La Città
LA CITTA’ • Numero Sessantotto • Ottobre 2013 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Copia in omaggio Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • Fax: 0434-208445 • e-mail: info@domenicasport.org
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editoriale
Buone notizie
Viaggio alla scoperta del complicato rapporto fra Pordenone e la musica
Ho un sogno. Vorrei sintonizzarmi su un telegiornale che si apre con una notizia positiva. Una bella scoperta della medicina, un passo avanti nella lotta contro il cancro. Un’innovazione tecnologica che migliori la qualità delle nostre vite, come l’auto elettrica o uno speciale pannello solare capace di tramutare un raggio di sole in energia a basso costo. Oppure, ancora, casi aziendali di successo (perché ce ne sono tanti, anche se nessuno ne parla) o storie di persone che aiutano altre persone. Basterebbe aprire una finestra sul mondo del volontariato e dell’associazionismo per trovare una miniera d’oro di notizie. E invece niente da fare, siamo condannati a farci impressionare e intristire da guerre, stragi, omicidi, violenze di ogni genere e, soprattutto, dal desolante teatrino della politica-spettacolo, con i suoi riti, con i suoi scandali, con i suoi litigi. Perché la notizia dev’essere sempre cattiva per definizione? Dove sta scritto? I problemi reali sono sotto gli occhi di tutti, lo sappiamo bene, e non sarebbe giusto fingere di non vedere. Proprio nel pordenonese, in questo periodo, va in scena la narrazione di un dramma sociale legato alla crisi del settore manifatturiero, con il rischio concreto di arrivare a fine anno con migliaia di posti di lavoro persi e finanze pubbliche stritolate dalla cassa integrazione. Guardare il bicchiere mezzo pieno non significa ignorare tutto ciò. È che parlare sempre di crisi e proporre solo cattive notizie non giova a nessuno e anzi deprime ulteriormente il clima. Se i mezzi di informazione nazionale e locale non compiono lo sforzo di cercare e di valorizzare gli elementi di positività che pur ci sono, continueremo ad avvitarci in una spirale di pessimismo e sfiducia. Offrire una prospettiva diversa è realmente possibile. Si può far leva sul fatto che il Nord Est è l’area con la maggior densità di enti di volontariato d’Italia, 6 ogni 10 mila abitanti, per un totale di oltre 6.500 organizzazioni censite. Si può anche sottolineare un interessante fenomeno: dall’inizio della crisi le associazioni senza scopo di lucro sono cresciute in Italia del 28% e a Nord Est la percentuale supera il 30%. Il numero di coloro che dedicano parte del proprio tempo al volontariato equivale ormai al mitico esercito delle partite Iva, cosa impensabile fino a qualche anno fa. Il variegato mondo composto da studenti, cassaintegrati, artigiani, professionisti e pensionati, in assenza temporanea di lavoro o comunque a fronte di un suo calo, non sa stare fermo e, quando può, si prodiga per gli altri. Non passa giorno senza che parta una colletta alimentare, che si crei un gruppo ambientalista, una iniziativa a favore di qualcosa o contro qualcos’altro. La crisi ha tirato fuori il peggio, ma anche il meglio di noi. Non è questa una buona notizia?
Musica arde sotto la cenere nella città del Great Complotto
Flavio Mariuzzo
Negli anni ’80 il punk pordenonese rappresentò un’avanguardia artistica di livello europeo. Oggi quel Dna ha prodotto band affermate come i Prozac+ e i Tre Allegri Ragazzi Morti. Eppure la musica in città viene tollerata, tra ordinanze antirumore e spazi per le esibizioni sempre più incerti come il Deposito Giordani Il servizio alle pagine 8 e 9
LORSIGNORI Finito un altro Ventennio? Ne dubito
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AMARA PIACE
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CONTROCORRENTE
Un consiglio ai bar del centro per migliorare il servizio
VISTI DA VICINO
CRONACHE
L’anima “pop-snob” di pordenonelegge
Pordenon come Dubai
di ENRICO GALIANO
di PIERGIORGIO GRIZZO
L’odore dei libri fuori catalogo: annusarlo a piene narici e pensare che, se una ragazza si spruzzasse quello, difficilmente le resisterei. Un gruppo di “angeli” con un cono gelato in mano, sotto il baldacchino informazioni. Una coda impressionante, di quelle che ti aspetteresti per Saviano o per Baricco o uno di quelli lì, sotto il tendone al Palaprovincia, famiglie più che altro, alcune anche sull’arrabbiato andante perché escluse. No, niente scrittori di successo: sono tutti lì per Peppa Pig. Silvia, un “angelo”, con le unghie fatte come ritagli di giornale. Vetrine di negozi addobbate a festa, giallo ovunque, e soprattutto ovunque lui, il simbolo dell’edizione di quest’anno: l’uovo. E poi il divertentissimo contro
Mi vergogno un po’. Non ho visto neanche una serata, neanche un autore, neanche un libro di Pordenonelegge, ma non ho resistito alla tentazione di andare a curiosare tra i saloni scintillanti di swarovski e mondanità della nuova cattedrale del divertimento che ha aperto i battenti sulla Pontebbana, in parte ai rottami del disco volante. Una multisala con slot machine, bingo, sala da ballo, bar, piano bar, ristorante, cabaret e in futuro, chissà, anche tavoli verdi e roulettes. Alla “prima” tutti a bocca aperta in un tripudio di effetti speciali, cascate, minigonne, macchinoni e bella gente.
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PAROLA MIA
Basta guerriglie su carcere e ospedale: ora serve unità
Turismo FVG al centro delle iniziative di promozione
CON LA COLLABORAZIONE
ASSOCIAZIONE CULTURALE IN MOVIMENTO
L’ARTE DEL MANIFESTO CUBANO DAL 1959 28. 09. 2013 12. 01. 2014 Carteles de cine, políticos y sociales
PORDENONE
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SPAZI ESPOSITIVI VIA BERTOSSI CON IL PATROCINIO
AMBASCIATA DELLA REPUBBLICA DI CUBA IN ITALIA IILA - ISTITUTO ITALO LATINO AMERICANO ASSOCIAZIONE DI AMICIZIA ITALIA CUBA - CIRCOLO VITTORIO TOMMASI CASA DE LAS AMÉRICAS ICAIC - INSTITUTO CUBANO DE ARTE E INDUSTRIA CINEMATOGRAFICOS COMITE PROGRÁFICA CUBANA AIAP - ASSOCIAZIONE ITALIANA DESIGN DELLA COMUNICAZIONE VISIVA
CON IL SOSTEGNO
WWW.ARTEMODERNAPORDENONE.IT CON IL CONTRIBUTO
Percorsi assistiti con prenotazione per scuole e gruppi (min. 10, max 25 persone) in collaborazione con gli Amici della Cultura INFO: 348 4107282
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La Città
lorsignori
Ottobre 2013
Non è affatto vero che il ridicolo uccide: se così fosse avremmo le strade lastricate di cadaveri
L’Alfan prodige rientrerà nei ranghi di ALBERTO CASSINI
È davvero finito con l’apparente implosione del berlusconismo questo grigio ventennio? Ne dubito. Sono convinto che i dissenzienti rientreranno nei ranghi e non cambierà nulla
‘Sta volta da dove vogliamo cominciare? Come sempre v’è solo l’imbarazzo della scelta. Viaggiamo su un treno che rischia di deragliare, ma nelle carrozze di prima classe Lorsignori s’abbuffano con le solite chiacchiere senza scalfire nessuno dei propri privilegi (indennità, vitalizi, rimborsi, numero dei parlamentari). Per quant’attiene i rimborsi per l’ennesima volta ci si è beffati dei cittadini. Il disegno di legge sull’abolizione del finanziamento pubblico s’è smarrito nei meandri parlamentari. Forse è un bene: trattasi d’una proposta per taluni versi irrealistica e per altri aspetti quasi truffaldina. Con il due per mille di prelievo forzoso su tutti i contribuenti i partiti rastrellerebbero circa 300milioni di Euro l’anno, addirittura più di quanto incassano oggi (nel 2010 furono 289milioni). E nel frattempo, palleggiandosi i rinvii, hanno incassato la rata di luglio (oltre 91milioni). In compenso sono piuttosto tignosi con la ricerca universitaria (l’avvenire dei nostri figli, il futuro di questo Paese) per la quale hanno stanziato 520milioni. Sommati ai 590milioni destinati nel 2013 alla manutenzione dei beni culturali (uno sterminato patrimonio collettivo) ne abbiamo un importo inferiore a quel che ci costano in un anno i due rami del Parlamento. Sono queste le vergogne cui la pubblica opinione dovrebbe ribellarsi. Nelle altre democrazie europee al termine del mandato istituzionale tutti tornano semplici cittadini, da noi Fini e Bertinotti (tanto per fare un esempio intollerabile) hanno ancora a disposizione come ex presidenti della Camera, dieci stanze ed un apparato di segreteria (fonte il Corriere della Sera). La joint venture delle larghe intese –anche se non c’erano francamente alternative- non mi convince, è una maggioranza irretita nelle proprie contraddizioni. Sinora non ha affrontato nessuna riforma (riduzione della spesa e dei parlamentari, legge elettorale, province, cuneo fiscale), i problemi li scansa o li rimanda. Aveva dunque ragione Flaiano “in Italia la linea più breve fra due punti resta l’arabesco”. È davvero finito con l’apparente implosione del berlusconismo questo grigio ventennio? Ne dubito.
C’è stato anche ‘sta volta un 25 luglio, spero ci risparmino almeno l’8 settembre. Il ventennio littorio iniziò con una confortevole marcia su Roma (e con i gerarchi in vagone letto), questo finisce con una grottesca retromarcia. Molti fanno affidamento sull’Angelino, sembra l’Alfan prodige del centro-destra. Nel personaggio dallo sguardo opaco e dall’occhio imbolsito c’è la tradizione sicula dei racconti di Sciascia, dei mezzi uomini e delle mezze maniche con la tendenza ancillare a compiacere il padrone. Credo avesse davvero ragione il suo ondivago mentore, gli manca un quid. Con quel che accade abbiamo l’ennesima smentita alla saggezza popolare: non è affatto vero che il ridicolo uccide, fosse così le aule parlamentari (ed anche i marciapiedi) sarebbero lastricati di cadaveri. Sono convinto che i dissenzienti rientreranno nei ranghi e non cambierà nulla. Anche ‘sta volta si ricompatteranno nell’ennesimo tentativo di salvare il proprio leader, noi accontentiamoci nel nostro piccolo di salvare l’Italia. Neppure la protesta (sacrosanta) di tanta parte dell’elettorato riesce ad incardinarsi in un autorevole movimento d’opinione. Non lo sono certo i 5 Stelle, una goliardica brigata con troppi dilettanti improvvisati ed un capocomico che seduce le platee con slogan e battute (spesso peraltro efficaci). Non vedo un credibile progetto neppure per la nostra città. Si contraggono a ritmo incalzante le attività commerciali (un patrimonio diffuso ove ammainano le insegne anche ditte blasonate), il centro storico si spegne, l’arredo urbano è d’un avvilente squallore (pavimentazione ed accessori tipo Disneyland). Penso alla paccottiglia architettonica che ha sconciato nel secondo dopoguerra il
tessuto urbano, al degrado della periferia, all’assenza d’un coerente disegno urbanistico (si è espanso l’abitato nelle zone umide a sud, snobbando la parte alta della Comina ove avremmo potuto realizzare una città giardino). Sul carcere e sull’ospedale è mancato un indirizzo univoco, le opposte tifoserie si accapigliano come allo stadio. Lasciamo ai posteri –dopo aver deluso i contemporanei- l’immagine di una comunità priva di radici. L’Archivio di Stato è emigrato (in parte) a Mestre, divenendo così inaccessibile, mentre qui abbiamo casermaggi inutilizzati ed il Seminario, luogo di cultura per eccellenza (altra caserma senza reclute) con vasti spazi disponibili. Abbiamo perso straordinarie opportunità soprattutto per la mediocrità e l’insipienza d’una classe politica (compresi certi caperonzoli locali) del tutto inadeguata. Negli anni del benessere troppe risorse furono dissipate, quella degli sprechi era (e resta) un’inarrestabile idrovora. Ora sono tempi di lesina, si fatica a trovare il necessario, figuriamoci il superfluo. Ma non è così per tutti. Leggo che Bernabè lascerà Telecom con una buonuscita di seimilioni e mezzo. Non male per lenirgli lo sfratto, in compenso latitano le risorse per esodati e cassintegrati. Il nostro è un paese che ha smarrito la decenza. In questo clima è del tutto inutile far delle proposte. Da queste colonne per quattro volte abbiamo pubblicato il modelletto del monumento al Pordenone: una soluzione di assoluta qualità formale che raccolse l’apprezzamento di molti, ma incappò nell’indifferenza dei più. Non riuscirono a raccattare i 100mila Euro necessari ed anzi in piazzetta Cavour, ove avrebbe dovuto sorgere (è l’ombelico della città), stazionavano
all’epoca i cassoni della spazzatura. Dobbiamo anche smetterla di mitizzare l’operoso Nordest, il Friuli come una fervida fucina, l’orgoglio del fare della nostra gente. Sono –lo rimarco con profonda melanconia- abusati stereotipi che non reggono l’usura del tempo: lo eravamo senz’altro, dubito lo saremo ancora. Dovendo scegliere fra il dramma e la farsa -con un Parlamento nel quale siedono troppi personaggi da Bagaglino ed intrattenitori da crociera- si opta spesso per la seconda. Vorremmo tutti poter dire (ma purtroppo non è così) lo spettacolo è finito: sipario! p.s.: quei poveri morti nelle acque di Lampedusa sono l’ennesima agghiacciante testimonianza –direbbe padre Turoldodel “mondo degli ultimi, dei reietti, degli emarginati” lasciato alla deriva nel Mediterraneo. Neppure l’umana pietà riesce a garantire loro un approdo sicuro. Riuscirà quest’immane tragedia –una mattanza ormai documentata dalle cronache quotidiane- a zittire i ghigni ed i latrati razzisti che da troppi anni condizionano ed inquinano il dibattito politico?
Meglio andare a votare subito come vorrebbe Berlusconi o continuare con il governo Letta? VISTO DA SINISTRA
Berlusconi? Per vent’anni qualcuno l’ha votato!
www.peressini.it
Personalmente propendo per un “Letta bis” che abbia le caratteristiche di un Governo di scopo, chiamato, in sostanza, a fare poche ma chiare cose: legge elettorale in primis spazzando via il “porcellum” e legge di stabilità di VINCENZO per assicurare le emergenze sul MARIGLIANO terreno economico a tutela dei ceti più deboli. Poi si vada a votare! Non posso esimermi, però, da un giudizio sulla vicenda che sta ammorbando l’aria. Una nazione ostaggio di un riconosciuto evasore fiscale è vicenda che può accadere solo in un Paese disastrato e dissennato come questo. La responsabilità, però, non va ascritta al condannato in questione che sta facendo solo i suoi sporchi interessi, ma alla massa di pecoroni insipienti che per un ventennio lo ha votato. Karl Marx scrisse che la storia una prima volta si presenta sotto forma di tragedia (ed abbiamo avuto il ventennio fascista) quando si ripete (ed è il caso in questione) si trasforma in farsa. Non ci si lamenti, quindi: chi è causa del suo mal, pianga se stesso! (Il testo è pervenuto in redazione prima del 2 ottobre 2013, giorno in cui è stata votata la fiducia al Governo Letta)
VISTO DA destra
Ormai è solo un susseguirsi di governi “salva Italia” L’ultimo governo, nato per fare poche di fine settembre (aumento dell’IVA, cose ma essenziali, fino ad oggi e dimissioni dei Ministri, spaccatura salvo il rifinanziamento del PdL, ecc.). Vorremmo della cassa integrazione, è sapere quanto margine ci riuscito solo a rinviare gli è rimasto per far ripartire impegni assunti. Un PD l’economia italiana, che che, manifestando gli istinti prospettive ci sono per nutriti dalla propria base rimetterci in corsa nella sfida di FRANCO per anni, si vergogna mondiale tra le nazioni così GIANNELLI di stare al governo con come, guarda caso, sono Berlusconi ed un PdL che riusciti a fare i tedeschi. Chi, non riesce a separare le vicende private come me, credeva in una radicale del proprio leader dagli interessi azione riformatrice dello stato e del nazionali e ciò indipendentemente suo apparato messa in campo e mai dalla costituzionalità o meno della attuata dal Centro Destra complice decadenza da Senatore del Cavaliere. il Centro Sinistra assieme ai poteri La disoccupazione giovanile è a livelli occulti della burocrazia, non crede mai visti, gli italiani che non hanno più a nulla, prende atto del susseguirsi più il lavoro ma anche quelli che lo di governi “salva Italia”, ascolta le vedono scomparire non riconoscono tragiche notizie di suicidi, fallimenti, una sola azione del Governo che nuova povertà e privilegi della casta abbia avuto effetti positivi sulla nella speranza che, prima o poi, propria vita. Il disinteresse per ciò arrivino i tedeschi e, con una sorta di che i partiti combinano a Roma benefico 4° Reich, facciano funzionare aumenta di pari passo con la rabbia l’Italia per consentirci di tornare a per il patetico teatrino parlamentare dormire senza incubi.
La Città
ESCLUSIVO
Ottobre 2013
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Testimonianza di un ex detenuto sul degrado degli istituti che ospitano condannati con infermità mentale
“
Sepolti vivi
nell’inferno dell’ospedale psichiatrico giudiziario “ “C’è tanta gente che entra qui e che in poco tempo si lascia andare. Fumano e dormono. Ottanta sigarette al giorno, sempre a letto. E alle volte non scendono dal letto neanche per fare i bisogni. E se la fanno addosso. E continuano a fumare…” di PIERGIORGIO GRIZZO
Gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Opg) sono una categoria di istituti che in Italia, a metà degli anni Settanta, ha sostituito i vecchi manicomi criminali. In estrema sintesi sono le strutture che ospitano i condannati per illeciti penali per i quali sia stata riscontrata l’infermità di mente e la pericolosità sociale. Già nel 2011, il decreto legge 22 dicembre 2011, n. 211, successivamente convertito in legge 17 febbraio 2012, n. 9, aveva disposto all’art. 3-ter la chiusura delle strutture per la data del 31 marzo 2013. Tale norma fu adottata dopo un’indagine parlamentare che accertò le condizioni di estremo degrado degli istituti (6 in tutta Italia) e la generalizzata carenza di quegli interventi di cura che avevano motivato l’internamento. Un nuovo decreto legge (25 marzo 2013 n.24) ha poi prorogato tale chiusura all’1 aprile 2014. Qui riportiamo la testimonianza di E. S., originario della provincia di Venezia, ma affidato da nove anni alla Cooperativa “Noncello” di Pordenone (la stessa che ha ispirato il toccante film con Claudio Bisio e Giovanni Battiston “Si può fare”, che tratta con sapore tragicomico proprio il tema della follia e delle sue ricadute sociali). E. S. è un ex detenuto all’Opg “Le Pulci” di Reggio Emilia. In seguito ad una condanna, ha scontato 6 anni di detenzione. Ora, dopo un lungo iter di riabilitazione ed una terapia farmacologica che continua tuttora, è pronto per un pieno reinserimento nella vita lavorativa e sociale. “Ho visto un documentario tempo fa. Su Rai Tre, mi pare. Il titolo era “Viaggio nell’inferno degli Opg”. Un titolo che voleva essere forte, d’effetto, ma che non rende abbastanza, anzi non rende per niente, l’idea. Almeno a me (…). Io quando immagino l’Inferno penso alle incisioni di Gustav Doré, a quei disegni solenni, potenti, che ho visto in biblioteca, in un bel tomo, finemente rilegato e decorato, tanti anni fa. Ma cosa c’è di potente e di solenne nella puzza di urina e di vomito? Nell’odore nauseante di certe celle e di certi corridoi, dove si sta uno sopra l’altro come bestie che muoiono di paura nel recinto del mattatoio? Non c’è niente di potente e di solenne nelle urla di terrore, che ti ghiacciano il sangue ogni notte e che vengono dagli abissi che stanno in fondo al corridoio. E nel letto di contenzione, dove legano chi non sta buono. Lasciano lì la gente, distesa a pancia in su e legata su una rete senza materasso anche per cinque giorni di fila, con il catetere per orinare e un buco al centro in corrispondenza di un bugliolo per defecare (…). Alle Pulci di Reggio Emilia, dove ho passato 4 anni, nella parete della chiesa, in mezzo ai quadri della Madonna e dei Santi, ci sono decine e decine di foto, attaccate al muro
con un po’ di scotch, di quelli che sono morti o che si sono ammazzati. Quaranta in quattro anni. Un mosaico di facce amiche, che diventava sempre più fitto e disordinato. Sembrava una di quelle bacheche che si trovano nei posti in cui c’è stato un terremoto o un altro disastro, dove si mettono le facce dei dispersi che si cercano o quelle dei morti che i parenti devono riconoscere (...) Li conoscevo tutti, direttamente o indirettamente. Qualcuno era proprio matto da legare, altri erano solo dei disgraziati, con la testa e i piedi intorpiditi e la bocca impiastrata dalla mattina alla sera. C’è tanta gente che entra qui e che in poco tempo si lascia andare. Fumano e dormono. Ottanta sigarette al giorno, sempre a letto. E alle volte non scendono dal letto neanche per fare i bisogni. E se la fanno addosso. E continuano a fumare (...). Ricordo un ragazzo che chiamavamo Rui Costa, perché aveva la fissa per il giocatore del Milan. Era dentro per una sciocchezza, gli avevano dato due anni per aver investito un tizio in bicicletta, una sera fuori da un bar. Gli stava sulle balle perché insultava sempre il Milan e gli si era buttato contro, ma non gli aveva fatto tanto male. Questo tizio aveva sbattuto sull’asfalto e si era rotto una clavicola, tutto qui. Al processo lo avevano prosciolto per infermità mentale e gli avevano dato l’affidamento in Opg. Solo che qui, a differenza del carcere, sai quando entri, ma non sai quanto esci. La durata della detenzione non è certa, ma dipende dall’esame periodico che ti fanno i dottori. Un colloquio con lo psichiatra, l’assistente sociale, la criminologa e l’educatrice. E, se secondo loro non sei idoneo e pronto per una misura alternativa, ti becchi una “stecca”, cioè una proroga di sei mesi o un anno. Poi c’è chi ha almeno una famiglia alle spalle, i parenti che lo vanno a trovare, come succedeva a me; che lavora e si da da fare e non rompe le scatole: per quelli il trattamento è più cauto e rispettoso. E ci sono invece i poveracci che non hanno nessuno, che finiscono dimenticati e di solito, presto o tardi, si ammazzano. C’è gente che di perizia in perizia, di “stecca” in “stecca” è qui da dieci anni, anche se aveva preso una condanna da due o anche meno. Roba di rapine, ma anche piccoli furti, scippi, risse e cose così. Perché con il proscioglimento per infermità di mente, il reo ha già usufruito di benefici e quindi, se gli viene riconosciuta la pericolosità sociale, cosa che avviene quasi sempre, non può avere la sospensione condizionale della pena, neppure se incensurato, e di conseguenza finisce dentro, anche se ha commesso una marachella da ragazzino o giù di lì. Sì perché in questo Paese una rapina con scasso è una cosa
da monelli, se si pensa che ci sono assassini, gente che ha massacrato una famiglia, che tra sconti di pena, benefici ed indulti stanno dentro meno di una decina d’anni”. Rui Costa aveva l’elettrico addosso. Era un bambinone logorroico, con la bocca sempre piena di saliva come quelli che parlano tanto. Ma ad un certo punto, dopo un’altra “stecca”, si è spento. Era in cella da solo e all’aria non veniva più. Dopo un paio di mesi di silenzio, durante i quali anche noi ci eravamo dimenticati di lui, abbiamo saputo che aveva cercato di suicidarsi inalando il gas del fornelletto per cucinare. Per puro caso una guardia aveva buttato l’occhio dentro la sua cella e l’aveva trovato già esanime, tutto nudo, rannicchiato come un enorme feto sul pavimento. Dopo quel tentativo fallito lo hanno messo in cella insieme ad altri e quando lo hanno ritenuto nuovamente affidabile hanno ripreso a somministrargli i sonniferi per la notte. Solo che lui non aveva cambiato propositi: come una formica ha accumulato un numero enorme di pastiglie e poi le ha divorate tutte in un colpo. E’ morto un venerdì di Pasqua”.
la realtà di fronte VILLA MANIN / 20 OTTOBRE 2013 > 19 GENNAIO 2014
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COMMERCIO
Ottobre 2013
La Città
Da giugno, pur se con piccoli numeri, ci sono segnali di ripresa. Ad affermarlo è Antonella Popolizio Aperture in pausa pranzo, una commessa in più in negozio per servire meglio i clienti. Formazione degli addetti. E ancora qualità del prodotto, innovazione continua recependo gli stimoli della casa madre. Questa la visione della titolare dei punti vendita Calzedonia, Falconeri, Tezenis e Intimissimi
Segnali di ripresa che vengono dall’intimo Il nuovo negozio Falconeri in corso Vittorio Emanuele II
di CLELIA DELPONTE Da 27 anni nel settore, titolare di 7 punti vendita (Calzedonia, Falconeri, Tezenis e Intimissimi), in centro città e al Centro Meduna, Antonella Popolizio è un punto di riferimento del commercio pordenonese. “Negli ultimi 2 anni è stato difficile progettare – sostiene – perché eravamo molto prudenti, ma se stiamo compatti torneremo a portare la gente in centro. La novità dei Centri Commerciali ha attratto le persone e noi commercianti del centro non abbiamo avuto una reazione organizzata, ma ora siamo uniti e c’è voglia di lavorare insieme”. Su cosa puntano i suoi negozi? “Noi puntiamo sul servizio, o meglio sulla consapevolezza di dare un servizio (ad esempio tenendo aperto in pausa pranzo, cosa che permette alle donne che lavorano di fare i propri acquisti in tranquillità, oppure avendo una persona in più in negozio in modo di essere in grado di servire più clienti con l’attenzione che meritano) e sulla formazione: quest’anno ad esempio abbiamo aderito ai corsi di automotivazione di Fondo Impresa. Sono fortunata perché ho una squadra di ragazze in gamba, alcune lavorano con me da 20 anni e mi danno sempre spunti su cui lavorare. Per me non sono commesse, ma store manager. Una mia collaboratrice per esempio è laureata in comunicazione e ha un master in economia”.
Lavorare per un grosso marchio organizzato vi aiuta? “Sì, perché dall’azienda madre arrivano sempre nuovi stimoli, ma sta a noi comunicarli alla clientela. Anche ristrutturare e rinnovare il negozio, che è molto importante, diventa più facile”. Come procede con l’ultimo nato, Falconeri? “E’ un brand in crescita, che propone maglieria di qualità con filati naturali. I prodotti vengono continuamente testati e migliorati. Ogni settimana mandiamo relazioni dettagliate alla casa madre. E’ un lavoro di ricerca: verifichiamo vestibilità, abbinabilità, problemi di lavaggio, cerchiamo di capire a chi e come vendere. E’ un lavoro impegnativo, ma dà i suoi risultati”. Come risponde Pordenone alle novità? “Pordenone risponde bene, i pordenonesi sono estrosi, creativi. Noi commercianti a volte dobbiamo rischiare, osare un po’ di più, credere in quello che facciamo, insomma. Le tante iniziative culturali della città ci danno una mano, non solo nel portare gente, ma nell’avere persone più aperte, libere, curiose”. Qualche idea nel cassetto? “Sarebbe interessante tenere aperto anche i giovedì sera di giugno per intercettare gli studenti liberi dalla scuola, creando iniziative studiate per loro”.
L’ANTIQUARIO STEFANO SCATTOLIN (VIALE MARTELLI)
Non è tutt’oro quel che luccica. Il mercato dell’arte al tempo della crisi QUINTA EDIZIONE
Sentieri Illustrati Licna Hiša (David e Polona K. Licen) Marta Lorenzon Cat Zaza (Caterina Zandonella)
NUOVI SPAZI CASA A. ZANUSSI PORDENONE 28 settembre 2013 - 28 febbraio 2014 INGRESSO LIBERO
www.centroculturapordenone.it
Ha fatto eco la notizia della vendita on line d’opere d’arte a prezzi stratosferici: modernità? Forse, ma non per “New York Times”, e “Repubblica” (18 agosto) secondo cui il catalogo “…era di scarso valore ed eccessive le valutazioni”. In realtà nel settore ciò che conta è ancora la figura dell’antiquario appassionato, dotato d’intuito, professionalità ed affidabilità. Ne abbiamo la prova a Pordenone, che nasconde personaggi di notevole rilievo con maggior udienza fuori le mura a conferma del detto che nessuno è profeta in patria. Parliamo di Stefano Scattolin, storico antiquario cittadino, con un curriculum come pochi in regione. “È vero – mi dice – le vendite «on line» a cifre da capogiro non hanno il pregio del rapporto diretto fra acquirente ed antiquario, e dietro la sfida virtuale fra collezionisti è sempre in agguato la possibile ‘fregatura’…”. É quasi naturale chiamarlo “figlio d’arte”: il padre era un grosso e stimato collezionista e lui, appena diciassettenne, s’interessa di pittura e raccoglie opere. L’attività professionale decolla nell’85, ma quel che più conta, e che pochi in città sanno, è che si deve alla sua professionalità ed allo studio, abbinato all’intuito quasi da detective, la scoperta e l’attribuzione d’alcune opere inizialmente ritenute d’altra mano e mal interpretate. Schivo e restio, una volta iniziato il dialogo entriamo in un mondo tutto da scoprire. “In questo mestiere quel che conta è la passione. Poi c’è l’intuito: decisivo, importantissimo, perché se si ha in mano un quadro, un mobile, una statua è una sfida con se stessi e con
gli altri. Si tratta di studiare e confrontare e scontrarsi con altre voci che mettono in dubbio le ricerche svolte magari per mesi”. Un episodio importante? “Anni fa,, pulendo un quadro capitatomi per caso e che si riteneva opera “minore” genericamente d’ambito mitteleuropeo. Studiandola capii che, in realtà, era attribuibile al padre dell’impressionismo ungherese Sainey Merse le cui opere, assieme a quelle del compatriota Mihaly Munkacsy, sono esposte alla Galleria Nazionale di Budapest. Mi limitai a darne pubblica notizia non essendo l’opera nelle mie disponibilità ma proprietà altrui; il risultato fu che alcuni colleghi mi contestarono, salvo poi ricredersi: ovviamente a denti stretti”. La capacità professionale di Scattolin, del resto, è riconosciuta da vari Tribunali i quali, pur non essendo egli perito dal punto di vista formale, gli affidano consulenze, perizie e stime, in particolare su mobilio ed opere lignee. Innumerevoli, e sempre qualificate, le Mostre e le Fiere Antiquarie cui ha partecipato e continua a partecipare in Italia e all’estero. “Certo è vero – conclude – che il mercato dell’arte al tempo della crisi è asfittico e sempre più difficile, ma il vero intenditore sa che la scommessa vincente è affidarsi a chi sa bene di cosa parla quando offre qualcosa. Son tempi di magra, perché è chiaro che tutti fanno i conti con la quotidianità, ma in me prevale la passione e l’amore per l’arte”. Enzo Marigliano
La Città
COMMERCIO
Ottobre 2013
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Piatti tipici e stagionalità sono gli ingredienti del successo della Vecia Osteria del Moro che compie 30 anni
Dal Giappone per magnar radicio e fasioi da Ilario “Però se mi arrivano degli americani che mi chiedono del ketchup per il filetto, mi rifiuto di portarglielo” Ilario Sartor brinda ai trent'anni di attività
Se andate alla Vecia Osteria del Moro in via Castello caratteristiche. Ad esempio la nostra pasta e fagioli e chiedete prosciutto e melone, l’oste di certo vi è una vera poesia con 3 tipi di fagioli: il verdone per guarderà storto. Ilario Sartor, che da trent’ anni fare la crema, il lamon per il gusto e il borlotto per il gestisce il locale con passione e dedizione, ha fatto dei colore”. piatti tradizionali, della qualità e della stagionalità la Chi cucinava quando avete aperto e chi cucina ora? propria bandiera. Una ricetta che piace sempre. “All’inizio io ero lo chef di sala e la cucina era il regno Come è cambiata la clientela in tutti questi anni? di Angelo Fedrigo “Misseri”, cuoco professionista di “Quando aprimmo nel 1983, dopo che l’osteria vecchia scuola. Dopo che lui è andato in pensione non è precedentemente gestita dalla proprietaria Bruna stato facile trovare il cuoco giusto, così da 3 anni cucino Sandrin, vedova Moro (nome che abbiamo voluto io, anche se ho sempre paura del forno. Mia moglie mantenere), era stata chiusa parecchio tempo a causa invece fa dei buonissimi dolci fatti in casa. Io sono il del terremoto, erano anni in cui si voleva tutto nuovo, primo ad arrivare e l’ultimo ad andare via. In questi tutto moderno. Anche la cucina subiva lo stesso anni ho visto e conosciuto tantissime persone e penso trattamento, dunque i pordenonesi venivano qui per che quando andrò in pensione potrei fare lo psicologo”. ritrovare sapori perduti. Quali pensieri per il futuro? Ora che questi piatti sono di nuovo apprezzati “La mia preoccupazione è quella di mantenere alta la anche a casa, sono i turisti che li gradiscono e li qualità, cosa non facile perché i prezzi aumentano di richiedono maggiormente. continuo, però i prodotti di qualità li lavori volentieri e Grazie ad eventi culturali nazionali e internazionali ti aiutano a trasmettere l’entusiasmo”. come le Giornate del Cinema Muto, Pordenonelegge, Il suo piatto preferito? Dedica, e alle fiere, abbiamo clienti stranieri “Mangio volentieri quello che cucino in osteria, però il affezionatissimi. C’è un gruppo di giapponesi (legati mio piatto del cuore rimane il riso al pomodoro che mi all’Electrolux) che prima di partire ci contatta per preparava la mamma quando tornavo da scuola”. chiederci se abbiamo radicio e fasioi e prenota il tavolo, mentre magari i manager italiani si vergognano dei C.D. piatti poveri e semplici della tradizione. Ma se mi arrivano degli uscite americani che mi chiedono del ketchup promozionali_Layout 1 04/09/13 07.28 Pagina 4 hanno collaborato per il filetto, mi rifiuto di portarglielo”. a questo numero: Sembra di capire che non vi limitate a servire in Sergio Bolzonello, Alberto Cassini, tavola, ma fate anche un’operazione culturale. Davide Coral, Paola Dalle Molle, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, “Esatto. Noi spieghiamo il piatto al cliente: la Periodico di informazione Mauro Fracas, Enrico Galiano, e opinione della città sua storia, l’importanza degli ingredienti, le sue Franco Giannelli, Piergiorgio Grizzo,
La Città
di Pordenone
Tiratura 7.000 copie
Ilario Sartor sotto la bella insegna di ferro battuto dell'osteria
Editrice: ProgETTO grafico: Associazione “La Voce”, Francesca Salvalajo Viale Trieste, 15 (2°piano) Foto: archivio La Città, Pordenone
SOTTO LA LENTE
Direttore respONSABILE: Flavio Mariuzzo
Profili, scatti d’autore Davanti alle vetrine dello studio, in Galleria Asquini, capitava spesso di vedere le persone incantate davanti ai ritratti fotografici esposti, che spesso immortalavano personaggi noti di Pordenone. Ora Profili si è trasferito in via Gemelli n.6 Gli scatti di uno shooting fotografico firmato Profili potrebbero vivere da soli. Pieni di forza e intensità, essi vanno ben oltre il semplice clic trasformandosi in opere uniche, capaci di ritrarre anche ciò che non si vede. Francesca e Renzo Daneluzzi, i fotografi dello studio, sono un ottimo esempio di quell’eccellenza tutta pordenonese capace di grandi traguardi. La loro attività nel tempo ha raggiunto livelli importanti sempre affiancata da una modestia questa volta, tutta friulana. In realtà, se chiedete a Francesca e Renzo qual è il segreto di un simile successo, oltre vedervi davanti agli occhi un lungo e minuzioso curriculum, vi sentirete rispondere solo questo: la passione. Un ingrediente importante, ma non certo l’unico per coloro che sono diventati maestri nel raccontare con l’immagine la vita delle persone, attraverso uno stile personale dove la più fervida vena creativa convive con la più moderna ricerca artistica. Davanti alle vetrine dello studio, in Galleria Asquini, capita spesso di vedere le persone incantate davanti ai ritratti fotografici esposti, capaci di ricreare l’atmosfera di una galleria d’arte all’avanguardia. Le foto, sempre di grande formato e spesso in bianco e nero, hanno immortalato molti personaggi noti di Pordenone. Lo Studio Profili è stato avviato negli anni ’80 a San Vito al Tagliamento mentre la sede di Pordenone è stata inaugurata nel 2009. E’ nato così nel cuore della città, uno spazio
Enzo Marigliano, Nico Nanni, Giuseppe Ragogna, Daniele Rampogna, Antonino Scaini
professionale per tutti i servizi legati all’immagine: dal mondo della moda, al life style, allo scatto pubblicitario per i prodotti delle aziende. Tra le specializzazioni: il ritratto, i servizi fotografici matrimoniali e la foto industriale. Nel 2000, Profili inizia il rapporto con il mondo della moda, prima per alcune aziende friulane e venete di abbigliamento poi a Milano per grandi marchi, in particolare per Lorenzo Riva, uno dei più importanti stilisti italiani con il quale i fotografi avviano un intenso lavoro di collaborazione per i vestiti da sposa, quindi per il prȇt-à-porter e l’Alta Moda. Dai primi scatti al successo il salto è breve. Profili inizia a firmare i servizi pubblicitari e le foto per le più importanti riviste del settore: da Vogue Italia, Vogue America e Vogue Sposa al Corriere della Sera e Repubblica imponendo il proprio lavoro a livello internazionale. In particolare, nel 1990 Profili vince concorsi e premi ottenendo allo stesso tempo i maggiori riconoscimenti del settore, non ultimo il Kodak European Gold Award e il Qualified European Photografer Portrait. “La cosa più difficile in fotografia è rimanere semplici” aveva detto Anne Gaddes, una grande fotografa. Oggi lo studio conta su referenze importanti a livello nazionale vantando uno stile unico e inimitabile targato Pordenone, di cui essere orgogliosi. Paola Dalle Molle
Gigi Cozzarin, Ferdi Terrazzani, Clelia Delponte, Italo Paties, Luca D’Agostino
Impianti stampa: Visual Studio Pordenone Stampa: Tipografia Sartor PN
Provincia di Pordenone
BRANKO LENART Sguardi sulla Stiria 14 settembre - 10 novembre 2013 Sale espositive della Provincia Corso Garibaldi, Pordenone
orari: sabato - domenica 10.00 - 19.00 In occasione di Pordenonelegge.it: da mercoledì 18 a domenica 22 settembre 10.00 - 20.00 ingresso libero
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La Città
amara piace
Ottobre 2013
A pochi chilometri da Pordenone la Caffetteria Torinese di Palmanova ha vinto il Premio Miglior Bar d’Italia
Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone
di Mara del puppo
Il caffé è un piacere? Dipende dal bar! Nessun pordenonese tra i 21 bar che hanno ottenuto il massimo punteggio del Gambero Rosso. E allora, senza che nessuno si offenda, vediamo quali sono gli ingredienti di un bar perfetto analizzando i punti di forza del vincitore piuttosto comune… La Torinese ha portato a casa anche il Premio Illy, credo non serva aggiungere altro.
Quest’anno ho avuto l’occasione di collaborare per alcune guide editate dal Gambero Rosso. Tra i locali da recensire che mi sono stati assegnati, c’era anche la Caffetteria Torinese di Palmanova che – e ve lo dico con una punta di orgoglio anche se non è certo merito mio – si è aggiudicato il Premio come Miglior Bar d’Italia. Ventuno i bar classificati con il punteggio massimo “tre tazzine e tre chicchi”, a rappresentare l’eccellenza del panorama italiano. Tra loro il locale di Palmanova è stato giudicato da una insigne giuria come il numero uno. Visto che giochiamo in casa, l’occasione è ghiotta per capire che cosa distingue il Miglior Bar d’Italia dai locali che non hanno concorso a raggiungere questo importante risultato, magari fornendo un modello di riferimento utile a chi volesse migliorare. Ben s’intenda, migliorare non per una segnalazione in una guida, ma per la soddisfazione – anche economica – di essere “scelti” ogni giorno da una clientela affezionata. E partiamo dall’Abc.
Pasticceria e lievitati per la prima colazione: la Torinese sceglie ottimi croissant e decide di produrre nel laboratorio interno mignon, frolle, babà e tartellette. E qui il panorama di gran parte dei bar si fa un po’ più triste: nessuno si aspetta che tutti i locali abbiano un laboratorio interno, ma la scelta di un buon fornitore può fare la differenza. Certo la qualità si paga. Costa al titolare del bar ma anche al cliente. Pochi centesimi che potrebbero però risultare determinanti a garantirvi una buona colazione. Siamo alla voce pausa pranzo, e qui la Torinese stacca tutti. In primis perché non c’è una pausa pranzo. Dalle 7 a mezzanotte, 7 giorni su 7, potreste perdervi nel menù delle meraviglie: scampi crudi, ostriche di Bellon, battuta di fassona piemontese, mini hamburger al foie gras e una notevole varietà di formaggi, da abbinare alle molteplici etichette presenti nella cantina a vista, in cui non mancano birre artigianali. Un livello di varietà e qualità come questo richiede un impegno e una competenza fuori dal comune. Significa puntare tutto sul vostro locale, ignorando il fatto che non si trovi nel centro di Milano e scommettendo che, se manterrete un livello così alto, la clientela verrà a cercarvi. In Friuli è una scelta coraggiosa, la Caffetteria Torinese l’ha vinta.
Punto primo: il caffé! Un espresso come “Dio comanda” per un bar ubicato in Italia è imprescindibile. Pordenone in questo si difende, anche grazie alla vicinanza al capoluogo triestino e alla presenza di una torrefazione locale che produce un caffé di tutto rispetto. Ma attenzione alle altre preparazioni: un cappuccino a regola d’arte richiede un latte cremoso e compatto, non gonfio d’aria, che coli nella tazza senza l’ausilio di un cucchiaino. E poi la temperatura “scotta lingua”, altro errore
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Ramona e Ionela del Doney di Galleria Asquini, il Bar "inventore" del tramezzino a Pordenone al quale dedicheremo un articolo nel prossimo numero de La Città
Non ci aspettiamo di trovare ovunque questa offerta, ma eliminare i toast a base di pane al profumo di alcool a favore di pane fresco - magari di un bravo fornaio… - e salumi affettati al momento o quasi, o sostituire i primi piatti precotti con una pasta espressa, forse non sono obiettivi così irraggiungibili. Ambiente e pulizia: la Torinese ha studiato e osato un restyling che rinnovasse i suoi spazi rendendoli più luminosi e moderni. Il risultato è una cornice contemporanea, minimal ed elegante, che valorizza anche il dehors esterno affacciato sulla splendida Piazza di Palmanova. Non tutti i bar hanno la fortuna di essere inseriti in angoli così suggestivi, ma curare gli interni e mantenerli decorosi potrebbe essere un grande passo avanti, non sempre così scontato.
In ultimo il servizio, un sinonimo di professionalità. La capacità di saper accogliere un cliente passa attraverso la capacità di saperlo consigliare. Non pretendiamo che il barista sia per forza un sommelier, che faccia del nostro aperitivo un’esperienza indimenticabile; vorremmo solo trovarci di fronte ad una persona ben disposta, informata circa l’offerta a disposizione e magari sorridente… Perché andare al bar non è indispensabile, lo facciamo per un momento di piacere, per un caffé fatto con amore, per una chiacchiera in una giornata storta. L’attenzione a ciò che viene servito è importante, ma il “come” forse lo è ancora di più. Non basterà per diventare il Miglior Bar d’Italia, ma sono certa che qualche cliente in più arriverà.
SOTTO LA LENTE
Quei menù poco invitanti (mdp) L’ispirazione di questo piccolo approfondimento nasce da un fatto di vita vissuta, non al di là del globo, ma nella vicina Slovenia. Un gruppetto di amici si siede al ristorante e comincia a leggere con attenzione il menù tradotto in italiano per scegliere cosa ordinare. Scorrono riga per riga tra le proposte, fino ad arrivare a “cani arrostiti caldi con senape, maionese, ketchup”. Strabuzzano gli occhi. Chi non ha mai dato ad un vicentino del “magna gatti”? Ma che gli sloveni avessero certe abitudini alimentari proprio non era cosa nota. E in effetti non si trattava di una particolarissima specialità tipica, ma solo di una traduzione della parola inglese “hotdog” un po’ troppo letterale. Quante volte vi è capitato in occasione di un viaggio all’estero di trovare imbarazzanti traduzioni di qualche piatto italiano? O magari qualche consonante al posto sbagliato o un singolare che diventa magicamente plurale.
Un notissimo blog del settore ha fatto un elenco dei più comuni e spesso più divertenti strafalcioni: pens (penne); macarons (non i dolcetti, è il formato della pasta!); onioni (cipolla); fettuccini porcini (fettuccine ai porcini); pizza margarita; rabiata, all’arabiata, a larabiata (sugo all’arrabbiata). Per finire con la mitica “cazzata” siciliana. Siamo sempre felici di vedere quanto la cucina italiana spopoli fuori dai nostri confini, ma un traduttore più affidabile eviterebbe molti misunderstanding… pardon fraintendimenti!
La Città
VISTI DA VICINO
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Ottobre 2013
L’edizione 2013 di pordenonelegge ha messo tutti d’accordo. Godiamoci il meritato successo
E naufragar m’è dolce, in questo mare di libri! manifesto che circola, che recita “Pordenone with l’ov”. Cammino in piazza Venti Settembre e lì, seduto a uno dei tavolini del Posta, c’è Martin Amis. Il giovane scrittore Francesco Gungui che pubblica una foto della città su Twitter e poi scrive “E chi lo sapeva che Pordenone era così bella?”. E in effetti è così, e vien da chiedersi quanti siano, in Italia, quelli che non la saprebbero neanche trovare sulla cartina, figuriamoci riconoscere per la sua bellezza. Alla fine però, in questi giorni di settembre, quando decine di scrittori arrivano qui, prima fanno la faccia stupita, poi escono sempre parole lusinghiere e tornano a casa contenti. Pordenone piace a tutti, alla fine: tranne che a molti pordenonesi. Balasso che dal piedistallo del suo “Scritore” prende in giro tutti quelli che un po’ se la tirano, con la storia dello scriver libri, specie in un’epoca in cui sta diventando quasi più difficile non averne mai pubblicato uno. Quel pienone fuori dai vari incontri della “Mappa dei sentimenti”, e poi ti avvicini e vedi quello che non ti aspetti, cioè che ci sono anche loro, gli uomini – gli anni scorsi erano più rari che Cassano in libreria – e invece, grande sorpresa, eccoli, educatamente in fila – d’accordo alcuni sono lì ad accompagnare la moglie o la morosa – ma ci sono anche quelli da soli – a sentire scrittrici che parlano di amore e odio e inquietudine, e se c’è un segnale che le cose stanno proprio cambiando nei nostri reciproci rapporti, che i ruoli si stanno un po’ invertendo – donne sempre più dure, uomini sempre più teneri – forse è proprio lì, in quei tendoni. I giovani scrittori del ring del “Fight reading” che dispensano, come consiglio per gli aspiranti scrittori, quello di “trovarsi un lavoro vero”. Il poeta Cappello che sul palco del Verdi parla della sua infanzia, e dice qualcosa che un po’ ti scioglie un po’ ti trafigge: “Ci costruivamo i giocattoli da soli, e c’incantavamo a veder trasformare il legno in qualcosa”. Mauro Corona che, sempre al Verdi, parla bene della crisi, dice che farà bene, perché l’arte
La gratuità non paga
“Pordenonelegge è come quando Kubrick faceva i suoi film stra-concettuali e lunghissimi e poi sbancava il botteghino”
Incontri tutti esauriti a pordenonelegge.it
di vivere è “Togliere, levare. Fare come quando si scolpisce.” Gente che tra il pubblico si chiede se ha bevuto, e lui che dice che no, per la prima volta in vita sua, non tocca alcol da due anni. Centinaia di persone fuori dal teatro, la sera di Saviano, e io che anche se ho il pass e potrei prendermela comoda mi metto lì, vicino, ad ascoltare quello che dice la gente, alcuni che non ne parlano per niente bene, sono lì in fila ma come per dire “Boh, ci sono capitato”, un quarantenne che dichiara a voce alta di aver iniziato a leggerlo quando ancora non se lo filava nessuno, una ragazza che confessa a bassa voce all’amica una cosa, che, su Saviano, ancora non avevo mai sentito: “Beh, secondo me è anche un bel ragazzo”. Poi lui arriva e attacca subito a parlare, e lo fa in un modo completamente diverso dal solito, i camorristi stavolta li prende in giro, racconta storie di inettitudine e stupidità, dove spicca quella del boss latitante che viene scoperto e arrestato perché non ha resistito a mettere le proprie foto in posa con le statue di cera del museo di Madame Tussaud, a Londra. Saviano che sa anche far ridere insomma, e che comunque cattura il pubblico, lo tiene lì, e allora il primo pensiero è che il 99% delle persone che ne parlano male lo fanno per invidia. Certo, quello che ha scritto lui era di dominio pubblico: tutti potevano conoscere quelle storie. Ma perché è proprio lui che la camorra vuole
uccidere? Perché arriva. Sa raccontare le cose. E oggi che tutto si può sapere tutto si può conoscere (o quasi), quello che manca di più é proprio chi lo sappia raccontare. Un ragazzo sulla trentina che parla al telefono, in piazza, la domenica, e che fa come per scusarsi con l’interlocutore di essere lì: ne ho beccati diversi, in questi cinque giorni, alle code per gli incontri, che al telefono o di persona venivano un po’ presi in giro per il fatto di essere lì – un po’ forse perché agli occhi di chi non legge tanto si rischia di sembrare un po’ snob, un po’ forse perché alcuni incontri sono con autori molto famosi e, viceversa, si rischia di sembrare troppo “mainstream” – alla fine Pordenonelegge sta proprio lì in mezzo, tra la festa pop e l’evento per pochi, Pordenonelegge è come portare in mezzo alla piazza un concerto di musica classica e vedere che la piazza si riempie tanto da non riuscire più a respirare. Pordenonelegge è come quando Kubrick faceva i suoi film stra-concettuali e lunghissimi e poi sbancava il botteghino. Pordenonelegge è 120.000 persone attorno a un libro. Pordenonelegge è come un luna park, solo che al posto delle montagne russe e del tagadà ci sono scrittori che su un palco raccontano storie, spiegano cose, descrivono paesaggi.
di Nico Nanni
La recente esperienza di “pordenonelegge”, che ha introdotto la formula degli “Amici” grazie alla quale i sottoscrittori con somme modeste potevano contare su un certo numero di appuntamenti prenotati, si è dimostrata un’intuizione felice: al momento di scrivere queste note si avviavano a quota 800 le persone che hanno desiderato divenire “amiche” del festival pordenonese. Non solo una benefica iniezione di denaro per la manifestazione culturale, ma anche – e a parer nostro soprattutto – un segno di affezione che dice quanto i pordenonesi e non solo tengano al loro festival letterario. Ciò induce a una riflessione più ampia sulla gratuità di molte, troppe manifestazioni. Ci sembra, infatti, che si tratti di un errore perché la gratuità non abitua la gente alla scelta “responsabile”, la induce a considerare tutto dovuto e a non distinguere la qualità dalla non-qualità, a poter accedere
ovunque e comunque (come e quando si vuole, magari con pargoli urlanti) tanto è “a gratis”, a non dare il giusto peso alle cose. D’accordo, c’è la crisi, in tanti fanno fatica a vivere, ma ciò nulla ha a che fare con l’abitudine – indotta da anni da chi organizza, specie pubbliche amministrazioni – a proporre rassegne e quant’altro a ingresso libero in una sorta di concessione a far divertire il popolo, che ricorda tanto quel panem et circenses di romana memoria. Se invece si utilizzassero le varie manifestazioni per “educare” la gente a una fruizione seria, consapevole e responsabile delle tante proposte, introducendo anche un biglietto a costo minimo, crediamo che tutto sarebbe molto più goduto e alla lunga avrebbe un ritorno maggiore e migliore per tutti: di chi organizza e di chi ne fruisce. L’esempio di pordenonelegge è a parer nostro illuminante e potrebbe fare strada.
DA VICINO. FONDAZIONE CONCORDIA SETTE
INCONTRI CON ARTISTI DEL NORD EST CONTEMPORANEO A CURA DI ANGELO BERTANI
Enrico Galiano INFO: TEL. 0434 553205 WWW.CENTROCULTURAPORDENONE.IT
continua dalla prima
LO SPIGOLO
SABATO
9 NOVEMBRE
ORE 17.30, INCONTRO CON
PAOLO COMUZZI SABATO
16 NOVEMBRE ORE 17.30, INCONTRO CON
MARIA ELISABETTA NOVELLO SABATO
INGRESSO LIBERO SALA APPI DEL CENTRO CULTURALE CASA A. ZANUSSI PORDENONE VIA CONCORDIA, 7
23 NOVEMBRE ORE 17.30, INCONTRO CON
MICHELE BAZZANA
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Ottobre 2013
La Città
musica
Pochi in città i luoghi dove esibirsi. Il futuro incerto del Deposito Giordani e le ordinanze anti rumore. di DAVIDE CORAL
Stati Uniti, primi anni dell’Ottocento. Ai deportati africani viene proibito l’uso delle percussioni indispensabili nei loro riti religiosi, fatti di ritmo e preghiera. Ma non può esistere divieto che vinca la voglia di stare assieme e allora la comunità africana si riorganizza, impara a battere il tempo con le mani e con i piedi: nasce così il tip tap. Questo piccolo aneddoto parla di privazione culturale che stimola la rinascita, proprio quello che si rivede in questi anni a Pordenone. Ma facciamo un passo indietro… Non so cosa voglio ma so come averlo C’è stato un momento nel quale la nostra città non era solo una città di provincia come molte altre, ma era un laboratorio, quello che le riviste chiamano “scena”: qui, all’ombra del campanile di San Giorgio, il movimento del Great Complotto incarnava un’avanguardia artistica di livello europeo. Giovani ragazzi imbracciavano le chitarre e cercavano di ricreare il suono importato dai soldati della vicina base USAF di Aviano. Band come i Tampax o gli HitlerSS raggiungevano Londra e improvvisavano show ai limiti della legalità e suonando strumenti di cartone. Il punk, come un pugno nello stomaco, aveva fatto il suo ingresso nel salotto buono di Pordenone e la nostra città rappresentava il ponte fra un’Italia legata ai cantautori e un’Inghilterra stordita da anarchici in giubbotti di pelle e borchie. Il movimento durò relativamente poco: come tutte le correnti di rottura, esaurita la spinta iniziale, rimasero in attività solamente i gruppi più rappresentativi. Ma qualcosa è rimasto, sotto forma di energia: in una Pordenone profondamente diversa, basta scavare un minimo per rivedere facce e idee di quei mesi così sconvolgenti. Il seme germoglia Dalle ceneri di uno dei gruppi di allora, i Futuritmi, altre due band hanno invaso la penisola: i Prozac+, un fenomeno da 175 mila copie con l’album Acido Acida, e i Tre Allegri Ragazzi Morti band di riferimento per il panorama indipendente nazionale. Questi ultimi, proprio nel 2013, hanno aperto 13 concerti della tournè di Jovanotti. Il loro album, Nel giardino dei fantasmi, è l’ultimo lavoro di una carriera sempre in crescendo, partita nel 1994 e arrivata oggi negli stadi italiani. Davide Toffolo, leader di questa band, non è solo un cantante, ma anche uno stimato fumettista, capace di ridare vita attraverso il disegno ad un personaggio come Primo Carnera. Non di solo rock vive l’uomo: uscendo dai confini cittadini, troviamo i Mellow Mood, un gruppo di ragazzi sanvitesi capaci di importare in maniera credibile il reggae, la musica dell’assolata Jamaica, nelle nostre campagne. Il loro successo li ha portati a sbarcare al Sziget, uno dei più importanti festival europei. A fianco a questi ragazzi, esistono innumerevoli altre realtà, più o meno conosciute, che portano il nome di Pordenone
Pordenone è ancora un Negli anni ’80, all’ombra del campanile di San Giorgio, il movimento del Great Complotto incarnava un’avanguardia artistica anticipata da gruppi come i Tampax e gli HitlerSS. Fu il pugno nello stomaco del punk nell’Italia dei cantautori. Su quella scia oggi i pordenonesi Prozac+, i Tarm e i Mellow Mood sono diventati band di riferimento del panorama indipendente nazionale. Accanto a loro ci sono gli affermati Teho Teardo, Remo Anzovino, Paolo Baldini e altri
GLI AUTORI DELLA PAGINA Le foto di queste pagine sono inserite per gentile concessione di Elisa Caldana, fotografa pordenonese e professionista emergente a livello nazionale. Vincitrice di diversi premi, è anche la fotografa ufficiale di Cinemazero. Alcuni sui lavori sono visibili su http://www.elypurple.it/ Davide Coral, 30 anni, pordenonese, è un appassionato di musica, cinema, letteratura, arte e cultura. Lavora a Pnbox.
SOTTO LA LENTE/1
Davide Toffolo, fumettista e front man dei Tre Allegri Ragazzi Morti
“Paure e libertà da provincia assoluta”
il piacere di arredare WORKSPACES
P. M. Interni di Padovese & Mascarin - Viale Marconi, 10 - 33170 Pordenone tel & fax 0434.27936 - info@pminterni.it - www.pminterni.it
Nel mio racconto, sia attraverso le canzoni che i fumetti, che ha visto Pordenone come tema centrale per molto tempo, l’ho sempre vista come la “provincia assoluta”, da una parte come città provinciale ma dall’altra anche libera. Libera nel senso di essere una città dove si può creare, così io l’ho vissuta da ragazzo. Era una Pordenone molto scura, drammaticamente morsa dall’eroina ma con una vitalità molto forte nella possibilità di reinventarsi. Oggi la città non è più così grigia, anche dal punto di vista meteorologico è cambiata, è diventata più sudamericana, però Pordenone soffre il dramma della provincia in generale: la paura, la paura del rapporto fra le persone. Qual è la tua speranza per Pordenone? La mia speranza è che Pordenone mantenga un rapporto con la sua identità, un’identità fragile e non radicata nel Friuli, quindi piuttosto nebulosa, ma sempre frizzante. Spero che anche la parte politica abbia la possibilità di capire questa identità. Se devo essere sincero in questo momento penso che ci sia una grossissima difficoltà di rapporto fra la dirigenza politica e la realtà che ci sta attorno, ma è vero che ultimamente a Pordenone ci sto poco e spero di essere smentito dai fatti. Più difficile suonare a San Siro o a Villanova? Sicuramente Villanova! (ride)
Davide Toffolo
La Città
musica
Ottobre 2013
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Nella Pordenone che diede i natali al Great Complotto è diventato difficile esprimersi con la musica
n posto per musicisti?
Dica trentatré E allora la musica a Pordenone gode di ottima salute? Sì, no, NI. La crisi economica è la causa (o il pretesto?) di una contrazione degli spazi per le esibizioni: il futuro incerto del Deposito Giordani, storico club per la musica dal vivo, le ordinanze anti rumore per il centro storico, tutto sembra indicare un disinnamoramento verso quest’arte. Eppure la musica è nel nostro DNA, arriva alle nostre orecchie attraverso l’eco di canti atavici attorno al fuoco delle caverne. E’ presente nella cultura contadina, fatta di vendemmie al ritmo di cantilene. È l’energia degli alpini coi loro canti goliardici, rappresenta la prima forma di comunicazione quando nasciamo e l’ultima quando l’organo accompagna il feretro in Chiesa.
Mellow Mood
Una difficile coesistenza Negli ultimi tempi si è assistito ad una guerra dei decibel, con i cittadini desiderosi di far rispettare il proprio diritto al riposo da una parte, e dall’altra i sostenitori del diritto all’arte e all’aggregazione ad ogni costo. Esiste una soluzione a tutto ciò? Si è veramente cercato un compromesso o si è preferito accontentare talvolta l’una e talvolta l’altra parte? Forse la strada da percorrere è culturale prima che politica: occorre superare l’idea che la musica appartenga solo ad alcuni, non è ad uso esclusivo di giovani, non guarda al ceto. Solo accettando la musica come parte integrante e fondante del tessuto sociale si può trovare un compromesso che soddisfi tutti, che faccia coesistere il diritto al sonno con l’altrettanto sacrosanto diritto all’espressione. Il serio rischio che si corre è quello di incancrenirsi su delle posizioni, senza giudicare il problema con il giusto distacco. Forse, guardando la questione da una certa distanza, mettendo a fuoco i vari attori in gioco, scopriremmo che la musica non è un problema ma una grossa opportunità. La musica è indotto, culturale ed economico, rappresenta una valvola di sfogo sociale, un incubatore di energie e di spinta vitale: non resta che augurarci una nuova stagione dove Pordenone e i pordenonesi ritrovino il tempo e lo spazio per salvaguardare l’innato talento artistico di questi luoghi.
Teho Teardo
Eva Poles
alla ribalta: se Teho Teardo è un affermato compositore per il cinema, Remo Anzovino si destreggia fra note di jazz e film muti. Inoltre il Teatro Verdi è la casa per stagioni musicali d’essai, la vicina Fazioli è un’eccellenza mondiale nella produzione di pianoforti, Paolo Baldini produce alcuni fra gli album contemporanei più importanti… La musica insomma è nelle nostre corde quanto le lavatrici o le vocali aperte.
Remo Anzovino
SOTTO LA LENTE/2
Claudio Scircoli, già membro fondatore dei MESS, attualmente amministratore delegato di Pnbox e proprietario della sala prove “Sounderia”
“Oggi c’è di nuovo molta energia nell’aria” Come racconteresti a chi non c’era l’energia del Great Complotto? Un concentrato di persone e di idee incredibilmente potente per una realtà piccola come quella di Pordenone: nei duecento metri che sviluppa il corso Vittorio Emanuele erano concentrati tre negozi di strumenti musicali e tre sale prove ciascuna delle quali ospitava decine di gruppi. L’aspetto più interessante è che tutto quello che accadeva in quest’ambito era assolutamente up to date rispetto al mondo anglosassone, mentre il resto dell’Italia marciava con un gap di almeno cinque anni. C’è ancora speranza di rivedere un movimento simile a Pordenone? Certi fenomeni sono irripetibili, ma potrebbe accadere qualcosa di analogo se tutte le energie sparse in questo momento, che sono ancora molte, cooperassero. Qualcosa si sta muovendo in città dal tuo osservatorio di Pnbox/ Sounderia? Consideriamo che importanti promoter italiani sono di Pordenone, etichette indipendenti di riferimento anche e una miriade di gruppi musicali si ispira a quanto accaduto qui in passato. Si è nuovamente innescato un meccanismo virtuoso fatto di imitazione, rielaborazione ed emulazione per cui tanti soggetti diversi stanno cercando il modo di comunicare verso l’esterno. Pnbox e Sounderia sono due hub importanti ed indipendenti che mi dicono che questo sta accadendo.
C.so Vittorio Emanuele, 23 - Pordenone Tel. 0434-27070 APERTO TUTTI I GIORNI DAL MARTEDÌ AL SABATO in orario continuato e TUTTI I LUNEDI POMERIGGIO
Claudio Scircoli
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Ottobre 2013
La Città
ASSOCIAZIONI
Società Operaia di Mutuo Soccorso, Filarmonica e Propordenone: le storiche associazioni pordenonesi cercano di DANIELE RAMPOGNA
Rosa Saccotelli Pavan dal maggio di quest’anno ha raccolto la pesante eredità di Italico Tubero alla guida della Società Operaia di Mutuo Soccorso ed Istruzione, storica realtà associativa di Pordenone che si propone di divulgare la cultura, incrementando e favorendo l’istruzione e sostenendo attività ricreative e di solidarietà. Presidente da quanti anni frequenta la Società Operaia? Ho iniziato a collaborare con la Società Operaia nel luglio del 1974, allorché Aldo Pavan, mio collega di lavoro alla Mutua Provinciale Coltivatori Diretti e volontario all’Operaia mi fece conoscere il presidente Italico Tubero, che mi ha invitato ad aiutarlo nel lavoro di segreteria. Io accettai questo impegno di volontariato. Nel 1979 Aldo divenne mio marito e così è iniziata la mia avventura. Cosa ha fatto di importante a Pordenone la Società Operaia? Le Società Operaie sono nate subito dopo l’aggregazione del Friuli all’Italia: Giuseppe Garibaldi e Quintino Sella hanno voluto fortemente queste realtà per sopperire ad alcune necessità che il neonato Stato Italiano non era ancora in grado di garantire, quali istruzione e mutualità. A Pordenone il sodalizio, istituito l’8 dicembre 1866, nel corso dei primi anni ha fondato due scuole la “Andrea Galvani” e la “Amilcare Caviezel”, e la prima biblioteca itinerante. Ha erogato sussidi malattia e straordinari per i soci aventi bisogno, consegnato contribuiti in caso di calamità naturali, ha costituito la Cucina Economica popolare. Ha costruito le prime case popolari per gli operai, ha partecipato alla fondazione della prima Banca di Pordenone, ha istituito il fondo pensioni e il fondo per i prestiti ai soci. Ha creato la Pro-Infanzia con le successive aperture delle prime colonie marine e montane a Caorle, Poffabro e Pradibosco. Inoltre, ha sostenuto la costituzione del primo asilo della città, il “Vittorio Emanuele II”. Negli anni successivi perse il suo primario scopo mutualistico, avendolo avocato a sé lo Stato, per orientarsi sempre di più verso l’associazionismo culturale e l’istruzione. Quanti sono i soci oggi? I soci sono circa 1.200 di ogni età, tra i quali spiccano molti studenti della Scuola di Musica: per favorire il rinnovamento c’è l’intenzione di avvicinare i giovani offrendo
Società Operaia, la solidarietà s’interroga sul futuro Rosa Saccottelli, presidente della Somsi: “Una nuova legge, approvata pochi mesi fa, impone alle Società Operaie d’Italia di scegliere se agire nel solo esclusivo ambito del mutuo soccorso o cambiare radicalmente le proprie finalità. Stiamo studiando il da farsi”
Il neo consiglio della Somsi
Bambini all’opera
momenti di incontro adeguati alla loro età. Quali sono le attività attuali? L’Operaia negli anni è sempre stata all’avanguardia con una serie di iniziative che vanno dai concerti di musica leggera al Galvani, ai concerti di musica sacra in duomo, alla promozione della musica lirica, alle mostre ad una proficua collaborazione con la Scuola Pubblica, che continua ancora, attraverso concorsi corali, musicali, attività artistico espressive, spettacoli teatrali e altro. Attualmente il fiore all’occhiello è la Scuola Popolare di Musica, costituita nel 1990 e cogestita con la Filarmonica cittadina. Oggi si apre una nuova fase per l’Operaia. In questi ultimi anni si sente l’urgenza di un rinnovamento della nostra presenza in città. L’Operaia è pure impegnata ad analizzare l’art. 23 del Decreto Legge 179 del 2012, convertito in Legge alcuni mesi fa, che impone alle Società Operaie d’Italia di scegliere se agire nel solo esclusivo ambito del mutuo soccorso o cambiare radicalmente le proprie
finalità. Stiamo approfondendo tutte le problematiche che questa legge ha aperto. Sveli ai lettori il segreto di Palazzo Gregoris … Edificato nella seconda metà del 1600, Palazzo Gregoris è uno dei più begli edifici storici di Pordenone, con una facciata di straordinaria bellezza. Forse non tutti sanno che era stato progettato per il Canal Grande a Venezia; poi, per delle complicanze burocratiche, la famiglia Gregoris decise di costruirlo a Pordenone. La sua salvaguardia e ristrutturazione sono il frutto dell’opera instancabile del presidente Tubero. Progetti per il futuro? E’ ferma intenzione attuare un ringiovanimento, non solo di età, ma di offerta e di novità partendo da un rafforzamento e un rilancio dei legami con tutte le realtà del nostro territorio. Il glorioso passato della Società Operaia sarà sempre un prezioso punto di riferimento, perché senza custodire e valorizzare il passato, non si costruisce il presente nè tantomeno il futuro.
PROPORDENONE
Pedicini: “A novembre un nuovo progetto per la città” Stiamo lavorando per adeguarci ai tempi con idee innovative e diventare un punto di riferimento per La Festa del Nonsel di quest’anno è stata un esempio di ciò che si può fare insieme Anche quest’anno il Bazar 6-14 della Propordenone, realizzato nell’ambito di Incontriamoci a Pordenone, si presenta all’insegna del tutto esaurito con la partecipazione di oltre 400 ragazzi. Si tratta di una manifestazione da sempre amata e vissuta con entusiasmo dai partecipanti, tanto che si sta vagliando l’opportunità di proporla anche in occasione dell’edizione primaverile di Incontriamoci. Tra i suoi primi estimatori c’è anche lo stesso presidente della Propordenone, Giuseppe Pedicini, che portava le figlie quando erano piccole. “Per loro - racconta - è stata un’esperienza molto bella. La più piccola però vendeva le sue Barbie nuove e coi soldi ricavati ne comprava di usate dalle altre bambine, oppure vendeva per una cifra modesta i costosi regali ricevuti dalla nonna il Natale precedente, facendola un po’ arrabbiare”. Lei è stato eletto presidente a marzo di quest’anno dopo 10 anni di vicepresidenza e più di 20 anni da socio, quale impronta vorrà dare al sodalizio?
“La Propordenone è un’associazione storica, dalle solide radici, ma deve adeguarsi ai tempi e aprirsi alla collaborazione con le altre associazioni. Per questo io lavorerò affinché diventi più dinamica e possa fare da punto di riferimento per le altre associazioni. La festa del Nonsel di quest’anno è stato un primo esempio di quello che si può fare tutti insieme. Noi vogliamo condividere con le altre associazioni la nostra esperienza e le nostre risorse”. Su cosa state lavorando in particolare? “Accanto alle manifestazioni tradizionali, come il Pan e vin, i premi San Marco, ecc., ce ne sono diverse che offrono spazio di manovra per introdurre novità, come il settore auto d’epoca che abbiamo affiancato al Mercatino dell’antiquariato e che sicuramente riproporremo. Nella nostra scuola di musica, la Pietro Edo, una delle più antiche della città, vogliamo potenziare la propedeutica e l’avviamento musicale sia per adulti che per bambini e abbiamo in cantiere diversi progetti per le scuole. Un settore che mi sta a cuore è l’attività editoriale, di cui vorrei potenziare la
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un riposizionamento della loro presenza in città e un linguaggio adatto al dialogo con le nuove generazioni
Arriva la Banda di Pordenone!
Filarmonica Città di Pordenone
Roberto Battistella è il più giovane presidente dell’associazione più antica: la Filarmonica Città di Pordenone. Dal 1837 accompagna la vita dei pordenonesi. Con un’età media di 30 anni (su 59 elementi) la Banda cittadina è uno dei sodalizi più giovani Quando l’ascoltiamo in concerto oppure la seguiamo nelle sfilate ufficiali ci mette sempre di buon umore, risveglia in noi nostalgie lontane di una vita passata, dove si apprezzavano le tradizioni e si creava aggregazione e gioia sincera. Parliamo della Filarmonica Città di Pordenone, o più semplicemente Banda cittadina che ha sede in via Concordia Sagittaria (di fronte alla Casa dello Studente). Da alcuni mesi ha un nuovo presidente, Roberto Battistella, 32 anni, che, affiancato dal direttore e maestro concertatore Didier Ortolan, a poco a poco, sta portando un’attesa e preziosa ventata di giovinezza. Roberto sei giovanissimo! Raccontaci un po’ di te. Sto studiando al Conservatorio Giuseppe Tartini di Trieste dove il prossimo anno mi diplomerò in clarinetto, strumento che suono anche in Banda, dove sono entrato nel 1998. Spieghiamo cos’è la Banda. L’Associazione Filarmonica nasce il 18 marzo 1837. Ad alcuni spettacoli assistette anche l’imperatore d’Austria Francesco Giuseppe I in visita a Pordenone in occasione di manovre militari attorno al 1848. Durante la seconda guerra mondiale il patrimonio culturale della Banda non andò completamente disperso ma si disseminò in diverse formazioni musicali minori, finché la Filarmonica risorse nel 1955 per volontà di alcuni cittadini ed istituzioni di Pordenone. Chi ne fa parte? In questi ultimi anni l’organico si è molto ringiovanito. Si passa dalla più piccola, Aurora, di 11 anni, fino ad arrivare al più anziano che ha 73 anni e suona il trombone. La media è di 30 anni. Credo una delle più basse in Provincia! La maggior parte proviene dalla Scuola Popolare di Musica co-gestita insieme alla Società Operaia: dal 28 settembre è stata intitolata
a Luigi Mascagni, cugino del famoso Pietro (quello della “Cavalleria Rusticana”), che è stato direttore della nostra Banda dal 1931 al 1933. La Filarmonica conta 59 elementi ed è composta esclusivamente da fiati (legni: clarinetti, oboe, fagotto, flauto e ottoni: trombe, tromboni, ecc. ndr) e percussioni (timpani, rullante, piatti, ecc. ndr). Chi suona in Banda lo fa per pura passione, dando l’anima in ogni occasione. Normalmente proviamo due volte a settimana”. Quali le vostre iniziative? L’attività ordinaria prevede il repertorio originale per Banda, ma ci piace lavorare anche su dei progetti, ad esempio con le musiche dei film. Di recente abbiamo debuttato con lo spettacolo su Totò e l’appuntamento sarà per le repliche dello spettacolo a Cinemazero per i 15 anni del Totò Fans Club e a Spilimbergo. Per il resto partecipiamo alle sfilate civili (25 aprile e 2 giugno) e religiose (la festa della Madonna delle Grazie l’8 settembre) e poi alla tradizionale Tombola davanti al Municipio. Mi piace ricordare “Parco Sonoro”, rassegna estiva promossa dalla nostra Associazione già da una decina d’anni nei parchi della città. Nel periodo invernale durante il “Natalone” manifestazione dell'amministrazione comunale realizziamo alcuni concerti assieme alle scuole primarie. C’è anche il progetto “Musica in Banda Larga” dove a numerosi bambini vengono proposte attività ludico-musicali per un avvicinamento alla musica. Infine, il progetto “Penne Nere a Pordenone” prevede, nell’ambito corale e strumentale, la collaborazione con gli Istituti Comprensivi della città per l’adunata nazionale degli alpini a Pordenone nel maggio 2014. D.R.
SOTTO LA LENTE
“Suono in 10 lezioni” le altre associazioni. capacità distributiva e la capacità di autofinanziarsi. Per La Loggia, nostro fiore all’occhiello che ci piacerebbe far diventare semestrale, abbiamo costituito una commissione di esperti per valutare e coordinare al meglio le proposte di articoli”. C’è qualche novità in arrivo? “A novembre presenteremo ufficialmente un nuovo progetto per la città, al momento ancora top secret, una iniziativa molto forte e incisiva. E poi lavoreremo sempre più per far diventare la Pro un laboratorio di idee, aperto alla città e alle altre associazioni”. C. Delponte
Le novità della scuola di musica “Pietro Edo” Sono al via anche quest’anno i corsi di musica indetti dalla scuola “Pietro Edo” di Pordenone e non mancheranno le novità, soprattutto per quanto riguarda i bambini. Le proposte formative principali, rivolte a grandi e piccini, saranno quattro: corsi professionalizzanti, corsi liberi, accademia pianistica “Pietro Edo” e didattica per l’avvicinamento precoce alla musica e allo strumento. Per quanto concerne gli adulti e i ragazzi ci sarà la possibilità di frequentare corsi di strumento e teoria professionalizzanti o liberi, corsi di pianoforte, chitarra, clarinetto, flauto, violino, violoncello, batteria, tastiere, canto, senza dimenticare l’accademia pianistica che vuole offrire un insegnamento specifico a tutti coloro che intenderanno intraprendere la carriera professionale. Per i bambini sono previsti corsi di propedeutica musicale e laboratori creativi a partire dai due anni e mezzo, corsi di musicoterapia per i diversamente
abili e il nuovissimo corso “imparo l’inglese con la musica” aperto ai bambini a partire dai tre anni con musicisti di madre lingua. Sono previste collaborazioni con orchestre e cori del territorio e con le scuole pubbliche, concerti di primavera tenuti dai docenti della scuola, dai ragazzi dell’Accademia e da un’artista di fama. Da evidenziare almeno due delle offerte previste per quest’anno: “suono subito in dieci lezioni” (pacchetti di dieci incontri da quarantacinque minuti per un primo avvicinamento ai diversi strumenti, rivolti ai bambini e agli adulti che intendono approcciarsi gradualmente alla musica) e le lezioni prova gratuite. La segreteria della Scuola di Musica “Pietro Edo”, in via Poffabro, a Pordenone è aperta dal lunedì al venerdì dalle 15.30 alle 18.30. Per informazioni tel. 0434522655, e-mail scuolapietroedo@gmail.com.
FISIOTERAPIA
TERAPIE
STRUMENTALI
TERAPIE
MANUALI
PORDENONE Via Turati 2 Tel. 0434 364150
RIABILITAZIONE
RIEDUCAZIONE
MOTORIA
CORDENONS Via Nogaredo 80 Tel. 0434 542283
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L’ANNIVERSARIO
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I membri provenienti da tutta Italia si incontrano mensilmente per gite e momenti conviviali
Totò Fans Club di Pordenone, 15 anni di risate con il Principe
Quando nacque nel ’98 fu il primo fan club ufficiale dedicato a Totò e ne parlò perfino TV Sorrisi e Canzoni. L’evento più emozionante fu l’incontro con Liliana De Curtis, figlia del Principe della risata, che inaugurò l’usanza dell’autografo sul muro all’Osteria Al Teston
Foto ricordo per i 10 anni del Totò Fans Club
Pranzo sociale
La torta dei 10 anni del Totò Fans Club nel 2008
Il prossimo novembre il Totò Fans Club di Pordenone compirà quindici anni. Gli “esperti in materia” scrissero, nel 1998, che quello della “nordica”, “polentona” e, all’epoca leghista, città di Pordenone, era il primo fan club ufficiale dedicato al napoletano Principe della risata. A noi, appassionati di Totò, questo ci onorava, ma non ci davamo grande peso, perché l’importante era stato quello di aver dato un punto di inizio, avere una data di nascita insomma. Scrivemmo perciò una lettera che si ispirava pur senza pretese di assomigliare a quella di Totò e Peppino nel film della Malafemmena: “con la presente vorremo rispondere a tutti coloro che hanno scritto chiedendoci informazioni (...e sono numerosi): per l’occasione il Totò Fans Club di Pordenone “viene con questa sua a dirrrvi!” che si è costituito l’11 novembre 1998, anno centenario della nascita del principe De Curtis, presso la sede del Cinemazero, importante realtà culturale di Pordenone e non solo…” In realtà i prodromi della sua nascita risalgono al mese di marzo Foto di gruppo con Liliana De Curtis nel 2003 del 1998, quando alcuni amici si ritrovarono all’Oratorio Don perfino un frate da Campobasso!... a ripensarci dopo anni ricordo Bosco per un cineforum sul comico napoletano. A questo quei giorni con simpatia…”). incontro seguì in maggio, a Cinemazero, la presentazione Da allora i membri, provenienti da diverse regioni d'Italia di un libro su Totò scritto dal giornalista Alberto Anile: (Friuli, Veneto, Campania, Sicilia, Puglia, ecc.) si ritrovano gli appassionati aumentarono. Passò l’estate e i contatti si mensilmente. Fin dall’inizio ci siamo riproposti l’obiettivo di infittirono. Poi la notizia della costituzione venne diffusa promuovere, documentare e divulgare, grazie al supporto di una da numerosi giornali locali fino ad arrivare a “TV Sorrisi e videoteca completa di tutti i suoi film e di una vasta bibliografia, Canzoni”, rivista di tiratura nazionale, dove furono pubblicati l’opera del grande Totò, senza disdegnare momenti conviviali i numeri di telefono di casa del sottoscritto e di Enrico che (con produzioni di manicaretti tipici delle rispettive regioni ricorda così: “…ci furono decine di telefonate da tutta Italia
di provenienza) e gite organizzate nei luoghi dove esistono testimonianze di Totò uomo e artista. Ma ci sono stati negli anni anche incontri culturali (col critico cinematografico Roberto Escobar oppure con la presentazione del libro “Totò si nasce” di Marco Giusti), musicali (“Totòsketch” con Daniele Sepe, che per l’amico Natale è stato un concerto straordinario ed unico sia dal punto di vista musicale che della qualità) e mostre di pittura (“ToutcourtTotò” di Andrea Petrone). Ma l’evento più emozionante ed importante del club fu l’incontro con Liliana De Curtis, figlia del nostro idolo. Venne tre volte in città per presentare i suoi libri dedicati al padre, e in una di queste occasioni festeggiò assieme a noi il suo settantesimo compleanno, dedicandoci una simpatica frase e inaugurando la stagione delle “scritte sul muro” nel ristorante che ci ospitava, in pieno centro storico. Quella sera Nunzia ha avuto l’onore di recitare la celebre poesia “A’ livella” assieme alla festeggiata, mentre Cristina e Vittorio provano ancora commozione nel ripensare all’abbraccio con Liliana, un incontro avvenuto veramente con il cuore e che ha lasciato un segno indelebile anche in tutti noi. Nel dicembre del 2003, al termine della ristrutturazione dell’Aula Magna del Centro Studi che aveva portato alla realizzazione di una nuova sala di proiezioni, un referendum “quasi plebiscitario” decretò che la suddetta sala venisse dedicata a Totò: un sigillo chiaro e perpetuo legava Pordenone al Principe. D.R.
SCUOLA
Per chi suona la campanella A poche settimane dal ritorno sui banchi un breve taccuino di memorie sul sistema scolastico italiano. Una istituzione ammalata di complessità che poi si affida alle prove Invalsi per misurare oggettivamente le prestazioni degli studenti C’era una volta la scuola del leggere, dello scrivere e del far di conto. Era una scuola dove entrare era considerato da molti quasi un privilegio, e da dove si usciva a volte ancora imberbi, ma con poche nozioni ben chiare in testa, legate alla memoria dai segnacci rossi e blu della temuta matita del maestro. A volte arrivava anche qualche scappellotto ben assestato, ma per lo più la cosa era tollerata, nella consapevolezza che il percorso scolastico avrebbe costituito un irrinunciabile viatico per la propria esistenza. Adesso questa scuola non c’é più, se non nelle memorie dei molti, ora con i capelli bianchi, che l’anno vissuta, e nei sogni di qualche politico che ne vuole riproporre alcuni aspetti (vedi il maestro unico o l’aumento del numero di alunni per classe), pur essendo venuto meno il
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IL LANTERNINO
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Riflessioni a margine delle crisi aziendali che hanno colpito anche il sistema economico pordenonese
Il lavoro tra necessità e felicità di ANTONINO SCAINI (assinvicti@gmail.com)
Un subdolo e, anche per questo, pericoloso effetto della crisi economica è quello di apparire come la causa prima, se non unica, di quella occupazionale, così da indurre un po’ tutti a confidare che, col superamento della prima, si risolverà automaticamente anche la seconda. Meriterebbe invece maggior attenzione e preoccupazione una non meno incisiva concausa che influisce e ancor più influirà nella difficoltà della domanda di lavoro, soprattutto giovanile, di trovare adeguata risposta: non tanto in termini di numero di posti disponibili o di misura delle retribuzioni, ma soprattutto di qualità delle prestazioni (intesa come attitudine delle stesse a costituire per il lavoratore, oltre che una necessità per sopravvivere, forse la principale opportunità per realizzarsi e per rapportarsi utilmente col mondo). Questa meno eclatante ma più profonda e delicata contingenza va individuata nella progressiva dequalificazione e spersonalizzazione del lavoro, che si rivela sempre più frutto (come direbbe Pirandello) del ruolo e delle mansioni del lavoratore “personaggio” piuttosto che della cultura, delle attitudini e delle aspirazioni del lavoratore “persona”. Un processo di svilimento delle competenze professionali, tecniche ed umane frutto della nefasta confusione, da un lato, della logica della ricchezza con quella del profitto e, dall’altro, del diritto al lavoro col diritto al posto di lavoro. E soprattutto caratterizzato da una sfrenata e
Vittime di una crescente applicazione delle economie di scala, le prestazioni lavorative vengono ormai misurate con criteri quantitativi che esasperano le scelte di automazione e delocalizzazione delle aziende. Questa è la vera malattia che affligge il lavoro e di cui la crisi economica ha solo acutizzato i sintomi. Occorre riportare al centro il fattore umano, l’unico che può dare valore aggiunto a prodotti e servizi Nelle officine Ford nasce la catena di montaggio e inizia la spersonalizzazione del lavoro. Chaplin, nel 1936, con il film “Tempi moderni” ne farà una inquietante parodia
spesso eccessiva standardizzazione delle attività (non solo manuali) che ha colpito, creando i maggiori danni, anche il settore terziario e dei servizi e che invece di liberare i lavoratori dai comportamenti ripetitivi e meccanici ha finito per soffocarne la volontà, le capacità e i meriti individuali al punto di omologarli sino ad assimilarli ad una risorsa strumentale qualsiasi. Vittime - proprio in quanto sempre più indistinte e fungibili - di una crescente applicazione delle economie di scala, le prestazioni lavorative vengono ormai misurate e valutate esclusivamente con criteri quantitativi (in particolare costo e tempo della lavorazione) che alimentano ed esasperano le scelte di automazione e delocalizzazione delle aziende, in tal modo destinate a diventare, oltre tutto, organismi sempre meno legati a “propri uomini” e ad un “proprio territorio”. Privi dunque, essi pure, d’identità. Questa è la vera malattia che affligge il lavoro e di cui la crisi economica ha solo acutizzato i sintomi. Dalla quale però difficilmente il malato guarirà se non con una terapia diretta a recuperarne e privilegiarne i valori qualitativi e l’essenziale contributo ad essi offerto dal fattore umano. E che riesca a rimarcarne per prima la funzione formativa, di crescita personale e sociale piuttosto che generatrice di profitto e, non ultima, la fisiologica capacità di catalizzare ed esaltare le tante positive pulsioni degli uomini, quali la
creatività, lo spirito di iniziativa, la solidarietà. Perché ogni uomo fa per quel che è ed è per quel che fa e perché egli produce ricchezza (e non mero profitto) solo quando, attraverso il lavoro, costruisce se stesso ed il mondo in cui vive sentendosi così utile e felice. Per far ciò, i lavoratori (e i sindacati) per primi dovranno prenderne coscienza ed affrontare, con impegno ma anche con entusiasmo, una sfida ardua quanto gratificante. E dovranno mettersi in gioco investendo e scommettendo su se stessi, assumendosi qualche nuova responsabilità e rinunciando a qualche vecchia sicurezza. Ma un importante e decisivo sostegno potrebbero trovarlo nei consumatori e utenti, consapevoli che la qualità dei prodotti e, più ancora, dei servizi è soprattutto dovuta al valore aggiunto del fattore umano e che, in ogni caso, la otterranno solo e nella misura in cui la pretenderanno. Rispetto alla qualità, dunque, è la domanda ad essere determinante. È d’altronde del tutto illusorio attenderci che ad offrirla provvedano autonomamente le imprese, in quanto più attratte dal profitto che dalla ricchezza e, anche per questo, non lungimiranti (salvi rarissimi casi) né pazienti per puntare ai benefici che la virtuosa dinamica “lavoro-utilitàfelicità-ricchezza” può assicurare.
OLA
contesto sociale di cui quel tipo di scuola era espressione. Col passare del tempo, una mutata sensibilità e le accresciute esigenze formative espresse dalla società si sono tradotte in una serie di richieste che si sono aggiunte, non sostituite, a quelle prima in vigore nel sistema scolastico. La scuola doveva offrire una formazione di qualità e di massa, rigorosa nelle valutazioni ed attenta al retroterra socio-economico degli alunni, per evitare di divenire “un ospedale che cura i sani e respinge i malati” (don Milani) perpetuando in tal modo ingiustizie e disparità sociali. Don Milani ha fatto scuola in ogni senso, eppure il principio secondo cui “se un compito è da quattro, io gli do quattro”, ribadito dalla professoressa di stampo tradizionale contro cui don Milani rivolgeva le sue critiche, lo si sente risuonare ad ogni scrutinio. Nel frattempo la società si è arricchita di nuovi attori, come i migranti, ed è stata data voce a nuovi bisogni, come quelli relativi ai diversamente abili, o semplicemente ai portatori di “bisogni educativi speciali” (BES), quali ad esempio i dislessici. Questo spostamento dell’attenzione verso i bisogni della persona e del singolo sta avvenendo, e qui si annida l’ennesima contraddizione, all’interno di classi sempre più numerose, le ben note “classi pollaio” dove l’insegnamento viene impartito tenendo fede al connubio efficienza-efficacia proprio di ogni buon sistema industriale (e di ogni buon allevamento di animali da
cortile). Nel frattempo, la scuola viene caricata di ulteriori disposizioni normative, come quelle relative alla didattica per competenze, che a livello di principio imporrebbe un riorientamento della attività di insegnamento, ma che di fatto si aggiunge al tradizionale modo di far scuola italiano fondato sui contenuti. Ammalata di complessità, questa istituzione ha iniziato a manifestare una sintomatologia di rigetto propria di questo tipo di patologia. A farne le spese, è stato, per fare un esempio, l’INVALSI, che si propone di misurare “oggettivamente” le prestazioni del sistema scolastico italiano attraverso parametri messi a punto nel sistema anglosassone, del tutto diverso da quello nazionale. Per evitare che la scuola non soccomba sotto il peso della complessità, sarebbe necessario innanzitutto un esercizio di chiarezza. E’ ancora la scuola uno “stipendificio” da dove poter drenare risorse senza un effettivo impatto per la qualità della didattica o piuttosto una istituzione dove una pluralità di saperi trovano un faticoso momento di sintesi ad opera di quei team polispecialistici costituenti i consigli di classe? E se la scuola è l’incarnazione di un’idea di futuro, quali e quante concezioni di avvenire si sono depositate, se non incrostate, fino ad ora nella scuola italiana? Sono domande cui sarebbe meglio non differire ancora la risposta, perché non vi sarebbe alcuna campanella a suonare qualora si oltrepassasse il punto di non ritorno. Mauro Fracas
per lo sviluppo del territorio
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controcorrente
Dopo decenni di chiacchiere finalmente sono stati sbloccati due progetti strategici per il territorio locale
Carcere e ospedale, ora basta guerriglie di GIUSEPPE RAGOGNA
Alla fine conviene vedere il bicchiere mezzo pieno. Le procedure per la costruzione dell’ospedale e del carcere sono state finalmente sbloccate. È già un buon risultato. Dopo decenni di chiacchiere, è maturata la scelta dei siti nel rispetto di due principi importanti: il contenimento dei costi (senza rischiose avventure debitorie, tipo project financing) e la tutela del territorio (senza sprechi di suolo). Così l’ospedale si farà nuovo, in via Montereale, vicino a quello attuale, e non più nelle campagne della Comina. Mentre il carcere sarà costruito a San Vito al Tagliamento, nell’area di una caserma dismessa. È stato tagliato il traguardo minimo, cioè quello della localizzazione delle due strutture. Sugli investimenti c’è un impegno di massima: all’incirca 200 milioni di euro per il primo intervento e una trentina per il secondo. Sono cifre importanti per le imprese, soprattutto in tempo di crisi. Resta però un rammarico: le decisioni sono state prese fuori da Pordenone, a Trieste e a Roma, perché è sempre maledettamente complicato gestire in casa tutte le fasi delle operazioni, dall’inizio alla fine. Capita spesso che nei momenti più delicati si debba invocare il paracadute esterno per evitare che la ricorrente fiaba di “Sior Intento” allunghi all’infinito la sua monotona filastrocca: “Vustu che te la conti o vustu
“Ora, come accade in tutte le società “mature”, le contrapposizioni dovranno ricomporsi in strategie costruttive, per raggiungere gli obiettivi di un ospedale efficiente e moderno, ben inserito in una rete di servizi territoriali, e di un carcere dignitoso, che garantisca i diritti delle persone”
che te la diga?”. Poi, la mancanza di concretezza in loco determina gesti di frustrazione, che allungano i tempi di esecuzione dei lavori. È evidente che siamo in presenza di una sorta di “maledizione” tutta pordenonese. Il confronto (sempre necessario) non converge quasi mai nella sintesi finale. Ogni passaggio è messo in discussione. Spesso questo accade perché il livello partecipativo è scarso, superficiale e impalpabile. Le scelte maturano all’interno di partiti fragili, eccessivamente personalizzati, che privilegiano percorsi autoreferenziali, sempre minacciati da capovolgimenti di fronte. Nel caso specifico dell’ospedale, la bozza di accordo di programma è riaffiorata in superficie soltanto in prossimità della campagna elettorale, cioè nel momento meno opportuno. Ed è stata accantonata. È inevitabile che, senza un approfondimento delle questioni, il confronto diventi incandescente, praticamente ingestibile. È il segno di una mancanza di
autorevolezza della classe dirigente, che si dimostra incapace di portare a termine le scelte più importanti. Così il deficit di rappresentanza è una delle cause dello scarso “peso politico” di Pordenone ai livelli più alti delle istituzioni. E questo tipo di problema, se non si trova il modo di risolverlo una volta per tutte, rischia di alimentare un localismo rancoroso che compromette ogni relazione. Ora, come accade in tutte le società “mature”, le contrapposizioni dovranno ricomporsi in strategie costruttive, per raggiungere gli obiettivi di un ospedale efficiente e moderno, ben inserito in una rete di servizi territoriali, e di un carcere dignitoso, che garantisca i diritti delle persone. Per questo motivo è meglio seguire il corso della realpolitik. È chiaro però che operazioni così complesse non costituiranno delle allegre passeggiate, soprattutto nel caso dell’area destinata alla nuova struttura sanitaria, dove si dovrà lavorare vicino a una
struttura in piena attività. I tempi dovranno essere necessariamente rapidi. È il caso quindi di far diventare l’ospedale un “sorvegliato speciale”, per ogni tipo di controllo e di rispetto delle promesse, senza più contrapposizioni ideologiche. Adesso si entra nella fase dell’esecuzione, che è preminentemente tecnica, non più politica. A meno che non si verifichi un terremoto nei partiti, il centro-sinistra governerà per i prossimi cinque anni. E, sull’ospedale, la presidente Serracchiani ci ha messo la faccia e non cambierà idea. Allora, perché a Pordenone si dovrebbe perdere tempo per sabotare l’operazione? E se dopo cinque anni di irresponsabile guerriglia dovesse rivincere il centro-sinistra? L’obiettivo è invece il buon senso, per raggiungere un risultato concreto. Su questo versante si misura anche il grado di maturità della città e della sua provincia. Una volta tanto sarebbe meglio mettere l’elmetto in soffitta. La guerra è finita.
VISTO DALLA CAMERA
Pavan:“Sui mercati esteri inversione di tendenza per fatturato e ordinativi” I dati del secondo trimestre 2013 della Camera di Commercio sull’economia locale inducono a un cauto ottimismo
Ogni volta che stampiamo un libro sappiate che l’abbiamo anche ripiantato. Stampare St Sta mp mpa mpare paare è il il n nostro ostro ost ro lav ro lavoro o e la or oro l car carta arrtaa è llaa nost arta n nostra ost stra tra ra ris rrisorsa ri o saa più ors più i pre p preziosa: ziosa: zio ssa: a:: p pe per er er q ques questo uessto abbiam ues ue abb abbiamo bbia iam a o scel sscelto cellto di celto d imp impegnarci mpegn mp egnarc eg egn arcii arc fav aavo voree dell’ambiente del d ell’aamb ell’a m ent mbi e e otte o ttte ttenen eendo laa cer ccertificazione ertifi erttifi ificcaz caazion ione one FSC, FSC, C il sistema C, si siste sste tem maa di d gestione gestio ges t nee forestale tio ffor orest es ale respo re rresponsabile. espo sponsa nsabil ns nsa bi e. bil e. a favore ottenendo P r continuare cco ont nti tinua uaaree a offri u o ffr re ff ffri r un ser e viz vizio io all’altezza all ’al all alltez ezzza za delle de le vostre del vo tree es vos esige ige genze nze ze ne rrispetto isp s etto ett tto dell d el a n ell natu a ura atu r e dell d ell e ggenerazioni ell en ene neraz r ion raz io i ffuture. utu uture. ure. re. Per offrire servizio esigenze nell risp della natura delle
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Letta utilizzando il solo parametro congiunturale, l’analisi dei dati di rendicontazione economica trimestrale della Camera di Commercio di Pordenone relativa al tessuto socio economico della Destra Tagliamento, ci dice che forse qualcosa è alle spalle. Non è così. Va infatti analizzato e precisato che il primo trimestre dell’anno ha fatto segnare, in assoluto, il punto più basso di sempre ed era quindi facile prevedere un confronto di segno positivo e che il valore tendenziale, quello su cui si appunta maggiormente l’attenzione degli analisti, è ancora in sofferenza nel confronto col 2012. A dispetto di ciò vi è un dato che consente di essere cautamente ottimisti rispetto alla tanto agognata ripresa, vale a dire l’andamento dell’export che riprende sia in congiunturale sia in tendenziale dopo un ultimo, preoccupante e inedito tonfo sino a -5%. «Nel loro complesso – ha detto Giovanni Pavan, Presidente della CCIAA – le indicazioni non sono particolarmente positive, a dimostrazione che la crisi è tutt’altro che alle spalle. È però importante notare l’inversione di tendenza, direi repentina, dell’andamento sui mercati esteri, sia in termini di fatturato sia di ordinativi. Ma vediamo i dati nel loro dettaglio analitico.
ANALISI CONGIUNTURALE. Trimestre in ripresa, si diceva, rispetto al precedente: produzione (2,4% rispetto al -4.3%), fatturato (7,3% rispetto al -7.7%), fatturato estero (6,8% rispetto al -2.8%), ordini interni (3,6% rispetto al -5.1%), ordini esteri (4,5% rispetto al -5.0%) e costi di produzione (0,7% rispetto al +1.1%). Invariato il prezzo di vendita e leggera flessione (-0.4%) dell’occupazione. ANALISI TENDENZIALE. Luci e ombre sull’analisi tendenziale. Ecco i macro dati: produzione (-2,8%), fatturato (-1,1%), fatturato estero (1,3%), ordini interni (-5.1%), ordini esteri (2.9%), costi di produzione (+1.1%), prezzo di vendita (-0.5%) e occupazione (-0.6%). PREVISIONI PER IL III TRIMESTRE. Il sondaggio tra le imprese sulle previsioni per il terzo trimestre 2013 evidenzia un clima attendista. Prevede infatti una forbice di oscillazione tra il -2% e il +2% il 41% delle imprese alla voce Produzione, il 40% per quanto concerne il fatturato, il 42% ordini interni, il 58% ordini esteri, il 65% prezzi di vendita e l’82% occupazione. Sempre in tema occupazione il 9% pensa che vi sarà un incremento superiore al 2% mentre l’8%, che elide il dato precedente, pensa a un calo. Bene l’estero, con un 58% di intervistati che immagina una tenuta e il restante 22% che ritiene, al contrario, si possa crescere di oltre 2 punti.
La Città
CRONACHE
Ottobre 2013
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Dopo il fallimento del Dream Village ha destato qualche perplessità l’apertura della faraonica multisala PAROLA MIA
L’anno zero della promozione turistica
di SERGIO BOLZONELLO
di più, verrà veicolata una “comunicazione orizzontale”, in grado di sposare passioni e interessi specifici, raggiungendo così precise nicchie di mercato. Ai modelli tradizionali di comunicazione verrà accostato il C2C (consumer to consumer) che sposa i social network. Sarà necessaria, in tal senso, una convergenza finalizzata a riportare all’agenzia Turismo FVG tutte le azioni promozionali in precedenza gestite anche da altri enti, come Ersa e Promotur. Un’unica regia regionale che coordinerà tutti gli aspetti e che organizzerà, attraverso chiare indicazioni, le attività degli attori turistici di tutto il Friuli Venezia Giulia. L’obiettivo è avviare un nuovo ciclo che superi le nostre intrinseche criticità, ovvero quelle legate ad un’offerta con scarsa propensione all’innovazione di prodotto e la difficoltà di riuscire a fare sistema all’interno di un unico brand, quello del Friuli Venezia Giulia. La direzione su cui dobbiamo operare è una promozione che sappia “illustrare e raccontare” al mercato le molteplici identità turistiche presenti della nostra regione senza gerarchie, ma in una logica di complementarietà. Nell’immediato dobbiamo lavorare per integrare il turismo estivo, prevalentemente concentrato sulle coste, con un turismo culturale, paesaggistico ed enogastronomico che caratterizza tutto il nostro entroterra. Inoltre, vi è da rafforzare l’offerta legata ai weekend lunghi, indirizzandola ad una capillare conoscenza del territorio. Il turismo del Friuli Venezia Giulia deve diventare non semplice offerta, bensì esperienza.
Ragazzi alle slot, pensionati al bingo, mezza età in sala da ballo e vip al ristorante. Come al Billionaire, il mitico locale di Flavio Briatore in costa Smeralda, la selezione è davvero rigorosa. Lo sguardo del gigante d’ebano sulla soglia. Al suo fianco la minigonna-taccododici regge la lista dei tavoli
continua dalla prima Una scafata signora sulla sessantina, accompagnata da marito libero professionista altrettanto navigato, osserva con sarcasmo: “Ma dove semo qua? A Pordenon o a Dubai?” E per articolare meglio il suo ragionamento sostiene che certe mega strutture ormai fanno fatica a tenere botta anche a Milano e Roma, figuriamoci in provincia. Qui non siamo mica nella capitale degli Emirati Arabi, ricettacolo internazionale di miliardari... Siamo a Pordenone con i cassaintegrati della zona del mobile e dell’Ideal Standard. Altri, con capelli brizzolati e faccia da paraculi, scommettono su quanto durerà e ricordano che lo stile faraonico sembra il medesimo di quando nel 2004 inaugurò la cattedrale del fitness di Cordenons. Cambiano le cattedrali, ma il deserto, bene o male, resta lo stesso, anzi, adesso è più arido. Stesse scene anche il primo sabato dopo la prima. Parcheggio esaurito con Maserati e Bmw in pole position e utilitarie ad un chilometro, infilate ovunque, sui marciapiedi e dentro ai fossi. Coda Euro 20,00
all’entrata, dove una squadra di statuari lottatori mandingo con giacca, cravatta e auricolare seleziona gli ingressi e incanala i flussi della clientela: ragazzi alle slot, pensionati al bingo, mezza età in sala da ballo e vip al ristorante. Qui, come al Billionaire, il mitico locale di Flavio Briatore in costa Smeralda (che nel frattempo ha chiuso...) la selezione si fa davvero rigorosa. Lo sguardo del gigante d’ebano fulmina sulla soglia una combriccola di ragazzini con felpe e jeans con cavallo basso. La minigonna con tacco dodici che è al suo fianco regge la lista dei tavoli. “Mi dispiace, stasera si entra solo su prenotazione” è la formula rituale per allontanare gli indesiderati. L’occhio allenato della minigonna-taccododici è più efficiente di uno studio di commercialisti. Da alcuni dettagli all’apparenza insignificanti come l’orologio e le scarpe, è in grado di indovinare la tua ultima denuncia dei redditi con un’approssimazione di qualche decina di euro. Ma due marpioni quarantenni, semplicemente
sfoggiando con stile e nonchalance polo Ralph Lauren e maglioncino sulle spalle, riescono miracolosamente a superare i controlli e ad entrare. Dentro, nel cerchio magico degli eletti, l’atmosfera è sofisticata come in un club di Soho. La vipperia consuma aperitivi sull’isola
mario tomadini LE PIETRE PERDUTE
Il poeta Ippolito Nievo, definiva la nostra regione “piccolo compendio dell’universo”; un estratto che ho avuto modo d’impiegare in varie occasioni perché in grado di dare corretto senso all’enorme offerta culturale, paesaggistica, naturale ed enogastronomica che ci contraddistingue. Il nostro territorio è infatti una scoperta continua e questa consapevolezza è oramai diffusa. Una ricchezza questa, che dobbiamo valorizzare ed impiegare per differenziarci da una concorrenza sempre più agguerrita. La nostra prossima sfida, in ambito turistico, è infatti la capacità di costruire strutture e progetti che sappiano veicolare e promuovere questa potenzialità, attraverso una maggiore competitività e il miglioramento degli standard qualitativi. La finalità è quella di evidenziare la vitalità che ci contraddistingue, elemento che si visualizza chiaramente anche nel nostro brand, Friuli Venezia Giulia, che al suo interno contiene la parola live. Punto di partenza per le prossime politiche turistiche è il singolo utente con le sue aspettative e le sue esigenze; è infatti basilare tenere in considerazione i cambiamenti che interessano il turista nei suoi comportamenti di fruizione e di spesa. Queste necessità, sempre più specifiche e mirate, devono trovare corrispondenza in un’offerta adeguata in grado di corrispondere ad esigenze culturali, sportive, naturalistiche, enogastronomiche e di svago. In tale direzione stiamo cambiando radicalmente la nostra strategia di comunicazione attraverso un impiego, sempre più massiccio del web e dei social media. Ai turisti, sempre
Società allo specchio tra illusi e disperati bar e pasteggia a lume di candela, mentre alle pareti gli schermi al plasma ed un gioco di riflessi riproducono in loop il viso di una donna creando un’atmosfera futuribile alla Blade Runner. Fuori, nel frattempo, nella suburra del bingo e delle sale slot si accalca fino a notte fonda il popolo dei giocatori; gli unici che frequentano la faraonica multisala anche il lunedì successivo, quando al ristorante c’è solo una giovane coppietta che si tiene per mano in un tavolo a lume di candela, lievemente imbarazzata, al centro della sala, mentre dal palco arrivano le tristi note di un sax e i camerieri sbadigliano. Nessun altro si avvicina, perché i 30 euro del menù fisso, bibite escluse, di questi tempi non sono un grande incoraggiamento. Però la sala slot è piena di gente all’ultima spiaggia, aggrappata alle macchinette dall’orario di apertura a quello di chiusura. È la tragicomica contiguità di illusione e disperazione, che fa del Pianeta del Divertimento la sintesi perfetta dei nostri giorni. Piergiorgio Grizzo
mario tomadini
LE PIETRE PERDUTE Nel Piano del Cavallo sulle tracce del Rifugio Policreti (1925-1944)
ori nelle migli a In vendita ci n vi o ella Pr librerie d
Edizioni “La Voce” - Pordenone
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La Città
APPUNTAMENTI
Ottobre 2013
Fino al 12 gennaio, negli Spazi espositivi di via Bertossi, una mostra sulla grafica dalla rivoluzione ai giorni nostri
¡Mira Cuba! L’evento che non ti aspetti L'innovazione delle avanguardie artistiche Pop-Art americana, dadaismo, Futurismo Russo e Impressionismo Tedesco si coniugano con la tradizione figurativa simbolica popolare in un gioco di rimandi ecclettico e solare caratterizzato da ironia, allegria e forza cromatica
TEATRO
Uno spettacolo di foto Con la mostra “Low Tone” del fotografo Vasco Ascolini prende il via il progetto Photoinscena ideato da Teatro con la regia di Italo Zannier e la partnership dell’Università Ca’ Foscari.
Alcuni manifesti in mostra
Una terra di suoni e di colori densa di echi letterari e artistici. Cuba è una terra capace di sprigionare grandi fascinazioni e di esprimere personalità, proposte culturali e contenuti espressivi di assoluto valore. La mostra ¡Mira Cuba! in corso negli Spazi espositivi di via Bertossi a Pordenone fino al 12 gennaio 2014, promossa dal Comune di Pordenone e realizzata in collaborazione con l’Associazione in Movimento, ne approfondisce uno degli aspetti forse meno conosciuti, ma di riconosciuta qualità e pregio: la grafica, nello specifico quella sviluppatasi in particolari condizioni sociali, politiche e culturali dopo la rivoluzione castrista del 1959: anni di grandi aspettative di cambiamento e di forte carica utopistica, di cui la scuola grafica del cartel cubano restituisce tutta la tensione e l’impegno per la costruzione di un mondo diverso senza scadere in rigidità dogmatiche, mantenendo intatta l’immediatezza, la libertà espressiva e la freschezza creativa. La grafica cubana si fa ammirare per varietà, colori, forza emozionale e iconografica. La mancanza di materia prima, derivante dalla difficile situazione economica causata dall’embargo, spesso costringeva tecnici e artisti a ingegnarsi per trovare soluzioni alternative, stimolando approcci innovativi e graficamente insoliti. Accanto agli argomenti sociali e politici (sezione nella quale non mancano suggestive rappresentazioni di Che Guevara o argomenti come la riforma agraria), spicca la comunicazione culturale, in particolare legata al cinema, tanto che proprio all’interno dell’ICAIC l’Istituto Cubano dell’Arte e dell’Industria Cinematografica trovò spazio e
sede una delle più rinomate e dinamiche scuole di grafica e di comunicazione nel mondo. I manifesti cinematografici andarono però oltre la semplice promozione commerciale, diventando un luogo privilegiato di ricerca ed espressione dell’identità estetica degli artisti, trasformandosi in opere d’arte dal valore indipendente e duraturo, dando origine a una vera e propria rivoluzione in campo visivo e nelle soluzioni plastiche. Interessante è l’immaginario visivo associato a celebri film di tutto il mondo dalle labbra rosse su sfondo bianco dei “Baci Rubati” di Truffaut, alla cinematografia giapponese per arrivare agli italiani “Giulietta degli spiriti” di Fellini, “C’eravamo tanto amati” di Ettore Scola, a “Il caso Mattei” di Francesco Rosi, dove campeggia un energico Superman. Importante è naturalmente la sezione dedicata alla cinematografia cubana, tra cui la Lucia di colorito pop di Raùl Martinez. Diversi sono i pezzi unici come il manifesto per il film Harakiri del regista Masaki Kobayashi firmato da Antonio Fernandez Reborio nel ’64 con una ferita rossa a forma di stella a 4 punte. Simbolo del cinema visto dalla prospettiva cubana fu lo Charlot creato Muñoz Bachs. Dal punto di vista stilistico i lavori in mostra (oltre 200 tra manifesti e bozzetti originali) coniugano mirabilmente l’innovazione delle avanguardie artistiche (pop-art americana, dadaismo, futurismo russo e impressionismo tedesco) con la tradizione figurativa e simbolica popolare (caratterizzata da colori brillanti e sacralità dell’immagine) in un gioco di rimandi eclettico e solare caratterizzato da ironia, allegria e forza cromatica.
Dai volti inconfondibili di Marcel Marceau e Lindsay Kemp, alla perfezione dei gesti di Carolyn Carlson, i Momix, il mistero del teatro Kabùki, i corpi scolpiti del Tokyo Ballet… sono alcune delle foto che compongono la mostra Low Tone, che rimarrà aperta fino al 18 dicembre nel Teatro Verdi di Pordenone. Una quarantina di opere fotografiche del fotografo internazionale Vasco Ascolini, molte conservate al Metropolitan Museum e al Moma, che, utilizzando una particolare tecnica del bianco e nero, ritraggono grandi protagonisti del teatro mondiale degli anni ’70 e ’80 Con l’apertura di questa esposizione, il Teatro Comunale Giuseppe Verdi ha inaugurato lo spazio fotografico per la stagione 2013-2014 e ha dato il via al nuovo progetto Photoinscena avviato con la “regia” di Italo Zannier, friulano illustre, uno dei padri della fotografia in Italia, in partnership con l’Università Ca’ Foscari di Venezia, che ha inserito Photoinscena nel suo percorso didattico. “Low Tone”, che gode del
sostegno di Graphistudio e della casa editrice Terra Ferma, è stato anche presentato alla stampa nella prestigiosa sede di Ca’ Foscari a Venezia. La mostra ha anche dato il la, seppur in fase ancora sperimentale, alla stagione dei “foyer aperti”, nuovo passo verso la politica di un teatro sempre più rivolto alla città, al territorio e alle sue eccellenze culturali. Dalla fine di ottobre, due volte alla settimana il Teatro sarà aperto al pubblico anche durante il pomeriggio e, oltre a offrire la possibilità di visitare le mostre, nei suoi foyer proporrà appuntamenti sempre diversi (fra poesia, libri, cinema, musica), con ingresso libero. Una nuova opportunità che il Teatro mette a disposizione “nell’ottica di una visione sistemica di un territorio – così ha sottolineato il presidente Giovanni Lessio - che ha nella cultura un elemento sempre più importante e strategico di promozione e sviluppo seguendo l'idea di un Teatro che vuole essere centro di riferimento e propulsore di cultura a 360 gradi”.
GALLERIA SAGITTARIA
Frank Dituri. Delle cose non viste Fino al 17 novembre, alla Galleria Sagittaria di via Concordia a Pordenone, in mostra una sessantina di opere recenti del grande fotografo italo americano Frank Dituri, che vive e lavora tra Italia e New York. Le sue opere sono esposte in tutto il mondo. Attualmente è impegnato nel dipartimento d’arte della Libera Accademia di Belle Arti di Firenze. “… Sono stato il primo nato in America della mia famiglia di immigrati italiani, che si stabilirono a New York dopo la seconda guerra mondiale. Ho vissuto la mia vita a cavallo tra due culture…”, dice di sé Dituri. “La fotografia di Frank Dituri – afferma il critico americano David A. Lewis – testimonia il suo credere fermamente nelle qualità essenziali e mistiche della vita. Le sue foto sono evocative e rivelatrici. A volte celebrano la realtà tramite
la registrazione meticolosa di fenomeni naturali. Tuttavia, nelle ultime decadi, la maggior parte dei suoi lavori è caratterizzata da un’illuminazione misteriosa, da una messa a fuoco morbida, offuscata in modo suggestivo. Le immagini sono belle e silenti, ma raramente statiche”. Orari da martedì a domenica: 16-19 (ingresso libero). Chiuso 1 novembre 2013. Per informazioni: 0434 553205 - cicp@ centroculturapordenone.it
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