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1. Dismissione Dei borghi

1.

DISMISSIONE DEI BORGHI

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«Il 72% degli oltre 8000 comuni italiani conta meno di 5000 abitanti. Un’Italia dove vivono 10 milioni e mezzo di cittadini e che rappresenta oltre il 55% del territorio nazionale, fatto di zone di pregio naturalistico, parchi e aree protette»1 . Questa è solo una delle tante fotografie della situazione italiana scattate, in seguito all’ultimo censimento legale della Repubblica del 21 ottobre del 2001, da Legambiente, l’associazione ambientalista pubblica più diffusa in Italia, che ha promosso l’iniziativa PiccolaGrandeItalia il cui fine principale è la tutela dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini di questi piccoli centri. L’aumento dei comuni a bassa densità abitativa è un fenomeno che riguarda tutte le regioni italiane, a partire dall’arco alpino (soprattutto quello ligure, lombardo, piemontese e friulano), ma si concentra in particolar modo lungo la dorsale appenninica ligure, tosco emiliana, abruzzese, fino alla Calabria, toccando infine le parti montuose della Sicilia e della Sardegna. Spiccano i casi della Lombardia, la quale con 1152 comuni è la regione con più piccoli comuni d’Italia, e della Valle d’Aosta che ha invece la maggiore percentuale di piccoli comuni (99%) 2 . Il fenomeno dell’abbandono di questi centri e la viceversa concentrazione nelle città più grandi iniziò negli ultimi decenni dell’Ottocento in seguito allo sviluppo industriale e alle sue imponenti trasformazioni economico-sociali che misero in crisi il precedente e secolare sistema di integrazione fra agricoltura, pastorizia e artigianato. Difatti, un alto e prolungato tasso di crescita della produzione di beni materiali e manufatti industriali, e del reddito pro-capite, una quota crescente della produzione totale dovuta al settore industriale, a scapito del settore agricolo, e la trasformazione della maggior parte della popolazione lavorativa in operai industriali, impiegati in fabbriche, con la conseguente riduzione di lavoratori agricoli e artigiani, favorì la concentrazione della popolazione

1 Vito Teti, a cura di, Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati, Donzelli editore, Roma 2004. 2 Cfr. Confcommercio-Legambiente, 1996/2016-Eccellenze e ghost town nell’Italia dei piccoli comuni.

Abruzzo Basilicata Calabria Campania Emilia romagna Friuli Venezia giulia Lazio Liguria Lombardia Marche Molise Piemonte Puglia Sardegna Sicilia Toscana Trentino Umbria Valle d’Aosta Veneto 253 97 326 338 165 162 259 183 1152 179 124 1077 87 316 199 141 312 63 73 329 305 131 409 551 341 219 378 253 1545 246 136 1206 258 377 390 287 339 92 74 581 376143 199175 687232 721927 450301 308796 465932 237774 2220081 334325 156824 1283152 237570 549750 500910 344535 460496 137392 85486 832900

n°piccoli comuni n° comuni totali n° popolazione piccoli comuni

vicino agli insediamenti industriali, generalmente grandi città, e la diffusione di stili di vita e di consumo legati ai ritmi e alle esigenze urbane. Il maggior spopolamento risale però alla fine della seconda guerra mondiale in seguito a un notevole sviluppo del settore dei trasporti: le nuove infrastrutture ferroviarie favorirono l’abbandono dei centri isolati per il trasferimento a zone più collegate con il resto del mondo, ove poter godere dei nuovi beni messi a disposizione dal boom economico degli anni Sessanta. Questo fenomeno sempre più critico ha causato da una parte lo spopolamento delle campagne, accentuando lo stato di arretratezza e improduttività del settore agricolo, cui va aggiunto il peggioramento delle condizioni ambientali tra cui ad esempio la sterilità dei terreni o desertificazione, e dall’altra una dinamica assolutamente libera, senza alcuna mediazione e governo. Pertanto, non solo è reale il rischio di una cancellazione di una parte rilevante della nostra identità storica e culturale ma appare concreta la preoccupazione che lo sviluppo non governato di questi fenomeni porti a nuove tensioni in un tessuto sociale fortemente disordinato e disomogeneo 3 . Ad aggravare questa situazione sono le catastrofi ambientali, come colate laviche, alluvioni e terremoti, che attaccano fisicamente questi piccoli centri destinandoli nel peggiore dei casi al totale abbandono da parte dei suoi cittadini. Tra queste il noto ultimo terremoto del 2009 che ha colpito i borghi, già fortemente abbandonati, dell’entroterra abruzzese. Si assiste pertanto a una moltitudine di centri abbandonati a sé stessi, senza alcun piano di recupero e senza alcun tipo di pianificazione volto alla loro valorizzazione. Si possono vedere palazzi diroccati, strade sconnesse, mancanza di qualsiasi tipo di attività commerciale o tipica artigianale inserita in un contesto organizzato, magari attorno a una strada o una piazza, piuttosto che distribuita in maniera disordinata, tale da rendere la bottega difficilmente identificabile dal turista e quindi fruibile. Manca poi spesso qualsiasi

3 Cfr. AA.VV., Comuni d’Italia, Abruzzo.

forma di promozione mirata (soprattutto a livello extraregionale) che possa attirare i visitatori con iniziative culturali di più ampio respiro. Il più delle volte si tratta di “paesi fantasma”, in cui le uniche forme di vita sono quelle degli anziani del luogo riuniti attorno ad un tavolo nel bar della piazza principale per chiacchierare o al più giocare a carte o i bambini per i quali il futuro sembra segnato: lontano dalla loro terra d’origine. Invece, proprio la tipicità di questi posti potrebbe rappresentare un’attrattiva per il turista, che sicuramente gradirebbe la possibilità d’immergersi in un contesto a misura d’uomo ma efficiente, dotato di servizi. Tali borghi abbandonati sono la testimonianza diretta, il simbolo della fine di una vita che fù, e sta proprio nella memoria dei luoghi la chiave della loro sopravvivenza. I luoghi abbandonati non muoiono mai, ma si solidificano nella memoria di coloro che li hanno abitati, di coloro che li hanno frequentati, dei loro discendenti, fino a costituire un fondamentale elemento di identità. Ancora oggi, infatti, molti borghi abbandonati sono luogo di celebrazioni religiose, di culto e, dunque, di ritorno. Ne è un esempio il borgo di Nicastrello che, descritto nel prezioso volume Il senso dei luoghi nel quale, attraverso un’attenta disamina, l’autore Vittorio Teti ricostruisce la storia dei borghi abbandonati di tutta la Calabria, torna a vivere nelle feste di San Filippo, il 26 maggio, e di Sant’Elena, o Santa Lena, come viene denominata in dialetto, il 18 agosto. Il culto di Sant’Elena nacque con la costruzione del villaggio; quello di San Filippo Neri venne invece introdotto, con ogni probabilità, verso la fine del Settecento. Queste celebrazioni religiose sono occasione di ritorno per i pochi, superstiti abitanti, per i loro discendenti, per la gente proveniente da Capistrano, San Nicola, Monterosso, e per i numerosi emigrati originari di questi paesi. Nel giorno del ricongiungimento, attraverso itinerari che legano al passato, il vecchio borgo di Nicastrello si rianima. «Le feste nei paesi abbandonati – spiega Teti – costituiscono un grande esorcismo contro la morte, affermano un nuovo bisogno di vita»4 . Ecco, dunque, che, attraverso una potente sacralità, si assiste alla rinascita.

4 Vito Teti, op…cit.

E’ essenzialmente negli ultimi due decenni che sono state attuate concretamente strategie di recupero di queste città fantasma sparse un po’ in tutta la penisola: o con azioni “site-specific” sul singolo borgo per la valorizzazione di uno strumento tipo, o con azioni diffuse attraverso la creazione di reti di relazione tra più borghi. Ad attuare queste politiche sono o enti pubblici e privati (Associazione “Borghi più belli d’Italia”, UNPLI con il progetto “Aperto per ferie”, Gruppo Touring Club Italiano), o singoli proprietari con grosse disponibilità economiche. In Toscana, grazie all’appeal che il marchio “Tuscany” ha all’estero, specialmente nei Paesi anglosassoni, sono molti i paesetti che sono stati riqualificati a fini turistici: a Pentolina, in provincia di Siena, sono state recuperate 21 case per un totale di 125 appartamenti da parte di un gruppo turistico svizzero mentre a Montingegnoli e a Castelletto Mascagni, sempre nella provincia senese, è intervenuta una società canadese; la provincia di Lucca ha elaborato il programma di riqualificazione “Borghi Vivi” e sta attualmente raccogliendo i dati e le informazioni sul numero di edifici abbandonati, i cui proprietari sono disponibili a vendere le proprietà o ad apportarle alla società veicolo che avrà il compito di gestire e ristrutturare gli immobili pagando un canone per 25 anni ai proprietari. Andando un po’ più a sud, interessante è il caso abruzzese, dove Agenzia Borghi, una società costituita dalla Provincia di Teramo ha l’obiettivo di ristrutturare i tantissimi borghi abbandonati o semiabbandonati sui monti della Laga; tra questi è sicuramente interessante il recupero di Santo Stefano di Sessanio da parte di Daniele Kihlgren che ha realizzato un albergo diffuso rivitalizzando il tessuto artigianale locale. O ancora, la trasformazione di Torri Superiore, in provincia di Ventimiglia, rimasto a lungo in stato di totale abbandono, in un eco villaggio che si basa su regole comuni tra tutti gli abitanti nel rispetto del territorio. Colletta di Castelbianco, in provincia di Savona, seguendo il progetto dell’architetto Giancarlo De Carlo, è stata restaurata e dotata di sofisticate strutture tecnologiche diventando così una “cittadella telematica”. Interessante è poi il caso di Bussana Vecchia, in provincia di Sanremo, che dagli anni Cinquanta del Novecento ha ospitato una comunità internazionale di artisti

tanto da essere definita un “villaggio di artisti”. Anche all’estero sono molti i programmi di riqualificazione che, sfruttando risorse europee e nazionali, mirano a potenziare l’offerta infrastrutturale e i servizi per impedire l’inurbamento della popolazione. Si cerca così di offrire nuove opportunità di lavoro, servizi per i giovani, divertimenti, spazi per lo svago e gli acquisti, garantendo sempre comodi mezzi di trasporto verso i centri principali. Curiosa è l’esperienza di LongoMai, una ONLUS di origine francese, che acquista casolari, borghi, spazi abbandonati per chi è stanco della città e decide di rifugiarsi in campagna per vivere in un mondo più a misura d’uomo. Impiegati, managers, disoccupati si ritrovano in piccole comunità dal sapore sessantottino e, tirate su le maniche, imbracciano forche e vanghe. L’importante per loro non è arricchirsi o “preparare un futuro ai loro figli” ma godersi la vita in contatto con la natura. Queste comunità agricole sono presenti in cinque paesi, Francia, Svizzera, Germania, Costa Rica, Ucraina. Il Portogallo si mostra anch’esso molto attivo per la riqualificazione di aree in via di abbandono: sono previsti ingenti finanziamenti ed è stato costituito uno specifico fondo, il Fondo di Riabilitazione e Conservazione Patrimoniale, destinato al patrimonio immobiliare e gli enti pubblici. Il Galles si è invece concentrato sull’area rurale intorno a Swansea per cui sono stati già preparati una serie di Masterplan di indirizzo per il potenziamento delle infrastrutture e dei servizi dell’area interessata. Recuperare la memoria antropologica di queste realtà territoriali, attraverso la riscoperta e la rivalutazione di strutture, strade, facciate, è un modo per portare benessere già agli stessi abitanti e non secondariamente anche ai turisti, ma perché tale recupero avvenga occorre recuperare prima il territorio e immediatamente a seguire le strutture; non si può apprezzare un palazzo Barocco, immerso in un territorio trascurato e scarsamente attrattivo. Occorre quindi dare sistematicità alla valorizzazione del patrimonio culturale ai fini turistici: collocare i borghi in itinerari tematici di tipo storico-culturale, di siti riconosciuti UNESCO, o naturalistico, o produttivo tipico (es. artigianato artistico,enogastronomico)

e la loro promozione e\o valorizzazione in una funzione di ospitalità diffusa, che prevede piccoli interventi di manutenzione straordinaria e arredo urbano sui borghi (sistemazione aree a verde, piani colore, cartellonistica, illuminazione), l’erogazione di piccoli contributi ai residenti interessati ad accogliere turisti nelle proprie case o in loro proprietà adibite a servizi di accoglienza. È necessaria una politica di riqualificazione totale del borgo o della rete di borghi, così da soddisfare alcune importanti finalità: - valorizzare turisticamente le aree dell’entroterra contrastando, attraverso lo sviluppo turistico, l’abbandono dei borghi; - sviluppare ospitalità e accoglienza di qualità nelle forme più consone alla storia ed alla geografia delle aree interne (ricettivo sostenibile); - contrastare l’abbandono dei borghi attraverso la creazione di nuove e diversificate forme di integrazione del reddito familiare; - promuovere reti di scambio e di cooperazione, anche extra nazionale, tra comuni dotati di borghi con caratteristiche turistiche comuni; - potenziare la diffusione di marchi di qualità connessi sia alle caratteristiche socio-culturali e ambientali delle aree , che alle tipicità dei microsistemi imprenditoriali insediati; - coinvolgere i privati cittadini e le organizzazioni di rappresentanza del sistema produttivo locale (agricoltura, commercio, artigianato) nella valorizzazione e manutenzione dei siti interessati. Indubbiamente molteplici sono le possibili strategie di riattivazione delle città fantasma, poiché molteplici sono i fattori che diversificano queste città: la quantità di edifici in disuso, gli aspetti geografici, geologici, economici ed antropologici. Solo rispettando tutte le varianti del singolo borgo si potrà elaborare una strategia perfetta così da rispettarne appieno tutte le sfumature.

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