Alex Yudzon “A Room For The Night”
Alex Yudzon - “A Room For The Night” 30 Maggio 2015 - 19 Luglio 2015 LABottega - Marina di Pietrasanta
a cura di Sarah Corona
Edizione limitata di 50 copie Finito di stampare: Maggio 2015
in copertina: copyright © Alex Yudzon progetto grafico Marco Simone Galleni © LABottega, 2015 © per le fotografie, Alex Yudzon stampato da Impronta Digitale, Massa (MS) Tutti i diritti riservati
Prefazione a cura di Sarah Corona
La mente del viaggiatore.
La mente del viaggiatore non si ferma mai. Sempre in movimento, sempre aperta a nuovi incontri, si sposta e fluttua attraverso mondi inaspettati e ancora da scoprire. Per lui, l’escursionista, il viaggio è una forma di strategia di ricerca e conoscenza: Il movimento e lo spostamento nello spazio culturale, fisico e simbolico sono due fondamentali coordinate del suo agire e servono al ‘vedere’, inteso come una pratica sensopercettiva. Attraverso questa forma del vedere, il viaggiatore si appropria dello spazio nuovo e attraverso processi di astrazione e rappresentazione, l’esperienza di quei luoghi (e culture) diventa un capitale simbolico, individuale e collettivo. Il confronto con questo ‘nuovo’ rappresenta uno specchio e un paragone con il proprio Sè, anzi, attiva la traduzione del Sé in azioni e pratiche che assumono una dimensione individuale e collettiva in virtù d’interazioni fra diversi sistemi (sociali, politici ed economici). Ultimamente, il viaggio è un modo per addentrarsi nella propria personalità e di trovare risposte alle proprie domande. Alex Yudzon pratica il viaggio non solo come ispirazione alla sua pratica artistica, ma lo rende una parte integrante del suo processo creativo. La serie “A Room For The Night” nasce proprio durante un suo viaggio di lavoro nell’Estate del 2014, a Basilea, e segna un svolta nella sua pratica artistica che si era concentrata fino a qual punto più che altro sulla pittura, il disegno e la scultura, con brevi interruzioni con la street photography. Ospite in un piccolo albergo a Basilea nel 2014, Yudzon inizia a interagire con l’arredo della sua camera utilizzando i mobili come elementi di scultura, per creare delle sculture site-specific e temporanee. Improvvisamente la sua continua ricerca sul significato di casa e identità prende forma in un nuovo corpo di opere. Yudzon, emigrato negli Stati Uniti all’età di otto anni, si è confrontato con queste domande attraverso le sue opere, prima in pittura, scultura e collage, ora con la fotografia. I concetti di trasformazione e provvisorietà, di casa e di dislocazione, di luoghi d’origine e radici, sono temi di grande importanza per Yudzon, e le stesse appaiono ora in questa serie fotografica sotto nuova forma estetica.
I mobili delle camere, prima solo funzionali, prendono improvvisamente vita e si trasformano in sculture viventi. Interagiscono tra di loro, si uniscono, si abbracciano, si amano. Formano nuove configurazioni, nuovi costrutti, lontani dalla funzionalità ma carichi di qualcosa di umano. Una sedia di vimini, ribaltata su un letto spoglio e solitario, si ‘veste’ di scarpe da sera e guarda quasi maliziosamente il cuscino di qualcuno. In un altro momento la stessa s’incastra con un’altra sedia, un dipinto e un mobiletto nel cassetto di una cassettiera alta. Le gambe della sedia piccola ‘abbracciano’ strettamente il dipinto, come se avessero paura di lasciarlo scappare via. Nella stessa serie troviamo anche venticinque grucce che formano un rombo simile a un branco di anatre volanti, e che sembrano ‘marciare’ verso l’uscita dalla porta. Prima semplici aggeggi per appendere vestiti, ora animati e con un altro significato. Yudzon, che prima riprendeva con la lente interessanti immagini e momenti della vita quotidiana, cosi come erano, ora passa ad un atteggiamento più dinamico, interagendo attivamente con l’ambiente circostante. I soggetti delle sue fotografie non sono semplicemente elementi belli da vedere, ma acquistano una nuova vita. Partendo da un approccio quasi Dadaista, in cui il singolo mobile è considerato già opera in se, passa ad una forma Costruttivista, edificando la scultura, sebbene temporanea, e creando il significato attraverso la composizione formale. I costrutti, assurdi e ironici allo stesso tempo, parlano di brama e desiderio, di una ricerca di sentirsi a casa e d’intimità. Perché ogni stanza di albergo rappresenta un nuovo alloggio, momentaneo sì, ma comunque un posto in cui il viaggiatore deve temporaneamente sentirsi a casa e farselo suo. L’aspetto del tempo è affrontato poi anche dal fatto che i suoi ‘personaggi’ sono destinati a scomparire dopo poco. Realizzati in gran segreto (la camera d’albergo deve ovviamente tornare in ordine la mattina dopo) vivono soltanto per alcune ore e possono sopravvivere semplicemente grazie all’immortalazione della macchina fotografica. Altri viaggi, altre opere. New York, Miami, Washington, Wellington, New Hampsire, Roxbury, Cape Cod e più recentemente Rio De Janeiro. La pratica scultorea e fotografica di Yudzon continua e anima
clandestinamente stanze di alberghi e guest house. Librerie si piegano, cassetti e sedute si erigono, letti e comodini dialogano e ci sembrano a momenti umani per poi tornare a loro posto al sorgere del sole. La ricerca identitaria che Yuzdon porta avanti attraverso la continua analisi di ambienti domestici prima sconosciuti, traduce, come sopra menzionato, il suo essere in azione e pratica artistica. La serie ‘A Room For The Night’ include poi anche un duplice e nuovo aspetto del fare scultura, perché Yudzon crea le sue sculture con due tecniche diverse e in due momenti susseguenti: Prima c’è una vera e propria scultura in senso fisico, costruita manualmente con oggetti esistenti, e poi una seconda scultura che esiste come immagine nella fotografia. L’opera, che può essere collocata tranquillamente tra un totem e un monumento, acquisisce attraverso la ripresa fotografica non solo una diversa materialità, ma anche un significato nuovo, trovando la sua vera e definita identità nell’essere un veicolo di storia ed emozioni. Scomparso dalla realtà fisica, l’oggetto/scultura sussiste e svolge la sua vita nell’immagine e grazie all’astrazione del significato reale dei suoi elementi, diventa appunto un capitale simbolico e collettivo, proprio come il viaggio arricchisce il viaggiatore. ‘La cosa più importante non è tanto cosa le persone vedono guardando l’opera (o la mostra), ma cosa vedono dopo averle viste, come affrontano la realtà in modo diverso’ disse Gabriel Orozco in una conversazione con H.D. Buchloh[1], ed è proprio cosi! Lo spettatore può confrontarsi e indagare la propria posizione nel mondo, nella sua casa, nei suoi oggetti. Semplicemente impara a vedere.
[1] ‘Conversations Benjamin Buchloh,
with Contemporary Artists, Gabriel Guggenheim New York, November
Orozco e 13, 2012
The Traveler’s Mind. v The traveler’s mind is never at rest. Always on the move, always open to new experiences, it moves and floats through unexpected and undiscovered worlds. For the traveler, the journey is a form of research, a strategy to increase her/his knowledge: The movement and the shift within the cultural, physical and symbolic space are two basic coordinates of the travelers acting and serve as a form of seeing, intended to initiate a multi-sensorial practice. Through this form of seeing, the traveler takes possession of space and through new processes of abstraction and representation, the experience of unknown places (and cultures) become a symbolic, individual and collective capital. The comparison with what is thought of as ‘new’, functions as a mirror that initiates a comparison with one’s being. It activates the translation of the Self into action and practice which take on an individual and collective dimension by virtue of the interaction between different systems (social, political and economic ). Lastly, the journey is a way of delving into one’s own personality, a way of finding answers to questions of the self. Alex Yudzon travels not only for inspiration, but as an integral part of his creative process. The series “A Room For The Night” was born during a business trip to Basel in the summer of 2014. The series marks a turning point in Yudzon’s artistic practice, which up until that time had mostly focused on painting, drawing, sculpture and short breaks of street photography. As a guest in a small hotel room in Basel, Yudzon began to interact with the decor of the room, using furniture as structural elements to create temporary site-specific sculptures. Suddenly his ongoing research on the meaning of home and identity took shape in a new body of work. Yudzon, who emigrated to the United States at the age of eight, began investigating these questions through painting, sculpture and collage and continues to do so with photography.
The concepts of transformation and impermanence, home and location, places of origin and roots, are issues of great importance for Yudzon, and they continue to be in this photo series under a new aesthetic.The furniture in the rooms, originally just functional, suddenly awakens and turn into living sculptures. They interact with each other, they merge, they embrace and they love. They form new configurations, new constructs, far from functionality and loaded with something human. A wicker chair, turned up side down on an empty and lonely bed, ‘dressed’ with elegant shoes, looks almost mischievously to the pillow for someone. In another moment the same chair dovetails with another chair, a painting and a cabinet in the drawer of a higher chest of drawers. The legs of the smaller chair ‘embrace’ the painting closely, as if they were afraid of seeing it run away. The same series also includes a picture of twenty-five hangers forming a rhombus, like a flock of flying ducks, who seem to ‘march’ towards the exit door. Yesterday’s simple contraptions to hang clothes now animated objects with another meaning. Yudzon, who initially captured in his lens interesting images and moments of everyday life in a passive way, now applies a more proactive approach, interacting actively with the surrounding environment. The subjects of his photographs are not just nice looking elements, but take on a new life. Starting with an almost Dadaist approach, where each single element is considered already a piece by itself, he then proceeds to act in a more Constructivist manner, building a sculpture, although temporary, and creating significance through formal composition. The constructs, absurd and ironic at the same time, speak of lust and desire, and a search for a feeling of being at home and of intimacy. Every hotel room is a new place, momentary yes, but also a site where the traveler must temporarily feel at home and inhabit it. The aspect of time plays a further important element as Yudzon’s ‘characters’ are destined to disappear after a while. Made in secret (the hotel room must obviously be back in order the next morning) they live only for a few hours and survive thanks only to their immortalization through the camera. Other trips, other works. New York, Miami, Washington, Wellington, New Hampsire, Roxbury, Cape Cod and more recently Rio De Janeiro.
Yudzon continues to practice both sculpture and photography clandestinely in the rooms of the hotels and guest houses he stays in. Bookshelfs bend, drawers and seats raise themselves, beds and nightstands dialogue and assume a kind of human quality before returning to their places at sunrise. The search for identity that Yudzon engages in through this continuous analysis of these domestic yet previously unknown environments, transforms the Self into both action and an element of his artistic practice. The series ‘A Room For The Night’ hides a dual and new aspect of sculpture making as the artist creates these works by approaching two different techniques and in two subsequent moments: First there is a real, physical sculpture, built manually with existing objects, and then there is a second sculpture that exists as an image in the photograph. The work, which can be contextualized between a totem and a monument, acquires through the camera not only a diverse materiality, but also a new meaning. It finds its true and definite identity in becoming a vehicle of history and emotions. Disappearing from its physical reality, the object / sculpture exists and develops its life in the image and becomes, thanks to the abstraction of the real meaning of its elements, a symbolic and collective capital, just like the journey that enriches the traveler’s mind. ‘The most important thing is not so much what people see looking to the work (or the show), but what they see after having seen it, as they face the reality in a different way’ said Gabriel Orozco in a conversation with HD Buchloh [1]. And same here! The viewer can confront and investigate her/his own position in the world, in her/his home, within her/his objects and learns to see differently.
[1] ‘Conversations Benjamin Buchloh,
with Contemporary Artists, Gabriel Guggenheim New York, November
Orozco e 13, 2012
Opere
Basel, Switzerland, June 14 2014 no. 1
Basel, Switzerland, June 14 2014 no. 2
Basel, Switzerland, June 14 2014 no. 3
Basel, Switzerland, June 14 2014 no. 4
Basel, Switzerland, June 14 2014 no. 6
Basel, Switzerland, June 14, 2014 no. 9
Cape Cod, Ma, U.S.A. October 08, 2014 no. 1
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 2
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 3
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 4
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 5
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 7
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 9
Miami, FL, U.S.A. December 03, 2014 no. 10
Miami, FL, U.S.A. December 08, 2014 no. 1
Miami, FL, U.S.A. December 08, 2014 no. 2
New Hampsire, N.E. U.S.A. November 02, 2014 no. 2
New York, NY, U.S.A. July 29, 2014 no.2
New York, NY, U.S.A. July 29, 2014 no. 5
Roxbury, NY, U.S.A. January 03, 2015 no. 2
Roxbury, NY, U.S.A. January 03, 2015 no. 3
Roxbury, NY, U.S.A January 03, 2015 no. 4
Roxbury, NY, U.S.A. January 03, 2015 no. 1
Washington D.C. U.S.A. December 26, 2014 no. 1
Washington DC, U.S.A. February 07, 2015 no. 2
Washington DC, U.S.A. February 08, 2015 no. 6
Wellington, FL, U.S.A. November 09, 2014 no. 1
Wellington, FL, U.S.A. November 09, 2014 no. 2
BIOGRAFIA
Alex Yudzon nasce a Mosca nel 1977 ed emigra negli Stati Uniti all’età di 8 anni. Dopo essersi diplomato al Chelsea College of Art and Design di Londra, si trasferisce a New York per lavorare come visual artist. Da quel momento Yudzon sviluppa un complesso ed ampio corpo di lavoro partendo dalle sue esperienze di trasferimento ed interrrogandosi nel contempo sul significato di casa, identità e cambiamento. Negli ultimi dieci anni ha esposto frequentemente i suoi lavori sia a livello nazionale che internazionale. Alex Yudzon attualmente lavora e vive a Brooklyn, New York.
English
Alex Yudzon was born in Moscow in 1977 and emigrated to the United States at the age of 8. After graduating from Chelsea College of Art and Design in London, Yudzon moved to New York to work as a visual artist. Since then, Yudzon has developed a complex and broad ranging body of work that speaks to his early experiences of displacement while raising questions about our notions of home, identity and change. Over the past decade Yudzon has exhibited works extensively both nationally and internationally. Alex Yudzon lives and works in Brooklyn, New York.
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