Oddity - Brand Magazine (Granny Takes a Trip)

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“I’m stepping through the door And I’m floating in a most peculiar way And the stars look very different today” Canta così David Bowie in Space Oddity. Il Maggiore Tom parte con la sua navicella e si ritrova nello spazio, guardando la Terra da un punto di vista differente e completamente nuovo. Allo stesso modo ogni persona ha un lato nascosto, personale, una prospettiva intima che la rende diversa dagli altri, peculiare. Questa parte può essere stimolata in maniera creativa da macchine, sostanze alteranti, patologie, performance ed eventi. L’alterazione più o meno temporanea dei sensi, della psiche e della realtà concreta diventa lo strumento per veicolare un messaggio: rivendicare la propria libertà d’espressione. Attraverso queste tecniche è possibile dare voce alle proprie emozioni e ai propri stati d’animo.

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INDEX 09

Editoriale

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Ayahuasca: medicina dell’anima

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Sinestesia: i sensi prendono forma

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Un glitch nella tradizione

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Melodie cerebrali: il rumore della mente

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Il raro libro di cucina di Salvador DalĂŹ Ristampato

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Quando la droga ti rende artista

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Burning Man : vivere è una scelta personale 11


Ayahuasca: medicina dell’a nima “Resta col dolore. Non lo scacciare. Senza dolore, senza sacrificio, non avremo niente. Questo è il tuo dolore. Questa è la tua mano che brucia, eccola! Non fare come fanno quei cadaveri ambulanti. Non fuggire. Quello che senti è illuminazione prematura. E’ il momento più importante della tua vita e te lo perdi perché sei altrove! I nostri padri per noi erano come Dio. Se loro se la svignano, questo cosa ti fa pensare di Dio? Devi considerare la possibilità che a Dio tu non piaccia, che non ti abbia mai voluto, che con ogni probabilità lui ti odi. Non è la cosa peggiore della tua vita? Non abbiamo bisogno di lui. Al diavolo la dannazione e la redenzione. Siamo i figli indesiderati di Dio e… così sia! Prima ti devi arrendere, devi avere coscienza non paura. Coscienza che tu morirai. E’ solo dopo aver perso tutto che siamo liberi di fare qualsiasi cosa…” Avevo in mente le parole di Tyler Durden mentre mi approcciavo allo sciamano. I miei occhi si tuffavano nei suoi, che non erano semplici occhi ma due oceani, all’interno dei quali avevo deciso di navigare. Lasciai che quella misteriosa bevanda, meticolosamente preparata, entrasse dalla mia bocca, bevendo la

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parte liquida ed infine masticando la parte più grumosa. Lo sciamano la chiamava “La Medicina”, avvolgendo la sostanza di ulteriore mistero e spiritualità. Mi ripetevo di stare tranquillo, lasciare il razionalismo, e farmi guidare dalla magia e dall’energia che si respirava nell’aria. Ma, tra il dire e il fare… Sinceramente? Mi cagavo addosso. Mi trovavo sperduto nella campagna, con dieci sconosciuti, e a breve vittima del mio inconscio che sarebbe stato attivato dalla dimetiltriptamina. L’Ayahuasca o Yagè si presenta sotto forma di bevuta scura e si ottiene mischiando e cucinando la liana di Ayahuasca, appunto, e le foglie di Chacruna – come viene chiamata in quechua o Psychotria viridis, secondo il suo nome scientifico – in proporzioni di 70 e 30 percento. La liana è una pianta sacra per le popolazioni indigene dell’Amazzonia, e gli sciamani di Colombia e Perù la utilizzano da oltre quattromila anni per produrre La Medicina. Il potere della liana sta nel suo principio attivo: la dimetiltriptamina, più comunemente conosciuta come DMT. Tuttavia, nonostante la sacralità della Pianta, la Chacruna è un ele-


Liana di Ayahuasca

mento necessario per la produzione di questo farmaco ancestrale. La DMT verrebbe rapidamente disattivata dai nostri enzimi in assenza di quest’ultima, che, oltre a impedire l’attivazione dei suddetti enzimi, ne potenzia l’effetto. Negli ultimi anni questa sacra bevuta sciamanica ha iniziato a diffondersi in Occidente. Iniziando a circolare negli ambienti alternativi, si è poi andata popolarizzando tanto che vari terapeuti la usano. Errore comune, che trova le sue basi nel potere allucinogeno e psichedelico della pianta, è quello di parlare di questa sostanza come di una droga. L’Ayahuasca è a tutti gli effetti una medicina. Sicuramente, la più potente che abbia

mai provato. Mi scuso per essermi dilungato così tanto in dettagli tecnici, ma ho ritenuto necessario mantenere ancora per qualche secondo il contatto con la realtà (questa realtà perlomeno), prima di prendervi per mano e trascinarvi nel mio viaggio. Ci siamo…allacciate la cintura perché ora possiamo partire. Sono arrivato tardi, quando la notte era già scesa. La casa dove si è tenuto il ritiro era sulle colline subito fuori dalla città e, beffarda, sembrava ghignare al mare nero che rifletteva la luna. L’incenso, il camino e gli abbracci sono le prime tre cose che ricordo.

Preparazione dell’Ayahuasca


“Errore comune, che trova le sue basi nel potere allucinogeno e psichedelico della pianta, è quello di parlare di questa sostanza come di una droga. L’Ayahuasca è a tutti gli effetti una medicina. Sicuramente, la più potente che abbia mai provato.”

E poi la sorpresa per lo scoprire che le altre persone presenti nella sala erano estremamente diverse tra di loro, relativamente giovani e tese quanto lo ero io – cosa che mi ha fatto sorridere, e mandare ancora una volta a fanculo i pregiudizi. Chiacchierate di circostanza, hanno riempito il tempo che ci divideva dal momento che tutti attendevamo impazientemente l’arrivo dello Sciamano e, in particolare, della Medicina. La “scatola dei ricordi” contiene spezzoni sommari. Ricordo l’improvviso silenzio, e poi un uomo calvo con una voce cacofonica ma rassicurante che, avvolto nei suoi abiti bianchi ci istruiva su come si sarebbe svolta la notte. Era Lo Sciamano e con lui, scaldato da un poncho di lana, vi era il suo aiutante. Poi, per quanto mi sforzi di rievocare gli eventi, il vuoto. Al ricordo successivo mi sono cambiato d’abito, ho anche io dei vestiti chiari e giaccio supino sopra un materassino, nella stessa stanza con gli altri dieci compagni di avventura. Le luci sono soffuse, statue di Budda e quadri psichedelici arredano la camera,

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Rappresentazione del rito di assunzione

e una musica strumentale fa da base alle parole della nostra guida spirituale. Ci prepariamo alla cerimonia, “inspirare-espirare, lasciare andare i problemi e allentare la tensione”, sono le parole del saggio. Infine, ingoiamo e mastichiamo per due minuti un tocco di tabacco puro. L’aroma e le proprietà della potente foglia hanno la capacità di liberare le vie respiratorie e preparare il cervello ad accogliere la pozione magica. Tra i vari nomi che Lo Sciamano usa per riferirsi all’Ayahuasca, io mi affeziono a quello di abuelita (nonnina), poiché evoca una anziana saggia, severa ma affettuosa, che io associo al personaggio di Ursula Iguarán a cui Garcia Márquez ha dato vita nel suo romanzo avvolto di magia. Ancora uno spazio buio. E mi ritrovo al principio di questo articolo. Il calvo Santone mi indica: è il mio turno. Nascondendo l’indecisione, mi alzo e procedo dritto verso di lui senza mai abbassare lo sguardo. Se da un lato so che sto facendo un tuffo nel vuoto, dall’altro sono sicuro di volermi mettere alla prova: voglio entrare

dentro me stesso e affondare i miei demoni o essere affondato. Mi rendo conto, con non poca soddisfazione, che ho implicitamente accettato l’idea della morte e che senza ormai più remore le vado incontro scommettendo sull’esito finale della battaglia. Non fraintendetemi, non c’è niente di fisicamente mortale in quello che ho fatto, ma è in ogni caso una grande sfida. Aprire l’inconscio e sfidare a tu per tu i tuoi demoni, i tuoi ricordi, le tue delusioni e sofferenze non è cosa da tutti. Il motivo per cui evoco la morte è perché sapevo che avrei aperto gli occhi in modo diverso, ma non sapevo su cosa e cosa di me sarebbe andato perduto. Ero tuttavia arrivato ad un punto in cui, influenzato dalla vorace società occidentale, non potevo più continuare semplicemente a sopravvivere ma avevo bisogno di vivere. Ed ero disposto al tutto per tutto per riprendere pieno possesso della mia vita. Un altro flash. L’amaro sapore della pastosa sostanza sul fondo del bicchiere: la spingo con il cucchiaino argentato e mi scorre in gola.

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Mi concentro, ingoio tutto e lascio il bicchiere perfettamente pulito. Ringrazio con gli occhi Lo Sciamano e torno nel mio giaciglio dove mi copro gli occhi e attendo, mentre provo a farmi tutt’uno con i suoni di bonghi e flauti. Scorre lento il tempo, rallentato da aspettative e tensione. L’avere una certa familiarità con il mondo delle droghe, mi induce a tenere un approccio simile a quando ho assunto sostanze allucinogene. E così, nonostante la benda sugli occhi, ricerco allucinazioni, dimenticando temporaneamente il mio obiettivo ultimo. Poi un altro flash. Uno scossone dall’interno e la Nonnina inizia a richiedere le mie attenzioni. Paura di primo acchito, ma poi soddisfazione: il momento della verità sembra essere arrivato. Delle luci mi avvolgono, e la mia mente sfora le tre dimensioni. Sono il passato, il presente e il futuro. Sono etereo, intangibile, sono la musica nella stanza e una pioggia di colori. Provo a domare questa forza che lentamente va scandagliandomi per capire cosa riparare ed, infine, espellere. È tutto inutile. La Nonnina non ama essere domata, e così mi proietta a tutta velocità in quelle che sono le mie turbe più marcate nella sfera relazionale e emotiva. Rivivo donne del passato, rivivo intensamente momenti con esse, specie sessuali. Rivedo i miei errori e mi rido addosso, trovandomi a poter scegliere tra alternative e scartando le peggiori. La Pianta vuole mettermi in ridicolo per istruirmi sull’energia che vado dissipando vivendo certi ricordi ormai appartenenti al passato. Nel mezzo del processo, Lo Sciamano mi risveglia, e mi offre un ‘rinforzo’. Accetto e l’amaro liquido è di nuovo nella mia bocca. Torno nel mio letto e riprendo il processo che avevo avviato. A questo percorso, estenuante ma illuminante, si alternano tunnel psichedelici, all’interno dei quali sono Dio, gioco con la luce e sono immortale. Poi di soprassalto sto facendo sesso con una ragazza del passato. Mentre vivo intensamente quei momenti mi ritrovo dentro una struttura elicoidale che mi ricorda il DNA. Vi sono varie persone che conosco. È tutto in bianco e nero, e le riposiziono nella mia vita, dandogli più o meno peso, e scordando irreversibilmente tutti coloro che mi sono superflui. La tensione interna si allenta un po’, mi rendo conto che ho perso il senso del tempo e che po-

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“Si sente che l’anima si separa dal corpo fisico e compie un viaggio, e spesso si prova la sensazione di volare.”


trebbe essere passata un’ora come un anno. Mi tolgo la benda e guardo la stanza, l’aiutante dello sciamano ci sta benedicendo con un liquido che nebulizza nell’aria mentre canta “Nonnina, Nonnina, Sanazione, Sanazione/ Medicina, Medicina, Sanazione, Sanazione”. Ancora, l’attivissimo uomo in poncho, inonda la stanza di incensi e profumi mentre il Santone si improvvisa “dj sciamanico” e sceglie la musica assecondando le vibrazioni e l’energia che percepisce nella stanza. Poi un vuoto più lungo degli altri vuoti precedentemente descritti, e il volgere della conclusione di questo primo viaggio. Sento la pancia leggermente dolorante e capisco che il processo è giunto al termine. La Pianta è pronta a uscire dal mio corpo sotto forma di vomito, portando con sé i problemi che ha riscontrato. Sono l’ultimo a vomitare (non tutti vomitano, dipende dalla qualità del processo),

dopo non aver mangiato dalle due del precedente pomeriggio. E non ho nessuna spiegazione razionale per la quantità di vomito, e anche per la qualità: si associa il vomitare allo stare male, io non sono mai stato così bene. La mattina abbiamo avuto modo di confrontarci su quanto avvenuto la sera. Ma voglio soffermarmi su questa parte solo per dire che ciò che ho capito da questo confronto è che, per quanto il mio processo fosse stato intenso, non l’avevo affrontato nel modo giusto. Avevo controllato la Nonnina, invece che porle domande e poi lasciarla agire in libertà. La sera del secondo giorno ho varcato la soglia della stanza del ritiro in possesso di questa nuova verità. E tutto è stato diverso. L’atmosfera era totalmente opposta a quella della sera precedente. Alcuni nuovi membri si erano uniti al gruppo, rimpiazzando coloro che se ne erano invece andati.

Sciamano porge l’Ayahuasca


“Quanto è bello vedere esseri umani inermi, liberarsi della loro maschera quotidiana e abbracciare nuovamente la vita… Ancora più bello è essere parte di ciò.”

La paura dell’ignoto e la tensione chiaramente percepibile la prima sera se ne erano andate. Vi era uno spirito di fratellanza e condivisione, nonché di maggiore propensione a beneficiare dell’Ayahuasca e a lasciarsi andare ad essa. I ricordi sono nuovamente caratterizzati da flash improvvisi. Siedo con la vista coperta, e mi concentro, seguendo il consiglio dello Sciamano, sul dialogo che desidero intavolare con La Medicina. Poi il meccanismo si riattiva, sento la DMT in circolo, mi vedo le mani anche se ho gli occhi bendati e poi mi libro in aria insieme ad unicorni colorati. Dopo una fase psichedelica, parlo in modo chiaro con la Pianta, domandandole di aiutarmi a fare luce sulla mia relazione complicata con le emozioni. Un varco spazio temporale si apre, sprofondo nel buco nero dell’inconscio e da questo mi lascio trascinare. Non oppongo resistenza. Nessuna paura, la Non-


nina non vuole metterti in difficoltà, tutt’altro: è la tua più sincera e antica amica. La Nonnina è la tua coscienza che ti si rivela. La Nonnina è un’opportunità. E così volo, nelle spoglie di un gabbiano, e abbraccio il mondo. Parto da un punto lontano dell’universo e atterro in picchiata sulla Terra, dove mi scontro con situazioni reali. Non ci sono scene di violenza o tensione, come nella prima sera. C’è solo amore e la pace dei sensi. Sono con la mia famiglia, sono loro, vivo le loro emozioni, e con le mie ali di gabbiano li abbraccio in una potente e indissolubile stretta. Abbraccio tantissimi amici, sono in perfetta sintonia con loro e sono la loro felicità mentre ridiamo. E poi arriva Lei, la mia Amata. Non c’è più e devo lasciarla andare, ne sono cosciente. Mi prendo il mio tempo e ci libriamo in aria, sorride ed è bellissima come è sempre stata, la trascino sul tetto del mondo e le dico tutto quello che non

le ho detto. Poi una luce ci riflette in viso e capiamo che è il momento, fa un po’ male, ma ci lasciamo andare. Il tutto va avanti, e all’improvviso da gabbiano mi sciolgo diventando fiume. È qui che raggiungo l’illuminazione più alta: ho chiuso col passato, e ora posso fluire libero. Fluire, la sensazione più bella che abbia mai provato, la totale e assoluta pace dei sensi. Scorro, niente può fermare il mio scorrere… E fluendo la notte scorre… Vomito… altro materiale in eccesso se ne va… e poi mi addormento mentre nella stanza il delirio più totale si sta consumando. Urla, pianti di gioia, di liberazione, la potenza di fare i conti con il proprio passato. L’aria è infestata di fantasmi, ma sono ormai morti nei sacchetti dove sono stati sputati. Non sono stato l’unico a morire e risorgere, è stata una morte di gruppo seguita dalla rinascita di questo.

“Ho chiuso col passato, e ora posso fluire libero. Fluire, la sensazione più bella che abbia mai provato, la totale e assoluta pace dei sensi. Scorro, niente può fermare il mio scorrere.” 19




Sinestesia: i sensi prendono forma È possibile “vedere la musica” senza essere sotto l’effetto di qualche stupefacente potentissimo? Si può, basta essere affetti da sinestesia, una rarissima disfunzione cerebrale. La giovane ragazza americana Melissa S. McCracken ne ha fatto la propria arte, coniugando suoni, forme e colori.

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“Bodysnatchers” - Radiohead

“Io disegno la musica. Fino all’età di 15 anni credevo che tutti potessero vedere costantemente colori. Colori nei libri, colori nelle formule matematiche, colori ai concerti. Ma quando ho finalmente chiesto a mio fratello di che colore fosse la lettera C (giallo canarino, per vostra informazione) ho capito che la mia mente non era così normale come pensavo. In sostanza, il mio cervello è incrociato. Io riesco a sperimentare la sensazione “sbagliata” in risposta a determinati stimoli.

Ogni lettera e ogni numero sono colorati e le giornate dell’anno circondano il mio corpo come se avessero un punto preciso nello spazio. Ma il “malfunzionamento del cervello” più bello tra tutti è vedere la musica che sento. Scorre in una miscela di colori, texture e movimenti, spostandosi come se fosse un elemento vitale e intenzionale di ogni canzone. Avere sinestesia non è fonte di distrazione o di disorientamento. Essa aggiunge una vibrazione unica alla mia sperimentazione del mondo”.

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“Life on Mars” - David Bowie


“La musica scorre in una miscela di tonalità, strutture e movimenti, spostandosi come se fossero elementi vitali e consapevoli di ogni canzone”

“All the Love in the World” - Nine Inch Nails

Chiunque osservi uno dei suoi quadri viene immediatamente catapultato all’interno del suo mondo, una realtà che solo pochissime persone nel mondo possono davvero comprendere (circa il 4% dell’intera popolazione mondiale). Di cosa si tratta? Melissa è affetta da sinestesia, una disfunzione del cervello che le fa percepire uno stimolo che può essere uditivo, olfattivo, tattile o visivo come se fosse costituito da due eventi sensoriali ben distinti ma che agiscono allo stesso momento. Ad esempio, per lei i mesi dell’anno hanno una collocazione ben precisa nello spazio, le lettere hanno un colore, così come i numeri.


“Fino all’età di 15 anni credevo che tutti potessero vedere costantemente colori.” “Flip”- Glass Animals

“Ma il malfunzionamento del cervello più bello tra tutti è vedere la musica che sento.” “At Last”- Etta James

Ma, come scrive lei stessa nel suo sito e come testimoniano i suoi quadri tanto intensi, il “sintomo” della Sinestesia che Melissa apprezza di più è quello che le rende possibile vedere la musica. Partendo da questa capacità insolita, ha deciso di trasformare in arte le sue impressioni fuori dal comune. Ed ecco che canzoni già di per sé molto belle, da Etta James ai Glass Animals,

i Radiohead e David Bowie, diventano dipinti, la tela accoglie tutte le percezioni della giovane artista. Il risultato è strabiliante. Chi guarda i suoi dipinti riesce a vedere le note e seguire le sensazioni alterate dell’artista. La musica “scorre in una miscela di tonalità, strutture e movimenti, spostandosi come se fossero elementi vitali e consapevoli di ogni canzone”.

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Un glitch nella tradizione Quando Ahmed Faig aveva sette anni, i suoi genitori lo lasciarono a giocare sul tappeto di camera sua, un cimelio di famiglia che apparteneva alla nonna di sua madre. Ahmed stava disegnando pattern sul tappeto, e le sue dita cercavano un modo per viaggiare dal bordo al centro – le fantasie gli sembravano un labirinto. Dopodiché ebbe un’illuminazione. Prese un grosso paio di forbici e tagliò i bordi “per renderlo più semplice”. Una volta iniziato, gli fu difficile smettere. Tagliò il tappeto in una miriade di pezzi, “prese un pattern da qui e lo spostò là.” Quando i genitori tornarono a casa, il tappeto era irriconoscibile. Subito dopo, i tappeti che avevano precedentemente ricoperto i pavimenti e le pareti sparirono dalla sua casa a Baku, Azerbaijan.

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Liquid, 2014. Fotografia: Faig Ahmed


Ora, all’età di 33 anni, i tappeti di Ahmed – in cui lui distorce il design tradizionale – sono ambiti in tutta Europa e negli Stati Uniti, dove i pezzi vengono venduti per oltre 15,000 dollari. Tipicamente, si parte da un pattern classico che incontra successivamente un ostacolo o un glitch, una sorta di collasso tecnologico. Di conseguenza, la convenzionale decorazione a scacchiera di Wave Function (2016), per esempio, si trasforma in un vortice multicolore, e la palette di blu del tappeto Destabilization (2016) si collega ad un tappeto differente, come un intruso.

“Un tappeto è il risultato di anni. Anche 2,500 anni fa c’erano pattern simili e tecniche simili a quelle odierne. Il centro e i bordi sono come una struttura sociale, danno l’idea di qualcosa che già conosciamo.”

Tradition in Pixel, 2010. Fotografia: Faig Ahmed


Singularity, 2016. Fotografia: Faig Ahmed

De-stabilization, 2016. Fotografia: Faig Ahmed


DNA, 2016. Fotografia: Faig Ahmed

Un altro tipo di design è quello pixelato. L’effetto è curioso e disturbante. I tappeti sono stati usati, nel corso della storia, come espressione politica; un sito statunitense, warrug.com, correla tappeti afghani e pakistani a motivi militari, per esempio. Ma Ahmed vede i tappeti come “qualcosa di immutabile. Un tappeto è il risultato di anni. Anche 2,500 anni fa c’erano pattern simili e tecniche simili a quelle odierne. Il centro e i bordi sono come una struttura sociale, danno l’idea di qualcosa che già conosciamo.” Virgin, 2016. Fotografia: Fakhriyya Mammadova /YARAT Contemporary Art Space

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Forse crescere in Azerbaijan negli anni Novanta – spostarsi da città a città “è stato difficile, l’USSR si era sciolta, non fu un periodo facile” – lo ha aiutato a dare enfasi al suo lavoro, perché ha cercato incessantemente di dare forme stabili al caos, e provare a vedere come le due cose potevano convivere. La sorpresa fu che il risultato era bellissimo e straordinariamente coerente. Secondo Ahmed, questa è sostanzialmente fisica quantistica in forma di tappeti. Che suona un po’ eccentrico - fino a che non puntualizza che ogni nodo è solo un genere di pixel, e che tanto tempo fa i tappeti erano tanto importanti “quanto i nostri smartphones, ed erano usati dagli sciamani per raggiungere il subconscio o mondi paralleli.” Diversamente dai tradizionali tappeti da pavimento, i tappeti di Ahmed sono fatti per adornare le pareti come delle opere d’arte. Double Tension, 2011. Fotografia: Faig Ahmed


Wave Function, 2016. Fotografia: Faig Ahmed

Just Emptiness, 2014. Fototografia: Faig Ahmed



melodie cerebrali: il rumore della mente

EEG (l’elettroencefalografia) è una tecnica usata da molto tempo per diagnosticare e studiare epilessia, disturbi del sonno e altre malattie cerebrali. Solo recentemente, tuttavia, questa tecnica è stata mutuata in metodo per tradurre le onde cerebrali in altro: compagnie come Emotiv, Neurosky e iWinks (ditta che si occupa dell’esplorazioni dei sogni lucidi) hanno sfruttato l’accessibilità di questa tecnologia per creare e distribuire prototipi di lettori delle onde cerebrali di ampio consumo, bande craniali che traducono gli input cerebrali in dati leggibili, anche nella trendy forma a orecchie-di-gatto. Ora che non si tratta più solo di materiale per uso medico, le onde del nostro cervello sono diventate una nuova fonte di creatività, anzi, si può ben dire che risalgano alla fonte primordiale della creatività.

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Prima che si arrivi alla realizzazione di un’idea o alla sua produzione, la creatività in sé si muove in direzioni molto varie. Per dirla semplicemente: inizia con un pensiero — che qualcuno chiama “scintilla” intuitiva — che il procedimento cognitivo traduce poi in un mezzo in grado di mutarla nella sua forma intelligibile. Con la tecnologia elettroencefalografica, tuttavia, l’attività elettrica del cervello è misurata da elettrodi disposti sullo scalpo, e chi voglia tradurre le proprie idee in qualcosa di pratico può saltare un gradino del processo creativo: tutto quello che bisogna fare è pensare, tirar fuori un’idea, e, prima ancora che si tocchi una corda o si dia una pennellata, si ha una misura e un dato visibile della tua produzione cerebrale. Tra tutti i media a disposizione per processi di questo genere, la musica è quello in cui gli artisti del cervello si trovano decisamente più a proprio agio. Dato che si cerca di arrivare più vicini possibile alla genesi delle idee, alla loro fonte interna di ispirazione, e dato che i musicisti sono tentati da sempre, con tecniche di free jazz, improvvisazioni e astrazioni di altro tipo, di spogliare il suono di ogni accessorio concreto, e ora la creatività pura, senza limiti, l’impulso artistico nudo, è un piatto da cui prendono a piene mani. Serve solamente un po’ di cervello.

“Noor: A Brain Opera” ha debuttato alla International Society of Electronic Arts di Hong Kong, un teatro immersivo a 360 gradi, completamente circondato di schermi. 39


Il rumore è puro caso, combinazione libera e configurazione non configurata del suono. Il fatto che i pensieri logici e razionali procedano secondo un ritmo preciso, quasi monocorde, dona loro una sorta di armonia assai affascinante, ma del tutto lontana dalla sistemazione di intensità, qualità e quantità che chiamiamo nota o contenuto musicale. In verità, anche nell’ordine razionale della coscienza, l’armonia della mente assomiglia più al rumore, ma le combinazioni sono meno libere

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e sviluppate di quanto possano esserlo nella spontaneità dell’incoscienza o del dormiveglia, quando la risonanza è tanto articolata quanto rumorosa. Questo succede perché nei momenti di pausa o abbandono la materia grigia offre più spazio fisico all’attività spontanea. Paragonando la mente a una corda da far risuonare, abbiamo bisogno di spazio perché il suono possa vibrare, svilupparsi e crescere come tensione. Più le vie della metropoli cerebrale sono


vuote più l’impulso è libero di andare dove vuole, sopra, sotto e oltre il limite del pentagramma, quindi di crescere e creare energia. Senza il rumore cerebrale mancherebbe dunque la sperimentazione, la fantasia, e non solo nel momento artificiale della traduzione dell’impulso tramite elettrodi. Qualsiasi pensiero creativo nasce da questo rumore naturale. Un ronzio amplificabile in cui è nascosto il segreto dell’intelligenza, il legame con la vita naturale e spontanea.

... L’opera pone una domanda molto semplice, “c’è un luogo della coscienza umana a cui la sorveglianza non può accedere?” Un performer è collegato con un casco Emotiv EEG che monitora la sua attività cerebrale. Quando lo stato emozionale dei performer cambia, le loro onde cerebrali lanciano delle banche dati di video astratti e bolle colorate che rappresentano diverse emozioni: giallo per l’eccitazione, rosa per l’attenzione, turchese per la meditazione e rosso per la frustrazione. 41


Durante lo svolgersi della trama, il pubblico vede le onde cerebrali del performerin tempo reale in un assortimento eclettico di video e suoni: una rappresentazione astratta di cosa accade nella mente di qualcuno. Quando la soglia emotiva degli artisti non è abbastanza alta, il teatro diventa tutto buio.

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Il raro libro di cucina di Salvador Dalì ristampato “Quando avevo sei anni volevo essere un cuoco” 44



Copertina della nuova edizione del ricettario


Salvador Dalì aveva una grande passione per la cucina: l’avreste mai detto? Forse non tutti sanno che l’artista spagnolo dalle personalità camaleontiche ha applicato la sua incredibile fantasia anche per realizzare un cookbook surrealista: “Les Diners de Gala“. “Quando avevo sei anni volevo essere un cuoco” disse Salvador Dalì; ma è stato solo alla fine degli anni Sessanta che ha canalizzato questa sua fantasia infantile in Les Diners de Gala – un ricettario riccamente illustrato, pubblicato originariamente nel 1973 con incisioni e dipinti erotici di Dalí.

Illustrazione presente nel libro


I dodici capitoli coprono ciascuno una specifica classe di piatti, resi con tocco surrealista sia a livello gastronomico che estetico, soprattutto nel decimo capitolo dedicato ai cibi afrodisiaci. A partire dalle prime ricette, Les Diners de Gala, con i suoi precetti e le sue illustrazioni è unicamente dedicato ai piaceri del gusto. Suddiviso in 12 capitoli per 136 ricette, ognuno dedicato ad uno specifico tipo di pietanza, dai frutti di mare come l’aragosta in aspic fino a piatti esotici o surrealisti come “L’uovo di 1000 anni” o “Consommé di Gamberi“. Attenzione particolare Salvador Dalì ha riservato per uno dei capitoli finali dedicato ai cibi afrodisiaci con illustrazioni eloquenti.

Illustrazione presente nel libro


Fotografia di Dalì e di alcuni piatti

“Unicamente dedicato ai piaceri del gusto” 49


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Pagine interne al libro con ricette e relativa fotografia

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quando la droga ti rende artista Certo, si è dipinto 60 autoritratti sotto l’effetto di 60 diversi tipi di psicofarmaci, ma per 21 anni l’artista del Tennessee Bryan Lewis Saunders si è anche disegnato ogni giorno. “Vedo la mia arte e la mia vita in un rapporto simbiotico, progrediscono e si migliorano a vicenda senza fine. Non hanno limiti,” dice Saunders a The Creators Project. Ma i già menzionati dipinti Under The Influence erano solo uno dei suoi progetti radicali. Si è dipinto da bendato, mentre era innamorato, durante attacchi di panico, e mentre veniva torturato. È rimasto anche per un mese in silenzio per amore della propria arte. The Creators Project ha chiesto a Saunders come il suo lavoro lo ha cambiato, come si mette alla prova, e se c’è qualche parte del suo lavoro — e di se stesso — che non mostrerebbe.

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“Vedo la mia arte e la mia vita in un rapporto simbiotico, progrediscono e si migliorano a vicenda senza fine.”



4 mg di risperidone

2 mg di gomma alla nicotina

7.5 mg idrocodone 7.5 mg ossicodone 3 mg xanax 20 mg cyclobenzaprine

marijuana

morfina

300 mg di litio


15 mg di buspirone

60 mg di geodon

10 mg di adderall

inalazione di gas

2 tazze di funghi allucinogeni

1 bicchiere di pruno



Ti spingi veramente fuori dalla tua comfort zone Bryan. Perché? Le comfort zone favoriscono le capacità ma intralciano la mia creatività. Più ci allontaniamo da esse e più le cose cambiano, inconsuete e strane; diventiamo ipersensibili a tutto. La mia fantasia è stimolata soprattutto da lunghi periodi di prolungata sensibilità. Hai una routine quotidiana per disegnare? A meno che io stia facendo un esperimento, non c’è una routine. Il mio obiettivo più costante e persistente è stato quello di rimanere aperto e recettivo alle esperienze e a quella parte di me stesso che sperimenta la vita, invece della parte di me che si ricorda e usa le esperienze percreare ricordi e storie. Il tuo lavoro è così personale. C’è qualche aspetto di esso che ti vergogni a mostrare? Cerco di non censurarmi, ma ci sono delle cose che non vorrei condividere online. Per esempio, Sensations è stata una collaborazione con Nicole Bailey in cui abbiamo usato i disegni come mezzi per esprimere e paragonare le nostre sensazioni a livello fisico durante una serie di attività molto intime. Li abbiamo mostrati solamente all’interno di gallerie ed esposizioni.

Quale progetto è stato il più difficile? The Third Ear Experiment e While Being Tortured sono stati i più esigenti dal punto di vista fisico perché entrambi provocavano dolore e duravano molto tempo. Gli Psych Tests sono stati i più impegnativi mentalmente perché erano specificatamente studiati per spingere i tuoi problemi alla superficie in modo da combatterli. Ma portare a galla tutti quei ricordi dolorosi, quei traumi e quelle fantasie squilibrate e tenerle esposte abbastanza a lungo per affrontarle in maniera artistica può essere debilitante. Hai pensato a come ti sentiresti se smettessi di realizzare autoritratti? Perderei l’abilità di esaminare e avere accesso ai miei sentimenti subconsci più nascosti. Il mio processo creativo mi permette di sviluppare una capacità esterna di acuta autocoscienza interna. E’ come avere un nuovo organo sensoriale; un altro livello di percezione.

“Il mio processo creativo mi permette di sviluppare una capacità esterna di acuta autocoscienza interna. È come avere un nuovo organo sensoriale.” 59


BURNING MAN: vivere È una scelta personale Giovedì 29 agosto Mi sono fermato dal benzinaio a chiedere direzioni per il Burning Man Festival. Un brizzolato e corpulento uomo del Nevada mi ringhia: “Se hai bisogno di chiederlo, allora non sei di queste zone!” Come se qualunque persona avesse voluto guidare fino a Gerlach, in Nevada (340 abitanti), per qualche altro possibile motivo. Il distributore di benzina era pieno zeppo di case mobili e catorci di auto. L’uomo si addolcì e ci diede le indicazioni.

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A quanto pare un’adorabile ragazza strapiena di piercing e di tatuaggi in un vestito in taffetà è riuscita a sciogliergli il cuore. Guidai per 16 miglia. Poi guidai per altre 12 miglia attraverso il fondo di un lago prosciugato. Guidare attraverso quella zona è come fare un viaggio nel tempo: punti la testa del veicolo in un punto nel vuoto e parti. Code gassose di polvere bianca spruzzavano fuori come il gas di scarico di un jet. Auto e camioncini lasciano una lunga

scia all’orizzonte, come bianchi incendi di praterie. Se il vento inizia a soffiare, il mondo diventa una zona crepuscolare fatta di foschia lattea. Guidare veloci in una nebbia sbiancata è un fantastico modo per rimanerci secchi. Siamo in un caravan lungo 22 piedi, grazie al quale ho portato la mia famiglia al Burning Man: Nancy Sterling (moglie e madre), Amy Sterling (9 anni), e la più piccola volpe del deserto, Laura d’Arabia, una vissuta ve-


Saluti dal Burning Man! È la nuova vacanza Americana. Bruce Sterling porta i figli nella Zona Autonoma Temporanea, dove la sopravvivenza è una scelta personale.

terana del viaggio, di 4 mesi. Non abbiamo mai vissuto in un veicolo del genere prima d’ora. È un incrocio tra un aeroplano e un piccolo pezzo di periferia. È nuovo di zecca, ma trema, si lamenta, vibra, sferraglia, scricchiola ed emette un nauseante fumo di scarico. Poi, raggiunto il campo, ho trovato un posto in cui parcheggiare, dopo sono uscito per esplorare i

dintorni. Ci saranno già stati 500 veicoli. Le persone stavano già sistemando tende, tendoni, paracaduti, torce ad olio, bandiere tribali. Il letto del lago è un piano euclideo con millemila crepe frattali dovute alla siccità. Le montagne prosciugate del deserto del Black Rock sorgono su tre lati. Sono esauste colline senza alberi piene di tetra maestosità.

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Venerdì 30 agosto Un ragazzo è stato ucciso la scorsa notte. Si è scontrato da dietro con un camion mentre sfrecciava nel deserto avvolto nell’oscurità con la sua moto nera. Questo posto sembra come l’aldilà. Quando ci cammini attraverso, vieni trasportato da un biancore senza fine, sollevando il piede circa ad un quarto di pollice dalla superficie. È tutto mobile; è tutto temporaneo. Gira la chiave di accensione e lasciati trasportare dal vento. Il Burning Man è per tradizione un concerto artistico. Sul lungo periodo si è evoluto in qualcos’altro; forse qualcosa come una versione fisica dell’Internet. L’arte qui è come la fan art. È fatta così tanto per fare, molto stanziante, molto taglia-e-incolla. L’accampamento è come un enorme incontro di scambio dove nessuno vende niente, ma le persone scambiano modi di essere, comportamenti e semplici opere. Le persone vengono qui in blocco: performers, appassionati di percussioni, scultori specializzati di quell’ambiente, persone in aliante, ravers, giornalisti, poliziotti. Sono un giornalista e un novellino di queste cose, ma anch’io posso notare i lati positivi degli altri neofiti come me. I veterani hanno portato i loro gagliardetti, biciclette, torce, torce ad olio e in più abbastanza acqua per qualsiasi cosa. La polvere alcalina sembra talco fine e amaro. Permea dappertutto, quindi perché combatterla? Basta gettar via i propri vestiti. Tenere magari un cappello di paglia, degli occhiali da sole e degli stivali. Buttar via i propri vestiti è il modo più rapido ed economico che sia mai stato inventato per cambiare atteggiamento. È anche un bel gesto solidale verso la cultura giovanile. I giovani stanno benissimo senza vestiti. Non ne hanno bisogno. I veicoli si sono sparsi per tutta la zona. Come se una ciotola gigante di arachidi sia caduta dal banco della cucina in un linoleum bianco. Il Campo Centrale coperto da paracadute è la ciotola rotta. Tutto attorno ci sono anacardi, noccioline, e semi di girasole: minuscole e grandi tende, camper, pick-up, roulotte. C’è anche un onesto e semplice geodomo eretto da qualche ambizioso ragazzo che ha portato una gru. Questa loro svettante macchina genera molta invidia, potendo così vantarsi di avere “il più grande apparecchio tecnologico del deserto.” Le strade sono fumose formalità. Sono marcate con delle piccole bandie-

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re colorate in plastica: le bandiere vengono spiegazzate, calpestate o anche investite dai veicoli. Ma una volta che l’idea di una strada è stabilita, viene mantenuta come standard dalla comunità. Non si deve gettar via niente nel deserto. Non bisogna assolutamente lasciare in giro niente. L’idea di non lasciare alcuna traccia visibile è una parte centrale dello zeitgeist del Burning Man, un gesto processuale di performance-art. Gli organizzatori sono particolarmente attenti all’ambiente – forse perché sono talmente spensierati da tollerare praticamente qualsiasi altra cosa. Siamo nuovi di qui, e come coppia sposata con bambini siamo molto maturi e cortesi. Seguiamo gli ordini coscienziosamente, e non buttiamo via niente. È una veloce e brutale lezione nell’orrida inconvenienza di una moderna convenienza. Ogni cosa che possediamo o di cui vogliamo sbarazzarci diventa un peso: carta igienica, pacchetti di merendine, cartoni di birra, pannolini sporchi, i nostri abiti da lavare. Nancy ed io abbiamo divorato il cibo di Amy così che non avremo bisogno di conservarlo in un maleodorante zaino chiuso a lacci. C’è della bella arte qui. Quando vedi della buona arte – anche se è temporanea – è come trovare una perla in uno pacchetto di arachidi salate. Il Burning Man è buona arte. A pancia in su sembra un enorme cassa di legno, ma quando viene catapultato in piedi, diventa un’impressionante simbolo in neon di praticamente qualsiasi cosa che conta. Puoi sederti su una balla di fieno nei pressi del piede del Burning Man e l’intero mondo ti passa vicino. È come passare il tempo sul Ponte di Rialto. Ho avuto una lunga chiacchierata con un ragazzo riguardo Mosca. Non avevo mai incontrato questa persona se non tramite mail, ma mi ha riconosciuto, e immediatamente abbiamo iniziato una conversazione.

“Questo posto sembra come l’aldilà. Quando ci cammini attraverso, vieni trasportato da un bagliore senza fine.”


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“Tutti qui hanno questo aspetto da anziani guru di una qualche comunitĂ hippie. Il tempo ha dato loro le facce che si meritano. Tutti finiscono per avere questo bizzarro sorrisetto alla Crowley... non propriamente squallido, ma che racchiude un qualcosa di terribilmente saggio, una sorta di incrocio tra Gandalf e Nietzsche.â€? 64


E abbiamo parlato di Russi e della loro letteratura per un’ora e passa, mentre eravamo tutti seduti nel deserto – ci abbronzavamo con il bagliore delle luci blu al neon provenienti dal Burning Man a 40 piedi di distanza. Abbiamo pensato e ripensato al destino dell’Est Europa mentre le persone passavano con i loro motocicli che sembravano aardvarks e banane. Stregate ragazze pagane ci seguivano in vestiti di body painting. Degli Hippie Cripto-Arabi passeggiavano braccio a braccio con dei punk barbuti che indossavano corni demoniaci. È stato molto rassicurante e cosmopolita. Anche la Stupa è vera arte. È costruita con libri, fango, acqua e legno. È alta circa 15 piedi. È maestosa e spirituale. A est c’è una Foresta di Meditazione, e anch’essa è vera arte. È fatta di pietre nere e pezzi attorcigliati di tubi idraulici, ed è lunga circa un miglio. Le persone continuano a provare ad accamparsi all’interno di quell’arte. È bellissimo. Ho parlato un po’ con il giustamente leggendario Larry Harvey oggi. Dieci anni fa, è uscito di casa e ha appiccato un incendio ad una grande statua di legno in una spiaggia. Una sorta di atto privato di purgazione e purificazione, a detta di tutti, ma la sua idea prese ampiamente piede. Larry è un tipo molto hipster. È oltre la mera moda. Gente del suo tipo può creare trend sociali a volontà, da una cannuccia, all’aria calda e all’atteggiamento. Larry è un artista, ma date le circostanze è esattamente come ti aspetteresti che fosse il sindaco di un una città improv-

visata di 10,000 persone. Larry sembra molto impegnato. Ha addosso il suo caratteristico cappello di feltro, non si è rasato, e i suoi occhi sono arrossati per la polvere. Si sta mordendo un sacco le labbra. Sta cazzeggiando con la sua motocicletta malandata, intromettendosi in conversazioni altrui: evitando i viaggi interiori e gli attacchi di nervi, coordinando l’incordinabile. Tutti qui hanno questo aspetto da anziani guru di una qualche comunità hippie. Il tempo ha dato loro le facce che si meritano. Tutti finiscono per avere questo bizzarro sorrisetto alla Crowley... non propriamente squallido, ma che racchiude un qualcosa di terribilmente saggio, una sorta di incrocio tra Gandalf e Nietzsche. È un modo di vivere molto interessante, ma dopo un po’ ti accorgi di come sono veramente le cose. Non c’è bisogno di stringere a te il portafoglio quando sei con loro, non sono come, per dire, i venditori di automobili o i membri del Congresso. Ma quando sei in loro compagnia percepisci una chiara vibrazione di origine magica-curativa. In un certo senso ho dei sospetti che Larry Harvey potrebbe fare cose terribili ed interessanti all’anima dell’America anni Novanta, se davvero lo volesse. E se l’America anni Novanta avesse più anima da dare a Larry e i suoi amici. Il Burning Man è una tipica cosa da comunità hippie, eccetto per il fatto che non è impregnato della solita e kitsch nostalgia per gli anni Sessanta. Questo evento è molto anni Novanta, molto grande, e davvero molto vivo. È un evento

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per Tim Leary, Wavy Gravy, per i caravan dei Deadhead, per coloro che vogliono sperimentare qualcosa come Woodstock ma completamente nuovo. È davvero meraviglioso e invitante. Non burocratico, partecipativo, guidato dalla solidarietà, non commerciale, artistico e creativo. Con tutte queste palesi qualità, viene da chiedersi perchè una cosa come questa sembra non possa durare più del weekend del Labor Day. Forse perché le vere comunità non sono

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formate da artisti postmoderni tatuati come le persone del Burning Man. In realtà, i membri delle tribù erano già tatuati con simboli che richiamavano preda e cacciatore, e vivevano in un mondo in cui niente mai e poi mai cambiava. Un mondo in cui gli stregoni guaritori prendevano tutte le decisioni importanti. Ah, c’è un’altra cosa molto diversa e insolita a proposito del Burning Man. È un concerto hippie, ma brulica di sbirri. I poliziotti del Nevada sono stati

presenti fin dall’inizio. È anche pieno di persone della security come i Danger Rangers. Ci sono uomini della sicurezza in ogni punto, e non gliene frega niente a nessuno che ci sia gente che corre in giro nuda, appiccando falò o distruggendo le cose che incontrano. Penso che questo provi il fatto che le Zone Temporaneamente Autonome possono davvero funzionare nella vita reale – fin quando ci saranno i poliziotti che aiutano a costruirle.


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“Io sto indossando una di quelle tute che si usano nelle fabbriche di energia nucleare, occhiali da sole, sandali e un cappello da cowboy con una bandana. E noi passiamo per gente normale.” Ho lasciato “la città” per un attimo per andare a prendere altra acqua. Non possiamo correre rischi, abbiamo un neonato a bordo. Per strada mi sono imbattuto in un impressionante incidente sulla statale. Un mucchio di sceriffi del Nevada e paramedici davano colpi alla cassa toracica di un ragazzo disteso proprio al centro della strada. Era lì, che giaceva in un mare di vetri infranti in mezzo ai suoi averi sparpagliati: un materasso, svariati attrezzi da campeggio. Il suo piccolo e vecchio furgoncino Toyota era schiacciato come un insetto. Non posso dire con certezza se questo ragazzo morto o morente fosse diretto al Burning Man, ma tutte le macchine e i caravan in coda dietro di lui lo erano sicuramente. Tutti quanti pensano sia un bene il fatto che il Burning Man sia difficile e anche abbastanza pericoloso da raggiungere. Questo, a parer loro, tiene alla larga gli sguardi delle confraternite e degli ubriachi fradici. Per andare avanti, Qui Fuori

Sabato 31 agosto Demoni con sembianze umane hanno accolto l’alba ululando per mezz’ora con i didgeridoo. Questa dovrebbe essere considerata una pena capitale. Mi sono svegliato, ho fatto colazione. Ho guardato fuori dal finestrino del mio caravan e ho visto un ragazzo seduto su un gabinetto. Sbandava a destra e a manca a circa 45 miglia all’ora, in una enorme scia di polvere. Il gabinetto era montato su una specie di slitta di legno, e il tutto veniva trainato da un pick-up. Il ragazzo in questione aveva i pantaloni tirati giù fino alle caviglie, e leggeva una rivista mentre veniva trascinato. Era proprio la lettura della rivista che rendeva il tutto qualcosa di memorabile.

devi sapere a cosa vai incontro e prenderti alcuni rischi. Devi vivere al limite, almeno un po’. “Vivere è una questione di scelta personale,” come dice uno degli slogan ufficiali del Burning Man. Ma quando ci sono più di 10,000 persone che prendono scelte rischiose, la fredda statistica prescrive che qualcuno sicuramente tirerà le cuoia. Oggi mi sono imbattuto per caso in Danny Hillis, il designer smanettone. Hillis stava facendo la coda per il caffè. È qui con sua moglie e i tre figli. I suoi due gemelli piccoli sono tali e quali a lui. Hanno una mente da vero ingegnere. Con attorno la desolazione assoluta e niente con cui giocare, hanno brillantemente iniziato a tirarsi la sabbia a vicenda. Non ci sono molti bambini in questa cittadina. A stento qualche persona anziana. Con un bambino tra le braccia, sei immediatamente una specie di attrazione pubblica. Ho ricevuto due shot di tequila da un gruppo di Australiani amichevoli solo per aver permesso ad

una giovane donna di far saltare la mia bambina sulle sue ginocchia. La mia bimba ha addosso una tutina rossa tie-dyed, e si presenta come la più piccola delle Deadhead. Io sto indossando una di quelle tute che si usano nelle fabbriche di energia nucleare, occhiali da sole, sandali e un cappello da cowboy con una bandana. Nancy e Amy hanno delle borracce e indossano abiti Musulmani tie-dyed. E nonostante ciò noi passiamo per gente normale.

“Per andare avanti, qui fuori devi sapere a cosa vai incntro e prenderti alcuni rischi. devi vivere al limite, almeno un po’.” 69


Sono andato a visitare la roulotte di i-Storm, dove il contingente del World Wide Web stava progettando il sito Web del Burning Man. Mi piace passare del tempo con queste persone, sono ragazzi simpatici che sprizzano creatività da tutti i pori. È come incontrare Walt Disney quando ancora disegnava sui tavoli a Kansas City, Missouri. Prima che Walt Disney diventasse lo spaventoso, litigioso, liofilizzato titano dei media. Ok, forse non dovrei dire niente su Disney. Danny Hillis lavora molto per Disney ultimamente. Di notte cammino per il deserto con la mia famiglia. Questo è il momento migliore per fare un giro della zona, perché il Burning Man è molto strano quando cala il sole. “Black Rock City” non ha corrente elettrica, quindi di notte è tutto lanterne e generatori a scoppio, e torce tiki e un sacco dib barbecue. Una sequenza di barbecue colorati nel deserto, che si intreccia con i raggi delle biciclette. Imminenti figure mascherate, enorme e teatrale spettacolo del deserto. Fuochi d’artificio e luci nel cielo generano un clamoroso bagliore da trincea di guerra sopra l’enorme campo.

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Matti che suonano le percussioni insieme a ragazzi che ballano sotto l’effetto di allucinogeni, nerd che saltano in modo impacciato, come se non avessero mai ballato nella loro vita. Mia figlia Amy inizia a lamentarsi e a brontolare. Albeggia su di noi, e lei si sta spaventando. Qualcosa a che fare con il malefico padiglione Helco e con le sue performance di macchinari stravaganti. Amy è una bambina sensibile e con molta immaginazione. All’improvviso se ne esce con: “Questo è orribile! È come un INCUBO VIVENTE!” È anche questo, che è più o meno il perché noi stanchi adulti decidiamo di viverlo. Ma Amy non verrà confortata finché non potrà tornare al camper con la madre. Si sta facendo tardi. Ho scroccato un passaggio sull’Aggravator, un mostruoso marchingegno steam-punk con un lanciafiamme e quattro coppie di pedali da bicicletta. Successivamente mi siedo sul sedile di ferro dell’Aggravator e osservo uno spettacolo sorprendente, vicino alle sinistre torri del tempio della Città di Dis. Una processione formale comincia con clacson, sonagli e cigolii elettronici.


Sacerdoti pagani con alti copricapi e lamé d’argento marciano lentamente, portando stendardi infuocati di antica fattura. Sciami di ballerini nudi, maschi e femmine, saltellano tra bende da bondage fantasy- erotico. La musica si trasforma in urla ripetute, folli e bestiali. Una sbalorditiva dea-insetto – una cimice gobba su trampoli rossi – arriva svettante e instabile e barcollante alla luce del fuoco, come una creatura Kafkiana impazzita. È un incrocio tra una cerimonia Vaticana, il Cirque du Soleil e un rituale d’accoppiamento necro-erotico tra mantidi religiose. Ad ogni istante, gli esecutori sembrano pronti ad esibirsi in un’orgia flagellatrice, di fronte a una solida folla di almeno 3,000 persone. Sicuramente non è qualcosa che si vede tutti i giorni. È qualcosa che un fan del genere fantascientifico disperatamente arrapato potrebbe vedere se si facesse di acidi e sciroppo per la tosse. Poco dopo i performer incendiano tutto il set. Le alte torri rinforzate, trasformate in un istante in camini, risplendono di un bianco incandescente e danno sfogo a furiose fiamme di cinque piani. Mi sto veramente divertendo.

Ok, non sono dei ballerini esotici professionisti. Sono principianti entusiasti. Ballano come le attricette in un film melenso di serie B anni Cinquanta. “Ok, Jim, Cindy, voi ragazzi siete ballerini pagani all’orgia di palazzo, per cui andate là fuori e dateci dentro, metteteci passione!” Fanno capriole e ballano lussuriosamente per più di un’ora, poi iniziano a stancarsi e perdere fiato, e sono costretti a sedersi. Ma è divertente guardare questi ragazzi tatuati di San Francisco liberarsi dai severi abiti del rimorso. È dolce guardarli mentre perdono se stessi nel momento. Dopo il cedimento e il collasso delle torri, il coro greco di urla e canti si concede un attimo di meritato riposo. I ballerini si abbracciano e la folla si disperde nel deserto. Poi un gruppo di batteristi si avvicina e si occupa di spegnere il falò. Ci sono orde di batteristi in questo posto. La maggior parte non riesce a tenere il ritmo. Ma ci sono intere squadre di ragazzi che sanno suonare molto bene, accompagnati da ballerini niente male. I batteristi sembrano veramente assaporare la gioia di vivere. Tutta la strada per arrivare qui è valsa la pena.

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Domenica 1 settembre I nostri nasi sono secchi e incrostati. Le nostre labbra screpolate. I nostri polmoni rivestiti di un sottile strato di polvere alcalina. Non abbiamo dormito molto. Decidiamo di andare alle sorgenti termali. Posto favoloso. Ha anche un gayser. Inquietanti torri rossastre di rovente concrezione minerale. L’acqua è abbastanza calda per cuocere un uovo sodo, ma fluisce in una vasta gamma di pozze piene di fango ed erbacce, per cui puoi scegliere la temperatura che vuoi. Ci sono almeno 200 hippie qui, nudi e coperti di fango. Una donna senza vestiti e impantanata è una visione interessante, ma più che altro sembra si stia concedendo un trattamento alla spa. Invece prendete un ragazzo nudo e muscoloso e copritelo dalla testa ai piedi di fango sulfureo grigio

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e nero: è una cosa veramente impressionante, un guerriero cacciatore della Nuova Guinea. Io e Nancy vogliamo provare. Questa cosa ci piace. Togliamo i vestiti impolverati dai nostri corpi da coppia sposata e di mezza età e ci copriamo di fango. La bambina più piccola rimane fuori, e anche mia figlia di 9 anni non sembra entusiasta all’idea, ma io e Nancy ci immergiamo nell’acqua calda e melmosa. Il cielo è azzurro, e l’acqua sta bollendo la nostra pelle prosciugata dal deserto in maniera profondamente soddisfacente; per la prima volta ci sentiamo veramente in vacanza. Un sacco di cose hanno a che fare con l’aria, oggi. Mongolfiere, parapendio, aerei che scrivono parole in cielo. Di notte qualcuno costruisce una


finta costellazione. È una massa brillante come l’Orsa Minore che assomiglia molto alle stelle e si muove apparentemente senza alcun tipo di supporto. Simulare le stelle, tagliare e incollare il cielo del deserto – questo sì che è bel trucco. È arte. Non riesco a credere a quello che sto vedendo. Poi cade la notte, e finalmente è giunta l’ora di bruciare il fantoccio. Amy è seduta sulle mie spalle, sta filmando tutto in mezzo alla folla enorme, turbolenta e chiassosa. Un corteo solenne, bizzarro e decisamente divertente marcia in mezzo

al deserto. Ed ecco che danno fuoco al fantoccio, che esplode in fogli di fiamme colorate e giganti lingue di fuoco ardenti e bluastre. Lo spettacolo manda mia figlia veramente fuori di testa. “BRUCIATELO!” Amy sta urlando, contorcendosi come un’anguilla. È senza dubbio la cosa più eccitante che abbia mai visto. “Guarda come BRUCIA! È FANTASTICO! NON CI POSSO CREDERE! WOW!!!” Quando il fantoccio sta quasi per crollare del tutto, due omoni robusti e coraggiosi afferrano un paio di cavi d’acciaio penzolanti dalle spalle del Burning

Man. Li tirano e strattonano. Il gigante uomo di legno si lancia in una strana e spastica danza, producendo enormi docce di fuoco con le braccia alzate. Una bambola lignea di 12 metri che balla tra le fiamme è una visione che può veramente impressionare un bambino di 9 anni. Mia figlia è in estasi, giura ad alta voce che si ricorderà questo momento per il resto della sua vita. Sono sicuro che sarà così. La bambina più piccola dorme tra le braccia di sua madre. Ma non importa. Lo vedrà quando sarà più grande. Abbiamo registrato tutto quanto.

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Lunedì 2 settembre Torniamo a Reno. Ci sono dei posti seriamente strani qui. Ti insegnano qualcosa. Las Vegas è diventata una delle mete preferite dalle famiglie. I casinò del Nevada sono diventati quasi dei valori familiari americani oramai. È praticamente considerato normale entrare in uno di quei centri scommesse spaventosi e senza finestre, ubriacarti, perdere

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tutti i soldi alla roulette, e poi andare ad osservare le soubrette col seno rifatto. Anche i Repubblicani lo fanno adesso. Gli operai lo fanno indossando pantaloni della tuta. È normale. Intanto, se vuoi sballarti ed essere un hippie, sei sospettato per terrorismo. Invece ci si deve imbucare nel mezzo di un deserto dimenticato da Dio e sperare che poche persone ne

vengano a conoscenza. Dovrebbe essere l’esatto contrario. Se vuoi organizzare una fiera d’arte pagana per nudisti, dovresti poterlo fare nella comodità di un casinò ermeticamente sigillato e con l’aria condizionata. Sarebbe perfetto per questo tipo di attività. Se invece vuoi divorziare da qualcuno o leccarti i baffi guardando uno spogliarello, dovre-


sti essere obbligato a farlo in qualche remota località dove il resto di noi non sia costretto ad assistere al tuo schifoso comportamento. Mi chiedo come la nostra cultura si sia cacciata in questa ossimorica situazione. Non può assolutamente farci del bene. Sono stato al Burning Man. Ci ho portato i miei figli. Non è spaventoso, non è pagano, non

è demoniaco o satanico. Non si tengono orge pubbliche, nessuno viene marchiato o colpito con le fruste. Porca miseria, è meno pagano degli Shriners [ndr, una società simile a una confraternita fondata nel 1870 a Tampa, Florida]. È solo una folla felice di persone creative che si esprimono liberamente e rompono alcune convenzioni senza senso che

servono solo ad esasperare le giovani generazioni. Dovrebbero esserci Burning Man festival in ogni grande città americana almeno una volta all’anno, almeno una. Ci farebbe bene. Ne abbiamo bisogno. Anzi, finché non riusciremo a rilassarci completamente ogni tanto e imparare a farlo in maniera adeguata, probabilmente non staremo mai bene.

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Politecnico di Milano - Scuola del Design Corso di Laurea in Design della Comunicazione LABORATORIO DI METAPROGETTO - A.A. 2016/2017 Docenti: P. Ciuccarelli - F. Piccolini Cultori: G. Brusadelli - C. Zenocchini Gruppo 02 - “Granny Takes A Trip” NICOLÒ AZZOLIN - EMANUELE BRIVITELLO - CHIARA CASALUCE ALESSANDRA SARA CUTRONEO - GIUDITTA PINOTTI SERENA RIPOLI - SARA SACCHETTO



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