Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia

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Le muse inquiete

La Biennale di Venezia di fronte alla storia

The Disquieted Muses

When La Biennale di Venezia meets history



















Le muse inquiete The Disquieted Muses



LA BIENNALE DI VENEZIA

PRESIDENTE/ PRESIDENT Roberto Cicutto CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE/ BOARD Luigi Brugnaro (Vicepresidente/ Vice President) Claudia Ferrazzi Luca Zaia COLLEGIO DEI REVISORI DEI CONTI/ AUDITORS’ COMMITTEE Jair Lorenco (Presidente/President) Stefania Bortoletti Anna Maria Como DIRETTORE GENERALE/ DIRECTOR GENERAL Andrea Del Mercato

LA BIENNALE DI VENEZIA PRESENTA/ PRESENTS LE MUSE INQUIETE. LA BIENNALE DI VENEZIA DI FRONTE ALLA STORIA/ THE DISQUIETED MUSES. WHEN LA BIENNALE DI VENEZIA MEETS HISTORY

IN COLLABORAZIONE CON/ IN COLLABORATION WITH Istituto Luce-Cinecittà Rai Teche E CON/ AND WITH AAMOD-Fondazione Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico Archivio Centrale dello Stato Archivio Ugo Mulas Bianconero Archivio Cameraphoto Epoche Fondazione Modena Arti Visive Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea IVESER Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea LIMA Amsterdam Peggy Guggenheim Collection Tate Modern


Indice Index

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1932-39 La Mostra del Cinema The Film Festival

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1928-45 La Biennale durante il fascismo La Biennale during fascism

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1947-64 La Guerra Fredda e i nuovi ordini mondiali The Cold War and the new world order

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Le muse inquiete... The Disquieted Muses... Introduzione Introduction

Tra contestazioni e nuovi ideali A year of protests and new ideals

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’70 Interdisciplinarità e impegno politico Interdisciplinary and political work

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1974 Libertà al Cile Freedom for Chile

I Direttori Artistici The Artistic Directors Gli statuti della Biennale di Venezia The statutes of La Biennale di Venezia

1968

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Sofija Gubajdulina Tra musica applicata e musica assoluta Applied music and absolute music

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1977 La Biennale del Dissenso The Biennale of Dissent

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1980 La prima Biennale di Architettura e il Postmoderno The first international architecture exhibition and postmodernism

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La Biennale e la societĂ dello spettacolo La Biennale and the society of the spectacle Tan Dun Musica tradizionale e tecnologia Traditional music and technology

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’90 Dagli stati-nazione alla Biennale globale From nation states to a global Biennale

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La storia dei padiglioni nazionali ai Giardini The History of the National Pavilions at the Giardini

425 Lista completa dei materiali esposti in mostra Complete list of works on display

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FIG. 01 — Augusto Sezanne. Progetto grafico

(1895-1897 ca.) per l’Esposizione Internazionale d’Arte. Inchiostro e tempera su carta, 69,5×69,5 cm • Augusto Sezanne. Graphic project (1895-1897 ca.) for the International Art Exhibition. Ink and tempera on paper, 69.5×69.5 cm


Le muse inquiete... Roberto Cicutto Presidente de La Biennale di Venezia

The Disquieted Muses... Roberto Cicutto President of La Biennale di Venezia

ITA Il titolo della Mostra Le muse inquiete. La Biennale di Venezia di fronte alla storia non rappresenta solo il contenuto di quanto i visitatori hanno potuto vedere nel Padiglione Centrale dei Giardini della Biennale, ma un programma. L’ inquietudine è il motore della ricerca che ha bisogno di confronto per verificare ipotesi e ha bisogno della storia per assorbire conoscenza. È quello che La Biennale fa e continuerà a fare tentando di rafforzare un metodo che leghi ancor di più le discipline che la formano. Alla Biennale le Muse sono sei: Arte, Architettura, Cinema, Teatro, Musica e Danza e trovano la loro espressione nelle grandi manifestazioni che ogni anno popolano Venezia e il mondo. Ci sono i luoghi dove tutte le attività della Biennale si realizzano: i Giardini, l’Arsenale, il Palazzo del Cinema e le altre sale del Lido, i Teatri, la città di Venezia. Ma c’è un luogo dove al di là della durata delle mostre e dei festival la ricerca continua e si apre al mondo: è l’Archivio Storico delle Arti Contemporanee (ASAC). In questo luogo il sapere si consolida nel tempo, diventa permanente ed esce dallo spazio limitato nel tempo delle mostre. La Mostra rappresenta una tappa importante in questo processo, un rilancio fatto di condivisione e ricerca di obiettivi comuni. I sei direttori in carica così come quelli che verranno hanno la consapevolezza che il loro lavoro (spesso visionario e preveggente) deve servire per sempre anche con il grande e insostituibile aiuto che le nuove tecnologie digitali offrono. Un Archivio conserva, restaura, vigila sul tempo perché i suoi contenuti siano sempre fruibili nelle condizioni migliori e finalmente possa restituire al mondo la sua ricchezza fatta dal lavoro di artisti, curatori, tecnici e studiosi, o semplici visitatori. Ringrazio Cecilia Alemani, Hashim Sarkis, Alberto Barbera, Antonio Latella, Ivan Fedele e Marie Chouinard per aver accettato questa sfida, realizzata in un tempo record e particolarmente difficile. Ringrazio tutto l’ASAC e il Team Biennale per aver accolto con entusiasmo questa avventura.

The title of the exhibition The Disquieted Muses. When La Biennale di Venezia Meets History does not just convey the content that visitors to the Central Pavilion in the Giardini della Biennale encountered, but also a vision. Disquiet serves as a driving force behind research, which requires dialogue to verify its theories and needs history to absorb knowledge. This is what La Biennale does and will continue to do as it seeks to reinforce a methodology that creates even stronger bonds between its own disciplines. There are six Muses at the Biennale: Art, Architecture,

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Cinema, Theatre, Music and Dance, given a voice through the great events that fill Venice and the world every year. There are the places that serve as venues for all of La Biennale’s activities: the Giardini, the Arsenale, the Palazzo del Cinema and other cinemas on the Lido, the theatres, the city of Venice itself. But there is also one place where, when the exhibitions and festivals are over, the research continues and opens out onto the world: the Historical Archives of Contemporary Arts (ASAC). This is a place where knowledge is consolidated over time, where it becomes permanent and extends beyond the limited timeframe of the exhibitions. The exhibition is an important step in this process, a new beginning, a shared experience and a search for common goals. The six current artistic directors and those who will come after them are well aware that their work (which is often prescient and visionary) must endure over time, assisted by the unparalleled capabilities of new digital technologies. An archive preserves, restores, and keeps guard over the years so that its content may always be available for use in the best possible condition and it can finally present to the world the wealth of what it holds, consisting in the work of artists, curators, specialists and scholars, or even ordinary visitors. I would like to thank Cecilia Alemani, Hashim Sarkis, Alberto Barbera, Antonio Latella, Ivan Fedele and Marie Chouinard for accepting this particularly difficult challenge, carried out in record time and under complex circumstances. And I would like to thank the ASAC in its entirety and La Biennale team for embracing this adventure with such enthusiasm. 02

FIG. 02 — Augusto

Sezanne. Leone “Moleca” (1895-1897 ca.). Inchiostro di china su carta. 32×21,8 cm • Augusto Sezanne. Leone “Moleca” (1895-1897 ca.). China ink on paper. 32×21.8 cm

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Introduzione Cecilia Alemani Direttrice Settore Arti Visive

ITA La mostra propone un itinerario attraverso l’Archivio Storico della Biennale di Venezia, ripercorrendo alcuni momenti fondamentali del Novecento durante i quali guerre, conflitti sociali, scontri generazionali e profonde trasformazioni culturali hanno premuto contro i confini dell’Istituzione veneziana. In un periodo di instabilità globale che solo negli ultimi mesi ha visto alternarsi catastrofi ecologiche, nuove pandemie e rivoluzioni sociali, La Biennale di Venezia si distingue non solo come luogo di produzione e riflessione delle tendenze più innovative delle principali discipline artistiche contemporanee, ma conferma anche il suo ruolo di testimone privilegiato di molteplici cambiamenti, drammi e crisi sociali susseguitisi dalla fine dell’Ottocento a oggi, registrando come un sismografo i sussulti della storia. Attraverso i suoi 125 anni di attività, La Biennale di Venezia si è ritrovata a fare i conti con la storia nelle sue incarnazioni più drammatiche. Palcoscenico per manovre diplomatiche e alleanze politiche, nella prima metà del Novecento La Biennale ha ospitato monarchi, dittatori, capi di stato e rivoluzionari, ma anche proteste e celebrazioni nelle quali le arti si sono legate a mutazioni culturali e stravolgimenti del costume. Nel 1920 e nel 1948 La Biennale si è sollevata dalle ceneri di due devastanti guerre mondiali, ergendosi come un faro di speranza nella rinascita civile dell’Italia e di molte altre nazioni. Negli anni Sessanta e Settanta l’Istituzione veneziana ha accolto ed è stata a sua volta travolta da un’ondata di sconvolgimenti sociali e politici che hanno ridisegnato le relazioni tra masse e individui e le dinamiche di potere tra Est, Ovest e il Sud globale. Negli anni Novanta, dopo il crollo dei grandi blocchi della Guerra Fredda, La Biennale ha adottato nuovi linguaggi artistici che hanno segnato un’espansione dei confini globali, aprendosi a nuove influenze geopolitiche. Decennio dopo decennio, La Biennale ha anche registrato le metamorfosi del gusto e del comune senso del pudore, tra scandali, censure e nuove cartografie del desiderio. La mostra Le muse inquiete presenta documenti storici, materiali d’archivio, fotografie, filmati rari, e opere d’arte provenienti dal prestigioso Archivio ASAC (fondato nel 1928) e da altri fondi e istituzioni nazionali, che si soffermano su quei momenti in cui il passato dell’Istituzione si è intersecato agli eventi della storia globale, manifestando e generando fratture istituzionali, crisi politiche ed etiche, ma anche nuovi idiomi creativi. Il titolo della mostra si riferisce alle muse, le divinità della mitologia greca, figlie di Zeus e Mnemosine, che rappresentano varie discipline artistiche, e che qui sono una metafora dei sei settori della Biennale, cioè Arti Visive, Architettura, Cinema, Danza, Musica

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e Teatro. Figlie della memoria, le muse si volgevano al passato con sguardo retrospettivo, ma grazie alla forza della creazione artistica immaginavano nuovi mondi e nuove possibilità. Il titolo è anche un riferimento al celebre quadro di Giorgio de Chirico Le Muse inquietanti (1916), esposto alla XXIV Esposizione Biennale Internazionale d’Arte del 1948; in questa mostra però le muse sono inquiete perché si misurano con il mondo al di fuori dei confini delle arti. Le muse inquiete è la prima mostra nella storia della Biennale concepita all’intersezione delle sei discipline che ne costituiscono le aree di ricerca principali, facendo dialogare eventi ed episodi della storia della Biennale con quella del Novecento, e ripercorrendo quei momenti in cui La Biennale e la storia si sono date appuntamento a Venezia.

Introduction Cecilia Alemani Artistic Director of the Visual Arts Department

The exhibition Le muse inquiete (The Disquieted Muses) takes us on a journey through the archive of La Biennale di Venezia, focusing on key moments when the wars, upheavals, generational conflicts and profound cultural transformations of the twentieth century reshaped the boundaries of this Venetian institution. In a period of global instability that over the course of just a few months has brought a succession of environmental disasters, new pandemics, and social revolutions, La Biennale di Venezia serves as a wellspring and channel for the most innovative currents in the artistic disciplines of our era – but also continues to bear witness to the many shifts and crises that have supervened from the late nineteenth century to the present, like a seismometer recording the tremors of history. Over its 125 years of activity, La Biennale di Venezia has come face to face with history in some of its most dramatic incarnations. As an arena for diplomatic manoeuvres and political alliances in the first half of the twentieth century, La Biennale was visited by monarchs, dictators, heads of state, and revolutionaries, but also hosted protests and celebrations in which the arts echoed cultural paradigm shifts and changing mores. In 1920 and 1948 La Biennale rose from the ashes of two devastating world wars, standing as a beacon of hope for the rebirth of civil society in Italy and other nations. In the 1960s and ’70s the Venetian institution was rocked by a wave of social and political transformations that redefined the relationship between the individual and the masses, as well as the power dynamics of the East, West, and Global South. In the ’90s, after the collapse of the Cold War blocs, La Biennale adopted new artistic languages that ushered in a more global outlook and opened its doors to new geopolitical influences. Decade by decade, La Biennale also reflected changes in taste and in the bounds

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of propriety, amid scandals, episodes of censorship, and new mappings of desire. The exhibition Le muse inquiete showcases historical documents, archive materials, photographs, rare documentary film and artworks from the prestigious historical archives of ASAC (founded in 1928) and other Italian collections and institutions, casting light on La Biennale’s past and the way it has intersected with global events, illustrating and generating institutional ruptures, political and ethical crises and also new creative idioms. The exhibition’s title is a reference to the Muses: the Greek goddesses, daughters of Zeus and Mnemosyne, who embody the various artistic disciplines and serve here as a metaphor for the Biennale’s six departments: the Visual Arts, Architecture, Cinema, Dance, Music and Theatre. As the daughters of memory, the muses looked back to the past, but also imagined new worlds and new possibilities through the power of artistic creation. The title is also a reference to the famous Giorgio de Chirico painting Le Muse inquietanti (The Disquieting Muses, 1916), exhibited at the 24th International Art Exhibition in 1948. In this exhibition the muses are disquieted because they are grappling with the world outside the confines of art. Le muse inquiete is the first exhibition in the history of La Biennale to be conceived at the intersection of the six disciplines that are its main spheres of experimentation, bringing episodes in its past into dialogue with the events of the twentieth century, and retracing key moments when La Biennale crossed paths with history in Venice.

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FIG. 03 — Prima delibera per l’istituzione

dell’Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, 1893 • First delivery for the institution of the International Art Exhibition of the City of Venice, 1893 FIG. 04 — Manifesto per la 1. Esposizione

Internazionale d’Arte della Città di Venezia 1895. Feste Veneziane • Poster for the 1st International Art Exhibition of the City of Venice 1895. Feste Veneziane

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I Direttori Artistici Cecilia Alemani Direttrice Settore Arti Visive

Alberto Barbera Direttore Settore Cinema

Marie Chouinard Direttrice Settore Danza

ITA Le muse inquiete è una mostra che ripercorre i sentieri incrociati della Biennale e della storia del Novecento, presentando documenti, materiali di archivio, carteggi, fotografie, filmati e opere d’arte che raccontano di quei punti nevralgici in cui la storia della Biennale si è sovrapposta a quella del secolo scorso. Le Arti Visive, il primo settore della Biennale inaugurato nel 1895, dialogano con le discipline di cinema, teatro, musica, architettura e danza, in una conversazione multiforme e inedita che ripercorre eventi e manifestazioni artistiche che hanno registrato e risposto agli eventi più drammatici della nostra società. Il periodo fra le due guerre mondiali, gli anni della Guerra Fredda, le rivoluzioni del ’68, i cambiamenti degli anni ’70 e la globalizzazione sono alcuni dei punti nodali che fanno da sfondo alle vicende artistiche della Biennale. Le muse inquiete è una mostra - concepita in un momento di emergenza come quello attuale - che guarda alla storia della Biennale per capire come nel corso del Novecento la storia e le molte trasformazioni culturali e sociali hanno investito l'istituzione veneziana e come La Biennale ha saputo accogliere e amplificare i segnali del presente anche nei suoi momenti più drammatici.

Anche senza l’endorsement di Lenin, che lo indicò come la più importante fra tutte le arti (Hitler e Mussolini si sarebbero accodati in seguito), nulla avrebbe potuto impedire che il cinema diventasse lo specchio del Novecento, il testimone più affidabile del secolo scorso, l’occhio imperturbabile capace di registrarne gli avvenimenti di volta in volta festosi, tragici, quotidiani o epocali, fissandoli per sempre sull’emulsione fotosensibile. Non deve pertanto stupire che il cinema – accolto in Biennale con pari dignità rispetto alle Arti Visive, seppure con qualche decennio di ritardo – ne abbia condiviso pienamente la funzione di prisma cui il caso, o forse il destino, ha assegnato il compito di rispecchiare gli snodi cruciali della grande Storia del secolo breve, i momenti di svolta e gl’istanti di rottura. Di tutte le storie che i film hanno raccontato nella loro inesauribile vocazione narrativa, questa non è forse la meno interessante, sulla quale oggi più che mai vale la pena di interrogarsi. Tersicore alla Biennale La danza è apparsa come settore alla Biennale di Venezia nel 1999, grazie all'iniziativa del suo presidente, Paolo Baratta; Carolyn Carlson, che si era già stabilita a Venezia, fu il suo primo direttore. Nel secolo precedente, Tersicore era inquieta: la danza era invitata solo occasionalmente alla Biennale sia

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dal settore Musica che dal settore Teatro. È nel 2017 che la Biennale Danza, apre finalmente il suo College ai giovani coreografi; prima di allora, e Tersicore ne era ancora inquieta, il college era consacrato alla sola formazione di interpreti (danzatori). Ho sognato di offrirvi una retrospettiva, tutta immaginaria, di ciò che avrebbe potuto essere la danza alla Biennale prima del 1999. Tersicore ne era felice. Ho anche pensato di offrirvi una sala dedicata al Judson Group, usando come pretesto il passaggio di alcuni dei suoi coreografi alla Biennale degli anni Sessanta e Settanta. Tersicore e anche le sue consorelle, le altre muse, hanno esultato alla rievocazione della tabula rasa creata da queste donne americane, tra cui una di origine italiana: Simone Forti. Ho anche sognato una stanza aperta alla partecipazione del pubblico: un invito a sognare la danza per i prossimi anni in Italia... Tersicore, sei inquieta? Neghi sorridendo. Tu sei al di là della loro storia Ivan Fedele Direttore Settore Musica

Antonio Latella Direttore Settore Teatro

Muse inquiete quelle dei sei settori della Biennale di Venezia, muse che hanno navigato per oltre un secolo col piglio dell’esploratore inesausto ma sempre teso alla scoperta di mondi sconosciuti. Destini febbrili che si intrecciano nel tempo e nello spazio disegnando storie di immaginazione nuova, spesso controversa ma sempre rivolta alla ricerca di una dimensione vera. E la verità nell’arte è la testimonianza più genuina della coscienza individuale e collettiva che si incontrano e si incrociano nell’unicità dell’esperienza sensibile. I mondi della creatività ci restituiscono le esperienze condivise dell’umanità tutta, quelle concilianti come quelle conflittuali, filtrate dalle unicità urgenti di artisti che credono nel ruolo profetico del loro pensare e del loro agire. Destini incrociati, nuove rotte da tracciare. Lo scopo del teatro, o della recitazione, è davvero quello di reggere lo specchio alla natura? Gli attori sono, a tutti gli effetti, il compendio e le brevi cronache del tempo? Le domande di Amleto risuonano fino ad oggi con la stessa forza originaria, consegnando all’arte teatrale il compito di farsi testimone di ciò che accade o è accaduto. Indagando la storia del Novecento della Biennale Teatro, scopriamo frequenti momenti di rottura, dove la posta in gioco è il concetto stesso di spettacolo o di rappresentazione; la cronaca prende il sopravvento, i fatti censurano o offuscano la sublimazione artistica. Da Max Reinhardt a Carmelo Bene, da Brecht all’esperienza alla Biennale di Ronconi, la Biennale Teatro ha fin dalla sua inaugurazione raccontato tentativi di fuga, di esilio, utopie di scardinamento delle convenzioni, scontrandosi con

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veti governativi, contestazioni, incomprensioni. Una narrazione dal passato che dovrebbe, forse, interrogare ciò che pensiamo a noi contemporaneo. Hashim Sarkis Direttore Settore Architettura

L'architettura alla Biennale può anche non essere iniziata ufficialmente nel 1980: fin dall'inizio, infatti, è stata presente come contenitore delle arti e come superficie espressiva dei suoi padiglioni. Attraverso la loro presenza fisica, i padiglioni competevano come rappresentanti di imperi e nazioni, con stili e scale che hanno caratterizzato i Giardini per decenni prima dell'arrivo dell'architettura come soggetto protagonista. In questo senso, e fino agli anni Settanta, quando Vittorio Gregotti portò l'architettura in diversi luoghi della città di Venezia (Magazzini del Sale alle Zattere, Ca’ Pesaro, Chiesa di San Lorenzo, Fondazione Cini, Museo Correr, Cantiere alla Giudecca), l'architettura ha giocato un ruolo convenzionale nei confronti delle altre arti: come ossatura (struttura). Ironicamente, l'architettura ha acquisito la sua capacità di inquietare la musa quando ha perso la sua vera collocazione e i suoi sostegni ed è "scesa" per stare con le altre arti, diventando un contenuto e non solo un contenitore. La Biennale ha costretto l'architettura a giocare, a sperimentare, ad essere contemporaneamente struttura, contenuto, rappresentazione ed esperienza, aprendo tutta una gamma di possibilità per il settore. La Biennale ha dato vita all'architettura stravolgendola. Ciò che rende unica questa Mostra d’archivio è il modo in cui sono affiancati i diversi materiali per confrontarsi nella loro vitalità come forme espressive di (una sola) arte ma anche per essere presenti ed essere rappresentati in modo non gerarchico o classificato all’interno dello spazio dei Giardini. Qui finalmente si scambiano idee, forme e profili, unificati nello stesso spazio che in passato ha dato a ciascuno le sue esclusive pretese di espressività. La Biennale è diventata uno spazio aperto di scambio tra i suoi numerosi media. È finalmente diventata una sola Biennale.

The Artistic Directors Cecilia Alemani Artistic Director of the Visual Arts Department

The exhibition The Disquieted Muses traces the interweaving pathways of La Biennale and the history of the 20th century. It presents documents, archival material, correspondence, photographs, films, and artwork which recount those crucial points where the history of La Biennale overlapped with the history of the past century. The Visual Arts, the first Department to be inaugurated at the Biennale in 1895, dialogue with the disciplines of cinema, theatre, music, architecture, and dance in a multifaceted and original con-

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versation, retracing moments and artistic initiatives which recorded and responded to the most dramatic events of our society. The period between the two world wars, the cold war years, the revolutions of 1968, the changes brought about by the 1970s and globalization are just a few of the crucial points which form the backdrop of the Biennale's artistic narrative. The exhibition The Disquieted Muses was conceived during the present ongoing emergency and it looks at the Biennale's history to understand how history and the many cultural and social transformations impacted the Biennale during the twentieth century and how the Biennale was able to embrace and amplify the signals of the time, even during its most dramatic moments. Alberto Barbera Artistic Director of Cinema Department

Marie Chouinard Artistic Director of Dance Department

Even without the endorsement of Lenin, who called it the most important of all the arts (Hitler and Mussolini got in step later on), nothing could have prevented cinema from becoming the mirror of the 1900s, the most reliable witness of the past century, the imperturbable eye which recorded the events, be they festive, tragic, everyday, or momentous, and fixed them forever on a light sensitive emulsion. Thus, it can be no surprise that cinema – which La Biennale welcomed and considered an equal of the Visual Arts, albeit a few decades later – has embraced the function of a prism to which chance, or perhaps destiny, has assigned the task of reflecting the short century's crucial turning points in world history, the watershed moments and those of rupture. Of all the stories which movies have recounted in their inexhaustible narrative vocation, this is by no means the least interesting and, today more than ever, it is worth contemplating. Terpsichore at La Biennale Dance only appeared as a department at La Biennale di Venezia in 1999, thanks to the initiative of its president, Paolo Baratta; Carolyn Carlson, who was already established in Venice, was its first director. During the preceding century, Terpsichore was disquieted: dance was only occasionally invited to La Biennale, either by the Music or the Theatre departments. Only in 2017 did the Biennale Danza finally open its College to young choreographers; until then, and Terpsichore was still disquieted, the college had only been dedicated to the training of young dancers. I dreamed of offering you a retrospective - a completely imaginary one - of what dance could have been at La Biennale before 1999. Terpsichore rejoiced. I also thought of offering you an auditorium dedicated to the Judson Group, with the pretext of the participation of some of their choreographers at La Biennale during the 1960s and 1970s. Terpsichore and her sisters, the other muses, exulted at the rekindled memory

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of the tabula rasa created by those American women, one of whom was of the Italian Simone Forti. I have also dreamed of an auditorium open to the public: as an invitation to dream about dance over the next few years in Italy... Terpsichore, are you disquieted? You laughingly say no. You are beyond their history Ivan Fedele Artistic Director of Music Department

Antonio Latella Artistic Director of Theatre Department

Hashim Sarkis Artistic Director of Architecture Department

The six Departments of La Biennale di Venezia are truly anxious muses; muses which, for over a century, have navigated with the attitude of a tireless explorer who is always poised to discover unknown worlds. Feverish destinies which interweave with time and space, drawing newly imaginative stories that are often controversial but always dedicated to the search for a real dimension. And truth in art is the most genuine testimony of individual and collective awareness, which meet and overlap in the singularity of the perceptible experience. The worlds of creativity show us the shared experiences of humanity as a whole, both the conciliatory and the confrontational experiences, filtered through the compelling uniqueness of artists who believe in the prophetic role of their thought and actions. Crossed destinies, new routes to chart. Is the purpose of theatre, or of acting, truly to hold up a mirror to nature? Are actors, to all effects, the compendium and the brief chronicles of time? Still today, Hamlet's questions resound with the same power, investing the theatrical art with the duty of bearing witness to what is still happening or has happened. By investigating the Biennale's 20th-century history, we find frequents moments of rupture, in which the very concept of performance or representation is at stake; the news takes the upper hand, the facts censure or obfuscate artistic sublimation. From Max Reinhardt to Carmelo Bene, from Brecht to Ronconi's Biennale experience, right from its inauguration, the Biennale Teatro has recounted attempts at escape and exile, utopias which demolish conventions, as it clashed with government vetoes, protests, miscomprehension. A narration from the past which should, perhaps, question what we consider contemporary. Architecture may not have officially started in La Biennale until 1980 but it has been present from the beginning as the container of the arts and as the expressive surface of the pavilions. Through their external expression, the pavilions competed as representations of empires and nations with styles and scales that demarcated the grounds of the Giardini for decades ahead of the arrival of architecture as a subject. In that sense, and until the 1970s when Vittorio Gregotti brought architecture into different venues in Venice (Magazz-

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— Manifesto per la Prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia 1895 • Poster for the First International Art Exhibition of the City of Venice 1895

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ini del Sale at the Zattere, Ca’ Pesaro, San Lorenzo Church, Cini Foundation, Museo Correr, Shipyard at the Giudecca), architecture played its conventional role towards the other arts: as framework. Ironically, architecture gained its ability to disquiet the muse, when it lost its proper place and its bearings and “descended” to be with the other arts, when it became the content not just the container. La Biennale compelled architecture to play, to experiment, to be at once as framework, content, representation and experience, opening up a whole palette of possibilities for the field. La Biennale brought architecture to life by unsettling it. What is unique about this archival exhibition is the way it puts the media next to each other to compete in their viability as expressive forms of (one) art but also to be present and represented in a non-hierarchical or classified way on the open grounds of the Giardini. Here they finally exchange ideas, forms, and contours, unified in the same space that has in the past given each its exclusive claims to expressiveness. La Biennale has become an open space of exchange among its many media. It has finally become one La Biennale.

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Gli statuti della Biennale di Venezia Debora Rossi

ITA LE ORIGINI La Biennale viene fondata nel 1893 come organismo pubblico locale avente come finalità la realizzazione di mostre internazionali d’arte da subito pensate con carattere ricorrente. La prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia si tiene nel 1895. Il Segretario generale teneva i rapporti con i delegati delle nazioni partecipanti per garantire unità di indirizzi ed esercitava funzione di direzione artistica, proponendo la lista degli artisti e delle opere da esporre al Presidente, anche di quelle ospitate nelle sale regionali e nelle sale straniere. La mostra era bipartita, come sottolinea Paolo Baratta nell’introduzione all’Annuario dedicato alle edizioni della Biennale Arte: “il dualismo tra la Mostra composta di artisti invitati e l’esposizione delle opere degli ammessi dalla giuria di accettazione caratterizzò la vita della Biennale per lunghi anni, di fatto fino al 1956”01. Questa componente, unita alla successiva istituzione di un ufficio vendite (che resterà operativo fino al 1968, trasformandosi poi in ‘servizio vendite’ e cancellato definitivamente nel 1973), di fatto vede il netto predominio di artisti italiani, ed è tra le ragioni che determinano il peso rilevante assunto dai sindacati di artisti nella vita della Biennale. La Mostra si svolge nel Padiglione Centrale denominato Pro Arte. A partire dal 1907 e durante molti anni successivi si realizza la costruzione di padiglioni nazionali da parte di paesi partecipanti all’interno dei Giardini. Nel 1928 nasce l’Archivio Storico chiamato prima “Istituto Storico d’Arte Contemporanea” e dal 1930 “Archivio Storico delle Arti Contemporanee”. Nel 1930, con Regio Decreto-legge del 13 gennaio 1930 n. 33, La Biennale viene trasformata in ente pubblico statale. Da semplice organismo per organizzare una mostra d’arte diventa una Istituzione con più vasti compiti: nel 1930 avvia il settore Musica, nel 1932 realizza la prima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica e nel 1934 inizia il Festival di Teatro. Con un’ulteriore riforma dello statuto del 1938 (Regio decreto-legge del 21/7 1938 n. 1517) questa nuova dimensione e questi più vasti compiti vengono confermati. Il Padiglione Centrale, dopo una prima trasformazione, rivestita la facciata nel 1932, viene denominato Padiglione Italia in linea con l’indirizzo politico del regime che voleva fare della Biennale uno strumento di intensa diplomazia culturale prima e poi di nazionalistica pretesa egemonica02.

01 — Crf. Un excursus sulla Biennale Arte 1895-2019 in Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia 1895-2019, La Biennale di Venezia, Venezia 2019 02 — Crf. Diplomazia culturale, cit.

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DAGLI ANNI SETTANTA ALLA RIFORMA DEL 1998 Alla fine degli anni Sessanta si discusse una riforma statutaria in parte realizzata nel 1973 (la legge 26/7/1973 n. 438), salutata come una grande conquista ma che tale non si rivelerà nei fatti. Con essa si allargano gli organi di rappresentanza, immettendovi rappresentanze amministrative provenienti dal governo e dall’amministrazione dello stato (come era da tempo) e rappresentanze politiche provenienti da organi elettivi dagli enti locali, nonché di rappresentanti sindacali. Il Consiglio direttivo risulta così composto di 18 membri03. Incertezze e mancanza di continuità portano alla richiesta di una nuova riforma e nel 1998 il Decreto legislativo 29 gennaio 1998 n.19 trasforma La Biennale di Venezia da ente pubblico del parastato in ente pubblico governato dal diritto privato, dotato di grande autonomia, un organismo imprenditoriale con contratti di lavoro privato (contratti collettivi del settore commercio). Al vertice un presidente e un Consiglio di amministrazione formato da soli 5 membri. Un successivo intervento sullo statuto (Decreto legislativo 8 gennaio 2004 n. 1) conferma la riforma cambiando la denominazione da “Società di cultura” in “Fondazione” La Biennale di Venezia. A seguito della riforma del 1998 sono da subito adottati due nuovi indirizzi: l’esposizione sarebbe stata costituita da una singola mostra a carattere internazionale e realizzata da un singolo curatore, affiancata dai padiglioni dei paesi partecipanti; La Biennale si sarebbe attrezzata con nuovi spazi per ospitare la “sua” mostra e nuovi Paesi non dotati di padiglioni propri. Sul piano delle strutture si dota in via permanente di due vasti spazi espositivi, il primo costituito dal Padiglione Centrale a pareti bianche, arricchito negli anni di diversi servizi al pubblico e della Biblioteca dell’ASAC, il secondo dagli spazi monumentali dell’Arsenale, un luogo espositivo di speciale architettura anch’esso dotato di importanti spazi dedicati ai servizi e alle attività della Biennale College. Nel nuovo ordinamento, tra i padiglioni ospitati all’Arsenale, emerge il nuovo Padiglione Italia, destinato ad accogliere la partecipazione italiana curata dal MiBACT.

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Crf. Gli anni Settanta, lo statuto del 1973, cit.

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The statutes of La Biennale di Venezia Debora Rossi

ORIGINS La Biennale was founded in 1893 as a local public institution with the mission of organising international art exhibitions, which from the very start were meant to be recurring. The first International Art Exhibition of the City of Venice was held in 1895. The secretary general kept up contacts with delegates from participating countries to ensure a unified approach and overall artistic direction, providing the president with a suggested list of artists and works to be exhibited, including those to be shown in the “regional halls” (featuring Italian art) and “foreign halls” (with art from other nations). The exhibition was divided into two parts, as Paolo Baratta highlighted in his introduction to the yearbook that retraces the history of Biennale Arte: “the dualism between the exhibition of invited artists and the showcase of work accepted by the jury was a feature of La Biennale’s life for many years, effectively until 1956”01. Together with the subsequent creation of a sales office (which remained operational until 1968, before being turned into a “sales service” and then removed definitively in 1973), this aspect made for the clear primacy of Italian artists and was among the factors that determined the significant influence of artist unions in the life of La Biennale. The art exhibition was held in the Central Pavilion, called Pro Arte. Starting in 1907, for many years, national pavilions were built in the Giardini by participating countries. In 1928 the historical archive called Istituto Storico d’Arte Contemporanea and later (after 1930) as Archivio Storico delle Arti Contemporanee – ASAC was created here. In 1930, with Royal Decree Law no. 33 of 13 January 1930, La Biennale was turned into a state-controlled body. Rather than a straightforward organisation set up to hold art exhibitions, it became an institution with a vast array of duties: in 1930 the music department was established and in 1932 the first Venice Film Festival was held, soon followed by the Theatre Festival in 1934. With a further reform of the statute in 1938 (Royal Decree Law no. 1517 of 21/07/38), this new dimension and wider responsibilities were confirmed. After an earlier transformation, the Central Pavilion’s facade was redone in 1932 and it was renamed Padiglione Italia, in keeping with the political ideology of a regime whose aim was to make the Biennale first a tool of intense cultural diplomacy, and then of nationalist aspirations to hegemony02. ENG

01 — See Un excursus sulla Biennale Arte 1895-2019 in Esposizione Internazionale d’Arte La Biennale di Venezia 1895-2019, La Biennale di Venezia, Venezia 2019 02 — See Diplomazia culturale, cit.

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FROM THE 1970S TO THE 1998 REFORM A reform to the statute was debated in the late 1960s and partially enacted in 1973 (Law no. 438 of 26/7/1973); though welcomed as a great step forward, it did not ultimately turn out to be such. The change expanded its representative organs, adding administrative representatives from the government and the management (which had been state-run for some time) and political representatives from elected local bodies, as well as trade union representatives. The board of directors thus came to be made up of eighteen members03. Uncertainties and a lack of continuity led to demands for further reform and, in 1998, Legislative Decree no. 19 of 29 January 1998 transformed La Biennale di Venezia from a state-controlled public body into one that was public yet governed by private law, with a great deal of autonomy, a corporate structure, and private-sector employment contracts (the standard collective agreements used in commerce). It was headed by a president and a board of directors made up of just five members. A further amendment to the statute (Legislative Decree no. 1 of 8 January 2004) confirmed this reform, changing the organisation’s name from “Società di Cultura La Biennale di Venezia” to “Fondazione La Biennale di Venezia”. Following on from the 1998 reform two further policies were adopted: the event was to consist of a single international exhibition overseen by a sole curator, flanked by the pavilions of the various participating countries; it was also to be equipped with new spaces for its “own” exhibition and for new countries that did not have pavilions. Structurally speaking, it was to have two vast permanent spaces. The first would be the white-walled Central Pavilion, supplemented over the years by various public services and the ASAC library; the second would be the historic Arsenale, an exhibition structure with unique architecture that would also include important spaces for the Biennale College services and activities. As part of the new layout, a new Padiglione Italia was built in the midst of the Arsenale pavilions, to host the Italian projects curated by MiBACT.

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See Gli anni Settanta, lo statuto del 1973, cit.

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1932-39 La Mostra del Cinema


1932-39 La Mostra del Cinema Giuseppe Ghigi

FIG. 01 —

(pagina precedente/previous page) Olympia di/by Leni Riefenstahl, 1938 FIG. 02 — Un gruppo di giovani osserva i cartelloni pubblicitari dei film in concorso, 1938 • A group of young people observe the advertising posters of the films in competition, 1938

ITA 1932: la prima Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica della Biennale di Venezia nasce per ben precise ragioni. Negli anni Venti, Giuseppe Volpi Conte di Misurata (1877-1947), ministro delle Finanze di Mussolini e presidente della Biennale, e Vittorio Cini, potente industriale, disegnano il piano di sviluppo per una Venezia non più opus perfectum, ma suddivisa in aree di distinto sviluppo economico: il Lido come spiaggia à la page, a Marghera le attività industriali e il centro storico monumentale come attrattiva turistica. Con il crollo di Wall Street del 1929, il turismo langue e gli alberghi, tra cui l’Excelsior di proprietà di Volpi, necessitano di rilancio. In poche settimane, Antonio Maraini, segretario generale della Biennale di Venezia e stretto collaboratore di Achille Starace, assieme a Luciano De Feo, direttore dell’Istituto internazionale per la cinematografia educativa, danno avvio al primo festival cinematografico della storia sulla terrazza mare dell’Hotel Excelsior.

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Il regime fascista non ha ancora un vero piano per il cinema e considera il Festival niente più che una manifestazione mondano-balneare. Il Duce, nonostante le pressioni, non vuole essere annoverato nel comitato d’onore, né concede l’alto patrocinio e la prima Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica è in gran parte finanziata dalla Compagnia italiana grandi alberghi di proprietà di Volpi. La Mostra resterà per poco tempo terra di nessuno: ben presto si avvia un processo di progressiva fascistizzazione. Già dal 1935 cominciano ad arrivare i gerarchi in orbace, i ministri del regime e si attribuiscono le medaglie dell’Associazione nazionale fascista, le coppe Mussolini. Nel 1934, Adolf Hitler visita la XIX Esposizione Internazionale d’Arte, ma lascia a Joseph Goebbels, ministro della Propaganda del Terzo Reich, che sbarca al Lido nel 1936, di occuparsi delle stelline del cinema. Goebbels tornerà alla Mostra gli anni a seguire, tanto da far diventare la manifestazione veneziana uno dei luoghi dove si cementa l’Asse Roma-Berlino. A vincere la Coppa Mussolini sono, non a caso, film filogovernativi come Lo squadrone bianco di Augusto Genina (1936), Der Kaiser von Kalifornien di Luis Trenker (1936), Scipione l’Africano di Carmine Gallone (1937), Olympia di Leni Riefenstahl (1938), Luciano Serra pilota (1938) e Abuna Messias (1939) di Goffredo Alessandrini. Al di là del regime, delle coppe Mussolini assegnate ai film italo-tedeschi, che provocheranno nel 1939 l’assenza di film americani, e al di là dei discorsi ufficiali del ministro Dino Alfieri, i direttori del Festival, Luciano De Feo e Attilio Fontana (1932-34) e Ottavio Croze (1935-1942), riescono a portare a Venezia film quali The Man I Killed / Broken Lullaby di Ernst Lubitsch (1934), Putëvka va žizn’ (1934) di Nikolaj Ekk, Man of Aran di Robert J. Flaherty (1934), The Informer di John Ford (1935), La Grande Illusion di Jean Renoir (1937), The Edge of the World di Michael Powell (1937), Quai des brumes di Marcel Carné (1938).

1932-39 The Film Festival Giuseppe Ghigi

1932 marked the first Venice International Film Festival, which was established for very clear reasons. In the 1920s La Biennale President Giuseppe Volpi Conte di Misurata (1877-1947), who was Mussolini’s finance minister, and Vittorio Cini, a powerful captain of industry, drew up a development plan for Venice. It was no longer to be a perfect whole, but divided up into distinct economic development districts: the Lido as the fashionable beach, Marghera as the industrial hub, and the historic centre as the tourist attraction. After the Wall Street Crash of 1929, tourism languished and Venice’s hotels, including Volpi’s own Excelsior, needed a boost. In the space of a few weeks, Antonio Maraini, secretary general of La Biennale di Venezia and a close confidant of the prominent Fascist Achille

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— Manifesto della 4. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, Astolfo De Maria, 1936 • Poster for the 4th Venice International Film Festival, Astolfo De Maria, 1936

FIG. 03

FIG. 04, 05 —

Olympia di/by Leni Riefenstahl, 1938

Starace, together with Luciano De Feo, director of the Istituto Internazionale per la Cinematografia Educativa (International Institute for Educational Cinematography), launched the first film festival in history on Hotel Excelsior’s seafront terrace. The Fascist regime still had no full-blown plan for the cinema and thought of the festival just as a seaside social event. The Duce resisted attempts to persuade him to join the event’s honorary committee or grant it official patronage, and the first Venice International Film Festival was largely funded by Volpi’s own hotel company, Compagnia Italiana Grandi Alberghi. The event did not remain a no-man’s-land for long, however, and was gradually brought into the Fascist fold. As early as 1935 the uniformed Fascist leaders began to arrive and “Coppa Mussolini” awards were handed out by the Associazione Nazionale Fascista (National Fascist Association). In 1934, Adolf Hitler visited the 19th International Art Exhibition, but left the film starlets to Joseph Goebbels, the Third Reich’s propaganda minister, who came to the Lido in 1936. Goebbels attended the Festival every year, making it one of the key events that strengthened the alliance between Rome and Berlin. It was clearly no coincidence that the “Mussolini Cup” was won by pro-regime films such as Augusto Genina’s Lo squadrone bianco (1936), Luis Trenker’s Der Kaiser von Kalifornien (1936), Carmine Gallone’s Scipione l’Africano (1937), Leni Riefenstahl’s Olympia (1938), and Goffredo Alessandrini’s Luciano Serra pilota (1938) and Abuna Messias (1939). Despite the regime’s favouritism towards Italian and German films, which in 1939 kept the Americans from attending, and despite the official speeches by Minister Dino Alfieri, festival directors Luciano De Feo and Attilio Fontana (1932-34) and Ottavio Croze (19351942) managed to bring films such as Ernst Lubitsch’s The Man I Killed / Broken Lullaby (1932), Nikolai Ekk’s Putyovka v zhizn (1932), Robert J. Flaherty’s Man of Aran (1934), John Ford’s The Informer (1935), Jean Renoir’s La Grande Illusion (1937), Michael Powell’s The Edge of the World (1937) and Marcel Carné’s Quai des brumes (1938) to the Festival.

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FIG. 06 → 10 — Olympia di/by Leni Riefenstahl, 1938

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Esterno notte del Palazzo del Cinema, 1937 • Exterior of the Palazzo del Cinema at night, 1937

— Il Re Vittorio Emanuele III con Giuseppe Volpi di Misurata • King Vittorio Emanuele III with Giuseppe Volpi di Misurata

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FIG. 13 — (pagina precedente/ previous page) Der Kaiser von Kalifornien di/by Luis Trenker, 1936 FIG. 14 — Queen Christina di/by Rouben Mamoulian, 1934 FIG. 15 — The Private Life of Don Juan di/by Alexander Korda, 1934 FIG. 16 — Dr. Jekyll and Mr. Hyde di/by Rouben Mamoulian, 1932 FIG. 17 — Anna Karenina

di/by Clarence Brown, 1935 FIG. 18 — Scrooge di/by Henry Edwards, 1936 16

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1928-45 La Biennale durante il fascismo


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FIG. 02 — Manifesto per la Quindicesima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, 1926 • Poster for the Fifteenth International Art Exhibition of the City of Venice, 1926

ITA Il 1° marzo 1927 La Biennale di Venezia nomina un nuovo segretario generale, lo scultore e critico d’arte fiorentino Antonio Maraini, che succede a Vittorio Pica, che aveva supervisionato le edizioni del Dopoguerra (1920, 1922, 1924, 1926). Maraini si fa aiutare nell’organizzazione da alcuni influenti amici come Ugo Ojetti, Margherita Sarfatti e Marcello Piacentini. La buona conoscenza che Maraini ha della situazione artistica italiana gli permette di portare alla ribalta artisti come Massimo Campigli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Virgilio Guidi, Tullio Garbari, Pio Semeghini, Gino Severini, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Alberto Tosi, Lorenzo Viani, Arturo Martini, Marino Marini e Giorgio Morandi. Dal punto di vista internazionale si vedono, spesso per la prima volta in Italia, le opere di importanti artisti come Georges Rouault, Édouard Vuillard, Suzanne Valadon, Maurice de Vlaminck, Marc Chagall, Max Beckmann, Otto Dix, Emil Nolde, Paul Klee e Piet Mondrian. Il 4 novembre 1928 si chiude la XVI Esposizione Internazionale d’Arte: il bilancio della prima Biennale di Maraini è molto positivo, grazie alla notevole affluenza del pubblico e l’ottima reazione della critica. Nel 1928 Maraini inaugura a Palazzo Ducale l’Istituto Storico d’Arte Contemporanea (l’Archivio della Biennale), gesto che trasforma La Biennale di Venezia da mero ente organizzatore di mostre a istituto di cultura con più funzioni. Questa evoluzione è parte di un piano più vasto del governo fascista per la creazione d’importanti organismi culturali, quali l’Istituto per l’Enciclopedia Italiana, la Reale Accademia d’Italia e l’Istituto Nazionale Fascista di Cultura, piano che testimonia la propensione del fascismo a vedere nelle arti uno strumento di propaganda politica. Il 13 gennaio 1930 La Biennale diventa ente autonomo e la dicitura della mostra cambia da Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia a Esposizione Internazionale d’Arte Contemporanea. Il Comitato direttivo si riduce a soli cinque membri, comprensivi del presidente e del segretario generale. La figura del presidente non coincide più con quella del sindaco, al posto del quale viene nominato l’industriale veneziano Giuseppe Volpi Conte di Misurata, ex Ministro delle finanze del Governo Mussolini. Dal 1930 La Biennale è un organismo pienamente fascista. Maraini ha anche l’ambizione di rendere Venezia un centro internazionale artistico, “una Ginevra delle Arti”01. Per questo da un lato invita nuovi Paesi a costruire padiglioni nazionali ai Giardini, come per esempio gli Stati Uniti nel 1930; dall’altro cerca un’apertura e un riconoscimento dell’arte italiana a livello internazionale, promuovendo numerose

— Manifesto della 16. Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, 1928 • Poster for the 16th International Art Exhibition of the City of Venice, 1928

01 —M. De Sabbata, Tra diplomazia e arte: le Biennali di Antonio Maraini (1928-1942), Udine 2006, pp. 28-33

Vittorio Pajusco

— (pagina precedente) Futuristi italiani, Padiglione Centrale, 1930 • (previous page) Italian Futurists, Central Pavilion, 1930

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mostre all’estero. In questi stessi anni Maraini costituisce altri tre settori della Biennale con le rispettive manifestazioni: il Festival di Musica Contemporanea nel 1930, l’Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica nel 1932, e il Festival del Teatro nel 1934.

1928-45 La Biennale during fascism Vittorio Pajusco

ENG On 1 March 1927 La Biennale di Venezia appointed a new secretary general, the Florentine sculptor and art critic Antonio Maraini, to replace Vittorio Pica, who had overseen the postwar editions (1920, 1922, 1924 and 1926). Maraini asked various influential friends – Ugo Ojetti, Margherita Sarfatti and Marcello Piacentini – to assist him in organising the exhibition. Maraini’s familiarity with the Italian artistic milieu enabled him to bring artists such as Massimo Campigli, Carlo Carrà, Felice Casorati, Virgilio Guidi, Tullio Garbari, Pio Semeghini, Gino Severini, Mario Sironi, Ardengo Soffici, Alberto Tosi, Lorenzo Viani, Arturo Martini, Marino Marini and Giorgio Morandi into the limelight. Internationally speaking, important artists such as Georges Rouault, Édouard Vuillard, Suzanne

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— Lettera di Antonio Maraini a Giuseppe Volpi Conte di Misurata, 6 gennaio 1931 • Letter from Antonio Maraini to Giuseppe Volpi Conte di Misurata, 6 January 1931

FIG. 04

— Catalogo - approvazione di Benito Mussolini, 1938 • Catalogue - Benito Mussolini’s approval, 1938

FIG. 05

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Valadon, Maurice de Vlaminck, Marc Chagall, Max Beckmann, Otto Dix, Emil Nolde, Paul Klee and Piet Mondrian were shown at the Biennale, many for the first time. Maraini’s first edition, the 16th International Art Exhibition, closed on 4 November 1928 as an overall success, given the significant attendance and excellent critical response. In 1928 Maraini inaugurated the Istituto Storico d’Arte Contemporanea (La Biennale’s archives) at the Palazzo Ducale, transforming La Biennale di Venezia from a straightforward exhibition organiser to a cultural institution with many functions. This was part of a wider Fascist government plan for creating major cultural institutions, such as the Istituto per l’Enciclopedia Italiana (Institute for the Italian Encyclopedia), Reale Accademia d’Italia (Royal Italian Academy) and Istituto Nazionale Fascista di Cultura (National Fascist Institute of Culture), and showed the Fascist propensity to view the arts as a political propaganda tool. On 13 January 1930 the Biennale was made independent and its name was changed from the “International Art Exhibition of the City of Venice” to the “International Contemporary Art Exhibition”. Its board was reduced to just five members, including the president and a secretary general. The president was no longer to be Venice’s mayor, and the Venetian industrialist Giuseppe Volpi, Count of Misurata and a former finance minister in the Mussolini government, was appointed instead. From 1930 onwards the Biennale was a fully Fascist organisation. Maraini’s ambition was to make Venice an international art centre, a “Geneva of the arts”01. To this end he invited new nations to build national pavilions in the Giardini, as the United States did in 1930. On the other hand, he worked to increase acceptance and recognition of Italian art internationally, promoting a great many exhibitions abroad. In these same years, Maraini added three Departments to La Biennale – music, cinema and theatre – each with their own events: the Festival of Contemporary Music in 1930, the Venice Film Festival in 1932, and the Theatre Festival in 1934.

01 —M. De Sabbata, Tra diplomazia e arte: le Biennali di Antonio Maraini (1928-1942), Udine 2006, pp. 28-33

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FIG. 06 — (pagina precedente) Sala 23, Padiglione Centrale, 1928 • (previous page) Room 23, Central Pavilion, 1928

— Sala della cupola riprogettata da Gio Ponti, Padiglione Centrale, 1928 • Room of the dome redesigned by Gio Ponti, Central Pavilion, 1928

FIG. 07

FIG. 08 — Catalogo della 18. Esposizione Internazionale d’Arte, pianta del Padiglione Centrale, 1932 • Catalogue of the 18th International Art Exhibition, plan of the Central Pavilion, 1932

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FIG. 09 — Lettera del podestà di Venezia Pietro

Orsi a Giorgio de Chirico, 7 gennaio 1928 • Letter from the Major of Venice Pietro Orsi to Giorgio de Chirico, 7 January 1928 FIG. 10 — Pope’s attack on modern art. The banned

Venice exhibition. Clergy admonished to stay away, Daily Telegraph, 13 maggio/May 1930

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FIG. 11 — Sala 32, Mostra personale di Arturo Martini, Padiglione Centrale, 1932 • Room 32, Arturo Martini’s personal exhibition, Central Pavilion, 1932

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FIG. 12 — (pagina precedente) Padiglione Centrale, Sala in cui è visibile la mostra retrospettiva di Giovanni Boldini, 1932 • (previous page) Giovanni Boldini’s retrospective exhibition, Central Pavilion, 1932 FIG. 13 — Facciata del padiglione Germania, 1934 • The facade of the German pavilion, 1934 FIG. 14 — Telegramma di Antonio Maraini a Benito Mussolini, 18 giugno 1934 • Telegram from Antonio Maraini to Benito Mussolini, 18 June 1934 FIG. 15 — Facciata del padiglione Germania, 1938 • The facade of the German pavilion, 1938 FIG. 16 — Sala del concorso per l’affresco e per le statue, Padiglione Centrale, 1936 • Competition room for the frescos and the statues, Central Pavilion, 1936

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— Adolf Hitler visita la 19. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1934 • Adolf Hitler visits the 19th International Art Exhibition, 1934

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FIG. 18 — Benito Mussolini alla 19. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1934 • Benito Mussolini at the 19th International Art Exhibition, 1934 FIG. 19 — Piazza San Marco durante il discorso del Duce, 1934 • Piazza San Marco during the Duce’s speech, 1934

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FIG. 20 — (pagina precedente/previous page) Salone dei concorsi, Padiglione Centrale, 1938

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— Corrado Forlin, Bersaglieri all’assalto, 1942. Olio su tavola, 46×60 cm • Corrado Forlin, Bersaglieri all’assalto, 1942. Oil on panel, 46×60 cm

FIG. 21

FIG. 22 — Joseph Goebbels visita la 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte con Alessandro Pavolini e Antonio Maraini, 1942 • Joseph Goebbels visits the 23rd International Art Exhibition with Alessandro Pavolini and Antonio Maraini, 1942

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— (pagina precedente) 1. Festival Internazionale del Teatro, Campo San Trovaso, il pubblico presente a Il Mercante di Venezia di Max Reinhardt, 1934 • (previous page) 1st International Theatre Festival, Campo San Trovaso, the audience present at The Merchant of Venice by Max Reinhardt, 1934

FIG. 23

— La vivissima attesa per la rappresentazione del capolavoro shakespeariano in Campo San Trovaso, Gazzetta di Venezia, 17 luglio/July 1934

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FIG. 25 → 27 — Il Mercante di Venezia di/by Max Reinhardt, 1934 25

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FIG. 28 — Volantino dei prezzi, abbonamenti

e singoli concerti del 3. Festival Internazionale di Musica, 1934 • Leaflet with the subscriptions and individual concert prices of the 3rd International Festival of Contemporary Music, 1934 FIG. 29 — Il Festival di Venezia ed i ‘musicisti di sinistra’ colà invitati da Casella, Gazzettino, 1 luglio/July 1937 29

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FIG. 30, 32 — Una Favola di Andersen, Jia Ruskaja, 1934 • An Andersen Fairytale, Jia Ruskaja, 1934 FIG. 31 — Lettera di Antonio Maraini ad Adriano Lualdi, 25 ottobre 1933 • Letter from Antonio Maraini to Adriano Lualdi, 25 October 1933

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FIG. 33 → 35 — La nuova pittura futurista, relazione di Filippo Tommaso Marinetti, 1930 • La nuova pittura futurista, report by Filippo Tommaso Marinetti, 1930

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FIG. 36 — Re Vittorio Emanuele III visita la 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1942 • King Vittorio Emanuele III visits the 23rd International Art Exhibition, 1942

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FIG. 37 — Giovanni Chetoffi, Bombardamento aereo, 1942. Olio su tela, 91×100 cm • Giovanni Chetoffi, Bombardamento aereo, 1942. Oil on canvas, 91×100 cm

— Mostra del Futurismo italiano, Fortunato Depero, 1926

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— 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1942. Il padiglione degli Stati Uniti utilizzato per esporre le opere selezionate dal Ministero della Marina • 23rd International Art Exhibition, 1942. The United States pavilion houses the works selected by the Ministry of the Navy

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— 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1942. Il Padiglione della Gran Bretagna utilizzato dal Regio Esercito • 23rd International Art Exhibition, 1942. The Great Britain pavilion houses the Royal Army pavilion

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FIG. 42 — I padiglioni delle Forze armate,

Roma = Napoli, 11 agosto/August 1942, Alfredo Schettini FIG. 43 — Lettera di Antonio Maraini

all’Ambasciata di Germania, 30 settembre 1941 • Letter from Antonio Maraini to the Embassy of Germany, 30 September 1941

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FIG. 44 — Convenzione tra l’Ente Autonomo

La Biennale di Venezia e la Società Cines per la concessione di immobili siti in Venezia nel recinto dell’Esposizione Internazionale d’Arte e nell’isola di Sant’Elena, 25 agosto 1944 • Convention between the Ente Autonomo La Biennale di Venezia and the Società Cines for the concession of properties located in Venice in the enclosure of the International Art Exhibition and on the island of Sant’Elena, 25 August 1944

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FIG. 45 — Convenzione tra l’Ente Autonomo La Biennale di Venezia e l’Istituto Nazionale Luce per la concessione di immobili siti in Venezia nel recinto dell’Esposizione Internazionale d’Arte e nell’isola di Sant’Elena, 6 aprile 1945 • Convention between the Ente Autonomo La Biennale di Venezia and the Istituto Nazionale Luce for the concession of properties located in Venice in the enclosure of the International Art Exhibition and on the island of Sant’Elena, 6 April 1945

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FIG. 46 — Mappa dello stato di occupazione dei Padiglioni ai Giardini della Biennale, 1944 • Map of the state of occupation of the Pavilions at the Giardini della Biennale, 1944

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FIG. 47 — Il Ministro della cultura popolare Alessandro Pavolini in arrivo a Venezia, 1942 • The Minister of Popular Culture Alessandro Pavolini arrives in Venice, 1942

— Joseph Goebbels in arrivo a Venezia, 1942 • Joseph Goebbels arrives in Venice, 1942

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FIG. 49 — Proiezione per le Forze armate, 1942 • Screening for the Armed Forces, 1942

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Il segretario generale Antonio Maraini

ITA Antonio Maraini (1886-1963) comincia presto a intrecciare la sua storia con quella delle mostre veneziane. Nel 1924 viene celebrato come scultore ai Giardini della Biennale con una sala personale composta da ben quarantotto opere; la sua presentazione è introdotta in catalogo da Lionello Venturi. Dall’altra parte, come critico d’arte, scrive stabilmente su periodici come Domus, Dedalo, La Ronda, L’Illustrazione italiana e The Studio. Nel 1926 viene nominato consigliere della Biennale su suggerimento dello scrittore e politico veneziano Pompeo Gherardo Molmenti e poi nel 1927 gli viene proposto l’incarico di segretario generale. Maraini si mette subito a lavorare: nel luglio del 1927 il segretario scrive una relazione al presidente (il podestà Pietro Orsi), in cui, da una parte insiste sulla necessità di mantenere temporaneo il suo impegno per La Biennale, da limitarsi cioè a un solo anno, dall’altra però mette l’accento sul progetto di continuità che vorrebbe dare alla stessa Biennale. Nel 1929, il nuovo podestà di Venezia Ettore Zorzi contesta fin da subito Maraini, incolpandolo in particolare del disavanzo delle casse comunali di circa un milione e centomila lire dovuto ai lavori di riassetto degli edifici dell’Esposizione. Maraini per contrastare questa opposizione cerca sostenitori a Roma; il 2 febbraio 1929 arriva alla segreteria del Duce un dispaccio che recita: “Maraini, fascista di recentissima data, risulta di condotta morale e politica ineccepibile”01. Il posto di segretario generale della Biennale è così confermato. Dal 1930, con l’autonomia dell’ente e la presidenza di Giuseppe Volpi di Misurata, l’ente veneziano viene riconosciuto per legge come la prima esposizione dello Stato italiano. Oltre alle mostre di arti decorative, che dal 1927 si erano trasferite da Monza a Milano (le Triennali), a Roma si stava pensando a una mostra nazionale di arte contemporanea che sarebbe stata la grande rivale della Biennale, la Quadriennale. Maraini riesce a regola-

01 —V. Pajusco, Antonio Maraini e l’Istituto Storico d’Arte Contemporanea (1928-1944) in Saggi e Memorie di Storia dell’arte, 38 (2014), 2016, pp. 135-151 (142)

re dall’interno queste istituzioni concorrenti anche grazie al nuovo incarico di presidente del Sindacato Nazionale fascista delle Belle Arti, ufficializzato nel 1932. Nella primavera del 1929 Maraini è coinvolto nella prima mostra della Biennale all’estero: una rassegna a Nizza del Novecento italiano, il movimento artistico creato da Margherita Sarfatti. Il 1932 è un altro anno di svolta nella vita della Biennale, ormai fulcro promotore di innumerevoli attività. Oltre alla realizzazione della XVIII Esposizione Internazionale d’Arte la novità più grande sarà l’inaugurazione del Padiglione Venezia, dedicato alle Arti Decorative. Negli stessi mesi La Biennale realizza il Primo Congresso Internazionale d’Arte Contemporanea, il Primo Convegno di Poesia e il Premio del Gondoliere vinto da Giuseppe Ungaretti. VP

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La Biennale Arte, 1927-1932 FIG. 02 → 11

Il primo passo di Maraini per il rinnovamento della Biennale è quello di avvalersi di architetti, i quali sono così per la prima volta chiamati, accanto a pittori e scultori, a essere presenti nella mostra per ristrutturare e riallestire il Palazzo dell’Esposizione. Il segretario affida a Gio Ponti la realizzazione della moderna cupola rotonda per coprire gli affreschi di Galileo Chini; a Marcello Piacentini il riallestimento dell’ambiente principale, il Salone delle Feste; a Brenno Del Giudice la creazione di una terrazza/caffè, con affaccio sul canale di Sant’Elena. Maraini inoltre pensa al Palazzo dell’Esposizione come sede di una serie di mostre curate ognuna da differenti critici d’arte: la mostra dell’arte del teatro viene affidata a Margherita Sarfatti, la mostra della pittura italiana dell’Ottocento a Ugo Ojetti, infine, la mostra della Scuola di Parigi a René Paresce. L’attenzione di Maraini verso gli allestimenti lo porta a riservare, per la prima volta nella storia della Biennale, alcuni ambienti all’arte decorativa. La copertura della decorazione di stampo liberty, che dal 1909 abbelliva la sala ottagonale del Palazzo dell’Esposizione, avviene senza avvisare l’artista interessato Galileo Chini che scoprirà il fatto soltanto alla fine dell’Esposizione della Biennale di quell’anno (1928) minacciando di fare causa alla Biennale. An-

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che il manifesto ufficiale dell’Esposizione doveva evidenziare la differenza tra la nuova concezione di Maraini e quella precedente di Vittorio Pica. Se si confrontano i due manifesti, quello ideato nel 1926 da Brenno Del Giudice e quello del 1928 del futurista Giulio Rosso, si nota subito il trattamento radicalmente diverso riservato allo stesso soggetto: il Palazzo Ducale. Mentre il primo rappresenta l’edificio in maniera bidimensionale con complicate cornici dorate, di stampo fortemente decorativo, il secondo sembra proiettare il vecchio Palazzo dei Dogi nel futuro usando una ardita visione prospettica che lo rende solido e geometrizzato, colorando il tutto con toni vivaci. Sembra che a separare le due immagini sia trascorsa un’epoca. Nel 1932 l’architetto Duilio Torres viene incaricato di rinnovare la facciata del Palazzo dell’Esposizione: impiegando quattro semplici colonne la rende decisamente più razionale. Sopra il cornicione viene inserita per la prima volta la scritta ITALIA tra due rilievi quadrangolari dello scultore Tony Lucarda che rappresentano il leone marciano e l’aquila imperiale romana. VP

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La Biennale Arte, 1934-1938 FIG. 05, 12 → 20

Sono questi gli anni in cui Mussolini, Hitler, Goebbels e il Re visitano la Biennale, a indicare come fosse un importante palcoscenico per nuove alleanze tra l’Italia e il mondo. Nel giugno 1934 Hitler è a Venezia per incontrare per la prima volta Mussolini. Scende in aereo al Lido, il Duce lo va a salutare. Volpi e Maraini prelevano il cancelliere tedesco e lo portano subito ai Giardini a visitare la Biennale. Gli viene offerta in dono una veduta lagunare di Fioravante Seibezzi che il Führer rifiuta aggiungendo “Non rende Venezia…per me”. Si ferma poi a osservare un dipinto: Barche di Memo Vagaggini, un pittore toscano realista. Maraini fa notare a Volpi l’interesse del Cancelliere e dice: “Ghe lo regalo mi”. Hitler accetta accennando un sorriso. Sono poche le opere apprezzate dal Führer, che si sofferma e loda un quadro della scultrice sovietica Vera Mukhina, una Contadina “grossa ed espressiva” e il dipinto di Édouard Manet La signora dai ventagli del 1874. Del padiglione della sua Germania non apprezza né le opere né l’edificio e aggiunge “io di pittura

Le muse inquiete


non m’intendo. Per capire di pittura bisogna fare confronti. Non so farli. Io m’intendo d’architettura. L’architettura mi piace”02. Nel 1937, a Monaco di Baviera, il Führer inaugura la mostra dell’Entartete Kunst (l’Arte degenerata) mettendo al bando ogni espressione di arte moderna. Adolf Ziegler, pittore neorinascimentale, che aveva organizzato la mostra dell’Arte degenerata, viene nominato presidente della Camera delle Belle Arti del Reich e commissario per la partecipazione tedesca a Venezia. Prima dell’arrivo di Hitler in Italia nel 1938 il padiglione tedesco era stato modificato in stile neogreco dall’architetto Ernst Haiger, rendendolo più geometrico e razionalista. Permane sopra alla porta d’ingresso il simbolo della Germania nazista, l’aquila appoggiata alla svastica. VP

Garzia Fioresi, “La Marcia”, 1940 Garzia Fioresi, pseudonimo di Alfredo Grandi, nasce a Vigevano in provincia di Pavia il 3 giugno 1888; nel 1902 si trasferisce con la famiglia a Bologna dove frequenta l’Accademia di Belle Arti. Le sue opere sono ammesse a importanti esposizioni italiane come le Secessioni romane, i premi Francesco Francia di Bologna, le Biennali e le Quadriennali di Roma. Alla Biennale di Venezia è quasi sempre presente dal 1912 al 1942. Nell’edizione del 1940 vengono selezionati quindici dipinti e un cartone per mosaico realizzato dalla ditta Gianese di Venezia. Il pannello mosaicato esposto in una piccola sala di passaggio del Palazzo Centrale della Biennale viene titolato erroneamente in catalogo La Marcia su Roma, in realtà in altri documenti appare semplicemente come La Marcia. L’immagine infatti rappresenta una parata fascista in chiave allegorica. Il Duce a cavallo, in vesti militari, apre la strada a un gruppo di persone formato da soldati, camicie nere, donne e contadini. Chiude il corteo un bambino nudo, simbolo di purezza. Nel cielo seguono la scena delle vittorie alate. In uno è riportato il numero romano XVII che indica l’anno fascista di realizzazione del cartone preparatorio, tra fine 1938 e inizio 1939. L’artista aveva espe-

—U. Ojetti, I taccuini 1914-1943, Firenze 1954, pp. 437-438

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rienza anche nell’arte del mosaico: nel 1935 realizza infatti un grande pannello (10 × 7 metri) per la facciata della nuova stazione ferroviaria di Reggio Emilia, sul tema della ‘proclamazione del tricolore’, opera andata distrutta durante la Seconda guerra mondiale. VP

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La Biennale Arte, 1940-1942 FIG. 21, 22

Nonostante la difficile situazione internazionale nel maggio del 1940, meno di un mese prima della dichiarazione di guerra, la Biennale Arte apre i battenti per la sua XXII edizione. L’Istituzione si presenta con uno statuto rinnovato che prevede un nuovo Consiglio di amministrazione affiancato a un comitato esecutivo e tre sottocommissioni rispettivamente per l’arte figurativa, cinematografica, drammatica e musicale. Il controllo fascista sull’istituzione è totale. L’ammissione alla Mostra avviene per invito diretto o partecipando a concorsi per realizzare, per esempio, affreschi o bassorilievi su temi fascisti. In questi anni la Mostra favorisce tendenze anti-avanguardiste che prediligono armonia, tradizione e concordia, illustrate in temi classici come la maternità, il lavoro e la famiglia, ma che risultano in un’offerta artistica all’insegna della mediocrità di gusto ottocentesco. La preparazione della Biennale del 1942 è ancora più difficoltosa: l’Italia è in guerra e l’Istituzione veneziana non ha né personale né risorse per lavorare. L’isolamento culturale dell’Italia porta a delle edizioni vacue dove si contano più le assenze dei Paesi stranieri che le loro presenze. Emblematico di questo periodo l’articolo di Gio Ponti che tuona dalla rivista Stile in maniera diretta contro Maraini titolando: L’arte italiana è superiore a quale appare alla Biennale di Venezia. Maraini ormai è sotto accusa da più parti anche se non si arrende ancora e infatti dalla documentazione traspare la grande attività legata alla preparazione dell’Esposizione Internazionale d’Arte del 1944, mai realizzata. Nel 1943 il suo potere diminuisce: viene sollevato dalla Presidenza del Sindacato fascista degli artisti e nel 1944 sarà lui stesso a mettere a disposizione del Ministro dell’Educazione Nazionale la propria carica di segretario generale della Biennale, finendo una carriera sfolgorante di dominatore assoluto della vita artistica italiana nel Ventennio. VP

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Corrado Forlin, “Bersaglieri all’assalto”, 1942 FIG. 21

Corrado Forlin nasce a Monselice il primo maggio 1912. Dopo la leva obbligatoria trascorsa a Firenze riempiendosi gli occhi dell’arte del Rinascimento, torna nella sua città in provincia di Padova. Frequenta una scuola serale di disegno e poi la folgorazione: “mi venne tra le mani un libro di Marinetti, L’alcova d’acciaio. Leggevo questo libro mangiando, per non perdere tempo. I miei famigliari credevano che stessi impazzendo perché ridevo mi agitavo e applaudivo entusiasta”03. Il rapporto del giovane Forlin con il suo idolo Marinetti comincia probabilmente nelle sale della Biennale di Venezia del 1936, quando a Marinetti viene concesso il padiglione dell’Unione Sovietica per realizzare la nuova mostra futurista. Il 31 ottobre dello stesso anno si inaugura la prima mostra del gruppo futurista a Monselice; Forlin espone tre dipinti e una scultura tra cui i ritratti di D’Annunzio e Marinetti intitolati Il poeta di fuoco e Il poeta d’acciaio. Marinetti arriverà nella cittadina padovana il 17 dicembre. Tra 1938 e 1942 Forlin è invitato a più edizioni dell’Esposizione d’Arte. Nel 1942 espone quattro dipinti: Ardentismo della Battaglia del Grano, Ardentismo di Bersagliere all’imbarco, Ardentismo di Bersagliere in sogno, Ardentismo di Bersagliere all’assalto. In Bersagliere all’assalto il punto di vista è quello del soldato che segue i propri compagni che vanno alla guerra. Le figure, seppur in movimento, sono ben definite; interessante l’uso dei due colori complementari, il verde e il rosso, per far risaltare le figure dei militari su un fondo che sembra infuocato. Nell’autunno del 1942 Corrado Forlin parte volontario per la Russia dove troverà la morte tra il dicembre 1942 e l’inizio del 1943. Il suo corpo non sarà più ritrovato. VP

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Max Reinhardt, “Il mercante di Venezia”, 1934 FIG. 23 → 27

Max Reinhardt, con il suo allestimento de Il mercante di Venezia, è tra coloro che, di fatto, inaugurano nel 1934 il primo Festival Internaziona-

—A. Cibin, Corrado Forlin e il Gruppo futurista Savarè, Trento 2012, p. 62

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le del Teatro. Considerato uno dei più grandi registi di ogni tempo, precursore dello storico passaggio dalla maschera al personaggio, Reinhardt, nel 1933, era stato costretto a lasciare Berlino a seguito delle imposizioni del regime nazional-socialista, rifugiandosi prima a Salisburgo e poi negli Stati Uniti, dove muore nel 1943. Noto anche come cineasta, dedica gran parte del suo operato all’arte teatrale che ritiene immortale in quanto immediata e irripetibile, capace di creare un contatto tra attore e spettatore che egli stesso definisce “unione mistica”. Fondatore del Berliner Volksbühne, in origine il teatro proletario berlinese, è più volte censurato per gli allestimenti di opere di Frank Wedekind e Arthur Schnitzler. La decisione di ospitare Reinhardt alla Biennale segna fin da subito la vocazione all’internazionalità cui è destinato il Festival del Teatro, in un contesto storico in cui l’arte della scena sta diventando parte integrante e imprescindibile della cultura italiana. Autore visionario, capace di creare scene che attingono al mondo del fantastico, Max Reinhardt è riuscito a sconfiggere artisticamente l’antisemitismo giungendo persino a vincere, nel 1936, con la pellicola Sogno di una notte di mezza estate, due premi Oscar per la fotografia e per il montaggio e una nomination come Miglior film. Dopo varie ricognizioni a Venezia, Max Reinhardt sceglie di mettere in scena in campo San Trovaso Il mercante di Venezia, nella versione tradotta da Paola Ojetti, per un totale di quattro repliche. Il cast, quasi interamente italiano, era composto da Memo Benassi nella parte del ricco usuraio ebreo Shylock che in questa interpretazione registica trova giustificazione al suo operato nel disprezzo con cui è trattato dai veneziani. Una lettura dell’opera che, per l’epoca, risulta del tutto innovativa. Tuttavia, come in larga parte del teatro di Reinhardt, a prevalere è la coralità piuttosto che la singola interpretazione. FB

02B La ‘musica degenerata’ FIG. 28, 29

Il regime di Adolf Hitler, al potere in Germania dal 1933 al 1945, bolla tutte le forme artistiche ritenute contrarie alle concezioni naziste come ‘arte degenerata’ (entartete Kunst).

In questo contesto politico l’etichetta ‘musica degenerata’ (entartete Musik) è impiegata per condannare forme espressive considerate corrotte o decadenti. Tra queste, naturalmente, vi sono innanzitutto le musiche di compositori ebrei come Felix Mendelssohn, Giacomo Meyerbeer e Gustav Mahler e quelle di gran parte degli autori contemporanei impegnati nella ricerca e nella sperimentazione di nuovi linguaggi (come, per esempio, la dodecafonia). Le motivazioni per condannare una musica come ‘degenerata’ non sono soltanto estetiche – il fatto cioè che la musica in questione faccia riferimento a modelli e stilemi non tradizionali – ma anche razziali e ideologiche: in quest’epoca infatti molti dei compositori di punta sono ebrei, come Arnold Schönberg, oppure ebrei e anche comunisti, come Kurt Weill. Nella programmazione del Festival Internazionale di Musica nel corso degli anni Trenta si colgono spunti di notevole interesse: sino al 1938 (l’anno della visita di Hitler a Roma e dell’inizio dell’avvicinamento a Mussolini) la programmazione accoglie con una certa regolarità nel Teatro Goldoni le composizioni di importanti esponenti della ‘musica degenerata’ come Arnold Schönberg, Alban Berg, Ernst Krenek, Paul Hindemith, Igor Stravinskij, Béla Bartók. CF

Ernst Krenek, “Cefalo e Procri”, 1934 Il III Festival Internazionale di Musica del 1934 si tiene nel periodo di maggior tensione tra l’Italia di Mussolini e la Germania di Hitler, intenzionato a realizzare l’annessione dell’Austria (il 25 luglio 1934 era stato assassinato a Vienna il cancelliere Engelbert Dollfuss). È lo stesso Mussolini a premere affinché si affidi una commissione di rilievo a un compositore austriaco e Alfredo Casella, membro del Comitato esecutivo del Festival, sceglie Ernst Krenek (1900-1991), autore per ironia della sorte dell’opera Der Diktator (1928) ispirata proprio a Mussolini. Cefalo e Procri, su libretto italiano di Rinaldo Küfferle, impiega un linguaggio dodecafonico ed è rappresentata al Teatro Goldoni insieme ad altre due opere da camera, rispettivamente di Vittorio Rieti e Antonio Veretti. CF

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Béla Bartók, “Musica per archi, percussioni e celesta”, 1937 Partitura capitale del Novecento storico, la Musica per archi, percussioni e celesta (1936) è commissionata a Béla Bartók (1881-1945) da Paul Sacher. Articolata in quattro movimenti, la composizione costituisce l’esempio emblematico di uno stile modernista raffinatissimo in cui si coniugano sperimentazione timbrica e studio ricreativo della musica popolare ma anche senso classico della forma. In un concerto del Festival del 1937 diretto da Fernando Previtali (19071985) al Teatro Goldoni, la Musica per archi, percussioni e celesta è eseguita in prima esecuzione italiana insieme con un altro pezzo destinato a entrare stabilmente nel repertorio del Novecento, la suite sinfonica dalle musiche per il film Il tenente Kijé (1934) di Sergej Prokof’ev. CF

Igor Stravinskij, “Jeu de cartes”, 1937 Balletto “in tre mani” ispirato a una partita a poker e dominato dalla figura diabolica del Jolly Joker, il balletto Jeu de cartes di Igor Stravinskij è rappresentato per la prima volta a New York il 27 aprile 1937 con la coreografia di George Balanchine. La versione orchestrale della partitura, che denota un’invenzione scintillante e una fattura virtuosistica nel segno del neoclassicismo (vi abbondano citazioni e deformazioni da Čajkovskij, Rossini, Johann Strauss e da danze della Belle Époque), è eseguita in prima assoluta nel corso del Festival il 12 settembre 1937 con vivo successo di pubblico, in una serata tutta dedicata a prime esecuzioni dirette dagli stessi autori e che comprende anche pezzi, tra gli altri, di Gian Francesco Malipiero e Darius Milhaud. CF

Paul Hindemith, “Nobilissima visione”, 1938 Tra il 1933 e il 1935 la composizione dell’opera Mathis der Maler (Zurigo, 1938) segna il distacco di Paul Hindemith dal Modernismo in favore di un recupero dei valori della tradizione (linearità melodica, artigianato contrappuntistico, armonia tonale) e al contem-

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po, in modo paradossale, la sua emarginazione e condanna da parte del regime nazista che nel 1940 lo costringe a emigrare negli Stati Uniti. Il balletto Nobilissima visione, ispirato alla vita di San Francesco d’Assisi, è rappresentato a Londra il 21 luglio 1938. Dal balletto Paul Hindemith trae una suite orchestrale, eseguita sotto la sua direzione in prima assoluta il 13 settembre 1938 nell’ambito del VI Festival Internazionale di Musica Contemporanea al Teatro La Fenice. CF

02C Jia Ruskaja, “Una Favola di Andersen”, 1934 FIG. 30 → 32

Nel 1934, nell’anno in cui Mussolini e Hitler si incontrano per la prima volta a Stra, in provincia di Venezia, il 12 giugno, si presenta al Teatro Goldoni il balletto Una Favola di Andersen, ovvero La Piccola fiammiferaia, su partitura di Antonio Veretti, opera sostenuta da Antonio Maraini che caldeggia al responsabile del Settore Musica, il mussoliniano Adriano Lualdi, l’inserimento della danza nel programma della Biennale. L’artefice della coreografia è Jia Ruskaja, “io sono russa” (Eugenia Fedorovna Borisenko) nata nel 1902 in Crimea e scomparsa nel 1970 a Roma. Arrivata in Italia all’inizio degli anni Venti, la Ruskaja, danzatrice libera influenzata dai principi del pedagogo svizzero Émile Jaques-Dalcroze (1865-1950), che a Hellerau, accanto allo scenografo innovatore Adolphe Appia, diffondeva l’Euritmica (metodo per sentire la musica attraverso il movimento), si fa notare nel milieu artistico-intellettuale romano come interprete delle Pantomime Futuriste al Teatro degli Indipendenti di Anton Giulio Bragaglia. Moglie di Aldo Borrelli, direttore del Corriere della Sera, ottiene la cittadinanza italiana nel 1935. Coreografa degli spettacoli classici all’aperto dell’Istituto Italiano del Dramma Antico a Siracusa, oltre che alla Villa Reale di Monza, al Licinium di Erba e al Palatino, la Ruskaja diviene responsabile della danza moderna presso la Scuola di ballo della Scala di Milano, lavorando sul rapporto corpo-mente-emozione e ispirandosi alla grande arte italiana del passato. Si inserisce nei progetti culturali del regime fascista, dirigendo dal 1940 la Regia Scuola di Danza femminile, oggi Accademia Nazionale di Danza. EGV

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Il Futurismo alla Biennale, 1926-1942 FIG. 01, 33 → 39

Nei primi anni Venti la partecipazione italiana alla Biennale Arte risente dell’influenza di Margherita Sarfatti e del suo movimento Novecento italiano. Quando l’ascendente della scrittrice veneziana su Mussolini si allenta, Filippo Tommaso Marinetti ripropone il Futurismo, in particolare nella accezione eroica dell’Aeropittura, come arte del regime. Nel 1923 già si possono vedere opere futuriste a Venezia: al Lido infatti viene proposta una mostra di pittura e scenografia di Enrico Prampolini. All’inaugurazione della XIV Esposizione Internazionale d’Arte nel 1924, alla presenza del Re e del ministro Gentile, Marinetti, assieme ad altri fedelissimi, inscena una rumorosa protesta per la mancata presenza del movimento futurista alla rassegna: viene di conseguenza arrestato per alcune ore. Il problema dell’assenza dei futuristi alla Biennale Arte era dovuto anche al ferreo divieto di Marinetti di presentarsi alle selezioni della giuria individualmente. Lui solo doveva essere il selezionatore degli artisti e il movimento doveva essere unito. Nel 1924 Gerardo Dottori infrange il divieto esponendo un dipinto alla Biennale di quell’anno. A fine luglio del 1925 Marinetti scrive alla segretaria della Biennale e pretende la partecipazione futurista alla mostra dell’anno seguente. Marinetti vuole cinque sale e soprattutto una mostra di gruppo, con opere scelte esclusivamente da lui. Per raggiungere il suo scopo deve scrivere alla sua vecchia amica Margherita Sarfatti che gli fa ottenere due sale del Padiglione Centrale e la possibilità che gli artisti vengano invitati direttamente senza passare dalla giuria. Alla fine, data l’inaspettata rinuncia dell’Unione Sovietica a partecipare alla XV Esposizione Internazionale d’Arte del 1926, il padiglione URSS viene concesso a Marinetti che presenta 60 opere tra dipinti, sculture e arte decorativa; Fortunato Depero e Enrico Prampolini sono gli artisti più rappresentati. Tra il 1928 e il 1942 i futuristi saranno sempre presenti alla Biennale. In queste edizioni si nota una crescente influenza di Marinetti: dal 1928, quando ottiene solo la stanza più piccola e di difficile accesso del Palazzo dell’Esposizione (sala 39) alle edizioni suc-

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cessive, in cui gli spazi e la visibilità del movimento aumentano, anche a dimostrazione delle notevoli doti diplomatiche del poeta. Nel 1936 gli viene accordato nuovamente il padiglione URSS e nel 1942 quello del Belgio. VP

Ivan Ketoff, “Bombardamento aereo”, 1942 FIG. 37

Ivan Ketoff (o Ketov) nasce a Roma da genitori russi nel 1916. Frequenta corsi di scenografia ed entra presto in contatto con il Futurismo grazie ad Anton Giulio Bragaglia ed Enrico Prampolini. Espone alla Prima Mostra Nazionale Futurista del 1933 allestita a Roma nel palazzo del Sindacato Ingegneri in Piazza Adriana. Nel 1938 consegue il brevetto di pilota e comincia a realizzare dipinti sul tema del volo, partecipando anche a mostre con il gruppo degli Aeropittori. Italianizza il suo nome in Giovanni Chetofi (o Chetoffi) ed è presente alle Biennali del 1938 e 1940 con due opere ciascuna: Volo rasente e Volando sulla foce alla prima edizione, Cromatismo aerei e Dimenticando la terra alla seconda. Alla Biennale Arte del 1942 selezionano otto suoi dipinti di cui sei per il Padiglione della Regia Aereonautica (“Caccia” tutto fare, Combattimento aereo, Alessandria, Picchiatelli, Mitragliamento di Iraklion, Attaccano i paracadutisti) e due per il Padiglione del Futurismo: Aerosintesi dell’Egeo e Bombardamento aereo. Quest’ultimo rappresenta quello che vedeva l’aviatore durante una spedizione aerea: il paesaggio di campagna è scandito dalle linee bianche delle strade e dalle geometrie dei campi coltivati che sfumano nei toni del giallo e del verde. Al centro della composizione l’obiettivo militare, un gruppo di edifici, viene colpito dalle bombe che scoppiando formano delle nuvole bianche nel cielo. VP

04A I padiglioni nazionali ai Giardini, 1940-1942 FIG. 40 → 43

Nelle due edizioni della Biennale Arte svoltesi durante la guerra, la geografia all’interno del perimetro dei Giardini di Castello viene sconvolta. Nel 1940 la partecipazione della Francia è venuta a mancare all’ultimo momento, e si decide quindi di occupare l’edificio con le

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opere inviate per il Concorso del Ritratto in pittura e scultura. Insieme alla Francia, a tre settimane dall’inaugurazione, si sono ritirate la Gran Bretagna e la Danimarca. Ancora prima non avevano aderito all’Esposizione l’Austria, la Polonia e l’Unione Sovietica; i padiglioni di tutti questi Paesi così rimarranno chiusi. Nel 1942 la situazione politica implica scelte drastiche nella gestione della Mostra per evitare, come nell’edizione precedente, di trovarsi con i padiglioni serrati. Gli unici Paesi stranieri invitati perché “non nemici o non a questi asserviti”04 sono Germania, Bulgaria, Croazia, Danimarca, Romania, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera e Ungheria. Il Giappone e la Finlandia, nonostante invitati alla Mostra, per ragioni tecniche non riescono a inviare le opere a Venezia. La XXIII Esposizione Biennale Internazionale d’Arte del 1942 è la prima mostra dell’ente veneziano fatta in pieno conflitto mondiale; durante la Grande Guerra infatti la Biennale era stata interrotta, ma ora per volere del Duce le attività culturali devono continuare. Nei padiglioni dei Paesi nemici trovano posto, a parte quello del Belgio destinato ai futuristi, le opere ammesse ai concorsi dedicati alla guerra “in terra e in mare, in cielo, o alla vita del tempo fascista”05. Vista la scarsità di opere all’altezza della mostra, la giuria decide di ammettere anche i lavori “che manifestassero in genere una sufficiente dignità”06 nel padiglione della Grecia. Nei padiglioni della Gran Bretagna, della Francia e degli Stati Uniti vengono esposte le opere più importanti selezionate dai Ministeri della Guerra, dell’Aeronautica e della Marina. VP

04B I padiglioni nazionali ai Giardini, 1943-1945 FIG. 44 → 46

L’8 settembre 1943 Cinecittà chiude i battenti e con la costituzione della repubblica di Salò l’Istituto Luce, l’Enic, la Cines e la Scalera Film, oltre al Ministero della Cultura popolare, si trasferiscono a Venezia. Ferdinando Mez-

04 —A. Maraini, Introduzione in XXIIIa Esposizione Biennale internazionale d’arte, II ediz. Venezia 1942, pp. 27-34 (28) 05 —Ivi, p. 31 06 —Ivi, p. 32

zasoma, il nuovo ministro, concorda con i tedeschi di spostare il centro della cinematografia italiana da Roma a Venezia sia perché città ‘difficilmente bombardabile’, sia perché si vorrebbero requisire gli stabilimenti cinematografici della Scalera alla Giudecca, quasi ultimati. Traslocati in parte i materiali tecnici, bisogna convincere al trasferimento al Nord gli attori, le maestranze e gli amministratori, anche se persiste il problema per nulla secondario dei teatri di posa. Eliminata la possibilità di usare gli stabilimenti della Scalera alla Giudecca per la netta opposizione della casa cinematografica che mette subito in lavorazione Senza famiglia di Giorgio Ferroni, il presidente di Cinecittà, Luigi Freddi, ripiega sui padiglioni ai Giardini della Biennale facilmente adattabili alle esigenze di una produzione cinematografica. La Biennale cerca in un primo tempo di opporre resistenza alle richieste dei due ministri e poi cede anche per l’impossibilità di organizzare l’Esposizione Internazionale d’Arte l’anno seguente. Antonio Maraini l’11 gennaio 1944 può dunque scrivere a Freddi: “II destino ha voluto che la Biennale e il cinema stringessero sempre più intimi legami. Oggi saranno i suoi saloni e i padiglioni ad ospitarlo. Ne sono lieto... sugli schermi invece di Cinecittà si leggerà Cinebiennale!”. Il 21 febbraio del 1944 si batte ai Giardini il primo ciak di Fatto di cronaca di Piero Ballerini a cui seguono pochi altri film: nel 1944 Peccatori di Flavio Calzavara, Ogni giorno è domenica di Mario Baffico, La buona fortuna di Fernando Cerchio; nel 1945 Trent’anni di servizio di Mario Baffico. La Liberazione conclude l’avventura del Cinebiennale. GG

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ra e Ungheria (nel 1941 e nel 1942 si aggiungeranno Argentina, Spagna, Danimarca, Finlandia e Norvegia). “Venezia appariva veramente irreale”, scrive Antonioni. Il tono è minore rispetto alle edizioni precedenti: tra l’Hotel Danieli e Ca’ Giustinian s’incontrano il ministro Alessandro Pavolini, Luigi Freddi, la coppia Luisa Ferida e Osvaldo Valenti, Vittorio De Sica e la diva del Terzo Reich Brigitte Horney e la boema Lìda Baarová. Si offrono anche spettacoli per le Forze armate e la platea è una sfilata di gerarchi. Goebbels, nonostante il conflitto, non rinuncia alla passerella veneziana imponendo discorsi ufficiali sul cinema della Nuova Europa che verrà. Sugli schermi incombono il famigerato Jud Süss di Veit Harlan (1940), la propaganda filo franchista di L’assedio dell’Alcazar di Augusto Genina (1940) e anticomunista di Noi vivi di Goffredo Alessandrini (1942). Mino Doletti, direttore di Film quotidiano, scriveva che “mentre nelle trincee si combatte” a Venezia si “combatte la battaglia dei premi”, ma è un ‘conflitto’ per modo di dire perché le coppe Mussolini, decise dal conte Volpi e dai delegati delle nazioni rappresentate, andranno equamente a un film italiano e a un film tedesco (L’assedio dell’Alcazar di Augusto Genina e Der Postmeister di Gustav Ucicky nel 1940, La corona di Ferro di Alessandro Blasetti e Ohm Krüger di Hans Steinhoff nel 1941, Bengasi di Augusto Genina e Der grosse Koenig di Veit Harlan nel 1942). Caduto il fascismo, la Mostra non si terrà, ma già nell’ottobre del 1943 il fantasma della Repubblica sociale italiana pensa di ricostruire a Venezia le macerie di Cinecittà. GG

La trincea del cinema, 1940-1942 FIG. 47 → 49

Nel 1940, il Palazzo del Cinema al Lido è requisito dalle Forze armate e l’VIII Mostra si svolge nel centro storico, nei cinema San Marco e Rossini. A quella che è definita “Settimana cinematografica italo-germanica” partecipano, seguendo il criterio nazionale adottato anche per l’organizzazione delle esposizioni di arti visive, solo paesi cobelligeranti con l’Asse o neutrali: Boemia, Germania, Italia, Romania, Svezia, Svizze-

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Le muse inquiete


01

Secretary General Antonio Maraini

ENG Antonio Maraini (1886-1963) began interweaving his own history with that of La Biennale di Venezia early on. In 1924 his sculptures were showcased at the Giardini with a solo room holding forty-eight works. They were presented in the catalogue by Lionello Venturi. On the other hand, as an art critic he contributed regularly to periodicals such as Domus, Dedalo, La Ronda, L’Illustrazione italiana and The Studio. In 1926 he was appointed to the board of La Biennale at the recommendation of Venetian writer and politician Pompeo Gherardo Molmenti and then, in 1927, was offered the post of secretary general. He set to work right away: in July 1927 he wrote a report to the president (mayor Pietro Orsi) in which, on one hand, he insisted on the need to keep his Biennale work temporary – i.e. limited to one year – whilst on the other he highlighted the continuity he saw as important for the institution. In 1929 Venice’s new mayor Ettore Zorzi immediately took issue with Maraini, blaming him, in particular, for a municipal budget deficit of around 1,100,000 lire due to renovation work on the exhibition buildings. To defend himself from this criticism, Maraini sought support in Rome, and on 2 February 1929 a message reached Mussolini’s office: “Maraini, who very recently joined the Fascist Party, would appear to be a man of irreproachable moral and political conduct.”01 His appointment as La Biennale’s secretary general was thus confirmed. From 1930 onwards, with its institutional independence and Giuseppe Volpi di Misurata’s presidency, it was legally recognised as Italy’s primary state exhibition. In addition to the decorative arts exhibitions which had been transferred from Monza to Milan in 1927 (the Triennale), a national contemporary art exhibition was being planned for Rome which was to have been the Biennale’s great rival, the Quadriennale. Maraini succeeded in controlling these rival institutions from within, thanks to his new appointment as president of the Sindac-

01 —V. Pajusco, Antonio Maraini e l’Istituto Storico d’Arte Contemporanea (1928-1944) in Saggi e Memorie di Storia dell’arte, 38 (2014), 2016, pp. 135-151 (142)

ato Nazionale Fascista delle Belle Arti (National Fascist Union of the Fine Arts), officialised in 1932. In the spring of 1929 Maraini took part in the first Biennale exhibition abroad, a showcase in Nice of the “Novecento Italiano” movement promoted by Margherita Sarfatti. 1932 was another watershed in the life of the Biennale, which was now the linchpin for organising a great many activities. In addition to the 18th International Art Exhibition the biggest news was the inauguration of the Venice Pavilion for the applied arts. In these same months the Biennale hosted its First International Congress of Contemporary Art, held its first poetry conference, and introduced the Premio del Gondoliere prize, won by Giuseppe Ungaretti. VP

01A

The Biennale Arte, 1927-1932 FIG. 02 → 11

Maraini’s first step in his modernisation plans for La Biennale was to summon architects – whose work was thus featured for the first time alongside that of painters and sculptors – to renovate and redesign the Palazzo dell’Esposizione. The secretary commissioned Gio Ponti to build the modern dome over Galileo Chini’s frescoes; Marcello Piacentini to modernise the main space, the Salone delle Feste; and Brenno Del Giudice to add a terrace coffee bar overlooking the Sant’Elena canal. Maraini also came up with the idea of using the Palazzo dell’Esposizione to house a series of exhibitions, each of them curated by a different art critic: the theatre arts exhibition was entrusted to Margherita Sarfatti, the nineteenth-century Italian painting exhibition to Ugo Ojetti, and the School of Paris exhibition to René Paresce. Maraini’s attention to exhibition design led him to set aside certain rooms for the decorative arts, for the first time in La Biennale’s history. The roofing over of the Art Nouveau frescoes that had decorated the octagonal Palazzo dell’Esposizione since 1909 began without notifying the artist concerned, Galileo Chini, who only found out at the end of that year’s Biennale (1928) and threatened to sue the institution. The official exhibition poster was also designed to highlight the difference between Maraini’s new conception and that of his predecessor Vittorio Pica. Comparing

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the 1926 poster designed by Brenno Del Giudice with the 1928 poster designed by Futurist Giulio Rosso, one immediately notes a radically different treatment of the same subject: the Palazzo Ducale. While the former depicts the building in a two-dimensional image surrounded by a very ornate gilded frame, the latter seems to project the Doge’s Palace into the future with bold perspective that creates a solid, geometric vision, tinged with bright colours. It gives the impression that a whole new era has been ushered in. In 1932 the architect Duilio Torres was commissioned to modernise the Palazzo dell’Esposizione facade, using four simple columns to give it a markedly rational look. Above the cornice, for the first time, the word ITALIA was added between two square blocks by sculptor Tony Lucarda, portraying St Mark’s lion and the eagle of imperial Rome. VP

01B

The Biennale Arte, 1934-1938 FIG. 05, 12 → 20

These are the years in which Mussolini, Hitler, Goebbels, and the King of Italy all visited the Biennale, demonstrating its importance as a stage for new Italian alliances with the world. In June 1934 Hitler came to Venice to meet Mussolini for the first time. His flight landed on the Lido, where the Duce was waiting. Volpi and Maraini picked up the German chancellor and took him to the Giardini to visit the Biennale right away. He was offered a painting with a lagoon view by Fioravante Seibezzi which he refused, saying “It doesn’t do justice to Venice... for me”. He then paused to look at another work: Barche (Boats) by Memo Vagaggini, a Tuscan realist. Maraini pointed out the chancellor’s interest in it to Volpi, saying – in Venetian dialect – “I’ll give it to him myself”. Hitler accepted with the hint of a smile. The Führer admired very few of the artworks, though he stopped to praise a “large and expressive” peasant woman by Soviet sculptor Vera Mukhina, and Édouard Manet’s 1874 painting La dame aux éventails (Woman with Fans). He admired neither his German pavilion building nor the work inside, commenting: “I don’t know much about painting. To understand painting one must make comparisons. I can’t do that. I know ar-

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chitecture. I like architecture.”02 In 1937, in Munich, the Führer presented an Entartete Kunst (Degenerate Art) exhibition, and banned all modern art. Adolf Ziegler, the neo-Renaissance painter who had organised the Degenerate Art Exhibition, was appointed president of the Reich Chamber of Fine Arts and commissar for German participation in Venice. Prior to Hitler’s arrival in Italy in 1938 the German pavilion had been remodelled in neo-Greek style by architect Ernst Haiger, creating a geometric, rationalist building. Above the entrance was the symbol of Nazi Germany, an eagle on a swastika. VP

Garzia Fioresi, “The March”, 1940 Garzia Fioresi was the pseudonym of Alfredo Grandi, born in Vigevano, near Pavia, on 3 June 1888. In 1902 he moved with his family to Bologna, where he studied at the Accademia di Belle Arti. His work was accepted at important Italian exhibitions such as those of the Secessione Romana, the Premio Francesco Francia in Bologna, and the Biennale and Quadriennale in Rome. He was an almost constant fixture at La Biennale di Venezia from 1912 to 1942. For the 1940 edition, fifteen of his paintings were selected, along with a cartoon for a mosaic made by the Gianese firm in Venice. The mosaic panel exhibited in a small connecting gallery of the Central Pavilion was incorrectly titled La Marcia su Roma (The March on Rome) in the catalogue when, in other documents, it appears simply as La Marcia. The image is an allegorical depiction of a Fascist parade. The Duce is on horseback in military attire, leading a group made up of soldiers, Blackshirts, women and peasants. A naked child brings up the rear as a symbol of purity. Winged figures of victory watch the scene from the sky. The roman numeral XVII indicates the Fascist calendar year that the cartoon was painted – late 1938 to early 1939. The artist also had experience with the art of mosaic itself: in 1935 he made a large panel (10 × 7 metres) for the facade of the new Reggio Emilia railway station de-

picting the “proclamation of the tricolour flag”, a work which was destroyed during World War Two. VP

01C

The Biennale Arte, 1940-1942 FIG. 21, 22

Despite the challenging international situation in May 1940, when the war in Europe had been raging since autumn and Italy was poised to enter it a month later, the Biennale Arte opened its doors for the 22nd edition. With a revised statute setting up a new board alongside an executive council and three subcommittees for the figurative, cinematic, dramatic and musical arts respectively, Fascist control was now total. Artists were chosen by direct invitation or through competitions for works such as frescoes and bas-reliefs on Fascist themes. In these years the exhibition featured currents that ran counter to the avant-garde, favouring harmony, tradition and balance and classic themes such as motherhood, work and family, which resulted in a showcase of mediocre art in a nineteenth-century style. Preparations for the 1942 Biennale were even more challenging: Italy was at war and the Venetian institution had neither staff nor resources to work with. Italy’s cultural isolation led to vacuous editions where the absence of international participation was more visible than its presence. This period seems summed up by the title of an article by Gio Ponti in Stile magazine that railed directly against Maraini: “Italian Art Is Superior to How It Appears in La Biennale di Venezia”. Maraini was now under attack from many sides but not yet ready to give up, as one sees from his busy preparations for the never-to-be-held 1944 exhibition. In 1943 his power declined and he was replaced as president of the Sindacato Fascista degli Artisti; the following year he presented the Ministry of National Education with his resignation from La Biennale, bringing to an end a dazzling career of absolute dominance over artistic life during Fascism. VP

Corrado Forlin, “Bersaglieri Attacking”, 1942

of Renaissance art, he returned to his hometown near Padua, studied drawing at night school, and then had a revelation: “I picked up a book by Marinetti, L’alcova d’acciaio. I read it even while eating, so as not to waste time. My family thought I was going mad as I laughed, squirmed, and applauded in excitement.”03 The relationship between the young Forlin and his idol Marinetti was probably forged in the halls of the 1936 Biennale, when Marinetti was granted use of the Soviet pavilion for his new Futurist exhibition. On 31 October that same year, the first Futurist group exhibition was held in Monselice. Forlin exhibited three paintings and a sculpture, including portraits of D’Annunzio and Marinetti titled Il poeta di fuoco (The Poet of Fire) and Il poeta d’acciaio (The Poet of Steel). Marinetti came to the provincial town on 17 December. From 1938 to 1942 Forlin was invited to take part in many editions of the Art Exhibition. In 1942 he exhibited four paintings with Fascist and military themes: Ardentismo della Battaglia del Grano, Ardentismo di Bersagliere all’imbarco, Ardentismo di Bersagliere in sogno, Ardentismo di Bersagliere all’assalto. In Bersagliere all’assalto (Bersaglieri Attacking) the perspective is that of a soldier following other troops into battle. Despite being shown in movement, the figures are well-defined, and Forlin uses complementary colours – green and red – in an interesting way to make them stand out against a blazing background. In the autumn of 1942 Corrado Forlin volunteered for combat in Russia, where he died sometime between December 1942 and the first few months of 1943. His body was never found. VP

02A Max Reinhardt, “The Merchant of Venice”, 1934 FIG. 23 → 27

With his staging of The Merchant of Venice, Max Reinhardt was among the artists who inaugurated the first International Theatre Festival in 1934. Considered one of the greatest directors of all time, a pioneer in

FIG. 21

—U. Ojetti, I taccuini 1914-1943, Firenze 1954, pp. 437-438

02

Corrado Forlin was born in Monselice on 1 May 1912. After military service in Florence, where he got his fill

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—A. Cibin, Corrado Forlin e il Gruppo futurista Savarè, Trento 2012, p. 62

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Le muse inquiete


the historic shift from plot to character, Reinhardt had been forced by Nazi policies to leave Berlin in 1932, taking refuge first in Salzburg and then in the United States, where he died in 1943. Though also known for his work in film, Reinhardt devoted most of his career to the theatre, considering live performance an immortal art whose immediacy and irreproducibility can forge a “mystic union” between actor and audience. As artistic director of the Berliner Volksbühne, founded as the theatre of working-class Berlin, he was repeatedly censured for his stagings of Frank Wedekind and Arthur Schnitzler. The decision to bring Reinhardt to the Biennale showed that the Theatre Festival took an internationalist approach right from the start, in a historical context where the dramatic arts were becoming an integral, indispensable part of Italian culture. A visionary author who drew on the world of the fantastic, Max Reinhardt overcame anti-Semitism through art, winning two Oscars in 1936 for the cinematography and editing of his film A Midsummer Night’s Dream, as well as a Best Picture nomination. After various trips to Venice, Max Reinhardt chose to stage The Merchant of Venice in Campo San Trovaso, in an Italian version translated by Paola Ojetti which ran for four performances. The almost entirely Italian cast included Memo Benassi as the wealthy Jewish moneylender Shylock, whose actions, in this directorial version, are justified by the disdain he is treated with by the Venetians. It was an entirely original reading of the work in its day. However, as in most of Reinhardt’s theatre, what prevailed was the choral effect of the whole. FB

02B “Degenerate music”

and most contemporary musicians who were experimenting with new languages (like the twelve-tone system). The reasons behind this were not only aesthetic – given the non-traditional models and styles – but racial and ideological. Many eminent composers in this period were Jewish, like Arnold Schönberg, or both Jewish and Communist, like Kurt Weill. The programmes for the International Festival of Music throughout the 1930s are interesting, however: until 1938 (the year Hitler visited Rome and he and Mussolini moved towards closer co-operation) the Teatro Goldoni calendar included the work of important exponents of “degenerate music” on a fairly regular basis, with figures such as Arnold Schönberg, Alban Berg, Ernst Krenek, Paul Hindemith, Igor Stravinsky and Béla Bartók. CF

Ernst Krenek, “Cephalus and Procris”, 1934 The 3rd International Festival of Contemporary Music was held in 1934 at a time of great tension between Mussolini’s Italy and Hitler’s Germany, since the latter was intent on annexing Austria (on 25 July 1934, Chancellor Engelbert Dollfuss had been assassinated in Vienna). Mussolini was pressing for a major commission to be entrusted to an Austrian composer and Alfredo Casella, a member of the festival’s executive board, chose Ernst Krenek (1900-1991) – ironically, the author of Der Diktator (1928), inspired by Mussolini himself. Cefalo e Procri (Cephalus and Procris), based on Rinaldo Küfferle’s Italian libretto, employed twelve-tone technique and was performed at Teatro Goldoni together with two other chamber pieces by Vittorio Rieti and Antonio Veretti respectively. CF

FIG. 28, 29

Adolf Hitler’s regime, which held power in Germany from 1933 to 1945, applied the label “degenerate art” (entartete Kunst) to all forms of art considered contrary to Nazi ideals. In this political context, the term “degenerate music” (entartete Musik) was also used to condemn forms deemed corrupt or decadent. This naturally encompassed, first and foremost, the music of Jewish composers such as Felix Mendelssohn, Giacomo Meyerbeer and Gustav Mahler,

Béla Bartók, “Music for Strings, Percussion and Celesta”, 1937 One of the most important scores of the early twentieth century, Music for Strings, Percussion and Celesta (1936) was a composition by Béla Bartók (1881-1945) commissioned by Paul Sacher. Divided into four movements, it is an emblematic example of

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a sophisticated modernist style combining tonal experimentation with echoes of folk music, but also a classical sense of form. In a concert at the 1937 Festival directed by Fernando Previtali (1907-1985) at Teatro Goldoni, Music for Strings, Percussion and Celesta was performed for the first time in Italy together with another piece destined to make twentieth-century musical history, Sergei Prokofiev’s orchestral suite based on his score for the film Poruchik Kizhe (Lieutenant Kijé, 1934). CF

Igor Stravinskij, “Jeu de cartes”, 1937 A ballet in three “deals”, inspired by a poker game and dominated by the diabolical figure of the Joker, Stravinsky’s Jeu de cartes debuted in New York on 27 April 1937 with choreography by George Balanchine. The orchestral version of the score, which shows sparkling creativity and a virtuoso Neoclassical approach (with an abundance of citations and reworkings from Tchaikovsky, Rossini, Johann Strauss, and Belle Époque dances) was performed for the first time at the festival on 12 September 1937 to great public acclaim; it was part of an evening entirely devoted to premiere performances conducted by their composers, including pieces by Gian Francesco Malipiero and Darius Milhaud. CF

Paul Hindemith, “Nobilissima visione”, 1938 From 1933 to 1935 the composition of the work Mathis der Maler (Zurich, 1938) marked the composer’s break with Modernism and return to traditional values (linear melody, carefully crafted counterpoint, tonal harmony) and, at the same time, paradoxically, his marginalisation and condemnation by the Nazi regime, which obliged him to emigrate to the United States in 1940. The ballet Nobilissima visione, inspired by the life of St Francis, was performed in London on 21 July 1938. Paul Hindemith adapted the ballet for orchestra and the work was performed for the very first time on 13 September 1938 at the 6th International Festival of Contemporary Music at Teatro La Fenice. CF

1928-45


02C Jia Ruskaja, “An Andersen Fairytale”, 1934 FIG. 30 → 32

In 1934, the year Mussolini and Hitler met for the first time in Stra, near Venice, on 12 June, the ballet Una Favola di Andersen (An Andersen Fairytale), based on “The Little Match Girl” and with a score by Antonio Veretti, was staged at Teatro Goldoni. Antonio Maraini had championed the work, urging the staunch Fascist Adriano Lualdi, head of the Music Department, to include it in the Biennale programme. The choreography was the brainchild of Jia Ruskaja (the stage name, meaning “I’m Russian”, of Evgeniya Fyodorovna Borisenko), who was born in Crimea in 1902 and died in Rome in 1970. Ruskaja, who came to Italy in the early 1920s, was a pioneer of free dance influenced by the principles of Émile Jaques-Dalcroze (1865-1950), the Swiss educator who taught “eurhythmics” (a movement-based method of music appreciation) at his school in Hellerau alongside innovative set designer Adolphe Appia. She caught the attention of the Roman artistic and intellectual milieu as a performer in Pantomime Futuriste at Anton Giulio Bragaglia’s Teatro degli Indipendenti. Having married Aldo Borrelli, editor-in-chief of the Corriere della Sera, she obtained Italian citizenship in 1935. Ruskaja choreographed outdoor ballets at the Istituto Italiano del Dramma Antico in Siracusa, as well as at the Villa Reale in Monza, the Teatro Licinium in Erba, and on the Palatine Hill, then took over as head of modern dance at La Scala’s dance school in Milan, exploring the body-mind-emotion nexus and drawing inspiration from the great Italian art of the past. She carved out a place in the Fascist regime’s cultural programmes, and in 1940 became director of the Regia Scuola di Danza Femminile, now the Accademia Nazionale di Danza. EGV

03

Futurism at the Biennale, 1926 - 1942 FIG. 01, 33 → 39

In the early 1920s Italian participation at the Biennale Arte was shaped by Margherita Sarfatti and the influence of her Novecento Italiano movement. When this Venetian writer’s hold over Mussolini faded, Filippo Tommaso

Marinetti asserted the claim of Futurism – especially its heroic Aeropittura incarnation – to become the official art of the regime. In 1923 Futurist works could already be seen in Venice: a painting and set design exhibition was held at the Lido by Enrico Prampolini. At the inauguration of the 14th International Art Exhibition in 1924, in the presence of the King and of Minister Gentile, Marinetti and his colleagues staged a noisy protest about the lack of Futurist work at the exhibition, and Marinetti was jailed for a few hours. The absence of Futurists at the Biennale Arte was however due in part to Marinetti’s unbending unwillingness to let the movement’s painters present work to the jury individually. He alone was to select artists and the movement was to remain united. In 1924 Gerardo Dottori broke this rule, exhibiting a painting at that year’s Biennale. In late July 1925 Marinetti wrote to La Biennale secretary, staking Futurism’s claim to the next edition. He wanted five rooms and, above all, a group exhibition of work he alone would select. To this end he wrote to his old friend Margherita Sarfatti, who managed to secure him two rooms in the Central Pavilion and the opportunity for artists to be directly selected by him rather than the jury. In the end, when the Soviet Union unexpectedly withdrew from the 15th International Art Exhibition in 1926, the Soviet pavilion was handed over to Marinetti: he exhibited sixty works that spanned painting, sculpture, and the applied arts, with Depero and Prampolini as the best represented artists. From 1928 to 1942 the Futurists were a constant fixture at the Biennale. One can see Marinetti’s influence grow from 1928, when he was allotted only the smallest, most out-of-the-way gallery in the Palazzo dell’Esposizione (room 39), to later editions where the movement was granted increasing space and visibility, showing this poet’s noteworthy diplomatic skills. In 1936 he was once again given the Soviet pavilion and, in 1942, Belgium’s. VP

Ivan Ketoff, “Aerial Bombardment”, 1942

Giulio Bragaglia and Enrico Prampolini. In 1933 he showed his work in the First National Futurist Exhibition, held in Rome at the Palazzo del Sindacato Ingegneri in Piazza Adriana. In 1938 he trained as a pilot and began painting flight-themed work, also taking part in exhibitions with the Aeropittura group. He Italianised his name to Giovanni Chetofi (or Chetoffi) and was in the 1938 and 1940 Biennales with two paintings at each: Volo rasente and Volando sulla foce in 1938, and Cromatismo aerei and Dimenticando la terra in 1940. At the Biennale Arte 1942, eight of his paintings were selected for the Italian Royal Air Force pavilion (“Caccia” tutto fare, Combattimento aereo, Alessandria, Picchiatelli, Mitragliamento di Iraklion, Attaccano i paracadutisti) and two for the Futurism pavilion: Aerosintesi dell’Egeo and Bombardamento aereo. This latter shows what the aviator would see during a bombing mission: the countryside is punctuated by the white lines of roads and the yellow and green geometric shapes of fields. The military objective is at the centre of the composition, a group of buildings hit by bombs which blow up to form white clouds in the sky. VP

04A The national pavilions at the Giardini, 1940-1942 FIG. 40 → 43

In the two editions of the Biennale Arte held during the war, the layout of the Giardini di Castello area was revolutionised. In 1940 France withdrew at the last minute and the decision was taken to occupy that pavilion with paintings and sculptures that had been entered in the portraiture competition. Together with France, three weeks before the opening, Great Britain and Denmark withdrew. Austria, Poland and the Soviet Union had never signed up and all these pavilions thus remained closed. In 1942 the political situation demanded drastic management choices to keep pavilions from sitting shuttered as they had the previous year. The only foreign countries invited as “neither enemy nations nor controlled by the latter”04 were Germany, Bulgaria, Croatia, Denmark,

FIG. 37

Ivan Ketoff (or Ketov) was born in Rome to Russian parents in 1916. He attended set design courses and soon came across Futurism, thanks to Anton

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04 —A. Maraini, Introduzione in XXIIIa Esposizione Biennale internazionale d’arte, II ed. Venezia 1942, pp. 27-34 (28)

Le muse inquiete


Romania, Slovakia, Spain, Sweden, Switzerland and Hungary. Japan and Finland were invited to the exhibition but technical reasons prevented them from sending work to Venice. The 23rd International Art Exhibition in 1942 was the first to be organised in the middle of a world war. During the Great War it had been suspended, but this time Mussolini wanted cultural activities to continue. The enemy nation pavilions – except Belgium’s, which was handed over to the Futurists – showcased entries in the competitions on the theme of war “on land and at sea, in the skies, or life in Fascist times.”05 Given the scarcity of work good enough for the exhibition, the jury decided to present work “showing sufficient dignity”06 in the Greek pavilion. The British, French and United States pavilions housed the most important works selected by Italy’s Ministry of War, Air Force and Navy. VP

04B The national pavilions at the Giardini, 1943-1945 FIG. 44 → 46

With the armistice and German invasion on 8 September 1943, Cinecittà closed down. As the Republic of Salò was set up, Istituto Luce, ENIC, CINES, Scalera Film and the Ministry of Popular Culture all moved to Venice. Ferdinando Mezzasoma, the new minister, agreed with the Germans that the core of the Italian film industry should be transferred from Rome to Venice, both because it was unlikely to be bombed, and because they thought they could requisition the nearly completed Scalera studios on the Giudecca Island. After transferring a portion of the technical material, the actors had to be convinced to move North, as did the skilled labour and the administrative staff. The issue of sound stages remained a significant problem as well. After ruling out the use of the Scalera buildings on the Giudecca because of determined opposition from the production house, which immediately set to work on Giorgio Ferroni’s Senza famiglia, Cinecittà president Luigi Freddi fell back on the pavilions at the Giardini della Biennale, which lent themselves well to production demands. La

05 06

—Ivi, p. 31 —Ivi, p. 32

Biennale initially resisted pressure from the two ministers but then gave in, given the impossibility of staging the International Art Exhibition the following year. On 11 January 1944 Antonio Maraini thus wrote to Freddi: “Destiny has decreed an even closer bond between the Biennale and cinema. Now even its halls and pavilions will host this art. I’m pleased... Instead of Cinecittà, the word on every screen will be Cinebiennale!” On 21 February 1944 the first scenes of Piero Ballerini’s Fatto di cronaca were shot, followed by a few other films: in 1944 Flavio Calzavara’s Peccatori, Mario Baffico’s Ogni giorno è Domenica and Fernando Cerchio’s La buona fortuna, and in 1945 Mario Baffico’s Trent’anni di servizio. The liberation of Italy brought the Cinebiennale venture to an end. GG

05

vivi (1942) were all screened. Mino Doletti, editor of Film quotidiano, wrote that while the “war is fought in the trenches,” in Venice the “war is fought over prizes.” But it was only nominally a “war”, since Count Volpi and the delegates from participating nations always divided the Coppa Mussolini awards equally between one Italian and one German movie (Augusto Genina’s L’assedio dell’Alcazar and Gustav Ucicky’s Der Postmeister in 1940, Alessandro Blasetti’s La corona di Ferro and Hans Steinhoff’s Ohm Krüger in 1941, Augusto Genina’s Bengasi and Veit Harlan’s Der grosse Koenig in 1942). When Fascism fell in the summer of 1943 the festival was suspended, but as early as October, the spectral Republic of Salò was trying to rekindle Cinecittà’s ashes in Venice. GG

Cinema goes to war, 1940-1942 FIG. 47 → 49

In 1940 the Palazzo del Cinema on the Lido had been requisitioned by the Armed Forces, so the 8th Venice International Film Festival was held in the historic centre, at the San Marco and Rossini cinemas. As with the visual arts exhibitions, only Axis allies or neutral countries were allowed to take part in what was branded the “Italo-Germanic Cinema Week”: Bohemia, Germany, Italy, Romania, Sweden, Switzerland and Hungary (in 1941 and in 1942 Argentina, Spain, Denmark, Finland and Norway added their names to the list). “Venice seemed truly unreal,” wrote Antonioni. The tone was more subdued than earlier editions: Hotel Danieli and Ca’ Giustinian were a rendezvous for Culture Minister Alessandro Pavolini, Cinecittà President Luigi Freddi, the couple Luisa Ferida and Osvaldo Valenti, Vittorio De Sica, the Third Reich diva Brigitte Horney, and the Czech star Lìda Baarová. Special screenings were offered to the Armed Forces and Fascist leaders paraded across the stage. Nor did the war prevent Goebbels from taking part in the event and imposing official speeches about the cinema of the New Europe soon to be ushered in. Veit Harlan’s infamous Jud Süss (1940), Augusto Genina’s pro-Franco propaganda film L’assedio dell’Alcazar (1940) and Goffredo Alessandrini’s Noi

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ITA Nel 1946 riprende l’attività della Biennale, guidata dal nuovo commissario Giovanni Ponti, prima con la riapertura della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica sotto la direzione di Elio Zorzi, poi con quella del Festival di Musica. Per il Settore Arti Visive bisognerà aspettare ancora qualche anno visto la necessità di completare la sistemazione dei padiglioni ai Giardini. L’Esposizione Biennale Internazionale d’Arte riapre nel 1948, con un’edizione volta alla ricostruzione, inaugurando la prima grande mostra internazionale in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, in anticipo di sette anni su Documenta, la celebre rassegna tedesca di arte contemporanea a Kassel. Il segretario generale Rodolfo Pallucchini comprende la necessità di riaggiornarsi su una serie di esperienze e linguaggi artistici precedenti che erano stati dimenticati o censurati dal fascismo. Nel 1948 si inaugura la prima mostra personale di Pablo Picasso, allora sessantasettenne, che non aveva mai esposto prima alla Biennale Arte. Nella stessa edizione arriva a Venezia anche Peggy Guggenheim, che porta la sua collezione nel padiglione greco, mostrando non solo esempi eccezionali del modernismo europeo, ma anche i nuovi talenti dell’astrattismo americano. Tra le opere di Picasso, le sale della Guggenheim, il contributo del Fronte Nuovo delle Arti nel Padiglione Italia e di molti altri artisti in mostra, si delinea in questa edizione un confronto e un dialogo tra il linguaggio dell’astrazione e quello della figurazione: è un’opposizione che può essere letta anche come una controparte delle diffe-

— (pagina precedente) Peggy Guggenheim nel padiglione greco durante l’allestimento dell’opera di Alexander Calder, Mobile, 1941, Biennale Arte 1948 • (previous page) Peggy Guggenheim during the installation of Alexander Calder’s artwork Mobile, 1941, Biennale Arte 1948

FIG. 01

FIG. 02 — Programma del 24. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, 1961 • Programme of the 24th International Festival of Contemporary Music, 1961 FIG. 03—

Manifesto per la 24. Esposizione Internazionale d’Arte, 1948, Giacinto Mondaini • Poster of the 24th International Art Exhibition, 1948, Giacinto Mondaini

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renze ideologiche dei blocchi della Guerra Fredda e che caratterizzerà molti dei dibattiti estetici e politici di quegli anni, nei quali si contrappongono realismo socialista e impegnato di impronta sovietica e astrattismo come esperanto internazionale del liberismo occidentale. Una simile tensione si manifesta anche alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica: sono gli anni in cui il cinema di Hollywood approda a Venezia e quelli in cui Luchino Visconti presenta alcuni dei suoi più grandi capolavori come La Terra Trema, Senso e Rocco e i suoi fratelli, che pure non riceveranno alcun riconoscimento importante a causa della vicinanza del regista al Partito comunista. Anche la danza – disciplina che a quell’epoca non era ancora stata istituzionalizzata in un settore specifico della Biennale ma che era inclusa nei festival di musica e teatro – accoglie le prime esperienze americane, presentando il New York City Ballet di George Balanchine. Nel 1951 la Biennale Teatro invita Bertolt Brecht ad allestire Madre Coraggio e i suoi figli, rappresentazione che viene cancellata a causa del rifiuto da parte del governo italiano del visto di ingresso a Brecht e al suo Berliner Ensemble perché provenienti dalla Germania dell’Est. Il Festival di Musica invece accoglie, tra il 1947 e il 1955, musicisti sovietici come Sergei Prokof’ev e Dmitrij Šostakovič, le cui composizioni musicali, lontane dai canoni del realismo socialista, sono spesso osteggiate in Unione Sovietica ma sono presentate a Venezia in prestigiose manifestazioni. La Biennale went back to work in 1946 under the leadership of its new commissar Giovanni Ponti, first with the reopening of the Venice Film Festival, directed by Elio Zorzi, and then with the International Festival of Music. It would be a few more years before the visual arts section reopened, given the need to finalise work on the Giardini pavilions. The International Art Exhibition reopened in 1948 with an edition focusing on reconstruction; this was Europe’s first major international exhibition after World War Two and came seven years before Documenta, the famous German contemporary art exhibition in Kassel. Secretary General Rodolfo Pallucchini grasped the need to bring the Biennale up-to-date with a series of earlier artistic languages and experiments which had been forgotten or censored under Fascism. 1948 was the year of the first solo exhibition by then 67-year-old Pablo Picasso, an artist who had never previously exhibited at the Biennale. For this same edition Peggy Guggenheim came to Venice and brought her collection to the Greek pavilion, showing not only exceptional modern art from Europe but also new American abstract artists.

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— Manifesto per Madre Coraggio e i suoi figli di Bertolt Brecht, 1961 • Poster for Madre Coraggio e i suoi figli by Bertolt Brecht, 1961

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FIG. 05 — Epilogo del Festival di Venezia Fischi al verdetto, Corriere d’informazione, 8 settembre/September 1960

With Picasso’s works, the Guggenheim exhibition, the Fronte Nuovo delle Arti’s contribution at the Padiglione Italia, and many other exhibiting artists, this edition of the Biennale highlighted the dialogue and debate between abstraction and figuration. It was a polarisation that could also be seen as a counterpart to the ideological differences between the two Cold War blocs that pervaded many of the political and aesthetic debates of those years, when the Soviet-influenced language of Socialist Realism faced off against the Western liberalist Esperanto of abstract art. A similar tension could be sensed at the film festival. This was the era when Hollywood came to Venice and Luchino Visconti presented great Neorealist masterpieces such as La Terra Trema, Senso and Rocco e i suoi fratelli, which because of the director’s Communist Party affiliation won no official recognition. Dance, too – a discipline which had not yet become its own official department of La Biennale, but was included in the music and theatre festivals – brought its first American experiments to Venice, with George Balanchine’s New York City Ballet. In 1951, Biennale Teatro invited Bertolt Brecht to stage Mutter Courage und ihre Kinder, but it was ultimately cancelled as a result of the Italian government’s refusal to grant entry visas to Brecht and his Berliner Ensemble, who were from East Germany. The music festival, on the other hand, welcomed Soviet musicians such as Sergei Prokofiev and Dmitri Shostakovich whose musical compositions were a world away from Socialist Realism canons and thus were frequently blocked in the Soviet Union, but presented in Venice at several prestigious concerts.

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FIG. 06 → 10 — Catalogo della Biennale Arte

1948, Introduzione di Rodolfo Pallucchini • Catalogue of the Biennale Arte 1948, Introduction by Rodolfo Pallucchini 10

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— Commissione per le Arti Figurative, 1948. Da sinistra: Roberto Longhi e Rodolfo Pallucchini • Visual Arts Commission, 1948. From the left: Roberto Longhi and Rodolfo Pallucchini

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— Commissione per le Arti Figurative, 1948 • Visual Arts Commission, 1948

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FIG. 13 — Umbro Apollonio e Rodolfo Pallucchini davanti all’opera di Arturo Martini, Aviatore, 1948 • Umbro Apollonio and Rodolfo Pallucchini before Arturo Martini’s artwork, Aviatore, 1948 FIG. 14 — Rodolfo Pallucchini, Umbro Apollonio e Giulio Baradel alla Mostra personale di Pablo Picasso, Padiglione Centrale, 1948 • Rodolfo Pallucchini, Umbro Apollonio and Giulio Baradel at Pablo Picasso’s personal exhibition, Central Pavilion, 1948 FIG. 15 — Pablo Picasso con Rodolfo Pallucchini e Elio Zorzi in Costa Azzurra, 1948 • Pablo Picasso with Rodolfo Pallucchini and Elio Zorzi in the French Riviera, 1948 14

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FIG. 16 — Padiglione Centrale, Mostra personale di Pablo Picasso, 1948 • Central Pavilion, Pablo Picasso’s personal exhibition, 1948

— Mostra retrospettiva di Paul Klee, 1948 • Paul Klee’s retrospective exhibition, 1948

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FIG. 18 — Padiglione Centrale, Fronte Nuovo delle Arti, 1948 • Central Pavilion, Fronte Nuovo delle Arti, 1948

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FIG. 19 — Le muse inquietanti di/by Giorgio de Chirico, 1948 FIG. 20 — De Chirico vince la causa contro la Biennale di Venezia, Corriere della Sera, 2 agosto/August 1951 FIG. 21 — Scandalo alla Biennale, Il Giornale

della Sera, 7 ottobre/October 1949, Giorgio de Chirico

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FIG. 22 — Peggy Guggenheim durante l’allestimento al padiglione greco delle opere Interno olandese II, 1928 e Donna seduta II, 1939 di Joan Miró, Biennale Arte 1948 • Peggy Guggenheim during the installation of the works Dutch Interior II, 1928 and Seated Woman II, 1939 by Joan Miró in the Greek pavilion, Biennale Arte 1948

— Lettera di Typalde Forestis a Peggy Guggenheim, 11 giugno 1948 • Letter from Typalde Forestis to Peggy Guggenheim, 11 June 1948

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FIG. 24, 26 — La collezione Peggy Guggenheim, 1948 • The Peggy Guggenheim collection, 1948

— Il Presidente Luigi Einaudi, Peggy Guggenheim e Rodolfo Pallucchini (da sinistra) all’inaugurazione della mostra Collezione Peggy Gugghenheim, Biennale Arte 1948 • President Luigi Einaudi, Peggy Guggenheim and Rodolfo Pallucchini (from the left) at the opening of the Collezione Peggy Guggenheim, Biennale Arte 1948

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FIG. 27 — Lady Macbeth di Minsk di Dmitrij Šostakovič, 1947 • Lady Macbeth of Minsk by Dmitri Shostakovich, 1947

— Renato Guttuso, bozzetto di scena per Lady Macbeth of Minsk (atto secondo - quadro primo), 1947. Tempera su carta, 39,4×58,4 cm • Renato Guttuso, scene sketch for Lady Macbeth of Minsk (second act - first scene), 1947. Tempera on paper, 39.4 × 58.4 cm

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FIG. 29 — Musica pornografica, Domus, n. 222, 1947, Riccardo Malipiero

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FIG. 30 — Nel libretto dell’‘Angelo di fiamma’

si divulgano letali errori teologici, L’Avvenire d’Italia, 14 settembre/September 1955, A. Vardánega FIG. 31, 32 — Lettera di Giorgio Strehler ad Alessandro Piovesan, 11 agosto 1955 • Letter from Giorgio Strehler to Alessandro Piovesan, 11 August 1955

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— Luciano Damiani, bozzetto di scena per L’angelo di fuoco (La casa del conte Enrico), 1955. Tempera su cartone, 34,5×50,8 cm • Luciano Damiani, scene sketch for The Fiery Angel (Count Heinrich’s house), 1955. Tempera on cardboard, 34.5×50.8 cm

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FIG. 34 — L’angelo di fuoco di Sergej Prokof’ev, 1955 • The Fiery Angel by Sergei Prokofiev, 1955

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FIG. 35 — Dolores Laga e Mario Ohn, Il mandarino

meraviglioso, Jean-Jacques Etcheverry, 1955 • Dolores Laga and Mario Ohn, The Miraculous Mandarin, Jean-Jacques Etcheverry, 1955 FIG. 36 — Jean Pierre Ponnelle, bozzetto

per il costume del ‘mandarino’, per Il mandarino meraviglioso, 1955. Tempera su carta, 30,8×22,6 cm • Jean Pierre Ponnelle, costume sketch of the ‘mandarin’ for The Miraculous Mandarin, 1955. Tempera on paper, 30.8×22.6 cm FIG. 37 — Jean Pierre Ponnelle, bozzetto per il costume del ‘nobile cavaliere’ per Il mandarino meraviglioso, 1955. Tempera su carta, 30,8×22,5 cm • Jean Pierre Ponnelle, costume sketch of the ‘noble knight’ for The Miraculous Mandarin, 1955. Tempera on paper, 30.8×22.5 cm FIG. 38 — Una mirabile danza macabra su un Festival nato morto, L’Avanti!, 19 settembre/September 1956, Luigi Pestalozza FIG. 39 — I balletti di Balanchine a Venezia, L’Unità, 20 settembre/September 1956, Rubens Tedeschi

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FIG. 40 — Relazione dattiloscritta Madre

Coraggio e i suoi figli, 1961 • Madre Coraggio e i suoi figli typewritten report, 1961 FIG. 41 — Paura di Madre Coraggio, Il Lavoro, 13 ottobre/October 1951, Luciano Lucignani FIG. 42 — Lettera di Luchino Visconti alla

Direzione della Biennale, 17 settembre 1951 • Letter from Luchino Visconti to La Biennale’s Head office, 17 September 1951 FIG. 43 — Lettera del Direttore amministrativo

Giovanni Piccini a Luchino Visconti, 19 settembre 1951 • Letter from the Administrative Director Giovanni Piccini to Luchino Visconti, 19 September 1951

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FIG. 44 — Teatro rosso e governo nero, Il Popolo nuovo, 21 giugno/June 1951, Carlo Trabucco FIG. 45 — Telegramma di Giovanni Ponti a Rodolfo Pallucchini, 20 settembre 1951 • Telegram from Giovanni Ponti to Rodolfo Pallucchini, 20 September 1951

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— Sul set del film Senso di Luchino Visconti, 1954 • On the film set of Senso by Luchino Visconti, 1954

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FIG. 48 — Vergognoso verdetto alla mostra di Venezia. Uragano di fischi per il premio a Cayatte, Il Lavoro Nuovo, 8 settembre/ September 1960, Lino Miccichè

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FIG. 49 — (pagina precedente/ previous page) Rocco e i suoi fratelli di/by Luchino Visconti, 1960, Renato Salvatori FIG. 50 — Rocco e i suoi fratelli di/by Luchino Visconti, 1960, Renato Salvatori, Corrado Pani FIG. 51 — Rocco e i suoi fratelli di/by Luchino Visconti, 1960 FIG. 52 — Rocco e i suoi fratelli di/by Luchino Visconti, 1960, Suzy Delair, Renato Salvatori

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FIG. 53 — Rocco e i suoi fratelli di/by Luchino Visconti, 1960, Alain Delon, Annie Girardot

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FIG. 54 — (pagina precedente) Mostra d’arte figurativa, Stoccolma, 1953 • (previous page) Visual Arts exhibition, Stockholm, 1953 FIG. 55 — Baruffa per la Mostra degli artisti contemporanei, Il Giornale, 10 febbraio/ February 1947, Franco Bondioli FIG. 56 — Arte Italiana in Svezia, Il Corriere di Trieste, 6 marzo/March 1953 FIG. 57 — Allestimento della mostra Quarant’anni d’arte italiana dal futurismo ai nostri giorni, Losanna, 1947 • Staging of the exhibition Forty Years of Italian Art, from Futurism to the Present, Lausanne, 1947 FIG. 58 — Rodolfo Pallucchini e Umbro Apollonio studiano l’allestimento della 1. Biennale di San Paolo del Brasile, 1951 • Rodolfo Pallucchini and Umbro Apollonio study the staging of the 1st São Paulo Art Biennial, 1951 FIG. 59 — 4. Biennale di San Paolo del Brasile, scheda di notifica delle opere di Gino Severini, 1957 • 4th São Paulo Art Biennial, notification card of Gino Severini’s artworks, 1957

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FIG. 60 — (pagina precedente) Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg, 1964 • (previous page) Transportation of Robert Rauschenberg’s artworks, 1964

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FIG. 61 — Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg dal Consolato americano al Padiglione Stati Uniti ai giardini, 1964 • Transportation of Robert Rauschenberg’s artworks from the US consulate to the US pavilion in the Giardini, 1964

— Beatrice Monti, Robert Rauschenberg e Leo Castelli, 1964 • Beatrice Monti, Robert Rauschenberg and Leo Castelli, 1964

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FIG. 63 — Robert Rauschenberg e Alan Solomon, commissario del padiglione degli Stati Uniti, durante la cerimonia di premiazione, 1964 • Robert Rauschenberg and Alan Solomon, the commisioner of the US pavilion, during the Awards Cerimony, 1964 FIG. 64 — Telegramma di Michael Barjansky a Mario Marcazzan, 11 maggio 1964 • Telegram from Michael Barjansky to Mario Marcazzan, 11 May 1964

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— Intolleranza 1960 di/by Luigi Nono, 1961

— Emilio Vedova, bozzetto di scena per Intolleranza 1960 (scena sesta, fine I tempo), 1961. Tecnica mista su carta da scena incollata su tela nera, 49,5×71,5 cm • Emilio Vedova, scene sketch for Intolleranza 1960 (sixth scene, end of the 1st part), 1961. Mixed technique on scenery paper glued onto black canvas, 49.5×71.5 cm

FIG. 66

FIG. 67, 68 — Lettera di Luigi Nono a Mario Labroca, 30 novembre 1960 • Letter from Luigi Nono to Mario Labroca, 30 November 1960

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FIG. 69 — Volantino del Centro Studi Ordine

Nuovo lanciato al Teatro La Fenice la sera del 13 aprile 1961 durante la prima di Intolleranza 1960 • The flyer by Centro Studi Ordine Nuovo which was thrown at Teatro La Fenice on the night of 13 April 1961 during the premiere of Intolleranza 1960 FIG. 70 — Anatomia del nostro tempo, L’Espresso, 23 aprile/April 1961, Massimo Mila

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— Lancio dei volantini di Ordine Nuovo contro Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961 • The militants of Ordine Nuovo throw flyers against Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961

FIG. 71

FIG. 72 — Programma del 24. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Venezia, 9-27 aprile 1961 (versione in italiano) • Programme of the 24th International Festival of Contemporary Music, Venice, 9-27 April 1961 (Italian version)

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La Biennale della ricostruzione FIG. 03, 06 → 10

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Le mostre della Biennale Arte, 1948 FIG. 11 → 21

ITA Nel 1948 alla XXIV Esposizione Internazionale d’Arte si organizzano grandi mostre storiche, come quella degli Impressionisti, della Metafisica, dell’Arte degenerata; mostre retrospettive e personali dedicate a Gino Rossi, Scipione, Arturo Martini, Paul Klee, Marc Chagall, Henry Moore, Pablo Picasso (per la prima volta alla Biennale) e rassegne straordinarie come quelle riservate al Fronte Nuovo delle Arti o quella della Collezione di Peggy Guggenheim. Le due sale del Fronte Nuovo delle Arti sono particolarmente interessanti perché uniscono giovani artisti provenienti da differenti città italiane in particolare Venezia, Milano e Roma. I protagonisti di questo movimento sono Renato Birolli, Antonio Corpora, Nino Franchina, Renato Guttuso, Leoncillo Leonardi, Ennio Morlotti, Armando Pizzinato, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Emilio Vedova, Alberto Viani. Il movimento si pone come sviluppo della Nuova secessione artistica italiana nata l’anno precedente a Milano sull’esperienza della Bottega di Corrente. Intento degli esponenti del Fronte è fare della pittura un atto politico, sostenuto da un linguaggio semplice e schietto. Netto è il rifiuto della retorica novecentista, a vantaggio di un confronto con la pittura europea: il modello della loro arte impegnata è Guernica di Picasso. L’ideatore e teorico del movimento è il critico d’arte Giuseppe Marchiori. Dopo la prima mostra, nel giro di poco tempo, prendono corpo due opposte fazioni: una costituita da artisti di impronta neorealista, l’altra più incline a un linguaggio d’avanguardia, astratto o informale. Sono gli artisti di questo secondo schieramento che, ribellandosi ai pregiudizi del Partito comunista nei confronti dell’arte astratta, sancirono la fine del Fronte. Nel 1948 la giuria dell’Esposizione decide di premiare come miglior pittore italiano Giorgio Morandi. L’artista bolognese era stato incluso, assieme a de Chirico e Carlo Carrà, nella esposizione Tre pittori italiani dal 1910 al 1920. Giorgio de Chirico accu-

sa l’Istituzione sui giornali di non essere stato invitato ufficialmente e di non di aver ricevuto dalla Biennale richieste e che l’ente veneziano aveva invece scelto in autonomia una serie di dipinti da collezioni private tra cui anche un “formidabile falso”01. De Chirico fa causa alla Biennale e negli anni successivi non parteciperà alla rassegna ma si presenterà a Venezia, dal 1950 al 1954, con mostre personali, una sorta di anti-biennali, nell’ex Kaffeehaus dei Giardinetti Reali. Tra le opere memorabili di de Chirico, presenti nella mostra del 1948, spicca Le Muse inquietanti proveniente dalla collezione Feroldi di Milano. Il dipinto, realizzato a Ferrara nel 1916 durante il conflitto mondiale, è un manifesto della Metafisica: sopra un pavimento di legno (un palcoscenico) al centro di una piazza, sono disposti oggetti inanimati e statue dalla testa di manichino. Sul fondo il Castello Estense di Ferrara a fianco di una fabbrica con due ciminiere che si stagliano contro un cielo al tramonto. Le Muse inquietanti è l’emblema dell’opera d’arte immortale che, come dice de Chirico stesso, deve “sempre superare i limiti dell’umano senza preoccuparsi né del buon senso né della logica”. VP

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La Collezione Guggenheim al padiglione greco, 1948 FIG. 01, 22 → 26

Peggy Guggenheim riveste un ruolo determinante nella storia dell’arte del Novecento. Spesso la si sente dire che proteggere l’arte del suo tempo è un suo dovere, perciò a questa vocazione e alla creazione del suo museo dedicherà buona parte della vita. Giunta a Venezia dopo la Seconda guerra mondiale, nel 1946 incontra al ristorante All’Angelo i pittori Emilio Vedova e Giuseppe Santomaso. Quando Rodolfo Pallucchini scopre l’intenzione dell’americana di trasferire la sua galleria-museo Art of This Century da New York a Venezia, propone subito di esporre le opere nel padiglione della Grecia che sarebbe rimasto vuoto a causa della guerra civile in corso nella penisola ellenica. Come ricorda Peggy nella sua biogra-

fia, “il mio padiglione venne allestito da Scarpa, l’architetto più moderno di Venezia”02. L’inaugurazione della Biennale è molto formale, Peggy tuttavia non ha un vestito adatto così chiede in prestito a un’amica un paio di calze e una cintura e, invece del cappello di rito, indossa un paio di enormi orecchini di vetro di Murano a forma di margherita e, così abbigliata, riceve il presidente della Repubblica Luigi Einaudi. “La mia mostra ebbe una risonanza enorme […] ma quel che piacque di più fu veder comparire nei prati dei giardini pubblici il nome Guggenheim accanto a quelli della Gran Bretagna, della Francia, dell’Olanda, dell’Austria, della Svizzera […] mi sembrava di essere un nuovo paese europeo”03. Per l’Italia la Collezione Guggenheim è l’occasione unica di vedere il meglio dell’arte d’avanguardia europea in particolare dell’Astrattismo e del Surrealismo ma anche i giovani americani come Jackson Pollock e Clyfford Still. VP

02A I musicisti russi alla Biennale Musica FIG. 02, 27 → 34

In Unione Sovietica il controllo statale sulle arti è particolarmente rigido non soltanto nel periodo di Stalin (conclusosi nel 1953 con la morte del dittatore) ma anche nei decenni seguenti. La dottrina del realismo socialista, imposta sin dal 1934 da Andrej Ždanov, arbitro della politica culturale del regime, mira a combattere le influenze occidentali sugli artisti sovietici e ha pesanti ricadute anche nell’ambito musicale. Diventano così obiettivo della censura le tendenze che si individuano riconducibili, in maniera spesso pretestuosa, al decadentismo, al pessimismo (sociale, politico, esistenziale), all’introspezione psicologica e, naturalmente, la sperimentazione dei linguaggi in senso modernista. Le musiche ritenute lontane dai canoni del realismo socialista sono bollate di formalismo e intellettualismo dall’apparato in un’azione sistematica di controllo e repressione che colpisce duramente anche, tra gli altri, Sergei Prokof’ev (1891-1953) e Dmitrij

— P. Guggenheim, Una vita per l’arte. Confessioni di una donna che ha amato l’arte e gli artisti, Bergamo 2013, p. 336 03 — Ivi, pp. 338-339 02

01 — G. de Chirico, Memorie della mia vita, Milano 2019, p. 301

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Šostakovič (1906-1975), sino ai compositori delle generazioni successive come Sofija Gubajdulina (1931), la cui musica è definita “irresponsabile”. La storia della Biennale Musica è costellata dalla rappresentazione o esecuzione di opere di compositori sovietici censurati in patria. CF

Dmitrij Šostakovič, “La Lady Macbeth del distretto di Mcensk”, 1947 FIG. 27 → 29

L’opera di Šostakovič Lady Macbeth del distretto di Mcensk, rappresentata trionfalmente a Leningrado nel 1934, viene ritirata dalle scene e proibita nell’Unione Sovietica dal 1936 per effetto della repressione stalinista di Ždanov. L’opera, che nel 1934 era stata accolta come il miglior frutto della politica culturale del Partito comunista, è definita nel 1936 sulla Pravda formalista e immorale e perciò “inadatta al popolo sovietico” con la decisiva aggravante del “successo presso il pubblico borghese all’estero”. Benché riveduta e purgata dall’autore per accondiscendere alle imposizioni della censura, l’opera sarà rappresentata di nuovo nell’Unione Sovietica in una nuova versione dal titolo Katerina Izmajlova soltanto l’8 gennaio 1963 a Mosca nel periodo di Chruščëv. La prima rappresentazione italiana in occasione del X Festival Internazionale di Musica Contemporanea al Teatro La Fenice nel 1947, con l’allestimento firmato da Aurel Milloss, le scene e i costumi di Renato Guttuso, è accolta con straordinario interesse e segue la diffusione dell’opera in Europa e negli Stati Uniti sia in forma scenica sia in forma di concerto. CF

Sergej Prokof’ev, “L’angelo di fuoco”, 1955 FIG. 30 → 34

Sergej Prokof’ev non riesce ad assistere alla rappresentazione del suo Angelo di fuoco, l’opera teatrale tratta dal romanzo omonimo di Valerij Brjusov e composta tra il 1919 e il 1927. Il soggetto è incentrato sulle ambiguità di un’ossessione amorosa-religiosa in cui convivono ascesi, estasi e follia non meno che sulla tensione tra fiducia nella ragione da un lato e potere dell’inconscio e della superstizione dall’altro. Prokof’ev era

stato oggetto della censura sovietica sin dal 1936 ma, nonostante il soggetto scandaloso in termini religiosi e morali, l’opera non può essere rappresentata vivente l’autore più per le difficoltà implicate dalla partitura e dalla messa in scena (le trattative con i teatri di Chicago, Berlino e New York non erano andate a buon fine) che per ragioni di censura. La prima assoluta al Teatro La Fenice nel 1955 nell’ambito del XVIII Festival Internazionale di Musica Contemporanea con il titolo L’angelo di fiamma, nella versione italiana di Mario Nordio e nell’allestimento realizzato da Giorgio Strehler, è dunque un evento di capitale importanza internazionale a due anni dalla morte di Prokof’ev. CF

02B Gli anni Cinquanta nella danza: New York City Ballet, “Il mandarino meraviglioso” e Aurel Milloss FIG. 35 → 39

stata proibita a causa della sua immoralità per debuttare invece al Teatro alla Scala, nell’Italia fascista del 1942, con la coreografia di Aurel Milloss, e le scene e i costumi di Enrico Prampolini. La Biennale di Venezia punta su Aurel Milloss (1906 - 1988), allievo di Rudolf Laban (1879 - 1958), osservatore del corpo moderno in performance guardando a forza, peso, tempo, spazio, forma, flusso, tutti fattori relativi a ogni azione umana, danza compresa. Incline alle collaborazioni interdisciplinari della danza con pittori e musicisti di alto profilo, nel 1948 Milloss è invitato a Venezia con lavori affidati al Balletto dell’Opera di Roma, e nel 1950 come direttore coreografico e autore dei brani classico-moderni con la compagnia dei Balletti della Biennale. EGV

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Bertolt Brecht. Una censura ideologica FIG. 04, 40 → 45

Il Secondo dopoguerra apre le porte alla coreografia di matrice americana e a quella di scuola franco-russa, mantenendo vivo il rapporto con l’Ausdruckstanz, la danza moderna espressiva centro-europea, in grado di ibridare il balletto con la narrazione espressiva. Oltre all’American National Ballet (1950) e al Grand Ballet du Marquis de Cuevas (1950 e 1957), al Teatro La Fenice nel 1953 e nel 1956 si presenta il New York City Ballet, mostrando l’autorialità di George Balanchine con i suoi balletti ‘concertanti’ neoclassici, di Jerome Robbins, ingegno multiforme e polimorfo, e di Antony Tudor, un maestro per Pina Bausch, con i suoi lavori ‘psicologici’. Nel 1955 Jean-Jacques Etcheverry, allievo di Lydia Karpova e Nicolas Zverev, e già nei post-diaghileviani Nouveaux Ballets de Monte-Carlo, firma la coreografia del perturbante Il mandarino meraviglioso su musica di Béla Bartók, in scena al Teatro La Fenice con interpreti del balletto del Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles. Si tratta di una pantomima in un atto, costruita intorno al personaggio di una ragazza indotta dai suoi sfruttatori a sedurre uomini da aggredire e derubare mentre un cinese ricchissimo resiste a ogni violenza, per morire solo al culmine del piacere cedendo finalmente il suo oro. Nella Germania filonazista del 1926 dopo un’anteprima a Colonia, l’opera era

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Nel 1951 Bertolt Brecht viene invitato dalla Biennale di Venezia ad allestire una delle sue opere più celebri, Madre Coraggio e i suoi figli. Il Governo italiano, però, nega il visto d’ingresso alla sua compagnia, il Berliner Ensemble, poiché proveniente dalla Germania comunista. A quell’epoca il Berliner Ensemble era già la compagnia più importante d’Europa e l’annullamento dello spettacolo suscita violente polemiche da parte di politici e intellettuali italiani, da Giulio Einaudi a Luchino Visconti che minaccia di non mettere in scena i propri spettacoli: Il seduttore di Diego Fabbri e Morte di un commesso viaggiatore di Arthur Miller. Dieci anni più tardi, nel 1961, fallisce anche il secondo tentativo di ospitare Brecht alla Biennale; il grande artista tedesco avrebbe dovuto portare in scena, sempre con il Berliner Ensemble, La resistibile ascesa di Arturo Ui e ancora Madre Coraggio e i suoi figli. Dopo un’iniziale apertura all’arrivo dei Berliner, il Governo italiano decide, all’ultimo istante, di non rilasciare i visti d’ingresso, cercando di rassicurare il Paese rispetto alla propria posizione politica nei confronti della Repubblica Democratica Tedesca. Una forma di censura che ha rischiato di compromettere l’esistenza stessa della Biennale Teatro e, probabilmente, uno dei momenti più sconfortanti dell’ingerenza del potere politico nella vita della cultura. FB

Le muse inquiete


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Il caso Visconti FIG. 05, 46 → 53

La “guerra fredda” si combatté anche dietro le quinte della Mostra e a farne le spese è Luchino Visconti definito il ‘conte rosso’ per la sua vicinanza al Partito comunista. Nel 1948 La terra trema, capolavoro del Neorealismo, viene fischiato in Sala Grande; parte della giuria del festival ritiene che il film di Visconti abbia “arbitrarie deformazioni d’ordine essenzialmente politico” e gli concede solo un premio minore (a vincere sarà Hamlet di Laurence Olivier). Il 1948 vede anche la diserzione dell’URSS, assenza che si protrae fino al 1952, mentre Hollywood invade in quegli anni il programma della Mostra. Il ‘fronte’ estetico – non scevro di un sottofondo politico – si divide presto tra ‘felliniani’ e ‘viscontiani’ e nel 1954 si assegnano il Leone d’Oro all’innocuo Romeo and Juliet di Renato Castellani e un Leone d’Argento a La strada di Federico Fellini. Senso viene totalmente ignorato. La sera della premiazione, in Sala Grande scoppia il putiferio: Franco Zeffirelli, assistente di Visconti, affronta fisicamente Moraldo Rossi, assistente di Fellini e la polizia deve intervenire per dividerli, mentre Dino De Laurentiis, produttore di La strada, si scontra verbalmente con i sostenitori di Visconti. Luigi Chiarini nel 1954 scrive che la selezione di film fatta da Ottavio Croze, direttore della Mostra, è giudicata dalla stampa governativa troppo di sinistra: “Bandiera rossa sventola sul palazzo del Lido!”. Nel 1960 Rocco e i suoi fratelli è contestato dal pubblico (“Basta con i film che ci parlano di miseria, di delitti, di puttane!”, si urla in sala) e Visconti ricorderà che alla proiezione erano presenti tre ministri democristiani che alla fine commentarono: “È uno schifo, una vergogna, un film che non può essere premiato!”. Rocco e i suoi fratelli vince solo il Premio Speciale della Giuria mentre il Leone d’Oro va a Le passage du Rhin di André Cayatte. GG

05A Le mostre all’estero FIG. 54 → 59

Nel Dopoguerra, La Biennale riprende anche a partecipare e a organizzare mostre all’estero. Il primo evento viene realizzato, non a caso, nel Paese europeo più ricco e che non ha subito grandi danni dal conflitto mondiale:

la Svizzera. L’intento è quello di promuovere l’arte italiana all’estero, quindi si organizza una mostra collettiva Quarant’anni d’arte italiana dal futurismo ai nostri giorni da allestire prima a Losanna e poi a Lucerna tra febbraio e giugno del 1947. Ancor prima di aprire la mostra svizzera, i giornali italiani cominciano a fomentare le polemiche sulla selezione degli artisti; alcuni membri della commissione si dimettono e si decide di cambiare il titolo dell’esposizione in Mostra di artisti italiani contemporanei dal futurismo ad oggi 1909-1946. Nel 1951 la Biennale diventa un modello espositivo da replicare, tanto che la prima mostra-gemella la si trova nella metropoli brasiliana di San Paolo. La partecipazione italiana alla Prima Biennale di San Paolo del Brasile è affidata ufficialmente all’ente veneziano che offre anche consigli e collaborazione sull’organizzazione generale. Considerando anche la grande comunità italiana in Brasile, di cui fa parte lo stesso fondatore della Biennale di San Paolo, Ciccillo Matarazzo, la partecipazione di artisti italiani sarà per tutti gli anni Cinquanta un grande successo economico e d’immagine. Le iniziative all’estero della Biennale ormai si moltiplicano: si svolgeranno rassegne ad Alessandria d’Egitto, Stoccolma, Tokyo e in altre parti del mondo fino alla metà degli anni Settanta. VP

05B Il premio a Robert Rauschenberg, 1964 FIG. 60 → 64

Nell’edizione del 1964 si sfiora l’incidente diplomatico con gli Stati Uniti, ma è anche l’anno spartiacque che vede la consacrazione dell’arte americana e l’affermazione del linguaggio della pittura astratta, ambasciatrice del liberismo occidentale in Europa. Il commissario del padiglione degli Stati Uniti Alan Solomon, già direttore del Jewish Museum di New York, invita, nelle parole del gallerista italo-americano Leo Castelli “il meglio di ciò che si poteva vedere nell’arte americana dopo il grande periodo dell’Espressionismo astratto”. Per mancanza di spazio, i lavori degli otto artisti – Jim Dine, Jasper Johns, Morris Louis, Kenneth Noland, Robert Rauschenberg, Frank Stella, John Chamberlain e Claes Oldenburg – vengono presentati in due sedi: il padiglione degli Stati Uniti ai

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Giardini e la sede dell’ex-consolato degli Stati Uniti a San Gregorio a Venezia. La decisione di esporre le opere in entrambe le sedi viene presa in seguito a un serrato confronto epistolare tra l’addetto culturale dell’ambasciata statunitense di Roma Michael Barjansky, il commissario americano e l’organizzazione della Biennale. Fin da subito, infatti, lo spazio del padiglione risulta troppo piccolo per ospitare tutte le opere selezionate, ma il presidente Mario Marcazzan e il segretario Gian Alberto Dell’Acqua mettono il veto sulla possibilità che una mostra allestita fuori dai cancelli dei Giardini possa essere considerata parte integrante della Biennale: la concessione creerebbe un precedente difficile da giustificare con le altre nazioni. L’organizzazione consiglia quindi di includere nella mostra ai Giardini un’opera per ciascuno degli artisti invitati, in modo che siano tutti rappresentati e candidabili per il premio della giuria. Con molte difficoltà, testimoniate da diversi carteggi carichi di incomprensioni nei quali Barjansky arriva a minacciare di ritirare la partecipazione degli Stati Uniti, viene trovato un accordo affinché i visitatori vedano entrambe le mostre, grazie a un cartello informativo affisso all’ingresso del padiglione. La mostra all’ex-consolato si apre con grande successo negli stessi giorni dell’inaugurazione della Biennale, e ben presto iniziano a girare le voci su un possibile premio a Rauschenberg, il cui lavoro non è di fatto rappresentato ai Giardini. In una intervista pubblicata nel catalogo Ugo Mulas. Vent’anni di Biennale 1954-1972 del 1988, Dell’Acqua ricorda: “quando si trattò di consegnare il premio a Rauschenberg, si dovettero portare ai Giardini due suoi quadri per giustificare la sua presenza alla Biennale”. Per permettere la premiazione seguendo le regole della Biennale, Solomon decide dall’oggi al domani di trasferire le opere all’ex-consolato ed esporle all’esterno del padiglione, facendo costruire un tetto di plastica per proteggerle dalle intemperie. MP

05C Luigi Nono, “Intolleranza 1960”, 1961 FIG. 65 → 74

Intolleranza 1960 segna un punto cruciale nella storia musicale del Secondo dopoguerra. È infatti uno dei primi lavori teatrali prodotti da un composi-

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tore appartenente alle neoavanguardie formatesi nell’ambiente dei Ferienkurse di Darmstadt e in particolare il primo in cui si realizzano le istanze per un nuovo tipo di teatro musicale elaborate da Luigi Nono nel corso degli anni Cinquanta. Alimentate da un forte impegno politico e ideologico (Nono era iscritto sin dal 1952 al Partito comunista italiano), tali istanze pongono al centro la definizione di un “teatro di idee”, totalmente impegnato sul piano sociale, strutturale e linguistico, contemporaneo perché autenticamente attuale, mirato a rivendicare per tutti umane condizioni di vita. Basata su un’idea di Angelo Maria Ripellino, l’“azione scenica in due parti” è commissionata a Luigi Nono dal Direttore del Settore Musica della Biennale, Mario Labroca, nel 1960. La prima rappresentazione, il 13 aprile 1961 al Teatro La Fenice con la regia di Vacláv Kašlík, le scene e i costumi di Emilio Vedova, l’allestimento tecnico di Josef Svoboda, e la direzione musicale di Bruno Maderna è disturbata dall’intervento di alcuni militanti fascisti ed è un evento che suscita ripercussioni anche sulla scena politica. L’opera ha un’accoglienza molto controversa da parte della critica, in un dibattito che, per forza di cose, non può essere limitato agli aspetti propriamente artistici e drammaturgici. Intolleranza 1960 è sostanziata da una tensione dialettica che appare in ogni aspetto, tanto tematico quanto strutturale. La presa di coscienza nei confronti della storia e dello stesso presente si riflette nel rapporto dialettico tra l’individuo e la collettività così come anche tra l’autore e il pubblico. Nono concepisce l’opera come una costruzione dinamica e complessa in cui interagiscono, secondo geometrie ad assetto variabile, diverse componenti musicali e teatrali: azione, canto, orchestra, immagine visiva, spazio della scena e del pubblico si intrecciano in una drammaturgia che ricorre anche a proiezioni e all’elettronica sotto forma di nastro magnetico. La musica rivela la molteplicità delle tecniche compositive tanto vocali quanto strumentali utilizzate da Nono nel corso degli anni Cinquanta e qui talvolta accostate o addirittura poste in frizione fra loro in un esito di forte tensione sperimentale: la serialità, il trattamento materico del suono e del testo verbale, la valorizzazione di un residuale eppure intenso lirismo, l’impiego differenziato dell’orchestra, il ricorso all’elettronica. CF

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The Biennale of the reconstruction FIG. 03, 06 → 10

01B

The exhibitions at the Biennale Arte 1948 FIG. 11 → 21

ENG In 1948 the 24th International Art Exhibition included major historical exhibitions such as those on the Impressionists, Metaphysical Painting and Degenerate Art; there were retrospectives and solo exhibitions of work by Gino Rossi, Scipione, Arturo Martini, Paul Klee, Marc Chagall, Henry Moore and Pablo Picasso (at the Biennale for the first time) and extraordinary surveys of the Fronte Nuovo delle Arti and the Peggy Guggenheim collection. The two rooms hosting the Fronte Nuovo delle Arti were especially interesting because they brought together young artists from a range of Italian cities, above all Venice, Milan and Rome. Key players in this movement were Renato Birolli, Antonio Corpora, Nino Franchina, Renato Guttuso, Leoncillo Leonardi, Ennio Morlotti, Armando Pizzinato, Giuseppe Santomaso, Giulio Turcato, Emilio Vedova and Alberto Viani. It developed out of the Nuova Secessione Artistica Italiana, founded the previous year in Milan as an outgrowth of the Bottega di Corrente cultural space. The aim of the Fronte members was to make painting a political act, using a straightforward, direct artistic language. Their rejection of the Novecento movement was total, favouring instead a dialogue with European painting: the model for this politically committed art was Picasso’s Guernica. The movement’s founder and theorist was art critic Giuseppe Marchiori. Shortly after the first exhibition two opposing factions formed, one made up of artists influenced by Neorealism and the other with more avant-garde, abstract or Informel leanings. It was the artists of this second faction who defied the Communist Party’s prejudice against abstract art and brought the Fronte to an end. In 1948 the jury decided to award Giorgio Morandi the painting prize. The Bologna-born artist had been featured, together with de Chirico and Carlo Carrà, in the Tre pittori italiani dal 1910 al 1920 exhibition. In the press, Giorgio de Chirico accused the institution of having sent him no official invitation or re-

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quests, and of having chosen, without his input, a series of paintings from private collections that included a “tremendous fake.”01 De Chirico sued La Biennale and did not take part in the editions of subsequent years, instead bringing solo exhibitions to Venice from 1950 to 1954 as a sort of anti-Biennale in the Giardinetti Reali Kaffeehaus. One of de Chirico’s most memorable works at the 1948 exhibition was Le Muse inquietanti (The Disquieting Muses) from the Feroldi Collection in Milan. Painted in Ferrara in 1916, during World War One, this painting is a manifesto of Metaphysical Art, featuring inanimate objects and dummy-headed statues arranged on a stage-like wooden floor in a town square. In the background is Ferrara’s Castello Estense alongside the twin smokestacks of a factory, silhouetted against the evening sky. Le Muse inquietanti is the perfect example of the immortal artwork which, as de Chirico himself noted, “must transcend human limits without worrying about either common sense or logic”. VP

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The Guggenheim Collection at the Greek pavilion, 1948 FIG. 01, 22 → 26

Peggy Guggenheim played a pivotal role in the history of twentieth-century art. She often said it was her duty to protect the art of her day, and devoted most of her life to this mission and to creating her museum. Arriving in Venice for the first time after World War Two, in 1946, she met the painters Emilio Vedova and Giuseppe Santomaso at Ristorante All’Angelo. When Rodolfo Pallucchini learned of her plan to transfer her Art of This Century gallery from New York to Venice, he immediately suggested exhibiting the work at the Greek pavilion, which would be empty that year owing to the civil war underway. As Peggy recalled in her biography, “my pavilion was [...] done over by Scarpa, who was the most modern architect in Venice.”02 The Biennale opening was very

01 — G. de Chirico, Memorie della mia vita, Milano 2019, p. 301 02 — P. Guggenheim, Una vita per l’arte. Confessioni di una donna che ha amato l’arte e gli artisti, Bergamo 2013, p. 336

Le muse inquiete


formal and Peggy had nothing suitable to wear, so she asked a friend to loan her a pair of stockings and a belt, and instead of the customary hat she wore a pair of huge daisy-shaped earrings made of Murano glass. Thus decked out, she greeted the President of the Italian Republic, Luigi Einaudi. “My exhibition had enormous publicity [...] but what I enjoyed most was seeing the name of Guggenheim appearing on the maps in the Public Gardens next to the names of Great Britain, France, Holland, Austria, Switzerland, Poland [...] I felt as though I were a new European country.”03 For Italy the Guggenheim Collection was a unique opportunity to see the best of avant-garde European art, especially abstract and Surrealist work, but also the art of young Americans like Jackson Pollock and Clyfford Still. VP

02A Russian musicians at the Biennale Musica FIG. 02, 27 → 34

In the Soviet Union, state control over the arts was especially rigid not only in the period of Stalin (which ended in 1953 with his death) but also in the decades that followed. The Socialist Realism doctrine, imposed on the country in 1934 by Andrei Zhdanov, the regime’s cultural policy arbiter, was designed to combat Western influences on Soviet artists and had a significant impact on music as well. Tendencies which were seen, often on specious grounds, as connected to decadence, pessimism (social, political, or existential), psychological introspection and, naturally, modernist experimentation were all subject to censorship. Music not held to be in keeping with the canons of Socialist Realism was condemned as formalistic and intellectualistic, in a systematic campaign of control and repression which harshly affected Sergei Prokofiev (1891-1953) and Dmitri Shostakovich (1906-1975), together with younger composers such as Sofia Gubaidulina (1931-), whose music was dubbed “irresponsible”. The history of the Biennale Musica is dotted with performances of work by Soviet composers who were censored at home. CF

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— Ivi, pp. 338-339

Dmitri Shostakovich, “Lady Macbeth of Mtsensk”, 1947 FIG. 27 → 29

Shostakovich’s opera Ledi Makbet Mtsenskogo uyezda (Lady Macbeth of Mtsensk), though triumphantly staged in Leningrad in 1934, was shelved and banned in the Soviet Union in 1936 as a result of Zhdanov’s Stalinist repression. Applauded in 1934 as a stellar result of the Communist Party’s cultural policies, two years later it was condemned in Pravda as formalist and immoral and thus “unfit for the Soviet people” with its “success with the bourgeois audience abroad” seen as especially damning. Though reworked and purged by its author to please the censors, the piece was performed again in the Soviet Union in a new version entitled Katerina Izmailova only on 8 January 1963 in Moscow, during the Khrushchev period. It was first performed in Italy for the 10th International Festival of Contemporary Music at Teatro La Fenice in 1947, with sets designed by Aurel Milloss and scenery and costumes by Renato Guttuso. The extraordinary acclaim that it received led the work to be presented across Europe and the United States, in both fully staged and concert form. CF

Sergei Prokofiev, “The Fiery Angel”, 1955 FIG. 30 → 34

Sergei Prokofiev never got to see his own opera Ognenny angel (The Fiery Angel), based on a novel of the same name by Valery Bryusov and composed between 1919 and 1927. This work hinges on the ambiguities of a passionate religious obsession, where asceticism is mingled with ecstasy and madness; it also explores the tension between faith in reason, on one hand, and the power of the unconscious and superstition, on the other. Though Prokofiev had been targeted by Soviet censors since 1936, and his subject was scandalous in moral and religious terms, what kept the work from being performed during the composer’s lifetime was not censorship so much as the inherent difficulties of the score and staging (initial production talks with theatres in Chicago, Berlin and New York ended up coming to nothing). Its premiere at Teatro La Fenice in 1955 during the 18th International Festival of Con-

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temporary Music, in an Italian version by Mario Nordio titled L’angelo di fiamma with sets by Giorgio Strehler, was therefore an international event, coming two years after Prokofiev’s death. CF

02B The 1950s in dance: New York City Ballet, “The Miraculous Mandarin”, and Aurel Milloss FIG. 35 → 39

The postwar period opened the door to American-style choreography and the French/Russian school, while the relationship with Ausdruckstanz, the Central European tradition of modern expressive dance that hybridised ballet with narrative expression, also remained active. The American National Ballet performed in 1950 and the Grand Ballet du Marquis de Cuevas in 1950 and 1957. The New York City Ballet also took the stage at Teatro La Fenice in 1953 and 1956, showcasing the originality of George Balanchine’s neoclassical, concerto-like ballets, Jerome Robbins’ many-sided, polymorphic ingenuity, and the “psychological” work of Antony Tudor, who later taught Pina Bausch. In 1955 Jean-Jacques Etcheverry, who had trained with Lydia Karpova and Nicolas Zverev and danced with the Diaghilev-inspired Nouveaux Ballets de Monte-Carlo, created the unsettling Il Mandarino meraviglioso (The Miraculous Mandarin). Choreographed to music by Béla Bartók, it was performed at La Fenice by dancers from Théâtre Royal de la Monnaie in Brussels. A pantomime in one act, its central character is a girl forced by exploitative individuals to seduce men who are then attacked and robbed. A very rich Chinese man manages to withstand their violence, dying and giving up his gold only at the climax of pleasure. In the pro-Nazi Germany of 1926, after a preview in Cologne, the work was banned on the grounds of immorality and debuted instead at Teatro della Scala, in the Fascist Italy of 1942, with Aurel Milloss’s choreography and sets and costumes by Enrico Prampolini. La Biennale di Venezia became a great supporter of the work of Rudolf Laban’s pupil Aurel Milloss (1906-1988), a modern observer of the human body in performances focusing on strength, weight, time, space, form and flow, which are elements of all human action, including dance. Given

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his penchant for interdisciplinary partnerships with high-profile painters and musicians, in 1948 Milloss was invited to Venice for projects entrusted to the Balletto dell’Opera in Rome and, in 1950, became director and choreographer of classical and modern pieces for La Biennale’s own dance company. EGV

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Bertolt Brecht: ideological censorship FIG. 04, 40 → 45

In 1951 Bertolt Brecht was invited by La Biennale di Venezia to stage one of his most famous works, Mutter Courage und Ihre Kinder (Mother Courage and Her Children). However, the Italian government refused to issue visas to him and his Berliner Ensemble because they were coming from communist East Germany. At the time the Berliner Ensemble was already one of Europe’s most important companies and the play’s cancellation brought a heated response from Italian politicians and intellectuals like Giulio Einaudi and Luchino Visconti, with the latter threatening to withdraw his own plays (Diego Fabbri’s Il seduttore and Arthur Miller’s Death of a Salesman). Ten years later, in 1961, a second attempt to host Brecht at the Biennale also failed; the great German artist had planned to stage The Resistible Rise of Arturo Ui and, once again, Mother Courage, with the Berliner Ensemble. But after initial openness to the ensemble’s visit, at the last minute the Italian government decided against granting them a visa in an attempt to reassure the country regarding its political approach to the German Democratic Republic. It was a form of censorship which risked compromising the very existence of the Biennale Teatro and was probably one of the most dispiriting examples of political interference in Italian cultural life. FB

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The Visconti case FIG. 05, 46 → 53

The Cold War was also fought offstage at the festival and it was Luchino Visconti, often called the “Red Count” for his allegiance to the Communist Party, who paid the highest price. In 1948 his Neorealist masterpiece La terra trema was booed in the Sala Grande. Part of the festival’s jury argued that Visconti’s

film showed “arbitrary distortions of an essentially political nature” and granted him only a minor award, with Laurence Olivier’s Hamlet winning the prize. 1948 also saw the desertion of the USSR – until 1952 – with Hollywood dominating the festival programme in those years. Aesthetic “battle lines”, not without political overtones, were soon drawn between the schools of Fellini and Visconti, and in 1954, the Golden Lion went to Renato Castellani’s inoffensive Romeo and Juliet and a Silver Lion to Federico Fellini’s La strada. Visconti’s Senso was totally ignored. Mayhem broke out at the award ceremony in the Sala Grande: Visconti’s assistant Franco Zeffirelli got in a physical fight with Fellini’s assistant Moraldo Rossi, and the police had to intervene to separate them, while La strada’s producer Dino De Laurentiis engaged in a shouting match with Visconti supporters. In 1954 Luigi Chiarini wrote that festival director Ottavio Croze’s film selection had been deemed too left-wing by the pro-governmental press: “The red flag is flying over the Lido cinema hall!” In 1960 audiences took issue with Rocco e i suoi fratelli (shouting “Enough with these films about poverty, crime and whores!”) and Visconti recalled three Christian Democrat ministers commenting after the screening: “It’s disgusting, a disgrace, a film that must not win any prizes!” Rocco e i suoi fratelli won only the Special Jury Prize, while the Golden Lion went to André Cayatte’s Le passage du Rhin. GG

05A Exhibitions abroad FIG. 54 → 59

After World War Two La Biennale also went back to organising and participating in exhibitions abroad. The first event was held, not coincidentally, in what was then Europe’s richest country and one which had not suffered significant damage during the war: Switzerland. The intention was to promote Italian art abroad, so the group exhibition Quarant’anni d’arte italiana dal futurismo ai nostri giorni (Forty Years of Italian Art, from Futurism to the Present) was held first in Lausanne and then in Lucerne from February to June 1947. Even before the exhibition opened, Italian newspapers began stirring up controversy over the selection of artists. Certain members of the board re-

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signed and the decision was made to change the title to Mostra di artisti italiani contemporanei dal futurismo ad oggi 1909-1946 (Exhibition of Contemporary Italian Artists from Futurism to Today, 1909-1946). In 1951 the Biennale became an exhibition model to emulate and its first “twin” was held in the Brazilian metropolis of São Paulo. Italian participation in the first São Paulo Biennial was officially entrusted to La Biennale di Venezia, which also offered advice and assistance on overall organisation. Given Brazil’s large Italian community, which included São Paulo Biennial founder Ciccillo Matarazzo, the participation of Italian artists was a great success in terms of both revenue and publicity throughout the 1950s. La Biennale’s initiatives abroad multiplied, with other exhibitions being held in Alexandria, Stockholm, Tokyo and other parts of the world until the mid-1970s. VP

05B Robert Rauschenberg’s award, 1964 FIG. 60 → 64

1964 was the year that Italy and the United States risked a diplomatic incident over the Biennale, but was also a watershed moment in which American art came to the fore and abstract painting turned into the standard bearer of Western liberalism in Europe. The curator of the US pavilion was Alan Solomon, previously director of New York’s Jewish Museum, and in the words of Italian-American gallery owner Leo Castelli, he “put together the best things to be found in American art after the great period of Abstract Expressionism”. A lack of space meant that the work of the eight exhibiting artists – Jim Dine, Jasper Johns, Morris Louis, Kenneth Noland, Robert Rauschenberg, Frank Stella, John Chamberlain and Claes Oldenburg – was shown at two different sites: the American pavilion in the Giardini and the former US consulate at San Gregorio in Venice. The decision to exhibit work at two sites was taken after a heated exchange of letters between the US cultural attaché Michael Barjansky, the American curator, and La Biennale. It was clear right away that the pavilion space was too small for all the work selected, but President Mario Marcazzan and Secretary Gian Alberto Dell’Acqua vetoed all sugges-

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tions that an exhibition held outside the Giardini could be considered an integral part of the Biennale. Such a concession, it was felt, would have been difficult to justify with other nations and would have set a precedent. The organisers thus recommended including one work per invited artist at the Giardini, so that all would be represented and eligible for the jury award. With a great deal of difficulty – the correspondence shows all kinds of disagreements, with Barjansky even threatening to withdraw the US from the Biennale – a compromise was found: a sign would be posted at the entrance to the pavilion to ensure that visitors would see both exhibitions. The exhibition at the former consulate opened to great acclaim at the same time as the Biennale, and rumours were soon circulating that Rauschenburg might win an award even though his work was not actually on display at the Giardini. In an interview published in the 1988 catalogue Ugo Mulas: Vent’anni di Biennale 1954-1972, Dell’Acqua recalled: “When it became a question of awarding the prize to Rauschenberg, two of his paintings had to be brought to the Giardini to justify his presence at the Biennale”. To make the award possible in accordance with the rules, Solomon decided, at the very last minute, to move the work from the consulate and exhibit it outside the pavilion at the Giardini, under a plastic roof to protect it from the weather. MP

05C Luigi Nono, “Intolleranza 1960”, 1961 FIG. 65 → 74

Intolleranza 1960 (Intolerance 1960) marked a key moment in postwar music history. It was one of the first operas composed by a member of the neo-avant-garde group that had emerged from the Darmstadt summer school (Ferienkurse) and above all, the first response to the demands for a new type of musical drama that Luigi Nono continued to explore throughout the 1950s. Fuelled by a strong political and ideological impulse (Nono had joined the Italian Communist Party in 1952), these demands focused on developing a “theatre of ideas” that would be totally committed at the social, structural and linguistic level, contemporary in its gen-

uinely topical nature, and compelling in its defense of human dignity. Based on an idea of Angelo Maria Ripellino’s, this “two-part action for the stage” was commissioned by the artistic director of the Biennale’s Music Department, Mario Labroca, in 1960. The first performance on 13 April 1961 at Teatro La Fenice, directed by Vacláv Kašlík with Emilio Vedova’s scenery and costumes, Josef Svoboda’s technical direction and Bruno Maderna’s musical direction, was interrupted by neofascists and had repercussions even in the political arena. Its critical reception was extremely mixed, in a debate that necessarily went beyond the artistic and theatrical aspects. Intolleranza 1960 is grounded in a dialectic tension that permeates every aspect, both thematic and structural. The task of coming to terms with history and the present is reflected in the dialectical relationship between individual and community, as well as between author and audience. Nono conceived the work as a dynamic, complex construction where different musical and theatrical elements interact in varying configurations: the action, singing, orchestra, visual images, and the spaces of the stage and audience interweave in a drama that even makes use of projections and electronic elements on tape. The music reveals the multiplicity of compositional techniques, both vocal and instrumental, used by Nono throughout the 1950s, which here sometimes accompany or contrast with one another in a powerfully experimental tension: aspects such as seriality, a sculptural treatment of sound and text, a residual but intense lyricism, a differentiated use of the orchestra, and the incorporation of electronics. CF

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1968 Tra contestazioni e nuovi ideali


1968 Tra contestazioni e nuovi ideali Vittorio Pajusco Giuseppe Ghigi — (pagina precedente) “Uomo-sandwich” con cartello di protesta con la scritta ‘Johnson non rompere i padiglioni!’, Riva degli Schiavoni, 1968 • (previous page) “Sandwich man” with the protest sign ‘Johnson non rompere i padiglioni!’ during the demonstration, Riva degli Schiavoni, 1968

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ITA Il 1968 è l’anno delle contestazioni: mancano pochi giorni all’inaugurazione della Biennale quando gli studenti delle università e delle accademie, solidali con i rivoluzionari di Praga, occupano gli atenei e scendono a manifestare in strada. La Biennale, vista come simbolo della cultura borghese con uno statuto anacronistico, diventa l’obiettivo principale di tutte le contestazioni. Le autorità si preoccupano per i possibili disordini dopo che a maggio la Triennale di Milano era stata occupata. Da più parti si chiede di rimandare l’inaugurazione della XXXIV Esposizione Internazionale d’Arte, tuttavia i commercianti veneziani insistono perché si realizzi l’evento mondano per non compromettere la stagione turistica. Arrivano intanto le dimissioni di Giuseppe Mazzariol, Arnaldo Pomodoro e Giuseppe Santomaso dalla sottocommissione delle Arti Figurative, mentre alcuni artisti preoccupati mandano telegrammi alla Biennale per ritirare le proprie opere. Le proteste giovanili in piazza San Marco, capeggiate dal musicista Lugi Nono e dal pittore Emilio Vedova, vengono represse dalle cariche della polizia e i giornali titolano: la Biennale del manganello. Nei tafferugli sono coinvolti molti critici e cronisti stranieri. Il 18 giugno l’ingresso della mostra è sorvegliato da un numero spropositato di forze dell’ordine, cosa che crea un clima di tensione generale. All’interno dei Giardini invece il panorama è desolante: la maggior parte dei padiglioni nazionali è chiusa e molti degli artisti italiani come Lorenzo Guerrini e Gastone Novelli, in sostegno ai manifestanti, girano i loro quadri verso le pareti e alcuni arrivano a scrivere sul retro delle loro opere: “Biennale fascista”. Tra i premiati del ’68 troviamo la pittrice optical Bridget Riley e lo scultore cibernetico Nicolas Schöffer; tra gli italiani Gianni Colombo che presenta il suo Spazio elastico e Pino Pascali, che morirà tragicamente un mese prima della fine della Biennale, con una sala ‘ludica’ fatta di oggetti ricoperti di stuoie di plastica, lana di ferro e piume di gallina. All’indomani delle proteste del 1968 importanti cambiamenti modificheranno l’Esposizione d’Arte: si aboliscono, infatti, i Gran premi (ripristinati solo nel 1986) e si modifica l’ufficio vendite trasformandolo in un ‘servizio vendite’, quest’ultimo cancellato definitivamente nel 1973.

FIG. 02 — Volantino ‘Benvenuto colui che viene nel nome del questore’, 1968 • ‘Benvenuto colui che viene nel nome del questore’ flyer, 1968

— Ciò che resta della Biennale si inaugura oggi a Venezia, Corriere della Sera, 21 giugno/June 1968, Sandro Meccoli

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1968 A year of protests and new ideals Vittorio Pajusco Giuseppe Ghigi

Il 25 agosto 1968 per la serata inaugurale della XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica le luci del Palazzo sono spente, le saracinesche abbassate e, di fronte, un cordone di poliziotti blocca un gruppo di contestatori che chiede le dimissioni di Luigi Chiarini, direttore della Mostra dal 1963, e di autogestire la rassegna. Insieme a studenti, critici e alcuni registi dell’Associazione italiana autori cinematografici: Liliana Cavani, Marco Ferreri, Ugo Gregoretti, Francesco Maselli, Pier Paolo Pasolini, Gillo Pontecorvo e Cesare Zavattini. “No alla cultura dei padroni!” è lo slogan. Chiarini e la ‘sua’ Mostra hanno in programma film come Nostra Signora dei Turchi di Carmelo Bene, Partner di Bernardo Bertolucci, Fuoco! di Gian Vittorio Baldi, Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos di Alexander Kluge (che vincerà il Leone d’Oro), Faces di John Cassavetes, Csend és kiáltás di Miklós Jancsó, Teorema di Pier Paolo Pasolini. La serata d’apertura viene annullata e la Mostra si inaugura due giorni dopo. Alla fine del festival Luigi Chiarini è costretto a dimettersi. Nel 1972-1973, l’Anac organizza le Giornate del cinema italiano, la contromostra, al cinema Olimpia, in campo Santa Margherita e nelle fabbriche di Marghera, una specie di assemblea permanente a cui partecipano Jean-Luc Godard, Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci, Gian Maria Volonté e Marco Bellocchio che presenta in anteprima Nel nome del padre. I battenti della Mostra si chiudono nel 1972 in attesa del nuovo statuto che arriverà nel 1974. L’epilogo del Sessantotto si ha proprio nel 1974 con il ‘caso’ Chung Kuo, Cina di Michelangelo Antonioni che Carlo Ripa di Meana, neopresidente della Biennale di Venezia, e Giacomo Gambetti, direttore del Settore Cinema, vorrebbero proiettare al Teatro La Fenice, suscitando le proteste del Governo cinese e dei filomaoisti italiani che considerano il film una provocazione. Umberto Eco ricorda che “all’ultimo momento il prefetto di Venezia, correndo in aiuto alle autorità di Pechino, aveva scoperto che La Fenice era inagibile come sala cinematografica”. La proiezione si terrà al cinema Olimpia assediato dai manifestanti. 1968 was the year of protests: just a few days before the Biennale Arte opened, students occupied their universities and art academies and took to the streets to demonstrate in support of the Prague Spring. Seen as a symbol of bourgeois culture, with an anachronistic statute, the Biennale became the demonstrators’ primary target. The authorities worried about the potential for disruptions after the Triennale in Milan was occupied in May. Calls to postpone the opening of the 34th International Art Exhibition came in from various sides, but Venetian businesses insisted that the event should start as planned to avoid jeopardising the

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tourist season. Meanwhile, Giuseppe Mazzariol, Arnaldo Pomodoro and Giuseppe Santomaso resigned from the figurative arts subcommittee and a number of artists sent telegrams to La Biennale to withdraw their work. Youth protests in Piazza San Marco, led by composer Luigi Nono and painter Emilio Vedova, were put down by the police and the headlines read: “The Biennale of Truncheons”. A great many critics and foreign journalists were caught up in the ensuing scuffles. On 18 June there was an unprecedented police presence at the entrance, creating a general climate of tension. Inside, on the other hand, the Giardini looked deserted, with most national pavilions closed. Many of the Italian artists, including Lorenzo Guerrini and Gastone Novelli, turned their paintings to the wall in support of the demonstrators, and some even went so far as to write “Fascist Biennale” on the back of their work. The prize winners for 1968 included optical painter Bridget Riley and cybernetic sculptor Nicolas Schöffer. Among the Italians, Gianni Colombo presented his Spazio elastico and Pino Pascali, who died tragically a month before the end of the Biennale, brought a playful room of objects covered in plastic matting, steel wool and chicken feathers. The 1968 protests ushered in significant changes to the Biennale Arte: the grand prizes were abolished (until 1986), and the sales office was turned into a “sales service” before being definitively closed in 1973.

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On 25 August 1968, on the opening night of the 29th Venice International Film Festival, the lights at the Palazzo del Cinema were switched off and its blinds were pulled down. A line of police officers held back the group of protestors outside; they were demanding the resignation of Luigi Chiarini, who had been the director since 1963, and that the festival be self-managed by participants. Some critics and directors from the Associazione Italiana Autori Cinematografici (ANAC – Italian Association of Filmmakers) – Liliana Cavani, Marco Ferreri, Ugo Gregoretti, Francesco Maselli, Pier Paolo Pasolini, Gillo Pontecorvo and Cesare Zavattini – backed the students. “Down with the culture of the powerful!” became their slogan. Chiarini and “his” festival had drawn up a programme that included Carmelo Bene’s Nostra Signora dei Turchi, Bernardo Bertolucci’s Partner, Gian Vittorio Baldi’s Fuoco!, Alexander Kluge’s Die Artisten in der Zirkuskuppel: ratlos (which won the Golden Lion), John Cassavetes’ Faces, Miklós Jancsó’s Csend és kiáltás and Pier Paolo Pasolini’s Teorema. The opening night was cancelled and the festival began two days later. At the end of it, Luigi Chiarini was forced to resign. In 1972-73, ANAC organised the Giornate del Cinema Italiano, an alternative festival held at Cinema Olimpia, in Campo Santa Margherita and at the Marghera

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factories. It was a sort of general assembly in which Jean-Luc Godard, Marco Ferreri, Bernardo Bertolucci, Gian Maria Volonté and Marco Bellocchio all took part, with Bellocchio presenting a preview of Nel nome del padre. The Venice Film Festival closed down in 1972 until a new statute could be adopted, which happened only in 1974. The epilogue to the 1968 movement came along in 1974 in the form of friction over Michelangelo Antonioni’s Chung Kuo, Cina: Carlo Ripa di Meana, the new president of La Biennale, and Giacomo Gambetti, director of the Cinema Department, wanted to screen it at Teatro La Fenice, but this brought complaints from the Chinese government and from Mao supporters in Italy who considered the film a provocation. Umberto Eco recalled that “at the last moment the Venice prefect came to the aid of the Beijing regime and suddenly discovered that La Fenice was unfit for use as a cinema”. The screening took place at Cinema Olimpia, but was besieged by protestors. 05

FIG. 04 — Biennale in crisi, Corriere della Sera, 21 giugno/June 1968, Dino Buzzati FIG. 05 — Lettera alla Biennale di Venezia, 3 giugno 1968 • Letter to La Biennale di Venezia, 3 June 1968

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— (pagina precedente) Contestazione a Venezia, 1968 • (previous page) Protest in Venice, 1968

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— Contestazioni e manifestazione ai Giardini della Biennale, 1968 • Protests and demonstration at the Giardini della Biennale, 1968

FIG. 07

FIG. 08 — La polizia carica i manifestanti davanti al Caffè Florian, 1968 • The police charges the demonstrators in front of the Caffè Florian, 1968 FIG. 09 — Folla di manifestanti con cartelli di protesta durante la contestazione studentesca, 1968 • The crowd with protest signs during the student demonstration, 1968

— Contestazione a Venezia, in prima fila Massimo Cacciari e Luigi Nono, 1968 • Protest in Venice, in the front row Massimo Cacciari and Luigi Nono, 1968

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— Interno del Padiglione Italia, quadri coperti con fogli di carta durante la contestazione, 1968 • Interior of the Italian pavilion, paintings covered with sheets of paper during the protest, 1968 FIG. 11

— Un momento della contestazione, 1968 • A moment of the protest, 1968

FIG. 12

FIG. 13 — Telegramma di Arnaldo Pomodoro alla Biennale, 3 giugno 1968 • Telegram from Arnaldo Pomodoro to La Biennale, 3 June 1968 FIG. 14 — Telegramma dell’Unione Donne Italiane, 21 giugno 1968 • Telegram from the Unione Donne Italiane, 21 June 1968 FIG. 15 — Gian Alberto Dell’Acqua e Eugenio Gatto durante l’inaugurazione della 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968 • Gian Alberto Dell’Acqua and Eugenio Gatto during the opening of the 34th International Art Exhibition, 1968 FIG. 16 — Telegramma di Remo Brindisi, 21 giugno 1968 • Telegram from Remo Brindisi, 21 June 1968

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— Cartolina alla Commissione Giudicatrice della Biennale, 1968 • Postcard to the Jury Commission of La Biennale, 1968

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FIG. 19 — L’esterno del padiglione dei Paesi Nordici durante la contestazione, 1968 • The exterior of the Nordic Countries pavilion during the protest, 1968 FIG. 20 — Il padiglione dei Paesi Nordici chiuso per la contestazione, 1968 • The Nordic Countries pavilion remains closed due to the protests, 1968

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— (pagina precedente) Mario Nigro nella sua sala, 1968 • (previous page) Mario Nigro in his room, 1968

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— Gastone Novelli durante la contestazione, 1968 • Gastone Novelli during the protest, 1968

FIG. 22, 24

— Gastone Novelli e Gian Alberto Dell’Acqua durante la contestazione, 1968 • Gastone Novelli and Gian Alberto Dell’Acqua during the protest, 1968

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FIG. 25, 26 — Lettera di Gastone Novelli alla

Biennale, 20 giugno 1968 • Letter from Gastone Novelli to La Biennale, 20 June 1968 FIG. 27 — Gastone Novelli all’interno del Padiglione Italia durante la contestazione, 1968 • Gastone Novelli inside the Italian pavilion during the protest, 1968

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— (pagina precedente) Le tele di Gastone Novelli capovolte per protesta, 1968 • (previous page) Gastone Novelli’s canvases exhibited upside down as a sign of protest, 1968

FIG. 28

— Pier Paolo Pasolini in campo Santa Margherita durante la contestazione, 1968 • Pier Paolo Pasolini in campo Santa Margherita during the protest

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FIG. 30 → 32 — Contestazione del pubblico alla 29. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, 1968 • Protest at the 29th Venice International Film Festival, 1968

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— Giornate del cinema italiano, Marco Bellocchio, 1972

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— Giornate del cinema italiano, Jean-Luc Godard, 1972

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— Giornate del cinema italiano, Tinto Brass, Gigi Proietti, 1972

FIG. 35

— Giornate del cinema italiano, campo Santa Margherita, 1972

FIG. 36

— Giornate del cinema italiano, Marcello Mastroianni, Marco Ferreri, 1972

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— Giornate del cinema italiano, Nanni Loy, Gian Maria Volonté, 1972

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FIG. 39 — Balletti negri e indiani non convincono a Venezia, Il Popolo, 14 settembre/September 1967

— Manifesto per The Alvin Ailey American Dance Theater, Teatro La Fenice, Alvin Ailey, 1967 • Poster for The Alvin Ailey American Dance Theater, Teatro La Fenice, Alvin Ailey, 1967

FIG. 40

— The Alvin Ailey American Dance Theater: Blues suite, Prodigal prince, Revelations, Alvin Ailey, 1967

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— Locandina per Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Biennale Musica 1968 • Poster for the Alwin Nikolais Dance Company’s Ballets, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Biennale Musica 1968

FIG. 44

FIG. 45 — Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Biennale Musica 1968 • Alwin Nikolais Dance Company’s Ballets, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Biennale Musica 1968

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FIG. 46 — Merce Cunningham & Dance Company, Piazza San Marco Event, Biennale Musica 1972 FIG. 47 — Manifesto per Merce Cunningham & Dance Company, Piazza San Marco Event, Biennale Musica 1972 • Poster for Merce Cunningham & Dance Company, Piazza San Marco Event, Biennale Musica 1972

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Le contestazioni studentesche della primavera del Sessantotto FIG. 01, 06, 09

ITA I mesi che precedono l’inaugurazione della XXIV Esposizione Internazionale d’Arte vedono susseguirsi numerose manifestazioni in molte piazze, in Italia e oltralpe. Alla vigilia dell’inaugurazione, il 18 giugno 1968, l’Accademia di Belle Arti di Venezia è già occupata dagli studenti da oltre due mesi, seppur in modo discontinuo. Gli studenti protestano contro il sistema borghese e contro una Biennale giudicata elitaria e chiusa alla città. MP

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L’allarme per le opere e la crescita della tensione FIG. 02, 05, 13

L’occupazione della Triennale di Milano precede di due settimane l’inaugurazione della Biennale Arte, e le notizie dei danneggiamenti alle opere esposte mettono in allarme i prestatori. La segreteria riceve telegrammi che chiedono rassicurazioni sulle precauzioni adottate a protezione delle opere o la restituzione immediata: in alcuni casi i prestatori decidono di non inviarle affatto. A una settimana dall’inaugurazione, il segretario generale Gian Alberto Dell’Acqua annuncia che non più del 40% delle opere è pronto per essere esposto. Molte altre comunicazioni contribuiscono a far salire la tensione, tra cui una, anonima, che chiosa in stampatello: “CERCATE DI ESSERE PREPARATI. SONO DEI PAZZI” e quelle del Movimento Studentesco e del Comitato di Boicottaggio della Biennale, che esortano gli artisti invitati a disertare la Mostra, in nome di “un nuovo dialogo tra le forme dell’Arte” e per contrapporsi alla “struttura repressiva del capitale”. MP

03

La vernice contestata ai Giardini FIG. 07, 08, 10

In questo clima di allarmismo e tensione, temendo l’assalto dei manifestanti ai padiglioni, l’amministrazione della Biennale di Venezia organizza un presidio di protezione ai padiglioni da parte della polizia. Il primo scontro avvie-

ne la mattina della vernice, quando i contestatori – tra i quali si riconoscono il filosofo e futuro sindaco di Venezia Massimo Cacciari, il compositore Luigi Nono e l’artista Emilio Vedova – si incamminano muniti di cartelli verso i cancelli di accesso dei Giardini, dove li attendono ‘centinaia’ (il numero esatto non è mai stato stabilito) di poliziotti in tenuta antisommossa, carabinieri e celerini che presidiano le opere e i padiglioni ancora non del tutto allestiti. MP

04

La protesta degli artisti FIG. 11, 12, 15, 19, 20, 22 → 24, 27

Il massiccio dispiegamento di polizia ai Giardini innesca la reazione degli artisti, che fino a quel momento non avevano accolto l’invito del Movimento Studentesco a disertare la Mostra. Alcuni sbarrano l’accesso alle sale con cavalletti e cartelli, altri coprono le opere con teli di plastica. Gastone Novelli, con un gesto diventato simbolo di tutta la protesta, volta le proprie tele verso il muro e scrive sul retro “La Biennale è fascista”. Gli artisti italiani vengono presto emulati da alcuni artisti stranieri presenti nei padiglioni nazionali. Sulla grande vetrata del padiglione svedese compare la scritta “La Biennale è morta”. MP

05

I video della contestazione della Biennale Arte

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Il ritiro degli artisti dalla Biennale FIG. 14, 16 → 18, 25, 26

Nei giorni successivi al vernissage e prima dell’apertura al pubblico prevista per il 22 giugno, gli uffici della Biennale ricevono numerosi telegrammi e diffide dagli artisti italiani in mostra, che comunicano il ritiro delle proprie opere, a causa del clima intimidatorio e repressivo. La linea indicata dal presidente-sindaco Giovanni Favaretto Fisca al segretario generale Dell’Acqua è dura: negli scambi epistolari si leggono velate minacce sulle possibili conseguenze giuridiche per un eventuale ritiro delle opere dalla Mostra. MP

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La rassegna stampa nei giorni della vernice FIG. 03, 04

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Le fotografie di Ugo Mulas FIG. 21, 28

Ugo Mulas, leggendario fotografo italiano conosciuto per i suoi reportage della scena artistica italiana e internazionale, immortala l’arte e gli artisti a Venezia per oltre vent’anni. Nel Sessantotto l’obiettivo di Mulas documenta gli scontri con la polizia in piazza San Marco e le proteste degli artisti dentro alle sale del Padiglione. Negli scatti compaiono le opere coperte e le dichiarazioni di Valerio Adami, Rodolfo Aricò, Leoncillo, Mario Nigro, Gastone Novelli, Pino Pascali. MP

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Il Sessantotto visto dagli archivi dell’Istituto Luce

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La contestazione alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica nel 1968 vista dall’archivio Rai Teche e AAMOD

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Le fotografie della contestazione alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido FIG. 29 → 32

Il 20 agosto 1968 i carri armati sovietici entrano a Praga, nello stesso giorno l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici annuncia il boicottaggio della “Mostra dei padroni” e contro lo statuto dell’Ente Biennale che risale all’epoca fascista (1938). Bernardo Bertolucci, Liliana Cavani, Pier Paolo Pasolini sono incerti se rinunciare a proiettare i loro film o ritirarli per solidarietà con la protesta. Nel frattempo, alcuni membri della giuria, Henri Langlois, Jonas Mekas, Edgar Reitz, si dimettono. Il 24 agosto un cordone di polizia circonda il Palazzo del Cinema: è annullata la serata di gala e la Mostra riapre i battenti il 27 agosto. Marco Ferreri, Ugo Gregoretti, Citto Maselli, Gillo Pontecorvo, Pier Paolo Pasolini, Franco Solinas, Cesare Zavattini, concionano i manifestanti e si verifica qualche tafferuglio con la Polizia mentre una “bomba carta” esplode facendo più rumore mediatico che danni. Si annuncia una contromanifestazione di negozianti e albergatori del Lido interessati a far svolgere la Mostra. Il direttore del festival Luigi Chiarini permette che si svolga un’assemblea dei contestatori in Sala Grande, ma alle

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due di notte scade il termine concesso e la Polizia interviene sgombrando la sala. GG

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Le Giornate del cinema italiano, 1972 FIG. 33 → 38

La Mostra del Cinema in mano a Gian Luigi Rondi e il nuovo statuto della Biennale ancora in forse (verrà approvato il 26 luglio 1973): così l’Associazione Nazionale Autori Cinematografici decide di organizzare a Venezia una “contromostra”. Aderiscono all’iniziativa, tra gli altri, Marco Bellocchio, Marco Ferreri, Nanni Loy, Citto Maselli, Giuliano Montaldo, Ugo Pirro, Ettore Scola, Cesare Zavattini. In campo Santa Margherita e al cinema Moderno prendono il via il 1° settembre del 1972 ‘Le Giornate del cinema italiano’ con la proiezione in anteprima mondiale di Nel nome del padre di Bellocchio. Dalla Francia arriva Jean-Luc Godard che interviene negli affollati dibattiti con il pubblico a cui si uniscono Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté, Elio Petri, Francesco Rosi. Si rivendica il diritto di fare cinema come atto di partecipazione sociale, senza barriere e senza premi. Nel 1973, la Mostra del Cinema non si tenne e le ‘Giornate del cinema italiano’ occuparono lo spazio lasciato vuoto dalla Biennale appena riformata. GG

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La rassegna stampa sulla contestazione alla Biennale Cinema

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La contestazione alla presentazione di “Chung Kuo, Cina” di Michelangelo Antonioni

La proiezione di Chung Kuo, Cina di Michelangelo Antonioni alla Biennale Cinema del 1974 fu un caso. Scrisse Umberto Eco: “Dentro il recinto dei carri Ripa di Meana. Intorno, a carosello, cavalcavano il governo cinese, il ministro italiano degli esteri, l’ambasciata italiana a Pechino, l’associazione Italia-Cina, la polizia, i pompieri e alcuni filocinesi sciolti. La storia è nota, la Cina protestava per l’imminente proiezione alla Fenice di Chung Kuo, il governo italiano aveva fatto di tutto per impedire l’evento, la Biennale aveva resistito in nome del diritto all’informazione e all’espressione arti-

stica, all’ultimo momento il prefetto di Venezia, correndo in aiuto alle autorità di Pechino, aveva scoperto che la Fenice era inagibile come sala cinematografica (dopo che da una settimana non si faceva altro che proiettarvi film). Meana si attaccava al telefono coi suoi collaboratori, in mezz’ora liberava la sala del cinema Olimpia, e quivi avveniva la proiezione”. Fuori del cinema la Polizia teneva a bada i manifestanti che volevano impedire la proiezione di un film che, secondo loro, denigrava la Cina di Mao. GG

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La danza americana a Venezia: Alvin Ailey, Alwin Nikolais e Merce Cunningham FIG. 39 → 47

Venezia accoglie la danza statunitense all’alba delle contestazioni giovanili che scuoteranno il mondo intero alla fine degli anni Sessanta. Nel 1967 Alvin Ailey (1931-1989) fa scalpore in Laguna con Blues Suite, Prodigal Prince e Revelations, presentati nel Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale. Ailey introduce musiche e tradizioni afroamericane in una forma peculiare di danza moderna colta, rifiutando di ridurre i ballerini di colore allo stereotipo di figure per lo più destinate all’intrattenimento del pubblico bianco. Senza ricadere nel folklore o nella stilizzazione di presunte danze etniche, le coreografie di Ailey si distinguono per le composizioni sceniche e i contenuti originali, che immaginano una nuova danza, orgogliosamente indipendente dalla linea euro-americana. Gli spettacoli di Ailey sono alla terza tournée europea quando arrivano a Venezia nel 1967 ma ancora suscitano una reazione mista nella critica italiana che da un lato ne apprezza le innovazioni linguistiche e stilistiche, dall’altro pare confusa dall’inclusione di performance di danza moderna statunitense tanto anomale nel contesto del Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Alwin Nikolais (1910 -1993), americano di famiglia russo-tedesca, arriva a Venezia nel 1968 con l’emblematico Imago, e si distingue per una danza essenzialmente astratta, formale, anti-narrativa, certo lontana non solo dal balletto illustrativo della musica di tradizione secolare, ma anche dalla matrice espressiva della danza moderna europea. Come portabandiera della sperimentazio-

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ne più avanzata, come autore di danze di cui cura movimento, musica, luci, costumi, Nikolais si dimostra un perfetto artista totale. La californiana Carolyn Carlson, danzatrice, coreografa e maestra, che sarà alla testa del Teatro Danza La Fenice (1980-1985) e che dirigerà il Settore Danza della Biennale di Venezia dal 1999 al 2002, fa parte del cast veneziano di questa edizione. Merce Cunningham (1919-2009), artista di origine anglo-europea e di famiglia progressista, già danzatore per Martha Graham (1894 - 1991), compagno del musicista John Cage (1912-1992), rende autonoma la danza come opera segnica mobile, formale, senza plot, creata aleatoriamente, compresente in un tempo dato e in indipendenza reciproca con la musica e gli oggetti scenici. Nel 1972, in Piazza San Marco, Cunningham realizza uno dei suoi Events più rimarchevoli, facendo preventivamente ripulire con la ramazza dai suoi danzatori lo spazio in cui agire al centro del pubblico astante, tra sedie sonorizzate in una dinamica di puro movimento, sulla nuda pavimentazione di questo luogo carico di storia. EGV

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Simone Forti

Simone Forti, nata a Firenze nel 1935, si rifugia con la famiglia negli Stati Uniti in seguito alla pubblicazione delle leggi razziali del 1938. Coreografa, danzatrice e scrittrice, a partire dall’inizio degli anni Cinquanta Forti sperimenta il linguaggio del corpo in movimento e le potenzialità dell’improvvisazione. Il lavoro di Forti è radicato in quello di Anna Halprin, a cui si deve l’affermazione della danza postmoderna americana, e in quello del Judson Dance Theatre di New York, un gruppo eterogeneo di innovatori della danza moderna e della performance. Le sue coreografie sono basate su gesti minimali, e l’improvvisazione e l’intervento del caso entrano a far parte integrante del risultato finale. Proprio nella sua città natale, grazie all’iniziativa Art-Tapes, video d’artista prodotti da Maria Gloria Bicocchi, documenta la performance No Title nel 1973. La produzione, chiamata art/tapes/22, annovera, tra gli altri, opere di Marina Abramović, Vito Acconci, Allan Kaprow, Ketty La Rocca, Urs Lüthi, Dennis Oppenheim, Bill Viola, che vengono successivamente acquisite dalla Biennale. MP

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Student demonstrations in the spring of ’68 FIG. 01, 06, 09

ENG The months before the opening of the 24th International Art Exhibition brought a string of demonstrations in cities across Italy and France. By the time of the opening, on 18 June 1968, the art academy in Venice had been occupied off and on by students for over two months. The art students were protesting against the bourgeois system, and against a Biennale they saw as elitist and cut off from the city. MP

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Concerns about the safety of the art and growing tensions FIG. 02, 05, 13

The occupation of the Milan Triennale came two weeks before the opening of Biennale Arte and the news of damage to its artworks frightened Biennale lenders. The organisers received telegrams asking them to either provide reassurance about the precautions adopted to protect the work, or return it immediately. In some cases lenders decided not to send the artworks at all. A week before opening, Secretary General Gian Alberto Dell’Acqua announced that only forty per cent of the work was ready for exhibition. Many other messages heightened tensions even further, including an anonymous letter warning, in capital letters, “TRY TO GET READY. THEY’RE CRAZY”. There were also statements from the student movement and from a committee set up to organise a boycott, exhorting artists to desert the Biennale in the name of “a new dialogue between art forms” and to combat “the repressive structure of capital.” MP

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Contested vernissage at the Giardinii

(the exact number has never been established) of police officers in riot gear, Carabinieri and special mobile units were standing guard over the artworks and the pavilions, which were still being prepared. MP

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The artists’ protests FIG. 11, 12, 15, 19, 20, 22 → 24, 27

The massive deployment of police at the Giardini triggered a reaction from the artists, who until then had not taken up the student movement’s invitation to desert the Biennale. Some blocked access to the exhibition rooms with easels and placards, others covered their work with plastic sheeting. In a gesture which later became emblematic of the whole protest, Gastone Novelli turned his paintings to the wall and wrote “The Biennale is Fascist” on the back. The Italian artists were soon emulated by foreign artists in other pavilions. On the glass front of the Swedish pavilion, someone wrote “The Biennale is Dead”. MP

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The protests as recorded by the Istituto Luce archives

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The protest at the International Film Festival in 1968, seen through the Rai Teche and AAMOD archives

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Photos of protests at the Lido during the Venice International Film Festival FIG. 29 → 32

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The AAMOD protest documentary video

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Withdrawal of artworks from the Biennale FIG. 14, 16 → 18, 25, 26

In the days following the vernissage and prior to the public opening planned for 22 June, La Biennale offices received many telegrams and letters of warning from participating Italian artists, notifying it of their intention to withdraw their work in light of the atmosphere of intimidation and repression. The president, Mayor Giovanni Favaretto Fisca, told Secretary General Dell’Acqua to take an inflexible stance, and in the correspondence one finds veiled threats of legal action if work was withdrawn. MP

FIG. 07, 08, 10

In this climate of alarmism and tension, fearing that demonstrators would attack the pavilions, La Biennale management organised a police presence to protect them. The first clash took place on the morning of the vernissage, when demonstrators – including future Venice mayor Massimo Cacciari, composer Luigi Nono and artist Emilio Vedova – moved with their placards toward the Giardini gates, where “hundreds”

ists for over twenty years. In 1968 he documented the clashes between protestors and police in Piazza San Marco, and the artists’ demonstrations in the Giardini. His photos show covered-up artworks and statements by Valerio Adami, Rodolfo Aricò, Leoncillo, Mario Nigro, Gastone Novelli and Pino Pascali. MP

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Press clippings of the vernissage FIG. 03, 04

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Ugo Mulas’s photographs FIG. 21, 28

Ugo Mulas, the legendary Italian photographer known for his depictions of the Italian and international art scene, immortalised Venice and its art-

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On 20 August 1968 Soviet tanks entered Prague. That same day, ANAC (the National Association of Filmmakers) announced that it would be boycotting the “Exhibition of the Powerful” in protest against La Biennale’s Fascist-era statute, which dated back to 1938. Bernardo Bertolucci, Liliana Cavani and Pier Paolo Pasolini struggled to decide whether to show their movies anyway or withdraw them in solidarity with the protesters. In the meantime, some members of the jury – Henri Langlois, Jonas Mekas and Edgar Reitz – resigned. On 24 August the Palazzo del Cinema was cordoned off by the police and the gala evening was cancelled, with the exhibition opening only on 27 August.Marco Ferreri, Ugo Gregoretti, Citto Maselli, Gillo Pontecorvo, Pier Paolo Pasolini, Franco Solinas and Cesare Zavattini made speeches and a few scuffles broke out, with a makeshift bomb exploding but causing more media noise than actual damage. A counter-demonstration of Lido shopkeepers and hoteliers who wanted the festival to take place was announced. Luigi Chiarini, the festival director, allowed a protesters’ assembly to be held in the Sala Grande, but at two o’clock in the morning their time was up and the police moved in to clear the hall. GG

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The Giornate del Cinema Italiano, 1972 FIG. 33 → 38

With the Venice Film Festival now in the hands of Gian Luigi Rondi and doubts still surrounding the proposed new statute (approved on 26 July 1973), the filmmakers’ association, ANAC, decided to hold an alternative festival in Venice with Marco Bellocchio, Marco Ferreri, Nanni Loy, Citto Maselli, Giuliano Montaldo, Ugo Pirro, Ettore Scola and Cesare Zavattini taking part. The resulting Giornate del Cinema Italiano opened on 1 September 1972, with screenings that included Bellocchio’s Nel nome del padre. Jean-Luc Godard arrived from France and took part in packed public debates, with Marcello Mastroianni, Gian Maria Volonté, Elio Petri and Francesco Rosi also present. Participants asserted the right to make films as an act of social participation that should not be subject to gatekeepers or prizes. In 1973 the Venice International Film Festival was not held and the Giornate del Cinema Italiano occupied the space that La Biennale still left vacant, despite new reforms. GG

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Press clippings about the Biennale Cinema protests

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Protests at the presentation of “Chung Kuo, Cina” by Michelangelo Antonioni

The screening of Michelangelo Antonioni’s Chung Kuo, Cina at the Biennale Cinema 1974 caused a commotion. As Umberto Eco wrote: “Ripa di Meana was inside the circle of wagons. And galloping around outside it were the Chinese government, the Italian foreign minister, the Italian ambassador in Beijing, the Italian-Chinese friendship association, the police, the fire brigade and certain pro-China lone wolves. Everyone knows how it went. China protested against the imminent screening of the film at La Fenice, the Italian government did everything possible to block it, the Biennale resisted in the name of freedom of information and artistic expression. At the last minute the Venice prefect came to the aid of the Beijing regime and suddenly discovered that La Fenice was unfit for use as a cinema (after films

had been screened there non-stop for a week). Meana got on the phone to his assistants and, in the space of half an hour, had Cinema Olimpia freed up for the screening”. Outside the theatre, police held back demonstrators who wanted to prevent the film from being shown, claiming that it denigrated Maoist China. GG

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American dance in Venice in 1968: Alvin Ailey, Alwin Nikolais and Merce Cunningham FIG. 39 → 47

At the dawn of the youth protests which were to rock the whole world in the late 1960s, Venice was showcasing American dance. In 1967 Alvin Ailey (1931-1989) caused quite a stir with Blues Suite, Prodigal Prince and Revelations, presented at La Biennale’s International Festival of Contemporary Music. Ailey drew on African American music and traditions to create a peculiar form of modern dance, refusing to reduce its black dancers to the stereotypes of figures mostly employed to entertain a white audience. Avoiding the snare of picturesque or stylised “ethnic” dance, Ailey’s choreographies stood out for their scenic composition and original content, in a new, proudly independent vision that was free of the European American straitjacket. Ailey’s shows were on their third European tour by the time they got to Venice in 1967, but their critical reception in Italy was nonetheless mixed, with admiration for their linguistic and stylistic innovations but perplexity over the inclusion of unusual American modern dance performances at the International Festival of Contemporary Music. In 1968, Alwin Nikolais (19101993), an American of Russian-German descent, ushered in an essentially abstract, formal, non-narrative kind of dance in his emblematic Imago, a world away not only from the illustrations of music traditional in the West, but also from the expressive mould of modern European dance. As a standard bearer of cutting-edge experimentation, who personally oversaw the movements, music, lights and costumes of his works, Nikolais was the definition of a total artist. Californian dancer, choreographer and teacher Carolyn Carlson, who later

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headed Teatro Danza La Fenice (19801985) and managed the Biennale Danza Department from 1999 to 2002, was part of the cast. Merce Cunningham (1919-2009), a choreographer from a progressive European American background, had been a dancer for Martha Graham (1894-1991) and was the partner of musician John Cage (1912-1992). He made dance independent as a mobile, formal, plotless set of signs, based on elements of chance, coexisting with yet unfettered from the music and the objects on stage. In Piazza San Marco in 1972 he staged one of his most remarkable Events: after his dancers used brooms to clear out a space at the centre of the crowd, they performed amidst sound-emitting chairs in a dynamic of pure movement, on the bare paving stones of a space imbued with history. EGV

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Simone Forti

Born in Florence in 1935, Simone Forti took refuge in the United States with her family after Italy issued anti-Semitic laws in 1938. A choreographer, dancer and writer, she began experimenting with the language of movement and the possibilities of improvisation in the early 1950s. Forti’s oeuvre is rooted in the work of Anna Halprin, who was responsible for the spread of postmodern dance in America, and of New York’s Judson Dance Theatre, a varied group of experimental dancers and performers. Her choreographies were based on minimalist movement with improvisation and chance becoming an integral part of the end result. It was in the very city of her birth – thanks to the art-tapes initiative, a series of videos produced by Maria Gloria Bicocchi – that the No Title performance was recorded in 1973. Known as art/tapes/22, this production included works by Marina Abramović, Vito Acconci, Allan Kaprow, Ketty La Rocca, Urs Lüthi, Dennis Oppenheim and Bill Viola, amongst others, which were subsequently acquired by La Biennale. MP

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’70 Interdisciplinarità e impegno politico


’70 Interdisciplinarità e impegno politico

ITA Nei primi anni Settanta lo statuto della Biennale resta il problema più grande da affrontare. All’inizio del 1973 si comincia a discutere a livello governativo della questione e finalmente il 26 luglio il Parlamento italiano approva il nuovo regolamento che svecchia quello fascista ancora in vigore dal 1938. Bisogna però aspettare il 20 marzo del 1974 perché i diciotto membri del Consiglio direttivo vengano nominati da tutte le parti politiche, creando una vera e propria spartizione politica della Biennale. Carlo Ripa di Meana (Partito socialista) viene eletto presidente, mentre il democristiano Floris Ammannati, ex soprintendente del Teatro La Fenice, viene nominato segretario generale. Vittorio Gregotti (Partito comunista) assume la direzione dei settori Arti Visive e Architettura, Giacomo Gambetti (Democrazia cristiana) di quelli di Cinema e Televisione, Luca Ronconi (Partito comunista) di Teatro e Musica. Il nuovo statuto, oltre a riconoscere l’architettura e la televisione come nuovi settori della Biennale, sottolinea la necessità di “attività permanenti” e di “attività sul territorio”. La Biennale quindi esce dai Giardini e dai teatri e si diffonde in zone inesplorate. Si sperimenta il teatro nel bel mezzo dello stabilimento petrolchimico di Porto Marghera con un Otello ricordato per la sua qualità, ma anche per l’unicità dell’esperienza. Fabio Mauri dirige un’azione scenica con la compagnia di Ca’ Foscari dal provocatorio titolo: “Che cos’è il fascismo” spostandosi da un tendone in campo San Polo, alle aule di un istituto tecnico di Mestre, alla biblioteca civica di Jesolo.

Vittorio Pajusco

— (pagina precedente) Mario Ceroli dà fuoco al Contenitore per le Proposte per il Mulino Stucky, 1975 • (previous page) Mario Ceroli burns the Contenitore per le Proposte per il Mulino Stucky, 1975

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FIG. 02

— Annuario 1975. Eventi del 1974

FIG. 03

— Annuario 1976. Eventi del 1975

— Catalogo dell’azione scenica Cassio governa a Cipro di Giorgio Manganelli, 1974. Dall’Othello di William Shakespeare • Catalogue of the stage action Cassio governa a Cipro by Giorgio Manganelli, 1974. From William Shakespeare’s Othello

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70s Interdisciplinary and political work Vittorio Pajusco

Il Living Theatre occupa piazze e spazi inusuali della città come anche Jerzy Grotowski che realizza un laboratorio e alcuni spettacoli nell’isola di San Giacomo in Paludo. Nel frattempo, i vecchi padiglioni dei Giardini diventano sale prove per l’Accademia Internazionale di Danza. Per l’Esposizione d’Arte si mantiene la formula di una mostra plurima formata da una costellazione di rassegne ciascuna affidata a vari curatori e dove le discipline si mischiano come nel caso del progetto sul Molino Stucky una mostra tra arte, architettura e urbanistica. Il 1974 rappresenta per l’Italia anche un momento di grande tensione politica e sociale: in maggio la bomba di Piazza della Loggia a Brescia e in agosto l’esplosione del Treno Italicus. La Biennale per una cultura democratica e antifascista: questo è il titolo delle manifestazioni culturali veneziane di quest’anno che vogliono rispondere in maniera forte al Regime del terrore dedicando l’intero anno al Cile. Le attività della Biennale del 1975 aprono il 1° maggio e si chiudono il 20 dicembre, 220 giorni di manifestazioni e attività, un numero immenso rispetto alle edizioni precedenti. La Biennale dai Giardini di Castello si espande in tutta la città: con la collaborazione del Comune vengono utilizzati gli ex cantieri navali della Giudecca, la chiesa di San Lorenzo, i Magazzini del Sale e anche la provincia è coinvolta nelle zone di Chioggia, Mira, Jesolo oltre a Mestre e Marghera. Dopo la Biennale del 1976, diretta da Gregotti, con il Padiglione Centrale dedicato alla Spagna nell’anno successivo alla morte di Franco, il 1977 si presenta con l’operazione sul ‘dissenso’, e poi nel 1978 la Biennale Arte sceglie un titolo, volutamente non politico: Dalla natura all’arte dall’arte alla natura. In the early 1970s La Biennale’s biggest problem was still its statute. Debates at the governmental level on the issue began in early 1973, and on 26 July the Italian Parliament finally approved new regulations to modernise the former Fascist statute, in force since 1938. It was not until 20 March 1974, however, that the board’s eighteen members were appointed from across the political spectrum, carving up La Biennale between the parties. Carlo Ripa di Meana (Socialist Party) was elected president while Floris Ammannati (Christian Democracy), the former superintendent of Teatro La Fenice, was appointed secretary general. Vittorio Gregotti (Communist Party) took over the Visual Arts and Architecture departments, Giacomo Gambetti (Christian Democracy) was given Cinema and Television, and Luca Ronconi (Communist Party) was to head Theatre and Music. The new statute, in addition to adding Architecture and Television as new departments, highlighted the need for “ongoing activities” and “local activities”. La Biennale thus emerged

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— Catalogo della mostra Le macchine celibi, 1975 • Catalogue for the exhibition The Bachelor Machines, 1975

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— Catalogo della mostra Ambiente/Arte. Dal Futurismo alla Body Art, 1976 • Catalogue for the exhibition Ambiente/Arte. Dal Futurismo alla Body Art, 1976

FIG. 06

from the Giardini and theatres and moved out into uncharted terrain. Performances were presented at the Porto Marghera petrochemical plant, with an Othello remembered for its quality but also the uniqueness of the experience. Fabio Mauri directed the Ca’ Foscari company in the provocatively titled What is Fascism?, which moved from a marquee in Campo San Polo to the rooms of a technical institute in Mestre and the Jesolo public library. The Living Theatre occupied town squares and unusual spaces, as did Jerzy Grotowski, with his workshop and performances on the island of San Giacomo in Paludo. In the meantime the old Giardini pavilions served as rehearsal spaces for the Accademia Internazionale di Danza. The Biennale Arte preserved its multiple exhibition format, with a range of events entrusted to various curators; disciplines were often mingled, as in the Molino Stucky project, which brought together art, architecture and city planning. 1974 was a year of great political and social tensions in Italy, with the Piazza della Loggia bombing in Brescia in May and the Italicus Express bombing in August. La Biennale per una cultura democratica e antifascista (La Biennale for Democratic, Anti-Fascist Culture) was the overall title of the Venetian festivals that year, which tried to speak out powerfully against the reign of terror, dedicating the entire edition to Chile. The Biennale’s 1975 calendar opened on 1 May and closed on 20 December after 220 days of exhibitions and activities, a vast number compared to the previous year. La Biennale flowed out of the Giardini and across the city, with the municipal government’s assistance, into a shipyards on Giudecca, the church of San Lorenzo, and the Magazzini del Sale. Even other towns in the province were involved: Chioggia, Mira and Jesolo, as well as Mestre and Marghera. At the 1976 Biennale Arte, directed by Gregotti, the Central Pavilion focused on Spain in the year after Franco’s death; 1977 explored the theme of “dissent”. Then in 1978, the Biennale Arte adopted a deliberately non-political title: Dalla natura all’arte dall’arte alla natura (From Nature to Art and from Art to Nature).

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FIG. 07 — Manifesto della mostra Proposte per il Mulino Stucky. Ceroli Fini, 1975. S. Galante, Alessandro Zen • Poster of the exhibition Concepts for the Mulino Stucky. Ceroli Fini, 1975. S. Galante, Alessandro Zen FIG. 08 — Locandina della mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975 • Poster of the exhibition Concepts for the Mulino Stucky, 1975

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— Ca’ Corner della Regina, la nuova sede dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee, 1976 • Ca’ Corner della Regina, the new venue of the Historical Archives of Contemporary Arts, 1976

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FIG. 12 — (pagina precedente/previous page) Cos’è il fascismo di/by Fabio Mauri, 1974

— (pagina precedente) Azione scenica Cassio governa a Cipro di Giorgio Manganelli, allestimento al Petrolchimico di Marghera, 1974 • (previous page) Stage action Cassio governa a Cipro by Giorgio Manganelli, staging at Marghera's Petrolchimico, 1974

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— Jacques Carelman, Il diamante in Le macchine celibi (The Bachelor Machines), 1975

FIG. 14

— Jacques Carelman, Macchine per fare l’amore in Le macchine celibi (The Bachelor Machines), 1975

FIG. 15

— James Lee Byars in Le macchine celibi (The Bachelor Machines), 1975

FIG. 16

— Germano Celant e Jannis Kounellis nella mostra Ambiente/Arte, 1976 • Germano Celant and Jannis Kounellis at the Ambiente/Arte exhibition, 1976

FIG. 17

FIG. 18 — Giulio Andreotti visita con Carlo Ripa di Meana e Vittorio Gregotti l’ambiente di Sol Lewitt nella mostra Ambiente/Arte, 1976 • Giulio Andreotti visits the environment by Sol Lewitt in the Ambiente/Arte exhibiton with Carlo Ripa di Meana and Vittorio Gregotti, 1976

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FIG. 19 — (pagina precedente/previous page) Jannis Kounellis, Cavalli in Ambiente/Arte, 1976

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FIG. 20 — Lettera di Germano Celant a Vittorio Gregotti, 22 febbraio 1976 • Letter from Germano Celant to Vittorio Gregotti, 22 February 1976

— Tina Anselmi visita con Carlo Ripa di Meana l’ambiente di Sol Lewitt nella mostra Ambiente/Arte, 1976 • Tina Anselmi visits the environment by Sol Lewitt in the Ambiente/ Arte exhibition with Carlo Ripa di Meana, 1976

FIG. 21

FIG. 22 — Bettino Craxi visita con Carlo Ripa di Meana l’ambiente di Mario Merz nella mostra Ambiente/Arte, 1976 • Bettino Craxi visits the environment by Mario Merz in the Ambiente/ Arte exhibition with Carlo Ripa di Meana , 1976

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FIG. 23 — Biennale contestata,

Il Gazzettino, 18 ottobre/October 1975

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— Carlo Ripa di Meana, Vittorio Gregotti, Luca Ronconi, Giacomo Gambetti all’inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975 • Carlo Ripa di Meana, Vittorio Gregotti, Luca Ronconi, Giacomo Gambetti at the opening of the Concepts for the Mulino Stucky exhibition, 1975

FIG. 24

FIG. 25 — Gustav Peichl e/and Vittorio Gregotti, 1975

— Esterno del Molino Stucky, 1975 • Exterior of the Molino Stucky, 1975

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FIG. 27 — Jannis Kounellis alla Giudecca, 1975 • Jannis Kounellis at the Giudecca Island, 1975

— Giulio Paolini durante l’allestimento della mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975 • Giulio Paolini during the preparation of the exhibition Concepts for the Mulino Stucky, 1975

FIG. 28

— Pubblico all’inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975 • Audience at the opening of the exhibition Concepts for the Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975

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— Carlo Ripa di Meana durante l’inaugurazione della mostra Il Razionalismo e l’Architettura in Italia durante il Fascismo, Chiesa di San Lorenzo, 1976 • Carlo Ripa di Meana during the opening of the exhibition Il Razionalismo e l’Architettura in Italia durante il Fascismo, Chiesa di San Lorenzo, 1976

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FIG. 31 — Vittorio Gregotti, Harald Szeemann e/and Ingeborg Lüscher, 1976

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FIG. 32 — La ‘Nona’ secondo Béjart, Il Gazzettino

del lunedì, 16 giugno/June 1975, Mario Messinis FIG. 33 — Invasa dal balletto la città di Venezia, Il Giorno, 16 giugno/June 1975, Lorenzo Arruga

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FIG. 34 — Béjart danza Beethoven in S. Marco, Stampa sera, 16 giugno/June 1975, Alberto Blandi

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FIG. 35 — (pagina precedente/previous page) IX Symphonie di/by Beethoven, Ballet du XXe siècle, Maurice Béjart, Piazza San Marco, Incontri Internazionali della danza, 1975

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FIG. 36 — Martha Graham Dance Company, Incontri Internazionali della danza, 1975 FIG. 37, 38 — Giardini della Biennale, Accademia Internazionale della danza, 1975 FIG. 39 — Antonio Gades e/and Cristina Hoyos, Compania de Baile Espanol di Antonio Gades, Incontri Internazionali della danza, 1975

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— (pagina precedente/previous page) IX Symphonie di/by Beethoven, Ballet du XXe siècle, Maurice Béjart, Piazza San Marco, Incontri Internazionali della danza, 1975

FIG. 40

FIG. 41 — Il ‘violinista’ Einstein, L’Avanti!, 17 settembre/September 1976, Piero Santi FIG. 42 → 44 — Einstein on the Beach di/by Bob Wilson, 1976

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FIG. 45 — Jerzy Grotowski e/and Peter Brook, Scientific Session, Mirano, 1975 FIG. 46 — Jerzy Grotowski e/and Luca Ronconi, Uniwersytet Poszukiwan Wroclaw, 1975

— Apocalypsis cum Figuris, Jerzy Grotowski, 1975

FIG. 47, 49

FIG. 48, 50, 51 — Progetto Speciale, Jerzy Grotowski, stage con i gruppi di ricerca, 1975 • Special Project, Jerzy Grotowski, stage with the research groups, 1975

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FIG. 52, 53 — Immagini da una realtà senza teatro, Odin Teatret, Eugenio Barba, 1975 • Images of a theatre-less reality, Odin Teatret, Eugenio Barba, 1975

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— Frammenti di una trilogia. Euripide. Sofocle. Seneca, Andrei Serban, 1975 • Fragments of a trilogy. Euripides. Sophocles. Seneca, Andrei Serban, 1975

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FIG. 57 — (pagina precedente) L’Eredità di Caino. Sei Atti Pubblici, Collettivo del Living Theatre, 1975 • (previous page) The Legacy of Cain. Six Public Acts, Living Theatre Collective, 1975

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FIG. 58 → 60 — Bozza della sceneggiatura di L’Eredità di Caino, La torre del denaro • Draft of the script for The Legacy of Cain, The Money Tower FIG. 61, 62 — L’Eredità di Caino. Sei Atti Pubblici, Collettivo del Living Theatre, 1975 • The Legacy of Cain. Six Public Acts, Living Theatre Collective, 1975

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FIG. 63 — L’Âge d’or, allestimento, campo San Trovaso, 1975 • L’Âge d’or, staging, campo San Trovaso, 1975

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FIG. 64 — Carlo Ripa di Meana e/and Ariane Mnouchkine, 1975 FIG. 65 — Ritratto di Memè Perlini, 1976 • Memè Perlini’s portrait, 1976 FIG. 66

— Tradimenti n. 2 di/by Memè Perlini, 1976

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FIG. 67 — Education of the Girlchild di/by Meredith Monk, 1975

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La nuova presidenza e l’archivio a Ca’ Corner della Regina FIG. 02 → 13

ITA Il 1975 si apre con prospettive decisamente nuove per La Biennale di Venezia: lo statuto è stato approvato, il numeroso Consiglio direttivo ha nominato i direttori di settore. Ripa di Meana, il neopresidente, al secondo anno della nuova Biennale, la ribattezza “Un laboratorio internazionale”. Il Consiglio direttivo dell’Ente si orienta all’acquisto di Ca’ Corner della Regina, un palazzo sul Canal Grande messo a disposizione dalla Cassa di Risparmio di Venezia, per trasferire i materiali dell’Archivio della Biennale diretto dal 1973 da Wladimiro Dorigo. Dorigo insiste molto sul nuovo ruolo che assume La Biennale dopo il 1973 e in particolare sulle ‘attività permanenti’ che potranno avere sfogo proprio nella nuova sede dell’archivio dell’Istituzione da lui stesso ribattezzato ASAC: Archivio Storico delle Arti Contemporanee. L’idea che Dorigo realizzerà a Ca’ Corner della Regina è quella di un centro polifunzionale, una biblioteca specializzata nelle arti contemporanee con laboratori multimediali, sale per proiezioni, mostre e depositi archivistici. Si pensa da subito a una automazione dell’Archivio con l’uso di computer e si attuano ricerche storiche sull’Ente che vedranno luce nella nuova rivista della Biennale, gli Annuari. L’ASAC si inaugura nel giugno 1976, Carlo Ripa di Meana in una intervista dice: “La realizzazione dell’Archivio, ad esempio, è stata possibile solo grazie alla capacità di Dorigo, che è riuscito a presentare una formula che ha convinto tutti a impegnare molti soldi per questa grande iniziativa. In questo Archivio si terranno anche Mostre, sarà il Museo della Biennale, vi si terranno rassegne di cinema, di grafica, dibattiti, insomma una piccola Biennale sfruttando un materiale già esistente. È un tentativo molto ambizioso, e molto caro, ma se riuscirà, sarà una grossa, una grossissima cosa”01. VP

02A “Le macchine celibi”, a cura di Harald Szeemann, 1975 FIG. 05, 14 → 16

Le macchine celibi è il titolo di una mostra itinerante organizzata da

— L. Boccardi, “Cara Biennale” in Il Femminile, n.7, luglio 1976, pp. 19-34 (34)

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Harald Szeemann; inaugurata il 5 luglio 1975 (fino al 17 agosto) alla Kunsthalle di Berna, sarà poi allestita dal 6 settembre al 4 novembre, nei Magazzini del Sale. Il titolo è ispirato ad un’opera di Marcel Duchamp oggi nota come Il grande vetro (Le Grand Verre) ma che in origine veniva chiamata La sposa messa a nudo dai suoi scapoli, anche (Mariée mise à nu par ses célibataires, même) del 19151923 (Museo d’Arte di Philadelphia). Un’opera che, come scriveva il curatore, può essere letta secondo molteplici livelli “come ciclo chiuso e come azione di una zona superiore, quella della sposa e dell’iscrizione, su una inferiore, quella dei celibi”02. I temi conduttori della rassegna sono il mito dell’autodeterminazione della macchina e dell’interpretazione in chiave tecnologica dell’amore e del sesso. In mostra si possono vedere una serie di sculture dinamiche caratterizzate da movimenti illogici e non sequenziali: caratteristica tipica delle avanguardie artistiche del Novecento. Queste macchine sono celibi perché oltre a non produrre niente di utile sprecano energia: una velata critica ai meccanismi produttivi industriali. Harald Szeemann (1933-2005) è uno storico dell’arte svizzero che si forma tra Berna e Parigi. Negli anni Sessanta diventa curatore della Kunsthalle di Berna dove realizza alcune mostre divenute memorabili come When Attitudes Become Form (1969) evento che mise in luce, per la prima volta, l’importanza delle scelte artistiche della figura del curatore che, in Szeemann, diventa portatore di nuovi messaggi. Nel 1972 Szeemann, ormai curatore indipendente, dirige a Kassel la Documenta 5. VP

02B “Ambiente/Arte”, a cura di Germano Celant, 1976 FIG. 06, 17 → 22

La mostra, curata da Germano Celant, è ospitata nella metà destra del Padiglione Centrale della Biennale Arte 1976. L’allestimento è seguito dall’architetto Gino Valle e il tema scelto è quello del rapporto degli artisti con lo spazio tridimensionale. Il punto di partenza della rassegna è costituito delle avanguardie storiche (Futurismo, Costrutti-

— H. Szeemann, Le macchine celibi, catalogo della mostra, Venezia 1975, p. 5

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vismo, Dadaismo) fino ad arrivare alle sperimentazioni dell’Astrattismo, agli ambienti spaziali di Lucio Fontana e alla documentazione del lavoro performativo di Yves Klein, proposta anche nella locandina della mostra. La conclusione è lasciata ad artisti contemporanei come: Carla Accardi, Gianni Colombo, Christo, Michelangelo Pistoletto, e Andy Warhol. Il primo gesto di Celant nell’organizzare la rassegna è quello radicale di spogliare il Padiglione Centrale per riportare quei saloni pieni di storia a uno stato originario, alla semplice muratura, creando così degli spazi neutri che poi si sarebbero riempiti ognuno con opere e istallazioni differenti. Celant propone una “esposizione inedita e spettacolare e per immergere il pubblico della Biennale in un’esperienza avvolgente e partecipativa”03. Nel 1975 quando Gregotti chiama Germano Celant per proporgli il progetto di questa mostra il critico d’arte è spesso in viaggio a Los Angeles dove frequenta gli artisti del Light & Spaces. Negli anni precedenti, in Italia, era stato il teorico del gruppo dell’Arte povera: movimento che porterà alla ribalta internazionale artisti come Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz e Giulio Paolini. VP

03A “Proposte per il Mulino Stucky”, a cura di Vittorio Gregotti, 1975 FIG. 01, 07, 08, 23 → 29

Proposte per il Mulino Stucky è la seconda iniziativa del settore Arti Visive e Architettura realizzata nei Magazzini del Sale alle Zattere nel 1975, dopo Le macchine celibi di Harald Szeemann. Nell’ottica di Vittorio Gregotti La Biennale non avrebbe dovuto presentare solo mostre antologiche incentrate sulle produzioni creative recenti, ma occuparsi anche di nuove aree di indagine legate al contesto sociale, facendo convergere discipline differenti come l’arte, l’architettura, la fotografia, il design, e l’urbanistica. Il progetto “Mulino Stucky” vuole portare alla ribalta lo stato di degrado e abbandono in cui versa da anni l’imponente edificio industriale,

03 — G. Celant, All’interno di Ambiente/Arte in Ambiente/Arte. Dal Futurismo alla Body Art, ristampa del catalogo del 1976, Venezia 2020, pp. V-XII (VI)

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della fine dell’Ottocento, che domina l’isola della Giudecca. Il curatore invita un gruppo di artisti e architetti a ragionare su questo esempio, partecipando ad un concorso d’idee per riqualificare l’area. I lavori conclusivi presentati in mostra propongono per lo più riflessioni legate ai linguaggi concettuali, comportamentali e neodada. Tra le personalità che espongono nei Magazzini del Sale ci sono: Christian Boltanski, Gianni Colombo, Mark di Suvero, Luciano Fabro, Mario Merz, Annette Messager, Nam June Paik, Giulio Paolini, SITE (James Wines, Alison Sky, Emilio Sousa, Michelle Stone), Daniel Spoerri e Jean Tinguely. Anche le performance e gli happening hanno il loro spazio nella mostra: Janis Kounellis per esempio partecipa all’evento restando dentro ad una chiatta ormeggiata dietro l’isola della Giudecca. Mario Ceroli e Gianfranco Fini invece realizzano in Piazza San Marco un grande cassone di legno con all’esterno i nomi degli artisti invitati alla mostra. L’enorme struttura viene trasportata in barca all’altezza dei cantieri navali della Giudecca e incendiata; successivamente il cassone carbonizzato sarà collocato all’interno dei Magazzini del Sale. VP

03B “Il Razionalismo e l’Architettura in Italia durante il Fascismo” FIG. 30, 31

Nel 1976 l’architettura diventa il nuovo campo di indagine della Biennale. Il settore è chiamato Arti Visive Architettura ed è diretto dall’architetto Vittorio Gregotti che chiama Silvia Danesi e Luca Patetta a curare la mostra Il Razionalismo e l’Architettura in Italia durante il Fascismo. Allestita nella chiesa sconsacrata di San Lorenzo, la mostra si concentra sulla progettazione architettonica nei suoi rapporti con il potere. Sono esposti circa 400 disegni - schizzi, prospettive, disegni tecnici e plastici - che documentano la fase ideativa del progetto. L’itinerario si articola in due parti. La prima riguarda il decennio 1920-1930 ed è centrata sulle tre città di Milano, Torino e Roma. La seconda mette in luce, a partire dal 1930, l’ingerenza del regime fascista nella cultura architettonica e i due atteggiamenti che ne seguono: il compromesso con le linee del governo e l’opposizione al fascismo. I materiali sono ordinati attorno ai temi dell’abita-

zione, tema architettonico fondamentale del Razionalismo europeo, dei grandi concorsi nazionali, dei centri storici, dell’edilizia pubblica e degli interventi promossi dal regime. Sono documentati gli sventramenti dei centri storici che portano alla distruzione di interi quartieri provocandone la terziarizzazione e avviando fenomeni di speculazione edilizia. A cerniera tra le due sezioni, la mostra presenta la documentazione del Movimento Italiano per l’Architettura Razionale (MIAR), le cui esposizioni di architettura razionalista si svolsero a Roma nel 1928 e 1931, con il ruolo decisivo del Gruppo 7 composto da Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Adalberto Libera, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava e Giuseppe Terragni. MCC

04A Accademia Internazionale di danza e Incontri Internazionali della danza, 1975 FIG. 32 → 40

Nel 1975 trionfano balletto e danza alla Biennale, grazie alle lezioni dell’Accademia Internazionale che si tengono nei padiglioni ai Giardini per formare allievi poliedricamente classico-moderni affidati a maestri di più tecniche, provenienti da vari Paesi. L’Accademia è diretta da Maurice Béjart (19272007), coreografo-divo francese popolarissimo per il Sacre du Printemps e il Bolero, e da Rosella Hightower (19202008), stella statunitense di origine nativo-americana, assistiti da Mario Porcile (1921-2013) che era in quegli anni l’anima della manifestazione-modello di riferimento della danza, il Festival Internazionale del Balletto di Nervi. All’Accademia Internazionale si formarono 686 giovani danzatori, provenienti da 19 Paesi. Nei paralleli Incontri Internazionali intervengono importanti compagnie, guidate da ‘creatori’ come appunto Maurice Béjart, Martha Graham, Antonio Gades (1936-2004). Vengono, inoltre, proposte coreografie di Glen Tetley (1926-2007), Louis Falco (1942-1993), Robert North (1945); partecipa anche il Balletto del Teatro alla Scala con Carla Fracci (1936), per decenni poi punto di riferimento del balletto italiano, l’Hamburg Ballet, il Ballet de Marseille, il Tokyo Ballet, il Balletto dell’Opera di Stato di Budapest, il Nederlands Dans Theatre con autori residenti quali Hans

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Van Manen (1932) e Jiří Kylián (1947), i Ballets Jazz de Montréal e molto folklore stilizzato dal mondo. In programma ci sono anche due mostre: i Dipinti teatrali da Diaghilev a De Basil al Padiglione Centrale e La danza nel mondo con 180 foto di Serge Lido, a cura di Mario Porcile, nelle Sale Apollinee del Teatro La Fenice, oltre a un ciclo di film proiettati al Lido sulle stelle della danza da Parigi ad Harlem a Cuba. EGV

04B Bob Wilson, “Einstein on the Beach”, 1976 FIG. 41 → 44

Nel 1976, appena reduce dal debutto in prima assoluta al Festival d’Avignon, Bob Wilson (1941) esalta la danza in una ‘opera totale’ presentando Einstein on the Beach, dove Philip Glass è autore delle musiche con sintetizzatore, legni e voci, e dove al coreografo originario Andy De Groat (1947-2019) succede la post-moderna Lucinda Childs (1940), anche interprete e autrice di alcuni testi, con l’apporto dei performer postmoderni Richard Morrison, Dana Reitz, allieva di Merce Cunningham, e Sheryl L. Sutton. Rompendo tutte le regole e le convenzioni operistiche, in quattro atti fatti di brevi scene o knee plays senza narrazione, Einstein on the Beach, con le sue quasi cinque ore consecutive, segna una tappa epocale anche nelle modalità di fruizione del pubblico, libero di entrare e uscire dalla platea per tutta la durata di questo spettacolo ‘senza tempo’. EGV

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Luca Ronconi. Avanguardia e crisi

Luca Ronconi è stato direttore del Settore Teatro della Biennale di Venezia dal 1975 al 1977, anno in cui si dimette in segno di protesta dal Comitato del Festival. La sua Biennale Teatro nel 1975 segna un’occasione forse irripetibile per ripensare il teatro laddove appare urgente aggiornare e in larga parte modificare le istanze della pratica scenica emerse dopo il Sessantotto. È un momento di crisi della rappresentazione, forse senza precedenti, in cui gli stessi gruppi appartenenti all’avanguardia teatrale mettono in discussione le modalità e i fini del loro lavoro, in una sorta di autocritica collettiva che possa poi divenire la base per sta-

Le muse inquiete


bilire un nuovo rapporto con il pubblico. Non a caso Ronconi chiama la propria Biennale “Laboratorio internazionale del teatro” dove, nella parola “laboratorio”, è insito un tentativo epocale di spostare l’attenzione dal risultato dell’atto creativo, la rappresentazione o spettacolo, al processo artistico che ne è fondamento e premessa. Vengono coinvolti i massimi esponenti delle avanguardie teatrali dell’epoca, a tutt’oggi riferimenti imprescindibili per chiunque si approcci all’arte del teatro, da Jerzy Grotowski a Eugenio Barba, da Meredith Monk a Giuliano Scabia, da La MaMa al Living Theatre ad Ariane Mnouchkine, solo per citarne alcuni, artefici e promotori di un teatro che interroga se stesso, navigando spesso in una generale incomprensione. FB

05A Jerzy Grotowsky, “Apocalypsis cum figuris” e il seminario, 1975 FIG. 45 → 51

Maestro riconosciuto del teatro di ogni tempo, Jerzy Grotowski si presenta a Venezia con il suo ultimo spettacolo a quell’epoca ancora in repertorio, Apocalypsis cum figuris, guidando inoltre un importante Progetto Speciale. L’opera è allestita in una piccola isola della Laguna Nord, San Giacomo in Paludo. Dissacrante testimonianza di un profondo conflitto interiore, Apocalypsis cum figuris si inserisce tuttavia in un processo creativo in cui lo stesso artista ha già da tempo dato addio a ogni forma di spettacolarizzazione. Una crisi che si rivelerà uno dei più importanti tentativi di riportare il teatro tutto alla sua essenza: una lunga, inesauribile verifica di quella che chiamiamo ‘vocazione’, caratterizzata principalmente dal tentativo di pensare al lavoro dell’attore come a un’autentica missione, nel contesto di una modalità del fare teatro che rinuncia programmaticamente ad ogni orpello scenico o artificio rappresentativo, un territorio di pura ricerca del tutto alieno a meccanismi e logiche produttive. FB

05B Eugenio Barba, “Immagini da una realtà senza teatro”, 1975 FIG. 52 → 53

Ideatore dell’Odin Teatret, Eugenio Barba giunge alla Biennale per un incontro-confronto con il pubblico

dal titolo Immagini da una realtà senza teatro. L’occasione si rivela propizia per raccontare le dinamiche di lavoro di un collettivo che stava proponendo inedite modalità recitative e relazionali. Attraverso esperienze di migrazione e di viaggio, l’Odin sviluppa pratiche di scambio quali quella del ‘baratto’, dove differenti culture si incontrano proponendo l’una all’altra le rispettive competenze, in un’ottica chiaramente in opposizione al potere del denaro. È una grande proposta teatrale e sociale, che, fin dai suoi esordi, tenta di scuotere le coscienze ponendo domande senza offrire mai risposte e, soprattutto, disposta di continuo a mettere in crisi se stessa. FB

05C La MaMa Experimental Theatre Club, “Frammenti di una trilogia”, 1975 FIG. 54, 56

Diretto dal regista d’origine rumena Andrei Şerban, Frammenti di una trilogia (Medea, Le Troiane, Elettra) è ancora oggi uno degli spettacoli più celebri del collettivo newyorkese. Giudicato dal New York Times, fin dal suo debutto americano, “niente di meno che una re-invenzione del teatro”, l’opera si caratterizza anche per un’imponente ricerca linguistica, scandita dall’utilizzo del greco antico e dei dialetti delle popolazioni azteche. Accompagnato dalle musiche di Elizabeth Swados, celebre compositrice e regista, Frammenti di una trilogia è risultato fin da subito un lavoro innovativo, una rivisitazione del rito dove la parola si fa suono arcaico fino a creare un’esperienza in grado di coinvolgere tutti i sensi dello spettatore. FB

05D Living Theatre, “L’eredità di Caino”, 1975

la prima porzione dell’eredità del malvagio Caino: una sorta di processione che il Living Theatre conduce attraverso luoghi simbolici del potere politico-economico veneziano, dall’edificio della Borsa, qui ribattezzato “Casa della Morte”, a Piazza San Marco, la “Casa dello Stato”. L’ultima apparizione a Venezia del Living rivela oggi, forse, un’utopia di contestazione condivisa destinata a soccombere fin da subito di fronte alle resistenze consolidate, come ammesso dallo stesso fondatore della compagnia, Julian Beck, in uno scritto del 1983: “Il teatro è di nuovo nelle mani della borghesia”. FB

05E

Ariane Mnouchkine, “L’Âge d’or”, 1975 FIG. 63, 64

Fondatrice del Théâtre du Soleil, Ariane Mnouchkine era già stata invitata dalla Biennale Teatro nel 1968 con il suo allestimento de La cuisine di Arnold Wesker. Con L’Âge d’or l’artista e il suo collettivo intervengono con decisione nel dibattito politico presentando un singolare Arlecchino di nazionalità algerina. Il racconto dei soprusi subiti dal protagonista è espresso grazie all’uso di maschere e stilemi della Commedia dell’Arte. Rappresentato all’aperto in campo San Trovaso per tre repliche, lo spettacolo interroga il ruolo del teatro nei confronti della Storia, nell’ambito di una ricerca che si propone di incoraggiare il cambiamento mettendo in luce, anche con ironia, le ingiustizie e le contraddizioni del progresso sociale ed economico. È questa una missione, come ama ancora definirla Ariane Mnouchkine, a cui la regista non si è mai sottratta, una lotta condotta attraverso il teatro contro ogni forma di barbarie, disparità o intolleranza. FB

FIG. 57 → 62

Ospite per la seconda volta alla Biennale Teatro, il Living Theatre propone nel 1975 un ciclo di spettacoli-happening dal titolo L’eredità di Caino (The Legacy of Cain), ispirati all’opera di Leopold von Sacher-Masoch. Il collettivo americano si interroga principalmente sul concetto di rivoluzione, esprimendosi a favore di un’azione da compiere al di fuori dei confini dell’arte teatrale e sempre più spesso condotta in spazi aperti. Ne è prova quella che è stata definita una ‘Via Crucis laica’, i Six Public Acts,

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05F

Amelio ‘Memè’ Perlini, “Tradimenti n.2”, 1975 FIG. 65, 66

Ospitato alla Biennale Teatro del 1976, Perlini è uno dei più significativi rappresentanti di quello che viene definito teatro-immagine, movimento che privilegia la scrittura scenica al testo scritto o al teatro di parola. Artista visivo, dedito anche al cinema, Perlini si presenta giovanissimo all’attenzione di critica e pubblico, proponendo

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folgoranti riletture di classici quali Otello o Risveglio di Primavera. Esponente di spicco dell’avanguardia teatrale romana, le cosiddette ‘cantine’, con Tradimenti n.2, spettacolo-installazione allestito agli ex Cantieri Navali alla Giudecca, l’artista propone una sorta di performance neosurrealista, con cui prosegue il suo percorso di rottura rispetto al teatro di tradizione. FB

05G Meredith Monk, “Education of the Girlchild”, 1975 FIG. 67

Con Education of the Girchild, rappresentato per quattro repliche agli ex Cantieri Navali alla Giudecca, Meredith Monk fa la sua prima apparizione in Italia, risultando la scoperta probabilmente più dirompente del Festival Internazionale del Teatro del 1975. Artista e interprete che da sempre sfugge a ogni tentativo di definizione, Monk riesce a fondere, nell’opera presentata, spirituale e quotidiano, lamento e accorata preghiera, in un trascinante crescendo caratterizzato dall’uso del tutto innovativo della tecnica vocale. Qui è la nozione tradizionale di testo che incontra un punto di rottura, parola che spesso si decompone fino a essere sostituita da sequenze fonetiche che rimandano ad archetipi ancestrali. L’esplorazione sonora di Meredith Monk rimane ancora oggi una delle ricerche più importanti nel campo del teatro e in quello della composizione musicale. FB

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A new president and the Ca’ Corner della Regina archive FIG. 02 → 13

ENG 1975 opened with a decidedly new outlook for La Biennale di Venezia: the statute had been approved, and the expanded board had appointed the department directors. In the second year of this new Biennale, the new president, Ripa di Meana, rebranded it “an international workshop”. The organisation’s board of directors was considering buying Ca’ Corner della Regina, a palazzo on the Grand Canal belonging to the Cassa di Risparmio di Venezia bank, as a site for the Biennale’s archives, which since 1973 had been managed by Wladimiro Dorigo. Dorigo was extremely adamant about the new role the Biennale had taken on in 1973, especially the “ongoing activities” that could revolve around the new archive site, which he himself rechristened ASAC: Archivio Storico delle Arti Contemporanee (Historical Archives of Contemporary Arts). Dorigo’s plan was to make Ca’ Corner della Regina a cultural centre, a library specialised in the contemporary arts with multimedia facilities, screening rooms, exhibitions and archives. It was decided from the outset that the archive should be computerised, and research into the history of La Biennale was undertaken for studies that would appear in its new journal, Annuari. ASAC opened in June 1976 and Carlo Ripa di Meana commented in an interview: “The creation of the archive, for example, would not have been possible without Dorigo’s expertise, as he managed to come up with a formula which convinced everyone to spend a great deal of money on this major initiative. The archive will also be used for exhibitions, it will be La Biennale’s museum. Film and graphic design exhibitions and debates are to be held there. It will be its own little Biennale, making use of material that already exists. It is a very ambitious attempt, and a very expensive one, but if it succeeds, it will be a huge thing, really huge.”01 VP

02A “The Bachelor Machines”, curated by Harald Szeemann, 1975 FIG. 05, 14 → 16

Junggesellenmaschinen/Les machines célibataires/Le macchine cel— L. Boccardi, “Cara Biennale” in Il Femminile, n.7, July 1976, pp. 19-34 (34)

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ibi (The Bachelor Machines) was the title of a travelling exhibition organised by Harald Szeemann that ran from 5 July 1975 to 17 August at the Kunsthalle in Bern and then from 6 September to 4 November at the Magazzini del Sale. The title was inspired by a work by Marcel Duchamp now known as Le Grand Verre (The Large Glass) but originally called La mariée mise à nu par ses célibataires, même (The Bride Stripped Bare by Her Bachelors, Even), which dates to 1915-1923 (now in the Philadelphia Museum of Art). As the curator wrote, it is a work that “can be read on multiple levels: as a closed circuit and as the influence of an upper zone – that of the bride and the inscription – upon a lower zone – that of the bachelors.”02 The exhibition’s leitmotifs were the myth of the machine’s self-determination and the technological interpretation of love and sex. The exhibition featured a series of dynamic sculptures characterised by illogical, non-sequential movements, typical of the twentieth-century avant-gardes. These machines are “bachelors” because they produce nothing useful and merely waste energy, a veiled criticism of industrial mechanisms. Harald Szeemann (1933-2005) was a Swiss art historian who studied in Bern and Paris. In the 1960s he became curator of the Bern Kunsthalle, where he organised memorable exhibitions such as When Attitudes Become Form (1969). This event highlighted, for the first time, the importance of the artistic choices made by a curator: a figure who, through Szeemann’s work, became a bearer of new messages. In 1972 Szeemann, at that point an independent curator, directed Documenta 5 in Kassel. VP

02B “Ambiente/Arte” (Environment/Art), curated by Germano Celant, 1976 FIG. 06, 17 → 22

Curated by Germano Celant, this exhibition was housed in the right wing of the Central Pavilion in 1976; the installation was designed by architect Gino Valle, and the theme was art’s interaction with three-dimensional space. It started off by looking at the early avant-garde

— H. Szeemann, Le macchine celibi, catalogue of the exhibition, Venezia 1975, p. 5

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Le muse inquiete


movements (Futurism, Constructivism, Dadaism), continuing through abstract experimentation, Lucio Fontana’s spatial environments, and the performance work of Yves Klein, also featured in the exhibition poster. The final part was left to contemporary artists such as Carla Accardi, Gianni Colombo, Christo, Michelangelo Pistoletto and Andy Warhol. Celant’s first step in organising the exhibition was a radical one – stripping down the history-filled Central Pavilion to its original state, its bricks and mortar, to create neutral spaces which were then filled up with a range of artworks and installations. Celant’s show was a “novel and spectacular exhibition designed to immerse the Biennale’s visitors in an all-encompassing, participatory experience.”03 In 1975 when Gregotti called Germano Celant to offer him this exhibition project, the latter was spending much of his time in Los Angeles, where he frequented the Light & Spaces artists. In previous years, in Italy, he had been the theorist of the Arte Povera movement which brought Italian artists such as Alighiero Boetti, Luciano Fabro, Jannis Kounellis, Mario Merz and Giulio Paolini into the international limelight. VP

03A “Concepts for the Mulino Stucky”, curated by Vittorio Gregotti, 1975 FIG. 01, 07, 08, 23 → 29

Concepts for the Mulino Stucky was the second Visual Arts and Architecture department initiative held at the Magazzini del Sale on the Zattere in 1975, after Harald Szeemann’s The Bachelor Machines. Gregotti believed that the Biennale should not only present surveys of recent artistic tendencies, but explore new areas closely tied to the social context, bringing together disciplines such as art, architecture, photography, design and city planning. Concepts for the Mulino Stucky was meant to shine a spotlight on the ruinous state of the imposing late nineteenth-century mill which looms over the island of Giudecca. The curator invited a group of artists and architects to ex-

03 — G. Celant, All’interno di Ambiente/Arte in Ambiente/Arte. Dal Futurismo alla Body Art, reprint of the 1976 catalogue, Venezia 2020, pp. V-XII (VI)

amine this case study and take part in a competition for redevelopment proposals. The work presented in the exhibition mainly focused on conceptual and performative languages and Neo-Dada. The figures exhibiting at the Magazzini del Sale included Christian Boltanski, Gianni Colombo, Mark di Suvero, Luciano Fabro, Mario Merz, Annette Messager, Nam June Paik, Giulio Paolini, SITE (James Wines, Alison Sky, Emilio Sousa, Michelle Stone), Daniel Spoerri and Jean Tinguely. Happenings were also given space at the exhibition, with Janis Kounellis, for example, taking part from a boat moored behind the island. Mario Ceroli and Gianfranco Fini, on the other hand, built a large wooden crate in Piazza San Marco bearing the names of all the artists invited to the exhibition. This huge structure was transported by boat to the Giudecca shipyards and set on fire, and the charred remains were then placed in the Magazzini del Sale. VP

03B “Rationalism and Italian Architecture in the Fascist Period, 1919-42” FIG. 30, 31

In 1976 architecture became La Biennale’s new sphere of experimentation. This department, called “Visual Arts and Architecture”, was directed by Vittorio Gregotti, who called on Silvia Danesi and Luca Patetta to curate Il Razionalismo e l’Architettura in Italia tra le due guerre 1919-1942 (Rationalism and Italian Architecture in the Fascist Period, 1919-42). Presented in the deconsecrated church of San Lorenzo, the exhibition focused on architectural design and its relationship with political power. Around 400 pieces of preparatory material were shown – sketches, perspective drawings, technical drawings, models – documenting the design phase. It was divided up into two parts. The first dealt with the decade from 1920 to 1930 and centred on Milan, Turin and Rome. The second highlighted the Fascist regime’s interference in architectural culture and the two approaches which resulted from this: one that accommodated government policy, the other that opposed Fascism. The material was organised around the theme of housing, a fundamental one for European Rationalism, major national competitions, historic centres, public building pro-

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jects and work promoted by the regime. It documented demolitions in Italy’s historic town centres which led to the destruction of whole neighbourhoods, with real estate speculation and the conversion of residential areas into business districts. These two sections were linked by an area documenting the work of the Movimento Italiano per l’Architettura Razionale (MIAR). This movement held exhibitions of Rationalist architecture in Rome in 1928 and 1931, with a decisive role being played by the “Gruppo 7”: Luigi Figini, Guido Frette, Sebastiano Larco, Adalberto Libera, Gino Pollini, Carlo Enrico Rava and Giuseppe Terragni. MCC

04A Accademia Internazionale di danza and Incontri Internazionali della danza, 1975 FIG. 32 → 40

In 1975 ballet and dance triumphed at La Biennale di Venezia thanks to the Accademia Internazionale lessons held in the Giardini pavilions, which provided pupils with multifaceted classical and modern training from teachers of many techniques from various countries. The Accademia was directed by Maurice Béjart (1927-2007), a French choreographer famous for his Sacre du Printemps and Bolero, and Native American star Rosella Hightower (1920-2008). They were also assisted by Mario Porcile (1921-2013), who in those years was the driving force behind a key event for the dance world, the Festival Internazionale del Balletto in Nervi. The Accademia Internazionale trained 686 young dancers from nineteen countries. A number of important companies led by “creators” such as Maurice Béjart, Martha Graham and Antonio Gades (1936-2004) took part in the parallel Incontri Internazionali. Choreographies by Glen Tetley (1926-2007), Louis Falco (1942-1993) and Robert North (1945-) were presented, and the Balletto del Teatro alla Scala also took part with Carla Fracci (1936-), who would be a lodestar of Italian dance for decades to come. The Hamburg Ballet, Ballet de Marseille, Tokyo Ballet, Budapest State Ballet, Nederlands Dans Theatre – with resident choreographers such as Hans Van Manen (1932-) and Jiří Kylián (1947-) – and Ballets Jazz de

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Montréal were there, along with many stylised folk traditions from around the world. The programme included two exhibitions, Dipinti teatrali da Diaghilev a De Basil at the Central Pavilion and La danza nel mondo, curated by Mario Porcile, with 180 photos by Serge Lido in Teatro La Fenice’s Sale Apollinee, in addition to a film series at the Lido about dance stars from Paris to Harlem to Cuba. EGV

04B Bob Wilson, “Einstein on the Beach”, 1976 FIG. 41 → 44

In 1976, fresh from his premiere at the Festival d’Avignon, Bob Wilson (1941-) elevated dance into a “total work of art” in Einstein on the Beach, with music was composed by Philip Glass using synthesisers, woodwinds and voices. The original choreographer, Andy De Groat (1947-2019), was replaced by the postmodern Lucinda Childs (1940-), who also wrote and performed some of the texts along with postmodern performers Richard Morrison, Dana Reitz (a pupil of Merce Cunningham) and Sheryl L. Sutton. Breaking all operatic rules and conventions, in four acts made up of brief scenes or “knee plays” without a narrative, Einstein on the Beach was groundbreaking even in terms of its relationship with the audience, which was free to come and go throughout the nearly five consecutive hours of this performance “outside of time”. EGV

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Luca Ronconi: the crisis and the avant-garde

Luca Ronconi served as the artistic director of the Theatre Department at La Biennale from 1975 to 1977, the year he resigned in protest from the festival board. His 1975 Biennale Teatro was perhaps a unique opportunity for rethinking the theatre, insofar as the concerns that became central after 1968 needed re-evaluation and modification. It was a perhaps unprecedented time of crisis for performance, in which avant-garde theatre companies themselves were questioning the methods and ends of their work: a sort of collective self-criticism meant to be the foundation for building a new relation-

ship with audiences. Not coincidentally, Ronconi called his Biennale an “international theatre workshop”, with the word “workshop” suggesting an epoch-making attempt to shift attention from the outcome to the creative act, from the performance to the artistic process underlying and preceding it. He brought in the greatest names in avant-garde theatre at the time, figures still key to any understanding of the art: Jerzy Grotowski, Eugenio Barba, Meredith Monk, Giuliano Scabia, La MaMa, the Living Theatre and Ariane Mnouchkine, to cite just a few creators and supporters of a kind of theatre that was questioning itself, often amidst general incomprehension. FB

05A Jerzy Grotowsky, “Apocalypsis cum figuris” and seminar, 1975 FIG. 45 → 51

A figure who is among the masters of his art in any era, Jerzy Grotowski came to Venice with his latest production, Apocalypsis cum figuris, then still in repertory, and also led a seminar for about twenty participants. The work was staged on a small island in the northern part of the lagoon, San Giacomo in Paludo. An irreverent account of profound inner conflict, Apocalypsis cum figuris was nevertheless part of a creative process in which the artist had long given up every form of showmanship. This crisis proved to be one of the most significant efforts to bring theatre back to its essence: an unending examination of what we call a “vocation”, it was mainly an attempt to think about the actor’s craft as a genuine mission, within an approach to theatre where all artifices and frills were systematically rejected: a realm of pure exploration, entirely removed from any mechanism or logic of production. FB

05B Eugenio Barba, “Immagini da una realtà senza teatro”, 1975 FIG. 52 → 53

Eugenio Barba, the founder of Odin Teatret, came to La Biennale for an encounter with his audience titled Immagini da una realtà senza teatro (Images from a World without Theatre). The time turned out to be ripe for de-

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scribing the working methods of a collective which was coming up with novel methods of performance and interaction. Via experiences of migration and travel, Odin developed practices of exchange such as “bartering”, in which different cultures offered their respective skills to each other in an approach that explicitly rejected the power of money. This bold theatrical and social concept set out from the start to challenge the individual conscience, never providing answers and, above all, continually questioning itself. FB

05C La MaMa Experimental Theatre Club, “Fragments of a Trilogy”, 1975 FIG. 54, 56

Directed by Romanian-born Andrei Şerban, Fragments of a Trilogy (Medea, The Trojan Women, Electra) is still one of this New York troupe’s most famous productions. Judged by The New York Times to be “nothing less than a reinvention of theater”, the work stands out for its significant linguistic experimentation, featuring the use of Ancient Greek and Aztec dialects. Accompanied by the music of Elizabeth Swados, a famous composer and director, Fragments of a Trilogy was a clearly innovative piece, a reworking of ritual in which words become archaic sound, in an experience encompassing all of the audience’s senses. FB

05D Living Theatre, “The legacy of Cain”, 1975 FIG. 57 → 62

On its second visit to Biennale Teatro, in 1975, the Living Theatre presented a play cycle titled The Legacy of Cain, inspired by Leopold von Sacher-Masoch. What this American group primarily questioned in this work was the concept of revolution, coming down in favour of action outside the confines of the theatre arts and increasingly carried out in outdoor spaces. This can be seen in what was called a “secular Via Crucis”, Six Public Acts, the first part of the evil Cain’s legacy: a sort of procession through the symbolic places of political and economic power in Venice, past the stock exchange building, here rechristened the “House of Death”, to Piazza San Marco, the “House of the

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State”. The Living Theatre’s last appearance in Venice may now seem a utopia of collective activism doomed to defeated by consolidated resistance, as the company co-founder Julian Beck himself admitted in 1983: “The theatre [is] again in the hands of the bourgeoisie.” FB

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Ariane Mnouchkine, “L’Âge d’or”, 1975 FIG. 63, 64

Théâtre du Soleil founder Ariane Mnouchkine had already been invited to Biennale Teatro in 1968 with her staging of Arnold Wesker’s The Kitchen. In L’ Âge d’or, the artist and her ensemble made a powerful political statement by presenting their own unique Harlequin, an Algerian one. The tale of the abuse suffered by the main character is told using commedia dell’arte masks and conventions. Performed three times out-ofdoors in Campo San Trovaso, the play questioned theatre’s role in history, as part of an investigation that tried to foster change by highlighting, sometimes with wry humour, the injustices and contradictions of socio-economic progress. This is a mission, as Ariane Mnouchkine still likes to call it, that has always guided her work, a theatrical struggle against all forms of barbarity, disparity and intolerance. FB

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05G Meredith Monk, “Education of the Girlchild”, 1975 FIG. 67

With Education of the Girlchild, performed four times at the former shipyards on Giudecca, Meredith Monk made her first appearance in Italy and was probably the 1975 International Theatre Festival’s most explosive discovery. An artist and performer who has always resisted labelling, Monk managed in this work to blend the spiritual with the everyday, lament with heartfelt prayer, in a compelling crescendo that featured an entirely innovative use of vocal technique. Here it was the traditional notion of text that was pushed to the breaking point, with words frequently crumbling into phonetic sequences evocative of ancestral archetypes. Even today, Meredith Monk’s exploration of sound remains one of the most important investigations in theatre and in musical composition. FB

Amelio ‘Memè’ Perlini, “Tradimenti n.2”, 1975 FIG. 65, 66

Hosted by the Biennale Teatro in 1976, Perlini was one of the most significant exponents of what has been called “image theatre”, a movement which favoured the creative process of stage direction over the script or word-based drama. A visual artist who also worked in film, Perlini came to critical and public attention very young with his dazzling reinterpretations of classics like Othello and Spring Awakening. He became a prominent figure on the Roman avant-garde scene of “cellar theatres”, and his Tradimenti n. 2, an installation/ play presented at the former Giudecca shipyards, was a sort of neo-Surrealist performance that continued on this path of divergence from traditional theatre. FB

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1974 LibertĂ al Cile


1974 Libertà al Cile Vittorio Pajusco

— (pagina precedente) I Murales, campo Santa Margherita, 1974 • (previous page) The Murals, campo Santa Margherita, 1974

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ITA Nel settembre 1973 in Cile un colpo di stato organizzato da una forza militare guidata dal generale Augusto Pinochet rovescia il Governo democraticamente eletto di Salvador Allende, che muore durante l’assedio del Palacio de La Moneda. La notizia sconvolge il mondo intero. La Biennale, che aveva appena nominato il nuovo Consiglio direttivo con presidente Carlo Ripa di Meana, decide subito di dedicare il primo anno di attività a “Libertà al Cile”. Il tema di fondo è quello dell’estromissione della cultura da parte di una dittatura, in questo caso particolare dal Cile di Pinochet, segnato dal forzato esilio oltre che dei politici anche di molti letterati e artisti. Si tratta di una materia fortemente politicizzata per riportare pubblico e attenzione mediatica sulla Biennale. Le manifestazioni del 1974, perciò, non riguardano solo l’arte visiva ma coinvolgono anche altri campi mettendo assieme cinema, musica, teatro, fotografia e pittura. I luoghi che ospitano le rassegne sono i più diversi sparsi in tutto il territorio veneziano fino ai comuni limitrofi. Il 5 ottobre 1974 l’apertura delle attività a Palazzo Ducale avviene con un affollato convegno Testimonianze contro il fascismo dove si riportano le storie vissute da artisti, intellettuali e politici durante i regimi in Italia e all’estero; tra gli altri è presente anche Hortensia Allende, vedova del presidente cileno. Molti pittori italiani e stranieri si ritrovano nei campi veneziani per dipingere grandi tele in solidarietà alle vicende del Paese sudamericano. Tra gli artisti presenti a Venezia, il cileno Sebastian Matta realizza due murales in campo San Polo e lo spagnolo Eduardo Arroyo capeggia la cosiddetta ‘Brigada Salvador Allende’ formata da tanti pittori italiani come Vittorio Basaglia, Vincenzo Eulisse, Paolo Gallerani, Alberto Gianquinto, Silvestro Lodi, Lino Marzulli, Fabrizio Merisi, Giorgio Nonveiller, Paolo Pennisi, Marcello Pirro, Giovanni Rubino, Guido Sartorelli, Tino Vaglieri e altri studenti dell’Accademia di Venezia e del Liceo artistico di Treviso. Tra i temi e le frasi ricorrenti nei murales El pueblo unido jamás será vencido (Il popolo unito non sarà mai sconfitto) l’inizio di una nota canzone legata al movimento Unidad Popular cileno oppure versi di Pablo Neruda o immagini emblematiche di mani alzate, pugni chiusi, stelle rosse, visi a volte seri a volte urlanti. Oltre a questa manifestazione spontanea, all’interno del Padiglione Centrale della Biennale ai Giardini si organizza una mostra sul tema del manifesto politico cileno: cento e più opere fatte con tecniche grafiche differenti che rappresentano i cartelloni apparsi nelle città cilene tra il 1970 e il 1974 ovvero nel periodo fra l’ascesa alla presidenza di Salvador Allende e il successivo colpo di stato. Molti sono anche gli spettacoli teatrali e i concerti di musica tra cui quelli del popolare gruppo degli Inti-Illimani.

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1974 Freedom for Chile Vittorio Pajusco

FIG. 02, 04 — Periodico in cinque numeri Libertà al Cile con i relativi manifesti, 1974 • Periodical in five numbers Libertà al Cile with the related posters, 1974

— Manifesto Il popolo tortura chi brucia tratto dal periodico in cinque numeri Libertà al Cile, 1974 • Poster Il popolo tortura chi brucia from the five-number periodical Libertà al Cile, 1974

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In September 1973 a military coup led by General Augusto Pinochet overthrew the democratically elected Chilean government of Salvador Allende, who died in the attack on Palacio de La Moneda. The news shocked the entire world. La Biennale, which had just appointed its new board of directors with Carlo Ripa di Meana as president, immediately decided to dedicate that year to “Freedom for Chile”. The underlying theme was the expulsion of culture by dictatorships, in this specific case from Pinochet’s Chile, where many literary and artistic as well as political figures were forced into exile. It was a highly politicised subject meant to bring La Biennale back into the public and media spotlight. The 1974 exhibitions were thus not just focused on visual art but drew on other fields, bringing together film, music, theatre, photography and painting. All kinds of venues were employed, across Venice and in neighbouring towns. On 5 October 1974 events opened at Palazzo Ducale with a packed conference titled Testimonianza contro il fascismo (Bearing Wit-

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ness against Fascism), telling the stories of artists, intellectuals and politicians under dictatorships in Italy and elsewhere. Hortensia Allende, the Chilean president’s widow, was among those in attendence. Many Italian and international artists went out into the squares to make large paintings showing their solidarity with the South American country; they included the Chilean artist Sebastian Matta, who painted two murals in Campo San Polo, and Spanish artist Eduardo Arroyo, leader of a “Brigada Salvador Allende” made up of Italian painters like Vittorio Basaglia, Vincenzo Eulisse, Paolo Gallerani, Alberto Gianquinto, Silvestro Lodi, Lino Marzulli, Fabrizio Merisi, Giorgio Nonveiller, Paolo Pennisi, Marcello Pirro, Giovanni Rubino, Guido Sartorelli, Tino Vaglieri and other students from the local art academy and from the secondary school for the arts in Treviso. Recurring themes and slogans in the murals included El pueblo unido jamás será vencido (“The people, united, will never be defeated”: the beginning of a famous song associated with the Chilean Unidad Popular movement), verses by Pablo Neruda, and emblematic images of raised hands, closed fists, red stars and faces, either serious or shouting. In addition to this spontaneous gesture, La Biennale’s Central Pavilion housed an exhibition about political posters in Chile: over one hundred works made with different techniques which had appeared in Chilean cities between 1970 and 1974, that is, between Salvador Allende’s entry into office and the subsequent coup. There were also many theatrical performances and concerts, including one by the Inti-Illimani folk ensemble.

— Manifesto per Testimonianze contro il fascismo, 1974. Unimark • Poster for Testimonianze contro il fascismo, 1974. Unimark

FIG. 05

— Manifesto per Una cultura democratica e antifascista, 1974. Unimark • Poster for Una cultura democratica e antifascista, 1974. Unimark

FIG. 06

— Manifesto per Arrestato in Spagna Eduardo Arroyo. Commissario della Biennale di Venezia, 1974 • Poster for Arrestato in Spagna Eduardo Arroyo. Commissario della Biennale di Venezia, 1974

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FIG. 08 — Musica Popolare Cilena, Inti-Illimani, Petrolchimico, Porto Marghera, 1974 • Chilean Popular Music, Inti-Illimani, Petrolchimico, Porto Marghera, 1974 FIG. 09 — Carlo Ripa di Meana interviene agli Incontri di artisti cileni con esponenti culturali, politici e del mondo sindacale, Porto Marghera, 1974 • Carlo Ripa di Meana speaks at the Meetings of the Chilean artists with cultural, political and trade union representatives, Porto Marghera, 1974 09

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— Hortensia Bussi, vedova di Salvador Allende, durante il concerto Musica Popolare Cilena, Inti-Illimani, Petrolchimico, Porto Marghera, 1974 • Hortensia Bussi, Salvador Allende’s widow, during the concert Chilean Popular Music, Inti-Illimani, Petrolchimico, Porto Marghera, 1974

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FIG. 11 — Musica Popolare Cilena, Inti-Illimani, Padiglione Italia, 1974 • Chilean Popular Music, Inti-Illimani, Italian pavilion, 1974

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— Mostra fotografica, Libertà al Cile • Photography exhibition, Freedom for Chile

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FIG. 13 — Hortensia Bussi, vedova di Salvador Allende, visita la Mostra del manifesto cileno, Padiglione Italia, 1974 • Hortensia Bussi, Salvador Allende’s widow, visits the Mostra del manifesto cileno, Italian pavilion, 1974 FIG. 14, 15 — Mostra del manifesto cileno, Padiglione Italia, 1974 • Mostra del manifesto cileno, Italian pavilion, 1974

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— (pagina precedente) Sebastian Matta realizza i murales in campo San Polo, 1974 • (previous page) Sebastian Matta paints the murals in campo San Polo, 1974

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— I Murales, campo Santa Margherita, 1974 • The Murals, campo Santa Margherita, 1974

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FIG. 19 — Sebastian Matta realizza i murales in campo San Polo, 1974 • Sebastian Matta paints the murals in campo San Polo, 1974 FIG. 20 — I Murales, Chioggia, 1974 • The Murals, Chioggia, 1974

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FIG. 21, 23 — I Murales, Marghera, 1974 • The Murals, Marghera, 1974 FIG. 22 — I Murales, campo San Polo, 1974 • The Murals, campo San Polo, 1974

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FIG. 24, 25, 27 → 30 — Murales dipinti dalla Brigada Salvador Allende e dagli studenti del Liceo Artistico di Treviso, a Venezia e nel territorio circostante. Idropittura e carboncino su truciolato • Murales painted by the Brigada Salvador Allende and the students of the Liceo Artistico di Treviso, in Venice and the surrounding territory. Latex paint and charcoal on particle board

— I Murales, campo Santa Margherita, 1974 • The Murals, campo Santa Margherita, 1974

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FIG. 31, 32 — I Murales, Mira, 1974 • The Murals, Mira, 1974 32

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Sofija Gubajdulina, tra musica applicata e musica assoluta


Sofija Gubajdulina, tra musica applicata e musica assoluta Cesare Fertonani

— (pagina precedente) Partitura di Rumore e silenzio, Sofija Gubajdulina, 1974-1975 • (previous page) Score of Rumore e Silenzio, Sofia Gubajdulina, 1974-1975

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FIG. 02 — Manifesto di B77. Sovetskaja Muzyka, Francesco Messina e Ferruccio Montanari, 1977 • Poster for B77. Sovetskaja Muzyka, Francesco Messina and Ferruccio Montanari, 1977

ITA Oggi l’esperienza biografica e artistica di Sofija Gubajdulina, Leone d’Oro alla Biennale Musica nel 2013, appare una lunga avventura. La storia inizia quando l’Unione Sovietica è un impero vastissimo e potente e una bambina nata nel 1931 a Čistopol’, nel Tatarstan, si appassiona alla musica. Studia pianoforte e composizione a Kazan’ e poi a Mosca. Ha talento ma vuole trovare la propria voce senza scendere a compromessi estetici e linguistici, atteggiamento considerato molto sospetto e pericoloso dagli apparati di regime. Nell’Unione Sovietica degli anni Cinquanta e Sessanta la conoscenza della musica contemporanea dell’Occidente è piuttosto episodica e frammentaria; a lasciarle un’indimenticabile lezione di libertà sono soprattutto Webern e Šostakovič che la incoraggia a seguire la propria strada, quale essa sia. Il contesto in cui la giovane compositrice si forma e incomincia la propria attività è comunque complesso e contraddittorio. Se le direttive ufficiali di regime condannano lo sperimentalismo linguistico e l’impiego delle tecniche dell’avanguardia occidentale (serialità, musica elettronica e concreta, alea) nel rispetto del canone del realismo socialista, il panorama della musica sovietica manifesta infatti una considerevole varietà e articolazione di tendenze, tra le quali non mancano i fermenti di rinnovamento. Gli anni Settanta sono particolarmente difficili: come altri compositori della stessa generazione, per esempio Edison Denisov e Alfred Schnittke, Gubajdulina paga con l’emarginazione dalla vita ufficiale della musica sovietica gli atteggiamenti modernisti e il rifiuto di sottostare ai condizionamenti imposti dal regime. Negli anni Ottanta la ventata d’aria fresca portata dal nuovo clima politico dischiude nuove possibilità: per Gubajdulina è il decennio dell’affermazione anche all’estero. In un singolare equilibrio di ingegno costruttivo e valorizzazione dell’espressività, il suo linguaggio sfugge a ogni etichetta. Lungo mezzo secolo, l’estetica e lo stile che lo sostanziano tracciano un continuo accrescimento e approfondimento di prospettive che muove, di pezzo in pezzo, per espansioni concentriche da un saldo nucleo generativo. Tale nucleo è definito dalla combinazione e dall’intreccio di diversi elementi; la matrice spirituale e la tensione etica del fare artistico come ricerca del senso profondo e misterioso della vita; l’esigenza di ricomporre in un’unità organica tutto ciò che all’uomo appare disperso e discorde; una drammaturgia musicale in cui la componente rituale, rappresentativa, gestuale e narrativa è risolta nella dimensione interiore e antispettacolare di un teatro della memoria, dove l’oggetto della drammaturgia non è l’immagine dell’azione bensì l’azione stessa.

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Sofija Gubajdulina, applied music and absolute music Cesare Fertonani

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Today, Sofia Gubaidulina’s life story and artistic experiences, like the Golden Lion at the 2013 Biennale Musica, seem like a long adventure. It began when the Soviet Union was a vast, powerful empire, and a girl born in Chistopol, Tatarstan in 1931 fell in love with music. She studied piano and composing at Kazan and then Moscow. She was talented, but wanted to find her own voice without making any aesthetic or linguistic compromises, an attitude that the regime considered highly suspect and dangerous. In the Soviet Union of the 1950s and ’60s knowledge of contemporary Western music was extremely fragmentary and episodic, and it was above all Webern and Shostakovich’s lessons in freedom that encouraged her to go her own way, wherever it led her. The context in which the young composer trained and embarked on her career was complex and contradictory, however. Whilst the regime’s official organs condemned stylistic experimentation and the use of Western avant-garde techniques (seriality, electronic music, musique concrète, aleatoric music) in accordance with the canons of Socialist Realism, the Soviet music scene was actually quite varied and complex, with many impulses towards innovation. The 1970s were especially difficult: like other composers of her generation such as Edison Denisov and Alfred Schnittke, Gubaidulina paid for her modernist attitudes and refusal to accept the regime’s restrictions with exclusion from the official Soviet music world. In the 1980s a breath of fresh air swept in with the new political climate and brought new opportunities: for Gubaidulina it was the decade when she rose to prominence, even abroad. With its singular balance between ingenious construction and expressivity, her language evades labelling. Across half a century, the aesthetic and style that gave it substance constantly evolved and explored new perspectives, moving out concentrically, piece after piece, from a solid generative core. This core comes from a combination of different, interwoven elements: the spiritual origin and ethical urge of art-making, as a search for life’s profound, mysterious meaning; the need to put everything that to us seems scattered and discordant back into a single, organic whole; a musical dramaturgy whose ritual, performative, gestural and narrative components are reconciled deep within a theatre of memory devoid of spectacle, where the object is not the image of action but the action itself.

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FIG. 03 → 10 — Film d’animazione Maugli di Roman

Davidov, colonna sonora di Sofija Gubajdulina, 1973 • Roman Davidov’s animated film Maugli, soundtrack by Sofia Gubajdulina, 1973

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“Maugli” e il Leone d’Oro del 2013 FIG. 03 → 10

Nell’Unione Sovietica comporre colonne sonore e musica di scena per gli spettacoli teatrali ha rappresentato una fonte di reddito per molti compositori esclusi o emarginati dagli ambienti e dai canali ufficiali dell’apparato di regime come Edison Denisov (1929-1996), Andrej Volkonskij (19332008), Alfred Schnittke (1934-1998), Giya Kancheli (1935-2019), Arvo Pärt (1935), Valentin Silvestrov (1937). Anche per Sofija Gubajdulina (1931) scrivere musica applicata e per così dire ‘di servizio’ è per qualche decennio un’importante fonte di sostentamento e al contempo un’occasione di sperimentazione linguistica ed espressiva. Sotto quest’ultimo punto di vista è particolarmente interessante la colonna sonora che Gubajdulina scrive per il film d’animazione Maugli di Roman Davidov (1913-1988). Ispirato al romanzo The Jungle Book di Rudyard Kipling così come l’omonimo film d’animazione di produzione Disney firmato da Wolfgang Reitherman (1967), Maugli (1973) si compone di cinque cortometraggi da 20 minuti ciascuno realizzati tra il 1967 e il 1971 e quindi montati insieme in un lungometraggio nel 1973. CF ITA

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dulina, Aleksandr Knajfel (1943), Dmitrij Smirnov (1948-2020) e Viktor Suslin (1942-2012) entrano così ufficialmente nella lista nera del regime sovietico. CF

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“Adventures of Mowgli” and the 2013 Golden Lion FIG. 03 → 10

ENG In the Soviet Union, composing soundtracks and theatrical scores became a source of income for many composers excluded or marginalised from the regime’s official channels and milieus, including Edison Denisov (1929-1996), Andrei Volkonsky (19332008), Alfred Schnittke (1934-1998), Giya Kancheli (1935-2019), Arvo Pärt (1935) and Valentin Silvestrov (1937). For Sofia Gubaidulina (1931), too, writing “utilitarian”, “applied” music was a major source of income for a few decades, and at the same time an opportunity for stylistic and expressive experimentation. In this sense, the soundtrack that Gubaidulina wrote for the animated film Maugli (Adventures of Mowgli) by Roman Davidov (1913-1988) is of especial interest. Inspired by Rudyard Kipling’s The Jungle Book – as was the 1967 Disney film by Wolfgang Reitherman – Maugli (1973) is composed of five short films lasting twenty minutes each, made from 1967 to 1971 and then assembled into a feature length film in 1973. CF

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“Khrennikov’s Seven”: Russian composers at the Biennale of Dissent FIG. 01, 02

I “Sette di Chrennikov”: i compositori russi alla Biennale del Dissenso

Several concerts at the 1977 Biennale of Dissent and then at the 1979 edition featured the music of dissident Soviet composers, or composers disliked by the regime. It was in the wake of events such as these in the West that towards the end of the Brezhnev era, in November 1979, the powerful secretary general of the Soviet Composers Union, Tikhon Khrennikov (appointed in 1948 by Zhdanov) publicly condemned the music of seven composers, calling them “pointlessness [...] and noisy mud instead of real musical innovation”. The so-called Khrennikov Seven, who were actually very different from one another, were also accused of having taken part in certain festivals without the required authorisation: Vyacheslav Artyomov (1940-), Edison Denisov (1929-1996), Elena Firsova (1950-), Sofia Gubaidulina (1931-), Alexander Knaifel (1943-), Dmitri Smirnov (1948-2020) and Viktor Suslin (1942-2012) were thus put on an official Soviet blacklist. CF

FIG. 01, 02

In un paio di concerti della Biennale nel 1977 (Biennale del Dissenso) e poi ancora nel 1979 sono presentate le musiche di alcuni compositori sovietici dissidenti o comunque invisi al regime comunista. È anche a seguito di concerti in Occidente come questi che sul finire dell’epoca di Brežnev, nel novembre 1979, il potente segretario generale dell’Unione dei Compositori Sovietici Tichon Chrennikov (nominato nel 1948 da Ždanov) censura pubblicamente la musica di sette compositori definendola “inutilità […] fango rumoroso anziché vera innovazione musicale”. Infatti i cosiddetti Sette di Chrennikov, di fatto tra loro molto diversi, sono anche accusati di aver appunto partecipato senza autorizzazione ad alcuni festival europei: Vjačeslav Artëmov (1940), Edison Denisov, Elena Firsova (1950), Sofija Gubaj-

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1977 La Biennale del Dissenso


1977 La Biennale del Dissenso Vittorio Pajusco — (pagina precedente) Frame dal film Sayat nova di Sergej Paradžanov, 1964 • (previous page) Film frame from Sayat nova by Sergej Paradžanov, 1964

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ITA La Biennale del Dissenso del 1977 rappresenta il primo atto di sostegno politico e culturale, compiuto in Italia, nei confronti delle tante persone che a vario titolo resistevano in Unione Sovietica e nei Paesi comunisti. Il progetto, convintamente proposto da Carlo Ripa di Meana (senza l’approvazione del Consiglio direttivo), è da subito osteggiato dal Governo sovietico che esercita ogni forma di pressione sul Governo di Roma e in particolare sul Partito comunista italiano che, se in un primo momento è favorevole all’evento, è poi costretto dal ricatto di Mosca a opporvisi. Le avversioni all’idea di Ripa di Meana provengono oltre che dalla parte governativa anche dall’élite culturale italiana, per esempio il sindaco di Roma e grande critico d’arte, Giulio Carlo Argan si scaglia violentemente contro il progetto. All’interno del Consiglio della Biennale Ripa di Meana deve prendere atto delle dimissioni di Gregotti, Gambetti e Ronconi e, con pochi sostegni esterni, deve continuare da solo all’organizzazione dell’evento come lui stesso ricorda: “Durante quella difficile gestazione della Biennale a darmi man forte furono davvero Bettino Craxi e Claudio Martelli, con i fratelli De Michelis e pochi altri”01. La Biennale dedicata al ‘Dissenso culturale’ si svolge dal 15 novembre al 15 dicembre 1977. Il programma comprende quattro mostre dislocate in varie sedi cittadine: La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, Grafica cecoslovacca: undici anni di ricerca 1965-1975, Manifesti e fotografie di teatro e Libri, riviste, fotografie, videotapes, samizdat; sette convegni interculturali (tra storia, arti visive, cinema, religione, letteratura, teatro, scienza); esibizioni di Wolf Biermann, Aleksandr Galič, Alexei Khvostenko, Karel Kryl, Iosif Brodsky, e cinque concerti della Sovetskaya Muzyka (musica sovietica). Inoltre, una rassegna cinematografica dal titolo Cinema e paesi dell’Est; alcune tavole rotonde e un seminario sull’opera del regista sovietico Sergej Paradžanov, in carcere per omosessualità. Il 15 novembre 1977 si inaugurano le manifestazioni sul dissenso nell’Ala Napoleonica del Museo Correr, dove viene letto il messaggio del dissidente Andrej Sacharov, fisico teorico e premio Nobel per la pace nel 1975. Sono presenti i poeti Iosif Brodskij, Viktor Nekrasov, il filosofo Leszek Kołakowski, e il cantautore Aleksandr Galič. Si registrano inoltre personalità come: Susan Sontag, André Glucksmann, François Feitö, Alberto Moravia, Norberto Bobbio, Dario Fo, Gillo Dorfles, Renato Mieli, Paolo Flores D’Arcais, Bettino Craxi. Il contesto italiano in cui nasce la Biennale del Dissenso è molto complicato: nel Paese si susseguono attentati, proteste e sparatorie che portano alla definizione di questo

01 — E. Roddolo, La Biennale. Arte, polemiche, scandali e storie in Laguna, Venezia 2003, p. 113

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FIG. 02 — Manifesto per la B.77 Il dissenso culturale, 1977, Francesco Messina e Ferruccio Montanari • Poster for B.77 Il dissenso culturale, 1977, Francesco Messina and Ferruccio Montanari

— Manifesto per la B.77 Libri. Riviste. Manifesti. Fotografie. Videotapes. Samizdat, 1977, Francesco Messina e Ferruccio Montanari • Poster for B.77 Libri. Riviste. Manifesti. Fotografie. Videotapes. Samizdat, 1977 Francesco Messina and Ferruccio Montanari

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— Manifesto per la B.77 Il dissenso culturale. 15 novembre - 15 dicembre, 1977, Francesco Messina e Ferruccio Montanari • Poster for B.77 Il dissenso culturale. 15 novembre - 15 dicembre, 1977, Francesco Messina and Ferruccio Montanari

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periodo come degli ‘anni di piombo’. Nella primavera del 1978 il sequestro e l’uccisione del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro sarà uno degli eventi che più sconvolgerà l’opinione pubblica. Lo stesso Moro, nei mesi precedenti al sequestro, era stato il fautore di un accordo importantissimo tra i due partiti di maggioranza in Italia: la sua Dc e il Pci. L’accordo darà l’avvio al ‘compromesso storico’ sancito con il segretario del Partito comunista Enrico Berlinguer.

1977 The Biennale of Dissent Vittorio Pajusco

The 1977 “Biennale of Dissent” was the first act of political and cultural support in Italy for the many people involved in various forms of resistance in the Soviet Union and other Communist countries. The project, a brainchild of Carlo Ripa di Meana (who conceived the event without the approval of the board of directors), met with immediate pushback from the Soviet government, which exerted all sorts of pressure on the Italian government – especially the Italian Communist Party, which was initially enthusiastic but then forced by threats from Moscow to oppose the idea. Apart from the government, opposition to Ripa di Meana’s idea also came from the Italian cultural elite, including Roman mayor and respected art critic Giulio Carlo Argan, who railed against it. On La Biennale di Venezia’s board, Ripa di Meana was forced to accept the resignations of Gregotti, Gambetti and Ronconi and to soldier on alone in his organisation of the event with little outside support, as he himself recalls: “During the difficult gestation of that Biennale, the only peo-

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— Manifesto per la B.77 La nuova arte sovietica. Una prospettiva non ufficiale, 1977, Francesco Messina e Ferruccio Montanari • Poster for B.77 La nuova arte sovietica. Una prospettiva non ufficiale, 1977, Francesco Messina and Ferruccio Montanari

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— Segnaletica della mostra Il Dissenso culturale, 1977 • Exhibition signage Il Dissenso culturale, 1977

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ple backing me were really Bettino Craxi and Claudio Martelli, along with the De Michelis brothers and a few others.”01 The Biennale of “Cultural Dissent” took place from 15 November to 15 December 1977. The programme included four exhibitions scattered around the city: New Art from the Soviet Union: An Unofficial Perspective; Czechoslovak Graphics: Eleven Years of Experimentation, 1965-1975; Theatre Posters and Photographs; Books, Magazines, Photographs, Videotapes, Samizdat. There were also seven intercultural conferences (on history, visual arts, film, religion, literature, theatre, science); performances by Wolf Biermann, Alexander Galich, Alexei Khvostenko, Karel Kryl, Joseph Brodsky and five Sovetskaya muzyka (Soviet music) concerts. In addition, there was a film survey on the theme of Eastern Europe, a number of roundtables, and a seminar on the work of Soviet director Sergei Parajanov, imprisoned for homosexuality. On 15 November 1977 the events opened in Museo Correr’s Napoleonic Wing with the public reading of a statement from dissident Andrei Sakharov, the theoretical physicist who won the Nobel Peace Prize in 1975. Poets Joseph Brodsky and Viktor Nekrasov, philosopher Leszek Kołakowski and singer-songwriter Alexander Galich were also present, as were Susan Sontag, André Glucksmann, François Feitö, Alberto Moravia, Norberto Bobbio, Dario Fo, Gillo Dorfles, Renato Mieli, Paolo Flores D’Arcais, and Bettino Craxi. The Italian context in which the Biennale of Dissent came about was highly complex: bombings, protests and shootings were taking place across the country, in a period that would later be called the “years of lead”. In spring 1978 the kidnapping and killing of Christian Democrat leader Aldo Moro was the event that most shocked the public. It was Moro, in the months prior to his kidnapping, who had brought about an extremely important agreement between Italy’s two largest parties, his own centrist DC and the Italian Communist Party. The agreement led to what was known as the “historic compromise” with PCI secretary Enrico Berlinguer.

01 — E. Roddolo, La Biennale. Arte, polemiche, scandali e storie in Laguna, Venezia 2003, p. 113

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FIG. 07 → 14 — Frame dal film Sayat nova

di Sergej Paradžanov, 1964 • Film frame from Sayat nova by Sergej Paradžanov, 1964

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FIG. 15 — Cortina di ferro di/by Gennady Donskoy e/and Mikhail Roshal-Fedorov, 1977

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FIG. 16 — Il presidente della Biennale Carlo Ripa di Meana mentre parla con il segretario del Partito socialista italiano Bettino Craxi in occasione del convegno Libertà e socialismo organizzato durante la Biennale del Dissenso, 1977 • The President of La Biennale Carlo Ripa di Meana talks to the Secretary of the Partito socialista italiano Bettino Craxi at the conference Libertà e socialismo during the Biennale of Dissent, 1977

— Momenti del convegno Il Cinema nazionalizzato, 1977 • Moments of the conference Il Cinema nazionalizzato, 1977

FIG. 17

FIG. 18 — Enrico Crispolti e Gabriella Moncada al convegno Avanguardie e neoavanguardie nell’est europeo, 1977 • Enrico Crispolti and Gabriella Moncada at the conference Avanguardie e neoavanguardie nell’est europeo, 1977 FIG. 19

— Ilya Kabakov, 1977 17

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— Attention! di/by Erik Boulatov, 1977

FIG. 21 — Where is the lines between us? di/by Komar & Melamid, 1977 21

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FIG. 22 — Bevete Breznev-Cola, L’Espresso, 7 marzo/March 1976, Umberto Eco

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Il caso Paradžanov FIG. 01, 07 → 14

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— Diapositive di opere proiettate nella mostra La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, Palazzetto dello Sport, Biennale 1977 • Slides of works projected at the exhibition La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, Palazzetto dello Sport, Biennale 1977

FIG. 23 → 27

ITA La rassegna Cinema e paesi dell’est, ospitata nel mese di novembre del 1977 al cinema Olimpia e al Teatro Malibran, è la più ampia manifestazione sul dissenso cinematografico nelle nazioni del socialismo reale mai organizzata in Occidente. Tra i registi: Véra Chytilová, István Gaál, Juraj Jakubisko, Otar Joseliani, Andrej Michalkóv-Končalovskij, Jan Nĕmec, Evald Schorm, Andrej Tarkóvskij, Jiří Trnka, Andrzej Wajda, Krysztof Zanussi, Andrzej Zulawski. Molti sono conosciuti e alcuni loro film già visti, ma di Sergej I. Paradžanov si sa e si è visto poco. Nel 1968, il regista armeno aveva firmato una petizione di protesta contro l’arresto di intellettuali ucraini e per questo gli erano state bloccate le riprese di Sajat Nova (o Cvet granat, il titolo della versione rimaneggiata da Sergej Jutkevič nel 1971) che porterà a termine nel 1969. Il film è immediatamente ritirato per “estrema deviazione dal realismo russo”. Nel 1974, mentre sta lavorando a un nuovo film, viene arrestato e condannato a cinque anni di lavori forzati per omosessualità, contrabbando di opere d’arte e istigazione al suicidio. Quindici giorni prima della manifestazione veneziana, Angelo Pezzana, leader di Fuori! movimento per i diritti degli omosessuali, viene espulso dall’URSS per un’azione a favore di Paradžanov. La protesta di Pezzana prosegue a Venezia e Ripa di Meana trasforma il seminario sul regista in un “incontro di solidarietà” a fianco dei vari movimenti internazionali, guidati dal surrealista Louis Aragon, che si conclude con un appello per la liberazione del regista e la libera circolazione dei suoi film. All’Olimpia si proiettano Teni zabytich predkov e Sajat Nova preceduti da un intervento di Lino Micciché, che diverrà presidente della Biennale nel 1997, il quale legge al pubblico il documento di protesta sottoscritto da cineasti e critici rivolto al Governo sovietico. GG

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“La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale” FIG. 05, 23 → 27

La mostra La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, a cura di Enrico Crispolti (1933-2018) e Gabriella Moncada, affianca opere d’arte

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a documentazione fotografica e video, raccogliendo le testimonianze del lavoro di un centinaio di artisti, operanti in Unione Sovietica e in altri Paesi, le cui opere per la maggioranza si trovano in collezioni private italiane. Alcuni dipinti e alcune sculture non pervenute in mostra vengono fatte conoscere attraverso delle proiezioni di diapositive. La mostra è da intendersi come “prospettiva non ufficiale” nel senso di divergente rispetto all’arte di stato: il Realismo socialista. La rassegna, ospitata al Palazzetto dello Sport dell’Arsenale, è articolata in sette sezioni: Figurazione espressionistica e figurazione lirica; Gesto, materia, immagine; Astrazione post-costruttivista e astrazione organica; Cinetismo; Figurazione surreale; Ironia e altro, intorno al quotidiano; Mediazione concettuale, comportamento e azioni collettive. Tra le partecipazioni più interessanti, vi sono le sperimentazioni cibernetiche del gruppo Dvizhenie, il lavoro di Ilya Kabakov e di Alexander Melamid, Vitalij Komar, Rimma Gerlovina, Valeriy Gerlovin, Francisco Infante Arana, il gruppo CAG formato da Nikita Alexeev, Georgii Kizevalter, Andrei Monastyrsky. Le iniziative sul dissenso e la mostra di Enrico Crispolti (docente di storia dell’arte contemporanea) hanno un impatto fortissimo sulla stampa italiana, mettendo in evidenza le diverse inclinazioni della sinistra italiana, e i rispettivi rapporti con l’Unione Sovietica. VP

03A Le mostre “Samizdat” e “art-tapes” Il 15 novembre nelle sale del Museo Correr si inaugura la mostra dei Samizdat, termine russo che indica l’auto-editoria. Il fenomeno è molto diffuso nei Paesi dell’Unione Sovietica in particolare tra gli anni Sessanta e Settanta, per cercare di evadere dalla censura e dall’editoria di stato. Il termine Samizdat indica la produzione dattiloscritta su carta velina di testi proibiti. Le copie che si possono realizzare con questa procedura sono poche ma chi entra in possesso di una copia è tenuto a replicarla a sua volta diffondendo così nuovi testi anche di ambiti disciplinari diversi: dall’arte alla politica dalla religione alla scienza. Strettamente legato al termine samizdat è il tamizdat ossia un testo che giunge come samizdat in Occidente vie-

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ne stampato in libro o opuscolo e come tale torna in Unione Sovietica. Il magnetizat (o magnitizdat) è invece il samizdat orale registrato. La mostra espone tutte queste espressioni culturali portando a Venezia migliaia di documenti. Tra giugno e dicembre 1977 La Biennale realizza oltre alle mostre decine di convegni, seminari e laboratori. Tra ottobre e novembre per esempio nella nuova sede dell’ASAC a Ca’ Corner della Regina alla presenza del pubblico vengono realizzati e spiegati alcuni Art-Tapes, video d’artista creati nel laboratorio di Maria Gloria Bicocchi. La produzione chiamata art/tapes/22 annovera, tra gli altri, opere di Marina Abramović, Vito Acconci, Allan Kaprow, Ketty La Rocca, Urs Lüthi, Dennis Oppenheim, Bill Viola. VP

to tempo a partecipare alla Biennale. Per l’edizione del 1978 la Biennale torna ai Giardini di Castello; il tema della natura viene interpretato nella mostra principale in Sei stazioni per artenatura. La natura dell’arte (curata da Jean Cristophe Amman, Achille Bonito Oliva, Antonio Del Guercio, Filiberto Menna) attraverso una rilettura critica dell’arte moderna in rapporto con il contesto ambientale. Alla fine della Mostra Ripa di Meana non si ripropone per un nuovo mandato anzi nel 1979 sarà candidato e poi eletto alle prime elezioni europee. VP

03B La fine del mandato di Carlo Ripa di Meana FIG. 02 → 04, 06, 15 → 22

Il bilancio della Biennale del 1977 è un successo. Le manifestazioni sul dissenso sono seguite da 736 giornalisti internazionali, 25 radio e tv italiane e 15 straniere; partecipano ai convegni 350 studiosi di Paesi differenti e oltre 220 mila visitatori visitano la mostra dedicata ai Samizdat al Museo Correr. Ripa di Meana proroga la sua gestione della Biennale confermando anche il Consiglio direttivo. Il tema scelto sembra la cosa più lontana dalla politica: Dalla natura all’arte, dall’arte alla natura in realtà questa problematica, come precisa il presidente: “apre delle possibilità di partecipazione sia alle nazioni altamente industrializzate sia ai Paesi che presentano situazioni diverse dal punto di vista sociale, storico e culturale”01. Viene nominato direttore del Settore Arti Visive Luigi Scarpa già capo ufficio nell’edizione del 1976; la commissione per la partecipazione italiana è formata da Luigi Carluccio, Enrico Crispolti e Lara Vinca Masini. La presenza dell’Unione Sovietica, e dei Paesi satelliti, non è sicura; solo alla fine del mese di aprile del 1978 il fronte contrario alla Biennale si rompe con l’annuncio della partecipazione della Romania all’Esposizione. Dopo gli eventi del 1977 molti Paesi del blocco orientale rinunceranno per mol-

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The Parajanov protest FIG. 01, 07 → 14

ENG Cinema e paesi dell’est (Cinema in Eastern European Nations), held at Cinema Olimpia and Teatro Malibran in November 1977, was the largest survey of dissident films from socialist countries ever to be held in the West. Directors included Vĕra Chytilová, István Gaál, Juraj Jakubisko, Otar Iosseliani, Andrei Michalkóv-Konchalovsky, Jan Nĕmec, Evald Schorm, Andrei Tarkovsky, Jiří Trnka, Andrzej Wajda, Krysztof Zanussi and Andrzej Żuławski. Many of them were well known and some of their films had already been seen, but little was known about Sergei Parajanov. In 1968 the Armenian director had signed a petition protesting the arrest of Ukrainian intellectuals, and for this reason the filming of Sayat-Nova – or Tsvet granata (The Colour of Pomegranates), the title of Sergei Yutkevich’s recut 1971 version – was halted and was only completed in 1969. The movie was immediately withdrawn for “extreme deviation from Russian realism”. In 1974, while he was working on a new film, Parajanov was arrested and sentenced to five years of hard labour for homosexuality, trafficking in art objects and incitement to suicide. Fifteen days before the Venetian event, Angelo Pezzana, leader of the gay rights movement Fuori!, was expelled from the USSR for actions in support of Parajanov. Pezzana’s protest continued in Venice and Ripa di Meana transformed a seminar on the director into a “solidarity meeting”, alongside various international movements led by Surrealist Louis Aragon, which concluded with appeals for the director to be released and his films to circulate freely. Tini zabutykh predkiv (Shadows of Forgotten Ancestors) and Sayat-Nova were shown at the Olimpia, after an introduction in which Lino Micciché – who in 1997 would become president of La Biennale – read out a statement of protest addressed to the Soviet government and signed by filmmakers and critics. GG

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“New Art from the Soviet Union: An Unofficial Perspective”, curated by Enrico Crispolti and Gabriella Moncada, 1977 FIG. 05, 23 → 27

The exhibition La nuova arte sovietica: Una prospettiva non ufficiale

— Annuario 1979. Eventi del 1978, a cura dell’ASAC, Venezia 1982, p. 150 01

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(New Art from the Soviet Union: An Unofficial Perspective), curated by Enrico Crispolti (1933-2018) and Gabriella Moncada, showcased artworks alongside photographic and video documentation, gathering the work of a hundred or so artists active in the Soviet Union and other countries. Their pieces mainly belonged to private Italian collections, and some paintings and sculptures which could not be secured were shown in slide projections. The exhibition was meant to be an “unofficial perspective” in the sense of divergent from the state-approved style, Socialist Realism. Held at the Arsenale’s Palazzetto dello Sport, the show was divided into seven sections: Expressionist Figuration and Lyrical Figuration; Action, Matter, Image; Post-Constructivist and Organic Abstraction; Kinetic Art; Surreal Figuration; Humour and More, Exploring the Everyday; Conceptual Mediation, Behaviour and Collective Action. The most interesting contributions included the cybernetic experiments of the Dvizhenie movement, the work of Ilya Kabakov and Alexander Melamid, Vitaly Komar, Rimma Gerlovina, Valeriy Gerlovin, Francisco Infante Arana and the CAG group, made up of Nikita Alexeev, Georgii Kizevalter and Andrei Monastyrsky. The projects focused on dissent and the exhibition by Enrico Crispolti (a professor of contemporary art history) had an extremely powerful echo in the Italian press, highlighting the range of orientations – and of relationships with the Soviet Union – in the Italian Left. VP

03A The “Samizdat” and “art-tapes” exhibitions” On 15 November, an exhibition opened at Museo Correr that explored samizdat, self-published work. This was a very widespread phenomenon in Soviet countries, especially in the 1960s and ’70s, among those seeking to evade censorship and state publishing; the Russian word samizdat was used to describe the typewritten production of banned texts on tissue paper. Very few copies could be made this way, but anyone who came into possession of one was supposed to replicate it in turn to disseminate new texts, in disciplines ranging from art to politics and from religion to science. Closely tied to

the word samizdat was tamizdat: a text which reached the West as samizdat, was printed in book or pamphlet form, and returned to the Soviet Union. Magnetizat (or magnitizadat), on the other hand, was oral, recorded samizdat. The exhibition displayed all these forms of cultural expression, bringing thousands of documents to Venice. From June to December 1977, in addition to the exhibitions, La Biennale held dozens of conferences, seminars and workshops. In October and November, for example, some of the art-tapes videos produced by Maria Gloria Bicocchi were presented to the public at the new ASAC site in Ca’ Corner della Regina. Called art/ tapes/22, the production included work by Marina Abramović, Vito Acconci, Allan Kaprow, Ketty La Rocca, Urs Lüthi, Dennis Oppenheim and Bill Viola. VP

the announcement that Romania would take part. After the events of 1977, many Eastern Bloc countries did not come to the Biennale for years. For the 1978 edition the Biennale Arte returned to the Giardini di Castello. The nature theme was explored, in the main exhibition, through Sei stazioni per artenatura: La natura dell’arte (Six Stations for Art-Nature: The Nature of Art). Curated by Jean Cristophe Amman, Achille Bonito Oliva, Antonio del Guercio and Filiberto Menna, it was a critical re-reading of modern art in relation to the environment. At the end of this Biennale, Ripa di Meana did not seek reappointment, and in 1979 he ran and was elected to the first European parliament. VP

03B The end of Carlo Ripa di Meana’s presidency FIG. 02 → 04, 06, 15 → 22

The 1977 Biennale was an overall success. The events focused on dissent were covered by 763 international journalists, twenty-five Italian radio and TV stations and fifteen international ones; 350 scholars from a range of different countries took part, and over 220 thousand people visited the Samizdat exhibition at Museo Correr. Ripa di Meana stayed on at the helm and also reconfirmed the board of directors. The theme chosen for 1978 could not have seemed further from politics – “From Nature to Art and from Art to Nature – but as the president himself explained, this topic actually opened up “new possibilities of participation for both highly industrialised countries and for others whose social, historical and cultural lives are very different.”01 Luigi Scarpa, who had already taken an organisational role in the 1976 edition, was appointed artistic director of the Visual Arts department, and the Italian pavilion was to be overseen by Luigi Carluccio, Enrico Crispolti and Lara Vinca Masini. It was unclear whether the Soviet Union and its satellite nations would be there. Only at the end of April 1978 did their unwillingness to attend become less unanimous, with

01 — Annuario 1979. Eventi del 1978, curated by the ASAC, Venezia 1982, p. 150

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1980 La prima Biennale di Architettura e il Postmoderno


1980 La prima Biennale di Architettura e il Postmoderno Maria Cristiana Costanzo

ITA Il settore Architettura è per la prima volta formalizzato come disciplina autonoma nel quadriennio di presidenza di Giuseppe Galasso (1979-1982), che ne affida a Paolo Portoghesi la direzione, coadiuvato da quattro co-curatori: Charles Jencks, Christian Norberg-Schulz, Vincent Scully e Kenneth Frampton. Dopo la realizzazione del Teatro del Mondo di Aldo Rossi, edificio effimero ancorato a Punta della Dogana fra il 1979 e il 1980, il nuovo direttore cura nel 1980 la prima Mostra Internazionale di Architettura dal titolo La presenza del passato. Filo conduttore di questa prima Biennale di Architettura è la riflessione sul movimento cosiddetto Postmoderno, che mette in discussione il Moderno con le sue aspirazioni legate al nuovo, alla tecnologia, alla pianta libera, alla purezza delle forme geometriche.

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— (pagina precedente) Il Teatro del Mondo a Punta della Dogana, 1979-1980 • (previous page) The Theatre of the World at Punta della Dogana, 1979-1980

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FIG. 02 — Disegno della facciata di Franco Purini e Laura Thermes • Drawing of the facade by Franco Purini and Laura Thermes

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— Collage del progetto della facciata di Hans Hollein, 1980 • Collage of Hans Hollein’s facade project, 1980

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Il Postmoderno, teorizzato tra gli altri da Charles Jencks, riafferma una nuova visione della storia, che diventa serbatoio infinito di immagini e suggestioni da cui gli architetti recuperano liberamente forme, stilemi, elementi decorativi. Questa è l’idea che ispira Portoghesi per la Strada Novissima, la mostra centrale allestita alle Corderie dell’Arsenale, spazio monumentale per la prima volta aperto al pubblico grazie alla Biennale. La Strada Novissima è costituita da venti facciate progettate da celebri architetti e pensate come quinte teatrali di un’ipotetica “strada” di edifici postmoderni. La mostra offre al visitatore un’esperienza diretta e tattile dell’architettura, un’esposizione, come sottolinea Portoghesi: “con l’architettura e non sull’architettura”. A realizzare la Strada Novissima, che apre un vivace dibattito sul Postmoderno diventandone un simbolo, vengono chiamati prestigiosi architetti da tutto il mondo, tra cui Frank O. Gehry, Michael Graves, Hans Hollein, Rem Koolhaas, Arata Isozaki, Robert Venturi - Denis Scott Brown. La presenza del passato include, inoltre, un omaggio a tre maestri del Novecento, Philip Johnson, Ignazio Gardella e Mario Ridolfi, che per primi percorsero strade alternative ai dettami modernisti. Nei piani superiori delle Corderie vengono esposti altri 76 architetti, tra cui una retrospettiva su Ernesto Basile e una mostra di Alessandro Mendini, che insieme a Paola Navone, Daniela Puppa e Franco Raggi presenta Oggetto banale, una raccolta di 40 oggetti di uso comune: un quadro, un plastico di Architettura Banale, una stanza. Con la Prima Mostra di Architettura, La Biennale si inserisce nel dibattito internazionale sull’architettura, grazie alla capacità di far convergere a Venezia ricerca e attualità. Il movimento Postmoderno raggiunge così, soprattutto grazie alla Strada Novissima e al Teatro del Mondo di Aldo Rossi, la sua consacrazione internazionale. Negli stessi anni nel settore Arti Visive si inaugura la prima edizione di ‘Aperto’, la nuova sezione di arte giovane della Biennale di Venezia, che continuerà fino al 1993. Nel contesto degli anni Ottanta, ‘Aperto’ registra e assorbe impulsi simili a quelli che caratterizzano la prima Biennale di Architettura, che segnala la nascita di una nuova sensibilità postmoderna, e che supera i diktat modernisti e le grandi narrazioni ideologiche del Novecento, recuperando invece un dialogo con la storia, l’eclettismo e i piaceri dell’effimero. Una simile sensibilità è rintracciabile anche nelle Biennali Arte del 1984 e 1986, dirette da Maurizio Calvesi, che organizza due edizioni dal titolo Arte e Arti – Attualità e Storia (1984) e Arte e Scienza (1986), che si distinguono in particolare per la commistione di arti contemporanee e antiche.

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1980 The first international architecture exhibition and postmodernism Maria Cristiana Costanzo

Architecture officially became its own separate department for the first time during Giuseppe Galasso’s four-year presidency (1979-1982). Galasso appointed Paolo Portoghesi to be artistic director, with four co-curators: Charles Jencks, Christian Norberg-Schulz, Vincent Scully and Kenneth Frampton. After Aldo Rossi’s Teatro del Mondo, a temporary building anchored to Punta della Dogana in 1979-80, the new director curated the first International Architecture Exhibition, titled La presenza del passato (The Presence of the Past). The theme driving this first exhibition was postmodernism, which challenged modernism’s aspirations toward innovation, technology, free-plan spaces and pure geometric forms. Postmodernism, whose theorists included Charles Jencks, presented a new vision of history as a boundless reservoir of images and evocations from which architects could freely borrow forms, styles and decorative elements. This was the idea which inspired Portoghesi’s Strada Novissima, the key exhibition at the Corderie of the Arsenale, whose historic space was opened to the public for the first time for the Biennale. Strada Novissima consisted of twenty facades designed by famous architects as if they were a theatrical backdrop, a hypothetical “street” of postmodern buildings. It offered visitors a direct, tactile experience of architecture, in an exhibition that was “with architecture rather than about architecture”, as Portoghesi said. Famous architects from all over the world were invited to help create this Strada Novissima, which fostered a lively debate about postmodernism and became a symbol of the movement. They included Frank O. Gehry, Michael Graves, Hans Hollein, Rem Koolhaas, Arata Isozaki, Robert Venturi and Denise Scott Brown. With its first architecture exhibition, La Biennale became an important part of the international architecENG

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FIG. 05 — La tana o corderia dell’Arsenale di/by Antonio Lazzari e/and Andrea Tosini (1829), 1980 FIG. 06, 07 — Testo sul Teatro del Mondo, s.d. • Text about the Theatre of the World, s.d.

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ture debate, given its ability to bring the very latest developments and experiments to Venice. With Aldo Rossi’s Strada Novissima and Teatro del Mondo, the postmodernist movement achieved international recognition. That same year, the Visual Arts department inaugurated the first edition of Aperto (Open), La Biennale di Venezia’s new section for young artists, which continued until 1993. In the context of the 1980s, Aperto registered and absorbed new impulses similar to those found in the first Biennale Architettura; it marked the birth of a postmodern sensibility that transcended the rules of modernism and the great ideological narratives of the twentieth century, rekindling an interest in history, eclecticism and the joys of the ephemeral. A similar sensibility could also be seen the 1984 and 1986 editions of Biennale Arte directed by Maurizio Calvesi, titled Arte e Arti – Attualità e Storia (Art and Arts – The Current Situation and History, 1984) and Arte e Scienza (Art and Science, 1986), which were particularly noteworthy for their blending of contemporary and ancient art forms.

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— Portale d’ingresso di La presenza del passato, Aldo Rossi, 1980 • Entranceway, La presenza del passato, Aldo Rossi, 1980

FIG. 08, 09

— Disegno della facciata di Venturi Rauch & Scott Brown • Design of the facade by Venturi Rauch & Scott Brown

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FIG. 11 — Disegno della facciata di Massimo Scolari • Drawing of the facade by Massimo Scolari

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— Bozzetto per il manifesto del progetto Wanted di Arata Isozaki • Sketch for the poster of the Wanted project by Arata Isozaki

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FIG. 14 — Lettera di Arata Isozaki a Paolo Portoghesi, 9 luglio 1980 • Letter from Arata Isozaki to Paolo Portoghesi, 9 July 1980

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FIG. 15 — Biennale: memoria e provocazione, La Stampa, 31 luglio/July 1980, Paolo Barbaro

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FIG. 16 → 18 — (pagine precedenti/previous pages) Strada Novissima, 1980 FIG. 19 — Venezia Teatro del Mondo, L’Avanti!,

14-15 ottobre/October 1979, Paolo Portoghesi FIG. 20 — Il Teatro del Mondo sul Canal Grande, 1979 • The Theatre of the World on the Canal Grande, 1979

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FIG. 21 — Il Teatro del Mondo a Punta della Dogana, 1979-1980 • The Theatre of the World at Punta della Dogana, 1979-1980 FIG. 22 — Il Teatro del Mondo a Venezia, 1980 • The Theatre of the World in Venice, 1980

— Carlo Ripa di Meana all’interno del Teatro del Mondo, Carnevale del Teatro, 1980 • Carlo Ripa di Meana inside the Theatre of the World, Carnevale del Teatro, 1980

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FIG. 24 — Testo di Aldo Rossi dal catalogo

della mostra Venezia e lo spazio scenico, 1979 • Text by Aldo Rossi from the catalogue of the exhibition Venezia e lo spazio scenico, 1979

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FIG. 25 — (pagina precedente/previous page)

Installazione di/by Tony Cragg, 1980 FIG. 26 — Estratto dalla bozza per la cartella

stampa, sezione Magazzini del Sale, titolo provvisorio “Proiezioni 80”, 1980 • Extract from the draft of the press kit, Magazzini del Sale section, provisory title “Proiezioni 80”, 1980

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FIG. 27 — Installazione di/by Jonathan Borofsky, 1980 FIG. 28 — La tentazione di Sant’Antonio di/by Michael Buthe, 1980 FIG. 29

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— Bear Run II di/by Bryan Hunt, 1980

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FIG. 30 — Parte dell’Intervista di Giancarlo Politi

a Harald Szeemann, Flash Art, estate 1980 • Part of Giancarlo Politi’s interview with Harald Szeemann, Flash Art, summer 1980 FIG. 31 — Verbale dei lavori della commissione di Arti Visive, 12 - 13 gennaio 1980 • Verbal of the Visual Arts Commission’s works, 12 – 13 January 1980

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— Inaugurazione della Biennale Arte 1984 con la Scultura-Teatro di Alberto Burri • Opening of the Biennale Arte 1984 with Alberto Burri’s Scultura-Teatro

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— Maurizio Calvesi e Sandro Pertini all’inaugurazione della 41. Esposizione Internazionale d’Arte, 1984 • Maurizio Calvesi and Sandro Pertini at the opening of the 41st International Art Exhibition, 1984

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— Maurizio Calvesi a/at Ca’ Giustinian, 1983

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FIG. 35, 36 — Allestimento degli archi costruiti ai Giardini della Biennale per la mostra Progetto Venezia, Aldo Rossi, 1985 • Preparation of the entrance arches at the Giardini della Biennale for the exhibition Designing Venice, Aldo Rossi, 1985 FIG. 37 — Francesco Cossiga e Paolo Portoghesi in visita alla mostra Progetto Venezia, 1985 • Francesco Cossiga and Paolo Portoghesi visit the exhibition Designing Venice, 1985

— Pieghevole della mostra Progetto Venezia, 1985 • Designing Venice exhibition leaflet, 1985

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“La Strada Novissima”, a cura di Paolo Portoghesi, 1980 FIG. 02 → 05, 08 → 18

ITA Nel 1980 La Biennale di Venezia inaugura il Settore Architettura come sezione autonoma delle proprie attività. Il 27 luglio dello stesso anno viene aperta la prima Mostra Internazionale di Architettura, La presenza del passato, diretta da Paolo Portoghesi coadiuvato da quattro co-curatori: Charles Jencks, Christian Norberg-Schulz, Vincent Scully e Kenneth Frampton. La Strada Novissima, curata dallo stesso Portoghesi, viene allestita nello spazio monumentale delle Corderie dell’Arsenale che per la prima volta viene aperto al pubblico. Venti architetti da tutto il mondo sono invitati a riflettere sul rapporto fra eredità architettonica e avanguardia e confrontarsi sul tema della quinta stradale: progettano venti facciate di case a grandezza naturale realizzate dalle maestranze di Cinecittà, in un percorso che riproduce una strada urbana lunga settanta metri e alta sei. In questa “galleria di autoritratti architettonici”, secondo la definizione dello stesso Portoghesi, figurano gli italiani Costantino Dardi, Paolo Portoghesi con Francesco Cellini e Claudio D’Amato, Franco Purini e Laura Thermes, lo studio GRAU, Massimo Scolari, e architetti internazionali come Ricardo Bofill, Frank O. Gehry, Michael Graves, Allan Greenberg, Hans Hollein, Arata Isozaki, Josef Paul Kleihues, Rem Koolhaas, Léon Krier, Charles W. Moore, Thomas Gordon Smith, Robert A. M. Stern, Stanley Tigerman, Oswald Mathias Ungers, Robert Venturi - Denis Scott Brown e John Rauch. Dietro ognuna delle facciate è allestita una sala che ospita la documentazione dei lavori più significativi di ogni architetto. Aldo Rossi realizza il portale di ingresso alla mostra. All’interno delle Corderie, tre mostre personali di Ignazio Gardella, Philip Johnson e Mario Ridolfi forniscono un ulteriore contributo alla riscoperta delle radici del passato, tema centrale di tutta la manifestazione. Nei piani superiori delle Corderie sono esposti altri 76 architetti tra cui Alessandro Mendini, che insieme a Paola Navone, Daniela Puppa e Franco Raggi presenta Oggetto banale, una raccolta di 40 oggetti di uso comune: un quadro, un plastico di Architettura Banale, una stanza. In piena crisi delle istanze radicali, l’idea di ‘ba-

nale’ nasce secondo Mendini come possibilità costruttiva e di futuro sviluppo e innovazione. La Strada materializza la metafora delle architetture spettacolo e rivela un nuovo modo di pensare l’architettura; riscoprendo il gesto liberatorio di pratiche censurate dal Modernismo come l’eclettismo e il revival, allinea la mostra al dibattito internazionale sull’architettura postmoderna. La vasta eco che la Mostra e la Strada hanno nella stampa di tutto il mondo dimostra l’utilità di aver allargato il dibattito ben al di là della critica specializzata. Realizzando nell’Arsenale la Prima Mostra Internazionale di Architettura e proiettando simbolicamente al suo interno un pezzo di città, La Biennale auspica la restituzione a Venezia di uno dei suoi spazi più vitali. MCC

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Aldo Rossi, “Teatro del Mondo”, 1979 FIG. 01, 06, 07, 19 → 24

Nel luglio 1979 Paolo Portoghesi, nell’ambito della mostra Venezia e lo spazio scenico allestita a Palazzo Grassi, invita Aldo Rossi a progettare un teatro con il compito di rievocare la tradizione cinquecentesca delle grandi installazioni galleggianti spettacolari. Rossi sceglie il tema morfologico della torre, luogo racchiuso e non solo scena galleggiante, che deve confrontarsi con i monumenti del Bacino di San Marco. Realizzato con la consapevolezza della sua temporaneità, il Teatro del Mondo è sostenuto da uno scheletro in tubi di acciaio facilmente smontabili, rivestiti da un tavolato in legno, poggiato su una chiatta che permette all’opera di galleggiare e di essere trasportata via acqua. Alto circa 25 metri, il Teatro può ospitare fino a 200 persone per assistere a commedie, concerti da camera e balletti. Il concerto inaugurale è diretto dal maestro René Clemencic con musiche di Benedetto Marcello. Due corpi scala simmetrici si innalzano per circa due metri oltre il vano centrale. A coprire quest’ultimo un elemento conclusivo circondato da una terrazza perimetrale e coperto con falde in zinco. Sul colmo del padiglione una sfera e una bandierina triangolare coronano l’opera. Il Teatro resta ormeggiato alla Salute per 10 giorni nel mese di novembre 1979. Ma è con il passaggio eccezio-

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nale fra le nebbie di Marghera, dai cantieri navali di Fusina dove viene assemblato, fino a Punta della Dogana, che il Teatro del Mondo offre, prima ancora della sua utilizzazione, spettacolo di sé. Utilizzato nel 1980 dal Settore Teatro diretto da Maurizio Scaparro per la prima edizione del Carnevale di Venezia, nell’estate dello stesso anno viene trasportato via mare al Festival Teatrale di Dubrovnik. Probabilmente la più famosa tra le opere temporanee del Novecento, il Teatro del Mondo rimane nel ricordo di architetti, uomini di teatro e artisti. MCC

03A “Aperto 80”, a cura di Achille Bonito Oliva e Harald Szeemann, 1980 FIG. 25 → 31

Nel 1980 si inaugura la prima edizione di ‘Aperto’, la nuova sezione di arte giovane della Biennale di Venezia, che continuerà fino al 1993. A curarla sono Achille Bonito Oliva, già membro della Commissione Arti Visive della Esposizione Internazionale dello stesso anno, insieme ad Harald Szeemann, celebre curatore svizzero che aveva già collaborato con la Biennale nel 1975 curando la mostra Le macchine celibi negli stessi spazi industriali dei Magazzini del Sale alle Zattere. Mentre la Mostra Internazionale intitolata L’arte degli anni ’70 si focalizza sull’arte del decennio precedente, Aperto 80, come verrà poi conosciuto, riunisce le tendenze artistiche più recenti. La mostra consacra il ritorno alla pittura dopo gli sconvolgimenti degli anni Settanta e dopo le ondate dell’arte concettuale, della performance e dell’arte interdisciplinare. Tra gli artisti in mostra si ricordano quelli che verranno riconosciuti come il gruppo della Transavanguardia italiana, promossa dallo stesso Bonito Oliva, con Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria e Mimmo Paladino, ma anche giovani internazionali come Jonathan Borofsky, Tony Cragg, Ulrike Ottinger, Susan Rothenberg, Julian Schnabel e Joe Zucker. Nel contesto degli anni Ottanta, ‘Aperto’ registra e assorbe impulsi simili a quelli che caratterizzano la prima Biennale di Architettura dello stesso anno, che segnala la nascita di una nuova sensibilità postmoderna, e che supera i diktat modernisti e le grandi narrazioni ideologiche del Novecen-

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to, recuperando invece un dialogo con la storia, l’eclettismo e i piaceri dell’effimero. CA

03B Maurizio Calvesi FIG. 32 → 34

Storico dell’arte, accademico e curatore, Maurizio Calvesi è uno dei critici più influenti e acuti nell’Italia del Secondo dopoguerra. Allievo dei celebri storici dell’arte Lionello Venturi e Giulio Carlo Argan, Calvesi ha collaborato per molti anni e in molti ruoli con La Biennale. Tra il 1964 e il 1977, in diverse edizioni, siede sia nella commissione Arti Figurative sia in giuria. Dal 1980 al 1982 fa parte del Consiglio direttivo. Nel 1984 e nel 1986 è direttore del settore Arti Visive, dove organizza due edizioni dal titolo Arte e Arti – Attualità e Storia (1984) e Arte e Scienza (1986), che si distinguono in particolare per la commistione di arti contemporanee e antiche. Dal 1988 al 1997 torna più volte alla Biennale, in veste di giurato e nella commissione di esperti per la mostra del centenario e per le partecipazioni italiane nel 1995. La sua profonda conoscenza dell’arte italiana, sia antica sia contemporanea, ha prodotto importanti studi sul Barocco e su Caravaggio, passando dal Futurismo fino ad Alberto Burri. Celebri i suoi studi sull’arte degli anni Sessanta, tra cui Le due avanguardie: dal Futurismo alla Pop Art e Avanguardia di Massa, il cui titolo cattura molte delle trasformazioni che investiranno l’arte, la cultura e la storia del gusto e del costume anche all’interno della Biennale, dagli anni Sessanta in poi. La sua grande apertura poliedrica ad altre discipline come la psicologia è scaturita in due edizioni della Biennale Arte aperte alle contaminazioni dei saperi e alle più moderne tendenze dell’arte contemporanea. CA

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“Progetto Venezia” FIG. 35 → 38

Progetto Venezia è il titolo della Terza Mostra Internazionale di Architettura del 1985, realizzata sotto la presidenza di Paolo Portoghesi e curata da Aldo Rossi. Architetti già affermati e giovani meno noti sono invitati a presentare idee e progetti innovativi che affrontino i problemi del nuovo nell’antico, della città storica e dell’architettura nuova, del rapporto tra Venezia e il suo entroterra.

Le aree di concorso si trovano nel centro storico della città: Ponte dell’Accademia, Mercato di Rialto, Ca’ Venier dei Leoni e nel Veneto, la Piazza di Badoere, la Piazza d’Este, Villa Farsetti a Santa Maria di Sala, la Piazza di Palmanova, i Castelli di Giulietta e Romeo a Montecchio Maggiore, la Rocca di Noale, Prato della Valle a Padova. Una giuria internazionale presieduta dallo stesso Rossi e composta da Sandro Benedetti, Gianfranco Caniggia, Claudio D’Amato, Guglielmo De Angelis D’Ossat, Diane Ghirardo, Bernard Huet, Robert Krier, Rafael Moneo, Werner Oechslin e Gino Valle seleziona le proposte migliori. La sfida e l’opportunità di riprogettare gli spazi urbani offerta da Progetto Venezia riceve un altissimo numero di adesioni, con 1.500 progetti giunti da tutto il mondo. Il “Leone di pietra” è conferito a Robert Venturi, Manuel Pascal Schupp, COPRAT, Franco Purini per il Ponte dell’Accademia; Raimund Abraham, Raimund Fein, Peter Nigst, Giangiacomo D’Ardia per Ca’ Venier dei Leoni; Alberto Ferlenga per Piazza di Este; Daniel Liebeskind per Piazza di Palmanova; Laura Foster Nicholson per Villa Farsetti a Santa Maria di Sala; Maria Grazia Sironi e Peter Eisenman per i Castelli di Giulietta e Romeo a Montecchio Maggiore. Oltre al “Leone di pietra” Rossi opera una selezione tra i restanti progetti più significativi e per ciascuno realizza un manifesto utilizzando le migliori tavole di progetto. I manifesti sono stampati in diverse copie e usati per rivestire degli “archi” sistemati lungo il viale verso il Padiglione Centrale. Con questo gesto l’architettura entra ufficialmente nei Giardini della Biennale in una edizione che dimostra, spiega Rossi all’inaugurazione: “la possibilità di esporre l’architettura come un mestiere, una tecnica, una disciplina che si è liberata da una costruzione ideologica che le impedisce di esprimersi in modi differenti.” La Terza Mostra di Architettura scioglie così il legame con il Modernismo e il Postmodernismo che avevano caratterizzato le prime due edizioni. MCC

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“La Strada Novissima”, curated by Paolo Portoghesi, 1980 FIG. 02 → 05, 08 → 18

ENG In 1980 La Biennale inaugurated the Architecture department as its own section. On 27 July of that same year the first International Architecture Exhibition, La presenza del passato (The Presence of the Past) was held, under the direction of Paolo Portoghesi with the assistance of four co-curators – Charles Jencks, Christian Norberg-Schulz, Vincent Scully and Kenneth Frampton. La Strada Novissima, curated by Portoghesi himself, was presented at the historic site of the Corderie in the Arsenale, opened to the public for the first time. Twenty architects from all over the world were invited to reflect on the relationship between architectural heritage and the avant-garde, exploring the idea of the city street as a sort of stage set. They designed twenty life-size house facades built by artisans from the Cinecittà film studios, which together comprised a seventy-metre-long, six-metre-high installation. This “gallery of architectural self-portraits”, as Portoghesi himself defined it, included work by the Italians Costantino Dardi, Paolo Portoghesi with Francesco Cellini and Claudio D’Amato, Franco Purini with Laura Thermes, Studio GRAU and Massimo Scolari, as well as international architects like Ricardo Bofill, Frank O. Gehry, Michael Graves, Allan Greenberg, Hans Hollein, Arata Isozaki, Josef Paul Kleihues, Rem Koolhaas, Léon Krier, Charles W. Moore, Thomas Gordon Smith, Robert A. M. Stern, Stanley Tigerman, Oswald Mathias Ungers, and Robert Venturi with Denise Scott Brown and John Rauch. Behind each facade was a room documenting each architect’s most significant work. Aldo Rossi designed the entrance portal. La Strada Novissima was a concrete metaphor for architecture as spectacle and revealed a new way of thinking about the discipline. By rediscovering the liberating power of practices like eclecticism and revival that had been frowned upon by modernism, it brought the international debate on postmodern architecture into the heart of La Biennale. Inside the Corderie, three solo exhibitions of work by Ignazio Gardella, Philip Johnson and Mario Ridolfi also contributed to exploring architectur-

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al roots, the central theme of the event. The upper floors of the Corderie showcased the work of seventy-six other architects, including Alessandro Mendini, Paola Navone, Daniela Puppa and Franco Raggi, who presented Oggetto banale (Banal Object) – a collection of forty everyday items – as well as a painting, a “banal” architectural model, and a room. Amidst the crisis in radical architecture, the idea of “banal design” was advanced by Mendini as a possibile path of future development and innovation. The exhibition and the Strada drew vast coverage in the international press, showing how useful it was to expand the debate beyond the specialised critical milieu. By organising the first International Architecture Exhibition at the Arsenale and symbolically recreating a piece of the city inside it, La Biennale expressed the hope that one of Venice’s most vital spaces would be restored to public use. MCC

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Aldo Rossi’s “Theatre of the World”, 1979 FIG. 01, 06, 07, 19 → 24

In July 1979 Paolo Portoghesi invited Aldo Rossi to take part in his exhibition Venezia e lo spazio scenico (Venice and Theatrical Space) by designing a theatre that would conjure up the sixteenth-century tradition of spectacular floating installations. Rossi chose the morphological theme of the tower for a space that would not only be floating but enclosed, and would measure up to the historic buildings of the San Marco basin. Consciously built to be temporary, the Teatro del Mondo (Theatre of the World) was supported by an easy-to-disassemble frame of steel piping covered in wood, resting on a barge that allowed it to float and be transported on water. Standing around twenty-five metres high, the Teatro could accommodate up to 400 people. Two symmetrical flights of stairs rose about two metres over the central space, which was topped by a final zinc-roofed section with a terrace around it. The structure was crowned by a sphere with a triangular flag. The floating theatre remained moored at the Salute for ten days in November 1979. But it was during its amazing journey through the Marghera fog, from its assembly point in the Fusina

shipyards to Punta della Dogana, that Teatro del Mondo was at its most spectacular, even before it housed any performances. Used in 1980 by the Theatre department directed by Maurizio Scaparro for the first edition of the Venice Carnival, in the summer of that same year it was transported by sea to the Dubrovnik Theatre Festival. Probably the most famous temporary work of the twentieth century, Teatro del Mondo has lived on in the memories of architects, theatre people and artists. MCC

03A “Aperto 80”, curated by Achille Bonito Oliva and Harald Szeemann FIG. 25 → 31

1980 marked the first edition of Aperto (Open), the Biennale’s new section for young artists, which continued until 1993. It was curated by Achille Bonito Oliva, who was already on the Visual Arts Commission for the International Exhibition that year, together with Harald Szeemann, the famous Swiss curator who had already worked with the Biennale in 1975, bringing The Bachelor Machines to the same Magazzini del Sale industrial space on the Fondamenta delle Zattere. While the International Exhibition L’arte degli anni ’70 (The Art of the 1970s) focused on work of the previous decade, Aperto 80, as it was later called, brought together the most recent trends in art. This exhibition showed a return to painting after the upheavals of the 1970s and the waves of conceptual, performance and interdisciplinary work. The exhibiting artists included those later known as the Transavanguardia Italiana (Italian Transavantgarde) group championed by Bonito Oliva, with Sandro Chia, Francesco Clemente, Enzo Cucchi, Nicola De Maria and Mimmo Paladino, but also young international artists like Jonathan Borofsky, Tony Cragg, Ulrike Ottinger, Susan Rothenberg, Julian Schnabel and Joe Zucker. Aperto registered and absorbed new impulses of the 1980s much like those found in the first Biennale Architettura that same year; it marked the birth of a postmodern sensibility that transcended the rules of modernism and the great ideological narratives of the twentieth century, rekindling an interest in history, eclecticism and the joys of the ephemeral. CA

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03B Maurizio Calvesi FIG. 32 → 34

Art historian, academic and curator Maurizio Calvesi was one of Italy’s most insightful and influential postwar critics. Having studied under the famous art historians Lionello Venturi and Giulio Carlo Argan, Calvesi worked with La Biennale di Venezia for many years in a range of capacities. In various editions from 1964 to 1977 he sat on both the figurative art commission and on the jury panel. From 1980 to 1982 he was a member of the board of directors. In 1984 and in 1986 he directed the Visual Arts department, where he organised two editions titled Arte e Arti – Attualità e Storia (1984) and Arte e Scienza (1986) (Art and the Arts – Current Affairs and History and Art and Science) which stood out in particular for their blending of contemporary and historic art. From 1988 to 1997 he returned to the Biennale many times as a jury member and to sit on the expert panel for the centenary exhibition and the panel for the 1995 Italian contribution. His profound knowledge of Italian art, both historic and contemporary, yielded important literature on Baroque art and Caravaggio, Futurism and Alberto Burri. His studies on the art of the 1960s are famous, including Le due avanguardie: dal Futurismo alla Pop Art and Avanguardia di Massa, whose title captured many of the “mass avant-garde” transformations taking place within art, culture and social conventions, even within La Biennale, from the 1960s onwards. He imbued his two editions of Biennale Arte with his multifaceted openness to other disciplines like psychology, welcoming cross-pollination from other fields of knowledge and the very latest trends in contemporary art. CA

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3rd International Architecture Exhibition, “Designing Venice”, curated by Aldo Rossi, 1985 FIG. 35 → 38

Progetto Venezia (Designing Venice) was the title of the third Biennale Architettura in 1985, with Paolo Portoghesi as artistic director and Aldo Rossi as curator. Both well-established and emerging architects were invited to present innovative ideas and designs that dealt with the issue of fitting the new into the old, of innovative architecture within his-

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toric contexts, and of Venice’s relationship with its hinterland. The areas focused on for the competition were the centre of Venice – the Accademia bridge, Rialto market, Ca’ Venier dei Leoni – and sites around the Veneto region – the piazzas of Badoere, Este, and Palmanova; Villa Farsetti in Santa Maria di Sala; the castles of Romeo and Juliet in Montecchio Maggiore; the fortress in Noale and Prato della Valle in Padua. An international jury chaired by Rossi and made up of Sandro Benedetti, Gianfranco Caniggia, Claudio D’Amato, Guglielmo De Angelis D’Ossat, Diane Ghirardo, Bernard Huet, Robert Krier, Rafael Moneo, Werner Oechslin and Gino Valle selected the best proposals. The challenges and opportunities of redesigning urban space offered by Progetto Venezia inspired a vast number of participants, with 1500 projects coming in from around the world. “Leoni di Pietra” – Stone Lions – were awarded to Robert Venturi, Manuel Pascal Schupp, COPRAT and Franco Purini for the Ponte dell’Accademia; Raimund Abraham, Raimund Fein, Peter Nigst and Giangiacomo D’Ardia for Ca’ Venier dei Leoni; Alberto Ferlenga for the piazza in Este; Daniel Liebeskind for the piazza in Palmanova; Laura Foster Nicholson for Villa Farsetti in Santa Maria di Sala, and Maria Grazia Sironi and Peter Eisenman for the castles in Montecchio Maggiore. In addition to the “Stone Lions”, Rossi selected the most significant designs from the remaining projects and created posters with the best drawings from each one. Copies of these posters were printed and used to cover “arches” set along the main avenue leading to the Central Pavilion. This officially brought architecture into the Giardini, for an edition which demonstrated, as Rossi explained at the opening, “the potential for architecture to be exhibited as a craft, a technique, a discipline that has freed itself of the ideological framework which kept it from expressing itself in a range of ways.” The 3rd International Architecture Exhibition thus broke with the focus on modernism and postmodernism that had characterised the first two editions. MCC

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La Biennale e la societĂ dello spettacolo


La Biennale e la società dello spettacolo Cecilia Alemani

ITA Fin dalla primissima edizione nel 1895, la storia della Biennale è contraddistinta da scandali mediatici, trame politiche, perbenismi, tentativi di censura da parte della Chiesa e rimostranze del pubblico e della critica che si combattono a colpi di scoop giornalistici, cinegiornali e comunicati stampa e che contraddistingueranno moltissimi altri eventi nella storia della Biennale nei decenni a venire. In questa sala è raccolta una selezione di episodi che registrano la spettacolarizzazione della cultura in un momento – in particolare a partire dagli anni Sessanta – in cui i nuovi media irrompono sul palcoscenico di una nascente società globale. Con il moltiplicarsi dei mezzi di comunicazione e lo sviluppo di una nuova cultura internazionale, la Biennale diventa uno straordinario amplificatore mediatico seguito in tutto il mondo, nel quale si celebra drammaticamente il passaggio dalla cultura della contemplazione a quella dell’evento.

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FIG. 01 — (pagina precedente/previous page) Holy Ghost di/by James Lee Byars, Piazza San Marco, 1975 FIG. 02 — Lettera di Giovanni Carandente a Linda Shearer, 2 settembre 1990 • Letter from Giovanni Carandente to Linda Shearer, 2 September 1990

— Il supremo convegno, Tonin Bonagrazia, 12 maggio/May 1895

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Questa condizione è complicata anche da artisti che coltivano lo scandalo come gesto liberatorio e deliberato per affermare i loro messaggi nell’arena globale o come azione critica contro quella che in quegli stessi anni viene descritta come la ‘società dello spettacolo’. Questa sala ripercorre esempi di opere d’arte condannate aspramente dalla Chiesa, come la celebre serie Made in Heaven di Jeff Koons, nella quale l’artista è ritratto in pose esplicite con la pornostar Cicciolina: l’opera sarà anche vittima di un attacco vandalico. Più di cento anni prima, in occasione della prima Biennale del 1895, Giacomo Grosso aveva esposto Il supremo convegno, un grande quadro altrettanto esplicito che aveva scandalizzato e irritato la Chiesa (vincendo poi il premio del pubblico). Anche gli animali hanno fatto spesso scalpore alla Biennale: nel 1972 il collettivo Mass Moving libera migliaia di farfalle in Piazza San Marco, suscitando l’ira degli animalisti. La Biennale Cinema è costellata di polemiche e censure che mostrano l’intromissione di enti esterni alla Biennale nella scelta, o nell’ostracismo, di alcuni film. Come nelle arti visive, le polemiche sono connesse a contenuti considerati offensivi per esplicita sessualità o perché ritenuti oltraggiosi per la Chiesa o, infine, perché ritenuti inadeguati dalla politica. Negli anni Sessanta Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini e Lolita di Stanley Kubrick provocano scalpore. Nel 1966 il film La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo vince il Leone d’Oro ma offende il Governo francese a causa della schietta critica contro la politica coloniale d’Oltralpe. Un caso mediatico diventato celebre è quello di Carmelo Bene, Direttore artistico della Biennale Teatro del 1989, il cui programma voleva focalizzarsi sulla ricerca e non sulla produzione finale, promuovendo un’idea di ‘teatro senza spettacolo’. Il risultato però non vide mai la luce. In una leggendaria conferenza stampa andata in onda sulla Rai, Carmelo Bene racconta il suo progetto mettendo in scena una strana performance televisiva, che da lì a poco determinerà le sue dimissioni. Right from the very first edition in 1895, the story of La Biennale di Venezia has been full of media scandals, political machinations, moments of prudery, attempts at censorship by the Church, and complaints from critics and the general public: a battle fought in the headlines, on the news, and in press releases, that would characterise many events in its history over the decades. This room presents a selection of episodes which capture the spectacularisation of culture in an era – especially from the 1960s onwards – when new media burst onto the stage of a nascent globalised society. As channels of communication multiplied and a new

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— La vignetta di Mosca, Corriere d’Informazione, 12 giugno/June 1972

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FIG. 05 — Ancora Censura - Taccuino indiscreto del Festival di Venezia, Corriere d’informazione, 1/2 settembre/September 1966

international culture emerged, La Biennale became an extraordinarily powerful platform that captured the attention of the entire world, in a dramatic shift from a culture of contemplation to the culture of the event. The situation was made even more complex by artists who deliberately sought out scandal as a liberating way to bring their messages into the global arena, or as a critique of what was described, even at the time, as the “society of the spectacle”. This room provides an overview of artworks harshly criticised by the Church, such as Jeff Koons’ Made in Heaven, where the artist depicted himself in explicit poses with the porn star Cicciolina: a work that was even vandalised. More than a century earlier, at the first Biennale in 1895, Giacomo Grosso exhibited Il supremo convegno (The Final Tryst), a large, equally explicit painting which scandalised and annoyed the Church but won the public prize. Animals have also frequently caused a hubbub at the Biennale. In 1972 the Mass Moving collective freed thousands of butterflies in Piazza San Marco, prompting anger from animal rights activists. The Film Festival has been punctuated by controversies and episodes of censorship, with outside forces intervening in the selection or exclusion of certain films. As with the visual arts, the wrangling was over content considered too explicitly sexual, offensive to the Church, or even politically inopportune. In the 1960s Pier Paolo Pasolini’s Mamma Roma and Stanley Kubrick’s Lolita caused a stir. In 1966 Gillo Pontecorvo’s La battaglia di Algeri won a Golden Lion, but offended the French government with its frank criticism of France’s colonial policies. One case which received a great deal of media attention was that of Carmelo Bene, artistic director of the 1989 Biennale Teatro; his programme was meant to focus on experimentation rather than the end product, championing a kind of “theatre without the show”. But this never came to pass. In a legendary press conference aired on RAI TV, Carmelo Bene presented his vision through a strange performance that swiftly led to his resignation.

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FIG. 06, 07 — La ricerca teatrale nella rappresentazione di stato, Carmelo Bene, 1989

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FIG. 08, 09 — Carmelo Bene, conferenza stampa,

frame da video, 1989 • Carmelo Bene, press conference, video frame, 1989 FIG. 10 → 17 — Titoli di alcuni articoli sulle dimissioni di Carmelo Bene da Direttore del Settore Teatro, 1989 • Titles of some articles on Carmelo Bene’s resignation as Director of the Theatre Department 17

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FIG. 18 — (pagina precedente/previous page) Holy Ghost di/by James Lee Byars, performance in Piazza San Marco, 1975

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— Holy Ghost di/by James Lee Byars, performance in Piazza San Marco, 1975

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FIG. 21 → 28 — James Lee Byars, note sulle istruzioni inviate a Franco Raggi per la performance Holy Ghost, 1975 • James Lee Byars, notes on the instructions sent to Franco Raggi for the performance Holy Ghost, 1975

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— Il supremo convegno, Giacomo Grosso, 1895 • The Final Tryst, Giacomo Grosso, 1895

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FIG. 30 — Uno scandalo alla Biennale, Il Gazzettino, 11 novembre/November 1962, Paolo Rizzi

— Aperto 90, Jeff Koons, Jeff e Ilona (Made in Heaven), Arsenale, Corderie, 1990

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— Lettera di invito di Giovanni Carandente a Jeff Koons, 27 gennaio 1990 • Invitation letter from Giovanni Carandente to Jeff Koons, 27 January 1990

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FIG. 33 — Gino De Dominicis, Seconda soluzione di immortalità (l’universo è immobile), Biennale Arte 1972 FIG. 34 — L’uomo non è un rottame da esporre alle mostre pop, Gazzetta di Parma, 10 giugno/June 1972 FIG. 35 — Telegramma del Gruppo spontaneo handicappati alla Biennale, 9 giugno 1972 • Telegram from the Gruppo spontaneo handicappati to La Biennale, 9 June 1972 FIG. 36 — Aperto 90, Gran Fury, Untitled, Arsenale, Corderie, 1990 FIG. 37 — Biennale, l’arte dello scandalo, La Repubblica, 26 maggio/May 1990, Giorgio Cecchetti

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FIG. 38 — La battaglia di Algeri di/by Gillo Pontecorvo, 1966 FIG. 39 — I francesi hanno disertato la Mostra, Momento Sera, 1-2 settembre/September 1966

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FIG. 40

— Natt lek di/by Mai Zetterling, 1966

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— The Devils di/by Ken Russel, 1971

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— The Last Temptation of Christ di/by Martin Scorsese, 1988 FIG. 42

FIG. 43 — Telegramma di Ilona Staller, 5 settembre 1988 • Telegram from Ilona Staller, 5 September 1988 FIG. 44 — Laura Betti su sequestro Teorema, ADNKRONOS, 13 settembre/September 1968 FIG. 45

— Teorema di/by Pier Paolo Pasolini, 1968

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FIG. 46 — Mass Moving, Liberazione biologica di 10.000 farfalle in Piazza San Marco, 1972 • Mass Moving, Liberation of 10,000 butterflies in Piazza San Marco, 1972 FIG. 47 — Mass Moving: farfalla/butterfly, 1972 FIG. 48 — Uno svolazzo di morte che si deve evitare, Il Giorno, 30 maggio/May 1972, Enzo Lucchi

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— Antonio Paradiso, Toro e mucca meccanica, Giardini della Biennale, Biennale Arte 1978 • Antonio Paradiso, Bull and Mechanical Cow, Giardini della Biennale, Biennale Arte 1978

FIG. 49, 50

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FIG. 51 — Nota di Antonio Paradiso sull’opera Toro e mucca meccanica • Antonio Paradiso’s note about the artwork Bull and Mechanical Cow FIG. 52 — Action dans la nature di/by Nicolás García Uriburu, 1968

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FIG. 53 — (pagina precedente/previous page) Café Müller di/by Pina Bausch, 1985 FIG. 54

— Kontakthof di/by Pina Bausch, 1985

FIG. 55 — Ma è davvero tanto triste quel sentimento chiamato tango?, La Repubblica, 7 giugno/June 1985, Leonetta Bentivoglio FIG. 56 — ‘Sulla montagna…’ Grida dalla memoria di Pina Bausch, Il Manifesto, 1 giugno/June 1985, Gianni Manzella

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Carmelo Bene. La ricerca impossibile FIG. 06 → 17

ITA Carmelo Bene è nominato Direttore Artistico della Biennale Teatro nel 1988 e sceglie come titolo programmatico del suo mandato “La ricerca impossibile. Ovvero il teatro senza spettacolo”: non si tratta di sancire l’inutilità della ricerca teatrale o di celebrarne la morte, quanto, al contrario, di ripensarla al di fuori delle regole della rappresentazione o delle coercizioni imposte dai meccanismi produttivi. Lo spettacolo, in quanto risultato formalizzato della ricerca, non può, in sintesi, essere altro che un prodotto di Stato, laddove è la convenzione economico-organizzativa dell’apparato statale a stabilirne i criteri e a dettarne i tempi e le modalità di genesi creativa. Oggi è singolare constatare come, al di là delle note diatribe economiche con La Biennale, la direzione di Carmelo Bene è stata, nei fatti e con paradossale coerenza, un autentico ‘teatro senza spettacolo’. Gli allestimenti previsti, Tamerlano il Grande di Cristopher Marlowe, pensato in varie sezioni ciascuna affidata a un gruppo o a un attore differente, e Bafometto di Pierre Klossowski, non vedranno mai la luce, restando confinati in quello che è probabilmente il primo intento dell’artista: la creazione di un laboratorio pressoché senza fine. Ne sono testimonianza, oggi, i saggi relativi a quell’autentica fucina di artisti e studiosi che Carmelo Bene aveva convocato al fine di indagare, principalmente, uno dei punti cardine del suo percorso, la “Macchina Attoriale”, dove l’attore rinuncia di fatto alla propria identità divenendo macchina inorganica grazie anche agli apparati di amplificazione sonora, sublimando la propria voce in un ritmo musicale del tutto in antitesi all’andamento tradizionale della prosa. Seguendo questa direzione, la proposta di Carmelo Bene si sviluppa come una ricerca autenticamente protesa a sondare l’impossibile, qui definito dal termine “barbarico”, il tentativo di toccare la barbarie dell’origine del teatro come gioco che prescinde dal significato o dal linguaggio codificato. Bene, a seguito di numerosi scontri con La Biennale, si dimette nel febbraio del 1990, aprendo un periodo di crisi e incomprensioni che mettono in seria discussione i principi fondativi della Biennale Teatro. Eppure, a distan-

za di anni, anche con un certo stupore, è forse interessante prendere atto di come la non-Biennale dell’artista sia diventata in qualche modo memorabile, e, parafrasando ciò che Carmelo Bene era solito dire a proposito di se stesso, presentissima nella sua assenza. FB

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James Lee Byars, “Holy Ghost”, 1975 FIG. 01, 18 → 28

James Lee Byars (1932-1997) è un artista americano specializzato in sculture, istallazioni e performance dalla forte carica concettuale e mistica. Nel 1972 è invitato da Harald Szeemann alla Documenta 5 a Kassel dove per tutto il tempo del vernissage si posiziona sulla soglia del Museo Fridericianum dando le spalle al pubblico, un piede dentro e un piede fuori dall’esposizione. In questa occasione stringe amicizia con Szeemann tanto che nel 1975 il curatore lo invita a Venezia per inaugurare, con una sua performance, la mostra Le macchine celibi. Sabato 6 settembre alle ore 16.30 in Piazza San Marco viene srotolato un immenso telo bianco dalla forma umana lungo 60 metri e largo 40. L’artista con un cilindro nero e vestito completamente d’oro dirige i lavori di posizionamento della grande sagoma, che il pubblico entusiasta man mano solleva e trasporta per qualche minuto. Alla fine, Lee Byars avvolge tutto il materiale in un sacco nero che viene portato con una barca ai Magazzini del Sale e riposto all’ingresso della mostra Le macchine celibi. Il titolo provocatorio dell’happening è James Lee Byars does the holy ghost che rimanda a significati religiosi forse ispirati al luogo prescelto della performance. Se l’evento è accolto in maniera festosa dal pubblico accorso in Piazza San Marco, le recensioni sui giornali sono molto sarcastiche definendo l’opera pupazzo, lenzuolo, fantasma. VP

re femminili nude, abbandonate in pose lascive. L’opera è così controversa che il Patriarca di Venezia Giuseppe Sarto (futuro papa Pio X) si rifiuta di visitare la Biennale e scrive a Riccardo Selvatico, fondatore e animatore della Biennale e già sindaco di Venezia, per proibirne l’esposizione. Il quadro viene comunque presentato e, tra le polemiche, si aggiudica anche il premio del pubblico, mentre Selvatico perde le elezioni comunali contro una coalizione clerico-moderata, sostenuta dalla curia veneziana. L’opera verrà poi acquistata da una compagnia di investimento allo scopo di portarla in tournée in America, ma il quadro finirà distrutto, bruciato in un incidente. CA

03B Jeff Koons, “Jeff e Ilona (Made in Heaven)”, 1990 FIG. 02, 31, 32

Jeff Koons partecipa ad Aperto 90, la sezione di arte giovane della 44. Esposizione Internazionale d’Arte alle Corderie dell’Arsenale, curata da Renato Barilli, Bernard Blistène, Jacob Wenzel, Stuart Morgan, e Linda Shearer. In questa occasione Koons presenta Made in Heaven, una serie di quadri e una scultura che celebrano la sua relazione romantica con Cicciolina, attrice porno ungherese e all’epoca parlamentare del Governo italiano. I quadri fanno scandalo per il contenuto esplicitamente sessuale delle composizioni; la stampa italiana si scatena con appelli alla decenza e alla moralità, mentre su Vogue America Karl Lagerfeld immortala la coppia a letto, in amorosi abbracci all’Hotel Danieli. Le opere restano in mostra nonostante le richieste di censura, ma alcuni quadri vengono vandalizzati il 3 settembre 1990. CA

03C Gran Fury, “Untitled (Pope Piece)”, 1990 FIG. 36, 37

03A Giacomo Grosso, “Il supremo convegno”, 1895 FIG. 03, 29, 30

Alla prima edizione della Biennale Arte del 1895 esplode uno scandalo attorno a uno dei quadri di Giacomo Grosso. Il quadro rappresenta una bara nella quale giace il cadavere di un uomo sul quale si avventano cinque figu-

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Alla stessa edizione di ‘Aperto’ dello scandalo provocato dalle opere di Jeff Koons, un’altra istallazione americana suscita le ire della Chiesa. Si tratta dell’opera di Gran Fury, un collettivo newyorkese di artisti e attivisti dei diritti dei malati di AIDS. Negli spazi delle Corderie il gruppo presenta due grandi poster: uno con l’immagine di Giovanni Paolo II accanto a un testo che denun-

La Biennale e la società dello spettacolo


cia l’atteggiamento della Chiesa cattolica nei confronti dell’epidemia dell’AIDS; l’altro con l’immagine di un fallo circondato da slogan che incoraggiano l’uso del preservativo. Il direttore del Settore Arti Visive Giovanni Carandente, dopo le proteste e le aperte condanne del Vaticano e dell’opinione pubblica, considera di rimuovere l’opera, ma alla fine si manterrà fedele all’integrità della Mostra e ai principi di libera espressione che da sempre animano la Biennale. CA

03D Gino De Dominicis, “Seconda soluzione di immortalità (l’universo è immobile)”, 1972 FIG. 33 → 35

Gino De Dominicis è uno dei giovani artisti italiani tra i più attivi del periodo, le cui opere saranno esposte in diverse edizioni della Biennale Arte. Nel 1972, per la sua prima presenza in occasione della 36. Esposizione Internazionale d’Arte, è invitato da Renato Barilli alla mostra Opera o comportamento, che il critico bolognese organizza insieme a Francesco Arcangeli. De Dominicis presenta un’opera che suscita molto scalpore. L’installazione comprendeva una composizione di opere concettuali realizzate negli anni precedenti: Cubo invisibile (1967), Palla di gomma (caduta da 2 metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo (1968-69) e Attesa di un casuale movimento molecolare generale in una sola direzione, tale da generare un movimento spontaneo della pietra (1969), opere già esposte in precedenza alla galleria L’Attico di Fabio Sargentini nel 1969. Il 9 giugno, in occasione del vernissage, De Dominicis aggiunge a queste opere la presenza di Paolo Rosa, un giovane affetto da sindrome di Down, seduto in un angolo su una sedia a osservare la composizione di opere disposte davanti a lui. Per quanto resti esposto per poche ore – presto sostituito da una bambina seduta sulla stessa sedia e accompagnata dalla stessa didascalia Seconda soluzione di immortalità – questo tableau vivant scatena reazioni di indignazione estreme nella stampa, coinvolgendo nel dibattito critici e intellettuali, tra cui Pier Paolo Pasolini e persino Eugenio Montale che ricorderà l’evento in occasione del suo intervento alla cerimonia del

premio Nobel. Il fatto approderà anche in Parlamento costando a De Dominicis una denuncia alla Procura della Repubblica per sottrazione d’incapace. CA

03E

Scandali, polemiche e censure alla Mostra del Cinema FIG. 05, 38 → 45

La storia della Mostra d’Arte Cinematografica nel Dopoguerra è costellata di polemiche e di tentativi di censura che evidenziano come nel corso degli anni si siano evolute le reazioni del pubblico, della società e delle istituzioni nei confronti di film con tematiche considerate offensive al pudore, alla religione, o che infastidivano i politici di qualche governo. A questo proposito, il caso più eclatante riguarda nel 1966 La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo che vince il Leone d’Oro. La delegazione francese diserta la proiezione e lascia il Lido perché considera questo film un’offesa alla politica coloniale del Paese. Georges Sadoul, uno dei più importanti storici di cinema, scrive: “La Francia ha perso per la seconda volta la battaglia d’Algeri”. Grave anche l’intervento nel 1955 di Clara Boothe Luce, ambasciatrice statunitense, che era riuscita a far togliere dal programma della Mostra Blackboard Jungle di Richard Brooks perché lo considerava un film ‘degenere’, veicolo di un’immagine controproducente degli Stati Uniti. Un’intromissione che trova molti sostenitori in patria: il regista Joseph Mankiewicz solidarizza con l’ambasciatrice scrivendo che i festival europei sono “un palcoscenico per la boria intellettuale di chi diffama i costumi e la società degli Stati Uniti”. Ottavio Croze, direttore della Mostra, sottostà e sostituisce il film con Interrupted Melody di Curtis Bernhardt. Nel 1956, per Calle Mayor di Juan Antonio Bardem, oppositore del regime spagnolo, si scomoda persino il generalissimo Franco ma in questa occasione Floris Luigi Ammannati, neodirettore della Mostra, non cede e il film va in Concorso. Altre polemiche accompagnano film come La romana di Luigi Zampa (1954), Les Amants di Louis Malle (1958), Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini (1961) e Lolita di Stanley Kubrick (1962). Nel 1962 Eva di Joseph Losey, annunciato in Concorso, è ritirato dai produttori e, nel 1963, il braccio di ferro tra la

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Motion Picture Associated, che voleva in Concorso Lilith di Robert Rossen, è vinto da Luigi Chiarini che lo esclude. Nel 1966 è Natt lek di Mai Zetterling il film scandalo: attaccato dal cardinale Urbani, patriarca di Venezia, che lo considerava “in contrasto con la sana morale”, è proibito al pubblico e proiettato solo per i giornalisti. L’accusa di offesa alla religione accompagna The Devils di Ken Russell (1971), che don Claudio Sorgi definisce “blasfemo oltre ogni limite di sopportabilità” e The Last Temptation of Christ di Martin Scorsese (1988), che, accolto da manifestazioni di protesta davanti al Palazzo del Cinema, costringe La Biennale di Venezia in tribunale. GG

04A Nicolás García Uriburu, “Actions in Nature”, 1968 FIG. 52

L’artista argentino Nicolás García Uriburu sbarca a Venezia nel giugno del 1968, nello stesso momento in cui le grandi contestazioni studentesche infiammano l’inaugurazione della 34. Biennale Internazionale d’Arte, alla quale Uriburu non era stato ufficialmente invitato. Alle 8 di mattina del 19 giugno, Uriburu convince un gondoliere a farsi portare lungo il Canal Grande, dove versa trenta chilogrammi di una sostanza fluorescente non tossica che tinge l’acqua di un verde brillante e che resterà così per molte ore. Davanti a questo spettacolo surreale la città è spaventata e confusa, ma presto scopre che si tratta solo dell’ennesimo gesto di un artista contemporaneo, intento a sollevare problematiche ambientaliste. Il suo lavoro con le immagini che documentavano quel gesto sarà poi ufficialmente esposto alla Biennale Arte 2017 riconoscendogli così un ruolo di pioniere dell’arte ecologista. CA

04B Mass Moving, “Liberazione biologica di 10.000 farfalle in Piazza S. Marco a Venezia”, 1972 FIG. 04, 46 → 48

Il collettivo belga Mass Moving Project installa in Piazza San Marco una grande scultura bianca dalla forma di bozzolo gigante, contenente 10.000 pupe di farfalla bianca vive. L’11 giugno 1972 il telo che copriva la scultura fino al

Le muse inquiete


giorno dell’inaugurazione viene rimosso e le farfalle sbocciate dalle crisalidi invadono la piazza e l’intera città, suscitando le ire furibonde di animalisti e gruppi locali che ne denunciano i possibili danni all’ecosistema lagunare. CA

04C Antonio Paradiso, “Toro e mucca meccanica”, 1978

do: Frühlingeoper (1975), Die sieben Todsünden (1976), Blaubart (1977), Café Müller (1978), Kontakthof (1978), 1980 Ein Stück von Pina Bausch e Bandoneon (1980), Auf dem Gebirge (1984). Le persone, e non i personaggi, dei suoi danzatori-attori, con il loro male di vivere tragicomico in cui chiunque può identificarsi, sono i vettori di una ‘penetrazione bauschiana’ durevole e pervasiva nella danza italiana ed europea. EGV

FIG. 49 → 51

Alla Biennale Arte 1978 dedicata al rapporto tra arte e natura partecipa l’artista pugliese Antonio Paradiso che installa nello spazio di fronte al padiglione belga un recinto con una mucca meccanica – un dispositivo normalmente utilizzato negli allevamenti bovini durante la monta per l’inseminazione artificiale. L’artista porta ai Giardini un possente toro in carne e ossa, chiamato Pinco, e l’incontro performativo con la mucca meccanica suscita grandi perplessità e choc, e soprattutto la condanna del Papa. CA

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Pina Bausch a Venezia, 1985 FIG. 53 → 56

Pina Bausch (1940 -2009) è figura leggendaria della danza contemporanea. Di origine polacco-tedesca, si forma alla Folkwangschule di Essen sotto la direzione di Kurt Jooss, coreografo antinazista, autore del Tavolo verde, apologo contro i potenti della Terra che si giocano per scommessa il destino dei popoli sui campi di battaglia, e nel 1960 studia alla Juilliard School di New York, dove incontra molte figure di spicco della danza americana. Tornata in Germania, entra nel Volkswang-Ballett di Jooss e si dedica con successo alla coreografia, tanto da arrivare a dirigere il suo gruppo di Tanztheater alla Schauspielhaus di Wuppertal dalla stagione 1973-1974. La sua direzione suscita però polemiche da parte dei ‘ballettofili’ e dei tradizionalisti, nemici del realismo prosaico proprio dei suoi lavori toccanti, concepiti per essere vissuti con empatia e non compresi intellettualmente. Dopo la consacrazione al Festival mondial du théâtre de Nancy del 1977 e l’apprezzamento di Federico Fellini che nel 1983 la vuole come Contessa in E la nave va, nel 1985 la Biennale Teatro diretta da Franco Quadri dedica alla coreografa-regista una personale con otto titoli-mon-

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Carmelo Bene: “The Impossible Quest” FIG. 06 → 17

Carmelo Bene was appointed artistic director of Biennale Teatro in 1988 and chose La ricerca impossibile: il teatro senza spettacolo (The Impossible Quest: Theatre without the Show) as the title of his programme. His goal was not to proclaim the futility of theatrical experimentation or salute its demise, but rather to rethink it outside the rules of performance and the constraints of production mechanisms. Any “spectacle”, as the formalised outcome of experimentation, was bound to be a product of the state, whose economic and organisational dictates would necessarily determine the time, mode, and criteria of creativity. It is now interesting to note that, budget disputes with La Biennale aside, Carmelo Bene’s programme was indeed a paradoxically consistent “theatre without the show”. The planned performances – Christopher Marlowe’s Tamburlaine the Great, divided into sections entrusted to different groups or actors, and Pierre Klossowski’s Baphomet – never saw the light of day, remaining merely what Bene had probably intended, i.e. a virtually endless workshop. This can be seen, today, from essays that retrace the buzzing hive of ideas that Carmelo Bene created by bringing together artists and scholars. Its main purpose was to investigate a key concept in his work: the “acting machine”, in which actors essentially gave up their identities and became pieces of machinery, sometimes through the use of audio devices that transformed their voices into a musical rhythm entirely antithetical to the traditional cadence of prose. Moving in this direction, Carmelo Bene’s investigation was meant to sound out the impossible, or what he called the “barbaric”, in an attempt to reconnect with the barbarism that lies at the root of theatre, as a game that transcends codified meaning or language. After many disputes with La Biennale, Bene resigned in February 1990, ushering in a period of disputes and conflicts that seriously challenged the founding principles of Biennale Teatro. But one may have to admit, in hindsight and with a bit of surprise, just how memorable his non-Biennale managed to become, and – to paraphrase something Carmelo Bene used to say about himself – just how present it was in its absence. FB

La Biennale e la società dello spettacolo


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James Lee Byars, “Holy Ghost”, 1975 FIG. 01, 18 → 28

James Lee Byars (1932-1997) was an American artist specialised in sculpture, installations and performances filled with conceptual, mystical power. In 1972 he was invited by Harald Szeemann to Documenta 5 in Kassel, where he stood on the threshold of the Fridericianum Museum for the entire vernissage, his back turned to visitors, with one foot inside the exhibition and one foot outside of it. He and Szeemann struck up a friendship, and in 1975 the curator invited him to present a performance to inaugurate The Bachelor Machines in Venice. At 4.30 pm on Saturday, 6 September, an immense human-shaped piece of white canvas, sixty metres long and forty metres wide, was unrolled in Piazza San Marco. Wearing a black top hat and dressed entirely in gold, the artist directed the effort to position this huge cutout, which viewers enthusiastically lifted up bit by bit and moved around for several minutes. In the end, Lee Byars gathered all the material into a black bag that was carried by boat to the Magazzini del Sale and returned to the entrance of The Bachelor Machines. This performance’s provocative title was James Lee Byars Does the Holy Ghost, suggesting religious connotations perhaps inspired by the chosen location in front of the basilica. Whilst the event was welcomed and enjoyed by those in Piazza San Marco, the newspaper reviews were extremely sarcastic, calling the work a “doll”, “sheet” or “ghost”. VP

03A Giacomo Grosso, “The Final Tryst”, 1895 FIG. 03, 29, 30

At the first edition of Biennale Arte in 1895, a scandal erupted around one of Giacomo Grosso’s paintings. The work depicted a man in a coffin, with five nude female figures draping themselves over the dead body in lascivious poses. It caused such an uproar that the Patriarch of Venice, Giuseppe Sarto (the future Pope Pius X), refused to visit the exhibition and wrote to the Biennale’s founder, Mayor Riccardo Selvatico, telling him it had to be removed. The painting was exhibited nonetheless, and in amidst all the controversy it even won the public prize, though Selvatico lost

the city elections to a moderate Catholic coalition supported by the Venetian curia. An investment company then bought the painting with the intention of taking it on tour around America, but it ended up being accidentally destroyed in a fire. CA

03B Jeff Koons, “Made in Heaven”, 1990 FIG. 02, 31, 32

Jeff Koons took part in Aperto 90, the young art section of the 44th International Art Exhibition at the Corderie, curated by Renato Barilli, Bernard Blistène, Jacob Wenzel, Stuart Morgan, and Linda Shearer. On this occasion Koons presented Made in Heaven, a series of paintings and a sculpture celebrating his romantic relationship with Cicciolina, a Hungarian-born porn actress who was then in the Italian Parliament. The painting’s explicitly sexual content scandalised the Italian press, which attacked it in the name of decency and morality; meanwhile, Karl Lagerfeld immortalised the couple in an amorous embrace at Hotel Danieli for Vogue America. The work remained on view despite demands that it be removed, but some of the paintings were vandalised on 3 September 1990. CA

03C Gran Fury, “Untitled (Pope Piece)”, 1990 FIG. 36, 37

At the very same edition of Aperto where Jeff Koons’ work caused such a stir, another American installation brought an angry response from the church. It was a work by Gran Fury, a New York collective of artists and activists campaigning for the rights of AIDS victims. In the Corderie spaces the group presented two large posters, one with a picture of John Paul II alongside a text denouncing the Catholic Church’s attitude to the AIDS epidemic, the other a phallus surrounded by slogans encouraging the use of condoms. After protests and open condemnation by the Vatican and the general public, the artistic director of the Visual Arts department, Giovanni Carandente, considered removing the work, but ultimately stayed true to the integrity of La Biennale and the principles of free expression that have always inspired it. CA

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03D Gino De Dominicis, “Second Solution of Immortality: The Universe Is Immobile”, 1972 FIG. 33 → 35

Gino De Dominicis was one most prolific young Italian artists of the time, and his work was exhibited in various editions of Biennale Arte. The first occasion was in 1972, at the 36th International Art Exhibition, when Renato Barilli invited him to take part in the exhibition Opera o comportamento (Work or Behaviour) which the Bologna-based critic was curating with Francesco Arcangeli. The piece presented by De Dominicis caused an enormous stir. It was a installation comprised of various conceptual works created in previous years: Cubo invisibile (Invisible Cube, 1967), Palla di gomma (caduta da 2 metri) nell’attimo immediatamente precedente il rimbalzo (Rubber ball [dropped from a height of 2 meters] in the moment just before bouncing, 1968-69) e Attesa di un casuale movimento molecolare generale in una sola direzione, tale da generare un movimento spontaneo della pietra (Waiting for a random, general molecular movement in one direction to generate a spontaneous movement of the stone, 1969) which had already been shown at Fabio Sargentini’s L’Attico gallery in 1969. On 9 June, for the opening, De Dominicis added another element to this work: Paolo Rosa, a young man with Down syndrome, who sat there in a corner contemplating the works laid out in front of him. Although this tableau vivant remained on view only for a few hours – the young man was soon replaced by a little girl sitting in the same seat with the same caption (“Second Solution of Immortality”) – it triggered extremely indignant reactions from critics and intellectuals, including Pier Paolo Pasolini and even Eugenio Montale, who mentioned the event in his Nobel acceptance speech. The outrage made it all the way to Parliament, and charges were brought against De Dominicis for “abduction of an incapacitated person”. CA

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Scandals, controversies and censorship at the Film Festival FIG. 05, 38 → 45

The postwar history of the Venice International Film Festival is punctuated by controversies and attempts at cen-

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sorship; it points to an evolution, over the years, in the way viewers, society and institutions reacted to films considered offensive to public decency and religion, or which irritated political leaders. The most glaring example of this was Gillo Pontecorvo’s 1966 film La battaglia di Algeri (The Battle of Algiers), which won a Golden Lion. The French delegation walked out of the theatre and left the Lido, deeming the film an attack on its government’s colonial policies. Georges Sadoul, one of the leading film historians of the time, wrote: “France just lost the Battle of Algiers for the second time”. Another serious episode of interference was when Clare Boothe Luce, the US ambassador, succeeded in having Richard Brooks’ film Blackboard Jungle taken off the programme on the grounds that it was “degenerate” and gave a counterproductive image of the United States. This interference had considerable support back home: director Joseph Mankiewicz sympathised with the ambassador, writing that European festivals were a platform for the intellectual arrogance of those who denigrated American institutions and society. Ottavio Croze, the festival director, did as he was told and replaced the film with Curtis Bernhardt’s Interrupted Melody. In 1956, Calle Mayor by Juan Antonio Bardem, an opponent of the Spanish regime, prompted the intervention of General Franco himself, but this time the new artistic director, Floris Luigi Ammannati, stood his ground and the movie was screened. Other controversies accompanied films such as Luigi Zampa’s La romana (1954), Louis Malle’s Les Amants (1958), Pier Paolo Pasolini’s Mamma Roma (1961) and Stanley Kubrick’s Lolita (1962). In 1962 Joseph Losey’s Eva was withdrawn by the producers, after the festival had already announced it would be in the competition, and 1963 brought a standoff between Motion Picture Associated, which wanted Robert Rossen’s Lilith to be in the running, and Luigi Chiarini, who successfully kept it out. In 1966 the scandalous film was Mai Zetterling’s Nattlek: Cardinal Urbani, Patriarch of Venice, attacked it as “contrary to sound moral principles”, resulting in a screening where only journalists were admitted. Accusations of offending religious sensibilities were levied at Ken Russell’s The Devils (1971), which the critic Father Claudio Sorgi defined “intol-

erably blasphemous in every way”, and Martin Scorsese’s The Last Temptation of Christ (1988), which sparked protests in front of the Palazzo del Cinema and legal charges against La Biennale. GG

04A Nicolás García Uriburu, “Actions in Nature”, 1968 FIG. 52

Argentine artist Nicolás García Uriburu came to Venice in June 1968 just as major student protests were erupting around the opening of the 34th International Art Exhibition, to which Uriburu had not been officially invited. At 8 am on 19 June, Uriburu convinced a gondolier to take him out along the Grand Canal into which he poured thirty kilos of a non-toxic fluorescent substance that turned the water bright green for many hours. This surreal spectacle left the city frightened and confused, but news soon spread that it was just another action by a contemporary artist who wanted to raise awareness of environmental issues. Uriburu’s work with images documenting this gesture was then officially exhibited at Biennale Arte 2017, showing him to be a pioneer of environmental art. CA

04B Mass Moving, “Biological Liberation of 10,000 Butterflies in Piazza San Marco, Venice”, 1972 FIG. 04, 46 → 48

The Belgian Mass Moving Project collective installed a large white sculpture in the shape of a giant cocoon at Piazza San Marco, containing 10,000 pupae of live white butterflies. On 11 June 1972 the cloth that had covered the sculpture until the day of the opening was removed and the hatched butterflies invaded the square and the rest of the city; this prompted furious reactions from animal rights activists and local groups, who pointed out the risk of damage to the lagoon ecosystem. CA

04C Antonio Paradiso, “Bull and Mechanical Cow,” 1978

an enclosure containing a mechanical cow – a device generally used for artificial insemination on cattle farms – in the space in front of the Belgian pavilion. The artist then brought a massive living bull named Pinco to the Giardini; Pinco’s resulting encounter with the mechanical cow prompted considerable perplexity and shock, not to mention disapproval from the pope. CA

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Pina Bausch in Venice, 1985 FIG. 53 → 56

Pina Bausch (1940-2009) is a legendary name in contemporary dance. This Polish-German dancer trained at the Folkwangschule in Essen under the direction of Kurt Jooss, an anti-Nazi choreographer best known for his parable The Green Table, in which the rulers of the world gamble with the fates of nations on the battlefield. In 1960 Bausch began studying at Juilliard in New York City, where she met many eminent figures in American dance. On her return to Germany she joined Jooss’ Volkswang-Ballett and successfully turned her hand to choreography, ultimately directing her own Tanztheater group at Schauspielhaus in Wuppertal from 1973 to 1974. Her direction was criticised by ballet lovers, however, since traditionalists disliked the prosaic realism of her touching pieces, which were meant to be experienced empathically rather than understood intellectually. But she triumphed at the Festival Mondial du Théâtre de Nancy in 1977 and earned the admiration of Federico Fellini, who asked her to play the Countess in his 1983 film E la nave va. In 1985 Franco Quadri’s Biennale Teatro dedicated a solo event to the choreographer and director, with eight amazing works: Frühlingeoper (1975), Die sieben Todsünden (1976), Blaubart (1977), Café Müller (1978), Kontakthof (1978), 1980, ein Stück von Pina Bausch and Bandoneon (1980), and Auf dem Gebirge (1984). Her dancer-actors – people, not characters, with a tragicomic malaise that anyone can relate to – became the vectors for an enduring, pervasive “Bauschian infiltration” of Italian and European dance. EGV

FIG. 49 → 51

For Biennale Arte 1978, which focused on the relationship between art and nature, Antonio Paradiso installed

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La Biennale e la società dello spettacolo



Tan Dun, musica tradizionale e tecnologia


Tan Dun, musica tradizionale e tecnologia Cesare Fertonani

— (pagina precedente) Biennale Musica 2017, Tan Dun, Leone d’Oro alla carriera, dirige l’Orchestra Sinfonica della Rai al Teatro alle Tese, 30 settembre 2017 • (previous page) Biennale Musica 2017, Tan Dun, Golden Lion for Lifetime Achievement, conducts the Orchestra Sinfonica della Rai at the Teatro alle Tese, 30 September 2017

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— Giardino Scarpa

ITA Tra il 1966 e il 1976 la Cina vive la Rivoluzione culturale, voluta da Mao Zedong al crepuscolo del suo potere. A seguito della repressione del regime comunista nei confronti della critica e del dissenso degli intellettuali (relegati all’ultimo gradino, “nona categoria maleodorante” della scala sociale), anche la musica si trova in Cina nel mirino della censura: sotto tiro non è soltanto la musica contemporanea, modernista e d’avanguardia, ma anche la tradizione colta occidentale, considerata un prodotto deteriore dell’Occidente. È soltanto alla fine degli anni Settanta, all’indomani della morte di Mao e con l’imputazione delle responsabilità delle persecuzioni e degli orrori della Rivoluzione culturale alla cosiddetta Banda dei Quattro, che la musica colta occidentale ritorna a essere coltivata e studiata nella Cina comunista. A questo proposito, emblematica è la figura di Tan Dun (1957). Nato e cresciuto in un piccolo villaggio rurale dello Hunan, provincia montuosa della Cina meridionale, Tan Dun assimila sin da bambino l’antica cultura sciamanica cinese. Sviluppa una passione per la musica anche se a quindici anni viene mandato a lavorare nelle risaie; soltanto nel 1978, alla riapertura del Conservatorio di Pechino che lo vede tra i primi ammessi, entra in contatto con la musica occidentale. Da qui trae origine l’attività di un compositore tra i più rappresentativi di quella creatività orientale che s’intreccia e si coniuga con la modernità e la contemporaneità dell’Occidente. La riscoperta delle radici della cultura tradizionale cinese e della sua intensa spiritualità lo rende inviso al regime comunista, al punto che nel 1986, subito dopo il pezzo On Taoism (1985) che lo porta all’attenzione internazionale, Tan Dun decide di trasferirsi negli Stati Uniti. Emblematica dell’incontro tra Oriente e Occidente che connota la sua produzione è l’opera teatrale Marco Polo (1995). La musica rituale sciamanica ha mantenuto un ruolo essenziale nella poetica e nella tecnica compositiva di Tan Dun e il suo ideale di musica organica in simbiosi con l’ambiente è espresso nelle composizioni in cui elementi naturali come acqua, pietre, oggetti di carta e di ceramica interagiscono con i tradizionali strumenti dell’orchestra. D’altro canto, anche la tecnologia ha un’importanza decisiva nella sua opera: personaggio unico nel panorama mondiale, Tan Dun è uno dei pochi compositori contemporanei capace di diventare fenomeno popolare, con 15 milioni di visualizzazioni su YouTube per la sua Internet Symphony (2009). Tan Dun ha ricevuto il Leone d’Oro della Biennale Musica nel 2017. Buddha Passion (2018) per sette cantanti, coro e orchestra è un monumentale oratorio in sei atti che intreccia vicende al centro della cultura orientale per migliaia di anni ed è il primo nel suo genere in una storia di Passioni cristiane: ispirato dalle impressionanti Grotte di Mogao, a Dunhuang, ha come soggetto gli insegnamenti di Buddha e i concetti universali di amore, perdono, sacrificio e salvezza.

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Tan Dun, traditional music and technology Cesare Fertonani

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From 1966 to 1976, China was gripped by the Cultural Revolution that Mao orchestrated at the end of his rule. With the Communist regime’s repression of criticism and dissent (intellectuals being relegated to the lowest rung on the social ladder, the “stinking ninth category”), music, too, found itself in the censor’s crosshairs: not only contemporary, modernist and avant-garde music, but also the cultured Western tradition, considered a deleterious product of Europe. It was only in the late 1970s, in the wake of Mao’s death and the accusations brought against the so-called Gang of Four for the persecution and horrors of the Cultural Revolution, that Western classical music was once again cultivated and studied in Communist China. Tan Dun is emblematic of this process (1957). Born and raised in a small village in Hunan, a mountainous province in Southern China, Tan Dun assimilated its ancient shamanistic culture from an early age. He developed a passion for music, despite being sent to work in the rice paddies at the age of fifteen; it was only in 1978, when the Beijing Conservatory reopened and he was one of the first to enrol, that he came into contact with Western music. This was the starting point for the career of a composer who is one of the best examples of Eastern creativity being wedded and interwoven with the Western modern and contemporary tradition. His rediscovery of traditional Chinese culture and its deep spiritual roots made him so unpopular with the Communist regime that in 1986, immediately after his piece On Taoism (1985) brought him to the international limelight, Tan Dun decided to move to the United States. One perfect illustration of his melding of East and West is the opera Marco Polo (1995). Ritual shamanistic music has retained an essential role in Tan Dun’s artistic vision and compositional technique; his holistic ideal of a musical symbiosis with the environment is expressed in compositions where natural elements like water, stone, paper, and ceramics interact with classic orchestral instruments. On the other hand, technology has also played a decisive role in his work. A one-ofa-kind figure on the international scene, Tan Dun is one of just a handful of composers to have become a popular phenomenon, with fifteen million views on YouTube for his Internet Symphony (2009). Tan Dun won a Golden Lion at the Biennale Musica in 2017. Buddha Passion (2018) is a monumental oratorio in six acts for seven solo voices, choir and orchestra. For the very first time, it interweaves stories that have held a key place in Eastern cultures for thousands of years with the Passion tradition of Christian music. Inspired by the majestic Mogao Grottoes in Dunhuang, its subject is Buddha’s teachings and the universal concepts of love, forgiveness, sacrifice and salvation.

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’90 Dagli statinazione alla Biennale globale


’90 Dagli stati-nazione alla Biennale globale Cecilia Alemani

ITA Questa sala si concentra sulle trasformazioni del concetto di identità nazionale e sull’idea di stato-nazione, nozioni che hanno contraddistinto per molti anni la storia dell’Europa e della Biennale di Venezia. Gli anni Novanta sono segnati da cambiamenti epocali che stravolgono equilibri geopolitici globali: è il decennio che segue la caduta del muro di Berlino e la fine della Guerra Fredda, con la dissoluzione dell’opposizione dei grandi blocchi occidentale e sovietico, e l’emergere di una nuova Comunità Europea senza confini. È anche il momento della crisi dello stato-nazione, concetto sul quale si era fondata l’istituzione veneziana: il modello espositivo presenta-

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— (pagina precedente) Biennale Arte 1993, Hans Haacke, Germania, padiglione Germania • (previous page) Biennale Arte 1993, Hans Haacke, Germania, German pavilion FIG. 01

FIG. 02 — Biennale Arte 1993, disegno del progetto del Padiglione Russia, pagina della brochure • Biennale Arte 1993, sketch of the project for the Russian Pavilion, page from the brochure

— Manifesto della 48. Esposizione Internazionale d’Arte, Tapiro, 1999 • Poster for 48th International Art Exhibition, Tapiro, 1999

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to dalla Biennale trova le sue origini nelle esposizioni universali dell’Ottocento che avevano celebrato il potere degli stati coloniali. La rappresentazione dell’identità nazionale attraverso i padiglioni è un’altra manifestazione altamente simbolica del potere che gli stati-nazione cercano di esercitare nel corso del Novecento. Questa stanza include una ricognizione della storia dei padiglioni nazionali ai Giardini di Castello, specchio delle dinamiche geopolitiche del Novecento ricostruite attraverso i cambiamenti architettonici degli edifici, a partire dal primo padiglione costruito nel 1907, quello del Belgio. Le Biennali degli anni Novanta riflettono la crisi dello stato-nazione come attore principale della storia dell’Ottocento e del Novecento. In maniera quanto mai evidente e con straordinaria sintesi visiva, la Biennale Arte del 1993 illustra il crollo del concetto di identità nazionale novecentesco con tre padiglioni nazionali che registrano la fine delle grandi potenze emerse al termine della Seconda guerra mondiale, suggerendo anche nuovi assetti e trasformazioni culturali. Il 1998 è l’anno dei grandi cambiamenti: La Biennale passa da Ente Pubblico a Persona giuridica di diritto privato, cambiamento che conferisce maggior autonomia e flessibilità. Nello stesso anno Paolo Baratta viene nominato presidente e introduce aggiornamenti importanti: l’uso di nuovi spazi espositivi all’Arsenale; nuove aree e teatri dedicati alle attività di Danza, Musica e Teatro; un singolo curatore nominato dalla Biennale e responsabile per l’Esposizione Internazionale d’Arte; e un allargamento del numero degli stati partecipanti con i padiglioni nazionali che trovavano collocazione nel centro storico di Venezia o accolti in nuove sedi all’Arsenale. Nel 1999 si inaugura la prima Biennale Danza con Carolyn Carlson come direttrice, che dedica l’edizione inaugurale alle donne e all’acqua. Nello stesso anno, Paolo Baratta nomina come direttore del Settore Arti Visive il celebre curatore svizzero Harald Szeemann, che organizza dAPERTutto – APERTO over ALL – APERTO par TOUT – APERTO

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FIG. 04 — Manifesto della Mostra Identità e alterità. Figure del corpo 1985/1995, 1995 • Poster of the exhibition Identity and Alterity. Figures of the Body 1985/1995, 1995

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90s From nation states to a global Biennale Cecilia Alemani

über ALL, una mostra innovativa e visionaria nella quale si espandono e mescolano i confini e le consuete geografie artistiche della Biennale, per includere artisti provenienti da tutto il mondo, con una particolare attenzione a una vasta pattuglia di artisti cinesi. La Biennale intuisce e celebra l’alba di una nuova globalizzazione in cui i confini nazionali si rivelano costantemente allacciati a fenomeni internazionali, come ci ricordano gli eventi di questi ultimi mesi, nei quali una lontana città della Cina di nome Wuhan si scopre molto più vicina e simile a Venezia di quanto mai avessimo potuto immaginare. This room focuses on transformations in the concept of national identity and the idea of the nation state, which played a key role in the European history and of La Biennale di Venezia for many years. The 1990s brought epoch-making changes that upset the entire global balance of power. This was the decade which followed the fall of the Berlin Wall and the end of the Cold War, the end of the standoff between the great Western and Soviet blocs and the emergence of a new borderless European community. It was also a decade of crisis for the nation state, a founding concept for the Biennale: the exhibition model presented at the Venetian institution was an outgrowth of the nineteenth-century world’s fairs that trumpeted the power of colonial empires. Representing national identity through pavilions was another highly symbolic demonstration of the power that nation states attempted to exert in the twentieth century. This room offers an overview of the history of the Giardini di Castello’s national pavilions, which mirrored twentieth-century

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geopolitical dynamics through changes to their architecture, starting with the first pavilion built in 1907, that of Belgium. In the 1990s, La Biennale reflected the crisis of the nation state model that had played such a leading role in nineteenth and twentieth-century history. In an extraordinarily clear visual summary, the 1993 Biennale Arte illustrated the collapse of twentieth-century national identity, with three national pavilions bearing witness to the end of the great powers that had emerged at the end of World War Two, implying new frameworks and cultural transformations. 1998 was a year of major transformations: La Biennale was converted from a public body into a legal entity governed by private law, acquiring greater autonomy and flexibility. That same year Paolo Baratta was appointed president and ushered in significant changes: new exhibition spaces at Arsenale; new specific areas and auditoriums for dance, music and theatre events; a single curator appointed by La Biennale and responsible for the International Art Exhibition; an increase in participating countries, with national pavilions in the historic centre or at new Arsenale sites. 1999 was the year of the first Biennale Danza with Carolyn Carlson as artistic director, with the opening edition focusing on women and water. That same year, Paolo Baratta appointed the famous Swiss curator Harald Szeemann to direct the Visual Arts department; he organised dAPERTutto – APERTO over ALL – APERTO par TOUT – APERTO über ALL, an innovative, visionary exhibition which that expanded La Biennale’s customary boundaries and shook up its artistic map, bringing in artists from all over the world and paying special attention to a vast army of Chinese artists. La Biennale sensed and celebrated the dawn of a new globalised world where national borders intertwine with international phenomena – as the events of recent months have reminded us, with a remote Chinese city called Wuhan turning out to be much closer to Venice, in every way, than we ever could have imagined.

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— Biennale Architettura 1991, Venice Prize: quarantatre scuole di architettura nel mondo, 1991 • Biennale Architettura 1991, Venice Prize: forty-three arhitecture schools in the world, 1991

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FIG. 06 — Biennale Danza 1999, Parabola. Evento originale di Carolyn Carlson e Gianni De Luigi per la riapertura del Teatro Verde, 1999 • Biennale Danza 1999, Parabola. Original event by Carolyn Carlson and Gianni De Luigi for the re-opening of the Teatro Verde, 1999

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FIG. 07 — Progetto di Francesco Bonami

per Aperto 93 • Francesco Bonami’s project for Aperto 93 FIG. 08 — Appunti, Pipilotti Rist, 1993 • Notes, Pipilotti Rist, 1993 FIG. 09 — Lettera di Matthew Barney

a Dario Ventimiglia, 19 luglio 1993 • Letter from Matthew Barney to Dario Ventimiglia, 19 July 1993 FIG. 10 — Drawing restraint 7 di/by Matthew Barney

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FIG. 11 — Lettera di Achille Bonito Oliva a Tarasov Vladimir Petrovich, 19 aprile 1993 • Letter from Achille Bonito Oliva to Tarasov Vladimir Petrovich, 19 April 1993 FIG. 12 — Lettera di Emilia e Ilya Kabakov a Achille Bonito Oliva, 23 marzo 1993 • Letter from Emilia and Ilya Kabakov to Achille Bonito Oliva, 23 March 1993 FIG. 13

— The Red Pavillon di/by Ilya Kabakov, 1993

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FIG. 14, 15 — Lettera di Jean Clair a Paolo Viti, 3 ottobre 1995 • Letter from Jean Clair to Paolo Viti, 3 October 1995 FIG. 16 — Sinossi della 46. Esposizione Internazionale d’Arte Identità e Alterità, 1995 • Synopsis of the 46th International Art Ehxibition Identity and Alterity, 1995 FIG. 17 — Jean Clair: «Addio Venezia ingrata»,

Corriere della Sera, 12 novembre/November 1995, Sebastiano Grasso

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FIG. 18, 19 — Lettera di Marina Abramović,

14 aprile 1997 • Letter from Marina Abramović, 14 April 1997 FIG. 20 — Biennale Arte 1997, Marina Abramović, Balkan Baroque, Performance, 4 days, 6 hours, giugno/June 1997

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— (pagina precedente/previous page) Biennale Arte 1997, Marina Abramović, Balkan Baroque, Performance, 4 days, 6 hours, giugno/June 1997

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FIG. 22 — Vittorio Gregotti, Aldo Rossi e Paolo Portoghesi, inaugurazione della 5. Mostra Internazionale di Architettura, 1991 • Vittorio Gregotti, Aldo Rossi and Paolo Portoghesi at the opening of the 5th International Architecture Exhibition, 1991

— Cerimonia di premiazione, James Stirling, Francesco Dal Co e Paolo Portoghesi, 1991 • Award Ceremony, James Stirling, Francesco Dal Co and Paolo Portoghesi, 1991

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— James Stirling, Padiglione del Libro ai Giardini, 1991 • James Stirling, Book Pavilion at the Giardini, 1991

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FIG. 25 — 6. Mostra Internazionale di Architettura,

facciata del Padiglione Italia, 1996 • 6th International Architecture Exhibition, facade of the Italian pavilion, 1996 — Progetto di Diller + Scofidio per la sezione Voci emergenti, 1996 • Project by Diller + Scofidio for the Emerging Voices section, 1996

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— Gabriele Basilico, Firenze-Pistoia, Sezioni del Paesaggio Italiano, Padiglione Centrale, Biennale Architettura 1996

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— Gabriele Basilico, Rimini-San Marino, Sezioni del Paesaggio Italiano, Padiglione Centrale, Biennale Architettura 1996

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— Biennale Architettura 1996, mappa per la mostra Sezioni del Paesaggio italiano • Biennale Architettura 1996, map for the exhibition Sezioni del Paesaggio italiano

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FIG. 31, 32 — Lettera di Hans Hollein a Odile Decq & Benoit Cornette, 31 maggio 1996 • Letter from Hans Hollein to Odile Decq & Benoit Cornette, 31 May 1996

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FIG. 33 — Odile Decq con il Leone d’Oro

per la migliore interpretazione della Mostra, Biennale Architettura 1996 • Odile Decq with the Golden Lion for the best project in the exhibition, Biennale Architettura 1996

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FIG. 34 → 36 — La nuova Biennale ricomincia da tre, Il Gazzettino, 18 luglio/July 1998, Valeria Lipparini FIG. 37 → 41 — Parabola, serata inaugurale, Teatro Verde, 30 luglio 1999 • Parabola, opening night, Teatro Verde, 30 July 1999

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— Venice – Rent Collecting Courtyard di/by Cai Guo Qiang, Arsenale, Corderie, Biennale Arte 1999

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FIG. 43 — Aereo di/by Paola Pivi, Arsenale, Corderie, Biennale Arte 1999 FIG. 44 — Aquarell e Madrepatria di/by Bruna Esposito, Arsenale, Biennale Arte 1999 FIG. 45 — Cerimonia di premiazione, consegna del Leone d’Oro all’Italia per la migliore partecipazione nazionale, 1999 • Award Ceremony, Golden Lion’s delivery to Italy for the best national participation, 1999

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Aperto 93: “Emergenza/Emergency” FIG. 07 → 10

ITA L’edizione di Aperto 93 è l’ultima di questa rinomata sezione dedicata ai giovani artisti della Biennale che a partire dal 1997 sarà assorbita nella Mostra Internazionale. La 45. Esposizione Internazionale d’Arte che si sarebbe dovuta tenere nel 1992 viene posticipata al 1993 per far sì che l’edizione successiva possa svolgersi nel 1995, per celebrare il centenario della nascita della Biennale. Nel 1993 Achille Bonito Oliva cura la Biennale dal titolo Punti cardinali dell’arte che include molte mostre distribuite anche in diversi spazi e istituzioni in città. Bonito Oliva supervisiona anche ‘Aperto’, invitando Helena Kontova a raccogliere critici, curatori e personaggi del mondo dell’arte come Francesco Bonami, Nicolas Bourriaud, Jeffrey Deitch, Berta Sichel e Matthew Slotover per curare le presentazioni dei talenti emergenti più interessanti del momento lungo gli spazi dell’Arsenale. Tra le numerose proposte curatoriali ricordiamo quella di Francesco Bonami, che a distanza di dieci anni sarà nominato Direttore Artistico della Biennale Arte 2003, e che ad Aperto 93 aveva portato una ‘pattuglia’ di artisti americani in ascesa come Matthew Barney (che vincerà il Premio Europa 2000), Jessica Diamond, Charles Ray, il messicano Gabriel Orozco e gli italiani Rudolf Stingel e Maurizio Cattelan. Altre sezioni includono il lavoro dei giovanissimi Kai Althoff, Janine Antoni, John Currin, Sylvie Fleury, Dominique Gonzalez-Foerster, Damien Hirst, Carsten Höller, Philippe Parreno, Pipilotti Rist, Rirkrit Tiravanija, Nari Ward, Andrea Zittel e molti altri che ritorneranno in molte edizioni successive della Biennale Arte. CA

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I padiglioni nazionali nel 1993: Hans Haacke, Richard Hamilton, Ilya Kabakov FIG. 01, 02, 11 → 13

Il 1993 segna un importante anno di svolta nel quale si registrano il crollo dell’Unione Sovietica, le conseguenze della caduta del Muro di Berlino e, più in generale, un senso di sfiducia e crisi del concetto di stato-nazione. Molti degli artisti invitati a rappresentare il pro-

prio Paese nei padiglioni nazionali della Biennale Arte di quell’anno trasformano i loro interventi in complesse riflessioni nelle quali il concetto stesso di nazionalità viene trattato non solo come tema principale ma quasi come un vero e proprio mezzo espressivo. Nel padiglione della Repubblica Federale Tedesca – che per la prima volta rappresenta la nazione riunita dopo il crollo del muro –l’installazione GERMANIA di Hans Haacke mette in scena le rovine della storia – distruggendo il pavimento del padiglione originariamente rimodellato in stile neoclassico dal governo nazista negli anni Trenta – e al contempo sembra immaginare un nuovo cantiere per la ricostruzione post-unificazione. Accanto al padiglione tedesco si distingue anche quello della Gran Bretagna di Richard Hamilton, che espone quadri che evocano gli scontri tra Irlanda del Nord e Regno Unito. A seguito della dissoluzione dell’Unione Sovietica, la Russia partecipa per la prima volta alla Biennale sotto il nome di Comunità di Stati Indipendenti. Ilya Kabakov è il primo artista vivente a rappresentare la Russia con una mostra personale. Insieme alle rovine di Haacke, il Padiglione Rosso di Kabakov diventa uno delle installazioni più celebri della Biennale Arte 1993. Gli spettatori passano attraverso l’edificio del padiglione russo, lasciato vuoto e come abbandonato, per poi incontrare una nuova costruzione, un piccolo padiglione, eretto nel giardino sul retro. Dipinto festosamente di rosa e rosso e adornato dai simboli dell’era sovietica con tanto di falce e martello, stelle rosse e altri emblemi, questo padiglione in miniatura emette musiche solenni di marce e celebrazioni degli anni Cinquanta, come a ricordare che il passato non è molto lontano. Il padiglione di Haacke vince il Premio dei Paesi; Richard Hamilton il Premio Internazionale “La Biennale di Venezia” dedicato al miglior artista, mentre Kabakov riceve una Menzione d’Onore della giuria. CA

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“Identità Alterità. Figure del corpo 1895-1995”, a cura di Jean Clair, 1995 FIG. 04, 14 → 17

Nel 1995 La Biennale di Venezia celebra il centenario della sua nascita. Per questa edizione speciale La Biennale invita Jean Clair a rivestire il ruolo di

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direttore del Settore Arti Visive, il primo non italiano in cento anni di storia dell’istituzione veneziana. Clair si era distinto negli anni Ottanta al Centre Pompidou con una serie di mostre importanti e dal 1989 era direttore del Museo Picasso a Parigi. Giovanissimo, aveva già avuto un incontro con La Biennale di Venezia quando, nel 1975, aveva curato il leggendario catalogo della mostra Le macchine celibi, ideata da Harald Szeemann. Conosciuto per mostre monografiche di Marcel Duchamp, Alberto Giacometti e Balthus, ma anche per le innovative mostre tematiche come L’âme au corps e Les Réalismes, Jean Clair cura a Venezia una grande esposizione dal titolo Identità Alterità. Figure del corpo 1895-1995, che ripercorre i cambiamenti e le declinazioni della rappresentazione della figura umana nell’arte dell’ultimo secolo. La mostra si tiene a Palazzo Grassi (per garantire i prestiti di opere museali che avevano bisogno di controllo climatico), al Museo Correr e al Padiglione Centrale dei Giardini. In quest’ultima sede si tiene anche la mostra Impronte del corpo e della mente, la cui curatela è affidata a Adalgisa Lugli. Alcuni critici italiani sono delusi dalla Biennale di Clair perché la mostra non celebra la storia della Biennale in maniera esplicita. Altre polemiche seguono la cancellazione di ‘Aperto’, la sezione giovani della Biennale, risultando così in una edizione della Biennale più sbilanciata verso la storia che verso il futuro. A dispetto delle polemiche, Identità Alterità si distingue da tutte le edizioni precedenti perché concepisce la Biennale come palcoscenico per una grande mostra tematica che si preoccupa meno di cogliere le innovazioni dei linguaggi artistici contemporanei, cercando piuttosto di tracciare la storia e l’evoluzione di uno dei grandi temi della storia dell’arte, quello della figurazione. CA

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Marina Abramović, “Balkan Baroque”, 1997 FIG. 18 → 21

La 47. Esposizione Internazionale d’Arte si svolge in un clima di incertezze interne all’istituzione che porteranno alla creazione di un nuovo statuto nell’anno successivo, il 1998. Il direttore del Settore Arti Visive è Germano Celant, celebre curatore e storico dell’arte che torna alla Biennale dopo aver cura-

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to nel 1976 la mostra ospitata nel Padiglione Centrale dal titolo Ambiente/Arte. Nel 1997, con a disposizione pochissimi mesi di preparazione, Celant presenta la mostra Futuro Presente Passato, che elimina le precedenti distinzioni tra Mostra storica e ‘Aperto’, per presentare un’esposizione unica in cui convergono tre generazioni di artisti attivi dagli anni Sessanta alla fine degli anni Novanta. Al Padiglione Centrale si distingue l’opera dell’artista serba Marina Abramović, che presenta Balkan Baroque, un’installazione video e una performance che le vale il Premio Internazionale “La Biennale di Venezia” al migliore artista. Negli spazi bui del seminterrato del Padiglione Centrale, per tutti i giorni dell’inaugurazione, l’artista, vestita di bianco, siede su una montagna di ossa bovine, che pulisce e lucida con una spazzola di ferro. Rito catartico o strano esorcismo, la performance viene immediatamente letta come un riferimento alle pratiche di pulizia etnica che avevano contraddistinto le guerre dei Balcani negli anni Novanta: un’allegoria tragica del destino della Jugoslavia, sconvolta da guerre civili e conflitti etnici, ennesima crisi del mito novecentesco dello stato-nazione e profezia di nuovi localismi e sovranismi. CA

04A “5. Mostra Internazionale di Architettura”, a cura di Francesco Dal Co, 1991 FIG. 05, 22 → 24

Sotto la presidenza di Paolo Portoghesi, al suo secondo mandato quadriennale, nel 1988 Francesco Dal Co viene nominato direttore del Settore Architettura. La quinta Mostra Internazionale di Architettura si svolge nel 1991, a fine quadriennio, e riassume, in diverse sezioni, il lavoro e le attività promosse da Dal Co negli anni precedenti. Sostenitore della necessità di sviluppare l’internazionalità della Biennale, Dal Co introduce una novità modellando l’edizione sul formato dell’Esposizione d’Arte, invitando più di 35 Paesi a partecipare alla manifestazione. Tra le proposte dei padiglioni nazionali, la selezione dell’Austria con opere di Coop Himmelb(l)au, gli Stati Uniti con progetti di Peter Eisenman e Frank O. Gehry, la Svizzera con una retrospettiva di Herzog & de Meuron e la Norvegia con Sverre Fehn. Nel Padiglione Centrale Dal Co propone

40 architetti italiani per gli anni novanta, tra cui Gae Aulenti, Massimiliano Fuksas, Aldo Aymonino, Giancarlo De Carlo, Renzo Piano, Luciano Semerani, Ettore Sottsass. Due episodi segnano l’edizione: la costruzione, nel viale d’ingresso ai Giardini, del Padiglione del Libro progettato da James Stirling e la mostra alle Corderie dell’Arsenale di 43 scuole di architettura da tutto il mondo. Nasce così il “Premio Venezia”, assegnato a scuole selezionate in base alle diversità culturali e alle differenti realtà sociali e storiche, incluse quelle emarginate dai luoghi del dibattito sull’architettura internazionale. Con questa iniziativa La Biennale offre un luogo di confronto con l’intento di trasformare periodicamente le Corderie in un laboratorio animato da giovani di tutto il mondo. Dal Co ribadisce anche l’importanza di una relazione tra la Biennale Architettura e Venezia. Ne sono testimonianza i tre concorsi banditi sotto la sua direzione dal 1988 in poi, che hanno per oggetto la ristrutturazione del Padiglione Centrale ai Giardini (vinto da Francesco Cellini), del Palazzo del Cinema al Lido (vinto da Rafael Moneo) e la riqualificazione di piazzale Roma “Una Porta per Venezia”, aperto ad architetti e ingeneri di tutto il mondo (vinto da Jeremy Dixon e Edward Jones). Nonostante gli auspici della Biennale, nessuno dei progetti vincitori sarà mai realizzato, al contrario del Padiglione del Libro di Stirling, considerato uno dei risultati più duraturi di quella edizione. Anche l’installazione Aliante di Massimo Scolari, all’epoca collocata sulla fondamenta della Tana quale segnale esterno della mostra delle scuole di architettura, è visibile ancora oggi sul tetto della sede dell’Università IUAV di Venezia all’ex Cotonificio. MCC

04B “6. Mostra Internazionale di Architettura: Sensori del futuro. L’architetto come sismografo”, a cura di Hans Hollein, 1996 FIG. 25 → 33

La Biennale Architettura 1996 è diretta per la prima volta da una figura di rilievo internazionale, Hans Hollein. L’architetto austriaco conferma l’impostazione di Dal Co e organizza la mani-

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festazione sul modello delle arti visive ospitando le partecipazioni nazionali. La mostra principale allestita al Padiglione Italia dei Giardini (oggi Padiglione Centrale), Sensori del futuro. L’architetto come sismografo, indaga le capacità dell’architetto di captare i movimenti sotterranei del presente proiettandoli nel futuro. Convinzione del curatore è che negli anni Novanta l’architetto non fa più parte di scuole o movimenti, ma rappresenta una figura autonoma, indipendente da ogni tipo di classificazione. Per effetto di fenomeni ancora poco considerati, quali ad esempio i sistemi di comunicazione e le nuove tecnologie, gli architetti mutano i luoghi chiave delle città, sfidando la tradizionale idea di spazio urbano tramandato dal passato. Sono circa 70 gli architetti invitati a esporre un progetto considerato particolarmente significativo, da considerare a futura memoria. Nelle sale del Padiglione Italia sono esposti i progetti dei maggiori architetti della scena internazionale, quali Frank O. Gehry con il progetto del Guggenheim di Bilbao, Tadao Ando, Jean Nouvel, Renzo Piano, Zaha Hadid, Coop Himmelb(l)au, Peter Eisenman, Norman Foster, Herzog & de Meuron, Arata Isozaki, Toyo Ito, Philippe Starck, Jørn Utzon, Álvaro Siza Vieira, Massimiliano Fuksas, Rem Koolhaas, Rafael Moneo. Accanto agli architetti globalmente riconosciuti, Hollein organizza la mostra Emerging Voices, che raccoglie giovani promesse da tutto il mondo, tra i quali Odile Decq, Liz Diller con Ricardo Scofidio, Peter Zumthor, Ben van Berkel, Kazuyo Sejima. Al Padiglione Italia è ospitata anche la retrospettiva Radicals, dedicata alle esperienze più radicali dell’architettura urbana dalla fine degli anni Cinquanta agli inizi dei Settanta. La sezione italiana, curata da Marino Folin e allestita sempre al Padiglione Italia con progetti e facciate in grande scala, è dedicata alla generazione di giovani architetti fra i trenta e i quarant’anni. Una mostra fotografica, frutto della collaborazione fra il fotografo Gabriele Basilico e l’architetto Stefano Boeri, riflette sul paesaggio urbano e naturale italiano. Nel 1996 viene istituito il Leone d’Oro alla carriera anche per la Biennale Architettura. Alla sua prima edizione viene consegnato a tre maestri del Novecento: Ignazio Gardella, Philip Johnson

Le muse inquiete


e Oscar Niemeyer. Il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale va quell’anno al Giappone, mentre quello per la migliore interpretazione della Mostra spetta a Odile Decq-Benoît Cornette, Juha Kaakko, Ilkka Laine, Kimmo Liimatainen, Jari Tirkkonen, Enric Miralles Moya. Tre personalità capaci di importanti contributi all’architettura, pur con ruoli e competenze diverse, sono premiate con altrettante Oselle speciali: Pascal Maragall, sindaco di Barcellona per le iniziative nel campo dell’architettura e dell’urbanistica, Wim Wenders per la restituzione mediatica e cinematografica dell’architettura, Gabriele Basilico per l’opera fotografica. MCC

con e per i suoi discepoli e discepole al Teatro Verde, spazio teatrale all’aperto restaurato sull’Isola di San Giorgio. Presenta inoltre il suo solo Il vuoto nell’acqua e il cartellone Solo Donna con tante prime figure della danza globale: Malou Airaudo, Mui Cheuk-Yin, Carla Fracci, Raffaella Giordano, Nina Hyvarinen, Sabine Kupferberg, Eva La Yerbabuena, Susanne Linke, Barbara Martinini, Madhavi Mugdal, Marie-Claude Pietragalla, Helena Pikon, Talia Posner, Caterina Sagna, Anna Sariola, Rina Shenfeld, Alarmel Valli, Elsa Wolliaston, Kazuo Ohno in La Argentina e Marie Chouinard, attuale Direttrice del Settore Danza della Biennale di Venezia. EGV

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Carolyn Carlson e la nascita della Biennale Danza, 1999 FIG. 06, 34 → 41

Carolyn Carlson (1943), americana di origine finlandese, attraversa la storia di Venezia in molte occasioni. Approda la prima volta alla Biennale nel 1968 come interprete di Imago dell’artista totale Alwin Nikolais. Negli anni Ottanta dirige il Teatro Danza La Fenice, gruppo moderno fuori organico voluto dal Direttore Artistico Italo Gomez, convinto promotore di una linea coreutica del tutto nuova in un teatro d’opera, tradizionalmente dotato di un corpo di ballo classico permanente. Nel 1999 con il suo speciale imprinting, dà avvio al Settore Danza della Biennale di Venezia, nato per iniziativa del presidente Paolo Baratta, il quale riconosce nella Carlson il carattere innovativo, di un’artista vocata alla poesia del gesto, alla creazione personale e collettiva e alla pedagogia che si manifesta con l’Accademia Isola Danza, aperta a tanti giovani talenti internazionali. Nel 1975 la Francia l’aveva nominata coreografa-étoile, titolo inedito, all’Opéra de Paris, alla testa del gruppo di ricerca del GRTOP. Francia e Italia saranno infatti i Paesi dove il suo approccio spirituale al corpo e alla natura diffonderanno una danza contemporanea nutrita di improvvisazione visionaria. La sua cifra immaginosa suscita forti vocazioni in tanti performer-artisti e alleva nuovi coreografi, a partire dal gruppo Sosta Palmizi, capofila della Nuova danza italiana nato nel 1985 dal suo magistero. Nel 1999, per aprire il suo ciclo operoso alla Biennale, firma lo spettacolo Parabola,

“dAPERTutto”, la prima Biennale di Harald Szeemann, 1999 FIG. 03, 42 → 45

Il 1999 inaugura un anno di grandi cambiamenti: sotto la presidenza di Paolo Baratta si avviano importanti trasformazioni che cambiano radicalmente l’assetto istituzionale della Biennale di Venezia. L’istituzione passa da Ente di stato, spesso influenzata da dinamiche politiche, a Istituzione pubblica governata dal diritto privato, con un Consiglio di amministrazione ridotto e con autonomia di indirizzo. Questa trasformazione introduce anche un nuovo modello espositivo, che evita le numerose commissioni del passato e che individua nella figura del curatore unico un professionista al quale, grazie a scelte soggettive e responsabili, è affidato il mandato di offrire una visione unica e coesiva dell’arte contemporanea. In questo anno Baratta nomina direttore del Settore Arti Visive lo svizzero Harald Szeemann, già vicino alla Biennale per aver curato Le macchine celibi nel 1975 e Aperto 80. La mostra di Szeemann si intitola dAPERTutto - APERTO over ALL - APERTO par TOUT - APERTO über ALL e già dal titolo rende chiaro l’intento del curatore: quello di incorporare e dissolvere la sezione ‘Aperto’ nell’intera mostra principale, come a dimostrare l’importanza dell’arte prodotta dalle generazioni contemporanee e la volontà di aprirsi a una varietà di influenze e informazioni provenienti da una molteplicità esplosiva di fonti e direzioni, travalicando confini nazionali e simbolici. L’Esposizione si distingue, infatti, per la curio-

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sità nei confronti di geografie e linguaggi tipicamente trascurati dalle Biennali precedenti, con un focus in particolare sull’arte contemporanea cinese presentata in maniera paritaria e diffusa accanto all’opera di artisti occidentali e senza distinzioni tra maestri affermati e nuovi talenti emergenti. L’effetto è quello di una creatività magmatica e diffusa, un paesaggio costantemente interconnesso, globale e orizzontale, che secondo alcuni critici sancisce anche la definitiva ‘festivalizzazione’ dell’arte come nuovo fenomeno di intrattenimento di massa. La giuria quell’anno è formata da Zdenka Badovinac, Okwui Enwezor, Ida Gianelli, Yuko Hasegawa e Rosa Martinez. Quest’ultima verrà invitata a curare, insieme a Maria de Corral, la 51. Esposizione Internazionale d’Arte nel 2005, mentre il curatore nigeriano Enwezor tornerà a Venezia come Curatore della Biennale Arte 2015, dopo aver curato mostre fondamentali in tutto il mondo tra cui l’edizione del 2002 di Documenta. Ida Gianelli, già parte della commissione di esperti nel 1997, sarà presidente della giuria nel 2005 e nell’anno seguente curerà il primo Padiglione Italia nella nuova sede delle Tese delle Vergini, con una presentazione di Giuseppe Penone e Francesco Vezzoli. Nell’edizione del 1999 il Leone d’Oro a un maestro d’arte contemporanea è assegnato a Bruce Nauman e Louise Bourgeois, mentre a Doug Aitken, Shirin Neshat, e Cai Guo-Qiang vanno il Premio Internazionale "La Biennale di Venezia". Lee Bul, Georges Adéagbo, Eija-Liisa Ahtila e Katarzyna Korzyra ricevono ciascuno una Menzione d’Onore, mentre il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale va all’Italia, che in quell’occasione non aveva un padiglione vero e proprio ma che partecipa come parte della Mostra Internazionale con una sorta di padiglione immateriale che il direttore Szeemann aveva identificato nella rappresentazione femminile di cinque giovani artiste italiane. A vincere sono Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri, Paola Pivi e Grazia Toderi. CA

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Aperto 93: “Emergenza/Emergency” FIG. 07 → 10

Aperto 93 was the last edition of this famous section devoted to young artists, which was absorbed back into the main Biennale Arte exhibition starting in 1997. The 45th International Art Exhibition, which should have taken place in 1992, was postponed to 1993, so that the next edition could be held in 1995 to celebrate the Biennale’s centenary. In 1993 Achille Bonito Oliva curated an edition titled Punti cardinali dell’arte (Art’s Cardinal Points) with many exhibitions spread out across the city in various spaces and institutions. Bonito Oliva also oversaw Aperto, inviting Helena Kontova to bring together critics, curators and art world figures such as Francesco Bonami, Nicolas Bourriaud, Jeffrey Deitch, Berta Sichel and Matthew Slotover to present the most interesting emerging talents of the moment in the Arsenale spaces. Out of the many curatorial contributions, one should note that of Francesco Bonami, who would become artistic director of Biennale Arte 2003 ten years later. He brought a whole platoon of rising American artists to Aperto 93, including Matthew Barney (who won the Premio Europa 2000), Jessica Diamond, Charles Ray, Mexican artist Gabriel Orozco, and Italian artists Rudolf Stingel and Maurizio Cattelan. Other sections featured the work of the very young Kai Althoff, Janine Antoni, John Currin, Sylvie Fleury, Dominique Gonzalez-Foerster, Damien Hirst, Carsten Höller, Philippe Parreno, Pipilotti Rist, Rirkrit Tiravanija, Nari Ward and Andrea Zittel, as well as many others who were to return in later editions of Biennale Arte. CA

itations in which the concept of nationality was not only a theme but almost a means of expression. In the pavilion of the German Federal Republic – representing the reunified nation for the first time – Hans Haacke’s GERMANIA installation depicted history in ruins, tearing up the floor of the pavilion that had been remodelled in Neoclassical style by the Nazi regime in the 1930s. At the same time, it seemed to envisage a new construction site for rebuilding a reunified country. Alongside the German pavilion, the British pavilion was also worthy of note, with Richard Hamilton’s paintings evoking the conflict in Northern Ireland. Following the breakup of the Soviet Union, Russia took part in the Biennale for the first time as the Commonwealth of Independent States. Ilya Kabakov was the first living artist to represent Russia in a solo exhibition. Together with Haacke’s ruins, Kabakov’s Red Pavilion was one of Biennale Arte 1993’s most famous installations. Visitors passed through an empty, abandoned Russian pavilion to a new building, a miniature pavilion set up in the garden at the back. Painted a festive pink and red and decorated with Soviet-era symbols like the hammer and sickle and red stars, it wafted solemn music from marches and celebrations of the 1950s as if to remind us that the past is not too far off. Haacke’s pavilion won Best National Participation; Richard Hamilton won the International Award for best artist, while Kabakov won a special mention from the jury. CA

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Jean Clair, “Identity and Alterity: Figures of the Body 1895/1995”, 1995 FIG. 04, 14 → 17

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The national pavilions in 1993: Hans Haacke, Richard Hamilton, Ilya Kabakov FIG. 01, 02, 11 → 13

1993 was a watershed year in which the Soviet Union crumbled, the consequences of the fall of the Berlin Wall made themselves felt, and a more general disillusionment with the nation state concept took hold. Many of the artists invited to represent their countries in the Biennale Arte’s national pavilions that year presented complex med-

In 1995 La Biennale di Venezia celebrated its centenary. For this special edition Jean Clair was invited to serve as the artistic director of the Visual Arts department, the first time a non-Italian had occupied this role in the Venetian institution’s hundred-year history. Jean Clair had risen to prominence in the 1980s at the Centre Pompidou, with a series of important exhibitions, and had headed the Picasso Museum in Paris since 1989. His first encounter with the Biennale came at a very young age when, in 1975, he edited the catalogue of Harald Szeemann’s legendary exhibition The Bache-

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lor Machines. Known for his monographic shows of the work of Marcel Duchamp, Alberto Giacometti and Balthus, but also for innovative thematic ones such as L’âme au corps and Les Réalismes, in Venice Jean Clair curated a vast exhibition titled Identità Alterità. Figure del corpo (Identity and Alterity: Figures of the Body 1895/1995), which traced changes in the way the human figure was depicted over the twentieth century. The exhibition was held at Palazzo Grassi (to ensure the climate control required to secure the loan of certain works), Museo Correr and the Giardini’s Central Pavilion. This last site also housed the exhibition Impronte del corpo e della mente (Impressions of the Body and Mind), curated by Adalgisa Lugli. Some Italian critics expressed disappointment that Clair’s exhibition did not explicitly celebrate La Biennale history. Further complaints arose over the cancellation of “Aperto”, the section for young artists, which resulted in a Biennale more centred on the past than the future. Despite all the criticism, Identità Alterità stood out from all previous editions in that it was less concerned with contemporary artistic innovations and more. CA

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Marina Abramović, “Balkan Baroque”, 1997 FIG. 18 → 21

The 47th International Art Exhibition took place in a climate of uncertainty within the institution, which led to the adoption of a new statute the following year, in 1998. The artistic director of the Visual Arts department was Germano Celant, the famous curator and art historian who was back at the Biennale after his 1976 exhibition in the Central Pavilion, Ambiente/Arte (Environment/Art). In 1997, with just a few months to prepare, Celant put together Futuro Presente Passato (Future Present Past). This exhibition did away with previous distinctions between the traditional section and Aperto, presenting a oneof-a-kind showcase combining work by three generations of artists active from the 1960s to the end of the 1990s. Serbian artist Marina Abramović’s Balkan Baroque, a video installation and performance which won her the International Award for best artist, was a highlight of the Central Pavilion. For the entire duration of the exhibition, the white-

Le muse inquiete


clad artist sat in a dark basement space on a mountain of cow bones, scrubbing them with a wire brush. Whether seen as a cathartic rite or strange exorcism, this performance could immediately be read as a reference to the terrible episodes of ethnic cleansing in the Balkans: a tragic allegory for the fate of Yugoslavia, scarred by civil wars and ethnic conflict, which dealt yet another blow to the twentieth-century myth of the nation state and foreshadowed new localisms and sovereignties. CA

04A “5th International Architecture Exhibition”, curated by Francesco Dal Co, 1991 FIG. 05, 22 → 24

In 1988, during the second of Paolo Portoghesi’s four-year terms as artistic director, Francesco Dal Co was appointed curator of the Architecture section. The fifth International Architecture Exhibition was held in 1991, and brought together Dal Co’s work and initiatives over the previous four years. Convinced of the need to take the Biennale in an international direction, Dal Co brought in a new feature, modelling this edition after the Biennale Arte format and inviting over thirty-five countries to take part. The national pavilion proposals included Austria with work from Coop Himmelb(l)au, the United States with projects by Peter Eisenman and Frank O. Gehry, Switzerland with a Herzog & de Meuron retrospective and Norway with Sverre Fehn. In the Central Pavilion, Dal Co presented forty Italian architects “for the 1990s”, including Gae Aulenti, Massimiliano Fuksas, Aldo Aymonino, Giancarlo De Carlo, Renzo Piano, Luciano Semerani and Ettore Sottsass. Two episodes stood out in this edition: the construction of the Padiglione del Libro (Book Pavilion) designed by James Stirling on the avenue leading into the Giardini, and the Corderie exhibition of work from forty-three architecture schools all over the world. This marked the birth of the Premio Venezia award for schools, selected from a range of cultural, social, and historical contexts with an effort to include those marginalised from the hubs of international architectural debate. Through this initiative the Biennale created a place

for dialogue and exchange, periodically turning the Corderie into a sort of temporary workshop for young architects from around the globe. Dal Co also reiterated the importance of interaction between the Biennale and Venice, as one can see from the three competitions held during his term from 1988 onwards. They focused, respectively, on the redesign of the Central Pavilion in the Giardini (won by Francesco Cellini), the renovation of the Palazzo del Cinema on the Lido (won by Rafael Moneo), and the refurbishment of Piazzale Roma as “A Gateway to Venice”, open to architects and engineers from all over the world (won by Jeremy Dixon and Edward Jones). Contrary to La Biennale’s hopes, none of these proposals was ever actually carried out – unlike Stirling’s Padiglione del Libro, which is considered one of the most enduring results of this edition. Massimo Scolari’s Aliante installation, which was then sited by the Fondamenta della Tana as an outdoor sign of the architecture school exhibition, also survived and is now at IUAV University of Venice’s Cotonificio building in Santa Marta. MCC

04B “6th International Architecture Exhibition, Sensing the Future: The Architect as Seismograph”, curated by Hans Hollein, 1996 FIG. 25 → 33

The sixth edition of Biennale Architettura was curated for the first time by a figure of international standing, Hans Hollein. This Austrian architect continued Dal Co’s approach and followed the Biennale Arte model in his organisation of the event, hosting national contributions. The main exhibition set up at the Central Pavilion of the Giardini, Sensing the Future: The Architect as Seismograph, explored how architects can capture underground movements in the present and project them into the future. Hollein believed that in the 1990s architects no longer belonged to schools or movements but were autonomous figures, unfettered by classifications. As a result of phenomena that had yet to be taken into real consideration, such as communication systems and new technologies, architects were changing the

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key places in cities, challenging the traditional idea of urban space inherited from the past. Around seventy architects were invited to exhibit projects considered especially significant, worthy of passing down to future generations. Designs by the most eminent architects on the international scene were exhibited in the Central Pavilion, including Frank O. Gehry with his Bilbao Guggenheim project, Tadao Ando, Jean Nouvel, Renzo Piano, Zaha Hadid, Coop Himmelb(l)au, Peter Eisenman, Norman Foster, Herzog & de Meuron, Arata Isozaki, Toyo Ito, Philippe Starck, Jørn Utzon, Álvaro Siza Vieira, Massimiliano Fuksas, Rem Koolhaas and Rafael Moneo. Alongside globally recognised architects, Hollein organised the exhibition Emerging Voices, which displayed the work of promising young architects from all over the world, such as Odile Decq, Liz Diller with Ricardo Scofidio, Peter Zumthor, Ben van Berkel, and Kazuyo Sejima. The Central Pavilion was also the site of a retrospective titled Radicals, focusing on the most radical urban architecture experiments from the late 1950s to the early 1960s. The Italian section, curated by Marino Folin, was presented in the Central Pavilion with large-scale facades and designs by the generation of young architects then in their thirties. A photographic exhibition – the result of a collaboration between photographer Gabriele Basilico and architect Stefano Boeri – examined the urban and natural landscape of Italy. In 1996 a career Golden Lion was also created for the Biennale Architettura. In its first edition it was awarded to three great twentieth-century architects: Ignazio Gardella, Philip Johnson and Oscar Niemeyer. The Golden Lion for best national participation went to Japan that year while the awards for best project went to Odile Decq and Benoît Cornette, Juha Kaakko, Ilkka Laine, Kimmo Liimatainen, Jari Tirkkonen and Enric Miralles Moya. Three figures who had made important contributions to architecture in very different capacities were awarded special Osella awards: Pascal Maragall, mayor of Barcelona, for his architecture and town planning initiatives, Wim Wenders for his attention to architecture in media and film, and Gabriele Basilico for his photographic work. MCC

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Carolyn Carlson and the birth of Biennale Danza, 1999 FIG. 06, 34 → 41

Finnish American dancer and choreographer Carolyn Carlson (1943-) turns up in the history of La Biennale on many occasions. Her first appearance there in 1968 was in Alwin Nikolais’s “total artwork” Imago. In the 1980s she directed Teatro Danza La Fenice; this modern research group was the brainchild of Teatro La Fenice artistic director Italo Gomez, a firm champion of an entirely new approach to dance, since opera theatres traditionally work with a permanent ballet company. In 1999, this unique “imprinting” led to her launch La Biennale’s new Dance department at the invitation of President Paolo Baratta, who supported her innovative mission to explore the poetry of movement, foster personal and collective creativity, and train the next generation – as one can see from Accademia Isola Danza, which welcomed many young talents from around the world. In 1975 France named her étoile choreographer (a new title) of the Opéra de Paris, where she headed the GRTOP ensemble. It was in France and Italy that her spiritual approach to the body and nature helped spread a form of contemporary dance fuelled by visionary improvisation. Her vibrantly imaginative approach has been a powerful inspiration to many performers and choreographers, starting with the Sosta Palmizi company founded in 1985 under her influence, which spearheaded the new current in Italian dance. She launched her cycle of work for La Biennale in 1999 with Parabola, created for and with her pupils at Teatro Verde, a restored open-air theatre space on the island of San Giorgio. She also presented Il vuoto nell’acqua and Solo Donna with many leading figures from the international dance world: Malou Airaudo, Mui Cheuk-Yin, Carla Fracci, Raffaella Giordano, Nina Hyvarinen, Sabine Kupferberg, Eva La Yerbabuena, Susanne Linke, Barbara Martinini, Madhavi Mugdal, Marie-Claude Pietragalla, Helena Pikon, Talia Posner, Caterina Sagna, Anna Sariola, Rina Shenfeld, Alarmel Valli, Elsa Wolliaston, Kazuo Ohno in La Argentina, and Marie Chouinard, now the artistic director of La Biennale’s Dance department. EGV

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“dAPERTutto”, Harald Szeemann’s first Biennale Arte, 1999 FIG. 03, 42 → 45

1999 was a year of change: Paolo Baratta’s presidency brought major transformations that radically altered the institutional framework of La Biennale di Venezia. Rather than a staterun body frequently affected by political dynamics, it was now a public institution governed by private law, with a smaller board of directors and greater decision-making autonomy. This transformation also ushered in a new exhibition model, which moved away from the multiple commissions of the past in the direction of a single professional curator entrusted to make subjective yet responsible choices that would offer a unique, cohesive vision of contemporary art. That year Baratta appointed Swiss curator Harald Szeemann, who had already worked with La Biennale on The Bachelor Machines in 1975 and on Aperto 80, to direct the Visual Arts department. Szeemann’s exhibition was called dAPERTutto - APERTO over ALL - APERTO par TOUT - APERTO über ALL and the title alone revealed his aim: to integrate the Aperto section into the main exhibition in a way that would highlight the importance of the work being done by younger generations, welcoming in a range of influences and information from an explosive number of directions, across national and symbolic borders. The exhibition stood out for its curiosity about regions and languages typically neglected by earlier editions. It focused in particular on contemporary Chinese art, which was given equal standing alongside the work of Western artists, and with no distinctions between well-established and emerging talents. The overall impression was of a bubbling ocean of creativity, a global, non-hierarchical, endlessly interconnected landscape, which some critics saw as the definitive “festivalisation” of art as a new form of mass entertainment. The jury that year was made up of Zdenka Badovinac, Okwui Enwezor, Ida Gianelli, Yuko Hasegawa, and Rosa Martinez. Martinez was also invited, together with Maria de Corral, to curate the 51st International Art Exhibition of 2005, while the Nigerian curator Enwezor returned to Venice as artistic di-

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rector of Biennale Arte in 2015, after curating important exhibitions around the world such as the 2002 edition of Documenta. Ida Gianelli, who was on the advisory panel in 1997, chaired the jury in 2005, and the following year curated the first Padiglione Italia at the new Tese delle Vergini site, with a presentation by Giuseppe Penone and Francesco Vezzoli. In the 1999 edition, Golden Lions for contemporary art went to Bruce Nauman and Louise Bourgeois, while Doug Aitken, Shirin Neshat, and Cai GuoQiang won the International Award, and Lee Bul, Georges Adéagbo, Eija-Liisa Ahtila and Katarzyna Korzyra each won a special mention. The Golden Lion for best national participation went to Italy, which did not have its own full-blown pavilion that time, but was instead taking part in the international exhibition with a sort of virtual pavilion, for which director Szeemann had singled out the work of five young female Italian artists. The winners were Monica Bonvicini, Bruna Esposito, Luisa Lambri, Paola Pivi and Grazia Toderi. CA

Le muse inquiete


La storia dei padiglioni nazionali ai Giardini The History of the National Pavilions at the Giardini


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I Padiglioni dei Giardini


Giardini di Castello Cecilia Alemani

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La prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia si svolge ai Giardini di Castello nel 1895. A quell’epoca l’unico spazio espositivo edificato è il Palazzo dell’Esposizione, che nel secolo successivo cambierà nome molte volte (Palazzo Pro Arte, Padiglione Italia, Padiglione Centrale), e che ospita le mostre principali e la partecipazione italiana. Nel 1907, nell’area circostante il Palazzo dell’Esposizione, viene costruito il primo padiglione nazionale, quello del Belgio, seguito negli anni successivi da quelli della Germania, Gran Bretagna e Ungheria nel 1909, e poi da Francia e Olanda nel 1912, e dalla Russia nel 1914. Nel 1914, nell’anno in cui scoppia la Prima guerra mondiale, guardando la mappa dei Giardini della Biennale si possono già identificare le grandi potenze nazionali che determineranno i giochi diplomatici e politici nell’Europa del Novecento. La creazione dei padiglioni nazionali seguiva l’esempio delle grandi esposizioni universali di fine Ottocento e incarnava un desiderio di apertura e dialogo internazionale, mettendo l’arte italiana – ospitata nei primi decenni nel Palazzo dell’Esposizione – a confronto con quella degli altri Paesi. Negli anni Trenta il segretario generale Antonio Maraini comprende l’importanza del confronto internazionale e accelera la costruzione di altri padiglioni come quello degli Stati Uniti nel 1930, della Danimarca nel 1932, dell’Austria e della Grecia nel 1934. Maraini sognava una Biennale come “Ginevra delle arti”: una società delle nazio-

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ni dell’arte in cui ogni Paese potesse portare a Venezia il meglio della produzione artistica locale. All’alba della Seconda guerra mondiale, i padiglioni ai giardini sono 17. Nei decenni successivi verranno costruiti nuovi padiglioni, espandendo ulteriormente le partecipazioni nazionali per includere paesi del Sud America come il Venezuela nel 1954, l’Uruguay nel 1960 e il Brasile nel 1964, e, dall’est, il Giappone nel 1956, l’Australia nel 1987 e la Repubblica di Corea nel 1995. Dal 1995 in poi i padiglioni nazionali dei Giardini sono 28 (anche se le nazioni ospitate sono di più perché alcuni padiglioni sono condivisi da più nazioni). A partire dal 1986, esaurito lo spazio ai Giardini, molte nazioni sono ospitate negli spazi dell’Arsenale e in altri luoghi della città. Nell’edizione del 2019 la Biennale ha ospitato 88 padiglioni nazionali. I padiglioni della Biennale non solo offrono uno spaccato dell’arte prodotta nelle varie nazioni, ma compongono anche un complesso mosaico delle ideologie, degli equilibri diplomatici e delle dinamiche geopolitiche e coloniali che hanno animato la storia del Novecento. Negli oltre cent’anni della Biennale, tra guerre mondiali, stati che nascono e crollano – tra cui basti ricordare, ad esempio, Israele, le due Germanie riunificate, l’Unione Sovietica e la ex-Yugoslavia – e altre oscillazioni e fortune alterne, i padiglioni hanno cambiato di nome, sono stati chiusi per protesta, boicottati o persino occupati da altre nazioni. Le loro architetture vengo-

Giardini's Pavillons


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no aggiornate per riflettere nuove aspirazioni o nascondere imbarazzanti fantasmi. Questi cambiamenti riflettono le metamorfosi stesse del concetto di stato-nazione, la cui definizione nel corso degli anni Novanta e sullo scorcio del nuovo secolo, con la nascita dell’Europa Unita, ha subito ulteriori trasformazioni. Okwui Enwezor, curatore nigeriano che ha diretto la Biennale Arte nel 2015, ha dedicato uno studio approfondito alla storia dei padiglioni, che è pubblicato nel catalogo All the World’s Futures, nel saggio “Giardini in esplosione”: “I Giardini rappresentano qualcosa di più di un semplice spazio espositivo: sono uno scenario in miniatura di processi di determinazione nazionale e radicale cambiamento sociale. […] Il giardino è un paesaggio molecolare di frammenti aggregati, una topografia di residui atomizzati”. Alcuni degli edifici che ospitano i padiglioni ai Giardini sono anche esempi importanti di architettura moderna, come per esempio il padiglione dell’Austria di Josef Hoffmann (1934), quello della Finlandia di Alvar Aalto (1956), quello dell’Olanda di Gerrit Rietveld (1953) e quello dei Paesi Nordici di Sverre Fehn (1962), affiancati da costruzioni di architetti italiani come quello del Venezuela di Carlo Scarpa (1954) e il canadese disegnato dal gruppo BBPR (1958). Gli edifici che ospitano i padiglioni nazionali sono o posseduti dalle rispettive nazioni o dati in gestione dal comune di Venezia e sono gestiti dal Governo

dei rispettivi paesi o da fondazioni responsabili della manutenzione dei suddetti edifici e della partecipazione nazionale nella mostra. Nel panorama globale delle biennali, la struttura dei padiglioni nazionali resta unica ed esclusiva della Biennale di Venezia. Negli anni questo modello è stato criticato e accusato di anacronismo, ma è stato difeso con altrettanta energia da quanti lo ritengono uno strumento insostituibile di diffusione dell’arte e della cultura. The first International Art Exhibition of the City of Venice was held at the Giardini di Castello in 1895. At that time the only exhibition space was Palazzo dell’Esposizione, which changed its name frequently in the twentieth century (Palazzo Pro Arte, Padiglione Italia, Padiglione Centrale) and hosted the main exhibitions as well as the Italian one. In 1907 the first national pavilion, Belgium’s, was built in the Palazzo dell’Esposizione area, followed by those of Germany, Great Britain and Hungary in 1909, France and Holland in 1912, and Russia in 1914. In 1914, the year World War One broke out, the Giardini map reflected the great powers that were soon to become pivotal players in the diplomatic and political games of twentieth-century Europe. The construction of the national pavilions carried on the spirit of the great universal exhibitions of the late nineteenth century, expressing the desire to create an open international dialogue, and to measure Italian art – which

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in the first decades of the twentieth century was housed in the Palazzo dell’Esposizione – against that of other countries. In the 1930s La Biennale’s secretary general, Antonio Maraini, grasped the importance of this international aspect and sped up the building of other pavilions: the United States in 1930, Denmark in 1932, and Austria and Greece in 1934. Maraini dreamed of a Biennale that would be a “Geneva of the arts”, a United Nations of Art where each country would bring its finest work to Venice. By the outbreak of World War Two there were seventeen pavilions in the Giardini. In the decades that followed new pavilions were built, expanding participation to include South American countries such as Venezuela in 1954, Uruguay in 1960, and Brazil in 1964. From the East, Japan arrived in 1956, Australia in 1987 and the Republic of Korea in 1995. By 1995 there were twenty-eight pavilions (although more countries than this were actually taking part, since some pavilions were shared by several nations). By 1986 all available space at the Giardini had been used up, and many nations were hosted in the Arsenale and other sites throughout the city. At the 2019 edition of the Biennale Arte there were eighty-eight national pavilions. The Biennale’s pavilions not only offer an overview of the art coming out of different countries, but show a complex mosaic of the ideologies, diplomatic power balances, and geopolitical and colonial dynamics under-

I Padiglioni dei Giardini


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lying twentieth-century history. In over one hundred years of history, La Biennale has seen world wars, the emergence and disappearance of states – Israel, the two Germanies reunified, the Soviet Union and the former Yugoslavia – and other fluctuating fortunes. Pavilions have changed names and been closed in protest, boycotted and even occupied by other countries. Their architecture has been modernised to reflect new aspirations or hide embarrassing skeletons in the closet. These transformations have reflected changes in the very concept of the nation state, which has continued to evolve since the 1990s and in the new millennium, with the birth of a united Europe. Okwui Enwezor, the Nigerian curator who directed the Biennale Arte 2015, made an indepth study of the history of the pavilions, which was published in the All the World’s Futures catalogue as the essay “Exploding Gardens”: “More than just a fairground for an exhibition, the Giardini represents, in miniature, a scene of processes of national determination and social upheaval. […] The garden is a molecular landscape of accreted fragments, a topography of atomized residue”. Some of the buildings in the Giardini are significant examples of modern architecture, like the Austrian pavilion by Josef Hoffmann (1934), the Finnish pavilion by Alvar Aalto (1956) the Dutch pavilion by Gerrit Rietveld (1953), or the Nordic pavilion by Sverre Fehn (1962). Alongside them we find the work

of Italian architects, such as Carlo Scarpa’s Venezuelan pavilion (1954) and the BBPR group’s Canadian pavilion (1958). The national pavilion buildings are all owned either by the countries themselves or by the City of Venice, and are managed by the respective governments or by foundations responsible for building maintenance and national participation in the exhibition. In the global panorama of biennales, the national pavilion formula is unique and exclusive to La Biennale di Venezia. Over the years this model has been criticised and accused of being anachronistic, but it has been defended with equal fervour by those who consider it an irreplaceable tool for the dissemination of art and culture.

— (pagina precedente) Mappa dei Giardini della Biennale, 1914 • (previous page) Map of the Giardini della Biennale, 1914

FIG. 01

FIG. 02 — Mappa dei Giardini della Biennale, 1938 • Map of the Giardini della Biennale, 1938

— Mappa dei Giardini della Biennale, 1948 • Map of the Giardini della Biennale, 1948

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— Facciata del Padiglione Centrale, 1930 • Facade of the Central Pavilion, 1930


Padiglione Centrale

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Vittorio Pajusco

Nel 1887 Venezia è sede dell’Esposizione Nazionale Artistica: un grande evento che si era già svolto in altre città italiane per affermare con una grande mostra la nuova identità nazionale. La rassegna è molto attesa dalla giunta comunale perché spera che sia un volano per l’economia veneziana. Si costruiscono perciò grandi edifici sulla riva dei Giardini di Castello, ma l’esposizione, alla fine, comporterà un grande disavanzo nelle casse comunali. Nonostante ciò l’evento è considerato la prova generale in vista della prima Biennale che si inaugurerà nel 1895. Nel 1894 si abbatte, in parte, il vecchio edificio della cavallerizza di Tommaso Meduna. La struttura era diventata negli anni una sorta di zoo con attrazione principale, regalo della Casa Reale ai bambini veneziani, l’elefantino Toni, anche detto ‘il carcerato dei Giardini’. Si decide di costruire un unico palazzo, utilizzando anche alcuni ambienti della cavallerizza come il salone principale (salone dei concerti); sovraintendente dei lavori l’ingegnere Enrico Trevisanato mentre il progetto della facciata è dei pittori Bartolomeo Bezzi e Mario De Maria. Il tempio dell’arte (definito “Pro Arte”) creato dai due artisti si ispira alle architetture neoclassiche, in particolare di Monaco di Baviera sede della prima Secessione. Nel 1914 la facciata viene riammodernata in stile liberty dall’architetto Guido Cirilli che elimina il colonnato e aggiunge elementi decorativi e due eleganti torret-

te laterali. Nel 1928 Antonio Maraini decide di far rimuovere le torrette, mentre nel 1932 l’architetto Duilio Torres riceve l’incarico di rinnovare totalmente il palazzo centrale. Al 1931 risalgono i primi progetti per la nuova facciata che, malgrado le apparenze, si limita a rimaneggiare la preesistenza di Cirilli e ad aggiungere quattro nude colonne a reggere il frontone rettilineo. Sopra al colonnato racchiusa da un cornicione vie-

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ne collocata la scritta ITALIA tra due rilievi quadrati dello scultore Tony Lucarda, che rappresentano il leone marciano e l’aquila imperiale romana. Il materiale usato per la nuova facciata è il beton e i lavori sono completati in soli due mesi, da febbraio ad aprile del 1932. Per quanto riguarda il riallestimento interno Torres punta alla pulizia degli spazi, le pareti vengono dipinte di fondi chiari, cercando di creare punti di vista tra i vari ambienti con infilate di sale ordinate. Grande attenzione è data al collocamento delle opere “non metri quadrati di pitture, ma serena e larga mostra, logica e simmetrica fino all’impossibile”01. Nel 1938 la facciata viene decorata da due grandi affreschi ai lati della porta con allegorie di Venezia e Roma rispettivamente di Antonio Santagata e Franco Gentilini. Dal 1940 si aggiungono anche due grandi sculture: le allegorie della pittura e della scultura di Napoleone Martinuzzi e Umberto Baglioni, ancora presenti ai Giardini della Biennale. Nel 1968 l’architetto Carlo Scarpa copre la facciata fascista con elementi geometrici di materiali diversi, di fatto smaterializzando il semplice prospetto di Torres, questo rivestimento rimarrà per tutti gli anni Settanta. Del medesimo anno sono anche da segna-

01 — F. Reggiori, L’architettura alla Biennale di Venezia in Architettura, annata XI, fasc. 7, luglio 1932, pp. 358-364 (359)

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— Facciata del Padiglione Centrale, 1907 • Facade of the Central Pavilion, 1907

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— Lavori di costruzione del Padiglione Centrale, 1895 • Construction works at the Central Pavilion, 1895

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— Facciata del Padiglione Centrale, 1895 • Facade of the Central Pavilion, 1895

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FIG. 08 — Interno Caffè, Brenno Del Giudice, 1928 • Interior of the Café, Brenno Del Giudice, 1928

— Facciata del Padiglione Centrale, 1914 • Facade of the Central Pavilion, 1914

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lare i primi progetti (mai realizzati) di Louis Kahn per il rifacimento del Palazzo dell’Esposizione. In 1887 Venice hosted the Esposizione Nazionale Artistica (National Artistic Exposition), a major event that had already been held in other Italian cities to bolster the new national identity. The event was eagerly anticipated by the local government, which hoped it would boost the Venetian economy. Large buildings were therefore constructed on the Giardini di Castello shore, but ultimately the exhibition left a large hole in the city budget. Despite this the event was considered a dress rehearsal for the first Biennale, held in 1895. In 1894 the old riding school designed by Tommaso Meduna was partially knocked down. Over the years it had become a sort of zoo, its main attraction being a gift from the royal family to the chil-

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dren of Venice: Toni the elephant, also known as “the prisoner in the Giardini”. A single building was to be constructed incorporating some rooms from the former structure, like its main hall (which became the concert hall). The project was overseen by the engineer Enrico Trevisanato, while the facade was designed by the painters Bartolomeo Bezzi and Mario De Maria. Their temple of art (called “Pro Arte”) was inspired by Neoclassical architecture and especially that of Munich, home to the first Secession. In 1914 the facade was redone in Art Nouveau style by architect Guido Cirilli, who removed the colonnade, adding decorative elements and two elegant little towers on the sides. In 1928 Antonio Maraini decided to have the towers removed, and in 1932 the architect Duilio Torres was commissioned to remodel the central building entirely. The first design for the new facade dates to 1931; though the effect was quite different, it simply modified the pre-existing one by Cirilli and added four plain columns holding up the linear pediment. Above the colonnade, topped by a jutting cornice, the word ITALIA was placed between sculptor Tony Lucarda’s two square reliefs of St Mark’s lion and the imperial Roman eagle. The new facade was made of beton concrete and work was completed in just two months, from February to April 1932. As for the renovation of the interior, Torres aimed for a clean look, choosing pale colours for the walls and attempting to create sightlines between the spaces, in a tidy string of rooms.

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Careful attention was paid to the arrangement of the works, “not square metres of paintings, but a spacious, serene exhibition, of almost impossible logic and symmetry”01. In 1938 the facade was adorned with two large frescoes on either side of the doors, allegories of Venice and Rome by Antonio Santagata and Franco Gentilini respectively. In 1940 two large sculptures were added: allegories of painting and sculpture by Napoleone Martinuzzi and Umberto Baglioni, which are still in the Giardini. In 1968 the architect Carlo Scarpa covered over the Fascist facade with geometric elements made from various materials, effectively deconstructing Torres’ straightforward design with a cladding that remained in place throughout the 1970s. In the same year, Louis Kahn also created designs for the renovation of the Palazzo dell’Esposizione, which were never carried out.

01 — F. Reggiori, L’architettura alla Biennale di Venezia in Architettura, year XI, file 7, July 1932, pp. 358-364 (359)

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— Interno Caffè, Brenno Del Giudice, 1928 • Interior of the Café, Brenno Del Giudice, 1928


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— Carlo Scarpa, Padiglione Centrale, 1968 • Carlo Scarpa, Central Pavilion, 1968


Australia 1987, Philip Cox 2015, Denton Corker Marshall

Nel 1954 l'Australia partecipa per la prima volta alla Biennale nel Padiglione Centrale, condividendo una sala con il Sudafrica; nello stesso anno fa domanda per costruire un padiglione indipendente. Tuttavia i progetti per il padiglione si concretizzano solo nel 1980, coordinati dal Governo australiano, dalla Fondazione per le Arti Visive australiane e dalle autorità veneziane. La prima versione del padiglione, prefabbricato in Australia, è eretta nel 1987 da Philip Cox, un anno dopo la concessione dell'indipendenza all’Australia da parte della Gran Bretagna. Il padiglione consiste in uno spazio espositivo diviso in più piani con una rampa di scale con gradini bassi che collegava i vari livelli. La tipologia bassa dell’edificio è concepita per integrarsi con la natura del luogo dei giardini della Biennale, strategicamente costruito intorno ad alberi imponenti. Il padiglione è rappresentativo dell'architettura domestica australiana, con un tetto in metallo ondulato che rappresentava una rottura con il tradizionale tetto a due falde e uno scambio tra il paesaggio interno ed esterno. Anche se il primo padiglione viene concepito come struttura temporanea, rimane nei Giardini fino al 2015. Nel 2012 viene selezionato il progetto di John Denton, Bill Corker e Barrie Marshall per il nuovo padiglione. L'attuale struttura è un contenitore nero composto da due livelli sovrapposti, accuratamente posizionati sul posto per garantire un impatto minimo sul paesaggio esistente. L’interno dell'edificio è

costituito da un ambiente bianco, uno spazio rettilineo quasi perfettamente quadrato che offre un'enorme flessibilità per l'installazione di opere d'arte. Il padiglione è dotato di grandi pannelli apribili su tre facciate che permettono alla luce di filtrare nello spazio. Australia first participated in the Biennale in 1954 in the Central Pavilion, sharing a room with South Africa; the same year, it applied to construct a pavilion of its own. But the project was only carried out in 1980, coordinated by the Australian government and the Visual Arts Foundation of Australia along with the Venetian authorities. The first version of the pavilion, prefabricated in Australia, was erected by Philip Cox in 1987, a year after Australia was granted independence from Great Britain. It consisted of a split-level exhibition space with a flight of low stairs connecting the levels. The low-lying design of the building was meant to fit smoothly into the site in the Giardini, strategically centred around massive trees. The pavilion was representative of Australian domestic architecture, with a corrugated metal roof that marked a break with the traditional gable roof, and an attempt to link the interior to the landscape outside. Although the first pavilion was intended as a temporary structure, it stood in the Giardini until 2015. In 2012, John Denton, Bill Corker, and Barrie Marshall’s project was selected for the new pavilion. The current structure

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is a black container made up of two superimposed levels, carefully positioned on the site to ensure minimal impact on the existing landscape. The interior of the building is a white box, an almost perfectly square rectilinear space offering enormous flexibility for the installation of artworks. The pavilion features large movable panels on three sides, allowing light to enter the space.

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Austria

Belgio

1934, Josef Hoffmann

1907, Léon Sneyers 1948, Virgilio Vallot

Nel 1932 gli artisti austriaci espongono nel padiglione tedesco. Nel 1934 viene selezionato il progetto di Josef Hoffmann e Robert Kramreiter per costruire un nuovo padiglione austriaco. Il padiglione presenta una galleria centrale che si estende per l'intera lunghezza della struttura con due stanze laterali e due stanze quadrate più piccole nel patio posteriore destinate all'esposizione di sculture. La facciata è costituita da un cornicione rialzato che rispecchia la scanalatura orizzontale della superficie dell'edificio. Il padiglione viene ristrutturato in varie occasioni. Nel 1938, dopo l'annessione dell'Austria da parte della Germania, il Governo tedesco decide di esporre artisti austriaci nel padiglione tedesco. Nel 1938 il padiglione riceve i fondi per completare il muro esterno e la pavimentazione del cortile, seguiranno ulteriori ristrutturazioni nel 1948. Hoffmann cura le mostre nel padiglione fino alla sua morte avvenuta nel 1956. Nel 1984 il famoso architetto austriaco Hans Hollein viene incaricato della ristrutturazione dell’edificio, ripristinando la caratteristica colorazione crema originale dell'esterno. Hollein tornerà a Venezia nel 1996 come curatore della 6. Mostra Internazionale di Architettura: Sensori del futuro. L’architetto come sismografo.

the construction of a new pavilion. It featured a central gallery extending the whole length of the structure, with two side rooms and two smaller square rooms by the rear patio intended for the exhibition of sculptures. The facade had a raised cornice that mirrored the horizontal fluting of the front. The pavilion was renovated on various occasions. In 1938, after Austria was annexed by Germany, the German government decided to exhibit the Austrian artists in the German pavilion. In 1938 the pavilion received funds to complete the outer wall and paving of the courtyard, followed by further renovations in 1948. Hoffmann curated the exhibitions in the pavilion until his death in 1956. In 1984, famed Austrian architect Hans Hollein was engaged to renovate the structure, restoring the original cream colour of the exterior. He later returned to Venice in 1996 to curate the 6th International Architecture Exhibition, Sensing the Future: The Architect as Seismograph.

In 1932 Austrian artists exhibited in the German pavilion. In 1934 Josef Hoffmann and Robert Kramreiter’s design was selected for

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Il padiglione del Belgio, il primo ad essere costruito ai Giardini della Biennale, è disegnato in Stile Liberty belga, emulando i motivi della Secessione e del Simbolismo viennese. Léon Sneyers, l'architetto del padiglione, viene influenzato da Josef Hoffmann e Joseph Maria Olbrich, tra i fondatori della Secessione di Vienna. La facciata della prima versione è caratterizzata da un frontone di Émile Fabry, con pilastri aggettanti sormontati da due sculture di Georg Minne e due dipinti di Fabry che fiancheggiano l'ingresso. Nel 1942 il Belgio non viene formalmente invitato a partecipare alla Biennale e il padiglione è utilizzato per ospitare una mostra dei futuristi italiani. Una radicale ristrutturazione viene eseguita nel 1948 da Virgilio Vallot, che rimoderna la facciata, eliminando gli elementi decorativi e intonacando con una finitura liscia. The Belgian pavilion, the first to be built in the Giardini della Biennale, was constructed in Belgian Art Nouveau style, emulating motifs from the Vienna Secession and Symbolism. Léon Sneyers, the architect, was influenced by Josef Hoffmann and Joseph Maria Olbrich, who were among the founders of the Vienna Secession. The facade of the first iteration featured a pediment by Émile Fabry, jutting pillars topped by two sculptures by Georg Minne, and two paintings by Fabry that flanked the entrance. In 1942 Belgium was not formally invited to participate in the

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Brasile 1964, Amerigo Marchesin

Biennale and the space was used to host an exhibition by the Italian Futurists. A further radical renovation was carried out in 1948 by Virgilio Vallot, who modernised the facade by removing the decorative elements and applying a smooth rendering.

Il padiglione del Brasile, costruito in asse con il complesso del Padiglione Venezia progettato da Brenno Del Giudice, è completato poco prima del colpo di stato militare del 1964 e quattro anni dopo la costruzione della capitale Brasilia. Una prima proposta viene avanzata dalla ditta di Henrique Ephim Mindlin, Walmyr Lima Amaral e Giancarlo Palanti, che suggerisce di incorporare il ponte esistente nella struttura del padiglione. Un disegno di Oscar Niemeyer proponeva di realizzare una tettoia in tegole di alluminio sostenuta da cavi d'acciaio e sospesa tra sei coppie di pilastri in cemento armato. Alla fine l'architetto veneziano Amerigo Marchesin progetta il padiglione, spostando l'edificio lungo l'asse che collega il ponte sopra il canale al Padiglione Venezia. La struttura è costituita da due volumi rettilinei divisi in due parti da una trave in cemento a forma di U, che separa lo spazio espositivo in quattro. Il padiglione è circondato da un giardino con uno specchio d'acqua. La facciata è decorata da un cornicione, da una trave orizzontale in cemento grezzo, e da assi verticali in legno. I materiali come legno, vetro, mattoni a vista, cemento, sono indicativi della lingua vernacolare dell’architettura brasiliana modernista.

tial proposal was put forth by the firm of Henrique Ephim Mindlin, Walmyr Lima Amaral and Giancarlo Palanti. Their project suggested incorporating the existing bridge into the structure of the pavilion. A drawing by Oscar Niemeyer proposes a canopy of aluminium tiles held up by steel cables, suspended between six pairs of concrete pillars. In the end the Venetian architect Amerigo Marchesin designed the pavilion, moving the building along the axis that links the bridge over the canal to Del Giudice’s building. The structure consists of two rectilinear volumes bisected by a concrete U-shaped beam that divides the exhibition space into four parts. The pavilion is surrounded by a garden with a pool of water. The facade is decorated by a cornice and horizontal beam made of unfinished concrete and vertical wooden slats. The materials, which include wood, glass, exposed brick, and concrete, echo the vernacular of Modernist Brazilian architecture.

The Brazil pavilion, built in alignment with the Venice Pavilion complex designed by Brenno del Giudice, was completed just before the military coup in 1964 and four years after the construction of the capital Brasilia. An ini-

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Canada

Corea

1958, Gruppo BBPR

1995, Seok Chul Kim e Franco Mancuso

Il padiglione canadese viene inaugurato in occasione della 29. Esposizione Internazionale d’Arte in cima a uno spazio elevato chiamato Montagnola di Sant'Antonio, tra il padiglione tedesco e quello inglese. Il progetto è stato condotto dallo studio BBPR Gian Luigi Banfi, Ludovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers. Gli architetti progettano un edificio basso che si avvolge attorno a due alberi, giocando con le dinamiche tra spazio interno ed esterno. La struttura consiste in un muro a chiocciola che si attorciglia su se stesso, ispirata alla forma dei teepee (tende degli indigeni americani), ma costruita con i materiali industriali come vetro, mattone e acciaio. L’edificio si basa sul principio della spirale di Archimede generata dalla forma dell’ottagono. Le travi d'acciaio a spirale sono sostenute da una colonna ottagonale che si espande verso l'esterno da un albero centrale. Il padiglione è stato restaurato nel 2018 da Alberico Barbiano di Belgiojoso.

namics of interior and exterior space. The structure has a wall inspired by the form of a teepee, yet made from industrial materials like glass, brick and steel, and was based on the Archimedean spiral generated by the shape of an octagon. The spiralling steel beams are supported by an octagonal column that expands outwards from a central mast. The pavilion was restored in 2018 by Alberico Barbiano di Belgiojoso.

Il padiglione della Repubblica di Corea è stato progettato da Seok Chul Kim e da Franco Mancuso, modificando un edificio in mattoni che prima sorgeva in questo luogo, datato 1930. L'architettura del padiglione ha una forma ondulata che rispetta gli alberi e i padiglioni circostanti. Inoltre, la struttura è leggera e sospesa su supporti in modo da non intaccare la terra su cui si erge. L’edificio è destinato a favorire un interscambio permeabile tra spazio esterno e spazio interno, ottenuto grazie alla trasparenza dell’intelaiatura in acciaio. The Republic of Korea pavilion was designed by Seok Chul Kim and Franco Mancuso, adapting a brick building from 1930 that stood on the site. The architecture of the pavilion has an undulating form that respects the trees and the surrounding pavilions. Furthermore, the structure is lightweight and raised on supports so as to not affect the ground it stands on. The transparency of the steel frame was meant to create a porous connection to the outdoors.

The Canadian pavilion was inaugurated for the 29th International Art Exhibition on an elevated site called the Montagnola di Sant’Antonio between the German and British pavilions. The design was overseen by the renowned Italian architects BBPR Gian Luigi Banfi, Ludovico Barbiano of Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers. The architects designed a low-lying building that wraps around two trees, playing with the dy-

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— Facciata del Padiglione della Germania, 1909 • Facade of the Germany Pavilion, 1909


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— Facciata del Padiglione del Giappone, 1956 • Facade of the Japan Pavilion, 1956


Danimarca

Egitto

1932, Carl Brummer 1958 (ampliamento), Peter Koch

1932, Brenno Del Giudice

Nel 1930, dopo un'assenza ventennale degli artisti danesi alla Biennale, si decide di costruire il padiglione danese grazie ad un accordo tra il Ny Carlsbergfondet, una Fondazione danese che sostiene le arti, il Ministero dell'Istruzione danese e il segretariato della Biennale. In origine, il padiglione doveva essere situato tra il padiglione tedesco e quello britannico; tuttavia, Antonio Maraini decide di demolire un piccolo chiosco, un caffè progettato da Brenno Del Giudice nel 1926, per far posto al nuovo edificio. Il padiglione danese è progettato da Carl Brummer in stile classico nordico. Lo spazio è caratterizzato da un portico a otto colonne, profondo tre metri, sormontato da un architrave lineare, che decorre lungo la facciata principale. Il 9 aprile 1940 la Germania nazista occupa la Danimarca e il 17 aprile la Danimarca ritira ufficialmente la sua partecipazione dalla Biennale. Nei primi anni Cinquanta si voleva demolire il padiglione di Brummer per dare spazio ad un padiglione più grande in grado di ospitare tutti i Paesi scandinavi. La Danimarca si ritira da questa iniziativa e Peter Koch propone nel 1958 un'ampliamento del padiglione esistente.

and La Biennale. Originally, the pavilion was supposed to stand between the German and British pavilion, but Antonio Maraini decided instead to demolish the small cafe kiosk designed by Brenno Del Giudice in 1926 so that the Danish pavilion could take its place. The building was designed by Carl Brummer in Nordic Classical style. A three-metre-deep, eight-column portico surmounted by a linear architrave ran along the main facade. On 9 April 1940 Nazi Germany occupied Denmark and on 17 April Denmark officially withdrew from the Biennale. In the early ’50s, Bummer’s pavilion was supposed to be torn down in order to construct a larger pavilion that could house all of the Scandinavian countries. Denmark dropped out of this initiative and Peter Koch proposed an expansion of the existing pavilion in 1958.

La struttura che ospita il padiglione dell’Egitto viene costruita nel 1932 dall'architetto veneziano Brenno Del Giudice, e in origine accoglie il padiglione svizzero. Solo nel 1952, quando la Svizzera realizza il proprio padiglione all’ingresso dei Giardini, questo edificio viene assegnato all'Egitto. Dal 1958 al 1970 il padiglione presenta le mostre della R.A.U. (Repubblica Araba Unita); nel 1972 e nel 1976 quelle della R.A.E. (Repubblica Arabo Egiziana); dal 1980 ospita l’Egitto. The structure housing the Egyptian pavilion was built in 1932 by Venetian architect Brenno Del Giudice, and originally held the Swiss pavilion. Only in 1952, when Switzerland built its own pavilion at the entrance to the Giardini, was the building assigned to Egypt. The pavilion housed exhibitions by the UAR (United Arab Republic) from 1958 to 1970 and by the AER (Arab Egyptian Republic) in 1972 and 1976; since 1980 it has been used by Egypt.

In 1930, after a twenty-year absence of Danish artists from the Biennale, an agreement regarding the construction of a Danish pavilion was struck in 1930 among the Ny Carlsbergfondet (a Danish foundation supporting the arts), the Danish Ministry of Education,

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Finlandia

Francia

1956, Alvar Aalto

1912, Umberto Bellotto

Il padiglione della Finlandia è eretto come struttura temporanea nel 1956 in attesa della progettazione di un padiglione per tutti i paesi nordici. L'edificio è un poligono irregolare fatto di componenti in legno leggero con triangoli che attraversano la struttura dipinta di blu e bianco, i colori della bandiera del paese. L'architetto Alvar Aalto progetta il padiglione evocando una serie di influenze tra cui la struttura di una tenda lappone, l'altare portatile nel romanzo Il buon soldato Schwiek e la Cappella Pazzi a Firenze. Nel 1962, la Finlandia espone nel padiglione dei Paesi Nordici e nel padiglione della Finlandia si organizza una mostra di Grafica simbolista italiana. La Finlandia non espone nel padiglione di Aalto dal 1962 al 2007; fino al 1966 il padiglione è utilizzato dall’Italia; nel 1968 e nel 1972 dall'Argentina, mentre dal 1976 al 1982 gli spazi sono usati dal Portogallo. Dal 1984 al 2007, il padiglione è stato utilizzato dall'Islanda. Nel 1976 Fredrik Fogh esegue un ampio restauro della struttura e nel 1978 la Finlandia consegna il padiglione di Alvar Aalto alla Biennale.

range of influences, including the structure of a Lapp tent, the portable altar in the novel The Good Soldier Schwiek, and the Pazzi Chapel in Florence. In 1962, Finland exhibited in the Nordic pavilion and an exhibition on Italian Symbolist graphics was organised in Aalto’s building. Finland did not exhibit in this pavilion from 1962 until 2007; it was used by Italy until 1966, by Argentina in 1968 and 1972, by Portugal from 1976 to 1982, and by Iceland from 1984 to 2007. Extensive restoration was carried out by Fredrik Fogh in 1976, and in 1978 Finland turned the pavilion over to La Biennale.

Il padiglione, finanziato dalla Biennale e progettato dall'architetto italiano Faust Finzi, viene presentato in occasione della 10. Esposizione Internazionale d'Arte di Venezia del 1912. Il Governo francese tenta di acquistare il padiglione, ma la transazione viene interrotta dalla Prima guerra mondiale. Nel 1940, a causa della guerra, la Francia non partecipa alla Biennale per il rifiuto dei possessori delle opere d’arte di farle uscire dal Paese, e il padiglione ospita la mostra del Concorso di pittura e scultura. Nel 1942 gli uffici di propaganda delle Forze armate italiane organizzano una mostra dedicata alla Regia Aeronautica. L'edificio è caratterizzato da scale che conducono a un portico ovale sostenuto da sei colonne realizzate dallo scultore Achille Tamburlini. Una trabeazione curvilinea decorre lungo la facciata sostenuta da modiglioni. Sopra il portico si trova una terrazza con sei strutture in pietra arrotondate che sostengono una balaustra in ferro con motivi geometrici realizzata dal veneziano Umberto Bellotto. The pavilion was inaugurated for the 10th International Art Exhibition of Venice in 1912. The French government attempted to purchase the pavilion, but the acquisition was interrupted by World War One. In 1940, France did not participate because private exhibitors refused to let the artworks in their possession leave France during the war, and the pavilion instead hosted a competition on painting and sculpture. In 1942 the propaganda offices of

The Finland pavilion was erected as a temporary structure in 1956 pending a planned pavilion for all of the Nordic countries. The building is an irregular polygon made of lightweight wooden components with triangles crossing the structure, painted blue and white like the country’s flag. The architect Alvar Aalto conceived the pavilion to suggest a

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Germania 1909, Daniele Donghi 1938, Ernst Haiger

the Italian Armed Forces organised an exhibition by the Italian Royal Air Force. The building features stairs leading to an oval portico with six columns by the sculptor Achille Tamburlini. A curvilinear entablature runs along the facade, supported by modillions. Above the portico sits a terrace with six rounded stone structures holding up an iron balustrade with geometric motifs by Venetian artisan Umberto Bellotto.

Nato come padiglione degli artisti bavaresi, il padiglione della Germania è progettato dall'architetto italiano Daniele Donghi in stile Neoclassico, con la facciata caratterizzata da due colonne ioniche poste su alte basi e da un affresco di tema mitologico aggiunta nel 1912. L’edificio, utilizzato per la prima volta in quell’anno come padiglione Germania, viene chiuso durante la Prima guerra mondiale e riaperto nel 1922. Nel 1931 l'ambasciatore tedesco Carl von Schubert informa La Biennale che la Germania non avrebbe potuto partecipare alla Mostra nell’anno successivo a causa di difficoltà finanziarie. Per questo motivo, nel 1932 il padiglione viene dedicato all'esposizione delle opere di artisti austriaci. Dopo aver visitato la Biennale nel 1934, Adolf Hitler ordina che il padiglione sia demolito e ricostruito secondo gli ideali architettonici del Partito nazista, mettendo ben in vista la statua di un'aquila che sormonta una svastica. Il padiglione progettato da Ernst Haiger viene inaugurato nel 1938 in occasione della 21. Esposizione Internazionale d’Arte. Nel 1948, durante la prima edizione della Biennale dopo la fine della Seconda guerra mondiale, il padiglione viene utilizzato per una mostra dedicata agli impressionisti mentre la Germania è presente con le opere degli artisti tedeschi nel Padiglione Centrale. Durante la Guerra Fredda, sia la Repubblica Federale Tedesca sia la Repubblica Democratica Tedesca partecipano più volte. Nel

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1982 la Germania Est è presente per la prima volta nel Padiglione Venezia, mentre la Repubblica Federale Tedesca è ospitata nell’originale padiglione Germania. La Repubblica Democratica Tedesca continua ad esporre nel Padiglione Venezia fino al 1990, ad eccezione del 1986, quando espone alle Corderie dell'Arsenale. Dopo la riunificazione delle due Germanie nell'ottobre 1990, alla Biennale Arte 1993 partecipa solo la Repubblica Federale Tedesca; nel 1995 la Germania partecipa come un unico Paese. La facciata dell'attuale padiglione è caratterizzata da un pronao di squadrate colonne scanalate e da una finestratura serrata, intervallata da elementi divisori, posta orizzontalmente lungo la superficie superiore della struttura. Initially called the Bavarian pavilion, the German pavilion was designed by the Italian architect Daniele Donghi in Neo-classical style with a facade featuring two Ionic columns on high pedestals, and a fresco of mythological subject matter added in 1912. First used as the German pavilion in 1912, it was closed during World War One and reopened in 1922. In 1931, the German ambassador Carlo von Schubert informed La Biennale that Germany would not be able to participate in the upcoming exhibition due to financial difficulties. In 1932 the pavilion was therefore used to exhibit Austrian artists. After visiting the Biennale in 1934, Adolf Hitler ordered the pavilion to be demolished and renovated in accordance

I Padiglioni dei Giardini


Giappone 1956, Takamasa Yoshizaka

with the architectural ideals of the Nazi Party, prominently featuring a statue of a swastika surmounted by an eagle. The pavilion designed by Ernst Haiger was inaugurated in 1938 for the 21st International Art Exhibition. In 1948, at the first edition of the Biennale after World War Two, the pavilion was used for an exhibition on the Impressionists, whilst Germany presented an exhibition of German artists in the Central Pavilion. During the Cold War, both the Federal Republic of Germany (West Germany) and the German Democratic Republic (East Germany) participated several times. In 1982, the German Democratic Republic exhibited for the first time in the Padiglione Venezia, while the Federal Republic of Germany was hosted in the original German pavilion. The East Germany continued to exhibit in the Padiglione Venezia until 1990 with the exception of 1986, when used the Corderie of the Arsenale. After the reunification in October 1990, in the Biennale Arte 1993, only the Federal Republic of Germany participated; in 1995, Germany participated as one country. The facade of the current pavilion features a pronaos of square fluted columns and a band of windows, punctuated by partitions, that runs horizontally along the upper part of the structure.

L’idea di realizzare un padiglione giapponese ai Giardini nasce nel 1931, sostenuta dall'associazione Kokusai Bijitou e dalla Società Culturale Dante Alighieri. Tale progetto viene abbandonato a causa della successiva crisi economica in Giappone. Tuttavia, i piani per il padiglione si concretizzarono solo nel 1955 grazie alla donazione di Shojiro Ishibashi e al progetto dell'architetto Takamasa Yoshizaka. Dopo varie proposte, il progetto finale consiste in una pianta a turbina sostenuta da partizioni che attraversano la struttura. L'edificio è sollevato da terra da travi, idea ispirata dai piloni di Le Corbusier, di cui Yoshizaka era stato allievo. Questo vuoto crea un pozzetto luminoso al centro del primo piano e del giardino sotto l'edificio: uno spazio ricoperto di ghiaia, con una fontana e una vasca d'acqua. Un ulteriore omaggio a Le Corbusier è evidente nella vela di cemento situata presso l'area riparata all'ingresso del padiglione.

beams influenced by Le Corbusier’s pilotis; Yoshizaka was one of his students. This space creates a light well in the centre of the first floor and the garden below the building, which is filled with gravel, a fountain, and a pool of water. A further tribute to Le Corbusier can be seen in the sail-like concrete shelter by the entrance to the pavilion.

The idea of a Japanese pavilion in the Giardini was first advanced in 1931 by the Kokusai Bijitou association and the Dante Alighieri Cultural Society, but this project was abandoned due to the subsequent economic downturn in Japan. However, plans for the pavilion only became concrete in 1955 through a donation from Shojiro Ishibashi, with the architect Takamasa Yoshizaka presenting various designs. The final project featured a round plan supported by partitions traversing the structure. The building is raised off the ground by

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Giardini's Pavillons


Gran Bretagna

Grecia

1909, Edwin Alfred Rickards

1934, M. Papandréou e Brenno Del Giudice

Il progetto di Edward Alfred Rickards per il padiglione della Gran Bretagna prevedeva il riuso di una vecchia struttura risalente al 1887, adibita a caffè-ristorante, già presente nei Giardini. Una scala centrale conduce a una loggia sopraelevata e aperta, che ricorda lo stile georgiano. Nel 1920 la Gran Bretagna ritira la sua partecipazione per vari motivi: l'impossibilità di esporre opere di alta qualità, gli elevati costi di trasporto e la difficoltà per gli artisti di vendere le proprie opere dopo la mostra a causa degli alti tassi di cambio. Il padiglione è quindi utilizzato dagli Stati Uniti. Nel 1936 la Gran Bretagna annuncia il suo ritiro per motivi finanziari e il padiglione è successivamente dedicato alle opere di artisti stranieri residenti in Italia. Il padiglione rimane chiuso nel 1940 per la difficoltà ad ottenere prestiti, e al posto della Biennale, si inaugura nel maggio del 1940 una mostra alla Wallace Collection a Londra. Nel 1942 gli uffici di propaganda delle Forze armate italiane utilizzano il padiglione per una mostra dedicata al Regio Esercito Italiano.

artists to sell their pieces after the exhibition. The pavilion was therefore used by the United States. In 1936 Great Britain announced its withdrawal due to financial reasons, and the pavilion was successively dedicated to the work of foreign artists residing in Italy. The pavilion remained closed in 1940 due to the difficulty of securing loans, so in place of the Biennale, an exhibition opened in May 1940 at the Wallace Collection in London. In 1942, the propaganda offices of the Italian Armed Forces used the space for a show about the Royal Italian Army as part of the main exhibition.

Il padiglione della Grecia è progettato da M. Papandréou e Brenno Del Giudice in stile neo-bizantino con una facciata in mattoni a vista, che poggia su una base di gradini. Il portico si presenta con tre aperture e archi a tutto sesto, mentre quella centrale è sostenuta da colonne di marmo. Sotto la gronda del tetto si trova una fascia a losanghe e una greca. Nel 1942 la Grecia non è formalmente invitata a partecipare alla Biennale e il padiglione ospita una sezione dell’Esposizione Internazionale principale, il Padiglione dei Concorsi. Nel 1948, per motivi finanziari, la Grecia non è in grado di partecipare e il padiglione viene utilizzato per la mostra della Collezione di Peggy Guggenheim, con l’allestitimento di Carlo Scarpa. Nel 1952, date le pessime condizioni dell’edificio e la mancanza di fondi per rinnovare la struttura, il padiglione ospita una mostra dedicata al movimento De Stijl. The Greek pavilion was built by M. Papandréou and Brenno Del Giudice in Neo-Byzantine style with an exposed brick facade built on a base of steps. The portico has three apertures and rounded arches, with the central aperture supported by marble columns. Below the eaves is a band with a lozenge pattern and a Greek fret. In 1942, Greece was not formally invited to participate in the Biennale and the pavilion housed a section of the main international exhibition, the Padiglione dei Concorsi. In 1948, financial problems prevented Greece from participating

Edward Alfred Rickards’ design renovated a previous structure in the Giardini, built in 1887, that housed the cafe and restaurant. A central staircase leads to an elevated open loggia reminiscent of Georgian architecture. In 1920, Great Britain withdrew from the Biennale for various reasons, including high transport costs, the difficulty of finding works of quality, and high exchange rates that made it hard for

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I Padiglioni dei Giardini


Israele 1952, Zeev Rechter

and the pavilion was used to show Peggy Guggenheim’s collection of modern art, with an exhibition design by Carlo Scarpa. In 1952, given the poor condition of the building and the lack of funds to renovate the structure, the pavilion hosted an exhibition on the De Stijl movement.

Nel 1951, per accontentare le numerose richieste di costruire altri padiglioni nazionali dopo la fine della Seconda guerra mondiale, si aggiunge ai Giardini della Biennale un nuovo viale. Nel marzo del 1952, il progetto dell’architetto modernista israeliano Zeev Rechter viene accettato dalla Biennale e il padiglione è inaugurato in quello stesso anno in occasione della 26. Esposizione Internazionale d’Arte. L’edificio ricorda l’architettura Bauhaus degli anni Venti, con un volume trapezoidale diviso in tre livelli. Le pareti dell'edificio sono progettate per sollevare da terra la struttura con una scala elicoidale che porta all’attico, dove una finestra affaccia sul giardino sul retro. Nel 1966, l'architetto Fredrik Fogh amplia il padiglione aggiungendo una terrazza sul retro dell'edificio usata sia per l’esposizione di sculture che come secondo ingresso dal giardino.

spiral staircase leads to an upper level with a window facing the rear garden. In 1966, architect Fredrik Fogh extended the pavilion by adding a terrace in the back for exhibiting sculptures, to be used as a second entrance from the garden.

In 1951 a new boulevard was added to the Giardini della Biennale to accommodate the numerous applications to build national pavilions following World War Two. In March 1952, the project for the Israel pavilion by Zeev Rechter, a seminal figure of Israeli modern architecture, was accepted by La Biennale and inaugurated at the 26th International Art Exhibition that same year. The building has echoes of 1920s Bauhaus architecture, with a trapezoidal volume divided into three levels. Its walls were designed to raise the building off the ground, and a

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Giardini's Pavillons


Italia

Dal 1895 al 1997 gli artisti italiani hanno esposto insieme a quelli di altri Paesi nel Padiglione Centrale che nel corso del Novecento ha cambiato più volte nome: Palazzo Pro Arte (1895-1897?), Palazzo dell'Esposizione (18971942), Palazzo Centrale (1948-1962), Padiglione Centrale (1964-1970), Palazzo Centrale (1972-1993), Padiglione Italia (1995-2007), Palazzo delle Esposizioni (2009) e Padiglione Centrale (2011-2019). La dicitura Padiglione Italia è stata adottata quindi sia per indicare l’edificio che oggi è denominato Padiglione Centrale, sia per definire la presenza italiana in Mostra. Harald Szeemann, curatore della Biennale Arte nel 1999 e nel 2001, decide di integrare la partecipazione degli artisti italiani nella Mostra Internazionale. Nel 1999 le artiste italiane presenti alla Mostra Internazionale sono premiate con il Leone d'Oro per la migliore partecipazione nazionale per il ruolo nel ridefinire l'uso tradizionale dei padiglioni nazionali e dell'identità nazionale. Nel 2001 Szeemann presenta ancora artisti italiani nella Mostra Internazionale. A partire da quest'anno anche l'Italia, con una mostra dedicata ad Alighiero Boetti all’interno del Padiglione Venezia, ha un padiglione nazionale con commissario e curatore. Nel 2003 Francesco Bonami, direttore del settore Arti Visive e curatore della 50. Esposizione Internazionale d’Arte, invita Massimiliano Gioni a curare un padiglione temporaneo dedicato agli artisti italiani in una mostra dal titolo La Zona all’interno della sua Mostra Interna-

zionale. Nel 2006 vengono destinati alla partecipazione italiani gli spazi industriali delle Tese delle Vergini, un tempo utilizzati come deposito di carbone. Oggi il Padiglione Italia ha più di 1800 metri quadrati di area espositiva ed è commissionato dal MiBACT (Ministero per i beni e le attività culturali e il turismo). La parola scolpita ITALIA, che dal 1932 si trovava sul frontone del Padiglione Centrale, è oggi visibile nel Giardino delle Vergini. From 1895 to 1997 Italian artists exhibited along with artists from other countries in the Central Pavilion which changed its names several times over the course of the last century: Palazzo Pro Arte (1895-1897?), Palazzo dell’Esposizione (1897?-1942), Palazzo Centrale (1948-1962), Padiglione Centrale (1964-1970), Palazzo Centrale (1972-1993), Padiglione Italia (1995-2007), Palazzo delle Esposizioni (2009) and Padiglione Centrale (2011-2019). The term Italian Pavilion was therefore adopted both to indicate the building that is now called the Padiglione Centrale, and to define the Italian presence in the exhibition. Harald Szeemann the curator of the Biennale Arte 1999 and 2001 integrated the Italian artists in the Main International Exhibition . In 1999 Italy was awarded the Golden Lion for best national participation for its role in redefining the traditional use of national pavilions and national identity. In 2001 Szeemann once more proposed the Italian artists at the main exhibition. Since

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that same year, when the Italian participation was housed in the Venice Pavilion with an exhibition dedicated to Alighiero Boetti, Italy had a National Pavilion with a commissioner and a curator. In 2003 Francesco Bonami, Director of the Visual Arts Department and curator of the 50. International Art Exhibition, invites Massimiliano Gioni to curate a temporary pavilion dedicated to Italian Artists called "La Zona” as part of the International Art Exhibition. In 2006, the Italian Pavilion has found a new home in the industrial spaces of the Tese delle Vergini, which were once used for coal storage. The Italian Pavilion has an exhibition space of over 1800 square metres, and is overseen by MiBACT (the Ministry of Cultural Heritage and Activities). The sculpted word ITALIA, that was placed on the pediment of the Central Pavilion in 1932, has been moved to the Giardino delle Vergini, where it can still be seen.

I Padiglioni dei Giardini


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FIG. 14

Giardini's Pavillons

— Facciata del Padiglione Italia, 1950 • Facade of the Italian Pavilion, 1950


Olanda 1912, Gustav Ferdinand Boberg 1953, Gerrit Thomas Rietveld

Il Padiglione occupato dall’Olanda (oggi Paesi Bassi) dal 1914 al 1952 viene costruito in origine da Gustav Ferdinand Boberg come sede per le mostre d'arte svedesi. Dopo il fallito tentativo di vendita del padiglione alla Svezia nel 1913, l'edificio è acquistato dal Governo olandese nel 1916. Nel 1952 il Governo olandese demolisce il padiglione e incarica Gerrit Thomas Rietveld di creare una nuova struttura. Il padiglione è progettato in stile neoplastico, con lo spazio interno organizzato da pareti divisorie perpendicolari alle pareti esterne, che delimitano l'area centrale e il percorso espositivo. Nel 1942 l’Olanda non partecipa e il padiglione è utilizzato ancora una volta dalla Svezia. The pavilion occupied by the Netherlands from 1914 to 1952 was originally built by Gustav Ferdinand Boberg as a venue for the exhibition of Swedish art. After a failed attempt to sell the pavilion to Sweden in 1913, the building was bought by the Dutch government in 1916. In 1952 the Dutch government demolished it and appointed Gerrit Thomas Rietveld to create a new structure. The building was designed in Neoplasticist style, its interior divided by partitions standing at right angles to the outer walls that delimited the central area and exhibition route. In 1942, the Netherlands did not participate and the pavilion was once again used by Sweden.

Paesi Nordici 1962, Sverre Fehn

Prima della costruzione del padiglione dei Paesi Nordici, la Svezia aveva tentato di costruire il proprio padiglione. Nel 1958 viene indetto un concorso per la progettazione di un nuovo padiglione e sono invitati a partecipare il finlandese Reima Pietilä, il norvegese Sverre Fehn e lo svedese Klas Anshelm. Il progetto di Fehn è selezionato e lodato per il continuo scambio tra lo spazio interno e quello esterno e la presenza di luce naturale. La struttura è caratterizzata da uno spazio aperto senza pareti interne di supporto, presentando quindi numerose opzioni per dividere lo spazio. Gli alberi crescono all'interno del padiglione, rafforzando lo scambio tra natura e architettura. L'edificio è racchiuso da due muri di mattoni opachi e una parete trasparente si affaccia sul padiglione danese e sul viale principale dei Giardini. La luce filtra attraverso il tetto fluttuante che si sovrappone a due serie di lamine di cemento collocate in una griglia ortogonale. Nel 1987, viene eseguito da Frederick Fogh un ampliamento all’edificio.

natural light. The structure features an open space with no internal supporting walls, so that the space can be divided in many ways. Tree trunks grow inside the pavilion, highlighting the connection between nature and architecture. The building is enclosed by two opaque brick walls, plus a glass wall facing the Danish pavilion and the main path of the Giardini. Light filters through the “levitating” roof, which is topped by two sets of concrete slats arranged in a grid. In 1987, Frederick Fogh added an extension.

Prior to the construction of the Nordic Countries pavilion, Sweden pursued the idea of erecting its own. In 1958 a competition to design the new building was announced and Finnish architect Reima Pietilä, Norwegian architect Sverre Fehn and Swedish architect Klas Anshelm were all invited to submit proposals. Fehn’s project was selected, drawing praise for the constant interplay between interior and exterior space and the influx of

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I Padiglioni dei Giardini


Polonia

Rep. Ceca e Rep. Slovacca

1932, Brenno Del Giudice

1926, Otakar Novotny

Nel 1920, prima di erigere il proprio padiglione, la Polonia espone nel padiglione tedesco. Nel 1932, Brenno Del Giudice progetta il padiglione polacco come parte del grande edificio del Padiglione Venezia al di là del canale. Nel 1940, durante l'occupazione dei nazisti, il padiglione rimane chiuso, mentre nel 1942 la Polonia non viene ufficialmente invitata a partecipare e il padiglione ospita la Bulgaria. Nel 1948 la Polonia torna a partecipare alla Biennale ma nel 1950 ritira la propria partecipazione, non potendo inviare i dipinti dell'artista Aleksander Gierymski, già esposti in Polonia in una mostra per celebrare i 50 anni dalla sua morte. Il commissario straordinario Giovanni Ponti invia una richiesta all'ambasciatore W. Tykocinski di poter utilizzare il padiglione per altre mostre, la richiesta viene accolta a condizione di assegnare il padiglione solo all'Italia. Il padiglione ospita allora una mostra sugli scultori contemporanei e una mostra su Vassily Kandinsky.

Gierymski that were needed back home for an exhibition celebrating the fiftieth anniversary of the artist’s death. Giovanni Ponti asked the ambassador W. Tykocinski for permission to use the pavilion for other exhibitions; this was granted, with the request that it only be assigned to Italy. The pavilion hosted an exhibition on contemporary sculptors and an exhibition on Wassily Kandinsky.

Before erecting its own building, Poland exhibited in the German pavilion in 1920. In 1932, Brenno Del Giudice designed the Polish pavilion as part of the Padiglione Venezia structure across the canal. In 1940, during the Nazi occupation, the Polish pavilion remained closed, whilst in 1942 Poland was not officially invited to exhibit and the pavilion hosted Bulgaria. In 1948 Poland returned to the Biennale, but in 1950 withdrew, since it was unable to send paintings by Aleksander

Costruito nel 1926, otto anni dopo la formazione della Nazione cecoslovacca e la separazione dall'Impero Austro-Ungarico, il padiglione è progettato da Otakar Novotyn, e ispirato dai linguaggi del Cubismo ceco e dal Formalismo europeo. Nel 1940 il padiglione viene usato, su richiesta del Reich, per la mostra della Boemia e della Moravia. Nel 1950 la Cecoslovacchia non partecipa alla Biennale a causa di difficoltà organizzative e l’edificio ospita l'Argentina. L'organizzazione dell’edizione successiva ha ugualmente delle difficoltà tecniche e il padiglione accoglie una mostra sul Divisionismo francese e italiano. Nel 1977 le comunicazioni tra i partecipanti dei Paesi comunisti e l’organizzazione della Biennale si arrestano in segno di protesta contro la Biennale del Dissenso, il programma promosso dal presidente Carlo Ripa di Meana per quell'anno. Nel 1978, tutti i padiglioni dei Paesi del blocco orientale, esclusa la Romania, rimangono chiusi. Nell’edizione del 1993, dopo la pacifica separazione della Cecoslovacchia in Repubblica Ceca e Slovacchia, il padiglione ospita le mostre di entrambe le Nazioni. Da allora, il padiglione ha continuato ad ospitare artisti di entrambi gli Stati. Built in 1926, eight years after the formation of Czechoslovakia and its separation from the Austro-Hungarian Empire, this pavilion was designed by Otakar Novotyn, informed by the language of Czech Cubism and European Formalism. In 1940 the pavilion was used

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Giardini's Pavillons


for an exhibition by Bohemia and Moravia, at the request of the Reich. In 1950 Czechoslovakia did not participate in the Biennale due to organisational difficulties and the building hosted Argentina. The organisation of the following edition experienced similar technical difficulties and the pavilion housed an exhibition on French and Italian Divisionism. In 1977 all communication between the Communist countries and La Biennale was frozen in protest against the Biennale of Dissent, the programme that La Biennale President Carlo Ripa di Meana organised that year. In 1978 all of the pavilions of Eastern Bloc countries, except for Romania, remained closed. In the 1993 edition, after the peaceful dissolution of Czechoslovakia into the Czech Republic and Slovakia, the pavilion hosted the exhibitions of both nations. Since then, the pavilion has continued to present artists from both states.

Romania

Russia

1932, Brenno Del Giudice

1914, Aleksej V. Scusev

Il padiglione che oggi ospita la Romania viene costruito nel 1938 come parte del complesso esteso del Padiglione Venezia progettato da Brenno Del Giudice. Nel 1948 la Romania non partecipa e il padiglione ospita l'Ungheria e nel 1950 il Messico. Nel 1952, la Romania ritira la sua partecipazione senza fornire spiegazioni e il padiglione accoglie nuovamente il Messico e il Guatemala. La Romania è l’unica Paese del blocco sovietico a partecipare alla 38. Esposizione Internazionale d’Arte del 1978 dopo la Biennale del Dissenso del 1977.

Nel 1909 l’architetto Daniele Donghi viene incaricato di progettare un nuovo padiglione russo ai Giardini, ma la sua proposta viene rifiutata a favore di quella di Aleksej V. Ščusev, presentata nel 1913. Il padiglione viene inaugurato con una cerimonia religiosa con rito ortodosso in presenza, tra altri ospiti, della Granduchessa di Russia Marija Pavlovna. Una rampa di scale conduce all'entrata, che è caratterizzata da una piccola edicola con colonne angolari barocche binate. La pianta è composta dal vestibolo, dalla camera centrale e da una stanza più piccola. L'edificio è sorretto da un plinto bugnato con una stretta balaustra, curvata nella sezione centrale, che diviene circolare nella parte posteriore, in affaccio al Bacino di San Marco. Il padiglione viene chiuso allo scoppio della Prima guerra mondiale nell’agosto 1914 e riaperto nel 1920 con una mostra personale su Alexander Archipenko. Dopo la Rivoluzione russa, la facciata è decorata con uno stemma dell'Unione Sovietica e tutti gli emblemi relativi alla Russia zarista vengono rimossi. L’Unione Sovietica partecipa alla Biennale nel 1924 e dal 1928 al 1934. Nel 1936 l’URSS ritira la sua partecipazione senza spiegazioni e Marinetti utilizza quegli stessi spazi per una mostra sui futuristi italiani. Il padiglione viene praticamente abbandonato dal 1934 al 1956; l’Unione Sovietica, dal 1945, tornerà per la prima volta a partecipare a una mostra in Europa solo nel 1956. Nel 1978 il padiglione resta chiuso in segno di protesta contro la Biennale del Dis-

The pavilion now used by Romania was built in 1938 as part of the larger Venice Pavilion complex designed by Brenno Del Giudice. In 1948, Romania did not participate and the pavilion hosted Hungary. In 1950, it housed the exhibition by Mexico. In 1952, Romania withdrew without explanation and the pavilion hosted Mexico and Guatemala. Romania did participate in 1978 following the Biennale of Dissent in 1977.

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I Padiglioni dei Giardini


Serbia (Ex Jugoslavia) 1932, Brenno Del Giudice

senso (1977) e nel 1980 per ragioni tecniche. Nel 1993, dopo la fine dell’Unione Sovietica, la Russia partecipa alla Biennale come associazione di Stati indipendenti. In 1909 the architect Daniele Donghi was appointed to design a new Russian pavilion in the Giardini, but his project was rejected for one proposed by Alexey V. Shchusev in 1913. The pavilion was inaugurated with a consecration ceremony performed by an Orthodox priest in the presence of Grand Duchess Maria Pavlovna of Russia. A flight of stairs leads to the entrance of the pavilion, a small aedicule with coupled angular baroque columns. The layout comprises a vestibule, the central chamber and a smaller room. The building stands on an ashlar plinth with a narrow balustrade, curved in the central section, which becomes circular in the rear portion that faces the San Marco Basin. The pavilion was closed at the outbreak of World War One in August 1914 and reopened in 1920 with a solo exhibition on Alexander Archipenko. Following the Russian Revolution, the facade was decorated with the crest of the Soviet Union and all emblems relating to Tsarist Russia were removed. The Soviet Union participated in the Biennale in 1924 and from 1928 until 1934. In 1936, the USSR withdrew without explanation and Marinetti organised an exhibition on the Italian Futurists. The pavilion was practically abandoned from 1934 until 1956, when the Soviet Union returned to

participate in an exhibition in Europe for the first time after 1945. The pavilion remained closed in 1978, in protest against the Biennale of Dissent (1977), and in 1980, for technical reasons. In 1993, after the end of Soviet Union, Russia participated as a commonwealth of independent states.

Il padiglione che oggi ospita la Serbia è stato costruito nel 1938 come estensione del complesso del Padiglione Venezia, progettato da Brenno Del Giudice, per accogliere la Jugoslavia. Nel 1948 la Jugoslavia non partecipa a causa di fondi limitati e il padiglione viene utilizzato per ospitare una mostra personale dedicata a Oskar Kokoschka, il padiglione bulgaro e quello chiamato “Palestinese (Eretz Yisrael)”, che coincide con il neo-nato stato di Israele, la cui indipendenza viene proclamata il 14 maggio 1948. Dopo le guerre jugoslave, il padiglione viene assegnato alla Serbia e al Montenegro nelle edizioni del 2003 e del 2005 e alla Serbia dal 2007. The pavilion now housing Serbia was built in 1938 by Brenno Del Giudice as an extension of the Padiglione Venezia assigned to Yugoslavia. In 1948 Yugoslavia did not participate due to limited funds and the pavilion was used for a solo exhibition on Oskar Kokoschka, as well as the pavilions of Bulgaria and of “Palestine (Eretz Yisrael)”, which coincided with the new state of Israel, whose independence was declared on 14 May 1948. Following the Yugoslav Wars, the Yugoslavia pavilion was assigned to Serbia and Montenegro in 2003-2005 and to Serbia from 2007.

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FIG. 15—

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Facciata del Padiglione della Spagna, 1924 • Facade of the Spain Pavilion, 1924


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FIG. 16

Giardini's Pavillons

— Facciata del Padiglione della Jugoslavia, 1938 • Facade of the Yugoslavia Pavilion, 1938


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FIG. 17

Giardini's Pavillons

— Facciata del Padiglione della Danimarca, 1932 • Facade of the Denmark Pavilion, 1932


Spagna

Stati Uniti d’America

1922, Javier De Luque 1952 (facciata), Joaquin Vaquero Palacios

1930, Chester Holmes Aldrich e William Adams Delano

Dopo la Prima guerra mondiale non si costriscono nei Giardini della Biennale nuovi padiglioni fino all'inaugurazione nel 1922 del padiglione spagnolo, progettato da Francisco Javier De Luque y Lopez. In origine, il padiglione della Spagna doveva sostituire quello tedesco che era stato abbandonato nel 1920. Questa proposta viene scartata e si decide il luogo per la costruzione di un nuovo padiglione. La Spagna non partecipa nel 1948 perché la Biennale coincide con la Mostra Nazionale di Belle Arti a Madrid e nemmeno nel 1976, anno in cui il padiglione rimane chiuso. La facciata originaria del 1922 si ispirava all'architettura barocca castigliana del XVII secolo. Nel 1952, sotto il regime falangista di Francisco Franco, l'esterno barocco dell’edificio viene rimodellato in una struttura lineare da Joaquín Vaquero Palacios.

was inspired by seventeenth-century Castilian Baroque architecture. In 1952, under the Falangist regime of Francisco Franco, it was remodelled into a linear structure by Joaquín Vaquero Palacios.

Following World War One the Biennale experienced a pause in the construction of pavilions, resuming in 1922 with the inauguration of the Spanish pavilion designed by Francisco Javier De Luque y Lopez. Originally, the Spanish pavilion was meant to replace the German pavilion that had been deserted by the German government in 1920. This proposition was abandoned and a different location was found for the new pavilion. Spain did not participate in 1948, when the Biennale coincided with the National Exhibition of Fine Arts in Madrid, and in 1976, when the pavilion remained closed. The original facade from 1922

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Il padiglione degli Stati Uniti d'America viene realizzato grazie ad un accordo tra Antonio Maraini e Walter Clark, presidente delle Grand Central Art Galleries che finanzia il progetto. Nel 1920, prima della costruzione del padiglione, gli Stati Uniti espongono nel padiglione della Gran Bretagna. Durante la Seconda guerra mondiale, gli artisti americani dell’American Artist Congress boicottano collettivamente la Biennale a causa del regime fascista in Italia e denunciano in particolare il bombardamento delle stazioni della Croce Rossa e l'invasione da parte di Mussolini dell’Etiopia nel 1935. Di conseguenza, gli Stati Uniti non partecipano alla Biennale del 1936 e lo spazio viene utilizzato per una mostra di stampe e disegni italiani. Gli Stati Uniti non partecipano alla Biennale fino al 1948: nel 1942 l'edificio è utilizzato per una mostra dedicata alla Regia Marina Italiana. La struttura è progettata da William Adams Delano e Chester Holmes Aldrich in stile Neoclassico coloniale e neo palladiano, traendo ispirazione da Monticello, la tenuta di Thomas Jefferson in Virginia. La pianta del padiglione è composta da quattro sale espositive, una rotonda centrale che forma un piano a forma di C e un portico dorico centrale con un fregio che comprende triglifi e metope sopra l'architrave che decorre lungo le pareti dell'edificio. Nel 1954, il Museum of Modern Art di New York acquista la proprietà dell'edificio, trasferita poi nel 1986 alla Fondazione Solomon R. Guggenheim. Da quell’anno, la Collezione

I Padiglioni dei Giardini


Padiglione del Libro 1950, Carlo Scarpa 1991, James Stirling

Peggy Guggenheim collabora regolarmente con la United States Information Agency (USIA), il Fund for Artists at International Festivals and Exhibitions e con il Bureau for Education and Cultural Affairs del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti alla realizzazione delle mostre degli artisti che rappresentano gli Stati Uniti. The construction of the US pavilion was achieved through an agreement between Antonio Maraini and Walter Clark, president of the Grand Central Art Galleries, which financed the project. Before the pavilion was built, the United States exhibited in Great Britain’s pavilion in 1920. During World War Two, members of the American Artists’ Congress collectively boycotted La Biennale due to the Fascist regime in Italy, specifically denouncing the bombing of Red Cross stations and Mussolini’s invasion of Ethiopia in 1935. Hence the United States did not participate in 1936 and the space was used for an exhibition of Italian prints and drawings. The United States did not participate in the Biennale until 1948: in 1942 the building was used for an exhibition on the Royal Italian Navy. The building was designed by William Adams Delano and Chester Holmes Aldrich in a Neoclassical, Palladian colonial style inspired by Thomas Jefferson’s plantation Monticello. The pavilion contains four exhibition rooms, a central rotunda forming a C-shape plan, and a central Doric portico with a

frieze that includes triglyphs and metopes, above the architrave running along the walls of the building. In 1954, the Museum of Modern Art in New York City acquired ownership of the pavilion, which was then transferred to the Solomon R. Guggenheim Foundation in 1986. Since then, the Peggy Guggenheim Collection has worked with the United States Information Agency (USIA), the Fund for Artists at International Festivals and Exhibitions, and then the Bureau for Education and Cultural Affairs of the US Department of State in the organization of the visual arts exhibitions at the US Pavilion.

Il primo padiglione del libro fu progettato da Carlo Scarpa e inaugurato nel 1950 ma fu successivamente distrutto da un incendio nel 1984. Nel 1989 il direttore del settore Architettura Francesco Dal Co suggerisce di affidare a James Stirling il progetto del nuovo padiglione. Nel 1991 in occasione della 5. Mostra Internazionale di Architettura viene inaugurato il nuovo padiglione firmato da Stirling Wilford e Associati con Tom Muirhead. Il padiglione è una costruzione lunga trenta metri e larga sei arretrata rispetto al viale principale dei Giardini che conduce al Padiglione Centrale. L’edificio è costituito da una struttura metallica con degli inserti in vetro e da un tetto in rame ossidato di colore verde. La copertura si estende oltre il perimetro della struttura in corrispondenza a terra di una pedana di legno che circonda l’edificio. Dal 2009 il padiglione non è più utilizzato come bookshop ma è parte integrante della Biblioteca della Biennale e ospita i volumi donati dagli artisti e dagli architetti che partecipano alle diverse mostre. The first version of the book pavilion was designed by Carlo Scarpa and inaugurated in 1950 but was subsequently destroyed by a fire in 1984. In 1989 the director of the Biennale Architettura Francesco Dal Co suggested that James Stirling design the new pavilion. The new pavilion erected in 1991 for the 5th International Architecture Exhibition was designed by Stirling Wilford and

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Giardini's Pavillons


Associates with Tom Muirhead. The pavilion is a thirty-metre-long six-metre-wide structure set back from the main avenue of the Giardini that leads to the Central Pavilion. The building consists of a metal frame with glass inserts and a green copper ribbed roof that wraps around the structure sloping down and extending over the decked path that circles it. Since 2009, the pavilion is no longer used as a bookshop, but has become part of the Biennale library. It hosts books donated by artists and architects participating in the exhibitions.

Svizzera

Ungheria

1952, Bruno Giacometti

1909, Géza Rintel Maróti

Nell'agosto del 1951, Bruno Giacometti, Max Bill e altri vengono invitati dal Dipartimento Federale degli Affari Interni a presentare un progetto per il padiglione della Svizzera. Viene scelta la proposta di Giacometti e, pur estendendosi oltre allo spazio concordato, il padiglione è inaugurato in occasione della Biennale Arte del 1952. La pianta dell'edificio è suddivisa in vari spazi frammentati composti da diverse stanze, percorsi, tettoie sostenute da pilastri e uno spazio aperto separato dal passaggio d'ingresso da un muro basso. La sala principale è coperta da una struttura in metallo che funge da lucernario, mentre il tetto della galleria delle sculture è costituito da una volta a botte ribassata.

Il padiglione ungherese viene inaugurato nel 1909 su progetto di Géza Rintel Maróti. L’edificio riflette l'architettura rurale magiara e l'arte sacra ungherese nel design del portale d'ingresso, nella finestratura, e nell'abside sul retro. Il padiglione celebra elementi simbolici della tradizione ungherese con l'arte del mosaico e della lavorazione del vetro di artisti come Miksa Róth, Aladár Körösföi-Kriesch e lo stesso Maróti. Róth realizza i mosaici sopra le finestre, mentre Maróti crea motivi geometrici di ispirazione viennese, gli ornamenti della sala della musica e la decorazione del portale, comprese le ceramiche. Nel 1936 il Governo ungherese incarica l'architetto Bertalan Arkay di ristrutturare il padiglione per la 21. Esposizione Internazionale d’Arte del 1938. Vengono presentati diversi progetti, tuttavia, a causa della mancanza di fondi, l'architetto decide di ristrutturare l'edificio esistente e il progetto viene rinviato di due anni. Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale, il progetto continuò ad essere rimandato e nelle edizioni del 1940 e 1942 si effettuarono solo le manutenzioni essenziali. Dal 1950 al 1954 l'Ungheria non partecipa alla Biennale; nel 1952 ritira la sua partecipazione un mese dopo aver dato conferma, senza rivelarne i motivi. Nel 1953 il sindaco di Venezia minaccia di demolire l'edificio e l'architetto György Szrogh propone un progetto che però non sarà realizzato. Nel 1957 Ágost Benkhard restaura il padiglione: viene demolito il tetto a cus-

In August 1951, Bruno Giacometti, Max Bill and others were invited by the Federal Department of Home Affairs to take part in a competition to design the Swiss pavilion. Giacometti’s project was selected and although it extended beyond the allotted space, the pavilion was inaugurated in 1952 for the 27th International Art Exhibition. The building is divided into various fragmented areas with multiple rooms, paths, canopies supported by pillars, and an open space separated from the entryway by a low wall. The main room is covered by a metal roof with a skylight, whilst the sculpture gallery is covered by a low barrel vault.

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I Padiglioni dei Giardini


Uruguay 1960

pide, sostituite le finestre laterali e installato un lucernario nel nuovo tetto piano. L'interno viene ristrutturato creando uno spazio aperto, senza tetto. Un'ulteriore ristrutturazione viene effettuata da György Csete nel 1991, con l'obiettivo di riportare la struttura allo stato originale. Csete fa riemergere gli elementi decorativi nascosti dalle modifiche di Benkhard, le piastrelle di maiolica colorata del portale ad arco di Maróti, anch'esso dipinto di bianco negli anni Sessanta, i mosaici di Korosofoi-Kriesch e le vetrate decorate. The Hungarian pavilion was inaugurated in 1909, with a design by Géza Rintel Maróti that reflected Magyar rural architecture and Hungarian sacred art. The pavilion celebrated symbolic motifs from the Hungarian tradition with work in mosaic and glass by artists such as Miksa Róth, Aladár Körösföi-Kriesch, and Maróti himself. Róth carried out the mosaics above the windows, while Maróti designed the Viennese-inspired geometric patterns, the decor of the music room, and the decoration of the portal, including the ceramics. In 1936 the Hungarian government appointed the architect Bertalan Arkay to restructure the pavilion for the 21st International Art Exhibition in 1938. Proposals were put forth, but due to a lack of funds the architect resorted to renovating the existing building and the project was delayed for two years. Further delays were caused by the outbreak of World War Two, with only es-

sential repairs being made in 1940 and 1942. From 1950 to 1954, Hungary did not participate in the Biennale; in 1952 Hungary withdrew only one month after confirming its participation and did not begin restoration work on the pavilion, though it failed to disclose its reasons. In 1953, the mayor of Venice threated have the building torn down and the architect György Szrogh proposed a project, which however did not come to fruition. In 1957, Ágost Benkhard restored the pavilion by demolishing the cusped roof, replacing the side windows, installing a skylight in the new flat roof, restructuring the interior, and creating a roofless space. A further renovation was carried out by György Csete in 1991, aimed at restoring the structure to its original state. Csete uncovered the decorative elements concealed by Benkhard’s alterations, such as the coloured majolica tiles of Maróti’s arched portal which had also been painted white in the ’60s, Korosofoi-Kriesch’s mosaics, and the stained glass.

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Nel 1960, l'Uruguay ottiene l'autorizzazione a costruire il proprio padiglione molto probabilmente progettato dal team della Biennale, convertendo un vecchio magazzino presente ai Giardini. Nel 1960 vengono proposti due progetti all'amministrazione della Biennale, che comprendevano la decorazione della trabeazione frontale con marmo e la costruzione di propilei distili. Tuttavia, i lavori di ristrutturazione saranno limitati a una decorazione lapidea che circonda il portale d'ingresso e a una modanatura in pietra per il cornicione del muro. La Tunisia, la Turchia e Malta espongono nel padiglione nel 1958, e nel 1960 l’edificio è ufficialmente assegnato all'Uruguay. Nel 2010 viene aggiunta una rampa di legno per facilitare l'accesso all'edificio. In 1960, Uruguay was granted permission to convert an existing storehouse for use as its pavilion, most likely designed by the Biennale team. On April 21 1960 two project proposals were presented to La Biennale administration which included decorating the front entablature with marble and constructing a two-column portico. Instead, the renovations were limited to a stone decoration surrounding the entrance portal and a stone moulding for the wall cornice. Tunisia, Turkey, and Malta exhibited in the pavilion in 1958 and in 1960 the structure was officially assigned to Uruguay. In 2010, a wooden ramp was added for easier access to the building.

Giardini's Pavillons


Venezia

Venezuela

1932-38, Brenno Del Giudice

1954, Carlo Scarpa

Nel 1932, i Giardini della Biennale si estendono al di là del canale fino all'isola di Sant'Elena. Brenno Del Giudice progetta un unico complesso costituito da un emiciclo centrale, dedicato al Padiglione Venezia, affiancato da due padiglioni per lato, il padiglione svizzero che fu assegnato all'Egitto nel 1952 e il padiglione polacco. Nel 1938 altri due padiglioni laterali sono aggiunti assegnati rispettivamente alla Romania e alla Jugoslavia; quest’ultimo ospiterà Serbia e Montenegro nel 2003-2005, e poi la Serbia dal 2007 ad oggi. La pianta dei singoli padiglioni consiste in un vestibolo di ingresso, un salone centrale e due sale laterali con lucernario. L'emiciclo è caratterizzato da un arco centrale con archi laterali e da un cornicione alto. Negli anni il Padiglione Venezia ha esposto l’arte decorativa di Venezia e presentato altre mostre come quelle organizzate dalla Repubblica Democratica Tedesca negli anni Ottanta. Attualmente è di proprietà e gestione della città di Venezia.

Montenegro from 2003 to 2005, then Serbia from 2007 to today. The pavilions are made up of an entrance vestibule, a central salon and two side rooms with a skylight. The hemicycle features a central arch with side arches and a tall cornice. Over the years the Padiglione Venezia has been used to showcase Venetian applied arts and for other exhibitions such as those of the German Democratic Republic in the 1980s; it is owned and managed by the City of Venice.

Graziano Gasparini, già allievo dell'architetto Carlo Scarpa e sovrintendente del padiglione del Venezuela, incarica nel 1953 l’architetto veneziano di progettare il padiglione del Venezuela. Dopo vari ritardi, il padiglione viene inaugurato nell'ottobre 1954 e completato solo nel giugno del 1956. Lo spazio espositivo è coperto da una lastra di cemento armato decorata in rilievo e sostenuta da sei coppie di pilastri di acciaio. Una tettoia di ferro percorre il padiglione dal pennone adiacente al padiglione svizzero fino all'uscita dietro il padiglione russo. I due blocchi congiunti sono separati da una sezione centrale che crea uno scambio tra spazio interno e spazio esterno. Graziano Gasparini, a former pupil of the architect Carlo Scarpa and commissioner of the Venezuela pavilion, appointed the venetian architect to design the Venezuelan pavilion in 1953. Following various delays, the pavilion was inaugurated in October 1954, though only completed on 1 June 1956. The exhibition space at the front of the pavilion is covered by a reinforced concrete slab decorated in relief and supported by six pairs of steel uprights. An iron canopy runs through the pavilion from the flagstaff adjacent to the Swiss pavilion to the exit behind the Russian pavilion. The two conjoined blocks are separated by a central section that creates a link between the interior and exterior space.

In 1932, the Giardini were extended across the canal to the island of Sant’Elena. Brenno Del Giudice designed a single complex with the central hemicycle of the Padiglione Venezia flanked by two pavilions on each side: the Swiss pavilion – which was assigned to Egypt in 1952 – and the Polish pavilion. In 1938 two more lateral pavilions were added that were respectively assigned to Romania and Yugoslavia; the latter would house Serbia and

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I Padiglioni dei Giardini


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FIG. 18

Giardini's Pavillons

— Facciata del Padiglione del Regno Unito, 1909 • Facade of the Great Britain Pavilion, 1909


FIG. 19

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I Padiglioni dei Giardini

— Facciata del Padiglione Venezia, 1932 • Facade of the Venice Pavilion, 1932


Lista completa dei materiali esposti in mostra Complete list of works on display A cura dell’Archivio Storico della Biennale di Venezia – ASAC Curated by the Historical Archives of La Biennale di Venezia – ASAC


SALA 0 Manifesto per la Prima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia 1895 ASAC, Fondo manifesti Manifesto per la 1. Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia 1895. Feste Veneziane ASAC, Fondo manifesti Augusto Sezanne Progetto grafico (18951897 ca.) per l’Esposizione Internazionale d’Arte Inchiostro e tempera su carta 69,5 × 69,5 cm ASAC, Fondo artistico Augusto Sezanne Leone Moleca (1895-1897 ca.) Inchiostro di china su carta 32 × 21,8 cm ASAC, Fondo artistico Prima delibera per l’istituzione dell’Esposizione Internazionale d’Arte della città di Venezia, 1893 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 1, Lavoro preliminare per le esposizioni biennali veneziane

SALA 1

Extase di Gustav Machatý, 1934 ASAC, Mediateca

sulla spiaggia del Lido di Venezia, 1937. Istituto Luce, Fototeca

À nous la liberté di René Clair, 1932 ASAC, Mediateca

Raniero Paulucci di Calboli con Luis Trenker e Laura Nucci, 1937. Istituto Luce, Fototeca

Triumph des Willens di Leni Riefenstahl, 1935 ASAC, Mediateca La Kermesse héroïque di Jacques Feyder, 1936 ASAC, Mediateca La Grande illusion di Jean Renoir, 1937 ASAC, Mediateca Olympia di Leni Riefenstahl, 1938 ASAC, Mediateca Luciano Serra Pilota di Goffredo Alessandrini, 1938 ASAC, Mediateca SCHERMO 1.4

Hotel Excelsior - Giardino delle fontane luminose, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 8 Attori sulla terrazza dell’Hotel Excelsior, 1936. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 8 Il Ministro della cultura popolare Dino Alfieri in visita con Giuseppe Volpi di Misurata, 1936. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 8

SCHERMO 1.1

Cinegiornali Istituto Luce. Istituto Luce L’incontro di Mussolini e Hitler a Venezia nel 1934. Istituto Luce Joseph Goebbels in visita alla IV. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica 1936 e alla V. Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1937. Istituto Luce Inaugurazione della V. Esposizione Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia 1937. Istituto Luce

Il Ministro della cultura popolare Dino Alfieri, 1937. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 10 Il Ministro della cultura popolare Dino Alfieri ritratto con il prefetto Giuseppe Carlo Catalano in compagnia di alcuni membri della Giuria Internazionale, 1937. Istituto Luce, Fototeca Raniero Paulucci di Calboli, il regista Luis Trenker, Laura Nucci all’esterno del Palazzo del Cinema in occasione della proiezione del film Condottieri, 1937. Istituto Luce, Fototeca

SCHERMO 1.2

Cinegiornali Istituto Luce. Istituto Luce Il Lido di Venezia negli anni Trenta. Istituto Luce

Raniero Paulucci di Calboli, Giuseppe Volpi di Misurata, Luis Trenker, Laura Nucci, Loris Gizzi e Osvald Lehnich alla prima del film Condottieri, 1937. Istituto Luce, Fototeca

SCHERMO 1.3

Clip di alcuni film presentati alle Esposizioni Internazionali d’Arte Cinematografica di Venezia tra il 1932 e il 1939

Esterno notte del Palazzo del Cinema, 1937. Istituto Luce, Fototeca Laura Nucci e Nives Poli con il presidente dell’Enic, Raniero Paulucci di Calboli,

Luis Trenker nell’atrio del Palazzo del Cinema con il direttore della Mostra Ottavio Croze, 1937. Istituto Luce, Fototeca Un gruppo di giovani osserva i cartelloni pubblicitari dei film in concorso, 1938. Istituto Luce, Fototeca Il Ministro della cultura popolare Dino Alfieri, 1937. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 10

Dr. Jekyll and Mr. Hyde di Rouben Mamoulian, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2 Mädchen in Uniform di Leontine Sagan, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2 The Private Life of Don Juan di Alexander Korda, 1934 ASAC, Fototeca, Cinema b. 4 Řeka di Josef Rovenský, 1934 ASAC, Fototeca, Cinema b. 4 Queen Christina di Rouben Mamoulian, 1934 ASAC, Fototeca, Cinema b. 4 Anna Karenina di Clarence Brown, 1935 ASAC, Fototeca, Cinema b. 7 Scrooge di Henry Edwards, 1936 ASAC, Fototeca, Cinema b. 9

Giuseppe Volpi di Misurata e il Ministro della cultura popolare Dino Alfieri, 1937. Foto Farabola ASAC, Fototeca, Cinema b. 10

Jánošík di Martin Frič, 1936 ASAC, Fototeca, Cinema b. 9

Il Ministro della cultura popolare Dino Alfieri, 1937. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 10

Der Kaiser von Kalifornien di Luis Trenker, 1936 ASAC, Fototeca, Cinema b. 9

Giuseppe Volpi di Misurata e Antonio Maraini, 1937. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 10 Il Re Vittorio Emanuele III con Giuseppe Volpi di Misurata, 1937 ASAC, Fototeca, Cinema b. 10 Il Re Vittorio Emanuele III, 1937 ASAC, Fototeca, Cinema b. 10 Joseph Goebbels e Giuseppe Volpi di Misurata, 1939. Foto Publifoto ASAC, Fototeca, Cinema b. 14

The Ghost Goes West di René Clair, 1936 ASAC, Fototeca, Cinema b. 9

Le Perles de la couronne di Sacha Guitry, 1937 ASAC, Fototeca, Cinema b. 11 Pygmalion di Anthony Asquith e Leslie Howard, 1938 ASAC, Fototeca, Cinema b. 13

Prospetto della sala n. 2, Padiglione Centrale ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3 (fuori formato) Catalogo della 16. Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, 1928 ASAC, Fondo editoriale Sala 18, Padiglione Centrale, 1928. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 20 Lettera di Antonio Maraini a Romolo Bazzoni, 7 gennaio 1929 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940 Sala 23, Padiglione Centrale, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 20 Salone principale delle feste e mostra dell’arte del teatro, Padiglione Centrale, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 20 Sala 2, concezione architettonica di Giovanni Ponti, Padiglione Centrale, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 20 Inaugurata la Biennale di Venezia, Giornale Luce, 1928 Istituto Luce

Olympia di Leni Riefenstahl, 1938 ASAC, Fototeca, Cinema b. 13

Inaugurazione della XVII Biennale di Venezia, Giornale Luce, 1930 Istituto Luce

Panenství di Otakar Vávra, 1938 ASAC, Fototeca, Cinema b. 13

XVII Biennale di Venezia, Giornale Luce, 1930 Istituto Luce

Jezebel di William Wyler, 1938 ASAC, Fototeca, Cinema b. 13

Padiglione Belgio, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 21

The Four Feathers di Zoltan Korda, 1939 ASAC, Fototeca, Cinema b. 15

Padiglione Spagna, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 21

SCHERMO 1.5

Padiglione URSS, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 21

Grand Hotel di Edmund Goulding, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2 Putëvka v žizn’ di Nikolaj Ėkk, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2 Strange Interlude di Robert Z. Leonard, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2 The Champ di King Vidor, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2 The Man I Killed/The Broken Lullaby di Ernst Lubitsch, 1932 ASAC, Fototeca, Cinema b. 2

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SALA 2

Pianta del Padiglione Centrale, 1928 ASAC, Fondo editoriale

2.1A LA BIENNALE ARTE, 1927-1932

Manifesto della 15. Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, 1926. Brenno Del Giudice ASAC, Fondo manifesti Manifesto della 16. Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia, 1928. Officine Grafiche F. Garzia ASAC, Fondo manifesti

Lettera di Balbino Giuliano a Benito Mussolini, 7 dicembre 1929 Archivio centrale dello Stato, ACS, PCM, Gabinetto 19401942, 14.1.730 Lettera di Antonio Maraini a Romolo Bazzoni, 20 maggio 1930 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940

Le muse inquiete


Lettera di Antonio Maraini a Benito Mussolini, 9 marzo 1931 Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea; Fondo Antonio Maraini; Sez. 3; Serie 2; Sottoserie 1; UA 12; sottofasc. 4; ins 1; lettera dat. 9/03/1931

L’esposizione di Venezia e le famiglie ‘per bene’ Difesa del Popolo, 18 maggio 1930 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1930, b. 1 2.1B LA BIENNALE ARTE, 1934-1938

Pianta del Padiglione Centrale, 1930 ASAC, Fondo editoriale Lettera di Antonio Maraini a Giuseppe Volpi Conte di Misurata, 6 gennaio 1931 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940 Mostra individuale retrospettiva di Giovanni Boldini, Padiglione Centrale, 1932. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 27 Sale 19 e 20, Padiglione Centrale, 1932. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 27 Sala 32, Mostra individuale di Arturo Martini, Padiglione Centrale, 1932. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 27 Pianta del Padiglione Centrale, 1932 ASAC, Fondo editoriale Lettera del podestà di Venezia Pietro Orsi a Giorgio de Chirico, 7 gennaio 1928 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 46, Inviti Lettera di Antonio Maraini a Benito Mussolini, 29 giugno 1932 Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea; Fondo Antonio Maraini; Sez. 3; Serie 2; Sottoserie 1; UA 12; sottofasc. 1; lettera dat. 29/06/1932 L’esposizione di Venezia deve ritirare l’invito al pittore De Chirico Gazzetta di Venezia, 18 dicembre 1927 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232 b. 1 Popes attack on modern art. The banned Venice exhibition. Clergy admonished to stay away Daily Telegraph, 13 maggio 1930 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 3 Riflessi! Biennale scandalosa Riscossa, 15 maggio 1926 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1926, b. 1

La Marcia, di Garzia Fioresi (Alfredo Grandi), 1940 mosaico, 150×190 cm ASAC, Fondo artistico Padiglione Germania, elenco degli artisti partecipanti, 1930 ASAC, Fondo editoriale Facciata del Padiglione Centrale, Duilio Torres, 1932 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale inv. 125 Adolf Hitler visita la 19. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1934 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 30 Benito Mussolini visita la 19. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1934. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 30 Facciata del padiglione Germania, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Sedi Padiglioni b. 2 L’aquila posta sulla facciata del padiglione tedesco (c.a. 1934-1942). Foto Andrea Avezzù ASAC, Fototeca Piazza San Marco durante il discorso del Duce, 1934 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 30 Telegramma di Antonio Maraini a Benito Mussolini, 18 giugno 1934 ASAC, Fondo storico, Scatole Nere b. 133, Fino al 1940 Facciata del padiglione Germania, 1938. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Sedi Padiglioni b. 2 Venezia I preparativi per la “Biennale”, Giornale Luce, 1934 Istituto Luce Visita di Mussolini alla Biennale d’arte, Giornale Luce, 1934 Istituto Luce Incontro fra S.E. Mussolini e S.E. Hitler, cancelliere del Reich, a Venezia, giugno 1934 Istituto Luce

XXI Biennale internazionale d’arte, Giornale Luce, 1938 Istituto Luce Relazione della visita di Adolf Hitler, 1934 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 6, XIX Biennale 1934 Germania Il molo - La salute, Fioravante Seibezzi, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Artisti inv. S67 Barche, Memo Vagaggini, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Artisti inv. V2 Sala del concorso per l’affresco e per le statue, Padiglione Centrale, 1936. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 35 Padiglione Centrale, 1936. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 35 La rotonda, Padiglione Centrale, 1938. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 37 Catalogo - approvazione di Benito Mussolini, 1938 ASAC, Fondo editoriale Sale 3 e 4, Padiglione Centrale, 1936. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 35 Il primo decennio dell’Ente Autonomo della Biennale. Numero speciale del Bollettino della Biennale. L’arte nelle mostre italiane, 1939 ASAC, Fondo editoriale, Periodici Salone dei concorsi, Padiglione Centrale, 1938. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 37 2.1C LA BIENNALE ARTE, 1940-1942

Bersaglieri all’assalto, Corrado Forlin, 1942 olio su tavola, 46×60 cm ASAC, Fondo artistico Padiglione Centrale, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 39 Telegramma di Antonio Maraini a Romolo Bazzoni, 13 maggio 1939 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940

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Sala 46, Anadiomene, Franco Asco, Padiglione Centrale, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 39 Pianta del Padiglione Centrale, 1940 ASAC, Fondo editoriale “Il Re imperatore si reca ad inaugurare la XXII. Biennale d’Arte, 1940”. Giornale Luce, 1940 Istituto Luce Padiglione Centrale, Galleria, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 39 Lettera di Antonio Maraini a Romolo Bazzoni, 17 giugno 1940 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940 Padiglione Centrale, Sala 52, Alessandro Monteleone, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 39 Padiglione Centrale, Sala 18, Giovanni Tizzano, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 39 Lettera di Antonio Maraini a Romolo Bazzoni, 20 giugno 1940 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940 Padiglione Centrale, Sala 32, Carlo Carrà, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 39 Lettera di Romolo Bazzoni a Antonio Maraini, 21 giugno 1940 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 133, Fino al 1940 Il Conte Volpi dal Duce. Disposizioni per la Biennale Gazzetta Jonica, 8 marzo 1942 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1942, b. 1 Joseph Goebbels visita la 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte con Alessandro Pavolini e Antonio Maraini, 1942. Foto Agenzia Fotografica Internazionale ASAC, Fototeca, Arti visive b. 41 Le visite di Goebbels e Pavolini Il Gazzettino, 1 settembre 1942 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1942, b. 1

L’arte italiana è superiore a quale appare alla Biennale di Venezia Stile, luglio-agosto 1942, Gio Ponti ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1942, b. 1 Pianta del Padiglione Centrale, 1942 ASAC, Fondo editoriale 2.2A MAX REINHARDT, IL MERCANTE DI VENEZIA, 1934

Un giudizio di Reinhardt su l’Arena di Verona Gazzetta di Venezia, 16 settembre 1933, Max Reinhardt ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Convegno internazionale del teatro Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 All’insegna della bella Venezia L’Ambrosiano, 25 novembre 1933, Gino Piva ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Il Mercante di Venezia Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934. Foto Ferruzzi ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 Shylock, bozzetto di Titina Rota ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Theater und Kunst. Die Biennale in Venedig Neues Wiener, 25 maggio 1934 ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Convegno internazionale del teatro La vivissima attesa per la rappresentazione del capolavoro shakespeariano in Campo San Trovaso Gazzetta di Venezia, 17 luglio 1934 ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Il Mercante di Venezia Il Festival teatrale a Venezia Vedetta fascista, 4 luglio 1934 ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, 1 Festival del Teatro 1934 Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 Dame di Porzia, bozzetto di Titina Rota ASAC, Fototeca, Teatro b. 1

The Disquieted Muses


1. Convegno Internazionale di Teatro. Stasera, prima esecuzione del Mercante di Venezia in Campo San Trovaso Gazzettino di Venezia, 18 luglio 1934 ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Convegno internazionale del teatro Festival teatralny w Wenecji - Kuplek wenecki w inscenizacji Reinhardta Nasz Przeglad, 12 luglio 1934 ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Convegno internazionale del teatro Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 Antonio, bozzetto di Titina Rota ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 Jessica, bozzetto di Titina Rota ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 D’Aragona, bozzetto di Titina Rota ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Il Mercante di Venezia, di Max Reinhardt, 1934 Porzia, bozzetto di Titina Rota ASAC, Fototeca, Teatro b. 1 Der Kaufmann in Venedig Berliner Tageblatt, 27 luglio 1934, Elisabetta Cerruti ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1934, b. 1, Convegno internazionale del teatro 2.2B LA ‘MUSICA DEGENERATA’

Regolamento del 3. Festival Internazionale di Musica, 1934 ASAC, Fondo storico, Musica b. 1, Terzo Festival internazionale di musica contemporanea, Corrispondenza Programma ufficiale del 3. Festival Internazionale di Musica, 1934 ASAC, Fondo editoriale Programma de La settimana di Venezia 8-15 settembre 1934 ASAC, Fondo storico, Musica b. 1, Terzo Festival internazionale di musica contemporanea, Corrispondenza Volantino dei prezzi, abbonamenti e singoli concerti del 3. Festival Internazionale di Musica, 1934 ASAC, Fondo storico,

Musica b. 1, Terzo Festival internazionale di musica contemporanea, Corrispondenza

Orchestra, Sir Georg Solti, dir., Decca, c2016, 27 min. ca. ASAC, Mediateca

Programma del 5. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Teatro Goldoni, Venezia dal 6 al 12 settembre, 1937 ASAC, Fondo storico, Musica b. 1, V Festival internazionale di musica contemporanea, Corrispondenza

Jeu de cartes, Igor Stravinskij, 1937 BRT Philharmonic Orchestra, Brussels, , Alexander Rahbari, dir., NAXOS,1991, 23 min ca. ASAC, Mediateca

Festival Internazionale del Teatro di prosa, 1963 ASAC, Fondo editoriale 2.3 IL FUTURISMO ALLA BIENNALE,

Il Festival di Venezia ed i ‘musicisti di sinistra’ colà invitati da Casella Gazzettino, 1 luglio 1937 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1936-1940 b. 1, V Festival internazionale di musica 1937 In attesa del Festival di Venezia, Casella sotto accusa Gazzetta del Mezzogiorno, 30 giugno 1937, Matteo Incagliati ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1936-1940 b. 1, V Festival internazionale di musica 1937 Musicisti di sinistra L’Unione, 5 luglio 1937, Raffaele Cumar ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1936-1940 b. 1, V Festival internazionale di musica 1937 Relazione artistica del V Festival Internazionale di Musica Contemporanea, 1937 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1936-1940 b. 1, V Festival internazionale di musica 1937 Partitura Nobilissima visione, Paul Hindemith, 1938 ASAC, Partiture Partitura Jeu de cartes, Igor Stravinskij, 1937 ASAC, Partiture Programma del 6. Festival Internazionale di Musica Contemporanea della Biennale d’Arte, 1938 ASAC, Biblioteca Partitura Musica per archi, percussioni e celesta, Béla Bartók, 1937 ASAC, Partiture BRANI MUSICALI

Cefalo e Procri (estratti), Ernst Křenek , 1934 Orchestra del Teatro La Fenice,Tito Ceccherini, dir, stagione 2016-2017 del Teatro la Fenice, 18 min. ca. ASAC, Mediateca Musica per archi, percussioni e celesta, Béla Bartók, 1937 London Symphony

Nobilissima visione (Complete Ballet), Paul Hindemith, 1938 Seattle Symphony Orchestra ; Gerard Schwarz, dir, Naxos, 2014, 44 min. ca. ASAC, Mediateca 2.2C JIA RUSKAJA, UNA FAVOLA DI ANDERSEN, 1934

Manifesto del III Festival Internazionale di Musica. 8-16 settembre 1934/XII, G. Piombanti Lettera di Antonio Maraini ad Adriano Lualdi, 25 ottobre 1933 ASAC, Fondo storico, Musica b. 1, Biennale III Maraini, Volpi, Bazzoni, Lualdi, Zorzi, 1933-1934 Una favola di Andersen, personaggi e sinossi ASAC, Fondo storico, Musica b. 1, Biennale III Maraini, Volpi, Bazzoni, Lualdi, Zorzi, 1933-1934 Lettera ad Antonio Maraini, 4 luglio 1933 ASAC, Fondo storico, Musica b. 1, Biennale III Maraini, Volpi, Bazzoni, Lualdi, Zorzi, 1933-1934 Una Favola di Andersen, Jia Ruskaja, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 1 L’opera da camera al Festival di Venezia Il Lavoro Fascista, 19 settembre 1934, Mario Labroca ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1934, b. 2, teatro dell’Opera da camera, 15 settembre 1934 Terzo Festival Internazionale di Musica Il Gazzettino di Venezia, 16 settembre 1934 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1934, b. 2, teatro dell’Opera da camera, 15 settembre 1934 Programma ufficiale del Terzo Festival Internazionale di Musica, 1934 ASAC, Fondo editoriale Catalogo della Mostra dell’opera di Adolphe Appia, Edmund Stadler, XXII

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1926-1942

Bombardamento aereo, Giovanni Chetoffi, 1942 olio su tela, 91×100 cm ASAC, Fondo artistico Il gruppo futurista italiano alla XV Biennale di Venezia Gazzetta di Venezia, 13 marzo 1926 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1926, b. 1, fascicolo n. 2 Cartolina di Giacomo Balla, 7 marzo 1931 ASAC, Fondo storico, Autografi b. 2

Re Vittorio Emanuele III visita la 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, Enrico Prampolini spiega la sua opera, 1942 ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 41 Re Vittorio Emanuele III visita la 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, Filippo Tommaso Marinetti parla con il Re, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 41 Re Vittorio Emanuele III visita la 23. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1942 ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 41 2.4A I PADIGLIONI NAZIONALI AI

Mostra del Futurismo italiano, Fortunato Depero, 1926 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 18 I pittori futuristi alla XV Biennale d’arte di Venezia L’Antenna, 16 maggio 1926, Enrico Prampolini ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1926, b. 1, fascicolo n. 4 Allestimento scenico del teatro futurista italiano di Filippo Tommaso Marinetti, 1928. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 20

GIARDINI, 1940-1942

Lettera dell’Ambasciata della Repubblica Francese a Giuseppe Volpi Conte di Misurata, 28 dicembre 1939 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 12, Biennale 1940 Francia Lettera dell’Ambasciata dell’URSS a Giuseppe Volpi Conte di Misurata, 16 aprile 1940 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 31, Biennale 1940 URSS Lettera del Ministero degli Affari Esteri alla Biennale, 4 maggio 1940 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 12, Biennale 1940 Francia

Padiglione Centrale, Futuristi italiani, 1930 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 24

Pianta dei Giardini, 1940 ASAC, Fondo editoriale

Lettera di Enrico Prampolini a Antonio Maraini, 28 marzo 1930 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 59, Futurismo italiano

Decreto prefettizio relativo al sequestro dei beni greci, 24 dicembre 1940 ASAC, Fondo storico Ufficio amministrazione - Atti senza titolario, b. 9, 9. Revoca di sequestri

Una vivace intervista con Filippo Tommaso Marinetti Il Giornale del Veneto, 27 aprile 1926 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1926, b. 1, fascicolo n. 2 La nuova pittura futurista, relazione di Filippo Tommaso Marinetti, 1930 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 59, Futurismo italiano Padiglione del Futurismo Italiano, 1936. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, Album 1936 Padiglione Centrale, Mostra degli Aeropittori Futuristi italiani, 1934. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 32

Padiglione Grecia, 1940. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca Arti visive, b. 40 Telegramma del British Council a Antonio Maraini, 26 aprile 1940 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 16, Biennale 1940 Gran Bretagna Lettera del Ministero degli Affari Esteri alla Biennale, 17 novembre 1941 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 13, Germania XXII Biennale 1942 Opere di guerra Pronti!, Arno Breker, Padiglione Germania, 1940. Foto Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40

Le muse inquiete


Lanciatore di giavellotto, Hans Wimmer, Padiglione Germania, 1940. Foto Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40

Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 42

ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 7, Concessione del Palazzo del Cinema di Lido per spettacoli cinematografici

Padiglione Germania, 1940. Foto Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40

Lettera di Antonio Maraini all’Ambasciata di Germania, 30 settembre 1941 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 13, Germania XXII Biennale 1942 Opere di guerra

Lettera di Antonio Maraini a Romolo Bazzoni, 1 novembre 1941 ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 135, Atti 1942 Nazioni straniere alla XXII Biennale d’Arte 1942

I padiglioni delle Forze armate Roma = Napoli, 11 agosto 1942, Alfredo Schettini ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1942, b. 1

Cinegiornali Istituto Luce 1944 Istituto Luce

Lettera di Alessandro Pavolini a Antonio Maraini, 24 agosto 1942 ASAC, Fondo storico Paesi, b. 13, Germania XXII Biennale 1942 Direzione della Rivista Italien

2.4B I PADIGLIONI NAZIONALI

Convenzione tra l’Ente Autonomo La Biennale di Venezia e l’Istituto Nazionale Luce per la concessione di immobili siti in Venezia nel recinto dell’Esposizione Internazionale d’Arte e nell’isola di S. Elena, 6 aprile 1945 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 11, Istituto Nazionale Luce

Padiglione Svizzera, 1940. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40 Padiglione Boemia e Moravia, 1940. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40 Padiglione Jugoslavia, 1940. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40 Padiglione Spagna, 1940. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 40 Veduta esterna del Padiglione della Regia Marina, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Sedi Padiglioni, Stati Uniti n. 119 Padiglione della Regia Marina, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 42 Padiglione del Regio Esercito, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 42 Veduta esterna del Padiglione del Regio Esercito, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Sedi Padiglioni, Gran Bretagna Padiglione della Regia Marina, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 42 Padiglione della Regia Aeronautica, 1942. Foto

AI GIARDINI, 1943-1945

Lettera della Società Anonima Imprese Cinematografiche Spettacoli Affini ICSA alla Biennale, 12 aprile 1943 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 7, Concessione del Palazzo del Cinema di Lido per spettacoli cinematografici Convenzione tra l’Ente Autonomo La Biennale di Venezia e la Società Cines per la concessione di immobili siti in Venezia nel recinto dell’Esposizione Internazionale d’Arte e nell’isola di S. Elena, 25 agosto 1944 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 10, Cines Mappa dello stato di occupazione dei Padiglioni ai Giardini della Biennale, 1944 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 10, Fotografie e planimetrie padiglioni dell’esposizione Lettera del Ministero della Cultura Popolare alla Biennale, 3 febbraio 1944 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 10, Cines L’eccellenza Mezzasoma inaugura i nuovi stabilimenti cinematografici ai Giardini Gazzettino di Venezia, 22 febbraio 1944 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 11, Corrispondenza con i ministeri dell’educazione nazionale e della cultura popolare relativa all’occupazione degli stabili della Biennale Lettera di Romolo Bazzoni a Enrico Abba (Albergo Marino), 17 giugno 1944

Filmati sull’occupazione dei Padiglioni della Biennale per ‘Cinevillaggio’ 1944-1945. Istituto Luce

Ogni giorno è domenica di Mario Baffico, 1944 ASAC, Mediateca

Decreto prefettizio relativo al sequestro del padiglione Germania, 6 dicembre 1945 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 9, Sequestro padiglione Germania Lettera del Comune di Venezia alla Biennale, 21 dicembre 1945 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 9, Sequestro padiglione Germania Convenzione tra l’Ente Autonomo La Biennale di Venezia e la Società MiraLanza per la concessione di immobili siti in Venezia nel recinto dell’Esposizione Internazionale d’Arte, 6 marzo 1945 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 11, Concessione locali alla Società MiraLanza Denuncia del Comune di Venezia al Governo del Reich, 25 agosto 1945 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 9, Sequestro padiglione Germania Lettera di Romolo Bazzoni alla Prefettura di Venezia, 16 gennaio 1946 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 9, Sequestro padiglione Germania Lettera di Giovanni Ponti alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, 23 aprile 1946

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ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 11, Corrispondenza con i ministeri dell’educazione nazionale e della cultura popolare relativa all’occupazione degli stabili della Biennale

Joseph Goebbels in arrivo a Venezia, 1942. Foto Afi ASAC, Fototeca, Cinema b. 20

Posizione e situazione attuali dell’Ente Autonomo La Biennale di Venezia, promemoria, giugno 1945 ASAC, Fondo storico, Carte del capo ufficio stampa Elio Zorzi b. 2, Biennale 1946

Pubblico in sala alla X. Mostra Internazionale d’arte Cinematografica, 1942. Foto Afi ASAC, Fototeca, Cinema b. 20

Comunicazione della Cassa di Risparmio di Venezia alla Prefettura e alla Biennale, 12 aprile 1946 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 9, Sequestro padiglione Germania Lettera dell’Associazione Pittori Scultori Veneziani al Presidente del Consiglio dei Ministri, 21 giugno 1946 ASAC, Fondo storico, Carte del capo ufficio stampa Elio Zorzi b. 2, Biennale 1946 Lettera di Elio Zorzi alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2 agosto 1946 ASAC, Fondo storico, Carte del capo ufficio stampa Elio Zorzi b. 2, Biennale 1946 Atto di requisizione militare del Palazzo del Cinema da parte dell’Esercito degli Stati Uniti, 1 maggio 1947 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Atti senza titolario b. 12, Requisizione Palazzo del Cinema Indennità 2.5 LA TRINCEA DEL CINEMA, 1940-1942

Cinegiornali 1940-1942. Istituto Luce Joseph Goebbels in arrivo a Venezia, 1942. Foto Afi ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Cinema Rossini, Venezia, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Manifesti dei film presenti alla X. Mostra Internazionale d’arte Cinematografica, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Joseph Goebbels in arrivo a Venezia, 1942. Foto Afi ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Joseph Goebbels in arrivo a Venezia, 1942, Istituto Luce. Fototeca

Proiezione per le Forze armate, 1942. Foto Afi ASAC, Fototeca, Cinema b. 20

Pubblico in sala alla X. Mostra Internazionale d’arte Cinematografica, 1942. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Pubblico in sala alla X. Mostra Internazionale d’arte Cinematografica, 1942. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Gino Cervi e Giuseppe Volpi di Misurata, 1942. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Il Ministro della cultura popolare Alessandro Pavolini in arrivo a Venezia, 1942. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 20 Rivista Film Quotidiano, n. 2 (domenica 31 agosto) 1941. Collezione privata 2.6A LA BIENNALE DELLA RICOSTRUZIONE

Manifesto per la 24. Esposizione Internazionale d’Arte, 1948 Giacinto Mondaini ASAC, Fondo manifesti Telegramma di Stefan Plonski alla Biennale, 15 marzo 1948 ASAC, Fondo storico, Paesi b. 23, 1948 Polonia Lettera di Rodolfo Pallucchini a Aberhard Hanfstaengl, 10 Dicembre 1947 ASAC, Fondo storico, Paesi b. 13, 1948 Germania/ Germania Catalogo, Introduzione di Rodolfo Pallucchini, 1948 ASAC, Fondo editoriale Lettera del Ministero degli Affari Esteri a Giovanni Ponti, 2 febbraio 1948 ASAC, Fondo storico, Paesi b. 4, 1948 Belgio Lettera del Ministero degli Affari Esteri a Giovanni

The Disquieted Muses


Ponti, 16 aprile 1948 ASAC, Fondo storico, Paesi b. 12, 1948 Francia Lettera di Giovanni Ponti a James Johnson Sweeney, ottobre 1947 ASAC, Fondo storico, Paesi b. 26, 1948 Stati Uniti

Padiglione Centrale, Mostra personale di Pablo Picasso, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48

Pianta dei Giardini, 1948 ASAC, Fondo editoriale

Umbro Apollonio e Rodolfo Pallucchini davanti all’opera di Arturo Martini, Aviatore, 1948 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48

Lettera di incarico a Ettore Gian Ferrari, 19 aprile 1950 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Esposizioni Internazionali d’Arte b. 1, Ufficio vendite Biennale

Rodolfo Pallucchini, Umbro Apollonio e Giulio Baradel alla Mostra personale di Pablo Picasso, Padiglione Centrale, 1948 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 47

Lettera di Erwin S. Barrie a Rodolfo Pallucchini, 18 Novembre 1947 ASAC, Fondo storico, Paesi b. 26, 1948 Stati Uniti

Palma Bucarelli alla Mostra personale di Pablo Picasso, Padiglione Centrale, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 47

Lettera di Ettore Gian Ferrari, 26 aprile 1950 ASAC, Fondo storico, Ufficio amministrazione, Esposizioni Internazionali d’Arte b. 1, Ufficio vendite Biennale 2.6B LE MOSTRE DELLA BIENNALE ARTE, 1948

Commissione per le Arti Figurative, 1948 ASAC, Fototeca, Ritratti b. 113 Pablo Picasso con Rodolfo Pallucchini e Elio Zorzi ad Antibes, 1948 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 47 Mostra degli Impressionisti, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48 Filmato Biennale d’arte a Venezia: mostra degli impressionisti, La Settimana Incom, 1948 Istituto Luce Filmato Biennale d’arte a Venezia: il padiglione italiano, La Settimana Incom, 1948 Istituto Luce Filmato Biennale d’arte a Venezia: “Personali alla Biennale di Venezia”: Braque e Kokoschka, La Settimana Incom, 1948 Istituto Luce Ritratto di Pablo Picasso. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Ritratti b. 112 Pablo Picasso con Rodolfo Pallucchini e Elio Zorzi, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Ritratti, Pablo Picasso

Padiglione Centrale, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48 Segnalazioni Rinascita, anno V - n. 11, novembre 1948, di Rodrigo di Castiglia (Palmiro Togliatti) Collezione privata Per una nostra segnalazione Rinascita, anno V - n. 12, dicembre 1948, di Pietro Consagra, Renato Guttuso, Aldo Natili, Paolo Ricci, Mario Mafai, Giulio Turcato, Nino Franchina, Leoncillo Leonardi, Mario Penelope, Saro Mirabella, G. Vittorio Parisi, Giuseppe Mazzullo, Concetto Maugeri, Paolo Bracaglia Morante Collezione privata Visitatori alla 24. Biennale di Venezia, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 47 Padiglione Centrale, Il Fronte Nuovo delle Arti, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48 Paul Klee, 1948. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48 Hitler non voleva questa pittura. Milano Sera, 17 marzo 1949 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 1 Le muse inquietanti, Giorgio de Chirico, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Artisti inv. D26

Sala Giorgio de Chirico e Arturo Martini, Padiglione Centrale, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 48 Partito modernista e Biennale di Venezia Il Giornale, 3 novembre 1949, di Giorgio de Chirico ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 1 Scandalo alla Biennale Il Giornale della Sera, 7 ottobre 1949, di Giorgio de Chirico ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 1 Roberto Longhi reagisce alle frecciate di De Chirico Il Giornale dell’Emilia, 16 ottobre 1949 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 1 Ridicole, false e costose (de Chirico ci scrive) Il nazionale, 19 febbraio 1950, di Giorgio de Chirico ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 2 Artist sues Biennale for showing his canvasses without permission The Rome Daily American, 7 luglio 1949 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 1 De Chirico vince la causa contro la Biennale di Venezia Corriere della Sera, 2 agosto 1951 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti inv. 13232, b. 2 Sentenza del Tribunale di Venezia nella causa di Giorgio de Chirico contro La Biennale, 5 luglio 1951 ASAC, Fondo Storico, Ufficio stampa b. 18, Polemica de Chirico 2.6C La Collezione Guggenheim al padiglione greco, 1948 Plastico dell’allestimento della collezione di Peggy Guggenheim nel padiglione Grecia, 1948 plastico di Ivan Simonato, 2018, 110×80×38 cm Solomon R. Guggenheim Foundation, Venice Peggy Guggenheim durante l’allestimento del padiglione greco con Interno olandese II, 1928 e Donna seduta II,1939 di Joan Miró, XXIV Biennale di Venezia, 1948

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Solomon R. Guggenheim Foundation, Venice, photo Archivio Cameraphoto Epoche. Gift, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005 Lettera di Typalde Forestis a Peggy Guggenheim, 11 giugno 1948 Peggy Guggenheim Scrapbook, 1948-49, Solomon R. Guggenheim Foundation Invito all’inaugurazione della XXIV Biennale di Venezia, 1948 Peggy Guggenheim Scrapbook, 1948-49, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York La collezione Peggy Guggenheim, 1948. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 50 Una collezionista ricorda, Peggy Guggenheim, 1956 ASAC, Biblioteca Pegeen Vail, XXIV Biennale di Venezia, 1948 Peggy Guggenheim Scrapbook, 1948-49, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York Peggy Guggenheim accoglie il Presidente Luigi Einaudi all’inaugurazione della mostra al padiglione greco, XXIV Biennale di Venezia, 1948 Solomon R. Guggenheim Foundation, Venice, photo Archivio Cameraphoto Epoche. Gift, Cassa di Risparmio di Venezia, 2005 Il Presidente Luigi Einaudi, Peggy Guggenheim e Rodolfo Pallucchini (da sinistra), XXIV Biennale di Venezia, 1948 Peggy Guggenheim Scrapbook, 1948-49, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York Peggy Guggenheim con Luigi Einaudi e Rodolfo Pallucchini, in occasione dell’inaugurazione della collezione Peggy Guggenheim, 1948 ASAC, Fototeca, Arti Visive b. 46 Peggy Guggenheim con Arturo Tosi, 1948 Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 47 Venice Biennale. Modern art and artists are seen in an ancient city Intervista di Lee Miller a Peggy Guggenheim, Vogue Solomon R. Guggenheim Foundation, Venice

Padiglione greco, XXIV Biennale di Venezia, 1948 Peggy Guggenheim Scrapbook, 1948-49, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York Foto Schulthess Marc Chagall e Rodolfo Pallucchini, Padiglione Grecia, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Arti Visive b. 47 Lionello Venturi, Carlo Scarpa e Peggy Guggenheim al padiglione greco, XXIV Biennale di Venezia, 1948 Peggy Guggenheim Scrapbook, 1948-49, Solomon R. Guggenheim Foundation, New York 2.7A DMITRIJ ŠOSTAKOVIČ, LA LADY MACBETH DEL DISTRETTO DI MCENSK, 1947

Programma del 10. Festival Internazionale di Musica Contemporanea e Autunno Musicale Veneziano ASAC, Fondo storico, Musica b. 2, 10. Festival internazionale di musica contemporanea 1947 Copertina del catalogo del 10. Festival Internazionale di Musica Contemporanea. Autunno Musicale Veneziano Teatro La Fenice 1947, Giuseppe Santomaso ASAC, Fondo storico, Musica b. 2, 10. Festival internazionale di musica contemporanea 1947 Musica pornografica Domus, n. 222, 1947, Riccardo Malipiero ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1941-1949 b. 1, 10. Festival internazionale di musica 1947 ‘Lady Macbeth’ di Schostakovic apre l’Autunno Musicale di Venezia Gazzetta Veneta, n. 294, 12 settembre 1947, Gino Damerini ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1941-1949 b. 1, 10. Festival internazionale di musica 1947 Lady Macbeth di Minsk, Dmitrij Šostakovič, 1947 Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 1 PANNELLO

Atto primo, quadro primo terzo e atto secondo, quadro secondo per Lady Macbeth of Minsk, Renato Guttuso, 1947 Tempera e inchiostro di china su carta, 38,5 × 60 cm ASAC, Fondo artistico

Le muse inquiete


Scena atto secondo – quadro primo per Lady Macbeth of Minsk, Renato Guttuso, 1947 Tempera su carta, 39,4 x 58,4 cm ASAC, Fondo artistico BRANO MUSICALE

Lady Macbeth di Mcensk, Dmitrij Šostakovič, 1934 Lady Macbeth of Mtsensk (1934) di Dmitri Shostakovich, London Philharmonic Orchestra; Mstislav Rostropovich, dir.Warner Classics, p1979, p2002 (rimasterizzazione) ; 154 min. ca. ASAC, Mediateca 2.7B SERGEJ PROKOF’EV, L’ANGELO DI FUOCO, 1955

Lettera di Nino Sanzogno ad Alessandro Piovesan, 7 maggio 1955 ASAC, Fondo storico, Musica b. 17, L’angelo di fiamma, Regista - direttore d’orchestra, Nino Sanzogno Libretto de L’ angelo di fiamma: opera in 5 atti e 7 quadri di Sergej Prokofiev, versione letterale di Mario Nordio ASAC, Fondo editoriale Lettera di Nino Sanzogno ad Alessandro Piovesan, 8 agosto 1955 ASAC, Fondo storico, Musica b. 17, L’angelo di fiamma, Regista - direttore d’orchestra, Nino Sanzogno

L’Angelo di fuoco sarà radioteletrasmesso Gazzettino-Sera, 12-13 settembre 1955, Telemaco ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 2, 14-15 settembre L’angelo di fuoco

Lettera inviata da L. Leonidoff a Rodolfo Pallucchini, 15 giugno 1953 (trascrizione) ASAC, Fondo storico, Musica b. 11, Festival 1953, New York City Ballet di George Balanchine

I balletti di New York a Venezia L’Unità, 20 settembre 1956, Rubens Tedeschi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1956, b. 2, New York City Ballet 2023 settembre 1956

La nimphe de Diane, Aurel Millos, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 2

’L’angelo di fiamma’, opera inedita di Prokofiev l’Unità, 15 settembre 1955, Massimo Mila ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 2, 14-15 settembre L’angelo di fuoco

New York City Ballet, ritratto di George Balanchine ASAC, Fototeca, Musica b. 7

Una mirabile danza macabra su un festival nato morto L’Avanti!, 19 settembre 1956, Luigi Pestalozza ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1956, b. 2, New York City Ballet 2023 settembre 1956

Orpheus, Aurel Millos, 1948. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 2

L’angelo di fuoco Il contemporaneo, 24 settembre 1955, Fedele d’Amico ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 2, 14-15 settembre L’angelo di fuoco Il mondo surreale di Prokofiev Tempo, 29 settembre 1955, Guido M. Gatti ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 2, 14-15 settembre L’angelo di fuoco Nel libretto dell’’Angelo di fiamma’ si divulgano letali errori teologici L’Avvenire d’Italia, 14 settembre 1955, A. Vardánega ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 2, 14-15 settembre L’angelo di fuoco PANNELLO

Lettera di Giorgio Strehler ad Alessandro Piovesan (s.d.) Lettera di Giorgio Strehler ad Alessandro Piovesan, 11 agosto 1955 ASAC, Fondo storico, Musica b. 17, L’angelo di fiamma, Regista - direttore d’orchestra, Giorgio Strehler regista L’angelo di fuoco, Sergej Prokof´ev, 1955. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 10 L’angelo di fuoco, Sergej Prokof´ev, 1955 ASAC, Fototeca, Musica b. 11 L’angelo di fuoco, Sergej Prokof´ev, 1955 ASAC, Fototeca, Musica b. 10 C’è un inutile Mefistofele nell’’Angelo’ di Prokofiev Corriere d’informazione, 15 settembre 1955, Eugenio Montale ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 2, 14-15 settembre L’angelo di fuoco

Soffitta per l’Uccello di fuoco, Luciano Damiani, 1955 Tempera su cartone. 34 x 51,5 cm La casa del conte Enrico per L’angelo di fuoco, Luciano Damiani, 1955 Tempera su cartone, 34,5 x 50,8 cm BRANO MUSICALE

L’angelo di fuoco, Sergej Prokof´ev, 1955 Evgeny Nikitin, Svetlana Sozdateleva, Bayerische Staatsoper, Vladimir Jurowski, dir. , reg. novembre 2015 Bayerische Staatsoper, 126 min. ca. ASAC, Mediateca 2.7C GLI ANNI CINQUANTA NELLA DANZA: NEW YORK CITY BALLET,

Arriva in Italia il balletto di New York. Il famoso complesso diretto da Balanchine darà spettacolo in sette città italiane Oggi, 27 agosto 1953, Teodoro Celli ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1953, b. 2, New York City Ballet 1819-20 settembre 1953 Raccomandata a Leonidoff, (s.d.) ASAC, Fondo storico, Musica b. 11, Festival 1953, New York City Ballet di George Balanchine New York City Ballet, Age of Anxiety, Jerome Robbins. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 7 Maria Tallchief, New York City Ballet, Scotch Symphony, George Balanchine ASAC, Fototeca, Musica b. 7 Ottima esibizione del New York City Ballet Il Paese, 25 settembre 1953, Riccardo Redi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1953, b. 2, New York City Ballet 1819-20 settembre 1953 New York City Ballet, ritratto di Patricia Wilde. Foto Walter E. Owen ASAC, Fototeca, Musica b. 7 Un invito alla danza La Voce Repubblicana, 15 settembre 1956 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1956, b. 2, New York City Ballet 2023 settembre 1956 I balletti di Balanchine a Venezia L’Unità, 20 settembre 1956, Rubens Tedeschi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1956, b. 2, New York City Ballet 2023 settembre 1956

IL MANDARINO MERAVIGLIOSO E AUREL MILLOSS

Annotazione relativa al contratto del New York City Ballet, 3 luglio 1953 ASAC, Fondo storico, Musica b. 11, Festival 1953, New York City Ballet di George Balanchine

Applauditi balletti presentati da Balanchine Il Resto del Carlino, 19 settembre 1956, Duilio Courir ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1956, b. 2, New York City Ballet 2023 settembre 1956

431

Riuscite caricature della musica. I due lavori più validi del Festival L’Unità, 24 settembre 1956, Rubens Tedeschi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1956, b. 2, New York City Ballet 2023 settembre 1956 Dolores Laga e Pierre Pauwels, Il mandarino meraviglioso, Jean-Jacques Etcheverry, 1955. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 10 Dolores Laga, Il mandarino meraviglioso, Jean-Jacques Etcheverry, 1955. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 10 Il mandarino meraviglioso, Jean-Jacques Etcheverry, 1955. Foto Henri Vermeulen ASAC, Fototeca, Musica b. 10 Bartok, Malipiero e Milhaud sotto la direzione di Franz André L’Avanti!, 14 settembre 1955, Luigi Pestalozza ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 1, Concerto sinfonico coreografico Il mandarino meraviglioso di Bartok rappresentato ieri sera al Teatro La Fenice Il Resto del Carlino, 14 settembre 1955, Duilio Courir ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1955, b. 1, Concerto sinfonico coreografico Andre Leclair, Il mandarino meraviglioso, Jean-Jacques Etcheverry, 1955. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 10 Dolores Laga e Mario Ohn, Il mandarino meraviglioso, Jean-Jacques Etcheverry, 1955 ASAC, Fototeca, Musica b. 10 La nimphe de Diane, Aurel Millos, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Musica b. 2

Marsia, Aurel Millos, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Musica b. 2

Orpheus, Aurel Millos, 1948. Foto Interfoto ASAC, Fototeca, Musica b. 2 Angelo della morte, bozzetto di Fabrizio Clerici Orpheus, Aurel Millos, 1948 ASAC, Fototeca, Musica b. 2 Ancora aperto il ‘caso Stravinsky’ La Repubblica d’Italia, 12 settembre 1948 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1941 – 1949, b. 1 XI Festival Internazionale di Musica Radiocorriere, 29 agosto, 4 settembre 1948 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1941 – 1949, b. 1 Ballata senza musica, Aurel Millos, 1950. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 3 Il principe di legno, Aurel Millos, 1950. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 3 PANNELLO

‘Il mandarino‘ per Il mandarino meraviglioso, Jean Pierre Ponnelle, 1955 tempera su carta, 30,8 x 22,6 cm ASAC, Fondo artistico ‘Il nobile cavaliere‘ per Il mandarino meraviglioso, Jean Pierre Ponnelle, 1955 tempera su carta, 30,8 x 22,5 cm ASAC, Fondo artistico ‘La ragazza‘ per Il mandarino meraviglioso, Jean Pierre Ponnelle, 1955 tempera inchiostro di china su carta, 30,8 × 22,9 cm ASAC, Fondo artistico ‘Vagabondo‘ per Il mandarino meraviglioso, Jean Pierre Ponnelle, 1955 tempera su carta, 30,6 x 22,7 cm ASAC, Fondo artistico 2.8 BERTOLT BRECHT. UNA CENSURA IDEOLOGICA

Manifesto del 14. Festival internazionale di musica

The Disquieted Muses


contemporanea e del Festival internazionale del teatro, 1951

ASAC, Fondo storico, Ufficio stampa, Teatro b. 16, Bozze opuscolo programma

Biografia di Bertolt Brecht, 1961 ASAC, Fondo storico, Ufficio stampa, Teatro b. 16, Autori, Brecht

Teatro rosso e governo nero Il Popolo nuovo, 21 giugno 1951, Carlo Trabucco ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1

Relazione dattiloscritta Madre Coraggio e i suoi figli, 1961 ASAC, Fondo storico, Ufficio stampa, Teatro b. 16, Autori, Brecht Lettera di Paolo Grassi a Adolfo Zajotti, 12 febbraio 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Preventivo per Madre Coraggio di Bertolt Brecht, 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Madre Coraggio e i suoi figli, di Bertolt Brecht, 1961 ASAC, Fototeca, Teatro b. 29 Relazione dattiloscritta Madre Coraggio di Bertolt Brecht in Italia ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Collage di due testi in lingua tedesca, Bertolt Brecht, 1961 ASAC, Fondo storico, Ufficio stampa, Teatro b. 16, Autori, Brecht Lettera di Adolfo Zajotti a Gerardo Guerrieri, 10 gennaio 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Lettera di Helene Weigel a Adolfo Zajotti, 8 giugno 1951 (traduzione in italiano) ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Bertolt Brecht e Francois Maistre ASAC, Fototeca, Teatro b. 70 Lettera di Helene Weigel a Adolfo Zajotti, 8 giugno 1951(originale in tedesco) ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Lettera di Giovanni di Giura a Adolfo Zajotti, 4 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Biglietti e inviti 1951, Inviti festival Bozza dattiloscritta del programma del 20. Festival Internazionale del Teatro di Prosa

Lettera di Adolfo Zajotti a Giovanni di Giura, 6 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Biglietti e inviti 1951, Inviti festival Comunicato stampa, 21 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Lettera di Giovanni di Giura a Adolfo Zajotti, 8 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Biglietti e inviti 1951, Inviti festival Lettera di Luchino Visconti alla Direzione della Biennale, 17 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Il Seduttore Telegramma di Giovanni Ponti a Rodolfo Pallucchini, 20 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Il Seduttore

Visconti toglie il nome dagli avvisi del Festival L’Europeo, 30 settembre 1951, Raul Radice ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Compagnia tedesca Disco Rosso per l’arte all’insegna della politica Panoramiche, 29 settembre 1951, Giovanni Calendoli ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Compagnia tedesca Vorrebbero una censura che facesse rima con dittatura Il Popolo, 19 giugno 1951, Carlo Trabucco ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Annunci e critiche in genere L’Editore Einaudi denuncia questo grave atto di inciviltà L’Unità, 19 settembre 1951, Giulio Einaudi ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht Recita la Spagna e si parla solo di Brecht L’Unità, 18 settembre 1951, Giulio Trevisani ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Annunci e critiche in genere

Lettera del Presidente Giovanni Ponti a Luchino Visconti, 18 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Il Seduttore

Un gesto che offende la cultura italiana L’Unità, 3 ottobre 1951, Luciano Lucignani ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Compagnia tedesca

Lettera di Rina Morelli, Luchino Visconti, Paolo Stoppa alla Camera dei Deputati, 21 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Il Seduttore

Paura di Madre Coraggio Il Lavoro, 13 ottobre 1951, Luciano Lucignani ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Compagnia tedesca

Telegramma di Helene Weigel a Adolfo Zajotti, 1951 (traduzione in italiano) ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Nazioni straniere, Mutter Courage di Bertolt Brecht

Brecht al rogo L’Unità, 10 settembre 1961 ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1961, b. 2, Bertolt Brecht 2.9 IL CASO VISCONTI

Visconti protesta contro il veto a Brecht L’Unità, 18 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Il Seduttore Lettera del Direttore amministrativo Giovanni Piccini a Luchino Visconti, 19 settembre 1951 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 7, Il Seduttore Il Governo pensa al Teatro. La censura si diverte Corriere lombardo, 18 settembre 1951, Carlo Terron ASAC, Raccolta documentaria, Teatro 1951, b. 1, Compagnia tedesca

MONITOR

Senso di Luchino Visconti, 1954 ASAC, Mediateca Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 ASAC, Mediateca Senso di Luchino Visconti, 1954 Archivio Cameraphoto Epoche /© Vittorio Pavan Giulietta e Romeo il capolavoro di Castellani segna a Venezia il trionfo del cinema italiano

432

Roma, 12 settembre 1954, Paolo di Valmarana ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1954, b. 12, Senso A Venezia Leoni ammaestrati Roma, 19 settembre 1954, Emilio Tadini ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1954, b. 12, Senso Rivista Cinema, n. 139 Collezione privata Luchino Visconti, 1965 Archivio Cameraphoto Epoche /© Vittorio Pavan Luchino Visconti, Claudia Cardinale, Jean Sorel, 1965 Archivio Cameraphoto Epoche /© Vittorio Pavan Luchino Visconti, Maria Callas, Foto Studio Giacomelli, Collezione privata Luchino Visconti, Francesco Rosi, Alida Valli, 1969 Archivio Cameraphoto Epoche /© Vittorio Pavan Luchino Visconti, Marcello Mastroianni, 1957 Archivio Cameraphoto Epoche /© Vittorio Pavan Epilogo del Festival di Venezia - Fischi al verdetto Corriere d’informazione, 8 settembre 1960 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli Venezia: verdetto incredibile - Cayatte preferito a Visconti La Giustizia, 8 settembre 1960, Marcello Clemente ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli Vergognoso verdetto alla mostra di Venezia. Uragano di fischi per il premio a Cayatte Il Lavoro Nuovo, 8 settembre 1960, Lino Miccichè ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli Scandalo a Venezia: Visconti escluso Paese Sera, 8 - 9 settembre 1960, Maurizio Liverani ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli Lo spettacolo più divertente, la caotica serata della premiazione Il Messaggero, 9 settembre 1960, Guglielmo Biraghi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli

Il troppo sicuro Visconti si è visto sfuggire il “Leone” Espresso Sera, 8 settembre 1960 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960. Foto G.B. Poletto Renato Salvatori, Corrado Pani ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli ha messo a rumore l’Italia dello spettacolo - Un baccanale di sangue Il Tirreno, 21 ottobre 1960, Riccardo Marchi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1960, b. 7, Rocco e i suoi fratelli Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Alain Delon, Annie Girardot ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Alain Delon, Corrado Pani, Nino Castelnuovo ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Claudia Cardinale ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Suzy Delair, Renato Salvatori Foto G. B. Poletto ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Renato Salvatori Foto G. B. Poletto ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Foto Paul Ronald ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Foto G. B. Poletto ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Renato Salvatori ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960

Le muse inquiete


Claudia Cardinale, Nino Castelnuovo ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Annie Girardot ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Renato Salvatori Foto G. B. Poletto ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 Rocco e i suoi fratelli di Luchino Visconti, 1960 Annie Girardot, Renato Salvatori Foto G. B. Poletto ASAC, Fototeca, Cinema b. 220 2.10A LE MOSTRE ALL’ESTERO

Quarant’anni d’arte italiana dal futurismo ai nostri giorni, Losanna, 1947. Foto Presse Diffusion Lausanne ASAC, Fototeca, Mostre all’estero b. 3 Baruffa per la mostra degli artisti contemporanei Il Giornale, 10 febbraio 1947, Franco Bondioli ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 5, Losanna 1947 L’incompiuta di Losanna Corriere Lombardo, 30 marzo 1947 ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 5, Losanna 1947 Artistas italianos de hoje Catalogo della 1. Biennale di San Paolo del Brasile, 1951 ASAC, Biblioteca Rodolfo Pallucchini e Umbro Apollonio studiano l’allestimento della 1. Biennale di San Paolo del Brasile, 1951 ASAC, Fototeca, Mostre all’estero b. 5 Comunicato stampa Il successo della mostra d’arte italiana a Stoccolma, 14 marzo 1953 ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 9, Mostra di Stoccolma 1953 Arte Italiana in Svezia Il Corriere di Trieste, 6 marzo 1953 ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 9, Mostra di Stoccolma 1953 Mostra d’arte figurativa, Stoccolma, 1953. Foto Olof Ekberg

ASAC, Fototeca, Mostre all’estero b. 5

all’estero b. 11/A, Mostre all’estero 1961/1, Giappone

Mostra d’arte figurativa, Stoccolma, 1953 ASAC, Fototeca, Mostre all’estero b. 5

2.10B IL PREMIO A ROBERT

La Biennale a Stoccolma L’Unità, 18 marzo 1953, di Luigi Ferrante ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 9, Mostra di Stoccolma 1953 Artistas italianos de hoje Catalogo della 4. Biennale di San Paolo del Brasile, 1957 ASAC, Biblioteca 4. Biennale di San Paolo del Brasile, scheda di notifica delle opere di Leoncillo Leonardi, 1957 ASAC, Fondo storico, Mostre all’esterno, Biennali di San Paolo b. 6, Artisti invitati - varie 4. Biennale di San Paolo del Brasile, scheda di notifica delle opere di Renato Guttuso, 1957 ASAC, Fondo storico, Mostre all’esterno, Biennali di San Paolo b. 6, Artisti invitati varie 4. Biennale di San Paolo del Brasile, scheda di notifica delle opere di Gino Severini, 1957 ASAC, Fondo storico, Mostre all’esterno, Biennali di San Paolo b. 6, Artisti invitati varie Manifesto della mostra Italian Contemporary Sculpture, Tokyo, 1961 ASAC, Fondo storico, Mostre all’esterno, Altre mostre b. 25, Manifesto Rassegna stampa, Mainiki Newspapers, 20 gennaio 1961 ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 11/A, Mostre all’estero 1961/1, Giappone Italian Contemporary Sculpture, Tokyo, 1961 ASAC, Fototeca, Mostre all’estero b. 5 Italian sculpture exhibition begins The Mainiki Daily News, 17 gennaio 1961 ASAC, Raccolta documentaria, Mostre all’estero b. 11/A, Mostre all’estero 1961/1, Giappone Sculpture that focus today’s art The Mainiki Daily News, 26 gennaio 1961, di Thomas T. Ichinose ASAC, Raccolta documentaria, Mostre

RAUSCHENBERG, 1964

Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Lettera di Mario Marcazzan a Michael Barjansky, 27 marzo 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Rapporti con il Ministero degli affari esteri

Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Lettera di Gian Alberto Dell’Acqua a Alan Salomon, 16 Aprile 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Rapporti con il Ministero degli affari esteri

Sale di Robert Rauschenberg e Jasper Johns, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Flying the flag for Art: The United States and the Venice Biennale, 1895 – 1991 Philip Rylands e Enzo Di Martino, 1993 ASAC, Biblioteca Beatrice Monti, Robert Rauschenberg e Leo Castelli, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg in laguna, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Lettera di Michael Barjansky a Mario Marcazzan, 7 aprile 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Rapporti con il Ministero degli affari esteri Bozza del cartello per il pubblico, padiglione Stati Uniti, 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Commissario Prof. Alan Salomon Lettera di Mario Marcazzan a Michael Barjansky, 9 aprile 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Rapporti con il Ministero degli affari esteri Promemoria sulla partecipazione degli Stati Uniti d’America, 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Rapporti con il Ministero degli affari esteri Telegramma di Michael Barjansky a Mario Marcazzan, 11 maggio 1964 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 123, Rapporti con il Ministero degli affari esteri Trasporto delle opere di Robert Rauschenberg, 1964.

433

Robert Rauschenberg e Alan Solomon, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Sala di Robert Rauschenberg, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Premiazione di Robert Rauschenberg, 1964. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli 2.10C LUIGI NONO, INTOLLERANZA 1960, 1961 PANNELLO

Scena sesta – Fine I tempo per Intolleranza 1960, Emilio Vedova, 1961 Tecnica mista su carta da scena incollata su tela nera, 49,5×71,5 cm ASAC, Fondo artistico Programma del 24. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Venezia, 9-27 aprile 1961 (versione in tedesco) ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore 1961 Lettera di Luigi Nono a Mario Labroca, 30 novembre 1960 ASAC, Fondo storico, Musica b. 36, Luigi Nono

Programma di Intolleranza 1960, 13 e 15 aprile 1961 ASAC, Fondo storico, Musica b. 36, Luigi Nono Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961. Foto Reporter Servizi fotografici ASAC, Fototeca, Musica b. 21 Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 21 Elenco dei giudizi della critica italiana relativi al XXIV Festival Internazionale di Musica Contemporanea, 1961 ASAC, Fondo storico, Ufficio stampa - Musica b. 25, Giudizi della critica Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961. Foto Foto film ASAC, Fototeca, Musica b. 21 Nono’s opera for Venice The Times, 23 marzo 1961 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa estera Volantino del Centro Studi Ordine Nuovo lanciato al Teatro La Fenice la sera del 13 aprile 1961 durante la prima di Intolleranza 1960 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana Lancio dei volantini di Ordine Nuovo contro Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 21 Intolleranza 1960 conquista il pubblico L’Avanti, 14 aprile 1961, Luigi Pestalozza ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana Applausi e fischi a Venezia per Intolleranza 1960 Paese sera, 14-15 aprile 1961, Piero Dallamano ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana

Programma del 24. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, Venezia, 9-27 aprile 1961 (versione in italiano) ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore 1961

Prima mondiale a Venezia dell’‘Intolleranza ‘60’ Corriere di informazione, 14/15 aprile 1961, Eugenio Montale ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana

Emilio Vedova, Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961 ASAC, Fototeca, Musica b. 21

Intolleranza 1960 Opéra de Luigi Nono Le Monde, 16-17 aprile 1961,

The Disquieted Muses


Claude Rostand ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa estera

rompere i padiglioni!’, Riva degli Schiavoni, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Die skandalose Intoleranz Christ und welt, 21 aprile 1961, Claus-Henning Bachmann ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa estera

Manifestazione studentesca, “uomini-sandwich” con cartelli di protesta durante la contestazione, Piazza San Marco, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Intolleranza 1960 di Luigi Nono suscita un pandemonio alla Fenice Il Secolo XIX, 15 aprile 1961, Mario Rinaldi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana

Manifestanti con cartelli di protesta durante la contestazione, Procuratorie Nuove, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Intolleranza 1960 alla Fenice L’Unità, 14 aprile 1961, Giacomo Manzoni ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana Anatomia del nostro tempo L’Espresso, 23 aprile 1961, Massimo Mila ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa italiana

Folla di manifestanti con cartelli di protesta durante la contestazione studentesca, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Contestazione a Venezia, 1968 Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea Contestazioni, 1968. Foto Cameraphoto Venezia 3.2 L’ALLARME PER LE OPERE E LA

Pacefisti, Fascisti und ein Opern-Experiment Deutsche Zeitung, 17 aprile 1961, Heinrich Lindlar ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa estera Nono’s High Praise for BBC Orchestra The Times, 13 aprile 1961 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1961 b. 2, Intolleranza 60 stampa estera BRANO MUSICALE

Intolleranza 1960, Luigi Nono, 1961 Bremer Philharmoniker; Chor und Extrachor des Bremer Theaters, Gabriel Feltz, dir, dreyer gaido, 2012, 64 min. ca. ASAC, Mediateca

CRESCITA DELLA TENSIONE

Lettera alla Biennale di Venezia, 3 giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164 Telegramma di Arnaldo Pomodoro alla Biennale, 3 giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164 Telegramma di Thompson Flores alla Biennale, 5 giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164 Telegramma di Luciano Pistoi alla Biennale, 5 giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164 Manifesto degli studenti, operai e intellettuali rivoluzionari per il boicottaggio della Biennale, 7 giugno 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

SALA 3 3.1 LE CONTESTAZIONI STUDENTESCHE DELLA PRIMAVERA DEL SESSANTOTTO

“Uomo-sandwich” con cartello di protesta con la scritta ‘Johnson non

Volantino del Movimento Studentesco delle Accademie di Belle Arti, 13 giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164 Volantino Benvenuto colui che viene nel nome del

questore, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164 Volantino del Comitato di boicottaggio della Biennale, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164

ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 Luigi Nono, Emilio Vedova e Carlo Scarpa durante le contestazioni ai Giardini della Biennale, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

3.3 LA VERNICE CONTESTATA AI GIARDINI

Studenti manifestano con cartelli di protesta, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Poliziotti all’esterno dei Giardini della Biennale durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Emilio Vedova discute con dei poliziotti. Giardini della Biennale, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

La polizia carica i manifestanti davanti al Caffè Florian, 1968 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 3.4 LA PROTESTA DEGLI ARTISTI

Gastone Novelli durante la contestazione, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 Gastone Novelli e Gian Alberto Dell’Acqua durante la contestazione, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Folla di manifestanti durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Gastone Novelli e Lorenzo Guerrini durante la contestazione, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Studenti manifestano con cartelli di protesta fronteggiati dalla polizia, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Le tele di Gastone Novelli rovesciate in segno di protesta, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Schieramento di poliziotti durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Un momento della contestazione, 1968 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Contestazione a Venezia, 1968, Istituto Veneziano per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea Luigi Nono durante le contestazioni, 1968. Foto Reporter ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 Luigi Nono durante le contestazioni, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 Contestazioni e manifestazione durante l’inaugurazione della 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968. Foto Reporter ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 Contestazioni e manifestazione ai Giardini della Biennale, 1968. Foto Studio Ferruzzi

434

Il Sottosegretario Eugenio Gatto durante l’inaugurazione della 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968. Foto Reporter ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Il padiglione dei Paesi Nordici chiuso per la contestazione, 1968 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 Il padiglione dei Paesi Nordici chiuso per la contestazione, 1968. Foto Reporter ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83 L’esterno del padiglione dei Paesi Nordici durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive L’interno del Padiglione Italia durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Gastone Novelli all’interno del Padiglione Italia durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Visitatori all’esterno del padiglione dei Paesi Nordici durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Interno del padiglione Francia, sala Piotr Kowalski, durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Padiglione Francia, sala di Piotr Kowalski chiusa ai visitatori durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Esterno di un padiglione durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Gian Alberto Dell’Acqua e Eugenio Gatto durante l’inaugurazione della 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968. Foto Reporter ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Interno del Padiglione Italia, quadri coperti con fogli di carta durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Il Sottosegretario Eugenio Gatto durante l’inaugurazione della 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968. Foto Studio Ferruzzi

Giovanni Favaretto Fisca e Gian Alberto Dell’Acqua durante la contestazione, 1968. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Il padiglione dei Paesi Nordici chiuso per la contestazione, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

3.5 I VIDEO DELLA CONTESTAZIONE DELLA BIENNALE ARTE

Contestazione alla Biennale di Venezia 1968, Archivio AAMOD, 1968 (muto)

Le muse inquiete


Biennale 1968, b/n, son, 1968 ASAC, Cineteca 3.6 IL RITIRO DEGLI ARTISTI

Lettera di Gastone Novelli, 21 Luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione

DALLA BIENNALE

Lettera di Franco Gentilini a Gian Alberto Dell’Acqua, 4 Gennaio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Lettera di Gian Alberto Dell’Acqua a Gastone Novelli, 8 febbraio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli Lettera di Gastone Novelli a Gian Alberto Dell’Acqua, 3 Aprile 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli Lettera di Gian Alberto Dell’Acqua a Gastone Novelli, 9 Aprile 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli Lettera di Gastone Novelli a Gian Alberto Dell’Acqua, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli Telegramma di Gianni Colombo e Marcello Morandini alla Biennale, 20 giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Lettera di Gastone Novelli alla Biennale, 20 Giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli Telegramma di Remo Brindisi, 21 Giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Telegramma dell’Unione Donne Italiane, 21 Giugno 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione

Telegramma di Rodolfo Aricò alla Biennale, 24 luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Rodolfo Aricò Lettera di Gianni Colombo e Marcello Morandini a Giovanni Favaretto Fisca, 25 luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gianni Colombo Lettera di Deuglasse Grassi e Gian Alberto Dell’Acqua a Gastone Novelli, 26 Luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli Comunicato telefonico di Livio Marzot, 27 Luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Cartolina alla Commissione Giudicatrice della Biennale, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Lettera di Gastone Novelli a Gian Alberto Dell’Acqua, 14 Agosto 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Gastone Novelli

Avviso per il pubblico, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Volantino distribuito durante la contestazione, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Volantino del Gruppo Rivoluzionario per una Nuova Biennale, 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione

Traduzione della lettera di Paul S. Newman, 8 luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione Lettera di Giovanni Favaretto Fisca a Rodolfo Aricò, 16 luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 161, Rodolfo Aricò

documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Fallito l’assalto alla Biennale Il Gazzettino, 19 Giugno 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Alla Biennale: futurismo e l’ultima avanguardia La Stampa, 9 Agosto, 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

La Biennale non si vede ancora Corriere della Sera, 19 giugno 1968, Dino Buzzati ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

“Happening” alla Biennale Corriere della Sera, 11 agosto 1968, Dino Buzzati ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Contestazioni davanti al padiglione degli Stati Uniti d’America, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Ciò che resta della Biennale si inaugura oggi a Venezia Corriere della Sera, 21 giugno 1968, Sandro Meccoli ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Da oggi Biennale col brivido 17 giugno 1968, Dino Buzzati ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8 3.8 LE FOTOGRAFIE DI UGO MULAS

Biennale in crisi Corriere della Sera, 21 giugno 1968, Dino Buzzati ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8 Giornata tesa a Venezia dopo gli scontri in Piazza Il Gazzettino, 21 giugno 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Sala di Valerio Adami, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Sala di Rodolfo Aricò, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

La “Biennale poliziotta” inaugurata in un clima di imbarazzo e impotenza L’Unità, 24 Giugno 1968, Mario Passi ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Visitatori alla 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968. Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Tranquilla apertura a Venezia della contestata Biennale d’arte Stampa sera, 25 Giugno 1968, Gigi Ghirotti ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Dichiarazione di Mario De Luigi, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Gli artisti dal rifiuto all’azione L’Unità, 29 Giugno 1968, Mario De Micheli ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

3.7 LA RASSEGNA STAMPA NEI GIORNI DELLA VERNICE

Lettera di Paul S. Newman, 8 luglio 1968 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 164, Documenti sulla contestazione

ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Comunicato Stampa, 10 Giugno 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8 Senza Robespierre “vernice” tranquilla? Il Giorno, 18 giugno 1968, Nantas Salvalaggio ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8 Venezia, impassibile supera anche la rivolta globale Il Giorno, 19 giugno 1968, Nantas Salvalaggio

Ecco la “minimal art” Corriere della Sera, 27 giugno 1968, Dino Buzzati ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Leoncillo nella sua sala, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Radiografia politica della “Biennale della paura” Paese sera, 6 luglio 1968, Giulio Obici ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1968, b. 8

Sala di Leoncillo, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Poche personalità e molte comparse L’Avanti!, 17 luglio 1968, Cesare Vivaldi ASAC, Raccolta

Mario Nigro nella sua sala, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo

435

Pino Pascali, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Pino Pascali nella sua sala, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Dichiarazione di Pino Pascali, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Inaugurazione della 34. Esposizione Biennale Internazionale d’Arte, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Giangiacomo Spadari arrestato dalla polizia, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Tommaso Trini arrestato dalla polizia, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Giuseppe Ungaretti e Milena Milani tra i giovani che presidiano San Marco, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Emilio Vedova, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Sala di David Lamelas, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

The Disquieted Muses


Padiglione del Belgio, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

movimento operaio e democratico

Lydia Silvestri, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli

Servizio TG – RAI, Carlo Mazzarella, 29 agosto 1968. RAI

Cartelli di protesta degli studenti dell’Accademia, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Luigi Nono, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Le tele di Gastone Novelli, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Proteste in Piazza San Marco, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli La polizia presidia Piazza San Marco, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Mario De Micheli, 1968 Foto Ugo Mulas © Eredi Ugo Mulas Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano - Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli 3.9 IL SESSANTOTTO VISTO DAGLI ARCHIVI DELL’ISTITUTO LUCE

Tempi nostri. La mostra del Cinema contestata Istituto Luce Contestazione di studenti e artisti all’inaugurazione della Biennale di Venezia, Notizie Cinematografiche. Istituto Luce, 1968 3.10 LA CONTESTAZIONE ALLA MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA NEL 1968 VISTA DALL’ARCHIVIO RAI TECHE

Servizio TG – RAI, Carlo Mazzarella, 27 agosto 1968. RAI

Servizio TG – RAI, Carlo Mazzarella, 31 agosto 1968. RAI Servizio TG – RAI, Carlo Mazzarella, 1 settembre 1968. RAI Servizio TG – RAI, Carlo Mazzarella, 2 settembre 1968. RAI Zavattini: contestazione al Festival del Cinema di Venezia, 1968, Aamod 3.11 Le fotografie della contestazione alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica al Lido Contestazione alla XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica. Pier Paolo Pasolini, Lido 1968. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan

Giornate del cinema italiano, Florinda Bolkan, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan

Luigi Chiarini in conferenza stampa, 1968. Foto Studio Bernardi. ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Giornate del cinema italiano, Laura Betty, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan

Contestazione del pubblico alla XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, 1968. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Giornate del cinema italiano, Marcello Mastroianni, Marco Ferreri, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan

Contestazione del pubblico alla XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, 1968. Foto Fotoattualità ASAC, Fototeca, Cinema b. 444 Contestazione del pubblico alla XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Cinema b. 444 Alexander Kluge alla premiazione, 1968 ASAC, Fototeca, Cinema b. 445

Cesare Zavattini a Venezia, 1968. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Carmelo Bene alla premiazione, 1968. Foto Studio Bernardi ASAC, Fototeca, Cinema b. 445

Contestazione alla XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, 1968. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Alexander Kluge e Carmelo Bene alla premiazione, 1968. Foto Studio Bernardi ASAC, Fototeca, Cinema b. 445

Marco Ferreri, 1968. Foto Gianni Berengo Gardin ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Alexander Kluge alla premiazione, 1968. Foto Studio Bernardi ASAC, Fototeca, Cinema b. 445

Contestazione alla XXIX. Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, 1968. Foto Olympia ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Carmelo Bene e Lydia Mancinelli alla premiazione, 1968. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 445

Contestazione davanti al Palazzo del Cinema, 1968. Foto Gianni Berengo Gardin ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

3.12 LE GIORNATE DEL CINEMA

Pier Paolo Pasolini, 1968 ASAC, Fototeca, Cinema b. 444 Pier Paolo Pasolini, 1968. Foto Studio Bernardi ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

E AAMOD

Materiali tratti dagli archivi Rai e AAMOD Archivio audiovisivo del

Pier Paolo Pasolini, 1968. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

Pier Paolo Pasolini, 1968. Foto Fotoattualità ASAC, Fototeca, Cinema b. 444

ITALIANO, 1972

Materiali tratti dall’Archivio AAMOD Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico, 1972 Giornate del cinema italiano, Jean-Luc-Godard, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, campo Santa Margherita, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan

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Giornate del cinema italiano, Marco Bellocchio, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Marco Ferreri, Nanni Loy, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Marco Ferreri, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Michelangelo Antonioni, Bernardo Bertolucci, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Pier Paolo Pasolini, Ninetto Davoli, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Tinto Brass, Gigi Proietti, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Ugo Tognazzi, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan Giornate del cinema italiano, Gian Maria Volonté, 1972. Foto Archivio Cameraphoto Epoche / © Vittorio Pavan 3.13 LA RASSEGNA STAMPA SULLA CONTESTAZIONE ALLA BIENNALE

ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2 Pioggia di smentite sulle partecipazioni alla Mostra Autori e studenti: a Venezia per lottare Paese Sera, Roma, 12 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2 Farà presto caldo in laguna: dopo la Biennale d’arte anche la Mostra cinematografica rischia di avere uno svolgimento avventuroso o addirittura di essere rinviata sine die Il Giornale di Sicilia, Palermo, 9 agosto 1968, Gregorio Napoli ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2 La morte di Venezia è la vita per Cannes La Notte, Milano, 8 agosto 1968, Mimi Pinson ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2 Perché contestiamo la Mostra di Venezia - È più un’accademia che una palestra di cultura L’Unità, Milano, 4 agosto 1968, Ugo Casiraghi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2 Venezia 68. Sarà la mostra della violenza ABC, agosto 1968, Callisto Cosulich ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2 Questo turbolento Festival di Venezia. Al cinema con l’elmetto Giornale di Bergamo, 23 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 2

CINEMA

Telegramma di Pietro Germi a Umbro Apollonio e Wladimiro Dorigo, 1968 ASAC, Fondo Storico, Cinema b. 244, Cinema 68 Volantino del comitato di coordinamento per il boicottaggio della mostra cinematografica, 1968 ASAC, Fondo Storico, Cinema b. 244, Cinema 68 Perché contestiamo la Mostra di Venezia Non è stata mai capace di camminare con il cinema L’Unità, Roma, 2 agosto 1968, Ugo Casiraghi

Per la Mostra si prevedono scontri al Consiglio comunale L’Unità, Roma, 30 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 3 Buttati fuori dal Lido i contestatori comunisti Il Secolo d’Italia, Roma, 28 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 3 Fino all’ultimo respiro il braccio di ferro fra Luigi Chiarini e i suoi molti nemici - Cà Foscari spara sul Lido,

Le muse inquiete


Marialivia Serini ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 3 Perché contestiamo la Mostra di Venezia - Selezione e giuria strumenti di una struttura antiquata L’Unità, 8 agosto 1968, Ugo Casiraghi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4

Il Giorno, 21 agosto 1968, Natalia Aspesi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4 Molto rumore, pochissimi danni - Bomba carta contro la Mostra di Venezia Giornale di Sicilia del Lunedì, Palermo, 19 agosto 1968, Aurelio Minazzi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Pronta replica del direttore alla decisione di occupare la Mostra -Buffonate! dice Chiarini La Notte, Milano, 21 agosto 1968, Ernesto Baldo ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4

Il questore di Venezia tutelerà l’ordine - Una Mostra con poliziotti Paese Sera, Milano, 17 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Si preparano le misure per l’ordine - A Venezia Mostra col mitra Paese Sera, Milano, 20 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4

Chiarini: la bomba non fermerà il festival Corriere d’informazione, Milano, 19 agosto 1968, Giancarlo Bo ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Mentre Chiarini annuncia il programma ufficiale - Adesso gli arrabbiati difendono Venezia La Notte, Milano, 22 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4

Chiarini ha presentato il programma della imminente Mostra del Cinema di Venezia - il Leone ha ruggito Il Giornale di Sicilia, Palermo, 23 agosto 1968, Gregorio Napoli ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Venezia - Chiarini attende a piè fermo i contestatori La Gazzetta del Mezzogiorno, 25 agosto 1968, Piero Virgintino ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4 Venezia ‘68 - La Mostra a una dimensione Il Giornale d’Italia, 24-25 agosto 1968, Claudio Quarantotto ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4 Anche Bertolucci ritira il film ma annuncia le sue dimissioni dall’Anac Il Tempo, 24 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4

Chiarini: non mi spaventano i pomodori Il Tempo, Milano, 20 agosto 1968, Enrico Nassi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Chiarini parlamenta con i contestanti Venezia Notte, Venezia, 8 agosto 1968, Giorgio Soligo ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Ci contestino pure tutto - È una mostra che dà il meglio Il Giorno, Milano, 11 agosto 1968, Vittorio Cossato ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Il Leone sempre più contestato - Dimissioni alla Cinemostra Oggi riuniti i registi: domani forse la Mostra Paese Sera, Roma, 26 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 4

Come si comporterà Luigi Chiarini durante la Mostra se ci saranno disordini o incidenti? La Polizia non la chiamo! Giornale di Sicilia, 17 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Questa mostra - dicono non si farà - Pasolini ha ritirato il suo film

Chiarini a Renoir: Ti prego aiutami! Momento-sera, 25 agosto

1968, Maurizio Liverani ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Si apre domani al Lido il Festival della contestazione Ci sarà o no la guerra per la Mostra di Venezia? Stampa Sera, 24 agosto 1968, Carlo Moriondo ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Movimentata antivigilia della Mostra del Cinema, Chiarini attacca a fondo i contestatori di Venezia Stampa Sera, 24 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Polemico e brillante - Chiarini con i contestatori La Notte (di Venezia), 23 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Chiarini: contesto da 6 anni la Mostra di Venezia ma sono deciso a respingere ogni sopraffazione La Voce Adriatica, Ancona, 17 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 I contestatori coperti da lividi al dibattito promosso da Chiarini La Stampa, Torino, 29 agosto 1968, Gigi Ghirotti ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 I registi occuperanno il Palazzo del Cinema Dietrofront di Pasolini che ritira il suo film Il Piccolo, Trieste, 21 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Il Padrone del Lido Nonostante i ritiri e le polemiche Chiarini condurrà in porto il festival del cinema di Venezia La Fiera letteraria, 15 agosto 1968, Carlo Della Corte ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Pasolini: Roma vuol chiudere la Mostra perché non accetta la autogestione Gazzetta del Sud, Messina, 27 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Ancora abusi a puntello della baracca della Mostra

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L’Unità, Roma, 5 settembre 1968, Aggeo Savioli ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Venezia: cronaca dall’antifestival - I contestatori minacciano: attenti, qui ci scappa il morto Gente, 4 settembre 1968, Ornella Ripa ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Non si è aperta regolarmente la XXIX Mostra - Il Leone miagola L’Avanti!, 27 agosto 1968, Lino Miccichè ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 I registi occuperanno il palazzo della Mostra Paese Sera, Milano, 21 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Si fa, non si fa? La Mostra di Venezia in mare aperto Gazzetta del Mezzogiorno, 27 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 I rivoluzionari decisi a far saltare in aria la Mostra Stampa Sera, Torino, 21 agosto 1968, Gianni Ghirardini ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 È una bella babilonia, la Mostra della contestazione Il Giorno, Milano, 22 agosto 1968, Natalia Aspesi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 L’Anac per l’occupazione Gli studenti saranno neutrali Momento-sera, Roma, 22 agosto 1968, Piero Zanotto ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Verso una co-gestione la mostra di Venezia? - La manifestazione sembra naufragata Il Giornale di Pavia, 27 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 La calda Mostra di Venezia Mancano sette giorni - Cosa avverrà? Momento-sera, Roma, 17 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5

Pasolini ritira Teorema da Venezia La Sicilia, 21 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Il Leone contestato - Mostra in tempesta Paese Sera, Milano, 27 luglio 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Il regista cederebbe alle insistenze del produttore del suo film e non si opporrebbe alla presentazione di Teorema - Pasolini possibilista? Il Giornale di Sicilia, Palermo, 22 agosto 1968, Gregorio Napoli ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Il Festival in gondola tra proteste smentite e soprattutto gran caos L’Eco di Bergamo, 27 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Una bomba carta è stata fatta esplodere da fantomatici anarchici-contestanti, Mini attentato alla Mostra Venezia Notte, Venezia, 19 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 La nostra inchiesta sul Leone contestato - Una Comune del cinema libero Paese Sera, 29 luglio 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Apriamo un’inchiesta sul Leone contestato - Vogliono libertà e un cinema di idee Paese Sera, Roma, 25 luglio 1968, Mario Balvetti ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Carmelo Bene: Io difendo Chiarini Momento-sera, 5-6 agosto 1968, Antonio Troisio ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Anche Antonioni e i Centri Universitari schierati contro la Mostra veneziana L’Unità, Roma, 14 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 La Biennale ribadisce: la Mostra si farà. D’accordo la

The Disquieted Muses


maggioranza degli autori L’Italia - Milano, 24 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Antonioni: no alla mostra Paese Sera, Milano, 14 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Marcuse: che cos’è la Mostra del Cinema? La Notte - Milano, 14 agosto 1968, Bruno Tosi ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Sempre più agitate le acque del Festival L’Avvenire d’Italia, Bologna, 22 agosto 1968, Piero Zanotto ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Disagio a Venezia Paese Sera, Roma, 22 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Contrastanti giudizi sulla Mostra di Rossellini, Visconti e Antonioni Corriere di Napoli, 14 agosto 1968, Paolo Perrone ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Film d’arte e stato poliziesco Paese Sera, Milano, 3 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Per Chiarini conto alla rovescia La Fiera letteraria, Roma, 29 agosto 1968, Carlo della Corte ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Bellocchio il duro marcia già su Venezia Gazzetta del Sud, Messina, 24 agosto 1968, Sergio Ascanio ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Sartre sulla Mostra di Venezia Paese Sera, 21 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 I registi francesi: siamo contro la Mostra Paese Sera, 23 agosto 1968 ASAC, Raccolta

documentaria, Cinema 1968, b. 5 I contestatori in Consiglio Comunale (ma l’o.d.g. relativo è stato rinviato) La Notte, 3 settembre 1968, Giampiero Rizzon ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Rossellini favorevole Antonioni contrario alla Mostra di Venezia La Sicilia, 14 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Impedire le proiezioni a Venezia è come bruciare i libri nelle piazze Il Piccolo, 24 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Si prepara il sabotaggio organizzato della Mostra del Cinema a Venezia Il Giornale d’Italia, 7-8 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Fermo no a Venezia del CUC e di Antonioni L’Unità Roma, 14 agosto 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Cinemostra: no degli studenti Paese Sera, 23 luglio 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 Bandita la logica a Venezia Corriere della Sera, Milano, 24 agosto 1968, Sandro Meccoli ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 5 3.14 LA CONTESTAZIONE ALLA

Wladimiro Dorigo, Michelangelo Antonioni e Umberto Eco alla conferenza stampa per Chung Kuo – Cina, 1974 ASAC, Fototeca, Cinema b. 581 3.15 LA DANZA AMERICANA A VENEZIA: ALVIN AILEY, ALWIN NIKOLAIS E MERCE CUNNINGHAM

Manifesto Alvin Ailey American Dance Theater, Teatro La Fenice, Alvin Ailey, 1967 ASAC, Fondo manifesti Alvin Ailey Dance Theater dal catalogo del 30. Festival Internazionale di Musica Contemporanea, 1967 ASAC, Fondo editoriale Alvin Ailey American Dance Theater: Blues suite, Prodigal prince, Revelations, Alvin Ailey, 1967. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 33 Alvin Ailey American Dance Theater: Blues suite, Prodigal prince, Revelations, Alvin Ailey, 1967. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 33 Alvin Ailey American Dance Theater: Blues suite, Prodigal prince, Revelations, Alvin Ailey, 1967. Foto Reporter Servizi Fotografici ASAC, Fototeca, Musica b. 33 Balletti negri e indiani non convincono a Venezia Il Popolo, 14 settembre 1967 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1967, b. 2 L’Alvin Ailey Dance Theater successo dell’armonia e dell’invenzione, Il Popolo, 14 settembre 1967 ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1967, b. 2

PRESENTAZIONE DI CHUNG KUO, CINA DI MICHELANGELO ANTONIONI

Chung Kuo – Cina di Michelangelo Antonioni, 1974 ASAC, Mediateca La contestazione di filo maoisti all’esterno del cinema Olimpia a Venezia per la proiezioni di Chung Kuo – Cina di Michelangelo Antonioni, 1974 ASAC, Fototeca, Cinema b. 581 Giacomo Gambetti, Michelangelo Antonioni e Carlo Ripa di Meana alla conferenza stampa per Chung Kuo – Cina, 1974 ASAC, Fototeca, Cinema b. 581

Locandina per Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Alwin Nikolais, 1968 ASAC, Fondo manifesti Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Alwin Nikolais, 1968. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 37 Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Alwin Nikolais, 1968. Foto Reporter Servizi Fotografici ASAC, Fototeca, Musica b. 37

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Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Alwin Nikolais, 1968. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Musica b. 37 Balletti dell’Alwin Nikolais Dance Company, Imago (the city curious), Teatro La Fenice, Alwin Nikolais, 1968. Foto Robert Sosenko ASAC, Fototeca, Musica b. 37 The Alvin Nikolais American Dance Company program No. 1, 1968 ASAC, Fondo storico, Musica b. 51, Balletti del Dance theater di Alwin Nikolais Nikolais Dance Co. Stage dressing and lighting requirements, 1968 ASAC, Fondo storico, Musica b. 51, Balletti del Dance theater di Alwin Nikolais Preziose miniature di Castiglioni e Bussotti L’Unità, 16 settembre 1968, Rubens Tedeschi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1968, b. 3 Sotto i camicioni i pepli di Isadora La Notte, 14 settembre 1968, Luigi Rossi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1968, b. 3 Manifesto di Merce Cunningham & Dance Company: Canfield, 1972 ASAC, Fondo manifesti Merce Cunningham & Dance Company: Canfield, Merce Cunningham, 1972 ASAC, Fototeca, Musica b. 52 Merce Cunningham & Dance Company: Canfield, Merce Cunningham, 1972. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 52 Manifesto di Merce Cunningham & Dance Company: Rainforest, Winterbranch, TV Rerun, 1972 ASAC, Fondo manifesti Merce Cunningham & Dance Company: Rainforest, Winterbranch, TV Rerun, Merce Cunningham, 1972. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 52 Manifesto di Merce Cunningham & Dance Company: Piazza San Marco Event, 1972 ASAC, Fondo manifesti

Merce Cunningham & Dance Company: Piazza San Marco Event, Merce Cunningham, 1972. Foto Reporter servizi fotografici ASAC, Fototeca, Musica b. 53 Merce Cunningham & Dance Company: Piazza San Marco Event, Merce Cunningham, 1972. Foto Studio Ferruzzi ASAC, Fototeca, Musica b. 53 Sposa la danza allo scenario di piazza S. Marco Il Giorno, 15 settembre 1972, Lorenzo Arruga ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1972, b. 2 Danza in piazza a suon di campane Paese sera, 17 settembre 1972, Vittoria Ottolenghi ASAC, Raccolta documentaria, Musica 1972, b. 2 3.16 SIMONE FORTI

Untitled, performance di Simone Forti, 1972 ASAC, Fondo artistico

SALA 4 4.1 LA NUOVA PRESIDENZA E L’ARCHIVIO A CA’ CORNER DELLA REGINA

Spagna Avanguardia artistica e realtà sociale (1936 – 1976), inaugurazione, 1976. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 120 Cà Corner della Regina, sede dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee, 1976 ASAC, Fototeca, Sedi Ca’Corner della Regina b. 4 Piano quadriennale di massima delle attività e delle manifestazioni (1974 – 1977) con introduzione di Carlo Ripa di Meana ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 217, II riunione commissari stranieri Annuario 1975. Eventi del 1974 a cura dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee ASAC, Fondo editoriale Annuario 1976. Eventi del 1975 a cura dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee ASAC, Fondo editoriale Annuario 1978. Eventi del 1976 - 1977 a cura dell’Archivio Storico delle Arti

Le muse inquiete


Contemporanee ASAC, Fondo editoriale

ASAC, Fototeca, Arti visive b. 96

Annuario 1979. Eventi del 1978 a cura dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee ASAC, Fondo editoriale

Catalogo della mostra Le macchine celibi, 1975 ASAC, Fondo editoriale

Pieghevole Archivio Storico delle Arti Contemporanee, 1978 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore 1978

La macchina de Nella colonia penale di Franz Kafka, 1975, in Le macchine celibi. Foto Antonio Martinelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 96

Carlo Ripa di Meana davanti a Cà Corner della Regina, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Sedi - Ca’ Corner della Regina b. 4

James Lee Byars, 1975, in Le macchine celibi. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 96

Cos’è il fascismo, di Fabio Mauri, 1974. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 159

Testo di Harald Szeeman per Le macchine celibi, 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 120, Materiale per la stampa

Cos’è il fascismo, Fabio Mauri, Catalogo, 1974 ASAC, Fondo editoriale Cassio governa a Cipro, Giorgio Manganelli, Catalogo, 1974 da Othello di William Shakespeare ASAC, Fondo editoriale Nicoletta Rizzi e Luca Ronconi durante le prove di Cassio governa a Cipro, di Giorgio Manganelli, 1974 ASAC, Fototeca, Teatro b. 164 Pubblico, Cassio governa a Cipro, di Giorgio Manganelli, 1974 ASAC, Fototeca, Teatro b. 164 Cassio governa a Cipro, di Giorgio Manganelli, 1974 ASAC, Fototeca, Teatro b. 164 4.2A LE MACCHINE CELIBI A CURA DI HARALD SZEEMANN, 1975

Lettera di incarico di Carlo Ripa di Meana a Harald Szeeman, 6 marzo 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 121, Contratto Macchine Celibi Macchine per fare l’amore, 1975, in Le macchine celibi. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 96 Telegramma di Carlo Ripa di Meana a Vittorio Gregotti, 6 settembre 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 121, Macchine celibi varie Il diamante, Jacques Carelman, 1975, in Le macchine celibi. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 96 Il robot Anatol, 1975, in Le macchine celibi. Foto Cameraphoto

4.2B AMBIENTE/ARTE A CURA DI

Giorgio Napolitano visita l’ambiente di Vito Acconci nella mostra Ambiente/Arte, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 113 Tina Anselmi visita con Carlo Ripa di Meana l’ambiente di Sol Lewitt nella mostra Ambiente/Arte, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 113 Giulio Andreotti visita con Carlo Ripa di Meana e Vittorio Gregotti l’ambiente di Sol Lewitt nella mostra Ambiente/Arte, 1976. ASAC, Fototeca, Arti visive b. 113 4.3A PROPOSTE PER IL MULINO STUCKY, A CURA DI VITTORIO GREGOTTI, 1975

GERMANO CELANT, 1976

Catalogo della mostra Ambiente/Arte. Dal Futurismo alla Body Art, 1976 ASAC, Fondo editoriale

Manifesto della mostra Proposte per il Mulino Stucky. Ceroli-Fini, 1975. S. Galante, Alessandro Zen ASAC, Fondo manifesti

Germano Celant e Jannis Kounellis in Ambiente/Arte, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Ritratti b. 51

Vista aerea della Giudecca, 1975 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100

Cavalli, Jannis Kounellis, 1976 in Ambiente/Arte. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 117

Veduta del Molino Stucky dalle Zattere, 1975 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100

Lettera di Germano Celant a Carlo Ripa di Meana, 28 ottobre 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 248, Celant Lettera di Germano Celant a Vittorio Gregotti, 22 febbraio 1976 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 248, Celant Tornano in stalla i cavalli... d’arte La notte, 23 Luglio 1976 ASAC, Rassegna stampa, 24 luglio 1976 Via i cavalli dalla Biennale dopo la protesta degli zoofili Il Gazzettino, 23 Luglio 1976 ASAC, Rassegna stampa, 24 luglio 1976 Relazione Arte in/come Ambiente di Germano Celant, 24 gennaio 1976 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 248, Arte Ambiente 1915-1976 Bettino Craxi visita con Carlo Ripa di Meana l’ambiente di Mario Merz nella mostra Ambiente/Arte, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 113

Esterno del Molino Stucky, 1975. Foto Marco Balzarotti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 Interno del Molino Stucky, 1975. Foto Marco Balzarotti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 Interno del Molino Stucky, 1975 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 Locandina della mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore 1975 b. 2 Carlo Ripa di Meana, Vittorio Gregotti, Luca Ronconi, Giacomo Gambetti all’inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Progetto di Mario Ceroli e Gianfranco Fini per Proposte per il Mulino Stucky, 1975. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Giulio Paolini durante l’allestimento della mostra

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Proposte per il Mulino Stucky, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Vittorio Gregotti osserva l’installazione Platea, Giulio Paolini, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Vittorio Gregotti durante l’allestimento dell’opera Contenitore per le Proposte per il Mulino Stucky, di Mario Ceroli e Gianfranco Fini, Piazza San Marco, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 107 Jannis Kounellis alla Giudecca, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Ritratto di Jannis Kounellis davanti al Molino Stucky, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Mario Ceroli dà fuoco al Contenitore per le Proposte per il Mulino Stucky, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 108 Ritratto di Guy de Rougemont, 1975. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Cartolina della mostra Proposte per il Mulino Stucky, di Errò, 1975 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore 1975 b. 2 Allestimento dell’opera Per Allende di Mark di Suvero nella mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Itinéraires prévus pour la permutation de St. Marc, Palais des Doges et Moulin Stucky, di Guy de Rougemont, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Progetto di Errò per la mostra Proposte per il Mulino Stucky, 1975 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 103 Per Allende, Mark di Suvero, 1975. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Gustav Peichl e Vittorio

Gregotti, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Vittorio Gregotti durante l’allestimento dell’opera Contenitore per le Proposte per il Mulino Stucky, di Mario Ceroli e Gianfranco Fini, Piazza San Marco, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 102 Vittorio Gregotti con Mario Ceroli e Gianfranco Fini all’interno del Contenitore per le Proposte per il Mulino Stucky, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 107 Bernhard Luginbuhl trasporta i materiali per la sua opera, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 107 Ritratto di Piotr Kowalski, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Ritratto di Nam June Paik, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Pubblico all’inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 Pronto soccorso Il Corriere della sera, 21 settembre 1975, Tommaso Trini ASAC, Rassegna stampa, 1975 agosto-settembre La Biennale de Venice livree aux croque-morts Le Figaro, 17 ottobre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 1975 settembre-ottobre Biennale contestata Il Gazzettino, 18 ottobre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 1975 settembre-ottobre La Biennale si difende La Voce Repubblicana, 7 settembre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 1975 agosto-settembre Progetti per distruggere il Mulino da Salvare Il Corriere della Sera, 21 settembre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 1975 agosto-settembre Inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975. Foto Lorenzo Capellini

The Disquieted Muses


ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Pubblico all’inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 106 Pubblico all’inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 Il Mulino del popò Nord est, 16 ottobre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 1975 settembre-ottobre Inaugurazione della mostra Proposte per il Mulino Stucky, Magazzini del Sale, 1975 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 Intervento di feedback, Environmedia, 1975. Foto Francesco Petit ASAC, Fototeca, Arti visive b. 100 4 giorni di seminario aperto sull’uso e sulla lettura della comunicazione audiovisiva, brochure, 1975 ASAC, Fondo editoriale Comunicazione comunitaria: l’esperienza di comunicazione audiovisiva nel quartiere della Giudecca, catalogo, 1975 ASAC, Fondo editoriale 4.3B IL RAZIONALISMO E L’ARCHITETTURA IN ITALIA DURANTE IL FASCISMO

Pieghevole di Ambiente, partecipazione, strutture culturali, 1976 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore 1976 Vittorio Gregotti, Harald Szeemann e Ingeborg Lüscher, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119 Carlo Ripa di Meana durante l’inaugurazione della mostra Il razionalismo e l’architettura in Italia durante il Fascismo, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119 Esterno della ex chiesa di San Lorenzo, sede della sezione Il razionalismo e l’architettura in Italia durante il Fascismo, 1976. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119

Interni della sezione Il razionalismo e l’architettura in Italia durante il Fascismo, 1976. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119 Ritratto di Vittorio Gregotti all’interno della mostra, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119

Nederlands Dans Theater, Incontri Internazionali della danza, 1975. Foto Tony van Muyder ASAC, Fototeca, Musica b. 58 Martha Graham Dance Company, Incontri Internazionali della danza, 1975 ASAC, Fototeca, Musica b. 58

Inaugurazione della sezione Il razionalismo e l’architettura in Italia durante il Fascismo, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119

Invasa dal balletto la città di Venezia Il Giorno, 16 giugno 1975, Lorenzo Arruga ASAC, Rassegna stampa, Ritagli stampa 1975, b. 1-17 Giugno

Testo Razionalisti e astrattisti italiani negli anni trenta, Licisco Magagnato, s.d. ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 227, Testo sul Razionalismo di Licisco Magagnato

Tra mediocre e sublime Béjart in piazza San Marco Il Messaggero, 16 giugno 1975, Gino Tani ASAC, Rassegna stampa, Ritagli stampa 1975, b. 1-17 Giugno

Biennale: rapporto sull’architettura Avanti!, 20 agosto 1976, di S. Giannattasio ASAC, Rassegna stampa, 20 agosto 1976

La ‘Nona’ secondo Béjart Il Gazzettino del lunedì, 16 giugno 1975, Mario Messinis ASAC, Rassegna stampa, Ritagli stampa 1975, b. 1-17 Giugno

Progetto per il Concorso per il Palazzo Littorio a Roma di BBPR, Figini e Pollini, 1976 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119

Béjart danza Beethoven in S. Marco Stampa sera, 16 giugno 1975, Alberto Blandi ASAC, Rassegna stampa, Ritagli stampa 1975, b. 1-17 Giugno

Progetto per Città orizzontale di Giuseppe Pagano, Ignazio Diotallevi, Franco Marescotti, 1976 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 119 Le temps du fascisme… a Venise, Jacques Michel Le Monde, 11 agosto 1976 ASAC, Rassegna stampa, 20 agosto 1976 4.4A ACCADEMIA INTERNAZIONALE DI DANZA E INCONTRI

IX Symphonie di Beethoven, Ballet du XXe siècle, Maurice Béjart, Piazza San Marco, Incontri Internazionali della danza, 1975 ASAC, Fototeca, Musica b. 57 Incontri Internazionali della danza, 1975 ASAC, Fondo editoriale Accademia Internazionale della Danza, 1975

INTERNAZIONALI DELLA DANZA, 1975

Notre Dame de Paris, Ballet de Marseille, Incontri Internazionali della danza, 1975 ASAC, Fototeca, Musica b. 58 IX Symphonie di Beethoven, Ballet du XXe siècle, Maurice Béjart, Piazza San Marco, Incontri Internazionali della danza, 1975. Foto Oscar ASAC, Fototeca, Musica b. 57 Tokyo Ballet Company, Incontri Internazionali della danza, 1975 ASAC, Fototeca, Musica b. 58 Antonio Gades e Cristina Hoyos, Compania de Baile Espanol di Antonio Gades, Incontri Internazionali della danza, 1975 ASAC, Fototeca, Musica b. 58

Balletto del Teatro alla Scala di Milano: Serenade, Concerto dell’Albatro, Romeo e Giulietta, Contagio, 1975

Einstein on the Beach, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Musica b. 67

Figuris, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 174

I prodigi di Bob Wilson Il Gazzettino, 15 settembre 1976, Mario Messinis ASAC, Rassegna stampa, 17 settembre 1976

Apocalypsis cum Figuris, Jerzy Grotowski, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 174

Einstein on the Beach, 1976. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Musica b. 67

Apocalypsis cum Figuris, Jerzy Grotowski, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 174 bis

Einstein on the Beach, 1976. Foto M. Vitiello ASAC, Fototeca, Musica b. 67

4.5B EUGENIO BARBA, IMMAGINI DA

Bob Wilson impigliato nel musical Paese sera, 15 settembre 1976, Elio Pagliarani ASAC, Rassegna stampa, 15 settembre 1976 Il ‘violinista’ Einstein L’Avanti!, 17 settembre 1976, Piero Santi ASAC, Rassegna stampa, 17 settembre 1976 ‘Ballo Excelsior’ dell’avanguardia L’Unità, 15 settembre 1976, Aggeo Savioli ASAC, Rassegna stampa, 17 settembre 1976

APOCALYPSIS CUM FIGURIS E IL SEMINARIO, 1975

Jerzy Grotowski e Peter Brook, Scientific Session di Mirano, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 174 bis Jerzy Grotowski e Luca Ronconi, Uniwersytet Poszukiwan Wroclaw, 1975 ASAC, Fototeca, Teatro b. 174 bis Jerzy Grotowski e Peter Brook, Uniwersytet Poszukiwan Wroclaw, 1975 ASAC, Fototeca, Teatro b. 174 bis

Scheda di iscrizione di Iride Sauri alla Accademia Internazionale della danza, 1975 ASAC, Fondo storico, Musica b. 75/2, Varie

Jerzy Grotowski, Luca Ronconi al XI Seminario scenico, Apocalypsis cum Figuris, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 174

4.4B BOB WILSON, EINSTEIN ON

Progetto Speciale, Jerzy Grotowski, stage con i gruppi di ricerca, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 174 bis Locandina per XI Seminario scenico, Apocalypsis cum

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Immagini da una realtà senza teatro, Odin Teatret, Eugenio Barba, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 173 Immagini da una realtà senza teatro, Odin Teatret, Eugenio Barba, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 173 4.5C LA MAMA EXPERIMENTAL THEATRE CLUB, FRAMMENTI DI UNA TRILOGIA, 1975

Accademia Internazionale della danza, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Musica b. 57

Opuscolo, Einstein on the beach, 1976 ASAC, Fondo editoriale

Testo a cura di Eugenio Barba, 1975 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 77, Odin Teatret

4.5A JERZY GROTOWSKY,

Jerzy Grotowski al XI Seminario scenico, Apocalypsis cum Figuris, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 174

THE BEACH, 1976

UNA REALTÀ SENZA TEATRO, 1975

Frammenti di una trilogia. Euripide. Sofocle. Seneca, Andrei Serban, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 172 Frammenti di una trilogia. Euripide. Sofocle. Seneca, Andrei Serban, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 172 Bozzetto per la scenografia dello spettacolo, 1975 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 76, Fascicoli nominativi di artisti e compagnie - Living 4.5D LIVING THEATRE, L’EREDITÀ DI CAINO, 1975

Caino e Abele per Venezia La Stampa, 22 ottobre 1975, Alberto Blandi ASAC, Rassegna stampa, 22 ottobre 1975 Anche il living s’intona alla Biennale della fatica Il Tempo, 17 ottobre 1975, Giorgio Prosperi ASAC, Rassegna stampa, 17 ottobre 1975 Julian Beck e Judith Malina in conferenza stampa, 1975. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Teatro b. 178 È possibile salvare il Living Theatre? Il Giorno, 22 ottobre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 22 ottobre 1975

Le muse inquiete


Testo a cura del Living Theatre, 1975 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 77, Living Theatre Volantino del Living Theatre. The Beginning of a process of social creation, 1975 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 77, Living Theatre Presentazione e atti poetici del Living Theatre, 1975 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 76, Varie Bozza della scaletta per L’eredità di Caino - La torre del denaro, 1975 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 77, Living Theatre Verbale della riunione della Commissione Teatro, 23 febbraio e 6 maggio 1977 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 82, Commissione teatro L’Eredità di Caino. Sei Atti Pubblici, Collettivo del Living Theatre, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 178 L’Eredità di Caino, La torre del denaro - Bozza della sceneggiatura ASAC, Fondo storico, Teatro b. 77, Living Theatre L’Eredità di Caino. Sei Atti Pubblici, Collettivo del Living Theatre, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 178

L’Eredità di Caino. Sette meditazioni sul sadomasochismo, Collettivo del Living Theatre, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 178 bis

Che cosa è rimasto del celebre Living Theatre L’Unità, 21 ottobre 1975, Aggeo Savioli ASAC, Rassegna stampa, 21 ottobre 1975 Le statue dell’orrore Paese Sera, 20 ottobre 1975, Elio Pagliarani ASAC, Rassegna stampa, 20 ottobre 1975 L’Eredità di Caino Sette meditazioni sul sadomasochismo, Living Theatre, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 178 bis

Six Public Acts, Living Theatre, 1975 ASAC, Mediateca 4.5E Ariane Mnouchkine, L’Âge d’or, 1975 L’Âge d’or, Théâtre du Soleil, Ariane Mnouchkine, 1975. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 171 Ritratto di Ariane Mnouchkine. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Teatro b. 171 L’Âge d’or, Théâtre du Soleil, Ariane Mnouchkine, 1975 ASAC, Fototeca, Teatro b. 171 L’Âge d’or, Théâtre du Soleil, Ariane Mnouchkine, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 171 L’Âge d’or, allestimento, campo San Trovaso, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 171 Carlo Ripa di Meana e Ariane Mnouchkine, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Teatro b. 171

L’Âge d’or, Ariane Mnouchkine, 1975 ASAC, Mediateca 4.5F Amelio ‘Memè’ Perlini, Tradimenti n.2, 1975 Tradimenti n. 2, di Memè Perlini, 1976. Foto M. Vitiello ASAC, Fototeca, Teatro b. 191 Tradimenti n. 2, di Memè Perlini, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Teatro b. 191 Tradimenti n. 2, di Memè Perlini, 1976 ASAC, Fototeca, Teatro b. 191 Ritratto di Memè Perlini, 1976. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Teatro b. 191 PANNELLO

Ma cossa xelo, questo living? Il Resto del Carlino, 16 ottobre 1975, Sergio Colomba ASAC, Rassegna stampa, 16 ottobre 1975 Atti di sadomasochismo Il Gazzettino, 21 ottobre 1975, G.A. Cibotto ASAC, Rassegna stampa, 21 ottobre 1975

Education of the Girlchild, Meredith Monk, 1975 ASAC, Mediateca

MONITOR

MONITOR

L’Eredità di Caino. Sei Atti Pubblici, Collettivo del Living Theatre, 1975. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Teatro b. 178

MONITOR

Manifesto di B 76. Tradimenti n. 2. Perlini. Aglioti. Davies, 1976 Clino Trini Castelli, Pierluigi Cerri, Alessandro Zen ASAC, Fondo manifesti 4.5G MEREDITH MONK, EDUCATION OF THE GIRLCHILD, 1975

SALA 5 Murales dipinti dalla Brigada Salvador Allende e dagli studenti del Liceo Artistico di Treviso, a Venezia e nel territorio circostante Idropittura e carboncino su truciolato, 300 × 300 cm ASAC, Fondo artistico Periodico in cinque numeri Libertà al Cile con i relativi manifesti, 1974 Cartella a cura dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia ASAC, Fondo artistico

Marghera, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Musica Popolare Cilena, IntiIllimani, Petrolchimico, Porto Marghera, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 1 Musica Popolare Cilena, IntiIllimani, tendone in campo San Polo, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 1 Hortensia Bussi, vedova di Salvador Allende, Musica Popolare Cilena, IntiIllimani, Petrolchimico, Porto Marghera, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 1 Musica Popolare Cilena, IntiIllimani, Padiglione Italia, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 1

ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, campo Santa Margherita, 1974. Foto Luca Rossi ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, campo Santa Margherita, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, Marghera, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, Mira, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 4 I Murales, Mira, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, Chioggia, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3

Mostra del manifesto cileno, Padiglione Italia, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3

Musica Popolare Cilena, IntiIllimani, tendone in piazzale Candiani, Mestre, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 1

Hortensia Bussi, vedova di Salvador Allende, visita la Mostra del manifesto cileno, Padiglione Italia, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3

Sebastian Matta realizza i murales in campo San Polo, 1974. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2

I Murales, Chioggia, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3

I Murales, campo San Polo, 1974. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2

Monitor Murales 1974, di Michele Sambin e Sergio Ballini, 1974 Murales 1974, di Raul Ruiz, 1974 ASAC, Mediateca

Mostra del manifesto cileno, Padiglione Italia, 1974. Foto Luca Rossi ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Mostra del manifesto cileno, Padiglione Italia, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Mostra fotografica, Libertà al Cile ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Mostra fotografica, Libertà al Cile, campo San Polo, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Mostra fotografica, Libertà al Cile, Chioggia, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Mostra fotografica, Libertà al Cile, piazzale Candiani, Mestre, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3 Carlo Ripa di Meana Incontri di artisti cileni con esponenti culturali, politici e del mondo sindacale, Porto

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I Murales, campo San Polo, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, campo San Polo, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 4 Sebastian Matta realizza i murales in campo San Polo, 1974. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 Sebastian Matta realizza i murales in campo San Polo, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, campo Santa Margherita, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 2 I Murales, campo Santa Margherita, 1974 ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 4 I Murales, campo Santa Margherita, 1974. Foto Lorenzo Capellini

I Murales, Chioggia, 1974 Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Libertà al Cile b. 3

PANNELLO

Manifesto Il popolo tortura chi brucia Tratto dal periodico in cinque numeri Libertà al Cile con i relativi manifesti, 1974 Cartella a cura dell’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia ASAC, Fondo artistico Manifesto per La Biennale 4 novembre 1974 ASAC, Fondo manifesti Manifesto per Arrestato in Spagna Eduardo Arroyo. Commissario della Biennale di Venezia, 1974 ASAC, Fondo manifesti Manifesto per Una cultura democratica e antifascista, 1974 Unimark ASAC, Fondo manifesti Manifesto Testimonianze contro il fascismo. Libertà al Cile Unimark ASAC, Fondo manifesti

The Disquieted Muses


SALA 6 6.2 I “SETTE DI CHRENNIKOV”: I COMPOSITORI RUSSI ALLA BIENNALE DEL DISSENSO

Calendario Manifestazioni settore Musica, 1977 ASAC, Fondo storico, Musica b. 85, Varie Dissenso Programma provvisorio del Dissenso Culturale, 1977 ASAC, Fondo storico, Musica b. 85, Varie Dissenso Manifesto di B77. Sovetskaja Muzyka, Design Messina & Montanari, 1977 ASAC, Fondo manifesti Programma La Biennale Musica ‘79, Martedì 2 ottobre ore 18, Teatro La Fenice Sale Apollinee, 1979 ASAC, Fondo storico, Musica b. 87, Concerti dal 25 settembre al 5 ottobre Ensemble Maderna Partitura di Rumore e silenzio, Sofija Gubajdulina, 1974-1975 ASAC, Fondo partiture MONITOR

Consegna del Leone d’Oro alla carriera a Sofija Gubajdulina, 2013 ASAC, Mediateca Film d’animazione Maugli di Roman Davidov, colonna sonora di Sofija Gubajdulina, 1973 ASAC, Mediateca

SALA 7 7.1 IL CASO PARADŽANOV

Lettera di Carlo Ripa di Meana a Alexandr Georgevic Chalturin, 31 agosto 1976 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 267, Riunione commissioni arti visive Milano 18 febbraio 1977 Segnaletica della mostra Il Dissenso culturale, 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive, Fuori formato b. 1 Enrico Crispolti e Gabriella Moncada al convegno Avanguardie e neoavanguardie nell’est europeo, 1977. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive, Fuori formato b. 1 Messaggio alla Biennale del Premio Nobel Andrej Sacharov, 5 novembre 1977 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 271, Messaggio alla Biennale del Premio Nobel Sacharov Presentazione del programma Dissenso Culturale della Biennale di Venezia, 1977 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 271, Programma Arti Visive Telegramma di Antonio Del Guercio a Carlo Ripa di Meana, 4 ottobre 1977 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 270, Varie Segnaletica della mostra Il Dissenso culturale, 1977 Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Momenti del convegno Il Cinema nazionalizzato, 1977. Foto Mark E. Smith ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis

SCHERMO

Teni zabytich predkov (Le ombre degli avi dimenticati) di Sergej Paradžanov, 1964 ASAC, Mediateca Sayat nova (Il colore del Melograno) di Sergej Paradžanov, 1970 ASAC, Mediateca 7.2 LA NUOVA ARTE SOVIETICA:

Il presidente della Biennale Carlo Ripa di Meana mentre parla con il segretario del P.S.I. (Partito socialista italiano) Bettino Craxi in occasione del convegno Libertà e socialismo realizzato durante la Biennale del Dissenso, 1977 Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive

Ritiro dimissioni di Carlo Ripa di Meana, Rai, 1977 Visitatori alla mostra La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, 1977 Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Progetto dell’allestimento, 1977 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 270, Piante luoghi mostra - allestimenti rilevazioni esterne Specchio rotto, Ilya Kabakov, 1966. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis Le Mouches, Ilya Kabakov, 1969 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis Le Mouches e Dans l’appartement, Ilya Kabakov, 1969. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis

Ritratto di Ilya Kabakov, 1977. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis

Una selezione di 160 diapositive tra quelle proiettate per la mostra La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, Biennale 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 132-136 7.3B LA FINE DEL MANDATO DI CARLO RIPA DI MEANA

Samizdat Biennale 1977 ASAC, Mediateca Servizio TG2 sulla Biennale del dissenso e intervista a Carlo Ripa di Meana, Rai, 1977 Intervista a Carlo Ripa di Meana sulla sua decisione di dimettersi da Presidente della Biennale, Rai, 1977

Manifesto per la B.77 Il dissenso culturale, 1977 Francesco Messina, Ferruccio Montanari ASAC, Fondo manifesti

Lettera di Robert Venturi, 18 aprile 1980 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 12, Strada Novissima facciate, Venturi Rauch & Scott Brown

Manifesto per la B.77 Il dissenso culturale. 15 novembre - 15 dicembre, 1977 Francesco Messina, Ferruccio Montanari ASAC, Fondo manifesti

Disegno della facciata di Venturi Rauch & Scott Brown ASAC, Fondo storico, Architettura b. 12, Strada Novissima facciate, Venturi Rauch & Scott Brown

Manifesto per la B.77 La nuova arte sovietica. Una prospettiva non ufficiale, 1977 Francesco Messina, Ferruccio Montanari ASAC, Fondo manifesti

Biennale: memoria e provocazione La Stampa, 31 luglio 1980, Paolo Barbaro ASAC, Rassegna stampa, 31 luglio 1980

Manifesto per la B.77 Libri. Riviste. Manifesti. Fotografie. Videotapes. Samizdat, 1977 Francesco Messina, Ferruccio Montanari ASAC, Fondo manifesti

La presenza del passato: Biennale Architettura 1980, Rai Teche, 1980

SALA 8 8.1 LA STRADA NOVISSIMA, A CURA

Portale d’ingresso di La presenza del passato, Aldo Rossi, 1980 ASAC, Fototeca, Architettura b. 1

Attention!, di Erik Boulatov, 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis

Pieghevole di The Presence of the Past: The International architecture Exhibition from the Venice Biennale, San Francisco 1982 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore

Lev Nussberg, 1977. Foto Cameraphoto ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis Where is the lines between us?, Komar & Melamid, 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis Cortina di ferro, Gennady Donskoy e Mikhail RoshalFedorov, 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis Visitatori alla mostra La nuova arte sovietica: una prospettiva non ufficiale, 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis Ritratto R. S., Vladimir Yankilevsky, 1963. Foto

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Collage del progetto della facciata di Hans Hollein ASAC, Fondo storico, Architettura b. 12, Strada Novissima facciate, Hollein Disegno della facciata di Franco Purini e Laura Thermes ASAC, Fototeca, Architettura b. 1

DI PAOLO PORTOGHESI, 1980

Bevete Breznev-Cola L’Espresso, 7 marzo 1976, Umberto Eco ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 270, Varie

Eduard Zelenin davanti alla sua opera Madonna, 1977 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis

Veduta prospettica della Strada Novissima, 1980 ASAC, Fototeca, Architettura b. 1

PANNELLO

Nota per il Presidente Carlo Ripa di Meana, 26 settembre 1977 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 270, Varie

UNA PROSPETTIVA NON UFFICIALE PROIETTORI

Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 131 bis

La tana o corderia dell’Arsenale, di Antonio Lazzari e Andrea Tosini (1829), 1980 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore Cartolina con la veduta prospettica della Strada Novissima, 1980 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore Portale d’ingresso di La presenza del passato, Aldo Rossi, 1980 ASAC, Fototeca, Architettura b. 1 Documento per la gara d’appalto per la realizzazione della Strada Novissima, s.d. ASAC, Fondo storico, Architettura b. 10, Documentazione allestimento, Gara appalto

Lettera di invito di Giuseppe Galasso a Massimo Scolari, 15 giugno 1980 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 6, Corrispondenza Portoghesi e Galasso con architetti, Scolari Disegno della facciata di Massimo Scolari ASAC, Fototeca, Architettura b. 1 Lettera di Arata Isozaki a Paolo Portoghesi, 9 luglio 1980 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 12, Strada Novissima facciate, Arata Isozaki Disegni della facciata di Arata Isozaki ASAC, Fondo storico, Architettura b. 12, Strada Novissima facciate, Arata Isozaki 8.2 ALDO ROSSI, TEATRO DEL MONDO, 1979

Disegno preparatorio per il Teatro del Mondo, Aldo Rossi ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Note tecniche sulla costruzione

Le muse inquiete


Testo di Aldo Rossi dal catalogo della mostra Venezia e lo spazio scenico, 1979 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Memoria Teatro del mondo Il Teatro del Mondo sul Canal Grande, 1979 ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Il Teatro del Mondo a Punta della Dogana, 1979-1980. Foto Interpress Photo ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Teatro del Mondo, 1979 ASAC, Mediateca Immagini del Teatro del Mondo e intervista a Maurizio Scaparro, TG3 Veneto, 1979 Teche Rai Maurizio Scaparro all’interno del Teatro del Mondo, Carnevale del Teatro, 1980. Foto Interpress Photo ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis

1979 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Memoria Teatro del mondo Il Teatro del Mondo a Rovigno, 1980. Foto Piero Casadei ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Il Teatro del Mondo a Venezia, 1980. Foto Piero Casadei ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Comunicato stampa con le note sul Teatro del Mondo, s.d ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Note tecniche sulla costruzione PANNELLO

Manifesto della mostra La presenza del passato, 1980 ASAC, Fondo manifesti

ACHILLE BONITO OLIVA E HARALD SZEEMANN, 1980

Il Teatro del Mondo a Punta della Dogana, 1979-1980 ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Carlo Ripa di Meana all’interno del Teatro del Mondo, Carnevale del Teatro, 1980. Foto Interpress Photo ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Comunicato stampa della mostra Venezia e lo spazio scenico, 26 ottobre 1979 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Inaugurazione 11 novembre 1979 Riunione, Il Teatro del Mondo a Dubrovnik, 1980 ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Testo sul Teatro del Mondo, s.d. ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Rassegna stampa Venezia Teatro del Mondo L’Avanti!, 14-15 ottobre 1979, Paolo Portoghesi ASAC, Fondo storico, Architettura b. 1, Allestimento comunicati inaugurazione, Memoria Teatro del mondo Il Teatro del Mondo a Punta della Dogana, 1979-1980. Foto Antonio Martinelli ASAC, Fototeca, Teatro b. 199 bis Un galleggiante senza destino Il Gazzettino, 28 novembre

8.3B MAURIZIO CALVESI

La Biennale 80 ha detto no a gruppi e dogmi Gazzetta del Popolo, 30 maggio 1980, Giuseppe Pareschi ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. A, 8-9 giugno 1980

Ritratto di Maurizio Calvesi, giugno 1983. Foto-Attualità ASAC, Fototeca, Ritratti b. 13

I Leoni di Pietra assegnati ai vincitori della mostra Progetto Venezia, 1985 ASAC, Fototeca, Architettura b. 20 bis

Maurizio Calvesi e Sandro Pertini all’inaugurazione della 41. Esposizione Internazionale d’Arte, 1984 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 153

Francesco Cossiga e Paolo Portoghesi in visita alla mostra Progetto Venezia, 1985 ASAC, Fototeca, Architettura b. 20

Ignoranza e cecità Transavanguardia Corriere della Sera, 1 giugno 1980, Giovanni Testori ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980b. A, 2 giugno 1980 Dal funerale al kaos rock Corriere d’Informazione, 4 giugno 1980, Mario Perazzi ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. A, 8-9 giugno 1980

Inaugurazione, Sculturateatro, Alberto Burri, 1984 ASAC, Fototeca, Artisti b. B189

L’asso piglia tutto Corriere dell’Umbria, 10 luglio 1984, Massimo Duranti ASAC, Raccolta documentaria, Artisti b. 7455 Relazione di Maurizio Calvesi sulla 41. Esposizione Internazionale d’Arte, 1984 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 376, Varie 8.4 PROGETTO VENEZIA

8.3A APERTO 80, A CURA DI

Lettera di Flavio Caroli a Luigi Carluccio, 17 settembre 1979 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 312, Commissione arti visive Verbale dei lavori della commissione di Arti Visive, 12 - 13 gennaio 1980 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 312, I Riunione commissione arti visive Venezia, Cà Giustinian 6-7 settembre 1979 Programma generale della 39. Biennale Arti Visive, 1980 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 312, Programma Biennale 1980 Specifica delle sezioni, programma della 39. Biennale Arti Visive, 1980 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 312, Programma Biennale 1980 Lettera di invito di Giuseppe Galasso agli artisti, 1980 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 318, Elenco prestatori mostra giovani Estratto dal verbale, Mostra Internazionale dei Giovani, 1980 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 312, Elenco delle riunioni della commissione internazionale Estratto dalla cartella stampa, sezione Magazzini del Sale, 1980 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 313, Cartella stampa

Pieghevole della mostra Progetto Venezia, 1985 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore

Intervista con Harald Szeemann Flash Art, estate 1980 ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. B, 20 giugno 1980

Miniguida per Aperto 80 Il Giornale, 1 giugno 1980, Vivianne Di Majo ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. A, 1 giugno 1980 Bear Run II, Bryan Hunt, 1980 ASAC, Fototeca, Artisti b. H31 La tentazione di Sant’Antonio, Michael Buthe, 1980 ASAC, Fototeca, Artisti b. B193 Foto da articolo stampa Corriere della Sera Illustrato, 14 giugno 1980 ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. A, 14 giugno 1980 Musica - occhi, Nicola De Maria, 1980 ASAC, Fototeca, Artisti b. D45 Installazione, Jonathan Borofsky, 1980 ASAC, Fototeca, Artisti b. B137 Uno sguardo al ponte dei sospiri Corriere della Sera Illustrato, 14 giugno 1980, Gillo Dorfles ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. A, 14 giugno 1980 Installazione, Tony Cragg, 1980 ASAC, Fototeca, Artisti b. C193 Dieci anni di arte compreso il futuro Tuttolibri, 7 giugno 1980, Mirella Bandini ASAC, Rassegna stampa, Giugno 1980 b. A, 5 giugno 1980

443

Comunicato stampa di Aldo Rossi con il programma per il Settore Architettura, 20 maggio 1983 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 60, Note programmatiche di Aldo Rossi Brochure per Ca’ Venier: Progetto Venezia, 3. Mostra Internazionale di Architettura, 1985 ASAC, Fondo editoriale Brochure per Ponte dell’Accademia: Progetto Venezia, 3. Mostra Internazionale di Architettura, 1985 ASAC, Fondo editoriale Brochure per Mercato di Rialto: Progetto Venezia, 3. Mostra Internazionale di Architettura, 1985 ASAC, Fondo editoriale Brochure per Piazze di Palmanova: Progetto Venezia, 3. Mostra Internazionale di Architettura, 1985 ASAC, Fondo editoriale

SALA 9 9.1 CARMELO BENE. LA RICERCA IMPOSSIBILE

La ricerca teatrale nella rappresentazione di stato, Carmelo Bene, 1989 ASAC, Fondo storico, Teatro b. 127, Editoria Presentazione di Carmelo Bene Il ricorso al Tar di Bene Un atto di idiozia - secondo la DC Il Gazzettino, 12 gennaio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Gennaio 1990 Biennale. Ultimatum del Consiglio a Carmelo Bene Il Gazzettino, 27 gennaio 1990, Roberto Pugliese ASAC, Rassegna stampa, Gennaio 1990 L’unica parte lesa è chi paga le idiozie La Nuova Venezia, 12 gennaio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Gennaio 1990 Biennale per Bene: licenziamento in vista? L’Unità, 27 gennaio 1990, Nicola Fano ASAC, Rassegna stampa, Gennaio 1990

Manifesti per allestire gli archi della mostra Progetto Venezia, 1985 ASAC, Fototeca, Architettura b. 20 bis

Fino a che punto sopportare il pessimo gusto di Bene? Il Tempo, 12 gennaio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Gennaio 1990

Progetto di allestimento degli archi all’ingresso della mostra Progetto Venezia, Aldo Rossi, 1985 ASAC, Fototeca, Architettura b. 20 bis

Sarà divorzio? Non si sa Bene Il Messaggero, 31 gennaio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Gennaio 1990

Visitatori alla mostra Progetto Venezia, 1985 ASAC, Fototeca, Architettura b. 20 bis

Bene si è dimesso Il Gazzettino, 4 febbraio 1990, Roberto Pugliese ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990

The Disquieted Muses


Bene abbandona Venezia, 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Il Carmelo furioso Il Giornale, 4 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Il sipario è strappato Il Resto del Carlino, 4 febbraio 1990, Luciano Ferraro ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Carmelo non va più bene Il Messaggero, 4 febbraio 1990, Manuela Pivato ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Carmelo Bene, un insulto continuo Il Gazzettino, 5 febbraio 1990, Roberto Pugliese ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Pierre Klossowski aveva già anticipato il suo no: ”Venezia è una violazione costante di se stessa. Chi non mi da ragione sfiora l’apologia di reato” La Stampa, 5 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Dopo le dimissioni Bene attacca la Biennale Bene contrattacca - Inquisiti siete voi La Nuova Venezia, 5 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Biennale, colpo di scena Il Messaggero, 5 febbraio 1990, Rita Sala ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Bene: addio alla Biennale Non accetto il processo Corriere della Sera, 4 febbraio 1990, Claudio Pasqualetto ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Con Bene abbiamo solo peccato di ottimismo Il Gazzettino, 6 febbraio 1990, Roberto Pugliese ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Bene non sarà sostituito. La Biennale senza Teatro La Nuova Venezia, 6 febbraio 1990, Enrico Tantucci ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Mai più opere di Bene Il Messaggero, 10 febbraio 1990, Rita Sala ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990

Il gran Carmelo della discordia La Nuova Venezia, 27 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990

Lettera di Floris Luigi Ammannati alla Ditta Broggi Luigi, 25 agosto 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 220, Macchine celibi - Byars

Biennale contro Bene - Deve pagare i danni La Repubblica, 24 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990

Elenco con le istruzioni per la realizzazione di Holy Ghost, 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 220, Macchine celibi - Byars

Bene: la Biennale non ha soldi… Perché restare? Il Gazzettino, 25 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990

Holy Ghost, James Lee Byars, Piazza San Marco, 1975. Foto Lorenzo Capellini ASAC, Fototeca, Arti visive b. 105

Non si abbandona una nave che affonda Il Messaggero, 25 febbraio 1990, Rita Sala ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Biennale. Ventimiglia dalla parte di Bene Il Gazzettino, 27 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Bene come Ronconi dopo quindici anni la storia si ripete La Nuova Venezia, 27 febbraio 1990, Dario Ventimiglia ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 Il Consiglio della Biennale accetta le dimissioni di Bene Il Messaggero, 8 febbraio 1990 ASAC, Rassegna stampa, Febbraio 1990 MONITOR

Carmelo Bene presenta il suo programma al Consiglio Direttivo della Biennale, 1989 Conferenza stampa di Carmelo Bene all’Hotel des Bains, 1989 Carmelo Bene incontra il pubblico e gli studenti presso la sede universitaria Iuav di Santa Marta, 1989 ASAC, Mediateca 9.2 JAMES LEE BYARS, HOLY GHOST, 1975

James Lee Byars, nota sulle istruzioni inviate a Franco Raggi per la performance Holy Ghost, 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 220, Macchine celibi - Byars James Lee Byars, progetti per la performance Holy Ghost, 1975 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 220, Macchine celibi - Byars

Holy Ghost, James Lee Byars, Piazza San Marco, 1975. Foto Antonio Martinelli ASAC, Fototeca, Arti visive b. 105 Happening a San Marco Il Gazzettino, 7 settembre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 7 settembre 1975 Dall’happening in Piazza alle Macchine celibi Il Gazzettino, 7 settembre 1975 ASAC, Rassegna stampa, 7 settembre 1975 Maquette per la performance Holy Ghost in Piazza San Marco, 1975 carta velina rossa, 280 x 180 cm ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 220, Macchine celibi - Byars

ASAC, Fondo storico, Scatole nere b. 5, 1985 G Re Umberto e la Regina Margherita inaugurano la 1. Esposizione d’Arte della Città di Venezia, 1895. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive b.2 Indriscrezion. Un’ociada a le sale Tonin Bonagrazia, 21 aprile 1895 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1895, 1/2 Famosa disputa su un quadro che non esiste più Piccola, 1 luglio 1930, Angelo Todri ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1895, 1/2 Il supremo convegno Tonin Bonagrazia, 12 maggio 1895 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1895, 1/2 Corrispondenza del Cardinale Giuseppe Sarto e testo estratto da 60 anni della Biennale di Venezia, Romolo Bazzoni, 1962 ASAC, Biblioteca 9.3A Jeff Koons, Jeff e Ilona (Made in Heaven), 1990 Lettera di invito di Giovanni Carandente a Jeff Koons, 27 gennaio 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500

9.3A GIACOMO GROSSO, IL SUPREMO CONVEGNO, 1895

Il supremo convegno, Giacomo Grosso, 1895 ASAC, Fototeca, Artisti FF 21 Il supremo convegno, Giacomo Grosso, 1895 ASAC, Fototeca, Artisti G 82 Sala D, Il supremo convegno, Giacomo Grosso, 1895 ASAC, Fototeca, Arti visive b.2 Uno scandalo alla Biennale Il Gazzettino, 11 novembre 1962, Paolo Rizzi ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1895, 1/2 Il Patriarca contro il Sindaco alla Biennale di Venezia del 1895 Il Paese, 4 febbraio 1950, Federico Fontanella ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1895, 1/2 Telegramma di Giacomo Grosso a Antonio Fradeletto, 28 settembre 1895

444

Jeff e Ilona (Made in Heaven), Jeff Koons, 1990. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 175 Pianta dello spazio espositivo per l’opera di Jeff Koons alle Corderie dell’Arsenale, 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500 La tela sfregiata di Jeff Koons alla Biennale 1990 / RAI Cicciolina nuda alla Biennale La Stampa, 24 Maggio 1990, Claudio Altarocca ASAC, Rassegna stampa, Aprile/maggio 1990 Jeff Koons e Ilona Staller davanti all’opera Jeff e Ilona (Made in Heaven), 1990. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 175 Cicciolina alla Biennale Il Secolo XIX, 24 Maggio 1990, Francesca Pasini ASAC, Rassegna stampa, Aprile/maggio 1990

Lettera di Giovanni Carandente a Linda Shearer, 2 settembre 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500, Jeff Koons Aperto 90, USA Appunto per Raffaello Martelli, 2 settembre 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500, Jeff Koons Aperto 90, USA Fax di Ann D. Rickey a Giovanni Carandente, 4 settembre 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500, Jeff Koons Aperto 90, USA Fax di Gary McCraw a Giovanni Carandente, 12 settembre 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500, Jeff Koons Aperto 90, USA Fax di Gary McCraw a Giovanni Carandente con annotazioni, 12 settembre 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500, Jeff Koons Aperto 90, USA Fax di Stefano Basilico ad Antonio Zanchet, 2 ottobre 1990 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 500, Jeff Koons Aperto 90, USA Koons Crazy, Vogue, Agosto, 1990 9.3A GRAN FURY, UNTITLED (POPE PIECE), 1990

Biennale, l’arte dello scandalo La Repubblica, 26 Maggio 1990, Cecchetti ASAC, Rassegna stampa, Aprile/maggio 1990 Scandalo alla Biennale La Stampa, 26 Maggio 1990, Mario Lollo ASAC, Rassegna stampa, Aprile/maggio 1990 Untitled, Gran Fury, 1990. Foto Giorgio Zucchiatti SAC, Fototeca, Arti visive, b. 175 Il Patriarca: è un insulto La Nazione, 26 Maggio 1990, Luciano Ferraro ASAC, Rassegna stampa, Aprile/maggio 1990 9.3A GINO DE DOMINICIS, SECONDA SOLUZIONE DI IMMORTALITÀ (L’UNIVERSO È IMMOBILE), 1972

L’uomo non è un rottame da esporre alle mostre pop Gazzetta di Parma, 10 giugno 1972 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972, b. 2

Le muse inquiete


Lettera del dott. Antonio Mavilla a Gino De Dominicis e Mario Penelope, 2 giugno 1972 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 205, Sala De Dominicis La bambina dopo il minorato Il Giorno, 13 giugno 1972, Marco Valsecchi ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972, b. 2 Telegramma delle delegate del movimento femminile Democrazia Cristiana alla Biennale, 9 giugno 1972 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 205, Sala De Dominicis Seconda soluzione di immortalità (l’universo è immobile), Gino De Dominicis, 1972. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Telegramma del Gruppo spontaneo handicappati alla Biennale, 9 giugno 1972 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 205, Sala De Dominicis Lettera del Comitato Unitario invalidi di Firenze, 10 giugno 1972 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 205, Sala De Dominicis Perché ho esposto un uomo Epoca, 18 giugno 1972, Liana Bortolon ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972, b. 2 Il mongoloide alla Biennale è il prodotto della sottocultura Tempo, 25 giugno 1972, Pier Paolo Pasolini ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972, b. 2 Biennale vergogna Fiera Letteraria, 18 giugno 1972 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972, b. 1 Arte bestiale Lo Specchio, 18 giugno 1972 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972, b. 1 9.3B Scandali, polemiche e censure alla Mostra del Cinema La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo, 1966 ASAC, Fototeca, Cinema b. 392

La battaglia di Algeri di Gillo Pontecorvo, 1966 ASAC, Mediateca Ancora Censura - Taccuino indiscreto del Festival di Venezia Corriere d’informazione, 1/2 settembre 1966 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1966, b. 8 I francesi hanno disertato la Mostra Momento Sera, 1/2 settembre 1966 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1966, b. 8 Il direttore della Mostra ha violato il regolamento? Giornale d’Italia, 20-21 agosto 1966 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1966, b. 11 Dure critiche svedesi ai dirigenti del Festival La Notte, 20 agosto 1966 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1966, b. 11 È necessario garantire l’autonomia della Mostra, Avanti!, 23 agosto 1966 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1966, b. 11 Natt lek di Mai Zetterling, 1966 ASAC, Fototeca, Cinema b. 394

Teorema di Pier Paolo Pasolini, 1968 ASAC, Fototeca, Cinema b. 452

muto a colori, 1968, Tate Modern London 9.4 MASS MOVING, LIBERAZIONE BIOLOGICA DI 10.000 FARFALLE IN

Telegramma di Ilona Staller, 5 settembre 1988 ASAC, Fondo Storico, Cinema b. 412 Una violenza come mai era stata vista sullo schermo, Corriere del Giorno, 29 agosto 1971 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1971, b. 6 I Giudici della Procura della Repubblica di Venezia hanno manifestato l’intenzione di visionare il film L’ultima tentazione di Cristo, Notizie ansa, 18 agosto 1988 ASAC, Fondo Storico, Cinema b. 409 Sentenza contro Martin Scorsese e Paolo Portoghesi, 8 ottobre 1988 ASAC, Fondo Storico, Cinema b. 447 The Last Temptation of Christ di Martin Scorsese, 1988 ASAC, Fototeca, Cinema b. 732 MONITOR

La romana di Luigi Zampa, 1954 ASAC, Mediateca Lolita di Stanley Kubrick, 1962 ASAC, Cineteca

PIAZZA S. MARCO A VENEZIA, 1972

Progetto Mass Moving: liberazione biologica di 10.000 farfalle, 1972. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Artisti M68 Progetto Mass Moving: farfalla, 1972 ASAC, Fototeca, Artisti M68 La vignetta di Mosca Corriere d’Informazione, 12 giugno 1972 ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972 b. 2 E sarebbe un artista? Il Resto del Carlino, 10 giugno 1972, Enzo Tortora ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972 b. 2 Happening Progetto Mass Moving, Piazza San Marco, 1972. Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Uno svolazzo di morte che si deve evitare Il Giorno, 30 maggio 1972, Enzo Lucchi ASAC, Raccolta documentaria, Arti visive 1972 b. 2 9.4 ANTONIO PARADISO, TORO E

Si, anche il toro Pingo è libertà di espressione La Repubblica, 2-3 luglio 1978, Roberto Bianchin ASAC, Rassegna stampa, 2130 Giugno/ 1-12 Luglio 1978 9.5 PINA BAUSCH A VENEZIA, 1985

Locandina di Antologia Pina Bausch, Tanztheater Wuppertal direzione Artistica Pina Bausch, 14 maggio-15 giugno 1985 ASAC, Raccolta documentaria, Materiale Minore, Teatro 1980-1991 Blaubart dalla pubblicazione Il Teatro di Pina Bausch, Lionetta Bentivoglio, Ubulibri, 1985 ASAC, Biblioteca Café Müller, Pina Bausch, 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232 Sagra della primavera/Sacre du printemps, Pina Bausch, 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232 ‘Sulla montagna…’ Grida dalla memoria di Pina Bausch Il Manifesto, 1 giugno 1985, Gianni Manzella ASAC, Rassegna stampa 1985, Giugno Auf dem gebirge hat man ein geschrei gehört, Pina Bausch, 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232

MUCCA MECCANICA, 1978

Scandalizzati dai Diavoli i cattolici accusano Rondi, La Stampa sera, 30 agosto 1971, Piero Perona ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1971, b. 6 I diavoli deplorato dal Patriarca Luciani, Il Mattino, Napoli, 1 settembre 1971 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1971, b. 6 The Devils di Ken Russel, 1971 ASAC, Fototeca, Cinema b. 544 I vescovi condannano “Teorema”. Un magistrato romano lo sequestra La Voce Repubblicana, 15 settembre 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 12 Laura Betti su sequestro Teorema, ADNKRONOS, 13 settembre 1968 ASAC, Raccolta documentaria, Cinema 1968, b. 12

Mamma Roma di Pier Paolo Pasolini, 1962 ASAC, Cineteca The Devils di Ken Russel, 1971 ASAC, Mediateca Eva di Joseph Losey , 1962 ASAC, Mediateca Belle de jour di Luis Buñuel, 1967 ASAC, Cineteca Les Amants di Louis Malle, 1958 ASAC, Cineteca Lilith di Robert Rossen, 1964 ASAC, Mediateca Teorema di Pier Paolo Pasolini, 1968 ASAC, Cineteca The Last Temptation of Christ di Martin Scorsese, 1988 ASAC, Mediateca

Toro e mucca meccanica, Antonio Paradiso, 1978 ASAC, Fototeca, Artisti P17 Performance di toro contestata alla mostra Biennale di Venezia Corriere della Sera, 1 luglio 1978 ASAC, Rassegna stampa, 2130 Giugno/ 1-12 Luglio 1978 Tu non lo sai ma Pingo è sporcaccione, Il Diario, 1 luglio 1978 ASAC, Rassegna stampa, 2130 Giugno/ 1-12 Luglio 1978 Lettera di Carlo Ripa di Meana a Antonio Paradiso, 11 maggio 1978 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 306 Nota di Antonio Paradiso sull’opera Toro e mucca meccanica ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 306

9.4 NICOLÁS GARCÍA URIBURU, ACTIONS IN NATURE, 1968

Action dans la nature di Uriburu

445

Toro e mucca meccanica, Antonio Paradiso, 1978 ASAC, Fototeca, Artisti P17

Uno spettacolo di Pina Bausch/Ein Stück, Pina Bausch 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232 Bandoneon, Pina Bausch, 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232 Kontakthof, Pina Bausch, 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232 Ma è davvero tanto triste quel sentimento chiamato tango? La Repubblica, 7 giugno 1985, Leonetta Bentivoglio ASAC, Rassegna stampa 1985, Giugno Il tango interiore di Pina Bausch Il Manifesto, 8 giugno 1985, Gianni Manzella ASAC, Rassegna stampa 1985, Giugno I sette peccati capitali/Die sieben Todsünden, Pina Bausch, 1985 ASAC, Fototeca, Teatro b. 232

The Disquieted Muses


Pallido tango argentino L’Unità, 7 giugno 1985, Marinella Guatterini ASAC, Rassegna stampa 1985, Giugno L’autorappresentazione di Pina Bausch, Franco Quadri, 1985 ASAC, Raccolta documentaria, Artisti, Teatro inv. 292

GIARDINO SCARPA

Drawing restraint 7, Matthew Barney ASAC, Fototeca, Artisti b. B34 Verbale di giuria, assegnazione dei premi, 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 539, Aperto 93 Varie Appunti, Pipilotti Rist, 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 540, Pipilotti Rist Lick and lather, Janine Antoni, 1993 e Exodus, Nari Ward, 1993. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 184

TAN DUN, TRA MUSICA TRADIZIONALE E TECNOLOGIA BRANI MUSICALI

Passacaglia: Secrets of Wind and Birds, Tan Dun, 2015 Percussion Concerto: The Tears of Nature, Tan Dun, 2012 Concerto for Orchestra (Da Marco Polo), Tan Dun, 2012 Esecuzione dal vivo, Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, Tan Dun, Biennale Musica 2017 ASAC, Mediateca

Mother-child, Kiki Smith,1993. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 184 Progetto di Nedko Solakov, 14 aprile 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 540 A to z breeding unit: for averaging eight breeds, Andrea Zittel, 1993. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 184 Exodus, Nari Ward, 1993. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 184

SALA 12 12.1A APERTO 93: EMERGENZA/ EMERGENCY

Estratto dal progetto di Achille Bonito Oliva, 17 dicembre 1992 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 539, Aperto 93 Varie Progetto di Francesco Bonami, 8 aprile 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 540, Aperto 93 progetto allestimento/allegati al progetto Fax di Sylvie Fleury a Helena Kontova, 29 Marzo 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 540, Aperto 93 progetto allestimento/allegati al progetto Lettera di Matthew Barney a Dario Ventimiglia, 19 luglio 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 539, Aperto 93 Varie Progetto di Sylvie Fleury, 29 marzo 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 540, Aperto 93 progetto allestimento/allegati al progetto

The world flag ant farm, Yukinori Yanagi, 1990 e Golden harmony, Noboru Tsubaki, 1993. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive, b. 184 Progetto di Bigert & Bergström, 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 540, Aperto 93 Progetto di allestimento

Richard Hamilton all’interno del padiglione Gran Bretagna, 1993 Courtesy Richard Hamilton Interno del padiglione Gran Bretagna, 1993. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 185 Richard Hamilton, XLV Biennale di Venezia, British Pavilion, 13 June - 10 October 1993, The British Council, 1993 ASAC, Biblioteca Lettera di Emilia e Ilya Kabakov a Achille Bonito Oliva, 25 Febbraio 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia/Ilya Kabakov Lettera di Emilia e Ilya Kabakov a Achille Bonito Oliva, 18 Aprile 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia/Ilya Kabakov Lettera di Achille Bonito Oliva a Ilya ed Emilia Kabakov e a Vladimir Tarasov, 26 Febbraio 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia/Ilya Kabakov Lettera di Achille Bonito Oliva a Tarasov Vladimir Petrovich, 19 Aprile 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia/Ilya Kabakov Lettera di Emilia e Ilya Kabakov a Achille Bonito Oliva, 23 Marzo 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia

PANNELLO

Manifesto della mostra Identità e alterità. Figure del corpo 1895/1995, 1995 ASAC, Fondo manifesti Sinossi della 46. Esposizione Internazionale d’Arte Identità e Alterità, 1995 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 580, Sinossi della mostra Relief Portrait of Arman, Yves Klein, 1993 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 189 Lettera di Jean Clair a Paolo Viti, 3 ottobre 1995 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 581, Corrispondenza Clair Jean Clair: Addio a Venezia ingrata Corriere della Sera, 12 novembre 1995, Sebastiano Grasso ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 581, Dossier Jean Clair Ho portato 320 mila visitatori e miliardi. L’assessore faccia da solo, io me ne vado Corriere della Sera, 12 novembre 1995 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 581, Dossier Jean Clair Jean Clair all’inaugurazione della 46. Esposizione Internazionale d’Arte, 1995 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 190 Femme de Venise, Alberto Giacometti, 1995 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 189

HAMILTON, ILYA KABAKOV

Lettera del Ministero degli Affari Esteri con elenco dei Paesi dell’Ex Unione Sovietica riconosciuti dal Governo italiano, 3 Luglio 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia

Hans Haacke, testo pubblicato nel catalogo GERMANIA, 1993 ASAC, Biblioteca

The Red Pavillon, Ilya Kabakov, 1993 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 186

Georg Baselitz, 1995 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 189

Germania, Hans Haacke, 1993. Foto Roman Mensing Courtesy Hans Haacke

Brochure del padiglione della Russia, 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia

Marcel Gromaire e Otto Dix, 1995 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 189

Progetto per il padiglione della Russia, 1993 ASAC, Fondo storico, Arti visive b. 529, Russia

12.3 MARINA ABRAMOVIĆ, BALKAN

12.1B I PADIGLIONI NAZIONALI NEL 1993: HANS HAACKE, RICHARD

The citizen, Richard Hamilton, 1993 Courtesy Richard Hamilton The state, Richard Hamilton, 1993 Courtesy Richard Hamilton

12.2 IDENTITÀ ALTERITÀ. FIGURE DEL CORPO 1895-1995,

The subject, Richard Hamilton, 1993 Courtesy Richard Hamilton

A CURA DI JEAN CLAIR, 1995

446

Francis Bacon, 1995 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 189 Giorgio de Chirico, 1995 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 189

BAROQUE, 1997

Lettera di Marina Abramović, 14 Aprile 1997 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 682 Lettera di Alexander Godschalk per conto di Marina Abramović a

Germano Celant, 19 Maggio 1997 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 682 Marina Abramović Balkan Baroque, Performance, 4 days, 6 hours XLVII Biennale Venice - June, 1997 Ph: M Stefanoqski © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Marina Abramović Balkan Baroque II, Performance, 4 days, 6 hours XLVII Biennale Venice - June, 1997 © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Marina Abramović Balkan Baroque, Performance, 4 days, 6 hours XLVII Biennale Venice - June, 1997 Ph: M Stefanoqski © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Marina Abramović Balkan Baroque, Performance, 4 days, 6 hours XLVII Biennale Venice - June, 1997 Ph: Elio Montanari © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Marina Abramović Balkan Baroque I, Performance, 4 days, 6 hours XLVII Biennale Venice - June, 1997 © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives Proposta di progetto per la performance Balkan Baroque di Marina Abramovic, 1997 ASAC, Fondo storico, Arti visive, b. 682 Marina Abramović Balkan Baroque, Performance, 4 days, 6 hours XLVII Biennale Venice - June, 1997 Ph: Elio Montanari © Marina Abramović Courtesy of the Marina Abramović Archives MONITOR

The making of Balkan Baroque in Venice, di Ramon Coelho Marina Abramović Archives e LIMA 12.4 DAPERTUTTO, LA PRIMA BIENNALE DI HARALD SZEEMANN, 1999

Le muse inquiete


NARROW TABLE 1

Intervista ad Harald Szeemann Alias - Il Manifesto, 29 maggio 1999 ASAC, Deposito, b. 939 Paolo Baratta, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Performance durante l’inaugurazione, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Paolo Baratta e Harald Szeemann in conferenza stampa, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Giovanna Melandri in visita alla mostra con Paolo Baratta e Harald Szeemann, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Visita del Ministro degli Affari Esteri Lamberto Dini, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Massimo Cacciari e Paolo Baratta, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Premiazione Lee Bul, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Harald Szeemann durante la premiazione, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Cerimonia di premiazione, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 La Giuria Internazionale durante la premiazione, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Cerimonia di premiazione, consegna del Leone d’Oro all’Italia per la migliore partecipazione nazionale, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Okwui Enwezor consegna il Premio Internazionale “La Biennale di Venezia” a Eija-Liisa Ahtila, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Okwui Enwezor durante la premiazione, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Premio Internazionale “La Biennale di Venezia” a Cai Guo Qiang, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Menzione d’Onore a Georges Adéagbo, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Premiazione Katarzyna Kozyra, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 NARROW TABLE 2

Estratto dalla cartella stampa, testo di Harald Szeemann ASAC, Fondo editoriale, Cartelle stampa The Spinning Oracle of Delphi, James Lee Byars, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Untitled, di Gino De Dominicis, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Three Horizontals, Louise Bourgeois, 1999 Torso, Louise Bourgeois, 1999 Untitled, Louise Bourgeois, 1999 Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 The Cross Table, Ai Weiwei, 1999 72 Standard, Ai Weiwei, 1999 Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Rat King, Katharina Fritsch, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Solo Scenes, Dieter Roth, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Just For You, Zhang Peili, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Marienerscheinung, Sigmar Polke, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Untitled (periscope), Martin Kippenberger, 1999 - Kippenblinky, Martin Kippenberger, 1999 - Sozialkistentransporter, Martin Kippenberger, 1999 - Martin, ab in die Ecke und schäm dich, Martin Kippenberger, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Nanostalgia, Sarah Sze, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Mercato delle pulci – messa in vendita di informazioni d’occasione, Wang Du, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 TryptychonSchwarzwasser ItryptychonShwarzwasser, Franz Gertsch, 1999 No. 1998/11/15No. 1998/11/15 No. 1998/11/15 No. 1998/11/15, Fang Lijun, 1999 Untitled, Yang Shaobin, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Untitled, Xie Nanxing, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Untitled, Yang Shaobin, 1999 - Untitled 11, Yang Shaobin, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Approximation RezipientenbedürfniscomaUrUltraUseMaterialMiniMaxi, John Bock, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Il fiore delle 1001 notte, Grazia Toderi, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

NARROW TABLE 3

Estratto dalla cartella stampa, testo di Paolo Baratta con elenco dei premiati, 1999 ASAC, Fondo editoriale, Cartelle stampa Arsenale, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Sister in The Sky – Women Pilots in War Duty During WW II, Simone Aaberg Kaern, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Kastenhaus 1666.14, Wolfang Winter e Berthold Hoerbelt, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Everybody Connects to Everybody (Renherenlianxi), Yue Minjun, 1999 - To Raise the Water level in a Fish Pond, Zhang Huan, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Life, Yue Minjun, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 2 coussins, Ghada Amer, 1999 - Untitled #7853, Ghada Amer, 1999 - Untitled, Ghada Amer, 1999 - Untitled (Albers), Ghada Amer, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Electricearth, Doug Aitken, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Pentecost, Tim Hawkinson, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

No. 1998/11/15No. 1998/11/15 No. 1998/11/15 No. 1998/11/15, Fang Lijun, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Nature Series N° 10, Liang Shaoji, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

We Went to Look for Love, Zhou Tiehai, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

The Dream of China, Wang Jin, 1999 - To Marry a Mule, Wang Jin, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

The Great White Way Goes Black XI, Katharina Sieverding, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Untitled (Soli-Trac Series), Luisa Lambri, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Proyecto Para Estudiomóvil Para un Artista del Nuevomilenio, Ana Laura

447

Aláez, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 I Believe in the Skin of Things as in that of the Women, Monica Bonvicini, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Mama Vece, Videolounge, di Costa Vece, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Allestimento, Corderie dell’Arsenale, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Aereo, Paola Pivi, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Hell Gate, Chris Burden, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Cities On The Move - Bottari Truck In Exile (Dedicated to the Kosovo Refugees), SooJa Kim, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 NARROW TABLE 4

48. Esposizione Internazionale d’Arte, intervento di Harald Szeemann, Art’e, RAI, 1999 Allestimento della mostra, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Cai Guo Qiang, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Pubblico interagisce con l’opera Jue Chang/Fifty Strokes to each (maxime bouddhiste) di Chen Zhen, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Cement Truck, Wim Delvoye, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Propposition, Paul McCarthy & Jason Rhoades, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Flugplatz Welt, Thomas Hirschhorn, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

The Disquieted Muses


Solo Comprendo lo Que Pienso Cuando lo Dibujo, Kcho, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Parabola. Evento originale di Carolyn Carlson e Gianni De Luigi per la riapertura del Teatro Verde, 1999 ASAC, Fondo editoriale

Jue Chang/Fifty Strokes to each (maxime bouddhiste), Chen Zhen, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Fax di Carolyn Carlson a Paolo Baratta, 23 aprile 1999 ASAC, Fondo storico, DMT b. 19

Cyborg W1-W4, Lee Bul, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Venice – Rent Collecting Courtyard, Cai Guo Qiang, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Parabola, serata inaugurale, Teatro Verde, 30 luglio 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca Danza 1999

Fachiro, Maurizio Cattelan, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207 Aquarell e Madrepatria, Bruna Esposito, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Ishii Kazuhiro, Isozaki Arata, Maki Fumihiko, Sakata Seizo, Takamatsu Shin, 1991 ASAC, Biblioteca MAPX (MARHI), 1991 ASAC, Biblioteca 13 Austrian positions, 1991 ASAC, Biblioteca

FUTURO. L’ARCHITETTO COME SISMOGRAFO, A CURA DI HANS HOLLEIN, 1996

FRANCESCO DAL CO, 1991

Pieghevole di Sensori del futuro. L’architetto come sismografo, 1996 ASAC, Fondo editoriale, Materiale minore

Vittorio Gregotti, Aldo Rossi e Paolo Portoghesi, 1991 ASAC, Fototeca, Architettura b. 75 Quinta Mostra Internazionale di Architettura, 1991 ASAC, Fondo editoriale

Estratto dalla cartella stampa di Sensori del futuro. L’architetto come sismografo, testo di Hans Hollein, 12 luglio 1996 ASAC, Fondo editoriale, Cartelle stampa

James Stirling, Francesco Dal Co e Paolo Portoghesi, 1991 ASAC, Fototeca, Architettura b. 75

Che cos’è una Biennale di architettura? Colloquio di Dietmar Steiner con Hans Hollein, Domus, n. 788 1993 ASAC, Biblioteca

Venice prize: quarantatre scuole di architettura nel mondo, 1991 ASAC, Fondo editoriale

Facciata del Padiglione Italia, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 131

DI ARCHITETTURA, A CURA DI

ASAC, Fondo storico, Architettura b. 277 Odile Decq con il Leone d’Oro per la migliore interpretazione della Mostra, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 130 bis Progetto di Kazuko Sejima per la sezione Voci emergenti, 1996 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 277

12.6B 6. MOSTRA INTERNAZIONALE DI ARCHITETTURA: SENSORI DEL

Introduzione per L’Accademia Isola Danza, Carolyn Carlson, 1999 ASAC, Fondo storico, DMT b. 19 12.6A 5. MOSTRA INTERNAZIONALE

Nothing, Pipilotti Rist, 1999. Foto Giorgio Zucchiatti ASAC, Fototeca, Arti visive b. 205-207

Brasile: Ruy Ohtake, Fernando Peixoto, 1991 ASAC, Biblioteca

Lettera di Hans Hollein a Odile Decq & Benoit Cornette, 31 maggio 1996 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 277 Progetto Musicon Bremen di Nasrine Seraji, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 131 Progetto di Diller + Scofidio per la sezione Voci emergenti, 1996 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 277 Progetto Survival kit for ghost, Elsa Prochazka, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 131

12.5 CAROLYN CARLSON E LA NASCITA DELLA BIENNALE DANZA, 1999

La nuova Biennale ricomincia da tre Il Gazzettino, 18 luglio 1998, Valeria Lipparini ASAC, Rassegna stampa, Luglio 1998 La Biennale cambia. Con tre nuovi direttori Corriere della Sera, 18 luglio 1998, Paolo Conti ASAC, Rassegna stampa, Luglio 1998 ’Solo donna’ di Carolyn Carlson Danza & Danza, settembre - ottobre 1999, Marinella Guatterini ASAC, Rassegna stampa, b. 1991, DMT, vol I Basta con l’occasione rara, ora si costruisce la stabilità Giornale dello spettacolo, 3 settembre 1999, intervista a cura di Andrea Porcheddu ASAC, biblioteca Lettera di Carolyn Carlson a Alfredo Zanolla, 5 agosto 1999 ASAC, Fondo storico, DMT b. 15 Filmato Parabola, di Carolyn Carlson e Gianni de Luigi, 1999 ASAC, Mediateca

Veduta d’insieme del salone centrale del Padiglione Italia, 1996 ASAC, Fondo editoriale, Cartelle stampa

Padiglione del Libro, James Stirling ai Giardini, 1991 ASAC, Fototeca, Architettura b. 75

Rimini-San Marino, Gabriele Basilico, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 143

Padiglione del libro Electa della Biennale di Venezia di J. Stirling, M. Wilford and associates con T. Muirhead, 1991 ASAC, Biblioteca

Mappa per la sezione Paesaggio italiano, 1996 ASAC, Fondo storico, Architettura b. 255

Aliante, Massimo Scolari, 1991 ASAC, Fototeca, Architettura b. 75 Tutta la Biennale Casa Vogue n. 233 1991, Laura Maggi ASAC, Biblioteca Ingresso dei Giardini della Biennale, 1991 ASAC, Fototeca, Architettura b. 75 Peter Eisenman & Frank Gehry, 1991 ASAC, Biblioteca

Firenze-Pistoia, Gabriele Basilico, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 143 Progetto Victoria & Albert Museum, Zaha Hadid, 1996 ASAC, Fototeca, Architettura b. 131

DEL PADIGLIONE, 1887

Lettera del Comitato Esecutivo promotore al Municipio di Venezia, 10 gennaio 1886 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Corrispondenza vari comitati I giardini pubblici prima della Biennale, disegno di Raffaele Mainella L’Esposizione Artistica Nazionale Illustrata Venezia n. 1, 27 marzo 1887 Collezione privata R. D’Aronco: decorazioni esterne dell’esposizione, disegno di Giuseppe Vizzotto L’Esposizione Artistica Nazionale Illustrata Venezia n. 3, 10 aprile 1887 Collezione privata

Estratto dalla cartella stampa di Sensori del futuro, elenco dei partecipanti della sezione Voci Emergenti, 1996 ASAC, Fondo editoriale, Cartelle stampa

Lettera di Pietro Fragiacomo al Comitato, 27 febbraio 1887 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Corrispondenza vari comitati

Progetto di Odile Decq & Benoit Cornette per la sezione Voci emergenti, 1996

Volantino Venise Exposition Nationale Artistique 1887 ASAC, Fondo storico,

448

Invito, 1887 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Carte varie e circolari Lettera di Lorenzo Tiepolo relativa alla costituzione del Comitato Esecutivo, 28 giugno 1886 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Carte varie e circolari Scheda di dichiarazione delle opere di Giovanni Segantini, 11 ottobre 1886 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Artisti principali Scheda di dichiarazione delle opere di Ettore De Maria Bergler, 13 dicembre 1886 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Artisti principali Scheda di dichiarazione delle opere di Giacomo Grosso, 13 dicembre 1886 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Artisti principali

SALA 13 I GIARDINI PRIMA

Elenco delle Università invitate alla sezione Venice Prize, s.d. ASAC, Fondo storico, Architettura b. 175

Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Carte varie e circolari

Capitolato d’oneri per l’appalto della costruzione di un Edifizio in legame e ferro e di un Caffè - Restaurant in muratura, da erigersi ai Pubblici Giardini di Venezia, per uso della Esposizione Nazionale Artistica del 1887 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Carte varie e circolari Lettera di protesta degli artisti al Comitato Esecutivo, 1887 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Artisti 1887 Pianta del palazzo dell’esposizione nazionale artistica di Venezia 1887 / R. D’Aronco: lo chalet degli artisti, disegno di Mainardo Pagani, L’Esposizione Artistica Nazionale Illustrata - Venezia n. 4, 17 aprile 1887 Collezione privata Lettera di Plinio Nomellini al Comitato Esecutivo, 13 luglio 1887 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Artisti 1887, N

Le muse inquiete


Lettera di Pompeo Mariani al Comitato Esecutivo, 1887 ASAC, Fondo storico, Esposizione Nazionale Artistica 1887 b. 3, Artisti 1887, M

Pianta et alzato per il caffè in Giardino, Brenno del Giudice, 1928 matita e matite colorate su carta, 51,5×35 ASAC, Fondo artistico

IL PADIGLIONE CENTRALE, 1895

Pianta del Padiglione Centrale, 1928 ASAC, Fondo editoriale

Lavori di costruzione del Padiglione Centrale, 24 gennaio 1895 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Facciata del Padiglione Centrale, 1895 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 2 Facciata, ingresso principale, 1895 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Facciata del Palazzo dell’Esposizione de La Biennale di Venezia, di Bartolomeo Bezzi e Mario de Maria, 1895 matita e acquerello su carta, 58,4×90 cm ASAC, Fondo artistico Pianta del Padiglione Centrale, 1895 ASAC, Fondo editoriale I Giardini ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Ingresso dei Giardini ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Pianta del Padiglione Centrale, 1897 ASAC, Fondo editoriale Facciata del Padiglione Centrale, 1907 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 8 I chioschi all’ingresso dell’esposizione progettati da Raffaele Mainella, 1907 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Facciata del Padiglione Centrale, 1914 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Facciata del Padiglione Centrale, 1930. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Interno Caffè, Brenno del Giudice, 1928 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 19 Ingresso dei Giardini, biglietteria. Foto Cav. P. Fiorentini ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1

Facciata del Padiglione Centrale, architetto Duilio Torres, 1932 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Facciata del Padiglione Centrale, 1938 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Facciata del Padiglione Centrale, 1940. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Arti visive, Album 1940 Esterni Interni Facciata del Padiglione Centrale, 1950 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Progetto per un nuovo ingresso ai Giardini della Biennale ai limiti del nuovo confine, Carlo Scarpa, 1952 inchiostro di china su carta, 60×103 ASAC, Fondo artistico Lettera di Rodolfo Pallucchini a Carlo Scarpa, 31 maggio 1951 ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3, Documentazione Carlo Scarpa

Lettera di Carlo Scarpa a Rodolfo Pallucchini, 30 luglio 1952 ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3, Documentazione Carlo Scarpa Lettera a Giovanni Piccini, 19 agosto 1952 ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3, Documentazione Carlo Scarpa Carlo Scarpa, Progetto di adattamento del Padiglione Italia, 1963 ASAC, Fototeca, Carlo Scarpa Carlo Scarpa, ritratto ASAC, Fototeca, Ritratti b. 87 Carlo Scarpa, installazione all’ingresso del Padiglione Centrale, 1962 ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Carlo Scarpa con il pubblico ASAC, Fototeca, Ritratti b. 87 Ambiente di Carlo Scarpa per la mostra Linee della ricerca: dall’informale alle nuove strutture, 1968 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 85 Carlo Scarpa, Luigi Nono, Emilio Vedova durante la contestazione ai Giardini, 1968 ASAC, Fototeca, Arti visive b. 83

Lettera di Rodolfo Pallucchini a Carlo Scarpa, 6 giugno 1952 ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3, Documentazione Carlo Scarpa Lettera di Rodolfo Pallucchini a Carlo Scarpa, 20 giugno 1952 ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3, Documentazione Carlo Scarpa Il cortile di Carlo Scarpa, 1952. Foto Studio Giacomelli ASAC, Fototeca, Carlo Scarpa Carlo Scarpa, intervento sul fronte del Padiglione Centrale, 1968. Foto Ferruzzi ASAC, Fototeca, Sedi Padiglione Centrale b. 1 Lettera di Carlo Scarpa a Rodolfo Pallucchini, 31 maggio 1951 ASAC, Fondo storico, Lavori alle sedi - Padiglioni b. 3, Documentazione Carlo Scarpa

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The Disquieted Muses


LA BIENNALE DI VENEZIA

DIRETTORE GENERALE/ DIRECTOR GENERAL Andrea Del Mercato

DIRETTORI ARTISTICI/ ARTISTIC DIRECTORS Cecilia Alemani - Arte Alberto Barbera - Cinema Marie Chouinard - Danza Ivan Fedele - Musica Antonio Latella - Teatro Hashim Sarkis - Architettura STAFF DEI DIRETTORI ARTISTICI/ ARTISTIC DIRECTORS’ STAFF Marta Papini (Arte) Giuseppe Ghigi (Cinema) Elisa Guzzo Vaccarino (Danza) Cesare Fertonani (Musica) Federico Bellini (Teatro) PROGETTO ALLESTITIVO/ EXHIBITION DESIGN Formafantasma

ASAC, ARCHIVIO STORICO DELLA BIENNALE DI VENEZIA/ ASAC, HISTORICAL ARCHIVES OF LA BIENNALE DI VENEZIA DIRIGENTE E RESPONSABILE ORGANIZZATIVO/ EXECUTIVE AND HEAD OF ORGANISATION Debora Rossi ARCHIVIO STORICO/ HISTORICAL ARCHIVES Giovanna Bottaro Michela Campagnolo Maria Elena Cazzaro Marica Gallina Michele Mangione Adriana Rosaria Scalise Alice Scandiuzzi BIBLIOTECA/ LIBRARY Valentina Da Tos Erica De Luigi Valentina Greggio Manuela Momentè Annalisa Montesi Elena Oselladore

COLLABORATORI PER LA MOSTRA LE MUSE INQUIETE/ COLLABORATORS FOR THE DISQUIETED MUSES Lia Durante Andrea Avezzù Valentina Campana Giulia Campana Liv Ingrid Cuniberti Francesco di Cesare Fabrizia Farragina Matteo Giannasi Enzo Magris Vittorio Pajusco Lucia Toso Elisabetta Vitullo

SERVIZI CENTRALI/ CENTRAL SERVICES

SEGRETERIE/ SECRETARIATS

AFFARI LEGALI E ISTITUZIONALI, RISORSE UMANE E VICARIATO/ LEGAL AND INSTITUTIONAL AFFAIRS, HUMAN RESOURCES AND DEPUTY

SEGRETERIA GENERALE/ GENERAL SECRETARIAT Caterina Boniollo Maria Cristina Cinti Elisabetta Mistri Chiara Rossi Lucrezia Stocco

DIRETTORE/ DIRECTOR Debora Rossi AFFARI LEGALI E ISTITUZIONALI/ LEGAL AND INSTITUTIONAL AFFAIRS Martina Ballarin RISORSE UMANE/ HUMAN RESOURCES Graziano Carrer Claudia Capodiferro Luca Carta Giovanni Drudi Antonella Sfriso Alessia Viviani Loris Zennaro Rossella Zulian

AMMINISTRAZIONE, FINANZA,CONTROLLO DI GESTIONE E SPONSORSHIP, PROMOZIONE PUBBLICO/ ADMINISTRATION, FINANCE, MANAGEMENT SUPERVISION AND SPONSORSHIP, PROMOTION DIRETTORE/ DIRECTOR Valentina Borsato AMMINISTRAZIONE, FINANZA, CONTROLLO DI GESTIONE/ ADMINISTRATION, FINANCE, MANAGEMENT SUPERVISION Bruna Gabbiato Elia Canal Marco Caruso Martina Fiori Gregorio Granati Elisa Meggiato Emanuela Pellicciolli Cristina Sartorel Sara Vianello SPONSORSHIP Paola Pavan PROMOZIONE PUBBLICO/ PROMOTION Caterina Castellani Lucia De Manincor Elisabetta Fiorese Stefania Guglielmo Emanuela Padoan Marta Plevani

CERIMONIALE/ PROTOCOL OFFICE Francesca Boglietti Lara De Bellis Laura Lerro SEGRETERIA BIENNALE COLLEGE/ BIENNALE COLLEGE SECRETARIAT Giacinta Maria Dalla Pietà


SERVIZI TECNICO LOGISTICI/ TECHNICAL AND LOGISTICAL SERVICES DIRETTORE/ DIRECTOR Cristiano Frizzele PROGETTAZIONE MOSTRE, EVENTI E SPETTACOLO DAL VIVO/ EXHIBITION DESIGN, EVENTS AND LIVE PERFORMANCE Massimiliano Bigarello Cinzia Bernardi Alessandra Durand de la Penne Jessica Giassi Valentina Malossi Sandra Montagner FACILITY MANAGEMENT Marco Bagaggia Giulio Cantagalli Francesco Paolo Di Cuia Piero Novello Maurizio Urso INFORMATION TECHNOLOGY Andrea Bonaldo Michele Schiavon Leonardo Viale Jacopo Zanchi

PROGETTI SPECIALI, PROMOZIONE SEDI/ SPECIAL PROJECTS, PROMOTION OF VENUES DIRETTORE/ DIRECTOR Pina Maugeri PROGETTI SPECIALI/ SPECIAL PROJECTS Arianna Laurenzi Valentina Baldessari Davide Ferrante Elisabetta Parmesan PROMOZIONE SEDI/ PROMOTION OF VENUES Nicola Bon Cristina Graziussi Alessia Rosada

SERVIZIO ACQUISTI, APPALTI E AMMINISTRAZIONE PATRIMONIO/ PURCHASING, PROCUREMENT AND ASSETS DIRETTORE/ DIRECTOR Fabio Pacifico UFFICIO ACQUISTI E APPALTI/ PURCHASING AND PROCUREMENT Silvia Gatto Silvia Bruni Annamaria Colonna Cristiana Scavone UFFICIO OSPITALITÀ/ HOSPITALITY Linda Baldan Jasna Zoranovic Donato Zotta AMMINISTRAZIONE PATRIMONIO/ ASSETS Maurizio Celoni Antonio Fantinelli

UFFICIO STAMPA ISTITUZIONALE E CINEMA/ INSTITUTIONAL AND CINEMA PRESS OFFICE RESPONSABILE/ HEAD Paolo Lughi

SETTORI/ DEPARTMENTS SETTORE ARTI VISIVE E ARCHITETTURA/ VISUAL ARTS - ARCHITECTURE DEPARTMENT DIRIGENTE, RESPONSABILE ORGANIZZATIVO/ EXECUTIVE, HEAD OF ORGANISATION Joern Brandmeyer Marina Bertaggia Stefania Fabris Stefania Guerra Francesca Aloisia Montorio Luigi Ricciari Micol Saleri Paolo Scibelli

UFFICIO STAMPA ARTI VISIVE E ARCHITETTURA/ VISUAL ARTS - ARCHITECTURE PRESS OFFICE RESPONSABILE/ HEAD Maria Cristiana Costanzo Francesca Buccaro Claudia Gioia

SETTORE CINEMA/ CINEMA DEPARTMENT

Michela Lazzarin Fiorella Tagliapietra

DIRETTORE GENERALE/ DIRECTOR GENERAL Andrea Del Mercato

ATTIVITÀ EDITORIALI E WEB/ EDITORIAL ACTIVITIES AND WEB

SEGRETERIA/ SECRETARIAT Mariachiara Manci Alessandro Mezzalira

RESPONSABILE/ HEAD Flavia Fossa Margutti Giovanni Alberti Roberta Fontanin Giuliana Fusco Nicola Monaco Maddalena Pietragnoli

PROGRAMMAZIONE DELLA MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA/ VENICE INTERNATIONAL FILM FESTIVAL PROGRAMMING OFFICE Giulia Carbone Silvia Menegazzi Daniela Persi ACCREDITI INDUSTRY CINEMA/ INDUSTRY-CINEMA ACCREDITATIONS Flavia Lo Mastro BIENNALE COLLEGE CINEMA Valentina Bellomo

SETTORE DANZA, MUSICA, TEATRO/ DANCE, THEATRE, MUSIC DEPARTMENT DIRIGENTE, RESPONSABILE ORGANIZZATIVO/ EXECUTIVE, HEAD OF ORGANISATION Francesca Benvenuti SEGRETERIA/ SECRETARIAT Veronica Mozzetti Monterumici PROGRAMMAZIONE E PRODUZIONE/ PROGRAMMING AND PRODUCTION Federica Colella Michela Mason Maya Romanelli

UFFICIO STAMPA DANZA, MUSICA, TEATRO/ DANCE, THEATRE, MUSIC PRESS OFFICE RESPONSABILE/ HEAD Emanuela Caldirola



SI RINGRAZIA/ THANKS TO Marina Abramović Rita Donough Gregorio Gonnella Hans Haacke Dodie Kazanjian Nigel McKernaghan Stefano Mutu Clarissa Ricci Pietro Rigolo Marco Borghi Enrico Bufalini Annalisa Ciampi Carla Consalvi Natalie Giacobino Gabriella Macchiarulo Cristiano Migliorelli Gianluca Picciotti Roland Sejko Fabiola Solvi Grazina Subelyte Karole Vail

CREDITI FOTOGRAFICI/ PHOTO CREDITS @ Istituto Luce Pg. 48 – Fig. 11 Pg. 42 – Fig. 02 Pg. 92 – Fig. 48 @ Solomon R. Guggenheim Foundation, New York Pg. 104 – Fig. 01 Pg. 119 – Fig. 22, 23 Pg. 121 – Fig. 25 @ Archivio Cameraphoto Epoche/ © Vittorio Pavan Pg. 132 – Fig. 46, 47 Pg. 180, 181 – Fig. 33, 34, 35, 36, 37, 38 @ Courtesy Archivio Ugo Mulas, Milano Galleria Lia Rumma, Milano/Napoli Pg. 142, 143 – Fig. 60 Pg. 144 - Fig. 61 Pg. 145 - Fig. 62, 63 Pg. 172, 173 – Fig. 21 Pg. 176, 177 – Fig. 28 @ Foto Cameraphoto – MAV Fondazione Modena Arti Visive Pg. 164, 165 – Fig 06 Pg. 167 – Fig. 09, 10 Pg. 170 – Fig. 19 Pg. 175 – Fig. 27 Pg. 168 – Fig. 11 Pg. 338 – Fig. 46 @ Foto Roman Mensing, Courtesy Hans Haacke Pg. 354 – Fig. 01 @ Marina Abramović, Courtesy of the Marina Abramović Archives Pg. 367 – Fig. 20 Pg. 368, 369 – Fig. 21

LA BIENNALE DI VENEZIA UFFICIO ATTIVITÀ EDITORIALI E WEB/ EDITORIAL ACTIVITIES AND WEB RESPONSABILE/ HEAD Flavia Fossa Margutti TESTI DI/ TEXTS BY Cecilia Alemani CA Federico Bellini FB Maria Cristiana Costanzo MCC Cesare Fertonani CF Giuseppe Ghigi GG Elisa Guzzo Vaccarino EGV Vittorio Pajusco VP Marta Papini MP Debora Rossi DR FOTO DELL’ALLESTIMENTO/ INSTALLATION VIEW La Biennale di Venezia Andrea Avezzù REDAZIONE/ REDACTION La Biennale di Venezia Valentina Campana Maddalena Pietragnoli PROGETTO GRAFICO/ GRAPHIC DESIGN Tomo Tomo TRADUZIONI/ TRANSLATIONS INTRAS Congressi Srl. Isabelle Johnson EDITING INGLESE/ ENGLISH EDITING Johanna Bishop

Prima edizione / First Edition: Novembre / November 2020 © La Biennale di Venezia 2020 Tutti i diritti riservati/ All Rights Reserved Stampa / Print: Graphicom, Viale dell’Industria 67, Vicenza Senza regolare autorizzazione è vietata la riproduzione, anche parziale o a uso interno didattico, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia. Le didascalie e i credit delle immagini presenti in mostra sono stati stilati con la massima cura. Eventuali errori e omissioni non sono volute e saremo lieti di includere i dovuti credit nelle future edizioni se nel frattempo arriveranno all’attenzione della Biennale nuove informazioni. No part of this book may be reproduced or utilised in any form or by any means, electronic or mechanical, including photocopying, recording or any information storage and retrieval system, without permission in writing from the publisher.




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