protagonisti del riallestimento di Duo di William Forsythe a opera di due dei principali danzatori della sua compagnia, Brigel Gjoka e Riley Watts. Inoltre, la Biennale College ricopre un ruolo centrale nella celebrazione del Leone d’Oro alla carriera Simone Forti. Sarah Swenson – coreografa, danzatrice e specialista dell’opera di Forti – è a Venezia per insegnare e riallestire le Dance Constructions con i nostri studenti, nell’ambito della mostra retrospettiva Simone Forti. La Biennale College Danza è ugualmente impegnata a investire nella prossima generazione di talenti della danza, concentrandosi sui giovani artisti e sui coreografi emergenti. Attraverso co-produzioni, residenze e inviti siamo in grado di fornire un sostegno significativo e urgente ai giovani artisti in vista di sviluppare i progetti a cui, senza di noi, non riuscirebbero ad accedere con facilità. Quest’anno, due nuovi talenti internazionali emergenti sono stati incaricati di creare nuove opere per i danzatori del College. La nostra rassegna di film sulla danza ha potuto contare su un pubblico appassionato fin dagli esordi. È un’iniziativa che intendiamo quindi proseguire anche quest’anno. Alla Biennale Danza 2023 presentiamo opere cinematografiche degli artisti del Festival insieme a opere da loro scelte, importanti novità di registi affermati, ma anche visioni più grezze e sperimentali. In questa stagione proponiamo inoltre anteprime di artisti di generazioni diverse, fra cui Transparent, il film autobiografico della settantenne coreografa britannica Siobhan Davies. Accuratamente selezionate, le conversazioni e le occasioni
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through a focus on young artists and emerging dancemakers. Through co-productions, residencies and invitations, we can make significant support early for young makers, and facilitate projects they could not easily access without us. This year, two new international emerging talents have been commissioned to create new work on the College dancers. Our dance film programme has had a steadily committed audience from its inception, and we continue this important strand of work this year. Biennale Danza 2023 profiles film work from Festival artists, work curated by them, and major releases from established makers, as well as raw, experimental visions. This season we also present premieres of film by multi-generational artists, including the autobiographical film Transparent by British septuagenarian choreographer Siobhan Davies. Curated conversations and opportunities to meet artists pre- and post-shows are revelatory and insightful, and this year’s edition offers further fascinating encounters. Our in-conversation programme continues to nurture and mentor a new cohort of young dance journalists and curators to lead art form debate now and in the future. As always, each artist performing or presenting work at Biennale Danza 2023 offers a workshop for a broad range of participants during our Festival itself. This ever-expanding and (for us) mission-critical programme allows a diverse audience of professional and non-professional dancers to experience live the incredible physical worlds of our Biennale Danza talent. This year, Botis Seva also undertakes special participatory workshops in Mestre, inspiring with his positive energy and collective vision. We are thrilled that Bottega Veneta once again supports our programme for Biennale Danza 2023. Developing and bolstering young creative talent is central to our joint ambitions for the art form, and their championing of Biennale College Danza and our invited global artists in resources, advocacy, profile and particularly artistic collaboration is a significant partnership that we relish. Thank you, Bottega Veneta, for going beyond. Our Altered States Biennale Danza 2023 invites you to change your internal chemistry; to shift your states of being through experiencing dance – the creativity
d’incontro con gli artisti prima e dopo gli spettacoli costituiscono sempre un’opportunità di scoperta e approfondimento, e l’edizione di quest’anno vuole offrire momenti ancora più sorprendenti. Il nostro programma d’incontro e dialogo continua ad arricchire e formare un nuovo gruppo di giovani giornalisti e curatori di danza affinché possano guidare, ora come in futuro, il dibattito su questa forma d’arte. Come sempre, tutti gli artisti che presentano o eseguono opere alla Biennale Danza 2023 sono invitati a tenere un workshop per una vasta gamma di partecipanti durante il Festival. Questo cruciale programma di laboratori in continua espansione consente a un pubblico eterogeneo di danzatori professionisti e amatoriali di sperimentare dal vivo gli incredibili universi corporei dei talenti della Biennale Danza. Quest’anno, Botis Seva conduce uno speciale laboratorio partecipativo a Mestre, infondendo ispirazione e stimoli grazie alla sua energia positiva e alla sua visione d’insieme. Siamo entusiasti che Bottega Veneta supporti ancora una volta la nostra visione e il nostro programma per la Biennale Danza 2023. Sviluppare e rafforzare giovani talenti creativi è al centro delle nostre comuni ambizioni per questa forma d’arte, e il suo sostegno alla Biennale College Danza e ai nostri artisti internazionali in termini di risorse, patrocinio, profilo e soprattutto collaborazione artistica rappresenta una partnership speciale che apprezziamo. Grazie a Bottega Veneta per essersi spinta ben oltre le aspettative.
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La nostra Biennale Danza 2023 Altered States vi invita ad alterare la vostra chimica interna, cambiare il vostro modo di essere attraverso l’esperienza della danza e della creatività di danzatori, coreografi, compositori e artisti per trasportarvi in un altrove lontano, insolito e profondo. Mentre ci prepariamo ad accogliere le informazioni sensoriali che i nostri corpi ci restituiscono minuto per minuto influenzando ogni nostra decisione, percezione, movimento ed emozione, affidiamo i nostri sensi al teatro affinché li dirotti e li solleciti, li stimoli e li arricchisca, li influenzi e li commuova. E ora lasciamoci senz’altro trasportare da questa danza eccezionale oltre le parole, fuori dal mondo razionale e sempre più in contatto con questo sentire: i nostri personali Altered States.
of dancers, choreographers, composers and artists designed to take you somewhere else, somewhere new, somewhere deeper. As we open ourselves to noticing the sensory information our bodies feed back to us minute-by-minute, affecting our every decision, perception, move and emotion, we hand over our sense systems in the theatre to be hijacked and aroused, stimulated and infused, influenced and touched. And, if nothing else, let the exceptional dance transport us beyond words, outside our rational and more and more towards this felt-sense – our very own Altered States.
Jennifer Higgie è una scrittrice australiana che vive a Londra. Il suo ultimo libro è The Other Side: A Journey into Women, Art and the Spirit World (Weidenfeld & Nicolson, 2023). Jennifer Higgie is an Australian writer who lives in London, UK. Her latest book is The Other Side: A Journey into Women, Art and the Spirit World (Weidenfeld & Nicolson, 2023).
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Jennifer Higgie Eterna alterazione / Eternal Alteration
Eterna alterazione di Jennifer Higgie
Il marchingegno più inspiegabile per me è il mio cervello: un continuo ronzare, frullare, librarsi garrire gettarsi in picchiata, e poi stare sepolto nel fango. E a che pro? A cosa serve questa passione? Virginia Woolf, lettera a Ethel Smyth, 28 dicembre 1932
Viviamo tutti in un maelström di nostra creazione. Per cogliere il significato di uno stato alterato bisognerebbe cercare di capire cosa sia uno stato non alterato, ma non riesco a immaginarlo: anche un blocco di cemento si degrada con il tempo. Essere vivi significa essere in alterazione a ogni passo; tutto e tutti sono in continuo mutamento. Cito: “Ogni giorno vengono sostituiti circa 330 miliardi di cellule, pari a circa l’1 per cento di tutte le cellule del nostro corpo. Nel corso di 80-100 giorni, se ne saranno rinnovati 30 trilioni, l’equivalente di un nuovo individuo”1. I nostri corpi sono come la nave di Teseo; nel corso dei secoli, a mano a mano che le sue parti venivano sostituite, gli antichi filosofi si chiedevano: è sempre la stessa nave? La creatività non può essere quantificata. Aumenta e diminuisce nel tempo e reagisce al momento presente catapultando il passato verso futuri potenziali. Riconoscibile solo per via dei suoi effetti, rispecchia le migliaia di modi in cui delle decisioni misteriose spesso regolano le nostre vite. Di solito si pensa che sia la ragione a guidarci, ma sovente sono l’intuizione e l’istinto a determinare le nostre scelte. Passiamo un terzo della vita a dormire, immersi nelle utopie dell’inconscio. Molti di noi sono convinti di poter controllare il tempo, mentre i fisici non sono neanche d’accordo su cosa sia esattamente il tempo. Alcuni hanno suggerito che non esista nemmeno. Cito: “Anche se la fisica potrebbe sbarazzarsi del tempo, sembra che non riuscirà a intaccare la causalità:
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Eternal Alteration by Jennifer Higgie
My own brain is to me the most unaccountable of machinery – always buzzing, humming, soaring roaring diving, and then buried in mud. And why? What’s this passion for? Virginia Woolf, letter to Ethel Smyth, 28 December 1932
Each of us inhabits a maelstrom of our own making. To grasp the meaning of an altered state you have to understand what an unaltered state might be – but I can’t imagine it: even a lump of cement degrades over time. To be alive is to be altered at every turn; everything and everyone is in a state of flux. I read: “About 330 billion cells are replaced daily, equivalent to about 1 percent of all our cells. In 80 to 100 days, 30 trillion will have replenished – the equivalent of a new you”.1 Our bodies are like the Ship of Theseus: over centuries, as its parts were replaced, ancient philosophers asked: is it still the same ship? Creativity cannot be quantified. It ebbs and flows through time, responding to the present moment by catapulting the past into potential futures. Only recognisable in its effects, it reflects the myriad ways in which mysterious decisions often direct our lives. While reason is conventionally assumed to guide our way, frequently, it’s intuition and instinct that determine our choices. We spend a third of our time asleep, immersed in the mirage lands of the unconscious. Many of us assume we are agents of time, while physicists cannot agree what time actually is. Some suggest that it does not even exist. I read: “While physics might eliminate time, it seems to leave causation intact: the sense in which one thing can bring about another. Perhaps what physics is telling us, then, is that causation and not time is the basic feature of our universe”.2
il senso in cui una cosa può provocarne un’altra. Forse allora ciò che ci dice la fisica è che la causalità, e non il tempo, è la caratteristica fondamentale del nostro universo”2. Ovviamente senza causalità non si dà l’atto di creazione. Tutto è collegato, fratturato, ricomposto. La metamorfosi è il cuore pulsante della maggior parte dei sistemi di credenze. Il mondo va avanti a caos e reazione. Ricerche recenti hanno scoperto che gli esseri umani, in media, hanno circa 6,5 pensieri al minuto, o seimila pensieri al giorno. (Senza tener conto di ciò che accade mentre dormiamo.3) È un miracolo che siamo in grado di comunicare alcunché, visto lo tsunami di speranze e risentimenti da cui siamo di continuo inondati, le domande apparentemente infinite che ci poniamo ogni secondo. (Il fatto che queste varino da “c’è latte in frigo?” a “cosa dovrei fare della mia vita?” non fa che rendere le cose più difficili.) Dal momento della nascita la gravità ci attira verso la terra. La morte è una prospettiva vertiginosa: la non-esistenza. È impossibile visualizzarla da vivi. I nostri corpi sono allo stesso tempo coriacei e miracolosi, vulnerabili e tragici: cornucopie mal progettate dalle sconfinate ricchezze. Possono danzare, volare, pensare e creare meraviglie anche nella disperazione. Incontenibili nonostante i loro limiti. Essere umani vuol dire vivere di contraddizioni. I poteri esterni fanno eco alla volatilità delle nostre vite interiori. I governi si formano e falliscono, rifiutando troppo spesso di ammettere la fragilità delle menti e dei corpi di coloro che governano. Nel nostro mondo iperconnesso, il ritmo del cambiamento è vertiginoso. Negli ultimi anni, a causa dell’occupazione di territori, delle guerre, del fanatismo religioso e dei cambiamenti climatici, circa 103 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro terre d’origine4. L’inquinamento e la sovrappopolazione stanno causando terribili danni al pianeta, mentre il pregiudizio continua a spargere odio in tutti i continenti. Le città sono laboratori di cambiamento mentre la natura trema, esplode, brucia. Trattiamo gli animali come i nostri compagni più cari, mentre poi li mangiamo, li sfruttiamo e li macelliamo su scala industriale. Gli scienziati ritengono che il nostro pianeta stia subendo una sesta estinzione di massa: è scomparso circa il 98 per cento di tutti gli organismi mai esistiti5.
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The creative act is, of course, nothing without causation. Everything connects, fractures, rearranges. Metamorphosis beats at the heart of most belief systems. Chaos and response is the way of the world. Recent research has discovered that humans, on average, have around 6.5 thoughts per minute, or 6,000 thoughts per day. (This does not take into account what occurs while we sleep.3) It’s a wonder we can communicate anything, given the tsunami of grievances and hopes that flood us; the seemingly never-ending questions we ask ourselves from second to second. (That these can range from “do we have milk?” to “what should I do with my life?” only adds to the challenge.) From the moment we are born, gravity draws us into the earth. Death is a vertiginous prospect; a non-existence impossible to visualise as we live and breathe. Our bodies are at once resilient and miraculous, vulnerable and doomed: badly designed vessels of boundless riches. They can dance, fly, think; create wonders even as they despair. Despite their limitations they will not be contained. To live with contradiction is to be human. External powers echo the volatility of our inner lives. Governments form and fail, all too often negating the fragility of the minds and bodies of those they govern. In our hyper-connected world, the pace of change is dizzying. In recent years, thanks to land grabs, wars, religious fanaticism and climate change, an estimated 103 million people have been forced from their homelands.4 Pollution and overpopulation are wreaking terrible damage to the planet, while prejudice continues to spawn its hatred across every continent. Cities are laboratories for change while nature trembles, blooms, burns. We treat animals as our dearest companions, despite the fact that we eat, exploit and slaughter them on an industrial scale. Scientists believe our planet is undergoing a sixth mass extinction: about 98 percent of all the organisms that have ever existed have disappeared.5 Humans are by far the most damaging species on Earth. Like the protagonist of Mary Shelley’s prescient 1818 novel Frankenstein; or, The Modern Prometheus, we invent monsters we cannot control. As I write this, a headline declares: “AI ‘Godfather’ Geoffrey Hinton Warns of Dangers as He Quits Google”. Hinton told the BBC that AI chatbots were “scary”, declaring: “Right now, they’re
Gli esseri umani sono di gran lunga la specie più dannosa sulla Terra. Come il protagonista di Frankenstein; o, il Prometeo moderno, il profetico romanzo di Mary Shelley del 1818, inventiamo mostri che non possiamo controllare. Mentre scrivo, un titolo di giornale dichiara: Il “padrino” dell’IA Geoffrey Hinton ci avverte dei pericoli mentre lascia Google. Hinton ha detto alla BBC che i chatbot basati su IA sono “spaventosi”, dichiarando: “Per quanto ne so in questo momento non sono più intelligenti di noi. Ma penso che lo saranno presto”6. È anche profondamente preoccupato che Internet sarà invasa da così tante foto, video e testi falsi che “la persona media non sarà più in grado di distinguere cosa sia vero”7. A questi terribili scenari si contrappone l’infinita capacità degli esseri umani di adattarsi a nuovi costumi e di concepire modi di esistere più armoniosi. La ricerca scientifica ha ora riconosciuto che gli animali, per la maggior parte, sono esseri pensanti e sensibili, una sentenza che si è riflessa in nuove leggi in tutto il mondo. Nel Regno Unito, ad esempio, l’Animal Welfare (Sentience) Act 2022 riconosce che gli animali hanno pensieri ed emozioni complessi. Nel 2017, la Nuova Zelanda ha approvato una legge che attribuisce al fiume Whanganui lo statuto legale di persona, dichiarando che è “un insieme vivente, dalle montagne al mare, che incorpora tutti i suoi elementi fisici e metafisici”8. Altri Paesi ne stanno seguendo l’esempio: nel 2018, la Corte Suprema della Colombia ha riconosciuto al Rio delle Amazzoni – dotato del più grande bacino fluviale al mondo – lo statuto di “ente soggetto di diritti”; il Bangladesh processerà chiunque ferisca un fiume come se avesse fatto del male a un essere umano; la tribù Yurok nella California settentrionale ha concesso i diritti di persona al fiume Klamath9, e nel 2021 anche il fiume canadese Magpie, noto alla Prima Nazione Innu come Mutuhekau Shipu, è stato dichiarato “persona giuridica”10. Anche la vita vegetale viene riconsiderata. Nel suo libro del 2015 La vita segreta degli alberi, il guardaboschi tedesco Peter Wohlleben spiega che una foresta è una rete di rapporti sociali e che gli alberi usano gli odori per comunicare tra loro, si aiutano a vicenda e provano dolore e ricordi: il loro benessere dipende dalla loro comunità. Ma, come chiarisce Wohlleben: “Non dobbiamo interessarci agli
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not more intelligent than us, as far as I can tell. But I think they soon may be”.6 He is also deeply concerned that the Internet will be flooded with so many false photos, videos and texts that “the average person will not be able to know what is true anymore”.7 These terrible scenarios are countered by the infinite capacity of humans to adapt to new mores and to conceive of more harmonious ways of existing. Scientific research has now recognised that most animals are thinking and feeling beings – a ruling that has been reflected in new laws around the globe. In the UK, for example, The Animal Welfare (Sentience) Act 2022 acknowledges that animals experience complex thoughts and emotions. In 2017, New Zealand passed a law granting personhood status to the Whanganui River, declaring that it is “a living whole, from the mountains to the sea, incorporating all its physical and metaphysical elements”.8 Other countries are following suit: in 2018, Colombia’s Supreme Court granted the Amazon – the world’s largest river – “an entity subject of rights”; Bangladesh will try anyone who injures a river as if they have harmed a human; the Yurok Tribe in Northern California has granted personhood to the Klamath River9 and in 2021 Canada’s Magpie River, known to Innu First Nation as the Mutuhekau Shipu, was also declared “a legal person”.10 Plant life is also being reconsidered. In his book The Hidden Life of Trees (2015), German forester Peter Wohlleben explains that a forest is a social network, and that trees use scent to communicate with one another, help each other out and experience pain and memories: their well-being depends on their community. But, as Wohlleben makes clear: “We shouldn’t be concerned about trees purely for material reasons, we should also care about them because of the little puzzles and wonders they present us with”.11 This could be a description of art. To look for reason in art is futile. Whatever its manifestation – on a wall, a plinth or a stage – the language of art is alchemical: the translation of one material or idea into another. Modernity, too, is magical: a premonitory state that dreams new languages into being. How can change be manifested if it can’t first be imagined? Believing in the rich possibilities of altered states – to embrace uncertainty as an unavoidable component of the human
alberi solo per motivi materiali, dobbiamo interessarcene anche per i piccoli enigmi e le meraviglie che ci presentano”11. Si potrebbe dire lo stesso dell’arte. È futile cercare la ragione nell’arte. Comunque si manifesti – su una parete, su un piedistallo o sul palcoscenico –, il linguaggio dell’arte è alchemico: la traduzione di un’idea o di una materia in qualcos’altro. Anche la modernità è magica: uno stato premonitore che, nel sognarli, genera nuovi linguaggi. Come può manifestarsi il cambiamento se prima non può essere immaginato? Credere nelle ricche possibilità degli stati di alterazione – abbracciare l’incertezza come componente inevitabile della condizione umana – ci concede una certa umiltà: è un’ammissione che, mentre nessun essere umano può capire tutto, ciò che accade quando fatichiamo a capire può essere miracoloso. Non sapere non è fallimento: è potenziale. L’animismo – la convinzione che oggetti, luoghi e creature possiedano tutti un’essenza spirituale distinta – ha plasmato la maggior parte delle culture sulla Terra. Energie sovrannaturali – aure, anime, visioni, spiriti, fantasmi – hanno guidato o terrorizzato milioni di persone in tutto il mondo per millenni. La Bibbia – un libro in cui la pelle umana è un sacro contenitore d’ira, trascendenza, saggezza e vendetta – ha ispirato la maggior parte dell’arte premoderna in Occidente. Dove sarebbe il Rinascimento senza i suoi santi, angeli e diavoli, le sue visioni di esseri umani manipolati da poteri al di là della loro comprensione? O l’antica Grecia senza i suoi dèi e le sue dee, che mutavano forma per capriccio? O, naturalmente, le ricchezze magiche dell’arte delle Prime Nazioni, in cui il tempo è raramente rappresentato come qualcosa di lineare? Il linguaggio dell’arte è complesso quanto la comunicazione umana: è allusivo anziché letterale e comunica per associazione, simbolo, cifratura. “Metafora” – così centrale nell’espressione creativa – deriva dal greco antico metaphérō: una combinazione di metá (tra) e phérō (sopportare o portare). L’oggetto, l’idea, la sensazione vengono trasportati da un significato all’altro, e lungo il processo nasce qualcosa di nuovo. Nell’arte, come nella vita, niente è permanente. È solo attraverso l’eterna alterazione che emergono nuove forme.
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condition – grants us a certain humility: it’s an admission that, while no human can understand everything, what happens when we struggle for comprehension can be miraculous. The not-knowing is not a failure – it’s potential. Animism – the belief that objects, places and creatures all possess a distinct spiritual essence – has shaped most cultures on Earth. Preternatural energies – auras, souls, visions, spirits, ghosts – have guided or frightened millions of people across the globe for millennia. The Bible – a book in which human skin is a holy container of wrath, transcendence, wisdom and vengeance – was the source of most pre-modern art in the West. Where would the Renaissance be without its saints, angels and devils, its visions of humans manipulated by powers beyond their understanding? Or Ancient Greece without its gods and goddesses, who shape-shifted at whim? Or, of course, the magical riches of First Nations art, in which time is rarely depicted as something linear? The language of art is as complex as human communication: it’s allusive rather than literal and communicates via association, symbol, encryption. “Metaphor” – so central to creative expression – derives from the Ancient Greek, metaphérō: a combination of metá or “between”, and phérō, “to bear or carry”. The object, the idea, the feeling is transported from one meaning to another – and in the process, something new is born. Nothing is permanent in art or in life. It’s only through eternal alteration that fresh forms emerge.
1 Mark Fischetti, Jen Christiansen, Our Bodies Replace Billions of Cells Every Day: Blood and the Gut Dominate Cell Turnover, in “Scientific American”, 1 aprile 2021 (https://tinyurl. com/2t8pb5ty). 2 Samuel Baron, Time Might Not Exist, According to Physicists and Philosophers, and That’s Okay, in “The Conversation”, 14 aprile 2022 (https://theconversation.com/time-might-notexist-according-to-physicists-and-philosophers-but-thats-okay-181268). 3 Anne Craig, Discovery of “Thought Worms” Opens Window to the Mind, in “Queen’s Gazette”, 13 luglio 2020 (https://www.queensu.ca/gazette/stories/discovery-thoughtworms-opens-window-mind). 4 Cfr. il Refugee Data Finder dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (https://www.unhcr.org/refugee-statistics). 5 Tammana Begum, What Is Mass Extinction and Are We Facing a Sixth One?, 19 maggio 2021, London, Natural History Museum (https://www.nhm.ac.uk/discover/what-is-massextinction-and-are-we-facing-a-sixth-one.html). 6 Zoe Kleinman, Chris Vallance, AI “Godfather” Geoffrey Hinton Warns of Dangers as He Quits Google, in “BBC News”, 2 maggio 2023 (https://www.bbc.com/news/world-uscanada-65452940#). 7 Cade Metz, “The Godfather of A.I.” Leaves Google and Warns of Danger Ahead, in “The New York Times”, 1 maggio 2023 (https://www.nytimes.com/2023/05/01/technology/ai-googlechatbot-engineer-quits-hinton.html). 8 Nick Perry, New Zealand River’s Personhood Status Offers Hope to Māori, in “AP News”, 15 agosto 2022 (https://apnews.com/article/religion-sacred-rivers-new-zealand-86d34a78 f5fc662ccd554dd7f578d217). 9 Lulu Garcia-Navarro, Amy Cordalis, Tribe Gives Personhood to Klamath River [intervista], NPR’s Environment Podcast, 29 settembre 2019 (https://www.npr. org/2019/09/29/765480451/tribe-gives-personhood-to-klamath-river). 10 Chloe Berge, This Canadian River Is Now Legally a Person: It’s Not the Only One, in “National Geographic”, 16 aprile 2022 (https://www.nationalgeographic.com/travel/ article/these-rivers-are-now-considered-people-what-does-that-mean-for-travelers). 11 Peter Wohlleben, The Hidden Life of Trees: What They Feel, How They Communicate, Vancouver, Greystone Books, 2016, p. 245 (tr. it. La vita segreta degli alberi. Cosa mangiano. Quando dormono e parlano. Come si riproducono. Perché si ammalano e come guariscono, Cesena, Macro, 2016).
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1 Mark Fischetti, Jen Christiansen, “Our Bodies Replace Billions of Cells Every Day: Blood and the Gut Dominate Cell Turnover”. Scientific American, 1 April 2021 (https://tinyurl. com/2t8pb5ty). 2 Samuel Baron, “Time Might Not Exist, According to Physicists and Philosophers, and That’s Okay”. The Conversation, 14 April 2022 (https://theconversation.com/time-might-not-existaccording-to-physicists-and-philosophers-but-thats-okay-181268). 3 Anne Craig, “Discovery of ‘Thought Worms’ Opens Window to the Mind”. Queen’s Gazette, 13 July 2020 (https://www.queensu.ca/gazette/stories/discovery-thought-worms-openswindow-mind). 4 See the Refugee Data Finder of the United Nations High Commissioner for Refugees (https://www.unhcr.org/refugee-statistics). 5 Tammana Begum, “What Is Mass Extinction and Are We Facing a Sixth One?”, 19 May 2021. London: Natural History Museum (https://www.nhm.ac.uk/discover/what-is-massextinction-and-are-we-facing-a-sixth-one.html). 6 Zoe Kleinman, Chris Vallance, “AI ‘Godfather’ Geoffrey Hinton Warns of Dangers as He Quits Google”. BBC News, 2 May 2023 (https://www.bbc.com/news/world-uscanada-65452940#). 7 Cade Metz, “‘The Godfather of A.I.’ Leaves Google and Warns of Danger Ahead”. The New York Times, 1 May 2023 (https://www.nytimes.com/2023/05/01/technology/ai-googlechatbot-engineer-quits-hinton.html). 8 Nick Perry, “New Zealand River’s Personhood Status Offers Hope to Māori”. AP News, 15 August 2022 (https://apnews.com/article/religion-sacred-rivers-new-zealand-86d34a78 f5fc662ccd554dd7f578d217). 9 Lulu Garcia-Navarro, Amy Cordalis, “Tribe Gives Personhood to Klamath River” [interview]. NPR’s Environment Podcast, 29 September 2019 (https://www.npr. org/2019/09/29/765480451/tribe-gives-personhood-to-klamath-river). 10 Chloe Berge, “This Canadian River Is Now Legally a Person: It’s Not the Only One”. National Geographic, 16 April 2022 (https://www.nationalgeographic.com/travel/article/ these-rivers-are-now-considered-people-what-does-that-mean-for-travelers). 11 Peter Wohlleben, The Hidden Life of Trees: What They Feel, How They Communicate. Vancouver: Greystone Books, 2016, p. 245.
Installazioni Installations Programma / Programme
Lucy Guerin Inc & Matthias SchackArnott 46 47 Installazione | Installation PENDULUM
s
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PENDULUM 2021 – 40’ prima europea / European premiere co-creazione / co-creation Lucy Guerin Matthias Schack-Arnott
composizione e sound design / composition and sound design Matthias Schack-Arnott
gestione di produzione / production management Keith Tucker (Megafun)
coreografia / choreography Lucy Guerin con i danzatori / with the dancers
costumi / costume design Harriet Oxley
direzione di scena / stage management Hannah Tobin
danzatori / dancers Deanne Butterworth Tra Mi Dinh Alice Dixon Stephanie Halyburton Helen Herbertson Amber McCartney Lilian Steiner
luci / lighting design Bosco Shaw design e programmazione del sistema / system design and programming Nick Roux progettazione pendoli / pendulum design Rob Larsen
produzione esecutiva / executive production Brendan O’Connell una produzione di / a production by Lucy Guerin Inc commissionata da / commissioned by RISING Melbourne
14.07.2023 > H 16.00 15.07.2023 > H 14.00 16.07.2023 > H 17.00, H 19.00 18.07.2023 > H 18.00 19.07.2023 > H 16.00 27-29.07.2023 > H 16.00, H 18.00 Arsenale – Teatro alle Tese
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Il pubblico è raccolto intorno a un campo di trentanove campane dorate oscillanti, ciascuna contenente un altoparlante, una luce, un sensore tattile e un batacchio. I danzatori animano e reagiscono a queste campane. Le scagliano, le afferrano, ne interrompono la rotazione, le schivano o ne assorbono l’oscillazione nella loro danza con la gravità, attivando una composizione musicale e una coreografia luminosa profondamente viscerali e cinetiche. Il pendolo è uno strumento affascinante. Durante la creazione dell’opera, è apparso subito chiaro che la vera protagonista era la gravità, la forza invisibile che agisce sulle campane sospese. Elementi centrali sono diventati la ripetizione e il pathos di questi archi d’oscillazione, amplificati dagli effetti sonori e luminosi che li accompagnano. I movimenti dei danzatori sono diventati più semplici, più funzionali e in sintonia con il ritmo dell’oscillazione. Le nostre interazioni con i pendoli ci hanno reso consapevoli del nostro desiderio di controllarli, di reagire ad essi, di resistergli e di trovare una sincronia. The audience is situated around a field of 39 swinging golden bells, each containing a speaker, a light, a touch sensor and a clapper. The performers animate and respond to these bells; hurling, catching, stopping spinning, dodging and resisting the swing in their dance with gravity – activating a deeply visceral, kinetic musical composition and lighting design. The pendulum is a mesmerising instrument. During the creation of the work, it quickly became clear that the star performer was the invisible force of gravity acting on the suspended bells. The repetition and the drama of these swinging arcs became the central element, accentuated by the sound and light that accompanied them. The dancers’ movements became simpler, more functional and in tune with the rhythm of the swing. Our interactions with the pendulums made us aware of our desire to control them, to respond to them, to resist them and to find synchronicity.
Coreografa australiana residente a Melbourne, è fondatrice e direttrice artistica di Lucy Guerin Inc (LGI). Inizia come danzatrice con Russell Dumas di Dance Exchange e Nanette Hassall di Danceworks, prima di trasferirsi a New York, dove a partire dal 1989 si esibisce per sette anni con Tere O’Connor Dance, Bebe Miller Company e Sara Rudner. Nel 2002 fonda LGI per portare avanti la sua pratica coreografica insieme all’idea di una comunità fondata sul dialogo e sulla creazione. Ha ricevuto commissioni in Australia da The Australian Ballet e Chunky Move; negli Stati Uniti da White Oak Dance Project di Michail
Baryšnikov; in Francia dal Ballet de l’Opéra de Lyon; nei Paesi Bassi da Dance Works Rotterdam; in Svezia dallo Skånes Dansteater; e nel Regno Unito da Rambert. Tra i tanti riconoscimenti, nel 2020 è stata nominata Officer of the Order of Australia (AO) per essersi distinta nei servizi alla danza contemporanea. A choreographer based in Melbourne, Australia, she is the founding Artistic Director of Lucy Guerin Inc (LGI). Guerin began dancing with Russell Dumas (Dance Exchange) and Nanette Hassall (Danceworks) before moving to New York in 1989, where she danced with
Lucy Guerin 52 53 Installazione | Installation PENDULUM
Tere O’Connor Dance, Bebe Miller Company and Sara Rudner for seven years. In 2002, Guerin founded LGI to support her choreographic practice and a vision for a community invested in dialogue and creation. Guerin has been commissioned by The Australian Ballet, Chunky Move (Australia), Mikhail Baryshnikov’s White Oak Dance Project (USA), Ballet de l’Opéra de Lyon (France), Dance Works Rotterdam (the Netherlands), Skånes Dansteater (Sweden) and Rambert (UK). Among many awards, she was made an Officer of the Order of Australia (AO) in 2020, for distinguished services to contemporary dance.
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Come danzatori, la gravità è sempre la nostra compagna, e in PENDULUM questa forza collega gli artisti all’attrazione della terra, ricordandoci del visibile e dell’invisibile, dell’inevitabile e potenzialmente pericoloso. Questo crea un dramma meditativo visivamente e sonicamente coinvolgente, che incarna la natura ciclica di così tante esperienze umane. Il punto d’incontro di tutto sono le campane. Ispirano e motivano i movimenti, mantengono il ritmo, influenzano il suono, attivano l’illuminazione, rispondono al tocco dei danzatori e controllano il tempo e la dinamica dell’opera come un orologio un po’ ribelle. Questa straordinaria concentrazione, che si ripete e si evolve nel tempo, fissa nella mente un nuovo ritmo. Entrando in questo campo dorato di suono e movimento, i pendoli portano gli spettatori a farsi trascinare dentro un rapporto diverso con il tempo. Il mondo dinamico e oscillante cambia il loro stato d’animo come una meditazione, ed emergono dalla performance su una frequenza diversa, in uno stato di alterazione. Come coreografa, ho la sensazione di canalizzare il movimento, e mentre lo faccio sento quasi di stare assumendo una personalità diversa. Suppongo significhi passare a un altro “piano”, ma sembra che il mio corpo traduca lo psicologico in fisico. È una parte diversa della mia coscienza e sa cosa fare. È un chiaro passaggio a un altro stato psichico.
Lucy Guerin
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Lucy Guerin
How does the concept of “altered states” speak to your work?
As dancers, gravity is always our partner, and in PENDULUM this force connects the performers to the pull of the earth, reminding us what is seen and unseen, inevitable and potentially dangerous. This creates a meditative, visually and sonically absorbing drama that embodies the cyclical nature of so many human experiences. Everything meets in the bells. They inspire and motivate the movements, they keep the rhythm, they affect the sound, they trigger the lighting, they respond to the touch of the dancers and control the tempo and dynamics of the piece like slightly rebellious clockwork. This singular focus, looping and evolving over time, imprints one’s mind with a new rhythm. Entering this golden field of sound and movement, the pendulums allow spectators to be drawn into a different relationship to time. The dynamic, swinging world changes their state of mind like a meditation, and they emerge from the performance on a different frequency, in an altered state. As a choreographer, I have a sense of channelling movement, and when I am making it I almost feel that I am taking on a different personality. I suppose it’s getting “in the zone”, but it feels like my body is transferring the psychological to the physical. It’s a different part of my consciousness and it knows what to do. It’s a clear shift to another state of mind.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Penso spesso a interno ed esterno. Sono sicura che altre culture intendono diversamente, ma per me esiste un confine netto fra ciò che sta dentro e ciò che sta fuori di me. Noi danzatori prestiamo molta attenzione all’interno; forse addirittura ci vediamo come contenitori. Tutti questi modi di organizzare i nostri corpi attraverso tecniche di movimento, immagini, posizioni, ossa, organi e muscoli ci rendono fortemente consapevoli dell’interno fisico. E poi, naturalmente, ci sono i pensieri, questi strani intrusi che saltano fuori da dentro di noi. Il mio pensiero ha luogo nel punto d’incontro del “me” interiore con il mondo esterno, dove si fanno le scoperte coreografiche e dove emergono tonalità sconosciute e stimolanti. Ho bisogno che l’interno incontri l’esterno per creare la scintilla per andare avanti. Spesso questo accade in studio quando finalmente riesco a esternare i miei pensieri nel mondo e sulle persone. Questo cambia ogni cosa e inizia finalmente il lavoro. Lucy Guerin
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I am sure that other cultures think differently about this, but for me there is a clear boundary between the inside of me and the outside of me. As dancers we are very aware of the internal; perhaps we even think of ourselves as containers. All these ways we have of organising our bodies through movement techniques, imagery, states, bones, organs and muscles make us very conscious of the physical inside. And then, of course, there are thoughts; these strange interlopers that surface within us. The meeting of the internal “me” with the external world is where my thinking occurs; where the choreographic discoveries are made and where unfamiliar and inspiring tonalities emerge. I need the internal to meet the external to create the spark to move forward. Often this happens in the studio when I finally get to realise my thoughts in the world and on people. This changes everything and the work begins. Lucy Guerin
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
I think often about internal and external.
Artista, compositore e percussionista australiano pluripremiato, realizza opere che spaziano tra performance dal vivo, arte pubblica e installazioni. Negli ultimi dieci anni ha costruito inediti sistemi cinetici per creare mondi sonori viscerali e visivamente accattivanti. Descritte dal “Guardian” come “visivamente e sonicamente squisite”, le sue opere sono state presentate in importanti festival e spazi d’arte contemporanea in Australia e all’estero. Dal 2010 al 2018 Schack-Arnott è artista associato della principale organizzazione australiana di arti percussive, Speak Percussion, affiliazione che continua ancora
oggi. Ha lavorato con molti musicisti di spicco tra cui Steve Reich, Claire Chase, Unsuk Chin, Johannes Kreidler, Matthew Shlomowitz, Simon Løffler, John Zorn, Liza Lim e Steven Schick, collaborando sia alle interpretazioni che alle improvvisazioni. An award-winning Australian artist, composer and percussionist, his works span live performance, public art and installation. Over the last decade he has been building unique kinetic systems to create visceral and visually compelling sound worlds. Described by The Guardian as “visually and
sonically exquisite”, SchackArnott’s works have been presented by major festivals and contemporary art spaces across Australia and internationally. From 2010 to 2018 SchackArnott was the Artistic Associate of Australia’s leading percussive arts organisation, Speak Percussion, and continues to have a close affiliation with the organisation. As a collaborator, interpreter and improviser, he has worked with many leading musicians including Steve Reich, Claire Chase, Unsuk Chin, Johannes Kreidler, Matthew Shlomowitz, Simon Løffler, John Zorn, Liza Lim and Steven Schick.
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Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Mentre lavoravamo a PENDULUM, Lucy e io abbiamo parlato molto della soggettività del tempo. Ovvero, come il tempo possa sembrare molto più lento o più veloce a seconda della natura di una determinata esperienza: i dettagli granulari di un incidente automobilistico percepito al rallentatore, o il modo in cui sembra che gli anni durino settimane. Speravo di infondere nell’opera il senso di un tempo elastico. Utilizzando i pendoli, viene naturalmente messa in primo piano l’idea della misura del tempo. E la buona musica o la danza spesso dislocano in un modo o nell’altro il nostro senso del tempo. Ma, addentrandoci sempre più nel cuore dell’oscillazione del pendolo, nel suo moto ipnotico, spero che si possa accedere a qualcosa che smuova i nostri orologi interni, fino a ritrovarci in un’esperienza alterata del tempo, e quindi del corpo. Uso il suono come veicolo per creare stati di esperienza, con specifiche qualità energetiche, piuttosto che idee musicali specifiche guidate da schemi melodici o armonici (sebbene questi possano ritrovarsi nel mio lavoro in modo secondario). Quando penso agli stati di alterazione, non penso solo alla nozione dei modi d’essere variabili di un pubblico o di un danzatore, ma anche ai processi di trasformazione dei suoni stessi e al modo in cui possono vibrare in oscillazioni scintillanti tra le modalità dell’essere. Matthias Schack-Arnott
60 61 Installazione | Installation PENDULUM
Matthias Schack-Arnott
How does the concept of “altered states” speak to your work?
When Lucy and I made PENDULUM, we talked a lot about the subjectivity of time. How time can feel so much slower or faster depending on the nature of any given experience – the granular detail of a car crash felt in slow motion, or the way a year can seem to pass in a week. I hoped to imbue the work with a sense of an elastic time. Of course, using pendulums, the idea of time and its measurement are naturally foregrounded. And good music or dance often shifts our sense of time in one way or another. But, by going deeper and deeper into the heart of the pendulum’s swing, its hypnotic motion, I hope that we can access something that shifts our internal clocks, until we find ourselves with an altered experience of time, and therefore of the body. My way of approaching sound is as a vehicle for creating states of experience, with particular energetic qualities, rather than specific musical ideas driven by melodic or harmonic patterns (although these may find their way into my work in a secondary way). When I think of altered states, I not only think of the notion of shifting states of being in an audience or performer, but also the processes of transformation that the sounds themselves go through, and the way they might quiver in shimmering oscillation between modes of being.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Per me interno ed esterno non sono distinti e separati, ma avvolti in un continuum sfuggente e senza confini. Matthias Schack-Arnott
62 63 Installazione | Installation PENDULUM
Matthias Schack-Arnott
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
For me the internal and external aren’t distinct and separate, but rather an entangled continuum that is slippery and boundary-less.
Altered States un’immagine / an image
64 65 Installazione | Installation PENDULUM
2023 Biennale College Danza Programma / Programme
La Biennale College è stata un punto di forza delle edizioni 2021 e 2022 della Biennale Danza e ha visto la partecipazione di giovani, straordinari e fantasiosi artisti cresciuti a ritmo esponenziale durante i tre mesi di intenso lavoro a Venezia. Un’altra eccezionale leva di sedici giovani danzatori provenienti da tutto il mondo e due giovani coreografi è stata in residenza alla Biennale Danza 2023, frequentando corsi, laboratori, lezioni di repertorio e, soprattutto, dando vita a nuovi progetti. La nostra ambizione di collegare i nostri giovani talenti in crescita con apprendimento, formazione, tutoraggio e creazione di opportunità senza rivali è stata rafforzata dall’eccellenza sperimentata nelle due edizioni precedenti. Ogni stagione riflettiamo e rivediamo la nostra offerta, lavorando per raggiungere uno standard di eccellenza nella formazione alla danza nel contesto internazionale di questo Festival. Quest’anno siamo orgogliosi di aver curato un programma senza precedenti fatto di sfida e creatività, offrendo ai nostri studenti un intenso coinvolgimento sia con una stella nascente sia con due leggendari astri del mondo della danza. I danzatori hanno avuto la possibilità di partecipare a tre eccezionali esperienze creative. In una commissione speciale, il fenomeno della danza cinese contemporanea Xie Xin, fresca del suo periodo di creazione all’Opéra national de Paris, ha realizzato un nuovo lavoro con i partecipanti del College per un programma condiviso all’Arsenale.
68 69 Biennale College Danza
Sviluppando la nostra ambizione di far lavorare con la Biennale College i più grandi artisti della danza viventi, siamo entusiasti del fatto che i nostri studenti siano protagonisti del riallestimento di Duo di William Forsythe e che abbiano partecipato a un corso intensivo sulla sua tecnica, grazie a due dei principali danzatori della sua compagnia: Brigel Gjoka e Riley Watts. Infine, i danzatori della Biennale College hanno un ruolo centrale nella celebrazione del Leone d’Oro alla carriera Simone Forti, eseguendo le sue Dance Constructions nell’ambito della restrospettiva a lei dedicata. Sarah Swenson – coreografa, danzatrice e specialista del lavoro di Forti – è stata a Venezia per insegnare e riallestire quest’opera fondamentale. Il fatto che siamo stati in grado di curare un tale programma è una straordinaria testimonianza della fiducia che questi importanti artisti della danza hanno nei nostri valori e nella nostra etica, e della qualità e ambizione del lavoro che stiamo intraprendendo, promuovendo la creatività, il talento e le future carriere della prossima generazione di danzatori e artisti.
Biennale College has been a highlight of both the 2021 and 2022 editions of Biennale Danza, with superb, imaginative young artists growing exponentially during their intensive three months in Venice. Another exceptional cohort of 16 young dancers from around the world and two young choreographers has been resident at Biennale Danza 2023, taking class, workshops, learning rep and, vitally, creating new work. Our ambition to connect our burgeoning young talent with unrivalled learning, training, mentoring, and creating of opportunities has been fortified by the excellence we have experienced in the past two editions. Each season, we reflect and revise our offer, working towards a gold standard in dance training in the international context of this Festival. This year we are proud to have curated an unprecedented programme of challenge and creativity, offering our students intensive engagement with both a rising star and two legendary luminaries of the dance world. Dancers have had the privilege of participating in three exceptional making experiences. In a special commission, Chinese contemporary dance phenomenon Xie Xin, fresh from her creation period at the Opéra national de Paris, has created a new work with the College participants for a shared programme in the Arsenale.
70 71 Biennale College Danza
Continuing our ambition to have the greatest living dance artists working with and connected to Biennale College, we are thrilled that our students have had William Forsythe’s work Duo remade on them and experienced an intensive course in Forsythe’s techniques taught by two influential dancers of his company: Brigel Gjoka and Riley Watts. Finally, the Biennale College dancers are central to the celebration of our Golden Lion for Lifetime Achievement Simone Forti, performing her Dance Constructions as part of Forti’s retrospective exhibition. The participants have had the benefit of working with Sarah Swenson, choreographer, dancer and Forti specialist, who has been in Venice teaching and re-staging these iconic works. That we have been able to curate such a programme is a remarkable testament to the belief that these leading dance artists have in our values and ethos, and to the quality and ambition of the work we are undertaking here – fostering the creativity, talent and careers of the next generation of dancers and performers.
Collaborations Simone Forti
Simone Forti Sleep Walkers / Zoo Mantras, 2010 Simone Forti Studio, Los Angeles
72 73 Collaborations | Simone Forti & Biennale College Danza | Live
DAN Live
74 75 Collaborations | Simone Forti & Biennale College Danza | Live
NCE Proseguendo la celebrazione del nostro Leone d’Oro alla carriera, Simone Forti Live consiste in un programma di insegnamento delle pratiche di Forti e nella messa in scena di tre delle sue rivoluzionarie Dance Constructions. Continuing our celebration of our Golden Lion for Lifetime Achievement, Simone Forti Live consists of a programme of teaching Forti’s practices and restaging three of her revolutionary Dance Constructions.
76 77 Collaborations | Simone Forti & Biennale College Danza | Live
Le pratiche di Simone Forti workshop Sarah Swenson ha condotto un workshop di tre giorni sulle pratiche di Simone Forti per i danzatori della Biennale College, esplorando le improvvisazioni sul movimento, i giochi, la scrittura, il suono, il disegno, il muoversi & parlare dell’artista. Practices of Simone Forti Workshop Sarah Swenson has conducted a three-day workshop for Biennale College dancers on the practices of Simone Forti, exploring the artist’s movement improvisations, games, writing, sounding, drawing and moving & speaking. Simone Forti, Hangers, 1961 Performance con corde in fibra naturale / Performance with natural fiber ropes, 10’. The Museum of Modern Art, New York. Committee on Media and Performance Art Funds. © 2023 The Museum of Modern Art, New York. Performed at MOCA Geffen, Los Angeles, 2004. Photo by Carol Peterson
DANCE Constructions (1960-1961)
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Simone Forti Slant Board, 1982 Performance presso lo Stedelijk Museum, Amsterdam / Performed at the Stedelijk Museum, Amsterdam. Compensato e corda / Plywood and rope, 10’. The Museum of Modern Art, New York. Committee on Media and Performance Art Funds. © 2023 The Museum of Modern Art, New York
SIMONE FORTI
DANCE CONSTRUCTIONS
organizzata dai curatori associati / organised by associate curators Rebecca Lowery Alex Sloane
coordinamento e formazione / coordination and training Sarah Swenson
con il curatore ospite / with guest curator Jason Underhill The Museum of Contemporary Art, Los Angeles
danzatori / dancers Kayla Gabrielle Aguila Jo-Chen (Avian) Chang Anastasia Crastolla Isabella Di Liello Francesco Giammattei Daria Hordiichuk Kehari Hutchinson Giuseppe Iodice Giorgio Lombardo Dayana Mankovska Amanda Peet Fernando Pérez Hernández Yume Takojima Dipesh Verma Emilio Wettlaufer Nicolò Zanotti produzione / production La Biennale di Venezia
Simone Forti, Hangers, 1961. Performance con corde in fibra naturale / Performance with natural fiber ropes, 10’. The Museum of Modern Art, New York. Committee on Media and Performance Art Funds. © 2023 The Museum of Modern Art, New York Simone Forti, Huddle, 1961. Performance, 10’. The Museum of Modern Art, New York. Committee on Media and Performance Art Funds. © 2023 The Museum of Modern Art, New York Simone Forti, Slant Board, 1961. Performance con compensato e corda / Performance with plywood and rope, 10’. The Museum of Modern Art, New York. Committee on Media and Performance Art Funds. © 2023 The Museum of Modern Art, New York
14-29.07.2023 Arsenale – Sala d’Armi E
DANCE CONSTRUCTIONS 80 81 Collaborations | Simone Forti & Biennale College Danza | Live
Simone Forti, Dance Constructions (1960-1961) Tre delle nove Dance Constructions di Simone Forti sono state insegnate da Sarah Swenson per essere eseguite dai danzatori della Biennale College in occasione della mostra Simone Forti durante la Biennale Danza 2023: Slant Board, Hangers e Huddle, uno dei classici dell’artista. Questi lavori rivoluzionari, che combinano scultura e movimento, richiedono forza fisica e concentrazione e generano uno spirito di comunione tra i danzatori. Le Dance Constructions vengono eseguite durante il Festival. Per gli orari consultare www.labiennale.org. Simone Forti. Dance Constructions (1960-1961) Three of Simone Forti’s nine Dance Constructions are being taught by Sarah Swenson to be performed by the Biennale College dancers at the Biennale Danza 2023’s Simone Forti exhibition: Slant Board, Hangers and Forti’s signature work, Huddle. These revolutionary pieces combining sculpture and movement require physical strength and focus, and engender communal spirit among the movers. The Dance Constructions are performed throughout the Festival. See www.labiennale.org for times.
Autodefinitasi “neomodernista”, la coreografa americana opera una fusione di tecniche pionieristiche di danza moderna e postmoderna, teatro e improvvisazione. Risale al 1998 l’inizio della sua collaborazione con Simone Forti e Rudy Perez, due maestri del postmodernismo formatisi al Judson Dance Theater. Il loro straordinario trattamento del movimento e dell’energia umana ha avuto l’effetto di un’epifania sulla sua pratica di interprete e coreografa. Nel 2012 Swenson inizia a mettere in scena Dance Constructions, fondamentale lavoro di Forti del 1960, ottenendo l’incarico di International Performance Coordinator nel 2015, all’indomani dell’acquisizione dell’opera da parte del MoMA. Insegna le pratiche di Simone Forti e le proprie in laboratori di danza in tutto il mondo e scrive sulla natura democratica delle concezioni di Forti e sul loro impatto trasformativo sui danzatori. Molto attiva come
coreografa, le sue commissioni includono Clamor (2015) per la compagnia di Cleveland Dancing Wheels, in onore del 25° anniversario dell’Americans with Disabilities Act; Fire Within (2017) per il 20° anniversario del coro femminile VOX Femina Los Angeles; e Plectra & Percussion Dances (2022) per il PARTCH Ensemble di Los Angeles. Swenson è felicissima di vedere Simone Forti premiata con il Leone d’Oro alla carriera alla Biennale Danza 2023. A self-defined “neo-modernist”, the American choreographer works from a fusion of both pioneering modern and postmodern dance techniques, theatre and improvisation. Since 1998 she has worked with two of America’s Judson-era postmodern treasures: Simone Forti and Rudy Perez. Their unique treatment of human movement and energy has had a revelatory influence on her as a performer and choreographer. Swenson began staging Forti’s influential oeuvre from 1960,
Dance Constructions, in 2012, and was named International Performance Coordinator upon their acquisition by MoMA in 2015. She has been engaged in sharing Forti’s and her own practices in performance workshops around the world, and is writing about the democratic nature and transformative impact of Forti’s concepts, especially for the movers. An active choreographer, Swenson’s commissions include Clamor (2015) for Cleveland-based company Dancing Wheels, in honour of the 25th anniversary of the Americans with Disabilities Act; Fire Within (2017) for the 20th Anniversary of VOX Femina Los Angeles women’s choir; and Plectra & Percussion Dances (2022) for Los Angeles-based PARTCH Ensemble. Swenson is overjoyed to see Simone Forti honoured with the Golden Lion for Lifetime Achievement at the Biennale Danza 2023.
Sarah Swenson 82 83 Sarah Swenson
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Sono convinta che lo stato creativo è uno stato di alterazione, in cui non si è spinti tanto a pensare quanto ad agire d’intuito, che si tratti di movimenti improvvisati, coreografia, scrittura o qualsiasi altro sforzo creativo. È una condizione molto misteriosa e non credo di volerla analizzare eccessivamente; mi basta sapere che è qualcosa di prezioso e unico, e riconoscerla quando mi ci trovo dentro. Un esempio è quando eseguo io stessa Accompaniment for La Monte’s “2 sounds” and La Monte’s “2 sounds” di Simone Forti, forse uno dei momenti fisicamente meno attivi della raccolta Dance Constructions: trovo che aderire all’intenzione di questo lavoro implichi una certa rinuncia alla volontà, una sottomissione al desiderio di un altro, dandosi interamente a questo compito. Eppure, ciò malgrado, non perdo nulla. Anzi, scendo più in profondità in quell’intangibile sede della creatività, semplicemente ascoltando la composizione quasi assordante ma fantastica di La Monte Young. Sarah Swenson
84 85 Sarah Swenson
Sarah Swenson
How does the concept of “altered states” speak to your work?
I feel that the creative state is an altered state, in which I am not so much thinking as acting intuitively – whether in improvisational movement, set choreography, writing or any other creative endeavour. Such a condition is very mysterious, and I don’t think I want to analyse it too much. It’s enough to know that it is special and valuable, and to recognise it when I’m there. When performing Simone Forti’s Accompaniment for La Monte’s “2 sounds” and La Monte’s “2 sounds” myself, for instance, perhaps one of the least physically active pieces of the Dance Constructions collection, I find that adhering to the intention of this piece implies a certain relinquishment of will – a submission to the desire of another, letting go into the single task. Yet, in spite of this, I lose nothing; descending more deeply, rather, into that intangible locus of creativity, while simply listening to its near-deafening but fantastic score by La Monte Young.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Ritengo che un atteggiamento di generosità da parte di un performer sia parte integrante del processo di condivisione: offrire il proprio sé al mondo esterno è una posizione umanistica essenziale. Sarah Swenson
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Sarah Swenson
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
I feel that an attitude of generosity taken by a performer is integral to sharing – offering the internal self out into the external world is an essential humanist position.
Altered States un’immagine / an image
88 89 Sarah Swenson
William Forsythe 90 91 William Forsythe & Biennale College Danza
e
DUO (2023, EXTENDED) 2023 – 20’ prima assoluta versione rivista ed estesa / world premiere revised and extended version coreografia / choreography William Forsythe messo in scena e ampliato per piccolo ensemble da / staged and extended for small ensemble by Brigel Gjoka Riley Watts luci / lighting design Tanja Rühl
danzatori / dancers Kayla Gabrielle Aguila Jo-Chen (Avian) Chang Anastasia Crastolla Isabella Di Liello Francesco Giammattei Daria Hordiichuk Kehari Hutchinson Giuseppe Iodice Giorgio Lombardo Dayana Mankovska Amanda Peet Fernando Pérez Hernández Yume Takojima Dipesh Verma Emilio Wettlaufer Nicolò Zanotti
prima assoluta originale 20 gennaio 1996, Ballett Frankfurt, Oper Frankfurt / original world premiere 20 January 1996, Ballett Frankfurt, Oper Frankfurt
produzione / production La Biennale di Venezia
28.07, 29.07.2023 > H 16.00 Teatro Piccolo Arsenale
DUO (2023, EXTENDED) 92 93 William Forsythe & Biennale College Danza
Duo (2023, extended) è un’elaborazione strutturale dell’opera eponima presentata per la prima volta nel 1996 con il Ballett Frankfurt all’Opera di Francoforte. Originariamente progettato per due artiste femminili, il lavoro ha subito diverse iterazioni, ognuna delle quali enfatizzava un diverso aspetto della sua struttura. La versione a cui si fa riferimento per Duo (2023, extended) è stata pensata per due artisti maschili, Brigel Gjoka e Riley Watts, nello specifico per la versione integrale dell’opera di William Forsythe A Quiet Evening of Dance, del 2019. Duo (2023, extended) è incentrato sull’idea che il contrappunto sia uno stato di natura organico, qualcosa di fondamentale per stare al mondo. Il lavoro è diretto da una composizione fatta di respiri che non solo sincronizza gli esecutori, ma permette loro di comunicare senza segnali visivi, quando necessario. È la prima di una serie di opere a cappella che Forsythe ha prodotto nei successivi venticinque anni. Duo (2023, extended) chiede a un piccolo ensemble di danzatori di frammentare la struttura in un gesto contrappuntistico distribuito che deforma i tempi e le configurazioni spaziali dell’opera originale. La speranza è che il risultato porti lo spettatore a riflettere sulle difficoltà di coordinare l’ensemble in modo non solo coeso e coerente, ma nuovo e interessante. Duo (2023, extended) is a structural elaboration on the eponymous work originally premiered in 1996 with Ballett Frankfurt, at the Frankfurt Opera in Germany. Originally designed for two female artists, the work has undergone several iterations, each one emphasising a different facet of the piece’s structure. The version referenced for Duo (2023, extended) was designed for two male artists, Brigel Gjoka and Riley Watts, specifically for William Forsythe’s full-length work A Quiet Evening of Dance in 2019. Duo (2023, extended) centres around the idea of counterpoint being an organic state of nature, something fundamental to being in the world. The work is conducted by a breath score that not only synchronises the performers, but also allows them to communicate without visual cues, when necessary. This was the very first of a series of a cappella works produced by Forsythe over the next 25 years. Duo (2023, extended) asks a small ensemble of dancers to fragment the structure into a distributed contrapuntal gesture that warps the timings and the spatial configurations of the original work. The outcome will hopefully direct the viewer’s attention to the challenges of producing cohesive, coherent ensemble coordination in novel and interesting ways.
Nato nel 1949, il coreografo ha alle spalle oltre cinquant’anni di carriera. Il suo lavoro è riconosciuto per aver riorientato la pratica del balletto, dalla sua identificazione con il repertorio classico a forma d’arte dinamica del XXI secolo. Ha danzato con il Joffrey Ballet e in seguito con lo Stuttgart Ballet, dove nel 1976 viene nominato coreografo residente. A partire dal 1984 e per i successivi vent’anni dirige il Ballett Frankfurt, fondando in seguito The Forsythe Company, diretta fino al 2015. Il suo profondo interesse per i principi organizzativi fondamentali della coreografia lo ha spinto a cimentarsi con una vasta gamma di progetti, tra cui installazioni, film e creazione di conoscenza sul web. Il suo lavoro per il
palcoscenico fa ormai parte del repertorio internazionale, mentre le sue installazioni trovano spazio in musei e mostre di tutto il mondo. Ha ricevuto numerosi premi tra cui il Leone d’Oro alla Biennale Danza 2010 e il Deutsche Theaterpreis DER FAUST, entrambi alla carriera. Born in 1949, he has been active in the field of choreography for over 50 years. His work is acknowledged for reorienting the practice of ballet from its identification with classical repertoire to a dynamic, 21st century art form. Forsythe danced with the Joffrey Ballet and later the Stuttgart Ballet, where he was appointed Resident Choreographer in 1976. In 1984, he began a 20-year tenure as
Director of the Ballett Frankfurt, after which he founded and directed The Forsythe Company until 2015. Forsythe’s deep interest in the fundamental principles of organisation of choreography has led him to produce a wide range of projects including installations, films, and web-based knowledge creation. While his work for the stage resides in the repertoire of ensembles worldwide, his installations are presented internationally in exhibitions and museums. Forsythe has been the recipient of numerous awards which include the Golden Lion at Biennale Danza 2010 and the Deutsche Theaterpreis DER FAUST, both for Lifetime Achievement.
William Forsythe 94 95 William Forsythe
Il danzatore e coreografo albanese si forma alla Scuola di balletto di Tirana e al Pôle National Supérieur de Danse Rosella Hightower di Cannes. Tra il 2006 e il 2010 si esibisce come ballerino professionista al Ballet de l’Opéra national du Rhin, allo Staatstheater Mainz e al Nederlands Dans Theater. Nel gennaio 2011 entra nella Forsythe Company, dove prende parte sia a nuove creazioni sia a un’ampia selezione dal repertorio del coreografo americano. Nel 2016 partecipa a Life in Progress, la tournée mondiale d’addio di Sylvie Guillem. Dal 2013 al 2017 riceve il supporto del GoetheInstitut come coreografo, e dal 2014 al 2020 è direttore artistico di Art Factory International a Bologna. Partecipa inoltre all’opera A Quiet Evening of Dance di William Forsythe, che
nel 2018 riceve il Fedora - Van Cleef & Arpels Prize for Ballet. Attualmente sta girando il mondo con la sua ultima creazione, Neighbours, in collaborazione con Rauf “RubberLegz” Yasit, prodotta dal Sadler’s Wells con il supporto di Dance Reflections di Van Cleef & Arpels. Albanian dancer and choreographer, he trained at the Tirana School of Ballet and at the Pôle National Supérieur de Danse Rosella Hightower in France. Between 2006 and 2010 he performed as a professional dancer at Ballet de l’Opéra national du Rhin, Staatstheater Mainz and the Nederlands Dans Theater. In January 2011 he joined The Forsythe Company, where he took part in William Forsythe’s new creations and
performed in a wide range of works from the American choreographer’s repertoire. In 2016 he participated in Life in Progress, Sylvie Guillem’s worldwide farewell tour. From 2013 to 2017 he received support from the Goethe-Institut as a choreographer, and served as Artistic Director of Art Factory International in Bologna between 2014 and 2020. He participated in William Forsythe’s A Quiet Evening of Dance, which was awarded the 2018 Fedora - Van Cleef & Arpels Prize for Ballet. At present he is touring the world with his last creation, Neighbours, in collaboration with Rauf “RubberLegz” Yasit, produced by Sadler’s Wells with the support of Dance Reflections by Van Cleef & Arpels.
Brigel Gjoka 96 97 Brigel Gjoka
Danzatore e artista multidisciplinare, è un insegnante, coreografo e ricercatore con sede a Portland, Maine. Ha danzato con William Forsythe e fatto parte della Forsythe Company dal 2010 al 2015; più di recente, si è esibito in A Quiet Evening of Dance, sempre di Forsythe, e nella tournée d’addio di Sylvie Guillem, Life in Progress. In passato, Watts si è esibito con Nederlands Dans Theater 2, Bern Ballett, Cedar Lake Contemporary Ballet e Adam Linder, e ha danzato o insegnato in più di trenta Paesi in tutto il mondo per oltre quindici anni. Istituzioni del calibro della Juilliard School, Princeton University e CLI Conservatory lo invitano spesso come artista ospite per insegnare teoria della danza e improvvisazione. Oltre a esibirsi e insegnare, Watts collabora a progetti di ricerca interdisciplinari che uniscono danza e neuroscienze (è coautore di un articolo per “Frontiers in Human Neuroscience”) e condivide le
sue conoscenze con dottorandi e ricercatori nel campo della danza in università svizzere, britanniche, tedesche e australiane. Realizza sculture, arte digitale e musica elettronica e si prodiga per far incontrare artisti e produrre spettacoli di danza nel Maine. Diplomato alla Walnut Hill School for the Arts e alla Juilliard School, ha vinto numerose residenze, borse e premi, tra cui un Princess Grace e un Premio Positano “Léonide Massine” per la Danza. A multidisciplinary dance artist, he is a teacher, choreographer and researcher based in Portland, Maine, USA. He has danced with William Forsythe as a member of The Forsythe Company (2010 to 2015), and performed more recently in Forsythe’s A Quiet Evening of Dance and on Sylvie Guillem’s Life in Progress farewell tour. Watts has previously danced with the Nederlands Dans Theater 2, Bern Ballett, Cedar Lake Contemporary Ballet and Adam Linder, and has performed or
Riley Watts 98 99 Riley Watts
taught in more than 30 countries worldwide over 15 years. He is frequently invited as a guest artist to teach dance thinking and improvisation, including at The Juilliard School, Princeton University and CLI Conservatory, to name a few. Alongside performing and teaching, Watts has collaborated on interdisciplinary dance/ neuroscience research projects – co-publishing an article for Frontiers in Human Neuroscience – and contributed PhD-level knowledge for dance researchers at universities in Switzerland, the UK, Germany and Australia. He makes sculpture, digital art and electronic music, and has spent much of his energy connecting artists and producing dance in Maine. Watts is a graduate of the Walnut Hill School for the Arts and The Juilliard School, and has been the recipient of multiple artist residencies, grants and awards, including a Princess Grace and a Premio Positano “Léonide Massine” per la Danza.
Xie Xin 100 101 Xie Xin & Biennale College Danza
WHEN I AM FACING U 2023 – 30’ prima assoluta / world premiere coreografia / choreography Xie Xin assistente alla coreografia / assistant to choreography Fan Xiaoyun composizione / composition Sylvian Wang luci / lighting design Tommaso Zappon costumi / costume design Matthieu Blazy for Bottega Veneta coordinamento artistico / artistic coordination Liu Zhonglei - Xiexin Dance Theatre
danzatori / dancers Kayla Gabrielle Aguila Jo-Chen (Avian) Chang Anastasia Crastolla Isabella Di Liello Francesco Giammattei Daria Hordiichuk Kehari Hutchinson Giuseppe Iodice Giorgio Lombardo Dayana Mankovska Amanda Peet Fernando Pérez Hernández Yume Takojima Dipesh Verma Emilio Wettlaufer Nicolò Zanotti produzione / production La Biennale di Venezia
28.07, 29.07.2023 > H 16.00 Teatro Piccolo Arsenale
WHEN I AM FACING U 102 103 Xie Xin & Biennale College Danza
“When I Am Facing U è il lavoro che ho creato e dedicato alla Biennale College Danza 2023. C’è una sensazione indefinibile nel silenzio, qualcosa di cui il corpo ha piena memoria. Affronto te, affronto me stessa, affronto i problemi, affronto questo momento. A tutti capitano momenti in cui il cuore è percorso da increspature e la mente è affollata di parole. Il tempo e la memoria mi bagnano le guance. Resto ferma e vengo tirata da qualcosa, incapace di fare un passo, men che meno di dire una parola. Di tutto questo il corpo ha cognizione, eppure non ci sono parole che possano esprimerlo. È così prezioso che voglio catturare questo momento nella mia memoria...”. Xie Xin
I costumi sono disegnati da Matthieu Blazy per Bottega Veneta, nell’ambito della collaborazione con la Biennale Danza. “My work created for and dedicated to the Biennale College Danza 2023 is When I Am Facing U. In silence, there is an indefinable feeling, which is well-remembered by the body. I am facing you, facing myself, facing the problems, facing this moment. Everyone will encounter a moment when there are ripples in your heart, and many words in your mind. Time and memory wash against my cheeks. I stand still and get pulled by something, unable to take a step, let alone say a word. That is something captured by the body, but there is just no way to express it in words. It is so precious that I want to capture this very moment in my memory...”. Xie Xin
Costumes are designed by Matthieu Blazy for Bottega Veneta, as part of an ongoing collaboration with Biennale Danza.
Danzatrice e coreografa, è fondatrice e direttrice artistica di Xiexin Dance Theatre, membro della giuria di Lotus Cup (il più grande concorso di danza contemporanea della Cina), campionessa della seconda stagione del programma televisivo cinese Dance Smash, direttrice della Shanghai Dancers’ Association, coreografa ospite per Hessisches Staatsballett (Wiesbaden) e BalletBoyz (Londra), artista associata dello Shanghai International Dance Center, professoressa ospite presso la Shanghai University of Sport e coreografa ospite presso lo Shanghai Dance Theatre. Prima coreografa cinese a ricevere una commissione da Aurélie Dupont, ex direttrice del Ballet de l’Opéra national de Paris, il suo lavoro sarà presentato in anteprima durante la stagione 2023-2024 a Parigi. Ha lavorato, nell’ordine, con Guangdong Modern Dance Company (GMDC), Jin Xing Dance Theatre (Shanghai), TAO Dance Theater e BeijingDance/ LDTX (Pechino), partecipando alle tournée di queste compagnie in più di venticinque Paesi. Nel 2014 fonda Xiexin Dance Theatre e dà avvio a una carriera come coreografa indipendente e direttrice artistica della
compagnia che porta il suo nome. Jorma Uotinen, allora direttore artistico del Kuopio Dance Festival in Finlandia, ha commentato: “Nel lavoro di Xie Xin ho trovato il futuro che non ho trovato nello sviluppo della danza moderna europea. Le sue opere hanno una sensibilità estremamente unica e specifica”. Wendy Perron, ex caporedattrice di “Dance Magazine” negli Stati Uniti, ha elogiato Xie Xin: “Una danzatrice straordinaria il cui lavoro è simile a quello del Cloud Gate Dance Theatre e ricorda acque e nuvole fluttuanti, ma è più potente e originale”. Performer and choreographer, she is founder and Artistic Director of Xiexin Dance Theatre, a jury member of the Lotus Cup (China’s largest contemporary dance competition), the second-season champion of Chinese television show Dance Smash, Executive Director of Shanghai Dancers’ Association, Guest Choreographer for Hessisches Staatsballett (Wiesbaden) and BalletBoyz (London), Associate Artist of the Shanghai International Dance Center, Guest Professor at the Shanghai University of Sport and Guest Choreographer at the Shanghai Dance Theatre. As the first
Xie Xin 104 105 Xie Xin
female Chinese choreographer commissioned by Aurélie Dupont, the former Director of the Ballet de l’Opéra national de Paris, her work will be premiered during the 2023-2024 season in Paris. She worked in Guangdong Modern Dance Company (GMDC), Jin Xing Dance Theatre (Shanghai), TAO Dance Theater and BeijingDance/LDTX (Beijing), and participated in tours with these companies in over 25 countries. In 2014, she founded Xiexin Dance Theatre and started her career as an independent choreographer and Artistic Director of the company that bears her name. Jorma Uotinen, then Artistic Director of the Kuopio Dance Festival in Finland, commented: “In Xie Xin’s work, I have found the future I haven’t found in the development of European modern dance. Her works have extremely sensitive uniqueness and specificity”. Wendy Perron, former Editor-in-Chief of Dance Magazine in America, praised Xie Xin: “An extraordinary dancer whose work is similar to that of Cloud Gate Dance Theatre and resembles the floating clouds and waters, but more powerful and original”.
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Quando incontriamo persone, relazioni e situazioni diverse, il nostro stato subisce naturalmente un’alterazione. Siamo legati al nostro ambiente e al nostro immediato contesto, e abbiamo reazioni soggettive. Mi reputo un’onesta e attenta osservatrice e sperimentatrice della vita, poiché rifletto sempre sulle mie esperienze e sulle reazioni con persone diverse, in diverse fasi e in varie situazioni. Aggiorno costantemente la mia autopercezione, che è anche un riflesso di esperienze di vita comuni a tutti gli esseri umani. Dopotutto, abbiamo qualcosa in comune nonostante le differenze culturali, poiché in te e in me c’è qualcosa di universale. Ciò che rimane costante è che siamo sempre in cambiamento, troviamo sempre ispirazione e sempre c’interroghiamo. Io trasformo tutto questo nei semi e nel nucleo delle mie coreografie. Il mio lavoro nella danza è legato al concetto di stati di alterazione, e quello che vuole esprimere ed esplorare in modo astratto sono le reazioni alle diverse relazioni nella propria vita e le increspature di reciprocità diverse; When I Am Facing U è come uno specchio che permette di vedere la “leggerezza e la pesantezza” vissute da ogni individuo nella vita quotidiana.
Xie Xin
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Xie Xin
How does the concept of “altered states” speak to your work?
When people encounter different people, different relationships and different situations, their state is naturally altered. They are connected to their environment and surroundings, and have their personal reactions. I define myself as an honest and attentive observer and experiencer of life, since I always reflect upon my own experiences and reactions with different people, at different stages, and in various situations. I constantly update my self-perception, which is also a reflection of common human life experiences. After all, we share some commonality despite cultural differences, as there is something universal in you and me. What remains constant is that we are always changing, constantly being inspired, and constantly pondering. As a choreographer, I transform this into the seeds and core of my dance works. My dance work is related to the concept of altered states, and what it wants to express and explore in an abstract way is the reactions towards different relationships in one’s life, the ripples of different mutuality; When I Am Facing U is like a mirror that allows you to see the “lightness and heaviness” experienced by each individual in their daily life.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Ci sono due caratteri cinesi legati a questo tema, che derivano l’uno dall’altro: 凹 (ao) e 凸 (tu). Significano rispettivamente “concavo” e “convesso”. Incastrati come in un puzzle, questi caratteri diventano un tutto unico. Sono come gemelli, o due facce di una moneta. Per via del potere interiore del concavo, il convesso ha il potere di espandersi verso l’esterno. Nella formazione interna ed esterna di Xiexin Dance Theatre, il concavo è la forza che tende a tirare dentro il corpo, come dicesse “benvenuto a casa mia”, mentre il convesso è la risposta al mondo esterno, e dice “ehi, eccomi, sto arrivando”. Le verità spesso rivelano il lato opposto del risultato. L’interno e l’esterno sono la causa e l’effetto. Scoprirne le rispettive malie e portarli gradualmente all’unità è un processo di autoeducazione. Xie Xin
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Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice? There are two Chinese characters related to this theme, which are derived from each other, namely 凹 (ao) and 凸 (tu). These mean “concave” and “convex” respectively. These two characters, when put together like a puzzle, become a whole. They are like twins, or two sides of the coin. Because of the inward power of the concave, the convex has the power to expand outward. In Xiexin Dance Theatre’s internal and external training, the concave is the force that tends to pull into the body, like “welcome to my home”, while the convex is the response to the outside world, like “hey, here I come”. Truths often reveal the opposite side of the result. The internal and external are the cause and the effect. Discovering their respective charms and gradually bringing them into unity is a process of self-cultivation. Xie Xin
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Dopo aver formato una band, sviluppa la sua carriera come fondatore e membro di vari progetti musicali. Durante gli studi per il diploma in Musica presso lo University College di Cork, in Irlanda, cambia direzione, interessandosi di composizione, anche per film. Nel 2018 la colonna sonora e il sound design per il film Wrath of Silence attirano grande attenzione e ricevono il premio per la migliore colonna sonora originale al 13. Chinese Young Generation Film Forum, che innalza lo standard della musica cinematografica cinese. Le sue opere abbracciano molti campi artistici, dalle colonne sonore per i film Beijing 2022 e Song of Life, alle opere di danza contemporanea Entropy e T.I.M.E (entrambe di Xiexin Dance
Theatre) e Timeless (Staatstheater Darmstadt, Germania), alla colonna sonora per il dramma The Bird Wings Runner. La sua musica tende al controllo e alla precisione ed è ricca di influenze internazionali. Come compositore è interessato all’esplorazione dell’arte e all’estetica del suono, e ha contribuito a espandere le possibilità della nuova musica cinese. After forming a band, he began a career as a founder and member of various musical projects. While studying for an undergraduate degree in Music at University College Cork, Ireland, he shifted his creative direction to the field of composition and film score. His composition and sound design
for the film Wrath of Silence attracted much attention, and won the Best Original Film Score Award at the 13th Chinese Young Generation Film Forum in 2018, which improved the standard of Chinese film music. His works encompass many artistic fields, including scores for the films Beijing 2022 and Song of Life; contemporary dance works Entropy and T.I.M.E (both by Xiexin Dance Theatre) and Timeless (Staatstheater Darmstadt, Germany); and a score for the drama The Bird Wings Runner. His music tends towards control and precision, and is full of international colour. Sylvian Wang is committed to the exploration of artistry and sound aesthetics, and is a composer who has broadened the scope of Chinese new music.
Sylvian Wang 112 113 Sylvian Wang
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Dopo tre anni di pandemia siamo tornati a una vita che sembra normale. Molte cose però sono cambiate, soprattutto lo stato interiore delle persone. Che “ruolo” dovremmo avere nell’immetterci di nuovo nel mondo? Con quale stato d’animo accoglieremo la vita e le persone intorno a noi? Come esprimeremo i nostri pensieri sul presente e sul futuro? Gli stati di alterazione non hanno nulla di negativo, anzi. Nel corso di questi cambiamenti continuiamo a rafforzare i nostri cuori, continuiamo a rafforzare la nostra direzione e continuiamo a mantenere le nostre convinzioni. Penso che il nostro lavoro voglia esplorare ed esprimere proprio questo. Sylvian Wang
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Sylvian Wang
How does the concept of “altered states” speak to your work?
After three years of the Covid-19 pandemic, we have returned to a seemingly normal life. In fact, many things have changed, especially people’s inner state. When we go out into the world again what “role” should we play? In what frame of mind will we re-embrace life and the people around us? How will we express our thoughts about the present and the future? The altered states are not bad. On the contrary, we are constantly strengthening our hearts in such changes, constantly strengthening our own direction, and constantly maintaining our beliefs. I think this is what we want to explore and express in our work.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Nella mia pratica, interno ed esterno, Yin e Yang, vivono insieme in continuo dialogo. La mia musica ne è un esempio: la musica e gli strumenti sono solo un mezzo attraverso il quale posso portare fuori e comunicare in modo esteriore i miei pensieri e desideri espressivi interiori. D’altra parte, con la trasformazione e la crescita interne, cambierà anche l’espressione esterna. L’unica cosa che bisogna fare è trovare un modo per metterle in equilibrio. Sylvian Wang
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Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
The relationship between internal and external in my practice is like a dialogue – Yin and Yang – living together. Take my own music creation, for example. Music and instruments are just a medium through which I can export and convey my internal thoughts and desires of expression in an external way. On the other hand, with internal transformation and growth, the external expression will also change. The only thing that you should do is to find a balance between each other. Sylvian Wang
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2023 Biennale College Danza Coreografi / Choreographers
La Biennale College Danza è impegnata a investire nella prossima generazione di talenti della danza, concentrandosi su coreografi emergenti. Attraverso co-produzioni, residenze e inviti siamo in grado di fornire un sostegno significativo e urgente ai giovani artisti e di sviluppare i progetti a cui, senza di noi, non riuscirebbero ad accedere con facilità. Quest’anno, due nuovi talenti selezionati tra cinquanta candidati internazionali sono stati in residenza, grazie alla quale hanno potuto lavorare sulla propria pratica attraverso un programma personalizzato. Scott Elstermann e Hai-Wen HSU sono stati incaricati di creare nuove opere con i danzatori della Biennale College, ricevendo tempo, spazio e tutoraggio intensivi per lo sviluppo coreografico e concettuale. Questi nuovi ed entusiasmanti lavori sono presentati all’Arsenale.
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Biennale College Danza is committed to investing in the future generation of choreographic dance talent, through a focus on emerging dance-makers. Through co-productions, residencies, and invitations, we can make significant support early for young makers, and facilitate projects they could not easily access without us. This year, two more emerging talents selected from a pool of 50 international applications have been in residence, developing their practice through a bespoke programme. Scott Elstermann and Hai-Wen HSU have been commissioned to create new work on the Biennale College dancers, receiving intensive time, space and mentoring for choreographic and conceptual development. These exciting new pieces are showcased in the Arsenale.
MOSAIC 2023 – 30’ prima assoluta / world premiere coreografia / choreography Scott Elstermann
danzatori / dancers Kayla Gabrielle Aguila Anastasia Crastolla Francesco Giammattei Giuseppe Iodice Giorgio Lombardo Amanda Peet Fernando Pérez Hernández Yume Takojima produzione / production La Biennale di Venezia
23.07.2023 > H 15.00, H 18.00 25.07.2023 > H 17.00 Ca’ Giustinian – Sala delle Colonne
MOSAIC 124 125 Biennale College Danza Coreografi / Choreographers
In risposta a tensioni binarie, una capsula futuristica fissa i parametri di una doppia rottura: un’azione oscillante di estrazione e sollevamento strutturale che simboleggia rinnovamento e passaggio generazionale. Momenti statici e perfetti di controllo e connessione vengono smantellati, scagliati e sovrapposti a immagini storiche che raggiungono le profondità dei nostri archivi motori per creare qualcosa che appartiene al presente. Il nostro futuro immaginario può apparire cupo, ma se ripercorriamo il passato e rimuoviamo gli strati dei nostri tratti ereditari, abbiamo la capacità di far nascere un futuro alternativo; per rivelare e riflettere una nuova narrazione, in cui i fili del passato sono delicatamente raccolti in un patchwork in evoluzione. Responding to binary tensions, a futuristic capsule sets the parameters for a double rupture; an oscillating performance of extraction and structural uplift signalling generational transition and renewal. Static, picture-perfect moments of control and connection are dismantled, hurled and overlaid with historical imagery that reach deep into our movement archive to create something of the present. Our imagined future may appear bleak but, by retracing our past and peeling back the layers of heritage, we have the capacity to yield to an alternative future; to reveal and reflect a new narrative, where threads of old are delicately collated into a patchwork of progression.
Il primo australiano e il più giovane destinatario internazionale di sempre della prestigiosa Pina Bausch Fellowship for Dance and Choreography, da quel momento ha avuto l’onore di lavorare con Marina Mascarell, che ha accompagnato in alcune delle più rinomate compagnie di danza contemporanea del mondo, tra cui Nederlands Dans Theater, GöteborgsOperans Danskompani, Skånes Dansteater e Gärtnerplatztheater. Ha ricevuto inoltre il Palisade Award for Most Outstanding Graduate of the Bachelor of Arts (Dance) presso la Western Australian Academy of Performing Arts (WAAPA). Ha anche ricevuto un certificato di merito come uno dei migliori cento studenti (su venticinquemila) della Edith Cowan University. Ha una formazione molto versatile, ed è stato inoltre Junior Australasian Jazz Champion e Youth Ballroom DanceSport Champion. È stato selezionato dal Merce Cunningham Trust per interpretare il ruolo di Cunningham in un’illustre celebrazione del centenario della nascita presso la National Gallery of Australia. Ha inoltre lavorato con alcune delle principali
compagnie australiane fra cui Lucy Guerin Inc, Stephanie Lake Company, Shona Erskine e Brooke Leeder, vincendo come Best Performer (Maschile) ai Performing Arts WA Awards. È stato finalista per Outstanding Achievement in Independent Dance & Choreography agli Australian Dance Awards e ha vinto Best New Work ai Performing Arts WA Awards. Ha ricevuto commissioni da organizzazioni come la West Australian Opera, la WA Youth Orchestra, la LINK Dance Company e la WAAPA, e nel 2020 è stato nominato WA Young Achiever of the Year. The first Australian and youngest-ever international recipient of the prestigious Pina Bausch Fellowship for Dance and Choreography, he has since had the honour of working with Marina Mascarell, whom he accompanied to some of the world’s most renowned contemporary dance companies including Nederlands Dans Theater, GöteborgsOperans Danskompani, Skånes Dansteater and Gärtnerplatztheater. Elstermann received the Palisade Award for Most Outstanding Graduate of the Bachelor of Arts (Dance) course at the Western
Australian Academy of Performing Arts (WAAPA). While studying, he also received a certificate of recognition for being in the top 100 students out of 25,000 at Edith Cowan University. He has a versatile background, receiving titles such as Junior Australasian Jazz Champion and Youth Ballroom DanceSport Champion. Elstermann was selected by the Merce Cunningham Trust to perform the role of Cunningham at a distinguished centennial event celebration at the National Gallery of Australia. He has also performed for some of Australia’s leading dance artists including Lucy Guerin Inc, Stephanie Lake Company, Shona Erskine and Brooke Leeder, winning Best Performer (Male) at the Performing Arts WA Awards. His work has been a finalist for Outstanding Achievement in Independent Dance & Choreography at the Australian Dance Awards, and won Best New Work at the Performing Arts WA Awards. He has been commissioned by organisations such as the West Australian Opera, WA Youth Orchestra, LINK Dance Company and WAAPA, and in 2020 was named WA Young Achiever of the Year.
Scott Elstermann 126 127 Scott Elstermann
Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Uno stato alterato della coscienza evoca un’esperienza che differisce dal proprio stato mentale iniziale. Nel mio lavoro attuale cerco di ricreare le opere canoniche della storia della danza. Credo fermamente che questo tipo di narrazioni abbia bisogno di voci nuove, giovani, diverse e queer; voci in grado di fornire un’interpretazione che significhi qualcosa per un pubblico moderno, qualcosa di diverso dalla norma. Per iniziare a gettare le basi per queste audaci ri-creazioni, nutro una curiosità che si allontana dalle tecniche di danza tradizionali e si avvicina alla teatralità, al gesto, all’interazione ritmica, alla fusione delle forme e a condizioni del corpo “altre”. Unisco queste condizioni corporee con elementi naturali quali forze, direzioni, dinamiche e sistemi che, proprio come la danza, sono effimeri e a volte difficili da interpretare. Questo flusso e riflusso mi ha fatto capire che quello che ci unisce è il movimento, che ci fornisce schemi di causa ed effetto che determinano il modo in cui viviamo, riconosciamo e vediamo il mondo. Prendo una narrazione esistente e la infondo di queste idee fisiche, una storia che consideriamo “vera” che faccio esplodere in un nuovo vuoto spaziale. Il mio lavoro è un tentativo poetico di ricordare che non siamo i padroni del nostro universo. Non solo non possiamo controllarlo, ma dovremmo lasciarcene dominare. Non è uno stato di alterazione in bianco e nero; è un arcobaleno di colori che emerge dall’oscurità; un ottimismo e una luce di cui abbiamo disperato bisogno. Scott Elstermann
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Scott Elstermann
How does the concept of “altered states” speak to your work?
An altered state of consciousness conjures up an experience that differs from one’s initial state of mind. In my current work, I have been looking at ways to recreate historical narratives from the dance canon. I strongly believe that if you are telling these types of stories, you have to do it with new, young, diverse and queer voices; voices that are able to express the narrative in ways that mean something to a modern audience – ways that may differ from the norm. To start laying the foundation for these bold re-creations, I foster a curiosity departed from traditional dance techniques and turn to theatrics, gesture, rhythmic interplay, form fusion and body conditions that are “other”. I merge these body conditions with natural elements that, just like dance, are ephemeral and sometimes difficult to interpret. They are about force, direction, dynamics and systems. This ebb-and-flow has made me realise that it is motion that brings us all together; cause-and-effect patterns which determine the way we live, identify and see the world. I use these physical ideas to permeate an existing narrative, taking a story we know as “true” and blasting it into a new spatial void. My work becomes a poetic reminder that we are not the masters of our universe. We cannot control it but should surrender to it. It is an altered state not so black and white; a rainbow of colour emerging from the darkness; an optimism and light that we yearn for.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
La mia pratica ruota attorno a un movimento con forme e strutture intrinsecamente contrastanti, che fluttuano costantemente fra interno ed esterno. Le immagini che utilizzo come stimolo sono ispirate al dualismo “naturale/strutturale”. Queste immagini creano un’intrigante dualità: la chiarezza e la soddisfazione di forme geometriche taglienti, che in un istante mutano in impulsi vagamente abbandonati e ondeggianti. I momenti di uniformità perdono ogni logica, la creazione diventa distruzione, il regolare diventa irregolare, l’individuo diventa collettivo, il suono diventa silenzio. Gli elementi di ciascuno dei mondi si interrompono a vicenda mentre i danzatori viaggiano attraverso stati agitati di lassismo e indipendenza ribelle, arrendendosi infine all’interazione ritmica, alla struttura e alla storia. Tutto ciò viene fatto nel tentativo di catturare la dicotomia della nostra esistenza, il tumulto interiore ed esteriore che tutti sperimentiamo. Questo, a sua volta, ci fa vedere le cose da una prospettiva che non avevamo, forse, mai preso in considerazione. Scott Elstermann
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that is inherently contrasting in shape and form, constantly fluctuating between internal and external. The imagery I use as stimulus is inspired from dual notions of “natural” and “structural”. These images create an intriguing duality – the clarity and satisfaction of slicing geometric shapes, which change in an instant to loosely abandoned and undulating urges. Moments of uniformity turn wild, creation to destruction, regular to irregular, individual to collective, sound to silence. Elements of each world interrupt each other as the dancers travel through flailing states of lax and rebel independence, eventually surrendering to rhythmic interplay, structure and history. All of this is done in an effort to capture the dichotomy of our existence, the inner and outer turmoil we all experience. This, in turn, makes us see things from a perspective we may not have considered before. Scott Elstermann
Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
My practice revolves around movement
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TÉNÈBRES VACILLANTES 2023 – 25’ prima assoluta / world premiere coreografia / choreography Hai-Wen HSU
danzatori / dancers Jo-Chen (Avian) Chang Isabella Di Liello Daria Hordiichuk Kehari Hutchinson Dayana Mankovska Dipesh Verma Emilio Wettlaufer Nicolò Zanotti produzione / production La Biennale di Venezia
23.07.2023 > H 15.00, H 18.00 25.07.2023 > H 17.00 Ca’ Giustinian – Sala delle Colonne
TÉNÈBRES VACILLANTES 134 135 Biennale College Danza Coreografi / Choreographers
Temperatura, corpo umano, calore, freddo, spazio, emozioni: un’inedita fusione tra il potere di una relazione e la poesia del momento. Siamo fatti di interfacce; la vita è scambio, squilibrio, evanescenza. Temperature, human body, heat, cold, space, emotions: an unprecedented union between the power of a relationship and the poetry of the moment. We are made of interfaces; life is exchange, imbalance, evanescence.
Originaria di Taipei, si laurea alla National Taiwan University of Arts con una specializzazione in Danza. Nel 2009 partecipa al programma Ex.e.r.ce presso l’ICI – centre chorégraphique national Montpellier, sotto la direzione della coreografa francese Mathilde Monnier. Nel 2010 viene selezionata per il programma danceWEB al festival ImPulsTanz. Dal 2017 al 2019 completa una residenza in Francia presso Le Fresnoy – Studio national des arts contemporains. Nei dieci anni trascorsi in Francia ha lavorato con varie compagnie e artisti fra cui Ballet Preljocaj, Needcompany, Lucinda Childs e Compagnie KÄFIG, e a Taiwan con Yilab, partecipando a spettacoli con stili molto diversi. Attualmente lavora a Taiwan come artista indipendente. Nei suoi lavori, Hai-Wen HSU incorpora osservazioni di sensazioni corporee per creare connessioni con ambienti, ricordi ed emozioni. I suoi temi artistici ruotano attorno alle circostanze esistenziali del corpo, estendendosi non solo all’autocoscienza, ma anche alle relazioni con altre persone che hanno esperienza di traumi e disabilità fisiche, o non provano un senso di identità con il proprio corpo.
Si serve sia del corpo che delle immagini in movimento per creare opere teatrali e cinematografiche. Le produzioni teatrali sottolineano l’immediatezza della performance dal vivo, laddove le immagini aggiungono una qualità documentaristica. Esplora costantemente l’espressione del corpo attraverso questi due mezzi contrastanti. In particolare, il suo uso dell’imaging medico non solo rimodella la percezione, ma espande anche i suoi mezzi di espressione, creando nuovi modi di comprendere e comunicare. Originally from Taipei, she graduated from National Taiwan University of Arts with a major in Dance. In 2009 she participated in the Ex.e.r.ce programme at the ICI – centre chorégraphique national Montpellier, under the direction of French choreographer Mathilde Monnier. In 2010 she was selected to be part of the danceWEB programme at ImPulsTanz dance festival. From 2017 to 2019 she completed a residency at Le Fresnoy – Studio national des arts contemporains in France. Having spent ten years in France working with various companies and artists such as Ballet Preljocaj, Needcompany,
Lucinda Childs and Compagnie KÄFIG, and in Taiwan with Yilab, she has participated in performances of diverse styles. She currently works as an independent artist in Taiwan. In her works, Hai-Wen HSU incorporates observations of bodily sensations to develop connections with contexts, memories and emotions. Her artistic themes revolve around the existential circumstances of the body, extending not only to self-awareness, but also to the relationships with others who have experienced bodily trauma, physical disabilities, or lack a sense of identity with their bodies. She uses both the body and moving image as media, creating works in the forms of theatre and film. The theatre productions emphasise the immediacy of live performance, while the imagery carries a documentary quality. She is constantly exploring how the body can be expressed through these two contrasting media. In particular, her use of medical imaging not only reshapes perception, but also expands her means of expression – creating new ways of understanding and communicating.
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Come si collega al tuo lavoro il concetto di “altered states”?
Spesso i danzatori sperimentano stati di alterazione o si sforzano di ricrearli, inducendo un cambiamento nel loro stato corporeo. La mia esplorazione artistica è incentrata sull’indagine delle mutevoli sensazioni e sulla contemplazione dell’esistenza del corpo. L’influenza maggiore su quest’esplorazione è esercitata da un fenomeno che ha attirato subito la mia attenzione: il cosiddetto “sdoppiamento”. Durante l’esecuzione emerge un divario sottile e sfuggente tra l’io danzante e la mia identità personale, e questo sfugge a una definizione precisa. Lo chiamo “passaggio”. All’interno di questo passaggio, faccio mio un profondo senso di dualità, mentre si sfrangiano i confini tra il mio io ordinario e l’etereo regno dell’io danzante. È un percorso di mutamento che non può essere previsto o controllato, ma ha un grande potenziale per l’espressione artistica e la scoperta di sé. Nel mio lavoro, plasmo ed esploro questo concetto di dualità in un contesto spaziale, approfondendo l’intricata relazione tra il dominio interno e quello esterno. Il mio obiettivo è rappresentare visivamente l’interazione tra queste dimensioni interiori ed esteriori. Oltre i confini della danza, nella vita di tutti i giorni mi ritrovo costantemente in sintonia con il mio corpo. Genero senza sforzo sensazioni corporee in risposta a vari stimoli, creando una profonda connessione tra la mia percezione esterna e le esperienze interne. Quest’intensificazione della consapevolezza corporea accende la mia curiosità e mi spinge, nella mia pratica artistica, ad approfondire ulteriormente la natura della coscienza. Hai-Wen HSU
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How does the concept of “altered states” speak to your work?
Dancers often experience altered states or strive to recreate them, inducing a shift in their bodily state. My artistic exploration centres around the investigation of changing body sensations and the contemplation of the body’s existence. This exploration is deeply influenced by a phenomenon called “doubling”, which has captivated my attention. During performances, a subtle and elusive gap emerges between the dancing self and my personal identity. I refer to this as a “passage”, as it defies precise definition or explanation. Within this passage, I embrace a profound sense of duality, as boundaries blur between my familiar self and the ethereal realm of the dancing self. It is a transformative journey that cannot be predicted or controlled, yet holds great potential for self-discovery and artistic expression. In my work, I shape and explore this concept of duality in the context of space, delving into the intricate relationship between the inner and outer realms. My aim is to visually represent the interplay between these internal and external dimensions. Beyond the confines of the dance performance, I find myself constantly attuned to my body in everyday life. I effortlessly generate bodily sensations in response to various stimuli, forging a deep connection between my external perception and internal experiences. This heightened bodily awareness ignites my curiosity and drives me to delve further into the nature of consciousness within my artistic practice.
Puoi dirci qualcosa sulla relazione fra “interno” ed “esterno” nella tua pratica artistica?
Mi ispiro alla teoria del corps propre di Merleau-Ponty e uso il corpo come strumento per conoscere il mondo. Considero interna l’esperienza interiore immateriale ed esterno il corpo tangibile, e indago come questi due aspetti interagiscono e si trasformano nel contesto della società, degli eventi e della storia. Noto inoltre che quando c’è una discrepanza cognitiva fra l’interno e l’esterno, può crearsi uno stato di dissonanza corporea, un tema che sto iniziando a esplorare e sono ansiosa di approfondire. Il corpo ha un ruolo centrale come essenziale strumento di espansione del mio linguaggio artistico. Tuttavia, includo anche immagini, in particolare quelle che risuonano con gli aspetti interni del corpo, come le immagini mediche. Mi sforzo di integrare pratiche terapeutiche come la chinesiologia per articolare la connessione tra i due domini, interno ed esterno. Hai-Wen HSU
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Can you say something about the relationship between “internal” and “external” in your practice?
I am inspired by Merleau-Ponty’s theory of corps propre, and approach the world through the perspective of the body as a medium of knowledge. I consider the intangible inner experience as internal and the tangible body as external, delving into how these two aspects interact and transform within the context of society, events and history. Additionally, I observe that, when there is a cognitive discrepancy between the internal and external, it can lead to a state of bodily dissonance, which is a theme I am starting to explore and I’m eager to examine further. In expanding my artistic language, the body takes on a central role as my most essential medium. However, I also incorporate images – specifically those that resonate with the internal aspects of the body, such as medical imagery. I strive to integrate therapeutic practices like kinesiology to articulate the connection between the internal and external realms.
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2023 Biennale College Danza Danzatori / Dancers
Quest’anno il nostro bando internazionale per danzatori ha generato centonovantaquattro domande, a partire dalle quali sono stati selezionati sedici giovani artisti di talento. Oltre alle lezioni quotidiane, ai workshop con gli artisti del Festival e alla collaborazione alle nuove opere dei due coreografi del College, i danzatori hanno sperimentato un’immersione profonda nei processi creativi di Simone Forti, William Forsythe e Xie Xin. Non perdete i talentuosi danzatori della Biennale College Danza 2023!
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This year our international call-out for dancers generated 194 applications, from which 16 talented young artists were selected. As well as daily class, workshops with our Festival artists, and collaborating on new performance pieces with the two College choreographers, dancers have experienced a deep dive into the creative processes of Simone Forti, William Forsythe and Xie Xin. Here we meet the talented dancers of Biennale College Danza 2023!
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Kayla Gabrielle Aguila Americana di origini filippine, la danzatrice e coreografa usa gesti e movimenti come strumenti di ricerca della propria identità culturale, riversando in essi linguaggio, racconti, qualità e fantasia, per indagare il proprio retaggio culturale grazie all’approfondimento praticato in studio. Inizia la sua formazione seguendo il Philippine National Ballet Syllabus, per poi trasferirsi a Los Angeles nel 2011, dopo aver vinto una borsa di studio alla Burbank School of the Ballet. Nel 2019 ottiene il Bachelor of Fine Arts in Danza al California Institute of the Arts (CalArts). Da allora, ha lavorato con artisti come Aszure Barton, Julie Bour, Dimitri Chamblas, Bret Easterling, Stephen Galloway, Marjani Forte-Saunders, Jermaine Spivey e Spenser Theberge. Ha eseguito e presentato lavori in contesti quali California Polytechnic State University, REDCAT, Hauser & Wirth, L.A. Dance Project, Hammer Museum, Hollywood Bowl, Jacob’s Pillow, MOCA, e l’Opéra national de Paris. A Filipino-American dancer and choreographer, she seeks her cultural identity through researching and creating movement tasks involving language, narrative, quality and fantasy. By furthering this work in the studio, she continues to learn about her heritage. Aguila began her dance training in the Philippines, learning the Philippine National Ballet Syllabus. In 2011, she moved to Los Angeles to study with a full scholarship at Burbank School of the Ballet. She received her Bachelor of Fine Arts in Dance at California Institute of the Arts (CalArts) in 2019. Since then, she has worked with artists including Aszure Barton, Julie Bour, Dimitri Chamblas, Bret Easterling, Stephen Galloway, Marjani Forte-Saunders, Jermaine Spivey and Spenser Theberge. She has performed and presented works at California Polytechnic State University, REDCAT, Hauser & Wirth, the L.A. Dance Project, the Hammer Museum, the Hollywood Bowl, Jacob’s Pillow, MOCA, and the Opéra national de Paris.
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Jo-Chen (Avian) Chang Nata a Yilan (Taiwan), ha conseguito il Bachelor of Fine Arts, con specializzazione in Composizione, presso il Purchase College della State University di New York. Durante la sua permanenza al Purchase ha eseguito opere di Emily Coates, Loni Landon, Tsai Hsi Hung, Jie-Hung Connie Shiau, Eve Chan e molti altri. Dopo essersi formata alla Pittsburgh Ballet Theatre School, ha lavorato con la Taiwan Ballet Company sotto la direzione di Yuan-Ting Chuang, e con la Shana Simmons Dance. Nel 2023 riceve la SUNY Thayer Fellowship e la Obremski/Works VISION Fellowship. Chang è grata di partecipare alla Biennale College Danza di quest’anno sotto la direzione di Wayne McGregor, e di continuare la sua ricerca artistica tra gli straordinari talenti di una città culturalmente ricca come Venezia. Born in Yilan (Taiwan), she received her Bachelor of Fine Arts with a focus on Composition from the State University of New York at Purchase College. During her time at Purchase, she performed works by Emily Coates, Loni Landon, Tsai Hsi Hung, Jie-Hung Connie Shiau, Eve Chan and many more. After training at the Pittsburgh Ballet Theatre School, she worked with the Taiwan Ballet Company under the direction of YuanTing Chuang, and with Shana Simmons Dance. She is a recipient of the SUNY Thayer Fellowship and Obremski/Works VISION Fellowship in 2023. Chang is grateful to participate in this year’s Biennale College Danza held by Wayne McGregor, and to continue her artistic research among the extraordinary talents in the culturally renowned Venice.
Isabella Di Liello
Anastasia Crastolla Dopo avere iniziato a studiare danza classica con Silvia Humaila alla scuola Pas De Deux di Fasano, in provincia di Brindisi, nel 2012 si trasferisce a Torino per specializzarsi in tecniche classiche e contemporanee all’EkoDanceProject con la direttrice artistica Pompea Santoro, danzatrice e assistente di Mats Ek. Qui si esibisce in diversi ruoli del repertorio di Mats Ek e lavora con vari coreografi, tra cui Mauro de Candia, Fernando Suels, Paolo Mohovich e Diego Tortelli. Nel 2021 Crastolla entra a far parte di CREATURA/DanceResearch, diretta da Nicola Simonetti, e partecipa come danzatrice a produzioni operistiche al Teatro Petruzzelli di Bari. She began studying ballet at the Pas de Deux school in Fasano, Italy with Silvia Humaila. In 2012, she met Pompea Santoro – dancer, assistant to Mats Ek and Artistic Director of the EkoDanceProject in Turin, where Crastolla developed both her classical and contemporary technique. During her time at EkoDanceProject she danced several roles from Mats Ek’s repertoire, and worked with various choreographers such as Mauro de Candia, Fernando Suels, Paolo Mohovich and Diego Tortelli. In 2021, she was part of CREATURA/ DanceResearch, directed by Nicola Simonetti, and participated as a dancer in opera productions at the Teatro Petruzzelli in Bari.
Danzatrice e coreografa freelance residente in Canada, completa la sua formazione presso Beal Performing Arts, in Ontario, e all’International Dance Journey Program della Masa Kibbutz Contemporary Dance Company, in Israele. Si specializza ulteriormente presso Springboard Danse Montreal, dove si esibisce in lavori di Ohad Naharin. Come finalista esegue il suo lavoro da solista, Validation Is for Parking, sia per l’Internationales Solo Tanz Theater Festival Stuttgart sia per la Linkage International Choreography Competition di Sofia, in Bulgaria. Ha danzato con la Kibbutz Contemporary Dance Company come apprendista per la stagione 2022-2023, e ha collaborato e danzato con Les 7 Doigts, il Bulbe Collective e la coreografa Jessica Muszynski. Sta inoltre lavorando a un nuovo lavoro solista, finanziato in parte dall’Ontario Arts Council e dal Community Arts Investment Program del London Arts Council. È felicissima di partecipare alla Biennale College Danza di quest’anno. A freelance dancer and choreographer based in Canada, she completed her formal training at Beal Performing Arts, Ontario and at Masa Kibbutz Contemporary Dance Company’s International Dance Journey Program, Israel. She received additional training at Springboard Danse Montreal, where she performed work by Ohad Naharin. Di Liello was selected as a finalist to perform her solo work, Validation Is for Parking, for the Internationales Solo Tanz Theater Festival Stuttgart and Linkage International Choreography Competition in Sofia, Bulgaria. She danced with Kibbutz Contemporary Dance Company as an apprentice for the 2022-2023 season, and has collaborated and performed with Les 7 Doigts, the Bulbe Collective and choreographer Jessica Muszynski. She is also developing a new solo, funded in part by the London Arts Council’s Community Arts Investment Program and the Ontario Arts Council. She is thrilled to be taking part in this year’s Biennale College Danza.
Daria Hordiichuk Francesco Giammattei Nato a Roma nel 2004, inizia a frequentare quattordicenne il NiMa Dance Group di Roma e dal 2020 è membro del Nicola Marino Ensemble. Nonostante il breve periodo di studio, riesce a ottenere successi a livello nazionale e internazionale, vincendo premi all’International Dance Competition di Spoleto (2021 e 2022) e all’International Dance Festival TANZOLYMP di Berlino (2022 e 2023). Nel 2022 viene selezionato dal Teatro dell’Opera di Roma per danzare nel Barbiere di Siviglia alle Terme di Caracalla. Negli ultimi anni ha partecipato a numerosi progetti e serate di gala nazionali e internazionali. Ha avuto l’onore di ricevere premi e riconoscimenti da grandi personalità della danza come Iana Salenko, Julio Bocca e Tadeusz Matacz. Attualmente studia danza classica con Valentina Bianconi e danza contemporanea con Nicola Marino. Born in Rome in 2004, he began studying dance at the age of 14 at the NiMa Dance Group in Rome, and since 2020 he has been a member of the Nicola Marino Ensemble. Despite his limited years of study, he achieved success on a national and international level, winning awards at the International Dance Competition, Spoleto (2021 and 2022) and the International Dance Festival TANZOLYMP, Berlin (2022 and 2023). In 2022 he was selected by the Teatro dell’Opera di Roma to dance in Il barbiere di Siviglia at the Terme di Caracalla. In recent years, he has participated in numerous national and international projects and galas. Giammattei has had the honour of being awarded prizes and accolades by great dance personalities such as Iana Salenko, Julio Bocca and Tadeusz Matacz. He is currently studying ballet under Valentina Bianconi, and contemporary dance under Nicola Marino.
158 159 Biennale College Danza Danzatori / Dancers
Nata a Rivne, in Ucraina, inizia a danzare a nove anni nella sua città natale, studiando alla Music School No. 2 (2009-2015), alla Start Point Dance School e alla Rivne State Humanitarian University, dove consegue la laurea triennale (2018-2021). Dal 2019 al 2021 danza con il Totem Dance Theater di Kiev e insegna sia alla Totem Dance School sia alla Start Point Dance School. È stata stagista in Germania al Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, e nel 2022 è entrata a far parte della compagnia di danza Of Curious Nature a Brema. Allo stesso tempo, ha preso parte a numerosi workshop e progetti in Ucraina e all’estero, tra cui: b12 di Berlino; Kyiv Contemporary Dance Weekend; il progetto internazionale Artil; Riga/ON in Lettonia; residenze con Francesco Annarumma e Thomas Daniels; e un laboratorio dei Gaga/dancers. Born in Rivne, Ukraine, she started dancing at the age of nine, studying in Rivne at the Music School No. 2 (2009-2015), Start Point Dance School and Rivne State Humanitarian University, where she received her bachelor’s degree (2018-2021). From 2019 to 2021, she danced with Totem Dance Theater (Kyiv, Ukraine), and worked as a teacher at Totem Dance School and Start Point Dance School. She was awarded an internship in Germany at the Tanztheater Wuppertal Pina Bausch, and in 2022, joined dance company Of Curious Nature in Bremen. At the same time, she took part in many workshops and projects in Ukraine and abroad, including: b12, Berlin; Kyiv Contemporary Dance Weekend; the international project Artil; Riga/ON, Latvia; residencies with Francesco Annarumma and Thomas Daniels; and a Gaga/dancers workshop.
Kehari Hutchinson Danzatore professionista, performer e coreografo, si è recentemente laureato al California Institute of the Arts (CalArts). Nato a Baltimora e cresciuto nel Queens, inizia la sua formazione accademica all’età di nove anni con il Ballet Tech di New York. Prosegue gli studi alla Lower Manhattan Arts Academy e alla Young Artists Division del New York Theatre Ballet, con Diana Byer. Negli anni del CalArts, Hutchinson ha studiato con importanti coreografi come Spenser Theberge, Dimitri Chamblas e Nina Flagg. Come artista freelance si è inoltre esibito in AMEND di Chris Emile, Modern Living di Gerard & Kelly, Metatronia di Solange Knowles, Black Is King di Beyoncé e nel film One Another di Kevin Frilet. A professional dancer, performance artist and choreographer, he recently graduated from California Institute of the Arts (CalArts). Born in Baltimore, Maryland and raised in Queens, New York, Hutchinson began his formal training at the age of nine with Ballet Tech in New York. He went on to train at the Lower Manhattan Arts Academy as well as New York Theatre Ballet’s Young Artists Division, with Diana Byer. During his time at CalArts, Hutchinson trained with notable choreographers such as Spenser Theberge, Dimitri Chamblas and Nina Flagg. As a freelance artist he also performed in Chris Emile’s AMEND, Gerard & Kelly’s Modern Living, Solange Knowles’ Metatronia, Beyoncé’s Black Is King and Kevin Frilet’s film One Another.
Giuseppe Iodice Nato a Napoli nel 2004, inizia a danzare all’età di tre anni ad Afragola, dove coltiva la sua passione per la danza per i successivi undici anni. Ha poi l’opportunità di studiare danza classica e contemporanea con i migliori insegnanti del settore a Firenze, nell’ambito del programma Dancer At Work (DAW) di Eugenio Buratti. Dopo due intensi anni di studio viene accettato alla Staatliche Ballettschule Berlin, e grazie all’impegno e alla dedizione dimostrati ha ora l’onore di essere tra i sedici danzatori selezionati per la Biennale College Danza 2023. Born in Naples in 2004, he started dancing at the age of three in Afragola, where he cultivated his passion for dance for 11 years. He then had the opportunity to study both classical and contemporary dance with the best teachers in the sector as part of Eugenio Buratti’s Dancer At Work (DAW) scheme in Florence. After two years of intense study, he was accepted at the Staatliche Ballettschule Berlin and – thanks to his commitment and dedication over the years – he has the honour of being one of the 16 dancers selected for the Biennale College Danza 2023.
Giorgio Lombardo Danzatore ventiduenne cosentino, inizia a danzare all’età di sedici anni presso il PAS - Performing Arts Studio di Mirella Castriota. Classificatosi primo nella categoria solisti al Concorso Nazionale di Danza Città di Cosenza, nel 2019 vince anche una borsa di studio presso la Dance Arts Faculty (DAF) di Roma. Nei tre anni alla DAF lavora sotto la supervisione di molti coreografi internazionali tra cui Shirley Esseboom, Alex Clair, Chloé Albaret, Ethan Colangelo e Menghan Lou. Nel 2022 partecipa ai workshop La Veronal working tools di Marcos Morau a Rovereto e Peeping Tom di Hun Mok Jung a Roma. A febbraio 2023 è stato artista residente al Tanztendenz di Monaco di Baviera con Ben Meerwein e Ilaria Bagarolo, dove ha creato ed eseguito il pezzo O, che ha esordito al teatro schwere reiter di Monaco. A 22-year-old dancer from Cosenza, Italy he started dancing at the age of 16 at Mirella Castriota’s PAS - Performing Arts Studio in Cosenza. In 2019, he took part in the competition Concorso Nazionale di Danza Città di Cosenza, where he ranked first in the solo category and received a scholarship to study at Dance Arts Faculty (DAF) in Rome. During three years spent at DAF, he worked under the supervision of many international choreographers including Shirley Esseboom, Alex Clair, Chloé Albaret, Ethan Colangelo and Menghan Lou. In 2022 he participated in the workshops La Veronal working tools, held by Marcos Morau in Rovereto, and Peeping Tom, held by Hun Mok Jung in Rome. In February 2023 he took part in a residency at Tanztendenz, Munich with Ben Meerwein and Ilaria Bagarolo, creating and performing the piece O, which had its premiere at the schwere reiter theatre, Munich.
160 161 Biennale College Danza Danzatori / Dancers
Dayana Mankovska Dopo avere iniziato a danzare all’età di quattro anni presso il City Center of Choreographic Art di Odessa, nel 2016 si trasferisce a Kiev, dove studia presso il Department of Contemporary Choreography, integrandosi nella comunità di danza contemporanea ucraina. Dal 2019 fa parte di ПроContemporary, una compagnia di danza contemporanea guidata da Gala Pekha. Dopo l’invasione russa dell’Ucraina nel 2022, si arruola volontaria nell’esercito insieme ai colleghi per difendere il suo Paese, continuando quando possibile a studiare danza all’estero. Spera di portare a casa un po’ dell’energia che ha guadagnato qui. She began dancing at the age of four, at the Odessa City Center of Choreographic Art. In 2016, she moved to Kyiv, where she studied at the Department of Contemporary Choreography, and spent time integrating into the Ukrainian contemporary dance community. Since 2019, she has been a member of the ПРОcontemporary dance group led by Gala Pekha. Following the Russian invasion of Ukraine in 2022, she and her fellow dancers have defended their country in the army and as volunteers, while trying to continue their dance development abroad. She hopes to take home some of the energy she has gained here.
Amanda Peet Avviatasi alla carriera di danzatrice a Orlando, in Florida, continua la sua formazione in Texas, dove frequenta la Booker T. Washington High School for the Performing and Visual Arts a Dallas e il Dance Industry Performing Arts Center a Plano. Nel suo studio, Peet entra a far parte della Pre-Professional Company del Thriving Artists Project, dove lavora a lungo con Mark Caserta e Mikey Morado. Ha lavorato con diversi rinomati artisti fra cui Kyle Abraham, Bret Easterling, Dwight Rhoden, Justin Peck, Michaela Taylor e molti altri. Nel 2022 è stata tra i ventiquattro partecipanti al Jacob’s Pillow Contemporary Program. Attualmente frequenta la USC Glorya Kaufman School of Dance, dove ha ricevuto una borsa di studio per conseguire il Bachelor of Fine Arts in Danza. After starting her dance career in Orlando, Florida, she continued her training in Dallas, Texas. She attended the Booker T. Washington High School for the Performing and Visual Arts and the Dance Industry Performing Arts Center, Texas. At her studio, Peet was a part of the Thriving Artists Project’s Pre-Professional Company, where she worked extensively with Mark Caserta and Mikey Morado. She has worked with several esteemed artists including Kyle Abraham, Bret Easterling, Dwight Rhoden, Justin Peck, Michaela Taylor and many more. In 2022 Peet was one of 24 to attend the Jacob’s Pillow Contemporary Program. She is currently attending the USC Glorya Kaufman School of Dance, where she received a scholarship to pursue her Bachelor of Fine Arts in Dance.
Fernando Pérez Hernández Nato a Città del Messico nel 2002, inizia a studiare danza a livello professionale nel 2017 presso il Centro Nacional de Danza Contemporánea nella sua città natale. Nel 2018 ha l’opportunità di studiare allo School of Toronto Dance Theatre, in Canada. Nel 2021 il governo olandese gli conferisce una borsa per proseguire gli studi presso la prestigiosa Codarts University for the Arts di Rotterdam. Nel 2022 ha fatto parte del Johan Inger Youth Project a Siviglia, sotto la direzione di Carolina Armenta e Johan Inger. Questo è il secondo anno in cui viene chiamato a esibirsi per la Biennale College Danza. Born in Mexico City in 2002, he started professional dance studies in 2017 at the Centro Nacional de Danza Contemporánea in Mexico. In 2018, he was given the opportunity to study at The School of Toronto Dance Theatre, Canada. In 2021, the Dutch government awarded him a scholarship to continue his studies at the prestigious Codarts University for the Arts in Rotterdam. In 2022 he was part of the Johan Inger Youth Project in Seville, Spain, under the direction of Carolina Armenta and Johan Inger. This is the second year in which he has been selected as a dancer for the Biennale College Danza.
Dipesh Verma Yume Takojima Nata a Tokyo nel 2003, inizia a danzare in Giappone all’età di quattro anni, prima di trasferirsi in Belgio nel 2019 per frequentare la Royal Ballet School di Anversa. Dopo la laurea nel 2022, entra a far parte del Johan Inger Youth Project di Siviglia, per esplorare il proprio rapporto con la danza contemporanea. È onorata di essere stata selezionata per la Biennale College Danza 2023, che le apre le porte di una carriera come danzatrice professionista. Born in Tokyo in 2003, she began her dance journey in Japan at the early age of four, before moving to Belgium in 2019, where she attended the Royal Ballet School of Antwerp. After graduating in 2022, she joined the Johan Inger Youth Project in Seville, Spain to discover herself more in the contemporary field. She is honoured to have been chosen as a dancer for the Biennale College Danza 2023, opening the door to her professional dance career.
162 163 Biennale College Danza Danzatori / Dancers
Danzatore ventiduenne, è nato nel Bengala Occidentale. Nonostante in India non sia una forma d’arte generalmente praticata dagli uomini, la danza, grande passione e amore, l’ha accompagnato per la maggior parte della sua vita. Il suo interesse si sviluppa grazie alla televisione, dove scopre stili diversi come la breakdance, la danza classica indiana e Bollywood, che lo spingono a danzare a dispetto delle circostanze. Dopo aver sperimentato con il freestyle in vari generi, nel 2015 si trasferisce a Mumbai per studiare danza classica alla Danceworx Performing Arts Academy, e nel 2019 a Parigi dopo aver vinto una borsa di studio della Paris Marais Dance School. L’esperienza parigina gli fornisce una visione più umana all’arte e lo spinge a cercarne significati più profondi. La sua formazione comprende anche teatro, recitazione, canto e tip tap. Ha frequentato il Nederlands Dans Theater Summer Intensive (2022) e ha lavorato con la Delattre Dance Company (2022-2023). A 22-year-old dancer, he was born in West Bengal, India. Dance has been a passion and a love for most of his life, but in India dance is generally not considered an art form pursued by men. Watching television piqued his interest for different dance styles – from breakdancing to Indian classical dance and Bollywood – and inspired him to dance, despite his background. He started freestyling in multiple genres, and moved to Mumbai in 2015 to study ballet at The Danceworx Performing Arts Academy, and to Paris in 2019, receiving a scholarship to study at the Paris Marais Dance School. Training in Paris has moved him to connect to art in a more human way, with more depth and meaning. He has also trained in theatre, acting, singing and tap. He attended Nederlands Dans Theater Summer Intensive (2022), and worked with Delattre Dance Company (2022-2023).
Nicolò Zanotti
Emilio Wettlaufer Danzatore nato in Guatemala ventitré anni fa, risiede ora negli Stati Uniti. Nel 2022 ha conseguito il Bachelor of Fine Arts in Danza presso il California Institute of the Arts (CalArts), dove ha studiato sotto la direzione di Dimitri Chamblas e Rosanna Gamson. Si è esibito in lavori di Sidra Bell, Danielle Agami, Spenser Theberge e Trisha Brown, in varie sedi a Los Angeles tra cui REDCAT, Hauser & Wirth e The Geffen Contemporary at MOCA, e con il L.A. Dance Project. È inoltre apparso in campagne e video musicali per Calvin Klein, more* e Leon. Con la danza sempre al centro della sua carriera, continua ad avventurarsi in diverse forme d’arte come il teatro, il cinema e la scrittura, che esercitano una grande influenza sulla sua identità artistica. A 23-year-old dancer born in Guatemala, he is currently based in the United States. He received his Bachelor of Fine Arts in Dance at the California Institute of the Arts (CalArts) in 2022, where he studied under the direction of Dimitri Chamblas and Rosanna Gamson. He has performed work by Sidra Bell, Danielle Agami, Spenser Theberge and Trisha Brown, among others. He has also performed in Los Angeles venues including REDCAT, Hauser & Wirth and The Geffen Contemporary at MOCA, and with the L.A. Dance Project. Additionally, he has been featured in campaigns and music videos for Calvin Klein, more* and Leon. While dance remains at the forefront of his career, he continues to venture into other diverse art forms such as theatre, film-making and writing, all of which have an influence upon his artistic identity.
Danzatore ventenne, è originario di Ravenna. Inizia a danzare all’età di sei anni in una scuola locale, e a quattordici comincia la sua formazione professionale al Ravenna Ballet Studio, sotto la direzione di Cinzia Di Pizio. Due anni dopo, nel 2018, si trasferisce a Lisbona per frequentare il Conservatório Nacional. Allo scoppiare della pandemia nel 2020 ha l’opportunità di entrare a far parte della English National Ballet School di Londra, sotto la direzione artistica di Viviana Durante, diplomandosi nel luglio 2022. Lavora poi, come apprendista, all’ICK Dans Amsterdam, sotto la direzione di Emio Greco e Pieter C. Scholten. Nella prossima stagione entrerà a far parte della giovane compagnia IT Dansa di Barcellona, sotto la direzione artistica di Catherine Allard. A 20-year-old dancer, he is originally from Ravenna, Italy. He began his dance training at six years old, at a local dance school. At the age of 14, he started his professional training at Ravenna Ballet Studio, under the direction of Cinzia Di Pizio. Two years later, in 2018, he moved to Lisbon to attend the Conservatório Nacional. During the pandemic in 2020, Zanotti had the opportunity to join the English National Ballet School in London, under the artistic direction of Viviana Durante, graduating in July 2022. He then joined ICK Dans Amsterdam as an apprentice, directed by Emio Greco and Pieter C. Scholten. With the company, he had the chance to tour around the Netherlands and Italy. Next season, he will be joining the young company of IT Dansa in Barcelona, under the artistic direction of Catherine Allard.
A Day of Films featuring our Festival Artists Film 23.07.2023 > H 11.00-22.00 Teatro Piccolo Arsenale
La nostra rassegna di film sulla danza ha potuto contare su un pubblico appassionato fin dagli esordi, e siamo lieti di continuare questo importante lavoro alla Biennale Danza 2023. Il nostro avvincente programma prevede opere cinematografiche degli artisti del Festival insieme a opere da loro scelte, importanti novità di registi affermati, ma anche visioni più grezze e sperimentali. Per constatare come il dialogo tra i linguaggi in continua evoluzione della danza e del cinema sia un fattore d’innovazione di nuovi mondi visivi coinvolgenti e rivoluzionari.
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Our dance-on-film programme has enjoyed a committed audience from its inception, and we are delighted to continue this important strand of work at Biennale Danza 2023. Our exciting programme features films by Festival artists, work curated by them and major releases from established makers, as well as raw, experimental visions. See how dialogue between the continuously developing languages of dance and film innovates immersive and boundarybreaking new visual worlds.
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2022 – 87’
The Dance regia direction Pat Collins
camera Colm Hogan Keith Walsh
produzione production Tina O’Reilly Philip King Sharon Whooley
suono sound John Brennan
montaggio editing Keith Walsh
The Dance è un documentario di osservazione che segue la messa in scena di MÁM dal primo giorno di prove fino allo spettacolo di apertura al Dublin Theatre Festival nel 2019. L’opera di Michael Keegan-Dolan è il risultato di otto settimane di intenso lavoro e improvvisazione, una confluenza unica tra solista
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finanziato da funded by Screen Ireland RTÉ
ed ensemble, classico e tradizionale, locale e universale. The Dance is an observational feature documentary that follows the staging of MÁM from the first day of rehearsal to the opening night performance at the Dublin Theatre Festival in 2019. Michael Keegan-Dolan’s show is the
result of eight weeks of intensive work and improvisation, a unique confluence between soloist and ensemble, classical and traditional, the local and the universal.
2020 – 40’
Genealogia_ Time Specific coreografia choreography Luna Cenere
musica music Renato Grieco
con with Lucas Delfino Davide Tagliavini
gestione e distribuzione management and distribution Domenico Garofalo
con la partecipazione di with the participation of Elena Andermarcher, Selvaggia Arca, Anna Maria Avellino, Gigi Belfiore, Camilla Calvi, Elisa Ciabotti, Cristina Codecà, Federica Crispini, Paolo De Paoli, Livio Dellarosa, Rossana Fracassini, Lorena Magnani, Nadia Mattarei, Walter Mazzavilla, Arianna Mondin, Fulvia Orifici, Barbara Quargnolo, Estevan Reder, Arianna Villa, Manuela Wegher, Antonella Zambelli
produzione production Körper - Centro Nazionale di Produzione della Danza Oriente Occidente festival
Genealogia_Time Specific è stato presentato a settembre 2020 a Rovereto nell’ambito del festival Oriente Occidente. Frutto di un percorso di ricerca e condivisione di pratiche dal titolo Genealogia Research Project, è un progetto di ricerca di natura installativa, come si evince in tutti i lavori di Luna Cenere,
a cui si aggiunge il carattere relazionale di una comunità, un gruppo che si fa espressione, luogo, paesaggio in trasformazione e migrazione.
in collaborazione con in collaboration with AMAT Civitanova Danza per for Civitanova casa della danza
Genealogia_Time Specific was presented in September 2020 in Rovereto as part of the Oriente Occidente festival. It is the result
con il supporto di with the support of L’arboreto - Teatro Dimora di Mondaino Teatro Petrella, Longiano Compagnia Virgilio Sieni Les Brigittines - Playhouse for Movement Associazione Armunia/Festival Inequilibrio inserito nel progetto included in the project ResiDance XL 2018 - luoghi e progetti di residenza per le creazioni coreografiche azione di action by Network Anticorpi XL coordinata da coordinated by L’arboreto - Teatro Dimora di Mondaino
of research and sharing of practices entitled Genealogy Research Project; an installationbased project, as is evident in all of Luna Cenere’s works, to which is added the relational character of a community, a group that becomes an expression, a place, a landscape in transformation and migration.
2023 – 17’ prima assoluta / world premiere
I’m in a Forest regia direction Lucy Guerin Angus Kemp coreografia choreography Lucy Guerin composizione e sound design composition and sound design Jethro Woodward luci lighting design Paul Lim assistente luci lighting design associate Nick Moloney
Nel marzo 2023 Lucy Guerin ha coreografato NEWRETRO, un’installazione di tre ore composta di frammenti di ventuno dei suoi spettacoli passati, riassemblati per creare un nuovo lavoro. I’m in a Forest è una risposta a quest’opera: danzato in una galleria vuota, senza pubblico, il film oscilla
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costumi costume design Kate Davis
produzione esecutiva executive production Brendan O’Connell
montaggio editing Angus Kemp
danzatori dancers Deanne Butterworth, Tra Mi Dinh, Alice Dixon, Stephanie Halyburton, Antony Hamilton, Benjamin Hancock, Michelle Heaven, Samantha Hines, Cora Hughes, Rebecca Jensen, Melanie Lane, Claire Leske, Alisdair Macindoe, Amber McCartney, Caitlin Mewett, Ngioka Bunda-Heath, Raina Peterson, Harrison Ritchie-Jones, Georgia Rudd, Lee Serle, Lilian Steiner, Geoffrey Watson
fotografia cinematography Rudi Siira operatore gimbal gimbal operator Michael Ciarlo colore colour Dan Stonehouse produzione production Estelle Conley
tra le motivazioni interiori dei danzatori, la traccia residua e il senso di presenza che si lasciano dietro. In March 2023, Lucy Guerin choreographed NEWRETRO, a three-hour dance installation comprising fragments from 21 of her past shows, re-assembled
to create a new work. I’m in a Forest responds to this piece – danced in an empty gallery, without audience, the film shifts between the inner motivations of the dancer and the residual imprint and presence that they leave behind.
2020 – 82’
If It Were Love regia direction Patric Chiha
produttore di linea line producer Katia Khazak
una produzione di a production of Aurora Films
fotografia cinematography Jordane Chouzenoux
produzione production Charlotte Vincent - Aurora Films
montaggio editing Anna Riche
basato su based on Crowd di by Gisèle Vienne
suono sound Pierre Bompy
con with Philip Berlin, Marine Chesnais, Kerstin Daley-Baradel, Sylvain Decloitre, Sophie Demeyer, Vincent Dupuy, Massimo Fusco, Nuria Guiu Sagarra, Rehin Hollant, Antoine Horde, Georges Labbat, Oskar Landström, Theo Livesey, Louise Perming, Katia Petrowick, Richard Pierre, Anja Röttgerkamp, Jonathan Schatz, Gisèle Vienne, Henrietta Wallberg, Tyra Wigg
con il supporto di with the support of Ministry of Culture / The Directorate-General for Artistic Creation Île-de-France Region in partnership con in partnership with CNC - Centre national du cinéma et de l’image animée e con il supporto di and with the support of Image/ mouvement CNAP - Centre national des arts plastiques
montaggio e missaggio del suono sound editing and mixing Mikaël Barre colour grading Gadiel Bendelac amministrazione administration Yann Pichot
Con Crowd, un’epica della scena rave degli anni Novanta, Gisèle Vienne porta in tournée quindici giovani danzatori di origini e orizzonti diversi. Di teatro in teatro l’opera si trasforma in strane relazioni intime. È il palcoscenico a contaminare la vita reale o viceversa? Un inquietante
viaggio alla scoperta delle nostre notti, delle nostre feste, dei nostri amori. Fifteen young dancers of different origins and horizons are on tour with Crowd, Gisèle Vienne’s epic dance piece exploring the rave scene of the 1990s. From theatre to theatre
the work mutates into strange, intimate relationships. Is the stage contaminating real life – or the opposite? A disturbing journey exploring our nights, our parties, our loves.
2023 – 10’39”
INSIDE THE BLIND IRIS regia direction Douglas Bernardt coreografia choreography Botis Seva produzione production Far From The Norm × Stink Films
INSIDE THE BLIND IRIS è un film sperimentale sulla danza che esplora l’oppressione e l’assenza di un senso d’appartenenza. I danzatori appaiono come spiriti e ricordi inquietanti sullo sfondo del confuso stato mentale del protagonista, in viaggio alla ricerca del proprio io.
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INSIDE THE BLIND IRIS is an experimental cinematic dance film exploring oppression and the absence of belonging. Set in the main character’s confused state of mind, dancers appear as haunting spirits and memories, as he journeys in search of his own self.
2021 – 60’
6.58: MANIFESTO compagnia company Andrea Peña & Artists (AP&A) direzione artistica artistic direction Andrea Peña coreografia choreography Andrea Peña in collaborazione con gli artisti in collaboration with the artists
soprano Erin Lindsay sound design Marc Bartissol alias dull scenografia set design Andrea Peña & Alexis Gosselin drammaturgia dramaturgy Mathieu Leroux
performers Nicholas Bellefleur Veronique Giasson Gabby Kachan Jean-Benoît Labrecque Benjamin Landsberg Jontae McCrory Erin O’Loughlin François Richard Laura Toma
consulenza artistica artistic advice Helen Simard
6.58: MANIFESTO prende posizione sotto forma di un trittico coreografico in cui sei danzatori interagiscono con una macchina, un cantante d’opera e un DJ, per esplorare i concetti di artificio e artificialità quali costruzioni implicite della società contemporanea. Nella nostra realtà postindustriale,
l’artificialità è intrecciata con i nostri corpi e le nostre menti, e l’artificio contamina le nostre interazioni ed esperienze.
luci lighting design Hugo Dalphond direzione di scena stage management Roxanne Bédard
6.58: MANIFESTO takes a stance in the form of a choreographic triptych where six dancers interact with a machine, an opera singer and a DJ, to explore the
costumi costume design Polina Boltova Rodolfo Moraga video Bobby León produzione production Andrea Peña & Artists (AP&A) co-produzione co-production Banff Centre for Arts and Creativity - Clifford E. Lee Choreography Award 2018 residenza per la creazione residency for creation Agora de la danse Danse Danse Arsenal Contemporary Art Maison de la culture Claude-Léveillée
concepts of artifice and artificiality as implicit constructions of our contemporary society. In our post-industrial reality, artificiality is intertwined with our bodies and minds, and artifice taints our interactions and experiences.
2022 – 60’
Navy Blue Faces regia direction Oona Doherty & Luca Truffarelli musica music Jamie xx testo text Oona Doherty
L’emozione provata da una serie di persone. In una notte di un blu profondo e cupo. Navy Blue Faces è lo spettacolo Navy Blue (2022) di Oona Doherty in forma di film, una collaborazione tra Doherty, i danzatori e il regista Luca Truffarelli.
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danzatori dancers Arno Brys Thibaut Eiferman Amancio Gonzalez Miñon Louise Gourvelec Zoé Lecorgne Andréa Moufounda Ryan O’Neill Magdalena Öttl Tomer Pistiner Mathilde Roussin Hilde Ingeborg Sandvold Joseph Simon Sati Veyrunes
A series of people’s feeling. In a deep dark blue night. Navy Blue Faces is a cinematic form of Oona Doherty’s show Navy Blue (2022), made by the film-maker Luca Truffarelli in collaboration with Oona Doherty and the dancers.
2023 – 30’
Pay Attention to More Human Bodies produzione production Tao Ye Duan Ni
sottotitoli subtitles Duan Ni Tai Yuanxu
riprese e registrazioni filming and recording Fan Xi Zhang Shengbin Hai Yang
traduzione translation Jun Jun
montaggio editing Tai Yuanxu Duan Ni
una produzione di a production of TAO Dance Theater
voci narranti narrating voices Tao Ye Duan Ni Huang Qiqi (Huang Li) Yan Yulin Zhang Xia Hong Rui
Fondato da TAO Dance Theater nel 2021, TAO Studio organizza una serie di corsi per dilettanti senza preparazione o esperienza nella danza. Le prime sessioni sono state registrate dall’artista Fan Xi, le cui riprese sono state raccolte per realizzare questo documentario, che mostra come ogni partecipante fosse invitato
a sentire, sperimentare ed esplorare le infinite possibilità del proprio corpo come un caleidoscopio. In 2021, TAO Dance Theater established TAO Studio – running a series of courses for amateurs who had no dance training or background.
Allowing each participant to feel, experience and explore the infinite possibilities of the body like a kaleidoscope, these sessions were recorded by artist Fan Xi, whose footage was compiled to make this documentary.
Transparent - Sue Davies animation editing Noriko Okaku fotografia cinematography Transparency (Part 3) Hugo Glendinning produzione production Pinky Ghundale produzione archivio archive production Fourth Drawer assistenza alla produzione production assistance Rosa Manzi Reid sound design Chu-Li Shewring Stefan Smith composizione aggiuntiva additional composition A Lived in Circle (Part 2) Stefan Smith supervisione al suono sound supervision Chu-Li Shewring musica music Matteo Fargion Aisha Orazbayeva
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registrazione voci fuori campo voice-over recording Hugo Glendinning Andy Franzkowiak con featuring Catherine Bennet, Laurent Cavanna, Scott Clark, Gill Clarke, Marina Collard, Siobhan Davies, Paul Douglas, Linda Gibb, Jeremy James, Helka Kaski, Henry Montes, Lauren Potter, Deborah Saxon, Michele Smith, Matthias Sperling, Lucy Suggate, Sarah Warsop performers A Lived in Circle Andrea Buckley, Lindsey Butcher, Charlie Morrissey, Annie Pui Ling Lok con inoltre also featuring Helene Abelen, Blanche Allarty, Arthur Ashe, Merce Cunningham, Viola Farber, Althea Gibson, Jasper Johns, Billie Jean King, Vaslav Nijinsky con un ringraziamento a with thanks to Rob Ackerman, Laurie Anderson, Angela Bernstein, David Buckland, Jonathan Burrows, Katye Coe, Scott Caryl Churchill, Delahunta, Dirty Looks, Webb Ellis, Andy Franzkoviak, Jennifer Goggans, Nigel Hinds,
Claudia Kappenberg, Emily King, Emma Gladstone Fonic, Rosemary Lee Glithero, Antony Mcdonald, Victoria Miro, Fiona Morris, Michael Morris, Alice Oswald, Octavia Reeve, Mathias Sperling, Lucy Suggate & Molly Clare Twomey, Sarah Wigglesworth, Gitta Wigro, Maxim Young, il team di collaboratori di the staff team at Siobhan Davies Studios supporto all’archivio archive support Rob Prouse consulenza per la distribuzione e le mostre distribution and exhibition consultancy Johanna Blair consulenza creativa creative consultancy Gareth Evans
2022 – 35’
Siobhan Davies Studios direzione esecutiva executive direction Damaris Mcdonald gestione dello sviluppo development management Carrie Anne Ratcliff
In Transparent, la danzatrice e coreografa Siobhan Davies, dopo aver dedicato un’intera vita alla danza, riflette sui complessi processi alla base del proprio lavoro. Allo stesso tempo, il film esplora le storie del movimento insite in ognuno di noi, permettendo allo spettatore di entrare in un mondo descrittivo
commissionato e supportato da commissioned and supported by Siobhan Davies Studios con finanziamenti pubblici da with public funding from Arts Council England con il finanziamento di with funding from The Linbury Trust, Sarah Wigglesworth & Jeremy Till, Susan Butterworth, Val Bourne Israel, Gordon & Co. Ltd Insurance Brokers, Caroline Miller, Marie-Anne Mcquay, Siobhan Davies e tutti coloro che hanno generosamente donato e desiderano rimanere anonimi and all those who generously donated and wish to remain anonymous
Siobhan Davies desidera ringraziare tutti gli artisti con cui ha collaborato would like to thank all the artists she has worked with
e di sentire il peso del proprio corpo – camminando, ruotando o cadendo.
the film touches upon the histories of movement embedded in each of us, allowing the watcher to enter a descriptive world and feel the weight of their own body – walking or turning or falling.
Transparent reveals the reflections of dancer and choreographer Siobhan Davies as she unravels the complex processes that underpin a life’s work in dance. At the same time,
2019 – 11’
Welcome to a Bright White Limbo performer principale, coreografa e danzatrice main performer, choreographer and dancer Oona Doherty regia direction Cara Holmes produzione production Zlata Filipovic
montaggio editing Mick Mahon sound design e colonna sonora sound design and score Die Hexen postproduzione postproduction Outer Limits
fotografia cinematography Luca Truffarelli
In una combinazione di danza e documentario, questo film visivamente affascinante si immerge nella mente di Oona Doherty e nel processo creativo che ha portato al suo pluripremiato spettacolo Hope Hunt & the Ascension into Lazarus.
180 181 Film
Combining documentary and dance performance, this visually arresting film dives into the mind and creative process behind Oona Doherty’s award-winning dance show Hope Hunt & the Ascension into Lazarus.
2020 – 80’
Written on Water sceneggiatura, regia e coreografia screenplay, direction and choreography Pontus Lidberg con with Aurélie Dupont Alexander Jones Pontus Lidberg Stina Ekblad Sarawanee Tanatanit
montaggio editing Lars Gustafson S.F.K.
supervisione trucco makeup supervision Meizi Peng
drammaturgia e scrittura dramaturgy and writing Adrian Guo Silver
produzione production François Duplat Amaury Lafarge Pontus Lidberg Mary Ellen Obias
primi assistenti alla regia first assistant directors Sandy Strallen Jean-Marie Montangerand
e un’apparizione di and an appearance by Leslie Caron
registrazione suono sound recording Victor Loeillet
fotografia cinematography Martin Nisser FSF
arredamenti set decoration Valérie Valero
musica originale original music Stefan Levin
supervisione costumi costume supervision Michelle Kane
Mentre prepara una nuova opera, una coreografa deve fare i conti con un vecchio incontro romantico lasciato in sospeso. Written on Water è un’interrogazione sensuale e filosofica sui confini permeabili tra finzione e realtà, musa e sirena, e sui ruoli mutevoli che ricopriamo – ora Odisseo,
ora marinaio, ora sirena – nella perenne ricerca di un legame, dell’amore e dell’ispirazione. A choreographer must face an unresolved romantic encounter from her past as she creates a new dance work. Written on Water is a sensual and philosophical interrogation
una produzione a production Bel Air Media con with Written on Water LLC in collaborazione con in collaboration with ZDF / ARTE & Adb produttore associato associate producer Gerald Herman
of the permeable boundaries between fiction and reality, muse and siren and the changeable roles we play – Odysseus, sailor, siren – in our lifelong quests for connection, love and inspiration.
Workshops Programma / Programme
Tutti gli artisti che presentano o eseguono opere alla Biennale Danza 2023 offrono un workshop per un’ampia gamma di partecipanti durante il Festival. La maggior parte dei workshop è aperta al pubblico e incoraggia la partecipazione di danzatori dilettanti, invitandoli a godersi la scarica di endorfine che viene dall’esprimersi con e attraverso il proprio corpo. Il programma è rivolto a partecipanti dai diciotto anni. La prenotazione è obbligatoria per tutti i workshop.
184 185 Workshops
Each artist performing or presenting work at Biennale Danza 2023 offers a workshop for a broad range of participants during the Festival itself. Most of these workshops are open to the public and actively encourage amateur dancers to participate and enjoy the endorphin rush that expression through and with the body provides. This programme is aimed at participants aged 18 and over, and booking is required for all workshops.
Basato sul repertorio di Navy Blue, il workshop ruota attorno a elementi e tecniche delle tre scene dell’opera. I partecipanti esplorano la forma del balletto simultaneo, come nella prima scena, le tecniche di accalcamento e di recitazione della seconda scena e la strings technique della terza. Tutti i livelli e gli stili di danza sono benvenuti.
Oona Doherty Based on repertoire from Navy Blue, this workshop revolves around elements and technique from the piece’s three scenes. Participants explore unison balletic form, as in the first scene, flocking and acting techniques from the second scene, and strings technique from the third. All levels and dance backgrounds welcome.
Condotto da Botis Seva e dai principali artisti di Far From The Norm, questo workshop spinge al massimo e introduce i partecipanti allo stile unico della compagnia mentre si fanno strada attraverso una gamma di stili di danza. I partecipanti hanno inoltre l’opportunità di approfondire il repertorio di BLKDOG.
Botis Seva & Far From The Norm Led by Botis Seva and core Far From The Norm artists, this workshop pushes hard and introduces participants to the signature style of the company as they navigate through a range of dance styles. Participants also get a chance to dive deeper into BLKDOG, learning repertoire from the piece.
15.07.2023 H 10.00-13.00 Teatro del Parco – Mestre tenuto da / held by Victoria Shulungu & Joshua Nash (FAR FROM THE NORM) avanzato / advanced
14.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Oona Doherty aperto a tutti / open to all
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19.07.2023 H 10.00-13.00 Teatro del Parco – Mestre tenuto da / held by Botis Seva avanzato / advanced in collaborazione con / in collaboration with Settore Cultura, Teatro del Parco Comune di Venezia
Il workshop si concentra sulla “Cuban Modern Dance Technique”. Creato negli anni Sessanta, questo celebre metodo affonda le sue radici principalmente nella Tecnica Graham, ed è il tratto inconfondibile della danza moderna di Cuba e l’essenza delle danze afro-cubane.
Acosta Danza This workshop focusses on the “Cuban Modern Dance Technique”. Created in the 1960s, this renowned method finds its roots mostly in the Graham Technique, and is the signature of the country’s modern dance scene and the essence of Afro-Cuban dances.
16.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto dalla direttrice artistica e delle prove / held by artistic and rehearsal director Yaday Ponce avanzato / advanced
La coreografa mette alla prova i partecipanti a livello concettuale, fisico e personale, e li invita a porre collettivamente in discussione ideali politici e filosofici come punti di partenza del processo creativo. Esaminando il modo in cui gli stati insoliti sono simultaneamente interiorizzati ed esteriorizzati, il workshop aspira a sviluppare un linguaggio fisico ritmico, trasparente, dinamico, virtuosistico e vulnerabile.
Andrea Peña The choreographer challenges participating collaborators conceptually, physically and personally, and invites a collective questioning of political and philosophical ideals as starting points for the creative process. Examining how unusual states are simultaneously internalised and externalised, the workshop aims to arrive at a physical language that is rhythmical, transparent, dynamic, virtuosic and vulnerable.
18.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Andrea Peña aperto a tutti / open to all
Ruben Sanchez invita a immergersi nel linguaggio ritmico e a esplorare la danza da una prospettiva alternativa, con un approccio divertente, intenso e flessibile che evoca un’atmosfera disinvolta e creativa. La lezione di Annie Hanauer inizia con un riscaldamento di danza contemporanea, seguito dalla possibilità di apprendere sequenze da Variation(s) basate su musicalità, looping e resistenza.
Rachid Ouramdane Ruben Sanchez encourages the immersion in a rhythmic language and the exploration of dance from an alternative perspective – with a fun, demanding and flexible approach that evokes a casual and creative atmosphere. Annie Hanauer’s masterclass begins with a contemporary dance warm-up, followed by the chance to learn sequences from Variation(s) based on musicality, looping and resistance.
Con questo workshop lo Studio Wayne McGregor intende offrire una panoramica sulla coreografia del suo fondatore. La lezione inizia con un riscaldamento ad alta intensità, seguito dall’insegnamento di alcune coreografie della compagnia e da attività creative che riflettono il metodo di lavoro di Wayne McGregor con i suoi danzatori.
Studio Wayne McGregor Studio Wayne McGregor leads this workshop giving an insight into Wayne McGregor’s choreography. The masterclass starts with a high-energy warmup, followed by the opportunity to learn some of the company’s choreography, and to participate in creative tasks that reflect the way McGregor works in the studio with his dancers.
20.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Ruben Sanchez avanzato / advanced 21.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Annie Hanauer avanzato / advanced
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22.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Wayne McGregor avanzato / advanced
Il corpo è un cerchio, ogni movimento che da esso parte ad esso ritorna. Ogni centimetro del corpo può descrivere un tratto circolare, innescando, trasmettendo, seguendo, un’onda infinita che genera un movimento eterno. Come possiamo prestare più attenzione al corpo degli altri, permettendo loro di scoprire che il corpo può muoversi in questo modo, di sentirlo, sperimentarlo, esplorando le infinite possibilità del corpo come un caleidoscopio?
Tao Dance Theater The body is a circle, where every movement sent forth returns. Every inch of the body can trace a circular stroke, mobilising, transmitting and following along, like an unending wave, forming an eternal motion. How can we pay more attention to the body of others, enabling them to discover that the body can move in such a way, to feel it, to experience it, to explore the infinite possibilities of the body like a kaleidoscope?
23.07.2023 H 17.00-18.30 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Tao Ye aperto a tutti / open to all
Per Luna Cenere l’essenza di un atto performativo si distilla nel non detto, e va ricercata al di là del visibile, in uno spazio fatto di ricordi, simboli, gesti e immagini di un sapere collettivamente condiviso. Il workshop prevede la condivisione di pensieri e pratiche che Cenere porta avanti nella sua ricerca artistica e coreografica.
Luna Cenere For Luna Cenere, the essence of a performative act is distilled in the unsaid, and must be sought beyond what is visible – in a space made of memories, symbols, gestures and images as a collectively shared knowledge. This workshop involves the sharing of thoughts and practices that Cenere carries out in her artistic and choreographic research.
25.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Luna Cenere aperto a tutti / open to all
Il regista e coreografo Michael Keegan-Dolan condivide metodi di lavoro sviluppati negli ultimi vent’anni con danzatori, attori e musicisti. Partecipanti e tutor indagano insieme diverse dinamiche basilari ed energetiche e l’applicazione controllata dei sensi, giocando con il ritmo, la musica e la distanza.
I partecipanti sperimentano lo stile di movimento di Xie Xin: ammorbidire, rilasciare e fluttuare, seguendo la sequenza di potenza, fluttuazione del respiro e riverbero dell’energia. Inoltre, il tutor illustra i metodi di esercizio di Xiexin Dance Theatre e ne esplora i concetti di movimento.
Michael Keegan-Dolan
Xie Xin
Director and choreographer Michael Keegan-Dolan shares ways of working developed with dancers, actors and musicians over the last 20 years. Participants and tutor investigate together different elemental and energetic dynamics, explore the skilful application of the senses, and play with rhythm, music and spacing.
The participants experience Xie Xin’s movement style: softing, releasing and floating, following the sequence of power, the floating of breath and the echoing of energy. In addition, the tutor shares the training methods of the Xiexin Dance Theatre, and explore XDT’s movement concepts.
25.07.2023 H 15.00-18.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Michael Keegan-Dolan avanzato / advanced
26.07.2023 H 10.00-11.30 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by by Xie Xin & Xiaoyun Fan aperto a tutti / open to all
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Il workshop illustra gli attuali metodi di realizzazione dei lavori di Lucy Guerin Inc, oltre al repertorio recente della compagnia. Esplora inoltre, insieme ai partecipanti, la via per approdare a un processo individuale e per riuscire a dare corpo, forma e struttura alle proprie idee nella realtà di tempo e spazio.
Lucy Guerin This workshop shares current methods used in the creation of Lucy Guerin Inc’s dance works, and gives an insight into recent company repertoire. It also explores how participants can arrive at their own process to effectively embody their ideas as they take on form and structure in real time and space.
27.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Lucy Guerin aperto a tutti / open to all
Dopo un breve riscaldamento tenuto da un membro della compagnia di Pontus Lidberg, il workshop prosegue con materiale di repertorio insegnato dallo stesso Lidberg e da altri danzatori, con l’aggiunta di alcune esercitazioni creative direttamente collegate a quel materiale.
Pontus Lidberg After a short warm-up led by a member of Pontus Lidberg’s company, the workshop continues with repertoire material taught by Lidberg himself and other dancers, including some creative tasks directly related to the repertoire.
28.07.2023 H 10.00-13.00 Arsenale – Sala d’Armi G tenuto da / held by Pontus Lidberg aperto a tutti / open to all
192 193
INFO
INFO INFORMAZIONI / INFO
BIGLIETTI / TICKETS
Tel. +39 041 5218828 promozione@labiennale.org www.labiennale.org
Spettacoli / Performances € 25 intero / full price
Teatro Malibran Tese III Teatro Piccolo Arsenale
Lun. / Mon. > Ven. / Fri. 10.00 > 13.00 10.00 am > 1.00 pm
€ 16 studenti e/o under 26 / students and/or under 26
14.00 > 17.00 2.00 pm > 5.00 pm
€ 18 ridotto / concession Biennale Card
Abbonamenti / Subscriptions (spettacoli / performances College Danza esclusi / not included)
Sab. / Sat. 10.00 > 13.00 10.00 am > 1.00 pm Alcuni spettacoli non sono adatti a un pubblico di minori. Consultare il programma prima di acquistare il biglietto / Some performances are not suitable for a public under the age of 18. Please check the programme before buying tickets.
€ 14 ridotto / concession Biennale Card Young Adult Spettacoli al Teatro Malibran / Performances at Malibran Theatre Prezzi da / Prices from € 35 a / to € 14
3 spettacoli / 3 performances € 60 intero / full price € 36 studenti e/o under 26 / students and/or under 26 Formula Architettura + Danza / Architecture + Dance Formula 1 biglietto / ticket Biennale Architettura + 1 biglietto / ticket Biennale Danza € 35 prezzo unico / one price
Cerimonia premiazione Leone d’Argento / Silver Lion Award Ceremony Ingresso gratuito su prenotazione (fino a esaurimento posti) / Free admission upon reservation (subject to seating availability) Biglietto Speciale Danza € 15 prezzo unico / one price Ingresso con il biglietto dedicato Speciale Danza o con un biglietto Biennale Architettura 2023 / Admission with Speciale Danza ticket or with a Biennale Architettura 2023 ticket Sala d’Armi A | Sala d’Armi E Mostra / Exhibition SIMONE FORTI dal / from 14.07.2023 Teatro alle Tese Spettacolo-installazione / Performance-installation PENDULUM (per orari consultare / for scheduled time consult www.labiennale.org)
ACQUISTO BIGLIETTI ONLINE / ONLINE TICKET SALES AT
PUNTI VENDITA / TICKET OFFICE
INGRESSO GRATUITO / FREE ADMISSION
NAVETTA GRATUITA / FREE SHUTTLE BOAT
www.labiennale.org
La Biennale di Venezia, Ca’ Giustinian, San Marco 1364/a dal / from 13.07.2023 10.00 > 17.00 tutti i giorni 10.00 am > 5.00 pm all days
Accompagnatori degli spettatori con inabilità motoria e bambini fino ai 6 anni / People accompanying disabled persons and children up to 6 years old
da / from Arsenale per / to S. Elena S. Zaccaria Zattere Tronchetto P.le Roma
RASSEGNA FILM DANZA / DANCE FILM SCREENINGS
al termine degli spettacoli serali / after the evening shows
Acquisto biglietti online e presso la biglietteria dedicata solo per i teatri all’Arsenale e Teatro Malibran a partire da un’ora prima dello spettacolo / Tickets can be purchased online and one hour before the show at the dedicated ticket office at Arsenale and at Malibran Theatre Non è consentito l’ingresso a spettacolo iniziato / Entry will not be permitted once the performance has started
PREVENDITE / ADVANCE SALES www.labiennale.org www.vivaticket.it
Online su www.vivaticket.it
Ingresso libero fino a esaurimento posti / Free admission subject to seating availability
Biglietti e abbonamenti non rimborsabili / Tickets and subscriptions are not refundable
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105 ©Xu Xiaowei; ritratto di / portrait of: Xie Xin 111 ©Xie Xin; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Xie Xin 113 ©Wang Fan; ritratto di / portrait of: Sylvian Wang 119 ©Sylvian Wang; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Sylvian Wang 127 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Scott Elstermann 133 ©Robin Noorda; foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Scott Elstermann 137 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Hai-Wen HSU 143 ©Hai-Wen HSU (da / from La nuit déborde, installazione multimediale / multimedia installation, 2019, Francia / France); foto sull’idea di “altered states” di / photo concept of “altered states” by: Hai-Wen HSU 148-149 ©Andrea Avezzù; foto di prove / rehearsals photo 150-151 ©Andrea Avezzù; foto di prove / rehearsals photos 152-153 ©Andrea Avezzù; foto di prove / rehearsals photos 154-155 ©Andrea Avezzù; foto di prove / rehearsals photos 156 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Kayla Gabrielle Aguila 156 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Jo-Chen (Avian) Chang 157 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Anastasia Crastolla 157 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Isabella Di Liello 158 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Francesco Giammattei 158 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Daria Hordiichuk 159 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Kehari Hutchinson 159 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Giuseppe Iodice
160 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Giorgio Lombardo 160 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Dayana Mankovska 161 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Amanda Peet 161 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Fernando Pérez Hernández 162 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Yume Takojima 162 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Dipesh Verma 163 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Emilio Wettlaufer 163 ©Andrea Avezzù; ritratto di / portrait of: Nicolò Zanotti 168 ©Tai Yuanxu; fotogramma di / still of: Pay More to More Human Bodies 169 ©Martin Nisser; fotogramma di / still of: Written on Water 170 fotogramma di / still of: The Dance 171 ©Angela Onorati; fotogramma di / still of: Genealogia_Time Specific 172 ©Gregory Lorenzutti; fotogramma di / still of: I’m in a Forest 173 fotogramma di / still of: If It Were Love 174 ©fotogramma di / still of: INSIDE THE BLIND IRIS 175 ©fotogramma di / still of: 6.58: MANIFESTO 179 ©fotogramma di / still of: Navy Blue Faces 177 ©Tai Yuanxu; fotogramma di / still of: Pay More to More Human Bodies 178 fotogramma di / still of: Transparent - Sue Davies 180 fotogramma di / still of: Welcome to a Bright White Limbo 181 ©Martin Nisser; fotogramma di / still of: Written on Water 199 ©Rick Guest, con / with Olivia Pomp
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Questa carta è certificata FSC®, a sostegno della gestione responsabile delle foreste. This paper is FSC® certified, in support of responsible forest management.
ISBN: 978–88–98727–77–3 Euro 30,00 © 2023 by La Biennale di Venezia Tutti i diritti riservati in base alle convenzioni internazionali sul copyright. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta o utilizzata in qualsiasi forma o mezzo, elettronico o meccanico, comprese fotocopie, registrazioni o qualsiasi sistema di archiviazione e recupero delle informazioni, senza il permesso scritto dell’editore. Le didascalie e i crediti delle immagini in questa pubblicazione sono stati compilati con la massima cura. Eventuali errori o omissioni non sono intenzionali e saremo lieti di includere crediti appropriati e risolvere eventuali problemi relativi al copyright nelle edizioni future se nuove informazioni saranno portate all’attenzione de La Biennale di Venezia. All Rights Reserved under international copyright conventions. No part of this book may be reproduced or utilised in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopying, recording, or any information storage and retrieval system, without permission in writing from the publisher. The captions and credits of the images in this publication have been compiled with the outmost care. Any errors or omissions are unintentional, and we will be glad to include appropriate credits and solve any copyright-related issues in future editions if new information comes to the attention of La Biennale di Venezia.
ALTERED STATES LA BIENNALE DI VENEZIA 17. Festival Internazionale di Danza Contemporanea 17th International Festival of Contemporary Dance Attività Editoriali e Web / Editorial Activities and Web Responsabile / Head Flavia Fossa Margutti Ideazione / Concept Wayne McGregor CBE Testi “In Primo Piano” e Cura / “Feature Interviews” Texts and Curation Uzma Hameed Testo “In Primo Piano. Simone Forti” / “Feature Interview: Simone Forti” Sarah Crompton Redazione e Coordinamento / Editing and Coordination Nicola Giacobbo Supervisor con la collaborazione di / with the collaboration of Caterina Moro Redazione per l’inglese / English Editing Rachel Thomas Traduzioni / Translations Olga Barmine, Federico Sanna – da italiano a inglese Federico Sanna – da inglese a italiano Emanuele Marsili – da cinese a italiano Shenzhou Wang – da cinese a inglese Progetto Grafico e Impaginazione / Design Project and Layout Headline Stampa / Printed by Grafiche Antiga