SILVIA AMODIO UGO PANELLA “RITRATTI DI DONNE”
Silvia Amodio e Ugo Panella - “Ritratti di Donne” 8 Marzo 2014 - 22 Aprile 2014 LABottega - Marina di Pietrasanta a cura di Roberto Mutti in collaborazione con
in copertina: “Michela” © Silvia Amodio “Kabul 2012” © Ugo Panella progetto grafico Marco Simone Galleni, Serena Del Soldato © LABottega, 2014 © per le fotografie, Silvia Amodio, postproduzione Michela Bernasconi © per le fotografie, Ugo Panella stampato da Impronta Digitale, Massa (MS) Tutti i diritti riservati
Prefazione a cura di Roberto Mutti
RITRATTI DI DONNE
“Un fotografo può riuscire a descrivere un mondo migliore solo guardando meglio il mondo che ha davanti “ Robert Adams
Attorno hanno solo un set volutamente essenziale tutto giocato sulla delicatezza dei toni cromatici, eppure lo sanno riempire con i loro sguardi intensi, con i loro gesti equilibrati, con i loro sorrisi discreti, infine con una loro presenza importante. Sono le donne che hanno trovato in Silvia Amodio la fotografa capace di condurle attraverso il non semplice percorso che porta alla realizzazione di un ritratto. Già, perché porsi davanti a un obiettivo non è mai un’operazione che si compie a cuor leggero: equivale a guardarsi
in uno specchio, a interrogarsi sul rapporto fra l’essere e l’apparire, a trovare il giusto equilibrio fra l’autocontrollo che spesso ci si impone e il lasciarsi andare che raramente ci si concede. Qualunque sia stato il punto di partenza che induceva alcune a dichiarare il proprio disagio nel farsi riprendere pur apprestandosi a farlo e altre a scoprire il piacere fino ad allora sconosciuto di mettersi in posa, tutte si sono ritrovate a vivere quel rapporto di intesa complicità femminile che la fotografa sa instaurare. Come ha sempre fatto anche nei suoi precedenti lavori – perché questo è un elemento sostanziale del suo stile e del suo approccio – Silvia Amodio si concentra sui soggetti che ha di fronte non per imporre una sua personale visione ma per cogliere, con il grande intuito che la caratterizza, la profondità e l’autenticità del loro essere. E’ un dato che si coglie osservando come, pur disponendo di pochissimi elementi, li utilizza per creare una serie infinita di variabili: bianco o scuro che sia, il velo diviene così di volta in volta peplo, stola, sciarpa, abito
elegante da esibire e drappo dietro cui un po’ nascondersi e un po’ mostrarsi nel gioco ambiguo delle trasparenze. La sessione di ripresa trasforma il set in un luogo di dialogo che si carica di un’atmosfera insieme intensa e delicata perché questi sono i due poli grazie ai quali si creano le condizioni per ottenere le migliori immagini. Ecco, dunque, che la scelta delle comuni posture rivela il rapporto affettuoso che lega madri e figlie, l’intreccio delle mani che sembrano inseguirsi la delicatezza amorevole della coppia mentre le figure singole giocano con se stesse ora nascondendosi con civetteria, ora lasciandosi andare a una sorriso liberatorio, ora guardando con dolcezza in macchina per sottolineare in questo modo la loro conquistata disinvoltura. La levità di questo lavoro è però solo apparente e non inganni la serenità dell’atmosfera che è stata volutamente creata anche facendo ricorso alle tonalità chiare in cui tutti i soggetti sono calati. Con grande maestria e facendo ricorso a una sintesi efficace, infatti, Silvia Amodio induce a mettere in atto una riflessione più profonda sulla determinazione,
sul coraggio e in ultima analisi sul senso stesso di essere donna trasformando queste figure femminili nelle autentiche protagoniste di quella complessa scena che è la vita. Accostare il ritratto in studio a quello che è parte integrante di un reportage è un’operazione che qui trova, nei reciproci richiami, un suo apprezzabile equilibrio. Inserite in un preciso contesto storico e geografico, come dimostrano alcune suggestive riprese che mostrano un paesaggio dove la natura sembra aver alternato pennellate di colori diversi dall’azzurro al giallo intenso, le donne che Ugo Panella ha fotografato nei tanti anni in cui ha visitato l’Afghanistan sono una presenza costante. Si aggirano con il burka svolazzante il cui blu intenso risalta sul bianco della neve che ricopre le strade di villaggi incastonati nelle montagne, si muovono rapide come volessero così animare un incrocio di strade altrimenti deserte, si acquattano a terra per meglio manovrare la carrucola di un pozzo, appaiono improvvisamente sulla soglia di casa sollevando appena con un gesto della
mano la tenda posta all’ingresso. Non stupisca il fatto che la loro presenza in un paese come l’Afghanistan, per ataviche ragioni, non può che essere accompagnata a quella maschile. Ecco quindi comparire lo sguardo rassicurante di un uomo dalla lunga barba grigia che emerge da dietro la sottile trama di un tessuto, ecco intravedersi un’altra figura che il movimento dell’automobile inquadra per un attimo nel finestrino di una portiera, ecco altri uomini che animano il mercato. Eppure le donne assumono qui una loro forte indipendenza che si coglie nei luoghi più lontani, nelle condizioni più diverse, nelle situazioni più estreme. Quella che Ugo Panella ben definisce “geografia della sofferenza” non è, dunque, la dimensione di un destino ineluttabile ma lo spazio di un agire che è ancora possibile. Fotoreporter di grande sensibilità e proprio per questo incline a far emergere sempre una luce di speranza anche quando questa sembra fin troppo flebile, Panella ha spesso identificato questo segnale di fiducia nella dignità delle donne. E’ una dignità che ha visto negli occhi delle giovani che lottano per poter studiare
e lo fanno completamente concentrate sul libro che leggono con dedizione, nei gesti delle madri che partecipano a incontri sulla sanità e intanto proteggono con un gesto della mano le figlie che si sono portate appresso e che ora dormono accoccolate in grembo. Una dignità che ha colto nella determinazione di coloro sulle cui spalle grava l’intera economia familiare come nell’orgoglio di quante sfidano convenzioni e abitudini millenarie per cercare per sé un diverso presente e, forse, un nuovo futuro. Roberto Mutti
Silvia Amodio
RITRATTI DI DONNE di Silvia Amodio
Mi piace ritrarre le persone e raccontare le loro storie. In questa occasione ho deciso di concentrarmi sulle donne, sono affascinata dalla loro forza e dalla loro capacità di vestire contemporaneamente ruoli diversi. Nei viaggi che ho fatto per raccontare il disagio umano, ho incontrato donne che si sono fatte carico di fardelli pesantissimi, ma capaci di risorgere e di costruirsi nuove esistenze. Come Sindiwe Magona, cresciuta in Sudafrica sotto lo stretto regime dell’apartheid, che si è ribellata alla sua condizione riuscendo a laurearsi per corrispondenza. Ha lasciato il suo paese e ha trovato un impiego a New York, alle Nazioni Unite, dove ha lavorato per 26 anni. Oppure donne che, in sordina, hanno dedicato la loro
vita agli altri, come Vittoria Savio, oggi quasi novantenne, che con le sue due lauree in tasca ha lasciato l’Italia per stabilirsi in Perù, dove da oltre 30 anni si dedica alle bambine schiave. Durante questo set fotografico, allestito per l’occasione in collaborazione con “Labottega”, ho fotografato donne da sole, ma anche con accanto altre figure, per sottolineare i ruoli che nel corso della vita ogni donna ha avuto: figlia, madre, nonna, moglie, compagna, amica. Ritratti di Donne vuole essere un lavoro leggero, ma anche un invito a pensare a questa condizione oltre la nostra porta di casa.
Opere
“Francesca”
“Maria Luisa e Samara”
“Alessia”
“Monica, Andrea e Luca”
“Fride”
“Maria ed Emma con Alex”
“Maria Cristina”
“Assunta e Sara”
“Silvia con Nina”
“Costanza ed Elisabetta”
“Michela”
“Paola”
“Adina”
“Monica”
“Natalia e Mattia”
“Fatma”
“Sara”
“Giulia e Brando”
“Gioia”
“Maria e Vigdis”
Ugo Panella
LA POESIA COME CAMBIAMENTO di Ugo Panella
Il tema delle donne e delle loro condizioni di vita, nelle tante realtà del mondo, ha ispirato spesso il mio lavoro di fotogiornalista. Sono le protagoniste coraggiose di storie diverse e la loro forza di reagire alle condizioni più sfavorevoli, fanno di loro l’anello forte della società. Soprattutto in quelle realtà dove il potere dell’uomo cerca di sottometterle e togliere voce alle loro istanze. Le ho viste combattere in centro America nelle lotte di liberazione da dittatori feroci, ho documentato in Africa la capacità di sopravvivere a carestie e condizioni estreme nelle quali riuscivano a trovare la forza di crescere i figli e proteggerli, tenendo insieme un tessuto sociale altrimenti alla deriva.
In questa geografia della sofferenza e della condizione sottomessa della donna, occupa un posto particolare l’Afghanistan. Un paese costretto da una guerra che dura da 30 anni e dove la condizione femminile è da secoli subalterna all’uomo. Eppure, nel quadro poco edificante di una realtà lenta a cambiare, esiste un’altra realtà parallela da chi parte proprio dalle donne per cercare di sparigliare i destini. La Fondazione Pangea Onlus, da dieci anni, promuove progetti di microcredito in grado di generare dignità ed economia a tante famiglie vittime di una povertà che il conflitto ingigantisce in modo esponenziale. Programmi di alfabetizzazione, di consapevolezza dei ruoli, di sviluppo artigianale attraverso i quali più di seimila donne hanno oggi una prospettiva di vita migliore per se stesse e i propri figli.
Opere
“Valle del Panshjir 2012”
“Valle del Panshjir 2013”
“Kabul 2012”
“Kabul 2013”
“Kabul 2012”
“Kabul 2011”
“Kyber Pass 2012”
“Valle del Panshjir 2012”
“Kabul 2013”
“Kabul 2013”
“Kabul 2012”
“Kabul 2011”
“Kabul 2012”
“Jalalabad 2001”
“Herat 2002”
BIOGRAFIA di SILVIA AMODIO
Nasce a Milano nel 1968, si laurea in filosofia con una tesi sperimentale svolta alle Hawaii sulle competenze linguistiche dei delfini. Nella sua attività di fotografa e giornalista ha lavorato con periodici come L’Espresso, Airone, D la Repubblica delle donne, Anna, Famiglia Cristiana e da molti anni collabora al periodico L’ Informatore Unicoop Toscana. Sue opere sono state pubblicate su riviste quali Arte Mondadori, Zoom, Photo, Progresso Fotografico. La serietà della sua ricerca l’ha portata ad essere presente in qualità di relatrice ad importanti convegni nazionali ed internazionali e ad essere ospite in varie trasmissioni televisive e radiofoniche: Maurizio Costanzo Show, 3 (“Geo e Geo”), National Geographic Channel, Mediolanum Channel, Rete 4 (“Solaris”), Tg2, Tg3 Toscana, Rai Educational, Radio Svizzera, Rtl, Radio 2, Radio 3 Scienza. Da tempo ha operato scelte espressive che coniugano etica ed estetica affrontando, attraverso ritratti
realizzati con rara sensibilità, temi complessi come la diffusione dell’Aids in Sudafrica, la sofferenza delle vittime dei preti pedofili, il problema dei bambini lavoratori in Perù, la dignità delle persone affette da albinismo e la malnutrizione in Burkina Faso. Da quattro anni promuove HumanDog, un progetto itinerante che indaga la relazione tra cane e padrone da un punto di vista zooantropologico. Con queste opere Silvia Amodio si è affermata nel mondo della fotografia d’autore con mostre in gallerie e spazi istituzionali in Italia, Stati Uniti, Francia, Inghilterra, Olanda. Ha pubblicato i volumi “Volti positivi” (2007), “Tutti i colori del bianco” (2012) “Nessun uomo è un’isola” (2012), “L’Aquila riflessa” (2012). Nel 2008 un’opera tratta dal progetto “Volti Positivi” è stata selezionata, unica italiana, al Taylor Wessing Photographic Prize indetto dalla National Portrait Gallery di Londra. Nel 2012 le sono stati assegnati il Premio Creatività-Nettuno Photo Festival e il Premio Città di Benevento per la fotografia.
BIOGRAFIA di UGO PANELLA
Nasce a Spoleto nel 1948, inizia la carriera di fotogiornalista documentando i conflitti del Centro America alla fine degli anni ’70, in particolare la guerra civile in Nicaragua e più tardi quella in Salvador. Ha raccontato la vita negli slums di Nairobi, il lavoro di migliaia di uomini che per pochi dollari al giorno, smantellano navi cargo in disuso nel porto di Cittagong in Bangladesh, la vita in un cimitero del Cairo abitato da quasi due milioni di senza tetto e che hanno fatto delle tombe la loro casa. Il suo lavoro lo ha portato anche in Albania, Argentina, India, Sri Lanka, Filippine, Cipro, Palestina, Somalia, Etiopia, Afghanistan, Iraq. Nel 2001, in Sierra Leone, ha affiancato l’impegno di I.M.C. (International Medical Corp) nel recupero dei bambini soldato, mentre con Handicap International ha seguito i campi profughi per i mutilati della guerra civile.
Nel 1998 è stato il primo fotogiornalista, insieme all’inviata esteri di Repubblica Renata Pisu, a denunciare in Bangladesh la condizione di migliaia di ragazze sfigurate dall’acido solforico per aver rifiutato le avances di uomini violenti. Il suo reportage è stato pubblicato dalle maggiori testate internazionali, portando all’attenzione del mondo questo dramma, tanto da costringere il governo a varare leggi severissime contro i responsabili di tali crimini. Attualmente, in collaborazione con Soleterre, sta seguendo un progetto articolato in quattro continenti sui tumori infantili derivanti da disastri ambientali, documentando i progetti sanitari e l’assistenza alle famiglie dei bambini malati.Collabora assiduamente con Pangea onlus documentando i loro progetti di microcredito in India e Afghanistan. Nel 2009 a Sarzana, ha ricevuto il premio al fotogiornalismo Eugenio Montale.
LABottega viale Apua 188 - 55045 Marina di Pietrasanta, Italia www.labottegalab.com â‚Ź 15,00