DaRKNESS L U C A PA L AT R E S I
LUCA PALATRESI “DARKNESS”
Luca Palatresi - “Darkness” 19 Luglio 2014 - 7 Settembre 2014 LABottega - Marina di Pietrasanta a cura di Serena Del Soldato
in copertina: copyright © Luca Palatresi progetto grafico Marco Simone Galleni, Serena Del Soldato © LABottega, 2014 © per le fotografie, Luca Palatresi stampato da Impronta Digitale, Massa (MS) Tutti i diritti riservati
Prefazione a cura di Francesco Mutti
Darkness di Francesco Mutti
Le idee sono cose bizzarre. Meravigliose, per molti versi. Ma bizzarre. In bilico tra intuito e ispirazione, nella loro intensa bellezza governano le nostre azioni, dalle più insignificanti e banali a quelle in grado di mutare radicalmente i grandi eventi, le vite di tutti noi. Figlie legittime del Tempo in cui vengono partorite, le idee instaurano con questo un rapporto altamente controverso, non restandogli mai al passo. Del resto, hanno sempre guardato ben al di là del loro naso, le idee. Osservano il futuro rivelandolo con chiarezza a chi sa ascoltare, dimostrando oltretutto d’avere considerevoli doti di preveggenza. Mentre noi chiamiamo “progresso” o “crescita” il tempo di cui ci serviamo per realizzarle, queste maturano e si evolvono, raggiungendo - loro canto del cigno il proprio culmine: osserveranno allora con nostalgia il passato, quando ogni elemento
diverrà insostenibile e stantio, all’improvviso più vecchio di quanto avevamo sempre creduto, come fosse coperto da una spessa coltre di polvere. Sono già passati cinque anni da quando, per la prima volta, Luca Palatresi - pluripremiato giovane fotografo italiano - mi parlò delle sue idee e del progetto «Darkness»: le implicazioni sia tecniche che intellettuali che questo possedeva erano argomenti validissimi e convincenti già all’epoca. Argomenti che mi apparivano in anticipo sui tempi e slegati da banali contestualizzazioni geografiche. Un unicum nel panorama italiano. In realtà, il progetto esisteva fondamentalmente solo nell’immaginazione dell’artista. E oltre a qualche scatto che oggi egli stesso considera acerbo non esisteva un programma strutturato. Di certo non aveva ancora questo titolo: il termine «Darkness» ha visto la luce in seguito a profonde riflessioni da parte dell’autore e dei suoi affezionati quanto occasionali
compagni di avventure. Categoria alla quale io fortunatamente appartengo. Negli anni infatti ho visto crescere in lui
quella determinazione che è prerogativa degli artisti veri - se mai sia utile procedere a una distinzione. Artisti che credono nel proprio lavoro oltre ogni logica. Che superano d’un balzo le momentanee perplessità legate al loro futuro: logistico, pubblicitario, espositivo, celebrativo. Il paradosso è segnato dal fatto che Luca, al contrario, non si è mai fatto veramente condizionare da tali interrogativi; né ha mai avuti dubbi o ripensamenti sul proprio lavoro. È rimasto semplicemente in attesa del momento migliore. Il momento in cui si fosse sentito pronto. E forse così doveva andare. «Darkness» potrebbe innanzitutto essere considerato un concept-work: benché tale definizione mi appaia limitativa, il progetto parte dal presupposto che l’incidenza che la luce esercita sugli oggetti, incidenza dalla quale non si può prescindere nello sviluppo della tecnica fotografica, possa essere accostata a quella che tenebre e ombre, in modo altrettanto inequivocabile,
hanno sui medesimi soggetti. In pratica, il fotografo non reagisce più all’illuminazione ma alla sua assenza. Palatresi ha studiato a fondo il fenomeno, avvertendo nelle oscurità il generarsi di nuove masse e nuovi volumi, affrancate da quelle masse e da quei volumi canonici che sarebbero apparsi a una luce diretta. Con una propria, determinante autorità, le immagini colte dal fotografo toscano rivelano le identità nascoste dei protagonisti, celate spesso anche ai loro proprietari: impulsi reconditi, sogni inespressi, vite costrette in un corpo non loro emergono dall’ombra mostrandosi al mondo. Mutano, tali corpi. Si deformano alla luce delle tenebre. E ciò che prima sembrava evidente acquista di colpo qualità ancestrali. «Darkness» è oltre ogni dubbio anche una presa di coscienza: da parte dell’artista delle infinite possibilità della propria tecnica, affinata negli anni; da parte dell’ uomo della
propria immaginazione e della curiosità che è carattere ineludibile di questa. Divenuto fotografo per vocazione, professionista per gioco, Palatresi ha lungamente riflettuto sul concetto di “bellezza” (lui che, affermatosi nell’eclettico e fuorviante universo della moda e del glamour, contribuisce a creare il concetto di bellezza che la nostra società si vanta di possedere) e su come questa in realtà avesse più di una maschera da indossare, in delicato equilibrio tra l’effimero e il celato, tra ciò che si mostra sfacciatamente e ciò che si desidera sottrarre, in attesa del momento migliore. Del resto, non è forse vero che la bellezza ama nascondersi? Luca ha colto i segni di questa danza, di questo continuo oscillare tra un mondo sensibile, fatto di luci, suoni, odori, gesti e sguardi; e uno diametralmente opposto, dove ogni esperienza viene ribaltata. Attraversare lo specchio - per dirla alla Carroll è stata operazione laboriosa e repentina. Laboriosa, nell’ individuazione di una
metodologia che rendesse al meglio l’idea iniziale. Repentina proprio nella sua ideazione: sincera testimonianza di quanto spesso le intuizioni condizionino in modo determinante il lavoro più intenso degli artisti. Fondamentale dunque si è rivelata la messa a punto di una tecnica che permettesse a Palatresi di modificare le carte in tavola. In prima battuta con i propri soggetti. In seconda analisi con la propria esecutività. Esortati ad abbandonare quel poco di recitativo che ognuno di noi mette in atto di fronte a un obiettivo fotografico, dove inibizione ed esibizione si alternano vicendevolmente sulla scena, i soggetti del progetto «Darkness» vedono tramutata la loro stessa essenza, quasi dimentichi dei propri trascorsi di vita: slanciati verso una dimensione onirica adesso più che mai reale, riemergono dalle profondità delle loro anime gli istinti primordiali, le affezioni nascoste, i dubbi e le certezze, in un concentrato di emozioni difficilmente
riconoscibile a occhio nudo e svelato solo ai diretti interessati. Non è un caso che Wilde, Gray e il suo ritratto occupino costantemente i pensieri dell’artista. Ciò che contraddistingue tenacemente la ricerca tecnica di Palatresi è inoltre il suo intimo rapporto con la materia di luce quanto con quella di tenebra. Rapporto che è particolare nella misura in cui egli abbandona la via accademica per addentrarsi in quella della sperimentazione: la luce perde i suoi connotati più pieni per farsi radente, densa, puntuale. Non è leziosità stilistica quella che l’artista richiede bensì estetica formale pura, laddove il dettaglio possa analogamente oscillare tra le zone in luce e quelle in ombra. Questo fermento scultoreo, dove la predominante bronzea è organizzata secondo mono-toni di colori caldi, aumenta di sbalzo la percezione delle profondità, assegnando un valore vitale assoluto ai soggetti ritratti.
Opere
BIOGRAFIA di Luca Palatresi
Nasce a Fucecchio (FI) il 28 Aprile 1978. Cresciuto nel bar gestito dalla famiglia, fin da piccolo ha sempre avuto una forte passione nell’osservare le centinaia di facce che lo circondavano e nel fantasticare sulle loro ipotetiche storie creando veri e propri mondi paralleli. Da allora non ha mai smesso. A diciassette anni compra la prima macchina reflex, che di lì a breve sarebbe diventata il mezzo con il quale plasmare la realtà per darle una forma a lui più congeniale. I pomeriggi spesi in biblioteca tra i libri dei grandi maestri come Bresson, Penn, Avedon, Mapplethorpe, Demarchelier, Newton... rappresentano la prima formazione che innesca l’inizio di un percorso mai abbandonato.
Nel 2002, lascia gli studi universitari per dedicarsi alla sua grande passione e diventa fotografo professionista, free-lance nel settore moda e advertising. Frequenta importanti professionisti, si confronta e ama misurarsi soprattutto sul campo: ha un breve iter di apprendistato e subito gli vengono affidati i primi importanti servizi. Si afferma rapidamente collaborando con importanti brand italiani ed internazionali e pubblicando sulle riviste più influenti del settore. Parallelamente al settore pubblicitario, segue un percorso artistico di ricerca personale che lo porta ad ottenere importanti riconoscimenti in mostre collettive o personali in Italia e all’estero: come il premio al Lucca Digital Photo Fest e il Premio Arte Laguna di Venezia, la partecipazione al fantastico progetto OCHO con Rojo Magazine a Barcelona o la mostra “I saw the light!” al Museo Piaggio, per citarne alcuni. Nel 2005 crea in Toscana il FOFU Phot’art, festival fotografico internazionale di cui è
ancora direttore artistico. Ha curato importanti mostre monografiche tra cui Franco Fontana, Gian Paolo Barbieri, Letizia Battaglia e la più grande esibizione in Italia di Storm Thorgerson. Dal 2008 studia regia cinematografica e allarga i propri orizzonti al video, mezzo espressivo a cui dedica un’attenzione sempre crescente dando inizio ad una contaminazione vicendevole tra i due linguaggi visivi. Vive in Toscana e continua il proprio cammino verso la “fotografia perfetta”, osservando senza sosta ogni sfumatura della bellezza umana.
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