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Per l'indipendenza della Cabilia

Intervista a Ferhat Mehenni

La famiglia berbera, che include anche i Tuareg, vive divisa fra otto paesi africani: Algeria, Burkina Faso, Libia, Mali, Marocco, Niger e Tunisia. Le comunità più numerose si trovano in Marocco e in Algeria. In quest'ultimo paese la minoranza berbera conta circa 5 milioni (11% della popolazione). I forti contrasti col potere centrale, dominato dalla maggioranza araba, hanno favorito la nascita di alcune organizzazioni che reclamano l’autonomia o l’indipendenza della Cabilia, la regione settentrionale dove si concentra la popolazione berbera. La principale è il Mouvement pour l'Autodétermination de la Kabylie (MAK). Abbiamo intervistato il suo fondatore, Ferhat Mehenni, per avere un quadro chiaro della situazione.

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Perché è nato il MAK ? Il MAK è nato nel 2001 in risposta all'atteggiamento ostile del governo algerino, che ha sparato su alcuni berberi che manifestavano pacificamente, uccidendone più di cento. Il contributo della Cabilia alla liberazione dal colonialismo francese e alla costruzione dell'Algeria era stato molto importante, così non era possibile una rivendicazione di indipendenza. Perciò abbiamo deciso di fondare il movimento, che inizialmente era autonomista (Mouvement pour l'Autonomie de la Kabylie). Forse molti dei vostri lettori non conoscono la questione cabila, quindi è necessaria qualche precisazione storica. Nel 1839, quando la Francia decise di chiamare Algeria la propria colonia nordafricana, la Cabilia non ne faceva parte. Fu soltanto nel 1857, sotto il regno di Napoleone III, che la Francia decise di annetterla. Un quadro storico più ampio si trova nel Memorandum pour l'autodétermination de la Kabylie, che abbiamo sottoposto alle Nazioni Unite nel 2017.

Quando e perché siete passati dalla posizione autonomista a quella indipendentista? La rivendicazione dell'autonomia aveva stimolato la rinascita della coscienza nazionale cabila, la coscienza di essere un popolo e una nazione. Ma con la nascita dell'Anavad (Governo provvisorio cabilo in esilio), avvenuta il 1o giugno 2010, questo obiettivo era diventato obsoleto, dato che un governo provvisorio ha come obiettivo l'indipendenza. Abbiamo deciso di passare dalla linea autonomista a quella indipendentista per varie ragioni. Anzitutto, per evitare che la questione cabila restasse confinata all'Algeria, perché questo avrebbe limitato la possibilità di liberarsi dal potere coloniale di Algeri. Negli ultimi vent'anni abbiamo visitato un certo numero di paesi che avevano concesso l'autonomia regionale alle loro "province", e cosa abbiamo scoperto? Che tutti questi territori autonomi cercavano l'indipendenza. In effetti, non esiste una vera pace sociale, una vera serenità laddove manca la sovranità. L'autonomia serve soltanto a intrappolare i popoli che aspirano, senza eccezione, all'emancipazione dall'insopportabile tutela politica che li considera dei bambini. Dato che l'autonomia è una trappola, sarebbe stata una scelta criminale continuare a pretenderla. Inoltre, perché abbiamo sofferto l'oppressione linguistica derivata dall'arabizzazione.

Questo cambiamento ha modificato i rapporti col governo algerino? Il potere algerino non ha mai accettato la nostra nuova linea politica, che considera un delitto di lesa maestà. Finché avevamo rivendicato l'autonomia eravamo stati tollerati. Oggi, invece, le autorità coloniali algerine sono in guerra non solo contro il MAK, ma contro tutti i cabili. Durante la pandemia hanno deliberatamente lasciato morire più di 4000 persone vietando ai nostri ospediali di rifornirsi di ossigeno o impedendoci di comprare attrezzature dall'estero per fabbricare localmente questo prodotto necessario alla sopravvivenza dei pazienti. Poi, con armi vietate dalle convenzioni internazionali, come il fosforo bianco, hanno bruciato più dell'80% della Cabilia. I paesi vicini si sono offerti di aiutarci a spegnere gli incendi, ma l'Algeria ha rifiutato. Più di 500 persone

sono morte e una delle principali risorse, l'olivo, è stata danneggiata seriamente. È un atto di guerra analogo a quello che Saddam Hussein aveva praticato a Halabja contro i kurdi nel 1988. La pacifica Cabilia è stata proclamata "regione terroristica" per legittimare la repressione. Più di 350 leader civili e politici sono stati imprigionati da giugno proprio mentre 20.000 delinquenti algerini venivano rilasciati.

Cosa intendete quando parlate di una Cabilia indipendente? Una Cabilia indipendente implica un territorio statale con tutte le sue caratteristiche, riconosciuto a livello internazionale e dotato di un seggio all'ONU. La Cabilia non sarà ostile verso l'Algeria, ma accoglierà tutti gli algerini che vorranno viverci. Avranno gli stessi diritti e gli stessi doveri degli altri. Il nostro stato si fonderà sulla democrazia, sul rispetto dei diritti umani e dell'ambiente.

A proposito della Francia, quali sono i vostri rapporti col governo Macron? Noi rispettiamo la Francia e le sue leggi. Siamo un'organizzazione pacifica che, nonostante le provocazioni delle autorità algerine, rifiuta di cadere nella trappola della violenza. L'Algeria ha chiesto ufficialmente la mia estradizione dalla Francia, ma poi non è stato fatto nulla di concreto. Questa richiesta non si basa su fatti accertati, ma su accuse false. Non esistono rapporti diretti fra il MAK e l'Eliseo, dato che questi presupporrebbero un riconoscimento ufficiale da parte della Francia.

Qual è la situazione attuale della lingua berbera in Algeria? Il cabilo è la nostra lingua, che appartiene alla grande famiglia tamazight (berbera). Non esiste un'unica lingua berbera. È sulla base di questa confusione che l'Algeria si è impegnata a riconoscerlo per non dover riconoscere anche altre lingue, come il chawi, il tuareg o il mozabita. Ma l'Algeria sta tornando sui propri passi, dato che quest'anno sono state date istruzioni ministeriali per non includere nelle pagelle scolastiche i voti relativi all'insegnamento in questa lingua.

Quali sono le prossime iniziative del MAK? Abbiamo messo in rete un referendum sull'autodeterminazione. Abbiamo formato un parlamento cabilo che sta elaborando un progetto di costituzione. Intendiamo costruire una struttura giudiziaria e alcune istituzioni finanziarie, fra le quali una criptovaluta. Dobbiamo riforestare la nostra terra dopo i devastanti incendi dell'estate scorsa; contattare gli organismi internazionali per ottenere il rilascio dei prigionieri politici e il riconoscimento del nostro diritto all'autodeterminazione.

Alcuni membri del MAK, guidati da Ferhat Mehenni (a sinistra), con Lech Walesa, Danzica, 3 marzo 2020.

Bibliografia Fois M., La minoranza inesistente. I berberi e la costruzione dello Stato algerino, Carocci, Roma 2013. Mehenni F., Reflexions dans le feu de l'action. Histoire de la renaissance du peuple kabyle, Fauves, Paris 2021.

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