Phoenix - Pontiac brand magazine

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Phoenix


Phoenix Magazine Issue n°0 Dicembre 2016

Creato e progettato da

Progetto sponsorizzato

F.A.C.E.L.L.A.

da PONTIAC.

Redazione:

In copertina:

Colombo Claudia

«The sparks from a Zippo lighter» foto di Jasmine A.

Crippa Federico Ortolai Eleonora Picardi Andrea Previtali Andrea Sartore Luca Zago Lucia

Stampatore: Grafiche Mainardi Via Giuseppe Candiani, 124, 20158 Milano, Italia

Copia digitale sfogliabile su: https://issuu.com/


EDITORIALE Phoenix è la città dei nativi, l’origine di quello che oggi chiamiamo America; ma Phoenix è anche la fenice che risorge dalle proprie ceneri e risale in superficie, non sprofonda più. Siamo così profondi, ormai, che non vediamo più niente; il nostro mondo trabocca di finti filosofi, psicologi, pensatori e tuttologi. La ricerca dei perché è il vero male di oggi: sprofondiamo. Non ci accorgiamo di quanto la vera vita, quella più coinvolgente, quella che ci rende vivi, sia estremamente superficiale, reale. Noi pensiamo che prendere il tutto con più leggerezza ci renda più attraenti,e la vita è davvero troppo breve per passare inosservati ed essere uno qualunque. E’ per questo che vi diamo appuntamento là dove questo spirito trova il suo carburante.


INDICE Luoghi

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Il cervello? Nei muscoli

Diretto, Chiaro, Conciso.

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Qattro ruote per farsi notare

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Persone

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I’m Sexy and I know It


In questo numero:

Reportage: i motel di Wildwood

Oggetti

38 Quando scatta la scintilla

46 I jeans nuovi dell’imperatore

Tendenze

52 La migliore notte della tua vita

60 Il lusso di sentrsi attraenti (per tutti)

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A detta dei praticanti di questo ormai diffusissimo sport, il bodybuilding è uno stile di vita, una filosofia: il culto dell’estetica, la soddisfazione che si prova ad essere notati, sentendosi soddisfatti del proprio corpo è ciò che spinge i culturisti a trascorrere ore sotto i pesi. E se qualcuno li osserva da vicino, tanto meglio: da quanto dicono, visti nel dettaglio sembrano ancora più incredibilmente irreali.


A detta dei praticanti di questo ormai diffusissimo sport, il bodybuilding è uno stile di vita, una filosofia: il culto dell’estetica, la soddisfazione che si prova ad essere notati, sentendosi soddisfatti del proprio corpo è ciò che spinge i culturisti a trascorrere ore sotto i pesi. E se qualcuno li osserva da vicino, tanto meglio: da quanto dicono, visti nel dettaglio sembrano ancora più incredibilmente irreali.

IL CERVELLO? NEI MUSCOLI.


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anno inventato un posto, in California (d’altronde, cosa non ci si inventa negli Stati Uniti?), divenuto popolare a metà degli anni ’30, che ogni bodybuilder che si rispetti venera proprio come una sede di culto: Muscle Beach, la palestra open-air nel cuore di Venice Beach (LA), è stato lì dove tutto ha iniziato, letteralmente, a prendere una forma. Chiusa per problemi di manutenzione nel 1959, la palestra è stata riaperta a fine anni ’80 con il nuovo nome di Muscle Beach Venice, essendo tutt’ora elemento di attrazione per i turisti ma soprattutto luogo di vero sudore per gli atleti che praticano questa disciplina. Lo statuto del culturismo è controverso. Gli atleti lo considerano uno sport a tutti gli effetti; altri una propedeutica allo sport (non il lato agonistico, ma il semplice esercizio con pesi e macchine); altri ancora una masturbazione puramente estetica. Probabilmente è tutte e tre le cose. Ma perché il genere umano è sempre stato attratto dalla presenza visiva dei muscoli, considerando seducente un bicipite, un pettorale definito, una coscia soda? “Potrebbe essere senz’altro un fattore più mentale”, affermano gli psicologi, “ovvero che la costruzione del muscolo richiede dedizione e sacrificio, spingendo te stesso oltre ogni volta che ti alleni costruendo anche una mentalità del tipo ‘si può essere più forti’. Tutto ciò si traduce in pura autostima che trasuda da ogni parte della propria personalità”. Un’altra ricerca condotta di recente dalla UCLA University di Los Angeles ha dimostrato che c’è parallelismo con il mondo degli animali. Così come il pavone si mette in mostra facendo la coda, i muscoli dei maschi rappresentano un segnale di forza, vigore e salute.

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l’avversario da battere sono le debolezze dell’atleta stesso e non un’ altra persona; lo sforzo verticale di elevazione di sé diventa il nuovo metro di giudizio.

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Ma i culturisti trascorrono veramente così tante ore ad alzare manubri, a sudare come fiumi in piena e a farsi esplodere i muscoli fino a mostrare ogni nervatura per “dimostrare a propria forza interiore”? La risposta di fondo è, essenzialmente, racchiusa in una parola: esibizionismo. I culturisti utilizzano il proprio corpo come mezzo per essere ammirati ed venerati come dei veri e propri eroi. In questa disciplina, l’avversario da battere sono le debolezze dell’atleta stesso e non un’ altra persona; lo sforzo verticale di elevazione di sé diventa il nuovo metro di giudizio. Ottenere un aspetto che, secondo i propri giudizi, è il massimo obiettivo raggiungibile, è il più alto piacere che un bodybuilder possa mai raggiungere: “Per me allenarmi è come raggiungere l’orgasmo” affermava in ogni intervista Arnold Schwarzenegger, frequentatore accanito di Muscle Beach Venice e protagonista del film Pumping Iron. “Sì, gonfiare i muscoli è come andare a letto con una donna.” Il muscolo è, quindi, dimostrato scientificamente come mezzo di attrazione, e anche le donne ne sono convinte. Se tra i lettori c’è qualche ragazza, donna o signora di età avanzata convinta che un corpo femminile considerato “bello” debba essere per forza mingherlino e sottile, bisogna ringraziare colei che ha permesso la diffusione di nuovi canoni estetici negli anni ’40. Abbye Eville, più conosciuta come Pudgy Stockton, si svegliò una mattina e, guardandosi allo specchio, pensò che aveva messo su troppo peso. Non si vedeva più bella, non si sentiva più al centro dell’attenzione per il compagno, lei che era sempre stata una ragazza così ammirata e considerata come una delle più desiderate del college. Scoprì ben presto che tanti uomini si ritrovavano quotidianamente a Venice Beach, frazione di Santa Monica (LA), e trascorrevano i pomeriggi afosi a sollevare bilancieri e ad esibirsi davanti alla gente incuriosita che passeggiava sul lungomare; non abbandonò mai più quel luogo. “A quel tempo, sollevare pesi era considerato uno sport per formare i muscoli più maschili”, affermava nel 2002, “e le persone pensavano che praticando questa disciplina le donne non sarebbero nemmeno state in grado di rimanere incinte. Quanto ho riso, quanto si sbagliavano!”. Pudgy ha sempre diffuso tra le sue fans l’idea che non ci fosse niente di male nel farsi guardare; anzi, bisognava modellare il proprio corpo proprio per raggiungere il grado ideale di curve, forme e muscoli visibili tale da sentirsi ed apparire estremamente sexy. Per mettere in mostra il suo “nuovo” corpicino mentre si allenava, Abbye sentì il bisogno di indossare un costume a due pezzi: quello intero, tipico dell’epoca, non metteva abbastanza in risalto i suoi addominali Phoenix

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bisognava modellare il proprio corpo proprio per raggiungere il grado ideale di curve, forme e muscoli visibili tale da sentirsi ed apparire estremamente sexy.

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scolpiti. «Non si poteva comprare un due pezzi, così mia madre ha strappato a parte un vecchio reggiseno da utilizzare come modello insieme a uno slip da uomo”, raccontava la culturista in varie interviste del tempo. Muscle Beach iniziava, a quel punto, a diventare una vera e propria piattaforma dove prendevano vita show improvvisati di sollevamento pesi, esercizi con spalliere, macchine e attrezzi. Aperta e visibile a tutti, ancora oggi pone tutti nella condizione di apprezzare quei fisici scolpiti, sudati, lucidi, e di ammirare gli sforzi di coloro che trascorrono l’intera vita a costruire il proprio corpo, proprio come degli scultori: “Ogni artista ha un contatto con il proprio lavoro. Un vero bodybuilder non pompa i muscoli, li costruisce. non siamo robot.” ripeteva Tom Platz ai tempi d’oro. Passeggiando sul lungomare di Venice Beach, tra graffiti e skaters, Muscle Beach e i bodybuilders non possono non attirare la vostra attenzione. Non possono, ma soprattutto non vogliono.

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Quattro ruote per farsi notare

1975. Dogtown, sobborghi di Venice, California. Qui la storia cambia, almeno per quel variegato popolo di skaters come me, da qui prende piede lo skateboarding come lo concepiamo oggi. 1975. Dogtown, un buco che puzza; qui inizia la leggenda.


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icoli colmi di immondizia, casupole in legno malconce, e la vita nel peggior Californiastyle che possiate immaginare, così ho iniziato la mia personale esperienza su una tavola con altri due amici miei coetanei. Siamo ragazzini appena quindicenni con la passione per il surf, che poi è anche una filosofia, uno stile di vita con le sue regole. Ci alziamo presto la mattina e andiamo al molo a surfare, convinti di guadagnarci il rispetto dei più grandi. In giro per la città ci sono tantissimi graffiti sui muri; «locals only» recita uno, solo quelli del posto. Sì, perché noi di Dogtown siamo surfisti duri e puri, e mal sopportiamo chi (venendo spesso da quartieri “fighetti”) viene a invadere il nostro territorio. Ma noi non ci limitiamo a surfare.

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Il bello di fare skate a Venice Beach è il fascino di sentirsi osservati.

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La gente che si stupisce per te è una motivazione, uno scopo, un traguardo.

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Per spostarci e divertirci usiamo una tavoletta in legno con 4 rotelle sotto, lo Skateboard. Usiamo lo skate come surrogato del surf, ci «alleniamo» quando non ci sono onde, d›altronde lo skate è nato così, come ripiego per i surfisti; ma per noi è molto di più. E’ la spregiudicatezza, l’incoscienza dei 15 anni, il piacere di farsi guardare, perché facciamo salti che la gente non pensa siano possibili. Siamo soliti ritrovarci assieme ad altri allo Zephiro, un negozio/laboratorio di tavole da surf e skateboards, gestito dal nostro amico Skip che ha deciso di formare un team per iscriverci ai concorsi e fare soldi. Siamo noi, con il nostro idealismo pratico, con la nostra passione a rendere Venice, il ghetto, e il nostro quartiere, Dogtown, un paradiso. A trasformare i chilometri di cemento in onde. Venice ha abbracciato la nostra storia e ne ha realizzato un dispositivo fisico davvero affascinante nella comunità di spiaggia con il suo nuovo Skate Park, inaugurato nell’Ottobre 2009. Situato proprio sul lungomare di Venice, non potrebbe essere in una posizione migliore. Voglio dire, quale città avrebbe speso $2.4 milioni per una pista da skate sul lungomare come sua attrazione più popolare, se non avesse capito l’importanza dello skateboarding nella sua storia? Il parco è un grande successo. E’ popolato da skaters ogni pomeriggio e particolarmente affollato nel weekend. Naturalmente la posizione - vicino alla spiaggia e in una zona ricca di storia aiuta la sua popolarità, ma le caratteristiche del parco sono un›attrazione allo stesso modo. Curve sinuose, cemento liscio ma street-stile, una conca profondissima. Mi piace davvero molto il parco. A causa della folla, ci vado sempre presto la mattina, con un paio di amici, anche se è gia frequentato dalle 7.00. Al contrario di quello che la maggior parte delle persone potrebbe pensare, la gente che frequenta il parco è perlopiù gentile. Ci sono una serie di persone, da giovani ragazzi a papà con i loro bambini. Ma il bello di fare skate a Venice Beach è il fascino di sentirsi osservati. La folla è attratta dalle nostre acrobazie, si ferma a guardare per ore, e tu non puoi far altro che accontentare la gente e rischiare, buttarti, tentare nuove mosse. Quando passi davanti alla balaustra capisci subito se sei il loro preferito: “Guarda quello con la maglia verde, che bravo!”, oppure “Mamma, guarda cosa sa fare!”. La gente che si stupisce per te è una motivazione, uno scopo, un traguardo. Sembra paradossale, perché quelle stesse persone non le rivedrò mai più in vita mia, anzi, appena gireranno l’angolo si Phoenix

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quella sensazione è la mia benzina, la mia carica, la mia certezza

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dimenticheranno del tizio con la maglia verde che volava tra gli spigoli della pista di Venice. Ma la certezza di essere il migliore, di essere bravo in qualcosa, di attrarre qualcuno sentendosi al centro dell’attenzione tra tante persone, quella sensazione è la mia benzina, la mia carica, la mia certezza per continuare a volare.

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Frank Zappa

Con un linguaggio diretto e mirato si può convincere una persona a fare qualunque cosa. Non ci si rende minimamente conto di quanto sia immenso il potere seduttivo delle parole. Un singolo incidente è la perfetta illustrazione di quanto le giuste parole possano sconvolgere totalmente una situazione a proprio favore. Questa vicenda dimostra pienamente come delle brevi frasi, dirette, chiare e concise, possano convincere, conquistare e sedurre piÚ di una lunga arringa.



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el 1968 un uomo arrivò alla porta di Frank Zappa, nella sua baita sempre aperta in Laurel Canyon, Los Angeles, minacciandolo con un revolver 24 mm. Il musicista, in modo calmo, persuase e manipolò l’uomo, di nome Raven, in modo da farlo camminare insieme a lui fino a un vicino laghetto, dove lo convinse a buttare l’arma. Con i due, c’erano anche amici e collaboratori del musicista, tra cui la segretaria Pauline Butcher, che ha riportato così la sua esperienza: Sulla soglia della porta d’ingresso arrivò un uomo magro che indossava un completo e una cravatta. «C’è Frank Zappa?». La sua voce sembrava sul punto di spezzarsi. «Sono io», disse Frank, balzando in piedi. L’uomo si avvicinò. «Mi chiamo Raven, ti ho portato un regalo». Passò a Frank una busta trasparente con dentro un liquido rosso che sembrava sangue. Frank la prese e ce la mostrò come se fosse su un palco e noi fossimo il suo pubblico. In quel momento, Raven, dietro a Frank, tirò fuori un

revolver d’acciaio. Le nostre urla terrorizzate fecero voltare Frank. Da mezzo metro di distanza, stese il braccio e puntò l’arma al cuore di Frank. Raven disse: «E allora ciao, Frank Zappa». Frank non poteva sapere se la pistola fosse carica, ma con la voce più calma possibile, gli disse: «Mettila giù». «Perché?» «Mettila giù e te lo dirò» Raven esitò e abbassò solo di poco la pistola. «Se spari con quell’arnese, arriverà la polizia e ti caccerai nei guai». «Sono già nei guai». Raven sputò e si girò, indirizzando la pistola contro di noi, con sguardo feroce. Frank, incredibilmente freddo, stava continuando a parlare con quel pazzo. «Ti richiuderanno», disse Frank. «Ah si?». «Si». Frank allora convinse Raven a dirigersi verso le Phoenix

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acque di uno stagno, passando tra il fogliame sul suo bordo. Frank all’apparenza era calmo. Prese una pietra e, col braccio proteso verso il bordo dello stagno, la lanciò nell’acqua. Sprofondò subito, lasciando dei cerchi tra le alghe verdi.«Mettila lì e nessuno lo saprà mai», disse a Raven, «Sarà il nostro segreto». Frank ci guardò, noi capimmo: Cinderella prese un frutto dall’albero vicino e lo lanciò nell’acqua, poi tutti iniziammo a prendere e scagliare oggetti nel lago, seguendo il suo esempio. Frank annuì a Raven, le cui spalle si incurvarono. Aveva l’aspetto di un bambino obbligato a dare via il suo giocattolo preferito: aveva l’aspetto di chi stava per piangere. L’uomo prese allora la pistola dalla sua tasca, sembrava ipnotizzato dal gesto di Frank mentre alzava il suo braccio per poi lanciare la pistola nell’acqua. La pistola atterrò con un ‹plop› e affondò. Ci fu un respiro di sollievo collettivo. Frank si congratulò con Raven e gli ridiede il sacchetto con il liquido rosso. «Devi andartene ora», disse, e mise fermamente il suo braccio intorno alle spalle di Raven, quasi spingendolo sul cammino verso Lookout Mountain, fino a scomparire verso Canyon Boulevard.

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I’m sexy and I know it

Redfoo è tornato. Fiammeggiante e seducente come non mai, le strade non sono piÚ sicure con lui in circolazione: attente, ragazze!


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opo i grandi successi conseguiti con gli LMFAO, dove era in coppia con suo nipote Skyblu, Stefan Kendal Gordy è pronto a catturare di nuovo l’attenzione di chiunque lo incroci per strada. La sua brillante carriera è iniziata molto presto: già dal 1993, a soli 17 anni, si è fatto notare con il suo pezzo “Back in the Day”. Con gli LMFAO ha iniziato un lungo passaparola tra locali e interventi radio, dove il loro cavallo di battaglia è stato “Party Rock”, uscita nel 2008 ed emblema del loro stile musicale e di vita. Sempre a cavallo della sottile linea che divide la serietà dalla presa in giro, nella canzone “Sexy and I Know it” Skyblu e Redfoo esprimono tutto il loro credo. Sotto il sole accecante di Venice Beach mostrano la loro vera natura e la vera natura del luogo, pieno di gente che passa le proprie giornate a far vedere i propri muscoli. Redfoo e i suoi amici camminano per la strada mostrando i loro fisici poco allenati e fuori contesto rispetto a quel grande museo di

bellezze umane che è Venice. Eppure tutte le ragazze che passeggiano sul marciapiede non possono assolutamente fare a meno di guardarli. Nella vita ci vuole davvero sicurezza: volete forse stare sempre al secondo posto? LA CARRIERA DA SOLISTA Nel 2012 il gruppo si scioglie, ma di certo Redfoo non si tira indietro. Con il suo nuovo singolo New Thang, “nuova cosa”, inteso qui come “nuova conquista”, ha inizio la sua seconda travolgente carriera. Leggerezza e gioia di vivere, ma anche un pizzico di ambizione: questa è la chiave. Sembra che il suo nuovo ruolo da solista non faccia altro che metterlo al centro della scena: il nostro conquistatore si aggira per le strade a bordo del suo veicolo fiammante. Non lasciatevi ingannare dalla sua eccentricità e dalla sua strana apparenza: tutto è calcolato per apparire al meglio ed apparire diverso da tutti; eppure la sua diversità non Phoenix

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è solo sua, ma è di tutti quelli che vivono il suo sogno. La città deserta e popolata solo da belle ragazze: questo è il mondo di Redfoo. Lui ha occhi solo per loro, e loro ne hanno solo per lui. Oh, the way that you pop, girl Makes me go cray, show me what you got, girl! You could be my new thang Oh, the way that you move Makes me go cray, pick it up now drop, girl You could be my new thang Redfoo si lancia subito all’approccio. “Potresti essere la mia nuova conquista” dice, avvicinandosi e accennando dei passi di danza e degli sguardi seducenti. I don’t care if it’s the first date I’ll take ya back to my place We can skip first base Cause a player like me tryna slide into home plate “Non mi interessa se è il tuo primo appuntamento, ti porterò con me”. Redfoo porta via una ragazza ed i fiori che il suo accompagnatore le aveva portato. Queste scene ci riportano alla mente la gioventù e le prime avventure romantiche. Solo il più deciso esce con la ragazza più bella. Gli altri restano a guardare come il ragazzo abbandonato in questa scena.

Hey bae I know we hardly met And I like that, You›re playing hard to get And you’re the type that Makes me wanna do thangs And that’s why I’m tryna make you my new thang Il gioco della seduzione è una questione davvero complicata anche per un campione come lui, ma in questo sta la sfida. Il vero piacere della conquista è il sapere di essere in grado di sedurre. La scena finale, con Redfoo che suona il sax sul cofano di una macchina in un garage circondato da ragazze che ballano richiama inevitabilmente alla memoria l’immortale capolavoro del passato “Grease”. John Travolta con il suo approccio sicuro ma scanzonato ci ricorda l’approccio di Redfoo. L’obiettivo è sedurre, ma senza troppe pretese: l’importante è essere coscienti del proprio potenziale. Il clima spensierato della canzone e le facili quanto effimere conquiste amorose della gioventù collegano lo sfavillante mondo di Redfoo ai sognanti anni ’50 americani. Questa canzone ci fa vivere questo: un sogno. Il mondo creato da Redfoo è come una parodia esagerata di quello reale, anche se il suo autore non sembra uscirne mai del tutto. E non sembra per niente intenzionato ad abbandonarlo.

I heard that ya single Now ya talkin’ my lingo Let›s play casino Bring four friends plus you—bingo! You ain’t nothin’ but a flirt The way ya bouncin’ in that shirt It›s amazin’ how ya drop it Pick it up and still make it work “Ho sentito che sei single, tu parli la mia lingua”. Non dimenticare di portare qualche amica! Phoenix

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I motel di Wildwood, sempre uguali

Il volume fotografico Out of Season, di Mark Havens (uscito negli USA l’8 agosto 2016), è una memoria storica delle vacanze della working class americana degli anni Cinquanta e Sessanta. Un lavoro lungo dieci anni, oltre 13mila foto d’archivio che documentano le centinaia di motel di Wildwood ispirati all’estetica Googie. Ma un numero sostanziale di queste strutture uniche sono state demolite negli ultimi anni e molti di quelli che rimangono si trovano ad affrontare un futuro incerto.


Motel Sea Shell, Wildwood (New Jersey, United States)



Caribbean Motel, Wildwood (New Jersey, United States)



Swan Motel, Wildwood (New Jersey, United States)



Blue Marlin Motel, Wildwood (New Jersey, United States)




QUANDO SCATTA LA SCINTILLA

«La pietrina è salda, la benzina è carica, lo stoppino è nuovo, credo di potercela fare». (Steve McQueen in L’uomo del sud, 1960)


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Educazione sentimentale

credo di aver sempre saputo, di aver già deciso fin dalla più tenera età, che da grande avrei fumato:quell’estate a una “pesca miracolosa” di un luna park, di quelle con la pinza metallica manovrabile a 500 lire ogni tentativo, in mezzo alle solite caramelle, peluche, pupazzi di stoffa e cuscini a forma di cuore, spiccava anche un pacchetto di Marlboro da dieci, sembrerà strano, ma in quel contesto provinciale era possibile anche questo. Così insieme a un mio amichetto puntammo la preda e nel giro di due o tre tentativi riuscimmo ad accaparrarcela: cinque sigarette a testa, chiedevamo da accendere agli sconosciuti, per un dodicenne di oggi anche questo sarebbe meno facile. Da quel giorno ho iniziato a fumare e non ho più smesso. L’estate finiva, la scuola ricominciava e io fumavo quando potevo: nel mio tragitto mattutino, la sera affacciato in finestra; il povero cane, che prima non usciva mai, adesso mi offrivo di portarlo a spasso anche tre volte al giorno pur di farmi una sigaretta; ma soprattutto ne approfittavo, nei pomeriggi in cui i miei genitori non c’erano, per fumare davanti allo specchio. Facevo tantissime prove, studiavo tutte le maniere possibili di tenere una sigaretta tra le dita o le labbra. Nel frattempo avevo anche imparato ad aspirare e fumare era diventata la mia naturale condizione. Passai anni a provare tutti i tipi di sigarette esistenti sul mercato, ci misi parecchio a stabilizzarmi su una marca. Nel mio percorso di fumatore c’è stata un’unica costante, un unico oggetto che ha saputo catalizzare tutta la liturgia del fumatore. Lo Zippo. Ricordo che nelle tabaccherie ben fornite gli Zippo erano in mostra su espositori girevoli, ognuno unico e diverso dall’altro, ne ero maledettamente affascinato e li desideravo tutti. Ce n’erano dai più sobri ai più pacchiani; alcuni completamente lisci, altri arricchiti da disegni di vario genere, stampati o lavorati in bassorilievo, dalle tematiche più disparate che potevano andare dal tema marinaro al gioco, da un animale guida al segno zodiacale, da un motto di vita come nei tatuaggi, alla joint- venture

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Ne approfittavo, nei pomeriggi in cui i miei genitori non c’erano, per fumare davanti allo specchio. Facevo tantissime prove, studiavo tutte le maniere possibili di tenere una sigaretta tra le dita o le labbra.

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Gli Zippo erano in mostra su espositori girevoli, ognuno unico e diverso dall’altro, ne ero maledettamente affascinato e li desideravo tutti 42

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con un altro marchio famoso, dalla sponsorizzazione di un evento in corso alla commemorazione di un evento di cui correva l’anniversario. Anche i prezzi erano proporzionalmente variabili: più pregiato era il metallo di base e più articolato il disegno, più l’accendino era costoso. Quando a quattordici anni comprai il mio primo Zippo mi sembrò abbastanza costoso; ma più tardi mi resi conto che in realtà era un’invenzione rivoluzionaria che, rispetto agli accendini da tavolo in alabastro di mio nonno o a quelli d’oro marchiati Dupont e Cartier di mio padre, aveva fornito una valida alternativa a chiunque non potesse permettersi tali accessori da gioielleria. Perché gli accendini, per una legge non scritta, sono oggetti ineluttabilmente destinati a cadere per terra: un lussuoso accendino a gas, la cui carica è già di per sé costituzionalmente destinata a una durata inferiore, rischia così di vedere danneggiata la sua delicata valvola e di diventare inefficiente. Uno Zippo invece può anche essere lanciato dal decimo piano senza che il suo funzionamento ne sia compromesso: una carrozzeria cromata con coperchio a cerniera, apribile e richiudibile con un movimento semiautomatico; un’anima interna riempita da cinque strati di ovatta attraversati da uno stoppino che fuoriesce sulla cima, accanto ad una pietrina che ne scaturisce l’accensione previo sfregamento di una piccola ruota segata a scanalature. Celebrato in molti film, da Hitchcock a Four Rooms di Tarantino, si coglieva la vera natura dell’accendino: popolare e allo stesso tempo prezioso, un gadget “per tutti” ma contemporaneamente un oggetto “per sempre”.

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Giochi di prestigio

Al centro dell’attenzione e mai passato inosservato, l’accendino di Mister Blaisdell è il protagonista degli “Zippo tricks”, giochi di abilità manuale nei quali l’accendino viene aperto-acceso-richiuso in una varietà di modi veloci e spettacolari. Uno dei trick più famosi è quello di aprire la testa dell’accendino senza toccarla con le dita, facendolo slittare sulla coscia tenendolo da sotto, per poi Phoenix

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velocemente ripetere il gesto in senso opposto facendo scattare la pietrina: fu la prima mossa che imparai, ma è talmente facile che farlo oltre i sedici anni è ridicolo. Oggi gli “Zippo tricks” sono divenuti una forma di virtuosismo autenticamente popolare, di sapore frustrato e infantile, paragonabile all’abilità con la stecca da biliardo o all’improvvisazione chitarristica nel blues, ma con l’aggravante di essere una manifestazione di esibizionismo fine a sé stessa e totalmente inutile dal punto di vista pratico, più simile forse alle acrobazie dei barman flair. Lo avrei perduto spesso ma lui ritornava sempre da me come un boomerang, magari quando ormai ero rassegnato. Un giorno me lo ritrovai sotto il sedile della macchina, ma la cosa inspiegabile è che l’ultima volta che lo avevo visto, anni prima, quella macchina non ce l’avevo ancora. Uno Zippo, infatti, è per sempre.

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Ai giorni d’oggi tutti indossano jeans appositamente strappati e trovarne un paio intatto è diventato veramente raro. Tuttavia sembra che la gente li indossi con disinvoltura senza una necessità specifica. Con disinvoltura li mette per andare a scuola, a volte a lavoro, la sera per uscire ma li troviamo anche sulle passerelle d’ alta moda. Non serve un’ occasione: lo strappo è diventato un abitudine. Per questo voglio condividere la mia avventurosa storia sull’acquisto di un paio di jeans a Los Angeles.

I jeans nuovi dell’imperatore



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vevo urgentemente bisogno di un paio di jeans nuovi. Non che ne avessi la reale necessità, ma si sa, quando un oggetto riesce a sedurti, non ci sono scuse; sopratutto per una donna. Li sognavo già nel mio armadio, affascinanti nella loro semplicità. In una boutique, un commesso con fierezza mi ha consegnato un paio di jeans, dicendomi che erano andati a ruba nell’ultimo periodo: lavaggio chiaro, un po’ slavati, non troppo pesanti. Ho sbirciato subito l’etichetta ed è stato divertente scoprire che non solo costavano $300, ma ancora più esilarante è stato disfarli e vedere che non esisteva realmente un capo: okay, c›era una zona inguinale di jeans, ma sembrava già troppo in quel complesso di strappi e sfilacci. Per pura curiosità, li ho provati: c’erano delle cuciture, quindi ho intuito vagamente dove andavano inflilate le gambe, ma la parte anteriore del pantalone era letteralmente inesistente; nelle mie mutande e cavigliere di jeans, sembravo il peggiore supereroe mai inventato fino ad ora. Ero allibita. Erano veramente andati a ruba? La gente aveva veramente speso $300 per comprare degli strappi? Meno il stoffa c’è, più il capo costa: come ne I vestiti nuovi dell’imperatore , alcune persone sembrano preferire i vestiti invisibili a quelli tradizionali. La sera, incuriosita, ho nerdeggiato davanti al computer per cercare di capire la mentalità dei clienti che si esaltano per questo genere di moda. “Ieri notte ho strappato i miei jeans pogando, non sono fighissimi»? O: ”Ho speso $300 per i jeans e sto davvero lavorando duramente». O forse: “Soffro di terribili vampate di calore che hanno bisogno di ventilazione costante”. La cosa iniziava veramente ad incuriosirmi, doveva pur esserci un motivo, un qualcosa che ci convince ad indossare dei pantaloni già rotti appena usciti di fabbrica, già disegnati e progettati in quel modo. Google mi ha fatto scoprire che quella del jeans strappato è una tendenza ciclica; ripercorrendo la storia, l’origine del jeans bucato e consumato appartiene ai lavoratori, al proletariato che poteva permettersi un solo paio di pantaloni e lo utilizzava fino a che erano logori. E’ forse per identificarsi con una parte di società, per distaccarsi dal mondo ‘borghese’ che i giovani dagli anni ’60 cominciarono ad indossare i jeans strappati. Un segno di emancipazione, di noncuranza nei con-

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“Un simbolo di anticonformismo divenuto conformista, di ribellione divenuto mainstream.�

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fronti del perbenismo, scelto dagli ippy e successivamente dai punk. Appartiene ad un moto di ribellione anche la tendenza dei jeans lacerati degli anni ’90, quando ginocchia in vista, orli consumati, denim logoro erano una dichiarazione di appartenenza. Dunque, stando a quello che dice Wikipedia, non si può ritenere una moda del tutto insensata per il significato che aveva un tempo, ma è altrettanto vero che il loro utilizzo attuale non ha effettivamente uno scopo (anzi). E’ ormai un simbolo di anticonformismo divenuto conformista, di ribellione divenuto mainstream. Ribelli e rock n’ roll, i jeans strappati hanno perso il loro appeal negli anni 2000. Ora sono tornati, e questo è assodato: nei negozi è diventato particolarmente difficile trovare un paio di jeans intatti, degni di questo nome. Il jeans strappato è oggi una sorta di parodia dello spirito ribelle. E’ un capo da ‘bad girl’ o ‘bad boy’ ma mainstream; eversivo, ma rassicurante, perché solo di facciata, senza un forte significato alla base. Oggi lo indossano tutti, senza impegno, creando senza un motivo più profondo un mix di seduzione e trasgressione. Lo strappo dà quel senso di vissuto, di “duro” che trasgredisce alle convenzioni finendo quasi per sedurre in modo velato senza pensarci troppo, fregandosene di regole, di significati senza dare alla questione una particolare importanza. Un modo per apparire, per spiccare agli occhi degli altri con una certa rilevanza senza grandi ricerche di ideali stilistici, ma indossando un semplice jeans strappato.

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Per moltissimi giovani americani compiere 21 anni è un passaggio fondamentale. Non solo il passaggio alla maggiore età concede nuovi diritti, ma diventa un motivo e un’occasione per fare sfoggio di sé. È il momento che tutti aspettano con ansia. Si diventa adulti e si viene riconosciuti come indipendenti. Rappresenta un forte cambiamento. Passata questa età i giovani possono finalmente andare nei locali giusti. Bar, casino e club dove è possibile acquistare alcolici sono luoghi preclusi ai minori. Si diventa davvero uomini, potendosidivertire al meglio ed in modo indipendente. Deve necessariamente essere un momento indimenticabile.


La migliore notte della tua vita

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LA MIGLIORE NOTTE DELLA TUA VITA

UN RITO PER DIVENTARE UOMINI

Per moltissimi giovani americani compiere 21 anni è un passaggio fondamentale. Non solo il passaggio alla maggiore età concede nuovi diritti, ma diventa un motivo e un’occasione per fare sfoggio di sé. È il momento che tutti aspettano con ansia. Si diventa adulti e si viene riconosciuti come indipendenti. Rappresenta un forte cambiamento. Passata questa età i giovani possono finalmente andare nei locali giusti. Bar, casino e club dove è possibile acquistare alcolici sono luoghi preclusi ai minori. Si diventa davvero uomini, potendosi divertire al meglio ed in modo indipendente.

Sono nervoso. Oggi è il mio 21° compleanno e mi aspetta un grande passo. Comprerò la prima cassa di birra della mia vita. Aspetto da tanto questo momento. Non voglio essere più visto come un bambino che per fare qualsiasi cosa deve chiedere permesso alla mamma. Finalmente le cose possono cambiare! Tutti mi vedranno e tutti sapranno quanto sono forte. Ma sono nervoso. Avrò tutti gli occhi addosso. Quelli dei miei amici, quelli dei miei genitori appena sarò uscito di casa e quelli del negoziante quando dovrò mostrare i miei documenti. Esco di casa. Ho preso i soldi? La carta d’identità? Sì, ho tutto. I miei amici mi stanno già aspettando. Sono i soliti quattro, chissà cosa pensano di me.

Deve necessariamente essere un momento indimenticabile.

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Vedo che hanno già preparato il telefono con la telecamera accesa. Non si compiono 21 anni tutti i giorni. Ci incamminiamo. Il negozio si trova all’angolo della strada, qualche isolato più in là. Fa caldo. Il sole è davvero impietoso. Questo non mi aiuta controllare il mio sudore. Siamo quasi arrivati. L’aria è bollente. Arriviamo davanti alla porta. Qualcuno fa una battuta. Rido. Sono tutti molto allegri, ma io me la sto facendo sotto. La maniglia della porta è rovente, mi faccio forza e la spingo. Faccio qualche passo all’interno studiando la situazione. Tutto è tranquillo. Chi mai uscirebbe di casa sotto questo sole? Solo cinque ragazzi allegri ed emozionati probabilmente. Il negoziante mi guarda. È un uomo di mezza età, basso. Lo conosco da sempre, ma oggi sembra diverso. Forse perché sono io ad esserlo. Mi accenna un saluto. Forse sa, forse non sa. Non indago. Ostento un passo sicuro. Deve vedere che sono un uomo e che posso fare quello che voglio. Dico una battuta per stemperare la tensione. I miei amici ridono. Ora sono esaltato, sono al centro dell’attenzione. Uno di loro sta riprendendo ogni mia azione. Sarà un momento memorabile. Mi dirigo verso il settore degli alcolici. I frigoriferi che li contengono occupano l’intera parete. C’è l’imbarazzo della scelta. Le confezioni di cartone sono tutte splendenti ed invitanti. Le grafiche sono colorate. Le lattine luccicano di condensa. Il fresco che esce dal frigorifero mi inonda il viso. È piacevole. Mi metto in posa davanti a quella schiera di prodotti, sorrido ed allargo le braccia. Tutto questo è mio! Mi sembra che tutto il mondo mi appartenga! Tutti avranno occhi per me oggi! Tutte le ragazze più belle della scuola mi guarderanno con occhi diversi! Tutte mie! Nessuna resisterà! Prendo la mia cassetta e la abbraccio come se fosse un bambino,

mentre a gambe larghe procedo verso la cassa seguito dai miei amici esaltatissimi. Appoggio con strafottenza la cassa sul banco ed estraggo il mio portafoglio di pelle lucida. Con noncuranza estraggo la carta d’identità e la mostro al negoziante. Come se ci fosse poi qualcosa da dimostrare! Insomma, guardami, non hai visto chi sono io? Sbatto i soldi sul bancone e riprendo la cassa salutando energicamente il cassiere. Uscendo dal negozio mi sento il re del mondo, e i miei amici sono lì per confermarlo. D’ora in poi comando io! UN FENOMENO VIRALE Youtube è piena di video che mostrano scene simili. E’ un passaggio che molti compiono e che sembra essere davvero importante. Riassume tutti i desideri di un giovane: essere libero dalle convenzioni e poter fare quello che meglio crede. Si viene quasi riconosciuti socialmente, per non apparire come degli incapaci. E’ una vera prova di coraggio. Esistono forum dove persone di tutte le età raccontano storie simili a questa. Cosa hanno comprato e come si sono sentiti. Oppure pivelli che chiedono consigli su cosa sarebbe meglio fare. LAS VEGAS, BABY! Per i più temerari e per chi vuole davvero esagerare non c’è meta migliore di Las Vegas per festeggiare un evento così importante. La città del peccato non si tira di certo indietro! Con i tuoi 21 anni ancora lucenti sulle spalle sarai veramente il protagonista! I migliori club e casino aprono finalmente le loro porte dorate. Phoenix

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Primo passo: scegliti tre amici. Non di più, non di meno. I gruppi numerosi rallentano e costano troppo. Consigliati amici single, ma portare qualcuno già impegnato ti potrà aiutare a fare conquiste. Secondo passo: pianifica. Nella lunga notte non sarà facile prendere decisioni lucide. Risparmia tempo e decidi dove andare. Quest’avventura deve essere vissuta al 100%. Terzo passo: Vita notturna. Salta la coda, ordina una bottiglia e rendi la notte del tuo compleanno indimenticabile. Potrà sembrarti dispendioso, ma una volta che hai diviso il conto con i tuoi amici non sarà niente di drammatico, e sarà sicuramente migliore di qualsiasi altro drink dozzinale. In più verrai trattato come un re ed avrai un posto tutto tuo.

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Quarto passo: Divertiti! Non avrai mica scelto Las Vegas per stare chiuso in una camera d’albergo! Esci per le strade e per i locali e fai vedere che non sei secondo davvero a nessuno. Potrai tentare la fortuna o darti alle danze più sfrenate!” Due cose, infine, non possono mancare per trascorrere degnamente una serata a Las Vegas: un gruppo di donne attraenti con cui passare la serata e, ovviamente, un dress to impress. D’altra parte, a ventuno anni tutti è possibile. Proprio come a Las Vegas.


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IL LUSSO DI SENTIRSI ATTRAENTI (PER TUTTI)

Oggi, in tutto il mondo, un nuovo metodo di scambiarsi e utilizzare beni è in espansione. È il fenomeno della sharing economy.



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COME FUNZIONA?

È presto detto. La fiducia, la convenienza e il senso di comunità sono i fattori su cui si basa questo fenomeno. Grazie alla propensione da parte dei consumatori a provare nuove app mobili, le barriere sono quasi inesistenti, le porte sono tutte spalancate: tutto questo diventerà ancora più veloce quando i consumatori diventeranno ancora più fiduciosi nelle comunità di utenti che prestano questi servizi. Ed ecco che possiamo avere tutto quello di cui abbaiamo bisogno senza dover aspettare troppo e senza troppo impegno. E tutto significa proprio tutto; hai bisogno di una casa per un week-end fuori porta? Nessun problema. Tramite innumerevoli piattaforme, come Airbnb, puoi metterti in contatto con chi ti può affittare esattamente la casa di cui hai bisogno, solo con

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un’app. Esistono piattaforme specifiche per biciclette, auto, gioielli, perfino corsi ed esperienze gastronomiche o culturali. Negli Stati Uniti i dati ci dicono che il 44% degli americani ha famigliarità con questo nuovo tipo di business: soprattutto tra i giovani tra i 18 e i 24 l’interesse per questa forma di commercio è particolarmente alta. Ma c’è molto altro.

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IL LUSSO ENTRA NELLA SHARING ECONOMY

Il nostro tempo ci permette di essere tutto quello che vogliamo essere senza preoccuparci di avere troppe responsabilità. Oggi quello che conta di più nella nostra società è apparire vincenti e attraenti agli occhi di tutti, ma il possedere effettivamente questi beni che ci permettono di farlo non è sempre possibile o utile. Le nuove generazioni, i cosiddetti “millenials” sono più interessati ad abbracciare


MUSCLE BEACH LEGENDS

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uno stile di vita che non a scegliere un banale prodotto. L’importante è avere storie da raccontare ai propri amici e alle nuove conquiste amorose: a chi serve sapere quale nuovo paio di scarpe o quale nuova macchina abbiamo comprato nell’ultimo mese? È decisamente più entusiasmante raccontare l’ultima serata passata all’insegna del divertimento e quanto tutti avevano occhi solo per te, oppure di quando sei andato a prendere la tua nuova ragazza con la giacca più appariscente del momento. In sintesi, non si tratta semplicemente di adottare per poco tempo un oggetto materiale, ma di abbracciare un intero stile di vita. Un modo di vivere unico ci farà apparire decisamente diversi agli occhi di tutti, e in particolare di quelli da cui vogliamo essere notati. Abbracciare uno stile di vita significa scegliere momenti emozionanti ed indimenticabili. Non possedere veramente il bene, inol-

tre, permette di usufruirne le funzionalità senza tutto il peso economico e di responsabilità per il suo mantenimento nel tempo. Il signor Farhad Vladi, presidente di Vladi Private Islands ha detto: “Se possiedi una proprietà, devi gestirla, pagare le tasse e l’assicurazione. Lo sappiamo. È in corso un cambiamento nel mercato. Chi arriva da noi affitta e si diverte per due settimane, poi continua per la propria strada.” L’unica cosa che importa è il momento e l’emozione legata a quell’istante. Per questo motivo sono recentemente nate molte aziende che permettono di possedere in modo temporaneo oggetti di grande pregio, a costi che possono rendere accessibili a tutti questi servizi: dalle borse di grandi firme alle case lussuose in luoghi magnifici, tutto può essere affittato per stupire e vivere nuove esperienze.

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Tramite la piattaforma Onefinestay è possibile accordarsi per case di grande pregio in tutto il mondo. Potrai scegliere esclusive abitazioni in Florida o eleganti appartamenti in grandi città per le occasioni in cui devi veramente brillare… o semplicemente rilassarti con stile. Utilizzando Bag Borrow or Steal, ancora, le signore più esigenti potranno mettersi in mostra affittando borse delle più importanti case di moda per farsi guardare mentre passeggiano per strada. Infine, su Board a Boat potrete vivere il sogno di sbarcare sui moli più importanti del pianeta smontando da yacht che vi daranno un fascino irresistibile. Il principio della sharing econonomy è ormai sulla bocca di tutti, e tutti me parlano; è un modo di essere sempre al massimo ovunque ci si trovi. Rachel Jones, dell’agenzia WGSN ha affermato: “Sono ancora indeciso se il

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risultato della condivisione del lusso sia quello di essere democatici o di frenare i consumi. Sembra piuttosto che in questo mondo ego-ego-ego di esagerazione e narcisismo da selfie-stick, la gente voglia conservare la propria apparenza ed essere vista con l’ultima borsa, l’orologio più recente e la macchina più luccicante. Chiaramente tutto questo fa appello all’ossessione per i beni di lusso che molte persone ancora hanno, ossessione che non sembra essere pronta ad essere dimenticata.” La società di oggi sembra essere molto propensa a dare un futuro a questo fenomeno. D’altronde, cosa c’è di più soddisfacente che sentirsi ammirati, al centro dell’attenzione e seducenti (anche solo per un giorno)?




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