Origine capitolo 3 / Dark MATTER / Vilma Pimenoff - Marco Maria Zanin

Page 1

ORIGINE

DarkMATTER



D a r k M AT T E R V I L M A

P I M E N O F F

MARCO MARIA ZANIN


The project “Origine” derives from observing how human beings analyse themselves, between indisputable creative capacities and inevitable and innate destructive dynamics. In a wider research for a balance difficult to be achieved, the whole season concentrates on Time – the time of people and of the world – and on the rules that govern it, stressing the antinomy between life and death, man and nature, history and eternity.

ORIGINE, Chapter 3 With DARK MATTER, Origine chooses to focus their lens on the incorruptibility of Time and the crystallization of the moment narrated as a result of a destruction/reconstruction process on the visual matter, which is in turn projected towards a totalising and bright structural refounding.


Il progetto “Origine” nasce dall’ osservazione dell’essere umano nell’analisi che egli compie su se stesso, tra capacità creative indiscutibili e inevitabili quanto connaturate dinamiche distruttive. Nella più generale ricerca di un equilibrio difficilmente accessibile, l’intera stagione si concentra sul Tempo - quello dell’uomo e quello del mondo - e sulle regole che lo governano, ponendo l’accento sul rapporto antinomico tra vita e morte, uomo e natura, storia ed eternità.

ORIGINE, Capitolo 3 Con DARK MATTER, Origine decide di registrare il proprio obiettivo sull’incorruttibilità del Tempo e sulla cristallizzazione dell’istante narrato come conseguenza di un processo di distruzione/ ricostruzione della materia visiva, proiettata verso una totale e squillante rifondazione strutturale.


Dark MATTER

Francesco Mutti Non esiste il vuoto, nell’universo. E ciò che noi consideriamo tale in realtà possiede una propria, insospettabile massa che definisce ogni cosa attorno a sé. La sconvolgente scoperta della materia oscura giunge come anomalia più che gradita: anomalia poiché chiarisce in maniera inequivocabile quanto poco ne sappiamo, al momento, del nostro universo; gradita poiché ci ricorda quanto la nostra curiosità sappia muovere ogni controversia verso un’ipotetica risoluzione. La cosmologia definisce materia oscura quella componente di materia che non è direttamente osservabile: diversamente dalla materia conosciuta, questa non emette alcuna radiazione elettromagnetica e si manifesta unicamente attraverso gli effetti gravitazionali. In base a numerose osservazioni sperimentali, si ipotizza inoltre che la materia oscura costituisca la grandissima parte (circa il 90%) della massa presente nell’universo. In quanto, al momento, sua parte inosservabile, la materia oscura alimenta in maniera quasi sistematica procedure come la sperimentazione e l’osservazione scientifiche, invadendo un ambito - quello dell’inconoscibile - che dà vita a fantasie e congetture. Ma è l’universo a farsi avanti e mettere le cose in chiaro: poiché ciò che è in lui insondabile è, al tempo stesso, comunque esistente. Il progetto DARK MATTER vuole scuotere la conoscenza umana fornendo il precedente intellettuale per osservare ciò che non si crede possibile, che non si percepisce, che non si manifesta nel nostro personale e limitato spettro cognitivo. Il tempo e la materia divengono, in tale ricerca, strumenti ideali, unità di misura assolute e inderogabili a cui l’uomo dovrebbe porre sempre attenzione - poiché è del tutto


insensato continuare a considerarle come costanti. DARK MATTER nasce quindi da latenti curiosità intellettuali e dall’osservazione di poche seppur indispensabili variabili: tempo, spazio, materia. La ricerca che viene portata alla luce si fonda sull’analisi contemporanea e sull’attualizzazione del soggetto stilistico dello still life, inteso certo nella sua intima e più storicizzata accezione eppure rivalutato attraverso operazioni del tutto contemporanee che ne delimitano una nuova campitura, in grado di dialogare e di interpretare il controverso momento storico che stiamo vivendo: del resto appare evidente come l’espressione still life sia, anche in nome di una ragionevolissima traduzione, più una dichiarazione di vita che una constatazione di morte. Proprio attraverso l’intervento espositivo congiunto dell’artista italiano Marco Maria Zanin e della finlandese Vilma Pimenoff, la manifestazione reale dei concetti di tempo e materia assume ora un valore propedeutico allo stimolo di una conoscenza che, al pari della materia oscura, sia foriera di sensibilità aumentata; ora l’aspetto di una parafrasi visiva del nostro contemporaneo, in mutevole equilibrio tra gli ideali di bello, di vero, di reale e di illusorio. Il personale rapporto che Zanin e la Pimenoff intrattengono con l’unità di tempo a cui si riferiscono attraverso i loro progetti (rispettivamente Lacuna ed Equilibrio e 21st Century Still Life) recupera quindi a entrambi una consistenza che poi è il risultato materico della ricerca stessa: che se per la finlandese è esaltazione dell’effimero immortale e idealizzato in sostituzione di un reale da abbandonare, per Zanin assume l’aspetto di lacerti e scarti come simbolo di un’anima essenziale al vissuto.


La loro materia oscura è, d’altronde, correttamente più massa che apparenza. All’interno di un più ampio dibattito storico, sarebbe in effetti da chiedersi se un genere artistico assai inflazionato, nato nell’innovazione sperimentale sovversiva e inconsueta della fine del XVI secolo e divenuto in poco tempo emblema di una società intera per le generazioni a venire, abbia o meno ancora oggi qualcosa da dire. E se, di conseguenza, un contemporaneo assuefatto alla storia possa rivalutarne con originalità forme e sostanze senza dare per scontato il risultato finale. Concepita all’interno di uno spirito emulativo e comunitario, l’idea della natura morta nacque infatti come moderna ricerca di genere per molti versi rivoluzionaria, antitetica rispetto a certe dinamiche accademiche mediocremente nobilitanti che vedevano, ormai da troppo tempo, arenata la pittura, immota la fantasia. Mediante la natura morta, l’arte pose dunque le basi per un’analisi moderna della società partendo dal basso, una società in balìa degli eventi la quale, di lì a poco, avrebbe dato il via a una riflessione profonda sulla caducità dell’esistenza e sul potere effettivo del tempo sull’uomo. Con queste premesse, l’utilizzo dello still life appare oggi operazione ancor più attuale: l’uomo ha aumentato a dismisura la produzione di oggetti indispensabili per la sua sopravvivenza, moltiplicandone necessità e futilità. Il nostro secolo non può fare a meno di registrare questa crescita, lontano certo da alcune rivendicazioni ora sociali ora culturali proprie del passato eppure ancora in linea con quanto, già nel Seicento, i grandi pittori fiamminghi e italiani andavano presentando con forza e coraggio: una vita reale, quotidiana, mortale e condivisa.


DARK MATTER garantisce quindi ulteriore continuità a questa ricerca: nel caso di Zanin, attraverso una cristallizzazione dell’istante narrato come conseguenza di un processo di distruzione/ricostruzione che prevede l’utilizzo di inerti e materiali edili di scarto i quali, da un passato ormai ben definito, creano una nuova realtà silente e in perfetto equilibrio; nel caso della Pimenoff invece, in un dialogo assai più serrato con l’immagine storicizzata del genere, a una sua totale e squillante rifondazione strutturale, incorruttibile e - di conseguenza - immortale, proiettata nel futuro mediante l’utilizzo mimetico di materiale plastico sovrastampato con fiori, frutta e verdura. Entrambi condividono un deciso allontanamento dalla banalità. Entrambi propongono un accostamento emotivo alternativo che diviene codice indispensabile per una lettura profonda dell’intero progetto. Per la fotografa finlandese è infatti pretesto metaforico che sottolinea l’importanza dell’esperienza nei confronti della pura conoscenza. La quale è determinante ma del tutto priva di fondamento senza una ragionevole adesione intellettuale prima, fisica poi. Dovremmo ragionare sul concetto di relazione (visibile/invisibile, reale/irreale, superficie/profondità, mente/materia) e sul relativo potere di induzione percettiva che si pone alla nostra attenzione: quindi non sull’invisibile ma sul perché l’invisibile esiste ed è considerato tale. Anche in questo caso parliamo di materia oscura. Per tale motivo, Vilma appare maggiormente interessata alla falsità dell’immagine piuttosto che all’esaltazione della propria scelta tecnica: poiché le immagini del nostro quotidiano non sono registrazioni casuali della realtà ma prodotti finalizzati ad avere un effetto su di noi; e, sotto questo aspetto,


nessuna immagine è innocente sino in fondo. Perciò, sfruttando tali dinamiche, la sua fotografia è semiotica e logica del pensiero: e giunge, nel processo contemplativo-rielaborativo, alla disamina del significato delle cose, dei simboli e dei segni presenti nel mondo. Più che esaltare l’inganno sensoriale si preferisce di conseguenza registrarne le qualità e i difetti, non rivolgendosi all’oggetto raffigurato ma a chi, di quelle qualità e di quei difetti, diviene principale estimatore: l’essere umano, il suo comportamento e le convenzioni culturali che porta con sé - che sono di gran lunga molto più interessanti. Per Marco Maria Zanin invece è ricerca di una vibrazione naturale che sia riflesso e scintilla di nuova esistenza. In questo, l’utilizzo di soggetti recuperati da una memoria stilistica storica permette un confronto diretto con una tradizione visiva, pittorica e fotografica che insiste in profondità nella nostra cultura, di cui conosciamo e percepiamo le forme e i contenuti come nostra eredità culturale. All’interno di un palese e voluto rimando alle tematiche morandiane di cristallizzazione metafisica dell’attimo, la materia inanimata viene quindi ritratta nell’istante singolo della composizione in un equilibrio armonico che permette di andare ben oltre la materia stessa. Cruciale è il tempo non lineare, sospeso e per certi versi irreale; e cruciale è la materia, il luogo dove lo spirito si realizza, costantemente svelata, letta e compresa: sia per raccontare storie di vita quotidiana, sia per osservarne più in profondità l’essenza, testimonianza sintetica della ciclicità della vita dell’uomo. Mediante la natura morta, gli inerti di Zanin hanno dunque l’opportunità di mostrarsi simboli, all’interno di un piano neutro, di una nuova realtà in relazione a quella che hanno appena terminata.


Tale spazio neutro, quasi a-temporale, dona agli inerti e alle macerie (delle demolizioni edili di San Paolo in Brasile, ndr) la capacità di creare uno scarto visibile tra ciò che era il passato e ciò che è il presente, nella costruzione di un nuovo orizzonte che sia demolizione delle categorizzazioni in favore di uno sviluppo critico del nuovo.


Dark MATTER

Francesco Mutti There is no such thing as a vacuum in the universe. What we think as void actually does have an unsuspected mass defining everything around it. The overwhelming revelation of dark matter really comes as a more than welcome anomaly: an anomaly, as it unequivocally clarifies how little we know about our universe at present; welcome, as it reminds us how much curiosity can do to make a controversy meet its possible resolution. Cosmology defines dark matter as a component of matter that is not directly observable. Unlike known matter, it does not emit any electromagnetic radiation and reveals itself solely through gravitational effects. Based on numerous experimental observations, it is also supposed that dark matter constitutes the greater part (about 90%) of mass in the universe. As a temporarily undetectable portion, dark matter is almost systematically the target of procedures such as scientific experimentations and observations, thus intruding upon a field – that of the unknowable – and giving rise to fantasies and conjectures. However, the universe ultimately makes things clear, for what we cannot fathom in it is nonetheless there. The DARK MATTER project wants to shake human consciousness and provide the intellectual background to observe what is not believed possible, neither perceived nor manifest in our personal and limited cognitive spectrum. Time and matter become the ideal tools in such a quest, absolute and unavoidable units of measurement of which man should always be careful – being nonsense to keep regarding them as constants.


DARK MATTER was born out of latent intellectual curiosities and the observation of few but essential variables: time, space, matter. The research that is brought to light is based on contemporary analysis and the actualization of the stylistic subject of still life. It is intentionally read according to its more intimate and historicized sense, yet re-evaluated through utterly contemporary transactions that define a new background, capable of negotiating and interpreting the controversial historical moment we are living. Moreover, it is evident how the still life phrase is, also in the name of a very reasonable translation, more a statement of life than an assessment of death. The joint exhibition of the Italian artist, Marco Maria Zanin, and the Finnish visual artist, Vilma Pimenoff, allows this tangible expression of the concepts of time and matter to take up several meanings. It can be either a value stimulating a consciousness that, like dark matter, heralds augmented sensitivity; or, an aspect of a visual paraphrase of our contemporary reality, in a wavering equilibrium between the ideals of the beautiful, the true, the real or the illusory. The personal relationship between Zanin and Pimenoff and the time unit they refer to in their projects (Lacuna ed Equilibrio [Lacuna and Equilibrium] and 21st Century Still Life, respectively) returns a substantiality that is, in fact, the material result of that research. While for the Finn it is about the exaltation of the ephemeral, immortal and idealized in substitution for the real to be abandoned, for Zanin it assumes the semblance of fragments and scraps as symbols of a soul that is essential to life. Their dark matter is, indeed, more mass than appearance.


Within a broader historical debate, it is in fact worth wondering if a highly inflated artistic genre, born in the unusual and subversive experimental innovation of the late sixteenth century, and quickly grown to become the emblem of a whole society for generations to come, has still got something new to say, or not. And, consequently, if a contemporary inured to history can originally re-evaluate forms and substances without taking final results for granted. Conceived under an emulative and communitarian spirit, the idea of ​​natura morta (still life) developed as a modern genre research, in many ways revolutionary and antithetical to certain poorly ennobling academic dynamics that saw painting as long gone aground and imagination as motionless. With still life, art laid the basis for a modern analysis of society starting from the bottom, in a society at the mercy of the events that, little by little, would soon begin a profound reflection on the caducity of existence and on time’s actual power on man. With this premise, the use of still life today appears to be even more topical: humans have greatly increased the production of items indispensable for their survival, multiplying their necessity and futility. Our century cannot fail to record this growth, certainly far from some of the social and cultural demands of the past, yet still in line with what the great Flemish and Italian painters were bravely and cheerily presenting already in the seventeenth century: a real, daily life, mortal and shared. DARK MATTER grants continuity to this research. In the case of Zanin, through a crystallization of the instant narrated as a result of a destruction/reconstruction process involving the use of aggregate and scrap building materials which, from a past now


well-defined, create a new reality, silent and in perfect balance. In Pimenoff’s case, on the contrary and in a much tighter connection with the genre’s historicized image, through a totalising and bright structural refounding, incorruptible and therefore immortal, projected into the future through its mimetic use of plastic overprinted with flowers, fruit and vegetables. Both share a firm departure from banality. Both propose an alternative emotional approach that turns into a prerequisite code for deeply reading the whole project. For the Finnish photographer, it is in fact a metaphorical pretext emphasizing the importance of experience over pure knowledge. The latter being decisive but entirely baseless without previous sensible intellectual and physical adhesion. We should think then about the concept of relationship (visible/invisible, real/unreal, surface/depth, mind/matter) and its perceptual induction power that comes to our attention, not about the unseen but about why the invisible exists and is considered as such. Again, we are talking about dark matter. For this reason, Vilma seems more interested in the falseness of the image than in the praising of her technical choice. Since the images of our daily life are not random recordings of reality but products aiming to have an effect on us, and, in this regard, no image is thoroughly innocent. Insofar as it exploits such dynamics, her photography becomes then semiotics and logic of thought and, in this contemplation-and-reworking process, it comes to scrutinize the meaning of things, symbols and signs in the world. Rather than exalting sensory deception, she prefers to register its qualities and defects by addressing the main appraisers of those same


qualities and defects, and not the object depicted itself. Human beings, their behaviour and the cultural conventions they bring with them are far more interesting. For Marco Maria Zanin, on the other hand, this represents a research for a natural vibration reflecting and sparking a new life. The use of objects retrieved from a historical stylistic memory allows in this a direct comparison with a visual, pictorial and photographic tradition lying deep in our culture, whose forms and contents we know and perceive as our cultural heritage. In a clear and intended reference to Morandi’s themes of metaphysical crystallization of the moment, inanimate matter is thus portrayed in a single instant of composition, in a harmonic balance allowing to go far beyond matter itself. Crucial is the non-linear, suspended and in some ways unreal time, and crucial is the matter, the place where spirit realizes itself, continuously revealed, read and understood: both to tell stories of everyday life and to look more deeply on its essence, a concise testimony of the cyclicity of man’s life. Through still life, Zanin’s aggregates have the opportunity to show, in a neutral space, as symbols of a new reality related to the one they have just terminated. Such neutral, almost a-temporal space gives aggregates and rubble (coming from building demolitions in Sao Paulo, Brazil) the ability to create a visible gap between what was past and what is present, in the construction of a new horizon that is a demolition of categorizations in favour of a critical development of the new.




V I L M A

P I M E N O F F

[1 ] - Un titled # 1

[6 ] - U n t i t l e d # 7

[2 ] - Un titled # 2

[7 ] - U n t i t l e d # 8

[3 ] - Un titled # 3

[8 ] - U n t i t l e d # 9

[4 ] - Un titled # 4

[9 ] - U n t i t l e d # 1 0

[5 ] - Un titled # 5

[1 0 ] - U n t i t l e d # 1 1


[1 ]



[2 ]



[3 ]



[4 ]



[5 ]



[6 ]



[7 ]



[8 ]



[9 ]



[10 ]




MARCO MARIA ZANIN

[1 ] - Nat ura M orta III [2 ] - Nat ura M orta VI [3 ] - Coper nico


[1 ]



[2 ]



[3 ]



VILMA PIMENOFF

(Helsinki - Finlandia , 1980) Il suo lavoro si occupa spesso di semiotica e esplora i modi in cui percepiamo il mondo che ci circonda attraverso segni e simboli. E’ altrettanto interessata ad osservare le convenzioni culturali attraverso lo studio di oggetti quotidiani, ponendoli leggermente fuori dal loro contesto atteso o alterando la loro scala. Il lavoro della Pimenoff è stato in mostra alla Photographers ‘Gallery di Londra, al Moscow Multimedia Art Museum, al Circulation(s) Photography Festival a Centquatre (Parigi), e in gallerie d’arte in Francia, Italia, Regno Unito e Svezia. Recentemente ha vinto il premio EDIT – editorial photographer of the Year - e nel 2016 ha ricevuto il secondo premio nel Premio Celeste Visible White. Vilma Pimenoff ha una laurea in fotografia presso il London College of Communication e vive e lavora a Helsinki.

Her work is often dealing with semiotics and explores the ways in which we perceive the world around us through signs and symbols. She is equally interested in observing cultural conventions through her study of everyday objects, by placing them slightly out of their expected context or altering their scale. Pimenoff’s work has been shown at the Photographers’ Gallery in London, Moscow Multimedia Art Museum, and at the Circulation(s) Photography Festival at Centquatre in Paris, as well as in galleries in France, Italy, U.K., and Sweden. Recently she won the EDIT - editorial photographer of the year – prize in Finland, and in 2016 she received the runner-up prize in the Celeste Prize Visible White- competition in Italy. Vilma Pimenoff has a master’s degree in photography from London College of Communication, and she lives and works in Helsinki.


MARCO MARIA ZANIN

(Padova - Italia, 1983) Si laurea prima in Lettere e Filosofia e poi in Relazioni Internazionali, ottenendo un master in psicologia. Sviluppa contemporaneamente l’attività artistica, e compie numerosi viaggi e soggiorni in diverse parti del mondo, mettendo in pratica quell’esercizio di ‘dislocamento’ fondamentale per l’analisi critica dei contesti sociali, e per alimentare la sua ricerca tesa a individuare gli spazi comuni della comunità umana. Mito e archetipo come matrici sommerse dei comportamenti contemporanei sono il centro della sua indagine, che si snoda sull’osservazione della relazione tra l’uomo, il territorio e il tempo. Sceglie come strumento privilegiato la fotografia, che è spesso usata mescolando tecniche diverse e superando i confini di altre discipline artistiche. Vive e lavora tra Padova e San Paolo del Brasile.

He first took a degree in Literature and Philosophy, and then in International Relations, obtaining a Master’s degree in Psychology. At the same time he developed his artistic career, and travelled widely in different parts of the world, putting into practice the “displacement” so essential for a critical analysis of social contexts, and to fuel his research aimed at identifying the common spaces of the human community. Myth and archetype as the submerged matrices of modern behaviour are the focus of his investigation, which is based on observation of the relationship between man, territory and time. His instrument of choice is photography, which is often used combining different techniques and transcending the borders of other artistic disciplines. Lives and works between Padua and São Paulo, Brazil.


Dark MATTER - Vilma Pimenoff - Marco Maria Zanin a cura di Francesco Mutti 15/07/17 - 03/09/17 LABottega - Marina di Pietrasanta (LU)

Edizione limitata di 100 copie

/100 Edizioni LABottega, 2017 ISBN 978-88-941149-4-2 Testi: “Origine” di Francesco Mutti “Dark Matter” di Francesco Mutti Traduzioni di Giordano Vintaloro progetto grafico Marco Simone Galleni & Serena Del Soldato © per le fotografie, Vilma Pimenoff - Marco Maria Zanin stampato da Bandecchi & Vivaldi s.r.l Tutti i diritti riservati

LABottega viale Apua 188 - 55045 Marina di Pietrasanta, Italia www.labottegalab.com




Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.