Foto Marvellini - C'eravamo tanto amati

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foto MAR VELLINI C’eravamo tanto amati



foto MAR VELLINI C’eravamo tanto amati


C’eravamo Tanto Amati - Foto Marvellini 10.09.2016 09.10.2016 LABottega - Marina di Pietrasanta (LU)

a cura di Francesco Mutti

Edizione limitata di 100 copie Finito di stampare:

progetto grafico Marco Simone Galleni @ LABottega, 2016 @ per le fotografie, Foto Marvellini stampato da Impronta Digitale, Massa (MS) Tutti i diritti riservati


Prefazione a cura di Francesco Mutti



PROLOGO Raccontare l’incredibile maestria illusoria del progetto fotografico del Collettivo Marvellini - fantomatica famiglia milanese di fotografi dietro la quale si celano invece due virtuosi della fotografia italiana contemporanea più spigliata e capace - significa porre le basi per un’indagine a tutto tondo che scavi a fondo nella meravigliosa illusione dell’arte, riconoscendo loro sin da subito un evidente e incontestabile valore artistico: valore che, per quanto di complessa entità, poggia su solidissime basi concettuali e una struttura ben articolata, figlia di una puntuale progettazione e di un’esecuzione ai limiti del maniacale. Un’illusione con i piedi ben piantati a terra che volge lo sguardo senza ripensamenti a una scelta contenutistica assai precisa, non scevra da risvolti ora delicatamente estetici, ora dichiaratamente intellettuali e culturali, sebbene celati più in profondità; e che si fa portavoce di un comparto tecnico che, al di là di qualsiasi contestazione purista sull’utilizzo del mezzo fotografico, raccoglie a sé esperienze esecutive di altissimo livello, una raffinata e selettiva sensibilità e una conoscenza che ha pochi eguali nel panorama nazionale. C’eravamo Tanto Amati si pone dunque all’attenzione dello spettatore come massimo sforzo espressivo ed emotivo del progetto Foto Marvellini: al di là di effettive e volute allusioni romantiche al grande cinema e alla commedia italiana, la mostra si realizza più nell’individuazione bilanciata da un lato di un passato languido e idilliaco, cristallizzato e perfettibile tipico delle zone che proprio Forte dei Marmi, Pietrasanta e la bella Versilia da sempre individuano; dall’altro, dalla considerazione ironica che la teatralità sociale e culturale del titolo, per merito anche di una sua riconosciuta diffusione popolare, sia ormai divenuta espressione comune di decisa denuncia, in un momento storico che dovrebbe essere di massimo progresso culturale e che vede, invece, proprio la cultura arrancare come ultima ruota del carro.



SULL’ILLUSIONE Nell’introdurre il dinamico duo Marvellini, vorremo far felici coloro i quali, amando oltremodo le citazioni iniziali, credono al loro potere taumaturgico e scaramantico, fortificando se stessi e la successiva lettura nel caldo abbraccio della certezza altrui. Proprio per soddisfare tali aspettative, non possiamo prescindere dall’autorevole fonte del dizionario italiano, amico di molte battaglie e sempre in grado di trarci in salvo dalle pericolose correnti della nostra bella lingua. Il manuale ci ricorda che: illusione (/illu’zjone/) è un’alterata corrispondenza fra le impressioni dei sensi e la realtà; (...) un’ingannevole rappresentazione della mente che immagina la realtà secondo i propri desideri e le proprie speranze, non quale essa è effettivamente. La scelta di tale termine non è figlia del caso: illusione infatti è il solo vocabolo in grado di restituire, in un sol colpo, l’incredibile potenza espressiva presente nell’ultima fatica artistica del collettivo fotografico milanese. C’eravamo Tanto Amati infatti è parte attiva di un grandioso progetto illustrativo tutto italiano che ormai, da quasi cinque anni, vuole mutato il concetto di fotografia creativa, dando vita a uno sfarzoso affresco storico e tecnico sulla semplicità delle idee, sull’eroica ricerca del mito, sull’ironia dell’esperienza e sull’ineluttabilità di un’esistenza beffarda e cinica eppure fortemente didascalica e rigorosa, nel recupero di una dignità che pare ormai da tempo soltanto vagheggiata. Un’illusione dunque non è niente di più che una distorsione della percezione sensoriale causata dal modo in cui il nostro cervello normalmente organizza ed interpreta le informazioni che riceve, siano queste tattili, gustative, olfattive, sonore, perfino mnemoniche e, soprattutto, visive. Di conseguenza, accettato il fatto che l’idea stessa di illusione abbia la facoltà di coinvolgere ogni senso a nostra disposizione senza che questo possa opporre decisa resistenza, è proprio la particolare simpatia che tale fenomeno dimostra per la vista a fare la parte del leone, dimostrando quanto la nostra esperienza, eliminati i primi mesi di vita, si basi principalmente su di essa nell’immagazzinare informazioni, di qualsiasi entità queste siano. Il soggetto dunque avverte perfettamente la realtà che lo circonda ma, per motivi di volta in volta differenti e imponderabili, ne altera la percezione. Interessante il fatto che, molto spesso, l’illusione stessa venga alimentata dal medesimo soggetto che la subisce, secondo quella particolare tendenza al completamento - che definiremo ancora una volta plausibilità - che accompagna da sempre la percezione che l’uomo ha del proprio presente, del proprio passato, del proprio futuro: per tale soggetto, dunque, l’illusione sarà la sola realtà conosciuta e riconoscibile; e, anche nel caso in cui la distanza tra realtà effettiva e realtà percepita fosse evidente, egli continuerà ad ambire alla seconda come la più attraente e la più completa, proprio per il grado di personale contaminazione emotiva e sensoriale che potrà apportarvi. È dunque il significato intimo del vocabolo a nascondere in sé le risposte più intriganti. In più, nel nostro caso, questo apre una serie di considerazioni altre che, di fronte all’esperienza vissuta, non sono poi più così scontate; e che riguardano l’essenza stessa della Grande Arte che da sempre ci nutre: in effetti, non è forse vero che l’Arte stessa sia la più grande delle illusioni? Che sia poetica o letteraria, musicale, motoria, pittorica, scultorea o, ultima nata, fotografica, l’Arte tenterà sempre di ingannare i nostri sensi, colpendo duro e senza seguire regole: offuscherà il ricordo di ciò che credevamo di sapere, giocando con la nostra mente come il bambino col granchio sulla scogliera; e irretirà la nostra conoscenza del mondo, facendoci credere di provare sentimenti che non ci appartengono, visitare luoghi distanti nel tempo e nello spazio, vivere vite che non avremmo mai occasione di sperimentare. In questo spettacolare processo di sublimazione della realtà - intendendo proprio l’Arte come l’illusione di dar vita a un mondo per molti versi migliore di quello che ci accoglie - pittura e scultura competono da tempo immemore con la Natura, disputandosi il potere della creazione attraverso l’analisi di un presente eterno o di un passato mitico. A queste, ormai prepotentemente, si è aggiunta la fotografia. Giungendo a risultati senza precedenti.


Ritratto di Sig.ra Invisibile e Famiglia



Goldrake Armonico



Coppia Imperiale



Nonno Scudo



Raja Star




SULLE IDEE Nel loro ricercato e raffinato progetto illustrativo - che poi è studio applicato e profondo - Carlo e Andrea Marvellini adottano sin da subito scelte e soluzioni visive che destano, repentine, immediate attenzioni: scelte sagge - per certi versi e col senno di poi; ed estremamente coraggiose se considerato un momento storico che ha visto, proprio negli ultimi anni, moltiplicarsi esponenzialmente il numero di avventori della domenica in grado di maneggiare uno strumento ottico - nel caso, dunque, questi ne possedessero uno; o di avvicinarsi malamente alla materia armati di un telefono cellulare e di un programma di post produzione di conclamata accessibilità. Eppure queste scelte avevano ed hanno radici sia tecniche che storiche che personali ben ponderate, non frutto del caso: di fatto, molte delle loro idee e dei loro soggetti sono totalmente recuperati da un passato storicizzato reale e fisicamente esistito, dipinto a tinte nitide dai sali d’argento di una sterminata collezione fotografica, costituita nel corso degli anni dai due amici e in conseguenza di una passione che ha sempre legato l’uno all’altro e ognuno di loro alle proprie esperienze familiari. Ai soggetti impressionati, alle ammiccanti signore della belle époque, agli austeri capifamiglia immortalati coi loro vestiti migliori in pose ormai datate anche per il loro tempo, i Marvellini - geniali alchimisti, demagoghi illuminati - sostituiscono, implementano e sovrappongono, attraverso un procedimento lungo e complesso, soggetti adesso recuperati da un immaginario popolare comune, generalizzato e assai più recente, fortemente connotato e di immediato impatto visivo che, certo scanzonato, goliardico ed ironico, ne diviene comunque firma riconoscibile, alludendo subito dopo a qualcosa di altro. Ma, a un primo sguardo, questo basta e avanza. Certo è però che la curiosità generata nello spettatore da tale immaginario non è cosa da scartare così, dopo una rapida occhiata; ed è pari solo all’assoluta varietà dei soggetti che i Marvellini stessi di volta in volta organizzano e restituiscono: intesi come vera e nostalgica esperienza personale; e come memoria collettiva di una società che riconosce e si riconosce in tali icone, i soggetti raffigurati nelle opere a loro firma pescano a piene mani nella cultura pop degli ultimi settant’anni, dal mondo dei fumetti americani a quello degli anime del Sol Levante a quello cinematografico, alla ricerca di una continuità identitaria che sia sinonimo di autenticità: ambiti che ebbero, invero, spesso un ruolo marginale nella coeva corrente storico-artistica; ma che, forse più di questa, si impegnarono nella creazione e nella promozione dal basso di una nuova cultura della mitologia che andasse a colmare una sempre più allarmante lacuna di ideali tra le nuove generazioni. In questa direzione è da leggersi l’interpretazione in chiave sia storica che distopica delle fonti privilegiate utilizzate dai Marvellini, direttamente recuperate dal loro vissuto e riadattate adesso per un fine certo intellettuale, più espressamente estetico. Tale estetica non è ovviamente priva di considerazioni oggettive sull’importanza dei propri protagonisti; ed è forse questa a farsi garante dell’autorità con cui essi presentano il proprio lavoro. Ma è nel sostrato storico che generò quelle esperienze che si dovrebbero recuperare le intenzioni formali e contenutistiche degli stessi loro soggetti.


miss spring



miss summer



miss autumn



miss winter



Ritratto di Sig.ra VADER



Ritratto di Sig.ra Vulura



Ritratto di Sig.ra Ragnetti




SULLA RICERCA STORICA Per comprendere il progetto Marvellini nella propria intensità formale e contenutistica sarà necessario fare chiarezza sulle scelte che il Collettivo milanese da sempre porta avanti. Sul significato e sull’impatto che ebbero, sulla società del dopoguerra, i fumetti delle americane Marvel e DC Comics si è scritto e detto già molto: legata alle gesta di esseri dotati di poteri sovrannaturali quali quelli di un dio, quella nuova editoria popolare riuscì come nessun altra a rappresentare gli slanci emotivi e passionali di una società forzatamente privata di un contatto vero e proprio con queste emozioni, campione ideale di un sentimento comunitario di appartenenza restituito in tutto e per tutto alle masse. Il supereroe del resto era già stato, ai tempi della seconda guerra mondiale, la risposta dell’uomo comune alla malvagità, recupero attualizzato del mito dell’eroe che, attraverso il trauma, acquista consapevolezza di sé. Un uomo comune dunque in grado di sopportare indicibili sofferenze individuali e di emergere come società vittoriosa al quale, sconfitto il grande nemico, si chiese infatti di combattere su altri fronti, forte di nuovi ed esaltanti poteri. Nell’ambito di una cultura globale ante litteram, la ricerca Marvellini, empatica ed empirica al contempo, non dimentica inoltre l’esemplare fascinazione subita dall’Occidente nei confronti dell’animazione giapponese (oggi il termine anime deriva proprio dalla contrazione della parola giapponese animēshon, traslitterazione della anglosassone animation, dunque animazione) che subì un’impennata proprio a cavallo degli anni del boom economico: il Giappone tradusse gli impressionanti progressi tecnologici che stava subendo nell’ideazione di giganteschi esseri robotici pilotati dall’umanoide di turno il quale, senza macchia e senza paura ma con un istinto fuori dall’ordinario e una predisposizione pre-ecologista alla salvaguardia dell’ambiente, si ponevano a protezione della Terra contro le bestiali orde di alieni malintenzionati continuamente in fissa con la distruzione o la conquista del nostro pianeta. Infine, a queste imprescindibili fonti si aggiunge non meno rilevante la grande influenza narrativa insita nella saga cinematografica di Star Wars, geniale trasposizione fantascientifica del più atavico conflitto esistenziale tra bene e male: assolutamente in grado di creare una nuova e carismatica mitologia, resa ancor più intrigante da un intreccio elaborato e da elementi ora religiosi ora misterici ora relazionali ai limiti del verosimile - e che la società degli anni Settanta richiedeva a gran voce - ancora oggi condiziona profondamente generazioni intere di appassionati con la sue dinamiche, i suoi ideali, le sue credenze e la propria storia, parallela, indipendente, archetipa nel senso dell’esperienza di Propp e, allo stesso tempo, ugualmente in grado di prendere parte attiva e originale alla nostra realtà. Dunque: al di là dell’interesse sociologico dei personaggi creati da Stan Lee e Jerry Siegel, Bob Kane, Go Nagai o George Lucas; e rimandando ad altre sedi e contesti l’effettivo target di riferimento ai quali tali progetti erano destinati, è proprio la loro assoluta riconoscibilità iconica a interessare i Marvellini, riconoscibilità nella quale essi stessi si immergono e che ancora oggi rende quei personaggi simboli popolari universali ben schierati. Questa iconicizzazione, assoluta e non relativa proprio per la campagna di propaganda di cui sono stati oggetto nel corso dei decenni, rende comprensibile ai nostri autori l’importanza di una visibilità immediata sia fisica che ideologica che tali soggetti potevano veicolare. E, assieme a questa, l’enorme potenziale contenutistico di cui potevano essere investiti. Soprattutto, maturo è il tempo anche per una riconfigurazione generale delle esperienze, in grado di sovvertire il naturale - sino a quel momento - ordine delle cose e garantire una nuova esistenza alle proprie creature. L’inganno è lì, a portata di mano: e dietro di esso si svela un mondo infinito di soluzioni formali ed estetiche dove la tecnica è al servizio dell’immaginazione; e dove il peso delle cose, alleggerite da certe seriosità inopportune, può non avere più così tanta importanza.


Ritratto di Sig.na Matta



Ritratto di Sig.ra Flagello



Ritratto di Sig.ra Crudelia



Ritratto di Sig.na Pris



Ritratto di Sig.ra Elle




SULL’IDENTITÀ In definitiva, emergono considerazioni legate non più solo alla contingenza del personaggio ma anche all’identità nascosta in ognuno di loro. Perché tale inganno sia plausibile - e per far sì dunque che l’illusione sia completata - il personaggio/protagonista di volta in volta deve essere spogliato di quella caratura storico-narrativa che lo ha reso tale, eliminandone di fatto la personalità; e deve essere restituito al pubblico attraverso una rinnovata sensibilità che può essere sociale e umana al contempo, caratteriale o semplicemente visiva mediante la netta decontestualizzazione dei propri attributi di riconoscibilità. Tale decontestualizzazione è il fulcro dell’illusione del progetto: e ne rappresenta la novità più eclatante, nello sviluppo di una poetica illustrativa che poi è loro marchio di fabbrica. Si concede quindi al personaggio la facoltà di astrazione dal contesto che lo ha generato: gli si garantisce una vita vera, una vita semplice, una vita altra; gli si regala un presente diverso privo di risvolti romanzati; o, ancor più interessante, un passato storico reso autorevole dall’esistenza dell’avo - ecco la fondamentale importanza del ricco archivio fotografico - che ne indossa i simboli con eleganza e austerità, leggerezza e quella presenza scenica che solo il quotidiano, spesso assai banale e privo di interesse, può generare. Del resto questa è la vita comune. I Marvellini operano dunque una radicale selezione oggettuale basandosi su una sensibilità artistica a stretto contatto con l’idea introdotta poco sopra: attraverso il completamento plausibile della scena infatti, ogni elemento assume il valore che essi decidono, eliminando qualsiasi riferimento immediato con la natura del soggetto contaminato. A livello ideale però, essi vanno ben oltre: poiché nell’utilizzare la tematica del ritratto come mezzo espressivo privilegiato - se non assoluto - Carlo e Andrea si riallacciano a concetti complessi quali il feroce divertissement sociale di Hogarth o la pantomima rinascimentale veneziana della mascherata pubblica. Che si parli di ritratto singolo o di famiglia, più raramente inserito in contesti scenici diversi e dal più ampio respiro che non siano quello intimo e casalingo, proprio le indagini sociali, fisionomiche e caratteriali che ne derivano diventano parte integrante di una autocelebrazione culturale che, nelle loro sapienti mani, si mostra invece come divertente interpretazione. Del resto, nel processo di ribaltamento del punto di vista a cui i Marvellini tendono continuamente, proprio al ritratto - un ritratto dell’impossibile, come è stato definito in passato, al quale sono mantenuti valori simbolici e pratici - viene assegnata una nuova dichiarazione di intenti (indistintamente dagli autori e dal soggetto ritratto) che modifica in senso ironico l’ostentazione di un personale status sociale come carattere inequivocabile di civiltà; e tramuta l’austerità e il decoro di un tempo in quel leggero e ricercato divertissement più sopra citato che poi è parte fondamentale e imprescindibile del progetto.


Pulcinella



Gianduja



Balanzone




SULLA TECNICA Nella grandiosa finzione che i Marvellini realizzano attraverso la loro produzione, di tutt’altro spessore è il comparto tecnico di cui loro si fanno campioni, a dimostrazione di una conoscenza della materia che raggiunge l’eccellenza. Del resto, solo i più famosi illusionisti sono ricordati per illusioni memorabili. Senza timore di sfociare nell’agiografia gratuita, i Marvellini si fortificano dietro una padronanza assoluta del procedimento con cui realizzano le proprie opere, dall’individuazione dello storyboard alla ricerca scrupolosa degli elementi utilizzati delle composizioni, cornice storica compresa (ogni cornice Marvellini infatti è autentica e si inquadra in un periodo di cento anni circa, tra il 1850 e il 1950). Come dei buoni progettisti, essi hanno sotto controllo ogni minimo particolare. Studiano ogni aspetto del procedimento. Sperimentano in continuazione, approfondendo sempre più l’indispensabile conoscenza degli strumenti e rimanendo costantemente aggiornati sui progressi della tecnica: ecco dunque le scansioni in altissima definizione, i set fotografici ricreati ad hoc, l’utilizzo di fondali chroma key di ultima generazione e di luci bowens, in grado di garantire la necessaria e totale libertà espressiva. A una meticolosa post produzione professionale e alla stampa del negativo coadiuvato dall’uso misurato dell’ingranditore DeVere, segue poi la successiva fase di stampa in camera oscura. Qualche altro dato tecnico può aiutare nella comprensione delle capacità tecniche del Collettivo, capacità da grande laboratorio: le carte ILFORD baritate (spesso selezionate tra una MG ART Hahnemülhe o una MG FB Warmtone) una volta impressionate vengono immerse nell’acido tannico diluito per garantirne l’anticatura. Infatti, dopo innumerevoli prove, solo l’utilizzo del tannino ha permesso il raggiungimento di un risultato ottimale, fissandosi alle fibre della carta cotone e lasciando intatto l’indispensabile alogenuro dell’immagine. Questo per far comprendere cosa significhi una tecnica perfetta. Mentre tutto il resto è speculazione da circolo di provincia.


Cyanotype 1 (fam. mori)



Cyanotype 2 (fam. mori)



Cyanotype 3 (fam. mori)



Cyanotype 4 (fam. mori)



Cugino Italo




EPILOGO In risposta a un pressante recupero di un passato mitico al quale riferirsi - o, nell’impossibilità di farlo, nella volontà di crearne uno assolutamente nuovo di più contemporaneo spessore - Foto Marvellini propone al sempre più vasto e divertito pubblico di appassionati un elenco preciso e particolareggiato dal quale attingere, una casta selezionata di dei e semidei, vissuta e rintracciabile nella nostra più recente memoria storica, alla quale assegnare dei valori umani reali e percepibili, una ricercata ironia che pare figlia del tempo ritratto e l’illusione assolutamente plausibile - perciò vera - di un mondo realmente esistito, sebbene generato dal senso di straniamento che proprio il loro intervento porta. Al concetto della doppia identità che il personaggio ritratto interpreta, foriero anch’esso di molteplici considerazioni sul binomio identità svelata/identità celata, si somma anche quello realizzato dalla plausibilità storica del contesto, nell’individuazione di una nuova esperienza comune e di una rigenerata memoria collettiva che non faccia solo parte di un universo contingente al soggetto ora mascherato o al mascheramento; ma si adatti alla nuova realtà individuata nel passato con l’assoluta certezza del documento fotografico: una realtà né mitica né distopica né tantomeno eroica dove l’eroe, il mito, infatti diventa quotidiano, languido e lascivo, amicale e goliardico, persino imbarazzante, quanto qualsiasi altro individuo. Ed è proprio l’autenticità di questa esperienza che consegna alla spettatore il ricordo osmotico di un racconto fantastico.



BIOGRAFIA



Foto Marvellini è il nome di un progettoartistico iniziato nel 2012 da due artisti italiani legati da un’amicizia trentennale. Entrambi assumono questo pseudonimo e si fingono gli eredi di una fantomatica antica famiglia di fotografi con base a Milano. Mettono in comunele le loro due tecniche espressive personali preferite, Andrea Marvellini l’installazione e Carlo Marvellini la fotografia. In questi anni si sono distinti, a livello internazionale, come virtuosa espressione artistica italiana, durante esposizioni in gallerie, musei, fiere e premi d’arte. L’obiettivo di Foto Marvellini è un omaggio alla fotografia e in particolare al ritratto fotografico che costringe lo spettatore ad essere consapevole di ciò che sta guardando, di come lo guarda e come le immagini in generale, per loro natura,danno forma alle sue emozioni e alla sua comprensione del mondo. Per realizzare il progetto, Foto Marvellini mescola elementi diversi come i vecchi e nuovi tempi, la cultura raffinata e quella Pop, le visioni perturbanti e quelle romantiche. Qualche lavoro rasenta il surreale ma sempre con l’utilizzo di una tecnica rigorosa, che deve introdurre l’assurdo come se fosse la realtà.




LABottega viale Apua 188 - 55045 Marina di Pietrasanta, Italia www.labottegalab.com


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