La citta n 76 febbraio 2015

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La Città

LA CITTÀ • Numero Settantasei • Febbraio 2015 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCI PORDENONE • Copia in omaggio Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • e-mail: info@lacitta.pordenone.it • Sito web: www.lacitta.pordenone.it

EDITORIALE

Il Noncello mormorò ché le motivazioni Abbiamo voluto di fondo siano aprire questo nututtora valide e i mero della Città problemi siano con una dichiarimasti irrisolti. razione d’amore Il rischio che si per Pordenone. respira nel PorNe sentivamo denonese, però, davvero bisogno è la rassegnazione. in questo periodo. È Come se un destino fatale una storia che ci apre gli occhi su quello che siamo stesse per abbattersi sulla e che (quasi sempre) non Destra Tagliamento e vediamo. Perché non riu- l’azzeramento (o per lo sciamo a guardare oltre, a meno il declassamento) staccarci da terra, a volare delle sue istituzioni fosse alto. Apriamo con la sto- inevitabile. E soprattutto ria di una giovane artista come se tali istituzioni un po’ bohemien, che ha fossero solo dei totem identitari e non dei centri trovato in Pordenone il luogo ideale in cui vivere erogatori di servizi al tessuto economico e sociale e creare. La piccola città, adagiata sulla riva del fiu- di una comunità che ha giustificato la loro presenme, ricca di storia, arte e cultura, con la quinta del za con la sua crescita, con Piancavallo che ne proteg- il suo dinamismo, con il ge le spalle e con il mare a suo contributo al Pil mapoca distanza. Ambiente teriale e immateriale (vedi la cultura) della nostra fedelmente riprodotto regione. Oggi Pordenone nello stemma comunale con una Confindustria con le sue porte aperte all’accoglienza, al dialogo, locale che conta il maggior numero di aziende ai commerci. Una città che non è Roma, la Gran- iscritte in Friuli Venezia de Bellezza, ma nemmeno Giulia, con una Camera di Commercio che a il grigio avamposto sul confine orientale puntel- queste imprese offre importanti servizi (ma che lato di caserme rimasto ha anche creato e gestito impresso nella memoria fino a ieri Pordenonelegdei militari di leva. Da qui dobbiamo riparti- ge), con una Fiera che re, dall’orgoglio di abitare è la più attrattiva della in un posto in cui è bello Regione, con un tessuto sociale dove l’immigraziovivere. ne pesa per circa il 15% Nella sua breve storia la rendendo di fatto indinostra giovane provincia spensabile una Prefettura non ha mai ricevuto sconti. Ha sempre dovuto forte e vicina ai problemi della popolazione, ebbene lottare con il coltello fra questa Pordenone non i denti per conquistare deve più prendere in conanche ciò che le spettava siderazione l’ipotesi del di diritto. A dirlo sono passo indietro, del ritorno gli studi del compianto “sotto” Udine, da sempre Abele Casetta che non si avvertita come “metrostancava mai di ripeterlo poli” fagocitante. L’idea (peraltro senza essere smentito): la ripartizione dell’umiliante retrocessione è anacronistica. delle risorse pubbliche, La realtà economica, quelle che servono per mantenere adeguati livelli sociale, culturale di questa provincia, le sue di sanità, infrastrutture, straordinarie capacità di servizi, cultura e altro, intrapresa, la sua varietà deve avere come paradi talenti non si possono metro oggettivo di base annullare e ogni aggregail numero di abitanti di zione che vada nella direun territorio. Se ciò non avviene si generano inevi- zione di sottrarre servizi, risorse e ossigeno a questa tabili sperequazioni. Oggi tornare su questi ar- effervescente comunità è gomenti fa sbuffare più di semplicemente impratiqualcuno. Eccoli là, sem- cabile. Più che temere il pre la stessa solfa, aria frit- passo indietro, Pordenone deve avere il coraggio e ta. È vero. Ormai questa minestra è stata scaldata e la forza di promuovere e, all’occorrenza, imporre, riscaldata talmente tante volte che il solo riproporla il passo avanti. E il passo fa venire la nausea, ancor- avanti è il recupero del continua a pagina 3

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PRIMO PIANO La testimonianza di un’artista romana innamorata della nostra città

“Questa città ha una energia speciale”

Creatività, spirito imprenditoriale, qualche risorsa per partire e una connessione veloce ad Internet. Oggi basta questo per essere cittadini del mondo. Ai giovani si aprono praterie di opportunità, anche a Pordenone Il servizio a pagina 3 SCRITTI CORSARI

CONTROCORRENTE

Un’improbabile mostra

La città che sogno

di ALBERTO CASSINI

di GIUSEPPE RAGOGNA

C’è chi vorrebbe – l’ho letto nello scorso numero di questa testata – una grande mostra del Pordenone. La proposta è apprezzabile (è senz’altro la figura di maggior spicco nello stentato pantheon cittadino) e servirebbe ad affrancarci dal grigiore in cui s’affonda, ma francamente non la condivido. C’è il rischio che ad uscirne male non sarebbero solo i coordinatori della rassegna, ma lo stesso Pordenone. Rischiamo insomma di replicare la mostra di Villa Manin che nel 1984 non fu un successo.

La città è un insieme di elementi, una spugna che assorbe le metamorfosi. Pordenone era città d’acqua, poi il boom economico l’ha trasformata in una linea continua di cemento estesa alle periferie: palazzoni, fabbriche, caserme. Oggi è in preda alle paure, perché nel modello di sviluppo senza limiti sono comparse profonde crepe. Il futuro non dà più nulla per scontato, impone invece percorsi diversi dal passato. Stavolta sì che più degli “schei”, prosciugati dalla crisi, contano le idee. Che direzio-

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SCRITTI CORSARI

Febbraio 2015

L’avvocato Alberto Cassini interviene nel dibattito sulla (mancata) valorizzazione de “Il Pordenone”

Sul de’ Sacchis prima del superfluo occupiamoci dell’essenziale Ci preoccupiamo di una mostra, quando non siamo neppure riusciti a riscattare (aprendola alla pubblica fruizione) la casa del Pordenone o a dedicargli un monumento

continua dalla prima

Di Passariano non mi piacque nulla a cominciare dal poster, quel cavaliere piumato sembrava un gallinaccio impettito, quasi un plagio dal Romanino. Penso poi a certi inserimenti che suscitarono più perplessità che consensi. Il ballo campestre, ad esempio, è un’opera di bottega ben lontana dall’esuberante vigoria del Pordenone freschista, nulla più di una scena di costume riconducibile ad un anonimo Brueghel nostrano che bazzicava nell’atelier del maestro. A Villa Manin spiccavano poi troppe ingiustificate assenze: la pala di Susegana, intrisa di suggestioni cimesche e belliniane, il Beato Lorenzo Giustiniani dall’aristocratica tensione narrativa, l’Immacolata di Capodimonte che anticipa l’enfasi barocca di Rubens. Senza dir poi delle tele irreparabilmente guastate dalle ridipinture ottocentesche come la pala di Torre e lo scomparto centrale del trittico di Varmo. Meglio piuttosto il catalogo: Caterina Furlan ha per il Pordenone (a quel che pare, ricambiato) un debole e come coordinatrice scientifica della rassegna non deluse le aspettative. Nessuno, ne sono convinto, sarebbe riuscito a far meglio di lei. S’ebbe poi all’epoca gran Galleria Harry Bertoia Pordenone Con il patrocinio di

fervore di studi e l’esemplare ricognizione dei regesti sulla vita del Pordenone (219 di cui 80 inediti) a cura di quello straordinario studioso che è Paolo Goi. E anni dopo seguì l’esemplare intervento sullo studiolo (rimasto a tutt’oggi ineguagliato) di Giulio Cesare Testa. Lorsignori – cui fu all’epoca rinfacciato il miliardo e mezzo della spesa – s’arroccarono dietro i numeri: ottantamila presenze (comprese le scolaresche precettate) non sono poche. Non sempre tuttavia la qualità d’una rassegna dipende dal flusso dei visitatori. E di 'sti tempi – viste le esangui risorse di Comune e Regione – latiterebbero anche i fondi. Ci preoccupiamo dunque d’una mostra, quando non siamo neppure riusciti a riscattare (aprendola alla pubblica fruizione) la casa del Pordenone o a dedicargli un monumento. Prima insomma del superfluo converrebbe preoccuparsi dell’essenziale. Abbiamo sotto gli occhi l’esempio di Castelfranco, ove la casa di Giorgione (dopo la scoperta degli affreschi nel 1991) fu immediatamente acquistata dall’Amministrazione civica e restaurata. Pensiamo poi alla casa di Ti-

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7 febbraio 29 marzo 2015

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Il modello realizzato dagli avianesi Alberto Fiorin e Vittoria Baik e pubblicato dieci anni fa dal nostro giornale con la proposta all'Amministrazione comunale di farne un monumento per piazzetta Cavour, che avrebbe potuto diventare piazzetta del Pordenone (foto Stefano Ciol)

ziano a Pieve, del Mantegna a Mantova, di Cima a Conegliano, del Vasari ad Arezzo, di Piero a San Sepolcro, del Palladio a Vicenza. Pordenone esce purtroppo sempre umiliata da questi confronti, conviene dunque attendere la prossima scadenza centenaria. E veniamo al nostro Giovanni Antonio. Di lui s’è scritto molto e mi guardo bene dal riproporne un profilo: è un argomento che straripa e rischierei d’annoiare il lettore. Sappiamo che esordì – secondo la testimonianza del Vasari – “in contado”, in un ambiente congeniale al suo temperamento spavaldo e scanzonato, manesco e spac-

cone. E certe sue opere di quel periodo – rivedo la Natività di Valeriano – paiono davvero rustici presepi. Come uomo Giovanni Antonio si divise imparzialmente fra l’atelier ed i salotti, fra i bristot ed i bordelli, sempre pronto a guadagnarsi a gomitate un posto di proscenio. Approdò in certe sue celebratissime opere ad esiti concitati e drammatici (anche per suggestione di Michelangelo che vide a Roma) guadagnandosi l’attributo di pictor modernus, di disinvolto innovatore. Per Berenson – e molti lo ritennero un giudizio riduttivo – fu il primo dei maestri di provincia, ma accanto a lui c’è senz’altro il Lotto.

Egli visse un’errabonda boheme fra il Friuli, Venezia, Roma, Genova, l’Emilia e la Lombardia. Di quel suo frenetico attivismo scrisse l’ambasciatore di Ferrara: “è homo da ben et lavora continuamente, né getta via un minuto….”. Specialista insuperato nell’affresco, prima che alla ribalta s’affacciasse il Veronese non ci fu fra i veneti (salvo Giorgione) maggior freschista di lui. E quando l’umanista pordenonese Girolamo Rorario – reduce da nunziature e legazioni in tutt’Europa – rientrò a Pordenone gli chiese di decorare gli interni del proprio palazzo, ove Giovanni Antonio si sbizzarrì in audaci stravaganze compositive che sbigottirono i contemporanei. Il contatto con l’ambiente

tosco-romano ne aveva accentuata l’istintiva vocazione per l’effetto con esiti di ostentata teatralità. Divenne – per dirla con Vittorio Quirini – “l’enfatico precursore della pittura prebarocca o di maniera”. Ma è nei cicli di Piacenza e di Cortemaggiore, nei quali l’esuberanza narrativa viene temperata da reminiscenze raffaellesche, che rifulge il miglior Pordenone. Giovanni Antonio divenne dunque un artista conteso e alla moda, all’apice del successo ed alluvionato di commissioni non poteva che approdare a Venezia ove godette di solidi agganci e d’influenti protezioni. Sembra che lo stesso doge Gritti avesse un debole per lui che si sdebitò con un discusso ritratto. E agli occhi dei committenti divenne lo spavaldo antagonista del grande Tiziano. Anche la fine del Nostro – dopo una vita intrisa di passione e di mistero – suscitò come in un thrilling torbidi interrogativi: taluni contemporanei lo vorrebbero vittima del veleno e c’è chi insinuò il mandante fosse addirittura Tiziano. Nella leadership della pittura friulana gli subentrò il genero Pomponio Amalteo, un onesto artigiano del pennello che largamente attinse al repertorio del maestro. Ma la figura più intrigante della bottega rimane il nipote Antonio Sacchiense, che – dopo aver operato con mansioni gregarie nell’orbita dello zio – si trasferì in Lombardia lasciandovi singolari tracce del proprio talento: un personaggio dunque tutto da scoprire. Con la morte di Pomponio calò il sipario su queste vedettes del nostro Rinascimento minore, rimasero le scamorze, una grigia rassegna di mezzi busti: Giuseppe Moretto, i Secanti, il Floriani ed altri impacciati imbrattatele. Alberto Cassini


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Febbraio 2015

Natascia Raffio ha realizzato il sogno di un piccolo atelier nel cuore del centro storico di Pordenone EDITORIALE

“Ecco perché ti adoro, mia piccola Pordenone”

continua dalla prima

Il Noncello mormorò

Folgorata dalla bellezza dei luoghi e dalla qualità della vita di una cittadina a misura d’uomo la giovane Natascia si è trasferita in pianta stabile in riva al Noncello, dove ha avviato un proprio atelier. “Nell'epoca di internet le comunicazioni non sono un problema. Io lavoro qui, ma sono in contatto con artisti e committenti di tutto il mondo”

montagna. Quando esco dal mio studio e scendo in corso Vittorio Emanuele vedo le facciate affrescate delle case rinascimentali, i balconi liberty, e là in fondo il profilo innevato del Piancavallo. Qui c’è profondità, ci sono orizzonti, non si è soffocati dalla grandezza e dal caos”. “La sua apparente di PIERGIORGIO GRIZZO tranquillità – continua – nasconde una grande una cittadina, da qualche parte Pinki Moon è uno studio di effervescenza. Non è un lassù, in alto a destra, in quella pittura privato, ma anche plaga ignorata dai più che sta tra caso che abbia questa un salottino dove poter incredibile densità di artisti Venezia e il vecchio confine di chiacchierare d’arte, bere una Stato - suona alquanto singolare e creativi. Nel mondo tazza di thé o leggere un libro. dell’illustrazione e del perfino per chi, come noi, ama Lo ha aperto in vicolo Chiuso, fumetto in particolare con Pordenone e ci vive da sempre. nel cuore della Contrada i vari Toffolo, De Vita, “Sono arrivata qui per la Maggiore, Natascia Raffio, 36 Barison, Tofanetti, ma non prima volta nel 2002 per anni, pittrice ed illustratrice solo. Questa città ha per venire a trovare un’amica – romana, vittima di un’autentica forza qualcosa di speciale, racconta – e sono rimasta fascinazione, che l’ha portata, che non si capisce del tutto letteralmente folgorata. Decisi ormai oltre dieci anni fa, ad e non si spiega”. immediatamente che non abbandonare la Capitale per Appena approdata a appena completati gli studi alla trasferirsi in pianta stabile, a Scuola Internazionale di Comix Pordenone (dove poi ha vivere e a lavorare, in riva al di Roma mi sarei trasferita qui”. trovato anche l’amore, Noncello. sposando alla fine un “Roma è favolosa, ma è Nel suo atelier, che profuma enorme. Le sue dimensioni non pordenonese) Natascia ha di colori ad olio e di essenze svolto i lavori più disparati aiutano. Solo andare al lavoro aromatiche, Natascia dipinge, per potersi mantenere e rientrare a casa ti obbliga a illustra graphic novel e realizza mentre intraprendeva in sculture in materiali plastici, che passare ore e ore in auto o sui parallelo la sua carriera da si modellano a mano come creta. mezzi pubblici. Pordenone è artista. “Ho lavorato come piccola, comoda, vivibile. Una La sua scelta di vita – tutti all’Electrolux e poi bomboniera. È collocata in un abbandonare le opportunità in tutti, ma davvero tutti, contesto ideale, tra il mare e la della Capitale per “ritirarsi” in

nuncia la nascita di un tavolo finalizzato a concordare un’agenda comune. L’obiettivo è quello, d’ora in avanti, di muoversi uniti e non come cani sciolti, ognuno a difesa dei propri interessi. L’indole e la pacatezza di Pedrotti portano a pensare che l’iniziativa non avrà l’effetto dirompente di una bomba a grappolo. Ma non ci formalizziamo sui muscoli del capitano. Anche Dino Zoff aveva un carattere mansueto e taciturno: la sua Italia vinse lo storico mondiale dell’82. Ci sono tanti modi per raggiungere gli obiettivi. Si può “sacramentare” o privilegiare una sotterranea attività di lobbyng. Quel che conta è che si faccia qualcosa al più presto per non restare passivi e trovarci un domani prossimo di fronte a dei fatti compiuti senza più la possibilità di incidere. Fondamentale, lo ripetiamo, sarà avere chiara una cosa in questa fase. Il “tavolo” o qualsiasi altra strategia venga posta in atto non dovrà avere il taglio difensivo della vecchia “vertenza Pordenone” di cardiniana memoria, quando contro lo strapotere udinese si sentì il bisogno di erigere la Linea Maginot. Qui bisogna guardare avanti non solo per Pordenone. Occorre che da Pordenone nasca un’idea forte per la Regione, dobbiamo essere bravi a proporre un modello pordenonese di nuovo vincente, da cui consegua anche una equa redistribuzione sul territorio del Friuli Venezia Giulia di enti pubblici e privati, sedi di società finanziarie, presidenze e direzioni di associazioni, risorse economiche e umane (leggi posti di lavoro), centri di potere e dignità. Flavio Mariuzzo

Foto: Angelo Simonella

Una delle creazioni di Natascia

i call center della zona”. Non ha invece mai fatto la commessa o la cameriera perché i suoi capelli color lillà e le sue mise da pin up anni Cinquanta sono forse un po’ troppo appariscenti. Ama il pop surrealismo, una corrente artistica che si esprime con immagini legate al mondo dell’infanzia, che nascondono messaggi intimistici provenienti dalla vita dell’artista. “Non è neppure così vero che Pordenone sia defilata e aliena dai circuiti che contano – riprende – nell’epoca di internet, di skype, dei treni super veloci anche le comunicazioni non sono più un problema. Io lavoro qui, ma sono in contatto con artisti e committenti di tutto il mondo. Continuo inoltre a collaborare, insieme alla mia amica e collega Antonella Caraceni, che a sua volta di tanto in tanto fa capolino a Pordenone, con la Doroty Circus Gallery di Roma (è nell’elenco delle cento gallerie e musei più importanti del mondo insieme a cosucce come il Louvre o la collezione Gugghenhaim ndr)”. Ed ora la “colonia” degli artisti romani, che hanno eletto Pordenone come nuova patria, buen retiro e luogo di ispirazioni, potrebbe allargarsi. “Intanto – conclude Natascia – a breve anche mia mamma si trasferirà qui per aprire un negozio di abbigliamento inglese. Poi credo che molti altri ci seguiranno”.

modello policentrico dell’organizzazione regionale, ovvero quel modello che avrebbe dovuto caratterizzare l’Università del Friuli (non di Udine), con dipartimenti di pari dignità nei diversi territori. Invece, abbiamo visto quanto sia stata lambiccata fino ad oggi l’esistenza del Consorzio universitario pordenonese, sul quale vogliamo sperare che la partita non sia conclusa. Per come la vediamo noi, la formazione superiore deve essere uno dei driver della ripartenza del territorio, non un vezzoso optional. Questa sì è una linea del Piave oltre la quale non si deve retrocedere. Il tema, comunque, non riguarda solo l’Università. Così come non riguarda solo la Provincia, la Prefettura, la Camera di Commercio, l’Unione Industriali, la Fiera, il Cro oppure la figura e la valorizzazione del nostro maggior artista, Il Pordenone. Dobbiamo smetterla di vedere fantasmi ovunque (c’è stata un’alzata di scudi perfino sull’omaggio reso da Udine al Beato Odorico Mattiussi che è sepolto nel capoluogo friulano! Sarebbe come prendersela con i viennesi perché ricordano Padre Marco d’Aviano: francamente esiste un limite al campanilismo). Se non vogliamo giocare la solita, vecchia, battaglia di retroguardia ed essere giustamente tacciati di provincialismo dobbiamo partire dall’orgoglio, dall’identità e dalla forza di Pordenone presentandoci uniti (istituzioni, mondo finanziario, associazionismo culturale, tutti coloro che ci credono) per parlare con una voce sola. Possibilmente una voce altamente rappresentativa come quella del sindacopresidente Claudio Pedrotti, il quale nell’intervista che pubblichiamo all’interno an-

la vecia osteria del moro 30° La Grotta s.a.s. di Sartor I. & C. p.i. - c.f. 00575100938 Via Castello 2,0434|28658 [pn] laveciaosteriadelmoro.it info@laveciaosteriadelmoro.it chiuso la domenica


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Febbraio 2015

Conversazione con Claudio Pedrotti, sindaco e presidente della Provincia di Pordenone, al quale oggi tutti guard

“Al via il Tavolo per dotarsi di un’agenda comune” L’istituzione di riferimento annuncia la nascita di un Tavolo con le categorie economiche per dotare il Pordenonese di un’agenda comune e intervenire uniti sui vari fronti aperti di FLAVIO MARIUZZO

Foto: Angelo Simonella

Delle due l’una. O il can can sul declino delle istituzioni pordenonesi è una montatura della stampa. Oppure la classe dirigente locale non sa che pesci pigliare e assiste impotente all’affondamento della nave. Abbiamo incontrato Claudio Pedrotti con la voglia di smuovere le acque. Ma il sindaco-presidente, ancorché con la sua proverbiale flemma, sta già tessendo una ragnatela di contatti per dar vita a un fronte comune contro l’impoverimento del territorio pordenonese. E, soprattutto, smonta il senso di rassegnazione generato dalla presunta debolezza di alcune istituzioni locali, che deboli non sono affatto. A preoccupare, secondo Pedrotti, è la scarsa partecipazione al dibattito da parte della popolazione, che dovrebbe essere la prima a indignarsi e invece langue nell’indifferenza.

Pordenone è davvero in declino? Andiamo alla radice dei problemi. Pordenone ha perso posizioni come potenza industriale. Oltretutto è una provincia di soli 50 anni, che sono pochissimi. La storia ha dei cicli molto più lenti. Nel momento in cui diventiamo deboli su questo fronte apparentemente diventiamo deboli a 360 gradi. Tutto viene messo in discussione, a partire dalla Prefettura, che è un’icona identitaria simbolica, più di altre istituzioni perché rappresenta la presenza dello Stato. Ciò trascina tutto il resto, dall’Università alla sanità, anche se in quest’ultimo caso siamo riusciti ad ottenere uno dei tre hub regionali. Insomma, in un momento di apparente debolezza economica – e sottolineo “apparente”, perché non lo è nei numeri – anche tutto il resto sembra vacillare. La comunità come reagisce? Qui è il problema. Ancora una volta non siamo riusciti a creare un fronte comune a livello di città, prima ancora che come provincia. Chi dovrebbe farlo? Tutti guardano lei… Sicuramente la parte istituzionale deve esserci, ma dev’esserci anche la volontà degli altri partner. Occorre sentirsi parte della squadra. Come Provincia ci siamo già mossi per chiamare tutti i comuni a raccolta per difendere la Prefettura. Inoltre, gli organismi rappresentativi della parte economica, ovvero industriali, artigiani, commercianti, Camera di commercio dovrebbero darsi un minimo di agenda comune, invece di badare ognuno al proprio posizionamento.

La vicenda della Prefettura a che punto è? In questa fase stiamo attendendo gli effetti della lettera di sollecitazione per la nomina del nuovo prefetto che è stata inviata da Comune e Provincia al ministro Alfano, ovviamente sostenuta con un lavoro di lobbing a livello politico trasversale. Al destino della Prefettura, infatti, si lega quello di enti come la Questura e la Camera di Commercio che verrebbero depotenziati. Non è solo un problema di rinnovo del passaporto o di servizi che potrebbero essere dispensati per via telematica. È fiducioso? Abbastanza. Il fatto che si mettano in discussione le sedi provinciali degli enti induce a ritenere che non servano. Che senso ha difenderle? Significa difendere gli interessi di questo territorio. Il fatto che gli industriali pordenonesi abbiamo il loro punto di aggregazione in città è utile per affrontare problematiche specifiche e approntare strategie mirate. L’Unione Industriali di Pordenone è in termini numerici molto più importante di quella di Udine e di gran lunga più importante di quella di Trieste, al netto della Fincantieri. I numeri sono questi: circa 900 iscritti a Pordenone e circa 700 a Udine e il nostro peso è maggiore del loro. Punto. In una associazione regionale degli industriali Pordenone dovrebbe orientare le politiche perché ha i titoli per farlo. Eppure sembra che Udine conti di più, forse perché fa la voce grossa? Parlano i numeri.

SOTTO LA LENTE

AUDITORIUM CONCORDIA Palcoscenico della Provincia

Provincia di Pordenone Assessorato alla Cultura

FEBBRAIO 2015 Domenica 22/2

Lunedì 23/2

Mercoledì 25/2

Ore 16.00 16° Rassegna Regionale di Teatro Popolare

Ore 15.00

Ore 21.00 FrescoTeatroSocial/ Concordia

MAL CH’AL ZEDI... MALVASÌA!

CENTO RICETTE PER GENITORI EFFICACI

LA PAZZIA DI ISABELLA

Compagnia teatrale Arc di San Marc - San Martino al Tagliamento (PN)

Max Pisu e Roberto Gilardi

Compagnia teatrale Elena Bucci e Marco Sgrosso (Le Belle Bandiere) - Ravenna

Pordenone, via Interna 2 Per informazioni: Ufficio Cultura della Provincia di Pordenone tel. 0434 231 366 www.provincia.pordenone.it www.facebook.com/teatro.concordia

Con il sostegno:

Le iniziative sul web dei due quotidiani locali È partito il Gazzettino di Pordenone, con una campagna stile “vecchi tempi”, quando il giornale era uno dei motori identitari dello sviluppo locale ed aveva quasi il monopolio in termini di lettori. Oggi il paventato declino delle istituzioni locali ha portato la testata a schierarsi con una decisa presa di posizione a favore delle rivendicazioni pordenonesi lanciando attraverso il proprio sito internet la petizione “Io difendo Pordenone” che ha già raccolto centinaia di firme. Il testimone verrà poi messo nelle mani degli eletti in Consiglio regionale affinché siano più motivati e legittimati a individuare soluzioni e proposte

ai problemi della società pordenonese. Ancora più “social” la campagna per Pordenone promossa dal Messaggero Veneto che, sempre attraverso il proprio sito, ha lanciato l’hashtag #sospordenone invitando i lettori ad avanzare proposte per il futuro. L’obiettivo è quello di un brainstorming virale, sostenuto dall’edizione cartacea del giornale, per promuovere una visione futura condivisa e cercare di costruire insieme una nuova identità per la città di Pordenone. Le idee stanno arrivando a valanga: i driver per la ripartenza proposti dal popolo del web sembrano incentrarsi su giovani talenti, creatività, innovazione.


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dano perché si faccia interprete dell’orgoglio di un territorio che non vuole perdere servizi e dignità

“Dibattono giornali e istituzioni, ma la gente dov’è?” E allora? Esiste un lato politico che noi non governiamo direttamente. Che si faccia un’unica associazione regionale degli industriali è interessante. Si tratta di capire dove poi la si vuole collocare. Quando si parla di aggregare, stranamente, le sedi sembrano destinate a sparire da Pordenone per farle confluire altrove. Ma gli efficientamenti non possono essere tutti a nostro sfavore. Quindi quali sedi dovremmo ragionevolmente pretendere? Sicuramente Unioncamere e Industriali. Perché i territori si contendono le sedi regionali? È una questione di lavoro e di capacità di influenzare il territorio a cui si appartiene. Sul fronte dei servizi alle imprese a volte basterebbe uno sportello. Della Fiera cosa pensa? Qui s’impone un altro ragionamento. Vista l’effettiva difficoltà in cui versano questi enti dobbiamo vedere se non sia il caso di ripensarne la mission. La nostra Fiera, a mio avviso, deve ritrovare quella capacità di innovazione che ne ha decretato il successo in passato. Oggi occorre puntare sulle nicchie di mercato. E soprattutto occorre una Fiera in grado di dialogare con l’estero. Serve un modello diverso. Si avvicina il rinnovo delle cariche: gli attuali amministratori sono avvertiti. Sarà l’occasione per capire cosa vogliamo fare da grandi. Non sono io che metto in discussione la Fiera, sono i tempi. E anche passare da un Cda a un amministratore unico?

Dobbiamo capire con le categorie cosa ci si aspetta dalla Fiera, quale deve essere il suo ruolo, che oggi trovo un po’ appannato. La Camera di Commercio perché traballa? La forza di questo ente, secondo me, si gioca sulla capacità di relazionarsi con l’estero. E comunque nel momento in cui si dovesse ragionare sulla sede di un’unica Camera regionale dovremmo poter trattare alla pari, senza porci subito sulla difensiva. Non sta scritto da nessuna parte e nessuno ha mai deciso che la sede debba andare a Udine. Bisogna ragionare sui numeri in modo laico. Provocatoriamente si potrebbe affermare che se non fossimo mai diventati provincia oggi saremmo avvantaggiati. Alcune sedi avrebbero trovato una naturale collocazione nel pordenonese e nessuno avrebbe detto nulla. Ma perché nessuno si incatena ai cancelli per opporsi all’eventualità di uno scippo? È la gente che dovrebbe protestare. La gente elegge i propri rappresentanti affinché ne tutelino gli interessi. Stiamo lavorando in tal senso. Prima possibile verrà attivato un tavolo. Sto già dialogando con Unindustria, Camera di Commercio e ovviamente Regione. Una falange armata? No, un tavolo di raccordo. Con quali obiettivi? Che ognuno non proceda per conto proprio in quella che è una battaglia comune. Ripeto, dobbiamo darci un’agenda. Università, come mai nessuno ha puntato i piedi.

Non ho commenti su questo tema, salvo rivendicare che sono stato l’unico in questi tre anni a impegnarmi a fondo per risolvere i problemi perché ho sempre considerato l’Università una cosa importante. E ora come vive questo declassamento? Chi lo dice? Mica è finita qui! Non bisogna prendere per oro colato ciò che scrivono i giornali. Pare vi sia un impedimento oggettivo da parte della Regione ad erogare l’importo necessario alla costituzione del Dipartimento perché il ministero delle Finanze ha eccepito sulle modalità individuate. Questa notizia non è stata smentita. I soldi si possono trovare in altra maniera, se si vuole. E della soluzione “low cost” dei corsi a distanza che ne pensa? Al momento i soci del Consorzio non hanno avvallato alcunché. Veniamo al Cro? Sembra sempre che qualcuno lavori per depotenziarlo. Credo che la posizione del Cro sia consolidata e non sia in discussione. Sul fronte Electrolux come siamo? Dopo l’accordo bisogna monitorare che i patti vengano rispettati e gli investimenti producano frutti concreti. Il mercato interno prima o poi dovrà ripartire. Bisogna sostenere l’innovazione come si propone di fare il nuovo piano industriale regionale firmato da Bolzonello. Ideal Standard? La formula della cooperativa è molto interessante. Il territorio deve accompagnare questo sforzo perché potrebbe tornare utile in futuro anche in altre situazioni.

LO SPIGOLO

Verso dove andiamo? di NICO NANNI

Sono tanti gli stimoli che ci vengono dalle cronache di questi ultimi tempi. Proviamo a richiamarne alcuni: fuga da Pordenone, decrescita (non felice), declino della città, perdurante crisi e conseguenti difficoltà delle famiglie… Potremmo continuare a lungo con questa visione solo negativa, mai che si riesca a leggere qualche segnale positivo. Anche noi tante volte abbiamo posto in evidenza ciò che non va, senza soffermarci sul contrario; abbiamo però anche cercato di stimolare un cambio di mentalità affinché Pordenone possa riprendere quel cammino di crescita (civile e sociale prima che economica) che l’aveva caratterizzata nel passato. Evidentemente siamo su un terreno difficile: il corpo sociale (che significa anche politico) non è su questa lunghezza d’onda, a giudicare dalle persistenti rotture e contrapposizioni fra le parti (complici le elezioni comunali del 2016: a chi giova iniziare le schermaglie con tanto anticipo?); tutti cercano le “colpe” dei problemi negli “altri” (meglio se oltre Tagliamento, la cui lezione non abbiamo ancora imparato); mai che si riesca a uscire con un progetto unitario (vedi la vicenda del nuovo ospedale: ognuno tira la coperta dalla sua parte e all’ultimo momento c’è sempre qualcuno che si oppone, ma almeno quello pare che vada

avanti) sia esso di strategia complessiva della città e del territorio o sia economico o culturale. Fra tante notizie “in negativo”, una ci ha colpito più di altre: la crisi che ha colpito le famiglie sarebbe così avvertita anche dai più giovani che gli stessi bambini delle scuole inferiori si fanno carico di portare a casa dalla mensa scolastica ciò che dovrebbero mangiare a scuola o che qualche compagno ha lasciato. È una situazione sconvolgente, tuttavia qualcuno si diletta a discutere se i menu delle mense scolastiche siano corretti, se sia meglio il vegetariano o il vegano: signori, la fame è fame e allora pensiamo al concreto. Il che significa non solo affrontare l’emergenza con politiche specifiche, bensì costruire – assieme – un progetto che dia qualche prospettiva e aiuti a uscire da questo stato di cose. Cercando di ricordarci, sempre e tutti, che dopo questa crisi nulla sarà più come prima: saranno cambiati i parametri stessi del vivere. Leggevamo tempo fa di un paese industriale in Francia messo in ginocchio dalla crisi del manifatturiero: la ricetta è stata di puntare sulla cultura realizzando una sorta di succursale del Louvre (con opere di quel Museo). Pare che la crisi sia stata superata di corsa. Forse è una ricetta (ma qui non si riesce a far sintesi nemmeno sulla cultura).

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OPINIONI

Febbraio 2015

La Città

Chiara Mio, presidente di FriulAdria e docente a Ca’ Foscari, interviene sul tema della presenza universitaria L’INTERVISTA

CONTROCORRENTE

“In regione non possiamo più permetterci situazioni intoccabili”

continua dalla prima

La multimedialità è già ben rappresentata. In una provincia manifatturiera come la nostra troverebbero naturale sviluppo dipartimenti di impresa o di ingegneria. Pordenone li saprebbe valorizzare di più e meglio di altri territori

Presidente di FriulAdria dallo scorso mese di ottobre la pordenonese Chiara Mio unisce il pragmatismo dell’esperienza amministrativa (maturata nel ruolo di assessore al Bilancio nella giunta Bolzonello) alla visione aperta e innovativa del mondo universitario, che la vede docente alla Facoltà di Economia di Ca’ Foscari. E proprio sul significato e sul possibile sviluppo della formazione superiore in città, oggi apparentemente giunta in un vicolo cieco, abbiamo interpellato la professoressa Mio. Perché a Pordenone la presenza universitaria non riesce a consolidarsi? Il Friuli Venezia Giulia ha optato da ormai vent’anni per una presenza universitaria diffusa, secondo un modello policentrico. Se oggi si invocano efficienza, ristrettezze di bilancio e dimensione minima per giustificare

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2015

la presenza in provincia di Pordenone di corsi di laurea, sarebbe il caso di ragionare su due linee di pensiero. La prima rimette in discussione il modello sopra citato; ma allora niente è garantito e si riprogetta su una regione di poco più di un milione di abitanti l’intero sistema universitario. Oppure si procede secondo le decisioni già prese, dando pari opportunità e pari dignità a tutti i territori. Cosa intende con pari opportunità e dignità? Pordenone non deve ricevere la benevolenza di altri, non deve pagare a caro prezzo l’insediamento di corsi. Pordenone ha contribuito alla fondazione dell’ateneo del Friuli e deve essere tenuta in considerazione con dignità. Inoltre, le risorse che Pordenone mette a disposizione vanno oltre il contributo dei sostenitori del consorzio universitario. Sul territorio vi sono imprese, intelligenze, manager, relazioni che andrebbero capitalizzate e internalizzate nel sistema universitario, prima che vengano attratte da atenei più dinamici. Un dipartimento sulla multimedialità può favorire la crescita della società e dell’economia locale? Il dipartimento è l’unità autonoma di base in cui si articolano oggi gli atenei, l’organizzazione che decide su ricerca e didattica. Nell’impostazione giuridica odierna, sono premiati dipartimenti interdisciplinari, aggregati su asset di ricerca originali e vincenti. La multimedialità è già presenza importante a Pordenone, personalmente non sono convinta che il territorio locale sarebbe valorizzato al meglio incrementando quest’area, già rappresentata. A quali indirizzi dovrebbe puntare l’Università secondo lei? Pordenone è provincia manifatturiera, è culla di elettrodomestici e di arredo, è territorio di azienda e di esportazione. In questo bacino troverebbero naturale sviluppo e ottime sinergie dipartimenti di impresa e/o dipartimenti di ingegneria. E, proseguendo nel mio ragionamento, non vedo motivi per proporre solo in chiave addizionale, come se il resto del quadro regionale fosse intoccabile e già condiviso. È ipotizzabile una redistribuzione a favore di Pordenone dei dipartimenti universitari già esistenti in regione? Il territorio di Pordenone potrebbe valorizzare ottimamente, più di altri territori, la presenza di dipartimenti sopra esemplificati: in chiave sociale ed economica, serve valutare questa opzione, perché non possiamo permetterci più “situazioni intoccabili”. Per tutto il sistema produttivo e universitario regionale, dobbiamo tutti noi del Friuli Venezia Giulia essere disposti a rimettere in gioco qualcosa per salvare e valorizzare il tutto, a beneficio di tutti. Non credo che si possa più ragionare dentro i confini provinciali, per nessuno. A cura della Redazione

Un Rinascimento 2.0 dove la “cultura del fare” rinasce nell’alveo dell’innovazione riesce a superane prenderà re i confini per Pordenone? attirare opporNei momenti tunità di studi di sconforto, e di master. c’è chi si abPordenone ha bandona alle il suo marchio nostalgie (una di riferimento. scelta rischiosa In realtà, i che può rendedi GIUSEPPE RAGOGNA saperi hanre irreversibile no bisogno il declino) e chi ai sogni (dai quali potrebbero anche di applicazioni pratiche che avvengono in strutture scaturire scintille di creatività). specializzate (incubatori di idee Le nostalgie puntano su schemi non più proponibili, mentre i so- e di business) e attrezzate per coltivare ricerca e innovazione. gni lasciano intravedere “mondi L’ambiente fertile incoraggia pronuovi”. cessi di reindustrializzazione nei Talvolta c’è bisogno di un sogno luoghi morti, pubblici e privati. per cercare sollievo in periodi Pordenone non ha certo bisogno di depressione. Una città così di spazi, perché ovunque ci sono impaurita, spaesata e triste ha “contenitori” vuoti da destinare necessità di costruirsi un futuro. al coworking per i ragazzi smaPerché non chiudere gli occhi nettoni del web. Dal contatto e far scorrere lentamente altre delle idee nascono progetti. E in storie, magari frutto di letture e città si diffonde una creatività di viaggi? Che ne so, dall’immacontagiosa, tant’è che dall’estero ginazione potrebbe saltar fuori ritornano i giovani scappati da una delle tante “città invisibili” una povera realtà senza speranraccontate da Italo Calvino: “un ze. Portano le nuove esperienze insieme di memoria, di desideri, maturate in giro per il mondo. di scambi”. Ognuno può trovare Pordenone cambia volto, è piazza i suoi riferimenti, più o meno ambita perché le opportunità concreti. Proviamoci. Per restare offerte da lavori creativi solleterra a terra, la mia idea di Porcitano altra crescita, attraverso denone pesca alcune caratteril’intreccio di professioni, servizi e stiche dalla storia e le rilancia in un contesto diverso. Tradizione e commerci. innovazione. La città ruota attor- Il Rinascimento passa dalla vano ai nuovi valori dell’economia, lorizzazione di tutto ciò che è “bello”, a partire dalle straordidove il vecchio manifatturiero narie risorse ambientali: l’acqua cambia pelle: il cervello e le articolazioni tecnologiche restano in del Noncello e dei laghetti, il loco, mentre le braccia si muovo- verde dei parchi. La città offre accoglienza con servizi di qualità no altrove, in giro per il mondo e con tanta cultura diffusa nel dove i costi sono minori. La sua forza sta nelle aggregazioni di im- territorio. È laboratorio. Il suo sistema di “mobilità” non è più prese, nelle reti, in un territorio capace di moltiplicare competen- inceppato: si allargano gli spazi ze e saperi. Dentro l’alveo dell’in- di pedonalizzazione (finalmente anche lungofiume) e le auto novazione, la “cultura del fare” vengono ricacciate ai margini ritrova la linfa vitale per restare dell’area urbana, grazie ai collenel cuore della competizione gamenti continui garantiti dai globale. L’energia avvia processi bus navetta di ultima generadi gemmazione, come ai tempi di Zanussi e di Savio, quando nel zione con i parcheggi. La gente torna a sorridere frequentando il territorio si estese una galassia di centro storico pieno di vita, che aziende. è rinato attraverso una rete capilÈ chiaro che l’economia dà lare di botteghe di mestieri e di un’impronta importante alla citcommerci. Un’Amministrazione tà, che cambia. Ora esce definicapace di superare una dimensiotivamente dal guscio del vecchio ne puramente contabile ha resti“fordismo”: un metodo, una tuito l’anima alla città. Ha capito mentalità e un’organizzazione che hanno divorato spazi enormi. finalmente che poteva far leva I posti di rilievo sono conquistati sui meccanismi della tassazione locale (meno Imu, meno Tasi, dalle strutture formative di quameno Tari, meno diavolerie bulità, a partire dall’Università. La rocratiche) per ottenere in camnuova Pordenone difende così il bio specializzazioni e servizi. I suo piccolo nucleo di studi accademici, anzi lo allarga pretenden- proprietari degli immobili hanno abbassato le pretese piuttosto di do il decentramento di funzioni tenere i locali chiusi. E il “mere corsi dai due atenei del Friuli Venezia Giulia. E macina numeri cato” è tornato in centro grazie a e competenze a beneficio dell’in- originalità e specializzazioni. Già, è un sogno. Che potrebbe tera regione. In pratica, importa lasciare qualche buona traccia. i meccanismi degli atenei veneti, Un’idea di città. che non si fermano a Venezia o a Padova. La crescita, alimentata Giuseppe Ragogna così da un ambiente competitivo,


La Città

CRONACHE

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Il punto dell’assessore all’Urbanistica sul nuovo Piano Regolatore pronto all’esame del Consiglio

Rigenerare l’esistente, la sfida urbanistica di Pordenone 2030 “La sfida più grande di questo piano è che punta molto sul privato. Pordenone ha già più servizi di quelli che impongono le norme urbanistiche. Noi puntiamo sulla rigenerazione degli spazi ed edifici privati”

Pordenone si appresta a riscrivere le regole del proprio futuro urbanistico. Sotto la sigla PRGC (Piano Regolatore Generale Comunale) si trovano un insieme di studi, regole, simulazioni, che tracciano limiti e modalità per la Pordenone del futuro. L’Amministrazione Pedrotti ha scelto una strada differente rispetto al passato: il piano non è pensato solamente da tecnici e politici, ma è stato condiviso con la città. Dai primi incontri a Palazzo Badini si è svolto un percorso che ha coinvolto la cittadinanza, ascoltando “dal basso” le idee e le esigenze. Il risultato ce lo presenta l’assessora all’Urbanistica Martina Toffolo, regista di questa complessa operazione. Piano regolatore: a che punto siamo? Siamo alle battute finali, entro aprile lo porteremo in Consiglio. Come ogni piano è formato da due parti, una parte “strutturale” che disegna la città tra 15 anni. E poi ci sono i pacchetti di norme che regolano le azioni da svolgere in archi temporali di 5 anni, diciamo i mini blocchi che costruiranno la città. In cosa questo piano regolatore è diverso dai precedenti? Ogni piano regolatore è fatto da due attori: il pubblico che costruisce scuole, piazze, parchi. E il privato, che seguendo le indicazioni normative edifica determinate aree. La sfida più grande di questo piano è che punta molto sul privato. Pordenone ha già più servizi di quelli che impongono le norme urbanistiche. Noi puntiamo sulla rigenerazione degli spazi ed edifici privati. Questa non è una sfida solo di Pordenone, è una partita che si gioca a livello nazionale. Migliorando le singole unità, i singoli pezzettini di città, migliorerà anche Pordenone nel suo insieme. La rigenerazione fa storcere il naso a chi l’edilizia la fa. Lo spettro dei

costi più alti fa tremare il mercato, già penalizzato dalla crisi… I modelli che avevamo adottato in passato non funzionano più. La crisi che viviamo è strutturale e occorre sperimentare nuovi modelli di edilizia urbana. Questo spaventa, perché ci troviamo di fronte ad una sfida ignota. In questo senso un programma di incentivi a livello nazionale potrebbe favorire le azioni che abbiano un interesse collettivo: se la mia casa è energivora, ristrutturandola ne guadagna la collettività, che avrà meno emissioni e meno sprechi. Ma non devono essere azioni “spot”, deve esserci una normativa seria nazionale in materia. In assenza di questa, i comuni si adattano e cercano di fare il meglio possibile. Il percorso di condivisione del piano si chiama “Pordenone più facile”. È davvero più facile un piano partecipato? No, sarebbe stato più facile fare un piano regolatore a “porte chiuse”, la partecipazione amplifica gli argomenti di discussione. Ma lo abbiamo fatto perché abbiamo voluto dare un segnale di trasparenza con tutti i materiali a disposizione dei cittadini. Qual è l’impronta che vuole dare questo piano? Come sarà Pordenone nel 2030? Sarà una città più attenta all’ambiente. Questo piano è assoggettato alla Valutazione Ambientale Strategica. Cosa significa: ogni azione che andiamo a fare, deve essere migliorativa rispetto alla situazione iniziale dal punto di vista dell’impatto ambientale. Altro segno forte è che questo piano mette al centro l’individuo, non è fatto per i “grandi interessi”. È fatto per ricucire una città profondamente segnata dagli anni del boom economico e che ora deve ritrovare una sua dimensione. Il cittadino è al centro di questa opera.

PAROLA MIA

Rilancio del tessuto produttivo, il modello Friuli Venezia Giulia L’insieme di strumenti approvato con la legge Rilancimpresa delinea una nuova politica industriale, condivisa e non dirigista, che affronta i temi chiave dello sviluppo, ovvero attrattività, sviluppo del sistema produttivo, semplificazione delle procedure, riforma dei sistemi produttivi locali Con l’approvazione della legge “RilancimpresaFVG – riforma delle politiche industriali”, inizia una nuova fase finalizzata al rilancio dell’economia regionale. Si tratta di un intervento complesso ed articolato, giunto in Consiglio Regionale dopo un percorso condiviso, politico, concertativo e tecnico, che si è sviluppato fra il piano di sviluppo del settore industriale e le attività delle commissioni consigliari dove si sono accolti suggerimenti ed integrazioni. Una riforma che s’inserisce nell’attuale difficile momento economico, conseguenza di un prolungato fenomeno di ridimensionamento del nostro tessuto produttivo e dell’occupazione. Una crisi che in precedenza, è sempre stata affrontata attraverso impegni finanziari per garantire liquidità alle imprese. Con RilancimpresaFVG si affiancano invece a questi interventi ulteriori strumenti che permettono di consolidare ed accompagnare i segnali di crescita che s’iniziano ad intravedere, fornendo così una risposta più articolata e completa rispetto alle esigenze delle imprese e dei lavoratori. L’insieme di questi strumenti delinea una nuova politica industriale che affronta i temi chiave dello sviluppo, ovvero attrattività, sviluppo del sistema produttivo, semplificazione delle procedure, riforma dei sistemi produttivi locali. Un provvedimento determinato dall’urgenza di dare un chiaro sviluppo alle politiche di crescita, affrontando anche il tema della propria vocazione produttiva, chiarendo se l’impegno sui tavoli di crisi corrispondeva anche a un’idea di sviluppo legata a quella vocazione manifatturiera che riconosciamo nel nostro tessuto produttivo e che riguarda gran parte della nostra occupazione. Pertanto la direzione intrapresa è stata quella di consolidare le eccellenze, riconoscendo e sviluppando la vocazione manifatturiera della nostra Regione, unitamente al terziario fortemente connesso, supportando le aziende in difficoltà, compensando il ridimensionamento del tessuto produttivo e dell’occupazione attraverso nuove iniziative economiche e favorendo la nascita di nuove imprese. Un’impostazione che si integra sia con le direttrici della nuova programmazione comunitaria (investimenti, ricerca, start up innovative), sia nella strategia di specializzazione intelligente, dove abbiamo definito gli ambiti più promettenti nelle specializzazioni consolidate (meccanica, agrifood, sistema casa, chimica, economia del mare) e negli ambiti innovativi trasversali (biomed, biotech, bioict, tecnologie per gli ambienti di vita).

di SERGIO BOLZONELLO (*)

Si tratta di un’azione strutturale che mobilita, in maniera sinergica, tutti gli strumenti disponibili per consolidare il tessuto imprenditoriale, e che si articola in quattro aree d’intervento. La prima relativa all’attrattività, che assegna alla Regione il compito di promuovere le condizioni d’insediamento di nuove imprese in Friuli Venezia Giulia, attraverso la creazione di una specifica struttura all’interno dell’amministrazione regionale. La seconda relativa alle misure per lo sviluppo, ovvero la realizzazione di un sistema coordinato d’interventi per fornire risposte specifiche per i diversi fabbisogni delle imprese. Un insieme d’incentivi che si articola sul supporto per start up e cooworking, investimenti, ricerca e sviluppo, abbattimento Irap per coloro che investono in ricerca e sviluppo, sostegno alla creazione di filiere e supporto per la managerialità delle PMI. Inoltre sono previsti interventi per le aree di crisi dove verranno attivate misure specifiche per cercare nuovi investitori e sostenere la creazione di nuove imprese. Nel complesso un articolato insieme di strumenti che affida alle imprese la responsabilità di trainare lo sviluppo, attraverso il

rafforzamento della propria competitività, premessa questa per la creazione di nuova occupazione. La terza area è la semplificazione, promuovendo essa come approccio equilibrato ai problemi, sintonizzando le regole alla velocità e agli scambi dell’economia, ma senza perdere di vista la serietà degli impegni che vengono richiesti alle imprese stesse e la severità del controlli. Infine il capitolo riferito alla riforma dei sistemi economici locali, mettendo mano a due dimensioni produttive territoriali, il sistema dei distretti e quello dei consorzi di sviluppo industriale. In conclusione un provvedimento il cui pregio principale consiste non solo negli specifici contenuti, ma nella forte condivisione che lo ha sempre caratterizzato e nella capacità di aver messo a sistema diversi temi ed attori, creando attenzione diffusa per lo sviluppo economico. Il risultato è un provvedimento che restituisce leadership e responsabilità alla Regione nell’indirizzare lo sviluppo economico verso un modello non dirigista, bensì di condivisione, in un percorso guidato dall’amministrazione regionale e garante dell’autonomia di ogni soggetto. (* Vicepresidente Regione Friuli Venezia Giulia)


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La Città

BUONE PRATICHE

A Torre di Pordenone ogni martedì si riunisce un gruppo di mutuo aiuto per l’allattamento al seno

Fatti mandare dalla mamma L’iniziativa è gestita da due volontarie, l’infermiera Helene Huber e l’educatrice perinatale Maddalena Bevilacqua

di GIORGIO SIMONETTI

Helene e Maddalena danno un sostegno nell’allattamento alle mamme, in particolare a chi è alle prime armi. Lo scopo è anche quello di farle incontrare, creando un vero e proprio spazio di mutuo aiuto che dia loro respiro, facendole uscire dalle mure domestiche. Le donne più avanti nel percorso aiutano quelle con i bambini più piccoli, infondendo speranza e conforto. Una madre serena è una madre più attenta e più sensibile nei confronti del proprio bambino. Come è nato questo servizio? H: È nato nel 2004, quando l’Ospedale Civile di Pordenone è diventato Ospedale Amico del Bambino. Alcune mie colleghe infermiere hanno pensato di creare questo servizio di sostegno per l’allattamento al seno, insieme ad un gruppo di mamme. Dal 2008 Emiliana Moro, presi-

dentessa dell’Unicef qui a Pordenone e coordinatrice dei Nidi comunali, ci ha offerto lo spazio del nido di Torre per incontrarci il martedì pomeriggio. Ora ad ogni incontro vengono circa 10-15 mamme con i loro bambini, grazie al passaparola. Tutto volontariato? H: Sì. Lo faccio perché ci credo, perché sono in pensione e posso dare ancora qualcosa. E mi dà molta soddisfazione promuovere la cultura dell’allattamento. M: Io faccio questo mestiere come libera professionista. Però credo molto nell’importanza dell’allattamento al seno, quindi ho pensato che avrei potuto donare un po’ del mio tempo libero come volontaria. Vedere sorridere le mamme dopo aver vissuto una difficoltà dà un grande appagamento. Perché l’allattamento al seno è una realtà ancora così nascosta nella nostra società? H: Oggi manca l’esempio in casa, non essendoci più la famiglia allargata e vivendo tutti in piccoli nuclei domestici. Poi, negli anni ’50-60, si è messo in discussione l’allattamento al seno perché le multinazionali del latte in polvere hanno incominciato a sostenere che l’allattamento migliore fosse quello artificiale. Ora per fortuna sappiamo quanto importante sia per la salute del bambino l’allattamento al seno. Il latte materno è l’alimento ideale, ricco di zuccheri, enzimi, anticorpi e cellule staminali, che servono in particolare per sviluppare il sistema nervoso centrale, l’intestino e il sistema immunitario. M: L’allattamento al seno non può essere inquadrato, schematizzato, incasellato. Allattare al seno significa osservare il proprio bambino e trovare nel bambino una risposta: sta bene, ha mangiato abbastanza, etc. Ogni quanto bisognerebbe allattare? M: Il latte va dato a richiesta del bambino, osservandolo e capendo le sue esigenze. La donna impara a distinguere un pianto da fame da uno da sonno, per esempio. La mamma che allatta al seno è costretta ad acquisire delle competenze genitoriali. Chi usa il biberon ad ore si affida di nuovo ai numeri, a scapito dell’empatia. Arrivano da voi mamme che non riescono proprio ad avere latte? H: Sì. Ci sono mamme che pensano di non avere latte e noi le stimoliamo un po’ alla volta, aiutandole con la pompa. Non è il seno che produce il latte, ma il bambino con la sua domanda. Più domanda fa al seno e più questo produce. C’è anche un aspetto psicologico importante.

Maddalena e Helene

H: Esatto. Di sicurezza, di essere convinte di essere mammifere e di poter allattare. Poi c’è una percentuale minima che non ha latte, ma è minima. Come ci sono bambini che non riescono a succhiare bene al seno, che hanno problemi di suzione. Per questo l’insegnamento è importante, passo dopo passo. Fino a quanti mesi bisognerebbe allattare al seno? H: Secondo l’OMS sarebbe da allattare esclusivamente, senza dare altro, fino ai 6 mesi. Poi iniziare ad introdurre le pappe. Ma si può continuare a dare il seno, magari solo mattina e sera, fino ai 2-3 anni. È il bambino che ci dice quando non vuole più. Anche per la mamma ci sono dei vantaggi? H: Sì, una mamma che ha allattato al seno difficilmente avrà un tumore al seno e un’osteoporosi in età premenopausale.

ORARI Martedì dalle 16.00 alle 18.00 DOVE Asilo Nido “L’Aquilone” di Torre di Pordenone, via General Cantore 9, I piano CONTATTI

Helene: 338.4236581 Maddalena: 345.3380292


La Città

ANNIVERSARI

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Don Bosco a Pordenone: dai novant’anni di presenza in città al bicentenario della nascita del Santo

Don Bosco, il santo dei giovani oggi parla il linguaggio del web Il Programma Doppio Diploma dà l'opportunità agli studenti italiani di ottenere un diploma di "High School" statunitense frequentando corsi in due scuole contemporaneamente: di persona il Don Bosco in Italia e on-line con la scuola negli Usa di DANIELE RAMPOGNA

31 gennaio 2015, festa di San Giovanni Bosco, si sono concluse le celebrazioni per i 90 anni del Collegio Don Bosco di Pordenone, fondato nell’agosto 1924 dal sacerdote diocesano Don Marin. Ma appena concluso un anniversario ecco che subito se ne apre un altro: il bicentenario della nascita di San Giovanni Bosco. ANTICHE RADICI Il Padre e Maestro della gioventù nacque a Castelnuovo d’Asti il 16 agosto 1815 e divenne sacerdote nel 1841. Ispirato da Dio, davanti all’emergenza educativa di una Torino di metà Ottocento affollata di ragazzi e giovani poveri e abbandonati, egli aveva deciso di radunare intorno a sé tutti i ragazzi ai margini della società, dai piccoli spazzacamini agli ex detenuti, tutti spesso orfani e senza famiglia. Il suo sogno? Farne degli onesti cittadini e dei buoni cristiani. Per far questo fondò la congregazione dei Salesiani Nel bicentenario della nascita del loro santo patrono i Salesiani di Pordenone, tengono fede all’ispirazione e all’impegno del loro padre fondatore spendendosi nell’educazione di ragazzi e giovani, in particolare con le scuole e l’oratorio, con proposte che sfidano i tempi ed il contesto di crisi nel quale viviamo. VITA NUOVA Il bicentenario è l’occasione per i salesiani del Don Bosco di Pordenone di proporre una rinnovata offerta formativa nelle proprie scuole all’insegna del potenziamento delle lingue, della scelta per l’internazionalizzazione e dell’innovazione attraverso le nuove tecnologie nella didattica.

LINGUE Il Don Bosco ha scelto per i suoi tre ordini di scuola di potenziare l’inglese con un numero aggiuntivo di ore curricolari assieme alla preparazione specifica mirata alle certificazioni internazionali. Inoltre al Don Bosco, da quest’anno, approda il doppio diploma Italiano-Americano in collaborazione con l’associazione Mater Academy. Il Programma Doppio Diploma dà l’opportunità agli studenti italiani di ottenere un diploma di “High School” statunitense frequentando corsi in due scuole contemporaneamente: di persona il Don Bosco in Italia e online con la scuola negli USA. INNOVAZIONE Il Don Bosco è la prima palestra dell’innovazione del Friuli Venezia Giulia. Ideata dalla Fondazione Mondo Digitale la Palestra dell’Innovazione Phyrtual (fisico + virtuale) è un posto originale, dedicato all’autoconsapevolezza, alla creatività, all’imprenditorialità e all’innovazione a 360 gradi: tecnologica, sociale, civica e personale. La palestra vuole essere uno spazio per l’educazione per la vita, dove i giovani, ma non solo, possono attrezzarsi di più per il viaggio della vita e del lavoro. Il progetto sostiene in particolare la didattica innovativa con le nuove tecnologie (tablet, LIM, e-book) e l’inizitiva Robot@ school, che introduce la robotica e la programmazione a scuola.

EDUCAZIONE & SPORT Il Don Bosco opera a Pordenone dal 1924 e fonda la sua opera educativa sul carisma del santo dei giovani, San Giovanni Bosco, da 90 anni ha segnato in profondità il territorio pordenonese non solo con le sue scuole, ma anche con l’Oratorio. Da sempre impegnato nella formazione dei gruppi giovanili e scoutisitci, l’Oratorio Don Bosco può vantare anche forte tradizione sportiva con una decisa attenzione al calcio, promuovendo, tra l’altro, l’ ASD “Don Bosco” in tutti i suoi settori, specie quello giovanile. EDUCAZIONE & TERRITORIO L’Oratorio del Don Bosco, da sempre attento al sociale, si è da alcuni anni aperto con decisione al territorio pordenonese con alcune iniziative mirate al mondo dei giovani, grazie anche al patrocinio della amministrazione comunale e della Fondazione Crup. Il “Che pomeriggio!” è la prima esperienza di doposcuola cittadino non scolastico aperto ai giovani della città dagli 8 ai 18 anni. L’iniziativa offre un servizio di supporto nello studio in ambienti assistiti e accompagnati da uno stile salesiano nei giorni di lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì, dalle 14.30 alle 18.00. Il Centro diurno per minori in difficoltà accoglie circa 15 giovani dell’Ambito territoriale di Pordenone e offre loro un ambiente sereno e assistito nel quale crescere accompagnati dagli educatori e dai salesiani presenti.

IL LANTERNINO

UMANOOTROPPOUMANO? di NINO SCAINI

Apprezzare le capacità mediatiche dell’attuale papa è quasi scontato. Più interessante è invece rilevare le caratteristiche che rendono la sua comunicazione particolarmente efficace nei confronti delle masse. La prima delle quali è la normalità. Con Benedetto XVI (peraltro più incline allo scritto che al parlato) valore e profondità del messaggio ne accrescevano la figura ieratica ed intellettuale rendendolo meno vicino alla gente. E la pur calda ed accattivante oratoria di Giovanni Paolo II ne lasciava percepire l’autorità del pastore se non del condottiero. L’immediatezza e la semplicità delle parole di Francesco (ricordo come le prime dirette ai fedeli dopo l’elezione siano state proprio “Buona sera a tutti”), i suoi toni e i suoi atteggiamenti ce lo fanno sentire invece come uno di noi. Le sue scelte più innovative - dalla residenza all’abbigliamento, dai mezzi di trasporto all’inseparabile cartella portadocumenti (che tiene in pugno nei suoi viaggi, come un pendolare) che ne è un po’ la griffe - dimostrano ed enfatizzano tale sua umana normalità. E assumono con ciò un grande effetto comunicativo e d’immagine.

Ma punto di forza sta nella sua capacità di intercettare, capire e condividere i pensieri e le emozioni della gente. Egli si mette dunque - nei contenuti e più ancora nel linguaggio (anche del corpo) - in sintonia col modo di pensare e con le aspettative di coloro cui si rivolge. Crea con loro un rapporto di empatia che, a ben vedere, è la condizione ottimale per ottenere quello che, lo si voglia o meno ammettere, costituisce il principale e determinante obiettivo di qualunque relazione interpersonale (sia essa di tipo sociale, economico, politico e perfino sentimentale): il consenso. E che è pure il carattere saliente e distintivo della moderna comunicazione di massa; stampa e televisione per prime. Sempre più orientate, per ragioni di mercato se non di sopravvivenza, ad adeguarsi alle idee e ai gusti dei più piuttosto che a cercare di stimolarli. Secondo la regola che il messaggio passa, più che per la sua intrinseca qualità o l’oggettivo interesse, se e nella misura in cui corrisponde ai bisogni soggettivi dei destinatari. Questo genere di comunicazione, che potremmo definire democratica (o di marketing), però non sempre si addice a chi dovrebbe svolgere un ruolo di educatore e di guida (sia esso un genitore, un insegnante, un leader culturale o politico), tanto più se spirituale. E spesso può produrre conseguenze anche pericolose. Difficile trovarne miglior esempio, tra i non rari da lui recentemente offertici, dell’aneddoto - raccontato personalmente ai giornalisti che lo accompagnavano nel viaggio di ritorno dalle Filippine - riguardante il tentativo di corruzione subìto quand’era vescovo in Argentina. Tentativo che affrontò valutando due possibili soluzioni: prendere a calci (“dove non batte il sole”) il suo interlocutore oppure far finta

di non capire (“fare lo scemo”) e decidendo per la seconda. E’ sorprendente come risulti ignorata, non solo all’epoca dell’episodio ma anche oggi che lo racconta, l’unica vera soluzione corretta e coerente con i valori cui si ispira l’istituzione di cui egli è oggi a capo. Che - come hanno concretamente testimoniato vari maestri di pensiero (tra i più noti e meno remoti, Gandhi, Luther King, Mandela e, primo fra tutti, proprio Colui del quale il papa è il vicario in terra) - non è mai la violenza fisica; anche quando la provocazione fosse forte e ci toccasse nell’intimo. E neppure lo può essere l’indifferenza, l’omertà, la fuga dalle responsabilità. Quel fingere di non vedere, non sapere, non capire con cui l’uomo s’illude di poter risolver i problemi della vita e della convivenza e che appare inopinatamente confortato e legittimato da analogo atteggiamento tenuto da un papa. Mentre lo è una presa di posizione personale, chiara e trasparente a difesa dei propri ed altrui diritti. Ferma nel contestare e contrastare, con la forza della ragione, comportamenti che ne costituiscono ingiustificate minacce o limitazioni. Infine utile alla “pecorella smarrita” per prenderne coscienza e porvi rimedio. Questo intendimento - che non dubito essere nella sostanza anche quello del papa (altrimenti finiremmo per avere il gregge che guida pastore!) - corre così il rischio di essere mal inteso e recepito. E tale forma troppo umana di esternazione si presta a venir considerata frutto d’ingenuità se non addirittura della propensione - tipica della cultura politica e non ignota a quella gesuitica - ad una comunicazione mirata ad accrescere la quantità dei consensi piuttosto che le qualità dei consenzienti.

(assinvicti@gmail.com)


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Febbraio 2015

Il campanile di San Giorgio, uno dei simboli di Pordenone, accompagna da un secolo la vita della città

Vacilla uno dei simboli della “nuova” Pordenone

Le campane suonarono per la prima volta il 10 dicembre 1914. Gli abitanti del quartiere di Borgo Colonna “insorsero” perché la statua del santo dava loro le spalle. Oggi la parrocchia cerca 30 mila euro per urgenti lavori di manutenzione

di GIULIO FERRETTI

In gennaio la signora Mariola Tomasini ha segnalato in redazione i problemi attuali del campanile di San Giorgio di Pordenone: alcuni scalini deteriorati all’interno del campanile, sostegno delle campane in legno da sostituire e una campana che ondeggia fino alle protezioni della cella campanaria. Il costo dei lavori più urgenti preventivato dall’ingegnere pordenonese Sergio Dell’Anna risultano di circa 30 mila euro ma la parrocchia attuale non è in grado di sostenerlo. In particolare il professionista ha verificato un cedimento di un arco in pietra della cella campanaria e alcuni scalini fessurati. Nel corso delle sue indagini all’interno del campanile, l’ingegnere ha notato anche che il pianterreno dello stesso si trova sotto il piano di campagna esterno e questo fatto provoca dei ristagni d’acqua che facilitano la formazione di muschi e muffe sulle pietre danneggiandone la superficie. Il sostegno delle campane

poi non è sufficientemente controventato e ciò provoca un eccessivo ondeggiamento. Dell’Anna non ha mancato di stupirsi osservando il campanile, nel constatare la precisione del lavoro degli scalpellini dell’800 che realizzarono dei massi con forme così precise da rendere quasi inutile la malta per chiudere gli interstizi. La notizia dei problemi del campanile è stata divulgata da un quotidiano locale e ha posto l’ipotesi di una colletta cittadina per sostenere il costo dei lavori. Il parroco di San Giorgio don Roberto Laurita, in un incontro in canonica, ha confermato i problemi, che sono sorti da tempo nel campanile, che rappresenta uno dei simboli più importanti della città di Pordenone. Il campanile di San Giorgio infatti si discosta molto dalle caratteristiche della maggior parte delle torri campanarie

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Il progetto di cella campanaria proposto da Rupolo-Salice

panile di San Giorgio della scuola di volo. Il cam a and pag pro na toli car a Un tenario della Società aria. Foto tratta da: Il cen è ancora senza cella campan 6-1966. Pordenone, 186 , e istruzione Pordenone orso socc tuo mu di raia ope Società Operaia, 2004

conosciute. Situato nella destra della chiesa, presenta nella parte iniziale elementi neoclassici, con la colonna in pietra bianca a sezione circolare che termina con un capitello dorico. Diverse completamente le caratteristiche della cella campanaria, realizzata prevalentemente in cemento, materiale più leggero della pietra. La storia della realizzazione del campanile risulta molto articolata. Dopo aver costruito la chiesa, la parrocchia, nel 1850, in regime ancora austriaco, iniziò a raccogliere i fondi necessari, dando poi l’incarico della sua progettazione a Giovan Battista Bassi, progettista del Teatro Sociale in Contrada Maggiore e della facciata della chiesa, di cui era anche parrocchiano. La popolazione riuscì a raccogliere le 46 mila lire necessarie, una forte somma al tempo, e si diede il via ai lavori che terminarono però senza la costruzione della cella campanaria, come testimoniano vecchie foto, anche per le varie idee che circolavano per la sua realizzazione. Il Bassi aveva previsto una cella abbastanza stretta, senza aperture, con la posizione di una sola campana e non si sapeva come potesse diffonderne il suono. Si continuò intanto nell’usare le campane del vecchio piccolo campanile che non era stato abbattuto. Con il nuovo secolo la parrocchia riprese l’iniziativa, con l’intento di terminare l’opera. Il Bassi era morto nel 1878 e l’incarico dei disegni della cella venne affidato alla coppia Rupolo-Salice e, quelli definitivi, al professor Vincenzo Rinaldo di Venezia e i difficili lavori vennero effettuati dalla ditta Serra-Zucchini. Questi vennero terminati nel 1914, con le statue degli Atlanti, alte 2,70 metri che sostengono il globo di ben tre metri di diametro sopra il quale venne posta la statua del santo con il drago, alta più di sei metri. Il tutto su disegno del Rinaldo. Alla vista della statua la popolazione osservò che era stato rappresentato un San Giorgio “fante”, perché il santo era rappresentato di solito a cavallo. Ma sarebbe stato impossibile realizzarlo così in cima al campanile. Ci

furono anche discussioni, tra i vari quartieri, per evitare che il santo desse loro le spalle, in particolare a Borgo Colonna. La realizzazione della cella campanaria impose la spesa di 10 mila lire e le statue di 20 mila. Si era nel 1914. Per l’inaugurazione le statue vennero mascherate da un telo di ben 170 mq offerto dal direttore della Tessitura di Rorai Grande cavalier Zannini. Poi venne la volta di inserire nel campanile le nuove campane e, per trovarne le risorse, il “Comitato Pro – Torre” della parrocchia, fu costretto a organizzare una pesca. Campane che cominciarono a suonare il 10 dicembre 1914, alla vigilia della Grande Guerra in regione. Evento che le fece durare solo quattro anni perché all’epoca dell’invasione austrotedesca, vennero abbattute per utilizzare il bronzo per la costruzione di cannoni. Ma vennero poi rimesse nella cella poco tempo dopo, utilizzando in fonderia proprio il metallo dei cannoni austriaci. Le nuove campane erano più grandi di quelle che erano state distrutte e pesavano ben 10 quintali di più. A questo punto la storia del campanile di San Giorgio sembrerebbe conclusa, ma non è così. Nel corso della seconda guerra mondiale una bomba, sganciata da un aereo alleato, colpì la cella campanaria, facendo pochi danni. Fortunatamente non esplose e terminò la sua caduta nella chiesa. Dopo una quarantina d’anni dal suo posizionamento in cima al campanile la statua di San Giorgio e, in particolare, la struttura in legno, presentava un avanzato degrado tanto da preoccupare per la sua caduta a terra. Si era alla fine degli anni ’50 dello scorso secolo e la statua venne portata a terra e poi sostituita da un’altra, con la struttura metallica, e posta in opera dall’impresa Pavan con un elicottero della base di Aviano. Se si osserva oggi la cima del campanile con attenzione, si scopre che la statua di San Giorgio è priva della spada che teneva poggiata a terra sulla mano sinistra. Si è venuto a sapere che è caduta nel recente passato senza peraltro, fortunatamente, creare danni a persone o cose.


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Intervista al presidente del Circolo anziani del lavoro Electrolux Zanussi Corrado Cordenons

“PORTIAMONELLE SCUOLE IL GENIO IMPRENDITORIALE DEL SIOR LINO” Capillare l’azione promozionale del Circolo Anziani sulla Storia di Electrolux Zanussi nelle scuole professionali

Il clou dell’attività del Circolo Anziani del lavoro Electrolux Zanussi è costituito dalle cerimonie che si svolgono alla fine di ogni anno sociale in occasione dell’ingresso dei nuovi soci al compimento del 25 consecutivo di lavoro in Azienda. Stavolta costituirà un momento particolarmente importante alle luce delle recenti vicende che hanno acceso i fari sulla multinazionale svedese, quando ha prospettato la possibile fine della sua presenza in Italia con il trasferimento dell’attività produttiva di elettrodomestici in Polonia. Il concorso delle buone volontà di tutti – proprietà governo, sindacati, Unindustria e opinione pubblica – ha scongiurato il peggio, attraverso un’intesa che garantisce per tre anni il lavoro alle maestranze, un incremento della produttività e massicci investimenti nell’innovazione e nella ricerca. Tutte le fasi della complessa vertenza sono state seguite dal Circolo anziani del lavoro con “il cuore in mano”, ben conscio della posta in palio: la sopravvivenza del settore manifatturiero, orgoglio dell’industria nazionale, di cui l’Electrolux Zanussi è un muro portante, soprattutto per Pordenone e il suo futuro. Di questo e delle iniziative sviluppate dal sodalizio negli ultimi tempi, abbiamo parlato con il presidente Corrado Cordenons. Come ha accolto la notizia dell’accordo? Con un sospiro di sollievo, ma senza entusiasmi particolari. L’accordo infatti non va oltre la contingenza, essendo limitato a tre anni e al verificarsi di alcune favorevoli circostanze, in primis il superamento della crisi economica in atto. Il Circolo, si è tenuto – come era giusto – defilato dalla trattativa in ossequio allo statuto e alle finalità della sua azione, preferendo dedicarsi gli studenti delle scuole superiori (di preferenza a indirizzo tecnico – industriale) di Pordenone,

Udine, Susegana e, di recente, anche di Forlì e Solaro, facendo loro conoscere la storia di un’azienda divenuta simbolo della creatività, dell’ingegno, della tenacia dei pordenonesi, grazie al genio imprenditoriale di Lino Zanussi, che ha dato modo all’Electrolux. Ritengo giusto dare atto alla proprietà svedese di aver dato pieno appoggio all’iniziativa nei confronti della scuola, dimostrando in tal modo di aver riflettuto sulla qualità delle risorse umane e professionali delle nostre maestranze, che non trovano uguali nel mondo. Ci dettagli ulteriormente sulla “mission” in corso nelle scuole. Si tratta di un progetto precisatosi e articolatosi nel tempo, avviato nell’ormai lontano 2001 da Tullio Anzil e Pierantonio Marcolina, rispettivamente presidente della Sezione lavoratori anziani “Professional” di Pordenone e segretario del Circolo, a Sacile con una conferenza agli studenti del Pujatti sulla figura e l’opera di Lino Zanussi, cui seguirono altre presenze al Kennedy, al Collegio don Bosco al Centro professionale del Villaggio del Fanciullo di Pordenone, all’Istituto tecnico di Portogruaro e, di recente, allo Zanon di Udine. Nel prossimo febbraio al Centro Professionale del Villaggio del Fanciullo si svolgeranno corsi per laureati e tecnici con lo scopo di creare e attivare sinergie fra Università e Industria, favorendo in tal modo l’inserimento delle nuove generazioni nell’industria locale. Vogliamo dare un nuovo significato al nostro fare volontariato, con una mentalità aperta al cambiamento, stando insieme ai giovani e ai docenti con innovazione, disponibilità e partecipazione, relazioni con altre associazioni, per scoprire che possiamo ancora essere coinvolti, e nello stesso tempo acquisire nuovi interessi. Il “Progetto scuola” sta ormai interessando tutte le sette sezioni in cui il circolo si articola.

Quali altre iniziative porta avanti il Circolo Anziani del Lavoro Electrolux Zanussi di Pordenone? Siamo fedeli alle esperienze consolidatesi nel tempo: le cerimonie d’ingresso dei nuovi soci, stavolta in totale 105, che porteranno a quota 3361 la consistenza numerica del sodalizio, la serata teatrale, svoltasi all’auditorium Concordia. Il ricavato è stato devoluto alla parrocchia di Sant’Antonio di Porcia, all’Associazione “Il granello” di San Vito al Tagliamento, Air SS Insufficienza respiratoria di Pordenone, Associazione Parkinsdoniani, L’Aquilone di Fontanafredda, Uilsm distrofia Muscolare di Fontanafredda e a un socio del club in gravi difficoltà. Giuseppe Griffoni

SOTTO LA LENTE

Cambio sede e nuovo look per la Cartoleria Demetrio Dietro il banco Nicoletta e Paola. Il "patron" promosso da attore a regista! (cd) E’ sempre triste vedere che in città chiudono negozi ed esercizi storici, tanto più quando sono gestiti da persone di riferimento per la città, che ne hanno fatto un pezzettino di storia importante, quella storia sociale, che non è meno importante di quella politica. Ma per fortuna, per quanto riguarda la Cartoleria Demetrio, la tristezza per l’annunciata chiusura si è trasformata in una doppia gioia con l’inaugurazione di un nuovo negozio (ora la sede è in via Brusafiera), gestito dalla figlia Nicoletta Moras. Un rinnovamento, ma nel segno della continuità segnato in modo esplicito anche nel nome. Non è facile ereditare 50 anni di storia, ma Nicoletta, 43 anni, fondatrice di una scuola di danza, ha affrontato la sfida con passione ed entusiasmo. Ora il negozio è più moderno e spazioso, tutto è a vista, ma sono rimasti alcuni degli articoli caratteristici che rendevano unica la cartoleria di viale Trento: la carta da pacchi, i pennini, le statuine

del presepe e l’introvabile carta giglio. Oggettistica e gadget sono invece del tutto nuovi. A un mese dall’inaugurazione, tutto procede bene: tanti sono i vecchi clienti e tanti sono anche i nuovi, grazie anche alla posizione centrale praticamemte quasi in piazzetta Cavour. Ad aiutare Nicoletta, che continua anche la sua attività di insegnante di danza, dietro il bancone c’è mamma Paola e c’è un angolo speciale con la poltrona rossa, una lampada e il tavolino dove appoggiare il pc riservato a Demetrio. Molti sono gli amici che vengono a trovarlo, perché non è stato solo un commerciante, ma un vero punto di riferimento per la città, coniugando tante passioni da quella sportiva (che lo ha visto giudice di gara nazionale e fondatore della Pordenone Pedala) a quella per le stelle con l’attività del Gruppo Astrofili. Proprio a dicembre l’Associazione Sei di Pordenone, in occasione della presentazione del calendario 2015, ha voluto omaggiarlo con un riconoscimento simbolico, ma consegnato col cuore e soprattutto…a sorpresa.

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AMARA PIACE

Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone

PORDENONEFIERE

Ortogiardino 2015,

di MARA DEL PUPPO

Quest’anno si terrà dal 7 al 15 m per l’ortofloroviva Foto: Renato Bosco - studiogabriotomelleri

Cucinare sforna un altro successo Tra i protagonisti dell’edizione 2015 anche il noto “pizzaricercatore” Renato Bosco, indiscusso maestro italiano dell’arte bianca fondatore dell’associazione FDP, Figli di pasta madre viva Anche nel 2015 i foodies di Pordenone e dintorni hanno avuto il loro momento di gloria, grazie alla terza edizione di “Cucinare per piacere per Mestiere”, la manifestazione dedicata alla cucina che si svolge ogni anno nei padiglioni fieristici. Tante le celebrities che si sono alternate sul palco dell’Arena Stars Cooking, non solo chef ma anche famosi esponenti della pasticceria e della panificazione. Tra questi ultimi è emersa la presenza di un volto noto al grande pubblico: Renato Bosco alias il “pizzaricercatore”, che con la sua Saporè a San Martino Buonalbergo (VR) ha saputo conquistare anche i palati più esigenti, con giochi di lievitazione e consistenze senza pari. Salito sul palco in tandem con il panificatore Ezio Marinato, in uno show cooking dedicato all’arte bianca, ha fatto mostra della sua indiscussa cultura sugli impasti, la chiave che gli ha permesso di diventare uno dei pizzaioli evoluti più noti di tutto lo stivale. Uno dei segreti del suo successo è senza dubbio il sapiente utilizzo di una materia prima preziosa ed esigente, non semplice da maneggiare ma incredibilmente affascinante, anche per coloro che amano sperimentare gli impasti tra le mura di casa: la pasta madre viva (PMV). Nominata di recente anche negli spot di noti brand dell’industria alimentare, la pasta madre è stata spesso - e volutamente - confusa con “il lievito naturale”, o le “lievitazioni na-

turali”. Proprio per fare chiarezza, un numero in continua crescita di professionisti del settore ha deciso di aderire ad un’associazione per spiegare che cos’è veramente il lievito madre. Il fondatore è proprio Bosco che ha simpaticamente battezzato questo team con l’acronimo FDP (viva): figli di pasta madre viva. Poche idee ma chiare. Chiamare a raccolta i colleghi che vogliono aiutare i consumatori ad identificare i prodotti realizzati con pasta madre viva, siano essi pane, lievitati dolci o pizza, grazie ad un semplice quanto immediato bollino. Spiegare cosa si nasconde dietro ad alcune denominazioni, distinguendo tra il lievito compresso (comunemente chiamato “lievito di birra” e selezionato in industria) e il lievito madre (frutto di una fermentazione spontanea della farina) evitando termini generici, volutamente ambigui, come “lievito naturale”. Diventare un gruppo di “artigiani degli impasti” sempre più nutrito che collabora anche con altri professionisti (dal mugnaio al tecnologo alimentare) per scambi e confronti utili a migliorare i prodotti che ogni giorno vengono sfornati. In poco tempo gli FDP sono diventati sempre più numerosi arrivando a raccogliere aderenti in tutta Italia – nell’elenco pubblicato nel sito trovate anche il nostro Ezio Marinato e il “Michelangelo della Pizza” Gabriele Bonci – sconfinando per accogliere anche membri dalla Spagna e dalla Cina. Quindi cosa aspettate? Cercate il bollino FDP, non ve ne pentirete.

Iniziano i preparativi per la 36^ edizione di Ortogiardino, Salone della floricoltura, orticoltura, vivaismo in programma alla Fiera di Pordenone dal 7 al 15 marzo 2015; forte di un pubblico di visitatori che ormai da molti anni sfiora le 70 mila presenze, questa manifestazione si presenta come il più importante appuntamento in Italia nel settore dell’ortoflorovivaismo sia per gli appassionati del verde domestico sia per gli operatori professionali. 25 mila mq di aree coperte si trasformano durante i nove giorni di manifestazione in una spettacolare festa della natura dove grandi al-

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ANTICHI SAPORI, compie 20 anni Oggi l’azienda di Ervin Brisotto produce 6 quintali di pasta al giorno. “Nello spaccio adiacente al laboratorio di via Nuova di Corva, aperto al pubblico generico, il cliente sceglie il "modello" di pasta, semplice o ripiena, e noi glielo realizziamo al momento"

Ervin Brisotto con i suoi collaboratori

A febbraio sono venti anni di attività per il pastificio artigianale Antichi Sapori, con sede a Pordenone in via Nuova di Corva, specializzato in pasta fresca, gnocchi, tortelli, ravioli, sughi e specialità gastro-

nomiche, che vende per il 99% a grossisti arrivando in negozi, ristoranti e gastronomie della regione, spingendosi anche fino all’Austria e alla Slovenia. Oggi, con un fatturato in crescita, una produzione di


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la primavera bussa alle porte

marzo. È la manifestazione leader a livello nazionale aismo e per l'architettura del paesaggio

lestimenti a giardino si alternano a circa 300 stand commerciali con tutto quello che serve per rinnovare terrazzi e aree verdi. Uno stimolo irresistibile a visitare Ortogiardino dove vivai, floricoltori, rivenditori di bulbi e sementi, concimi, attrezzature per il giardinaggio, mobili per esterni, sono pronti a soddisfare il desiderio di shopping verde dei visitatori. Da tre anni la Fiera di Pordenone ha avviato un processo di trasformazione di Ortogiardino: da manifestazione leader per gli appassionati di giardinaggio a salone di riferimento per architetti paesaggisti, vivaisti, agronomi e progettisti del verde pubblico. Artefice di questa mutazione è il Festival dei Giardini, evento nell’evento, che grazie ad un format unico nel panorama fieristico italiano stimola il lavoro sinergico di architetti paesaggisti sul fronte progettuale e vivaisti in fase realizzativa. L’evento prevede un concorso che mette in competizione le migliori idee e realizzazioni in tema di piccoli giardini. Un Festival

dei Giardini a Pordenone non può essere che innovativo, per questo le creazioni saranno legate ad un tema che varierà ad ogni edizione. Una giuria composta da agronomi, progettisti, giornalisti di settore sceglie i progetti migliori che saranno finanziati per la loro realizzazione nell’ambito della manifestazione. Il successo di Ortogiardino si deve anche al ricco programma di eventi collaterali che hanno fatto da contorno ai giardini e allo shopping verde dei visitatori. Il Giardino delle Meraviglie propone un’originale mostra di arredi e decori per giardini e terrazzi realizzati da artigiani e piccole aziende. Vengono lanciate da qui le tendenze della prossima primavera estate: i colori, gli stili, gli accessori a cavallo tra moda e design. Regina incontrastata di Ortogiardino è l’orchidea, protagonista della storica mostra mercato a lei dedicata “Pordenone orchidea”. Allestimenti spettacolari, incontri culturali ed enogastronomici fanno da cornice all’esposizione di diverse e raffinate specie internazionali all’interno di un suggestivo ecosistema con oltre 150 diverse tipologie di orchidee, esemplari unici, selezioni particolari ed esotiche provenienti dalle collezioni personali di tanti appassionati. Ricco anche il mercatino per la vendita al pubblico di tante piante commerciali. Spazio anche alle degustazioni e alla vendita diretta dei prodotti dell’agricoltura a km 0 a cura di ERSA, l’Agenzia Regionale Per Lo Sviluppo Rurale e di Coldiretti.

Grace, l’inconfondibile profumo dell’arte La profumeria di via Brusafiera sfida il profumo di moda per proporre un prodotto esclusivo, che si avvicina all'arte, personalizzato sulle caratteristiche della persona Quali sono le cose belle delle primavera? I sensi si acutizzano. L'aria è frizzantina, la natura si risveglia e i fiori spandono i loro effluvi. E una sensazione di totale benessere, che possiamo ampliare ed esaltare utilizzando i profumi giusti, quelli ricavati da essenze naturali e da sintesi di laboratorio come quelli che troviamo da Grace, la profumeria artistica di via Brusafiera, che sfida il profumo moda per proporre un prodotto esclusivo, che si avvicina all'arte, personalizzato sulle caratteristiche della persona. Chi entra da Grace viene condotto da personale altamente qualificato in un percorso olfattivo alla ricerca di un profumo da indossare che si fonda al meglio con le caratteristiche fisiche e caratteriali. Qui ad esempio troveremo la fragranza Summer Hill di Crabtree&Evelyn, che vuole proprio ricreare le atmosfere di una passeggiata in campagna, con sole tiepido e gli odori dei primi fiori, dell'erba fresca e delle cortecce degli alberi. Se invece si sceglie il classico la stessa azienda propone l'acqua floreale alla violetta. Per la sua Eau Serge Lutence si ispira invece al profumo di pulito della biancheria stesa al sole in un grande prato. E che dire della Fragonard, antica casa di profumi francese con sede a Grasse, che utilizza tantissime essenze floreali come fiori d'arancio, di ciliegio e rosa di maggio. Molto particolare è il profumo che evoca il profumo dei fiori di fico, ma è composto da bergamotto, fresia, noce moscata e neroli: quasi una magia. Parfum d'Empoir con il suo profumo Trois Fleurs si ispira dichiaratamente nel nome a

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la pasta fresca made in Pordenone 600 kg al giorno e 5 collaboratori, la scommessa di Ervin Brisotto è pienamente vinta, grazie a passione e determinazione. “È tutta farina del mio sacco – scherza Brisotto –. Quando, nel '95 rilevai a Sacile un piccolo pastificio ero macellaio (alle dipendenze) e non avevo nessuna esperienza nel settore, ma volevo un’attività mia. La mia fortuna è che non sono mai contento, dunque sperimento e ricerco per migliorare sempre. Mi considero un topo di laboratorio”. Quali sono i vostri ingredienti? “Usiamo solo prodotti freschi, a partire dalle uova (fresche in guscio, 2000 alla settimana, ndr). Per la farina ci riforniamo ai Grandi Mulini di Codroipo. Privilegiamo prodotti stagionali: dalla zucca agli asparagi, alle erbe di campo. E non facciamo magazzino. Lavoriamo solo in base agli ordini, che raccogliamo in mattinata: nel pomeriggio il prodotto viene spedito. Anche nel nostro piccolo spaccio adiacente al laboratorio, aperto al pubblico generico, non abbiamo prodotti pronti. Il cliente viene, sceglie il “modello” di pasta semplice o ripiena, e noi glielo realizziamo al momento”. Qual è la vostra filosofia produttiva? “Abbiamo investito molto nei macchinari (ogni anno dedico alle attrezzature 70/80 mila euro) in modo da avere più linee produttive in base alle quantità richieste: da qualche kg a

decine di quintali al giorno. In questo modo possiamo accogliere anche richieste personalizzate per ricette e occasioni particolari. Il picco lo abbiamo ovviamente a dicembre con una produzione di 20 quintali al giorno”. Facciamo un esempio di richiesta particolare. “Lo chef di un ristorante in centro a Vienna mi chiede prodotti vegani, cioè senza prodotti di origine animale. Dunque tolgo le uova e utilizzo altri ingredienti come mirtilli, limone, menta... A chiedermi prodotti vegani in questo momento sono una trentina di clienti, ma è un mercato in crescita”. Qual è il prodotto più venduto? “Gli gnocchi di patate semplici, tutto l’anno”. E il suo preferito? “Il classico tagliolino all’uovo semplice, la pasta per eccellenza”. Ci consiglia una ricetta? “Rosolare nell’olio d’oliva uno spicchio d’aglio, toglierlo e mettere gamberoni o mazzancolle, aggiungere fiori di zucca tagliati a pezzi. Aggiungere sale, pepe, un filo d’olio e se si vuole a fine cottura un pomodoro fresco a pezzi. Condire i tagliolini”. Buon appetito! Clelia Delponte

3 fiori, simbolo dell'amore delle grandi civiltà: la rosa, che con le sue note pure simboleggia l’amore passionale; il calore del gelsomino evoca l’amore romantico; l’allusiva tuberosa simboleggia l’amore proibito. Dando uno sguardo alle case profumiere italiane troviamo Nobile 1942, che parte proprio dall'essiccazione dei fiori, petali e semi. Una fragranza dalle note fiorite con fondi muschiati è Chypre 1942: si apre con bergamotto e mandarino, per poi esaltarsi nelle note di cuore con tuberosa, gelsomino, rosa damascena e fiori d'arancio. Si ispirano invece alla sposa le note di cuore di Iperborea di Villoresi con i fiori bianchi: gelsomino, magnolia e mughetto. Anche Gianluca Bulega sceglie il bianco di 11 tipi di orchidea per un profumo dalla struttura piena. Infine il nostro viaggio si conclude a Capri, dove l'azienda Carthusia utilizza quei fiori caratteristici dell'isola, il cui profumo incantò la regina Giovanna D'Angiò in visita, per la quale erano stati raccolti. Ma i fiori li possiamo trovare anche nei prodotti cosmetici by Terry, che ha creato una linea a base di essenza di petalo di rosa: spettacolare in particolare il balsamo curativo per labbra, anche colorato (e anche i colori dei rossetti sono creati con estratti di petali di rosa). Interessante, sempre da Grace, per chi ha la pelle molto sensibile la linea curativa e protettiva a base di minerali Jane Iredale: attenua gli arrossamenti, toglie le infiammazioni, protegge dall'inquinamento e dai raggi Uva. Per prendere del sole primaverile, solo il meglio. C. Delponte


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CULTURA

PORDENONELEGGE TUTTOLANNO

Per la prima volta la giovane pordenonese Laura Bortolotto ospite della stagione principale del Verdi

“Viaggi d'autore” con pordenonelegge “In viaggio con pordenonelegge”, una nuova esclusiva iniziativa che propone la visita al Salone internazionale del Libro di Torino e alla magnifica città che lo ospita: da venerdì 15 a domenica 17 maggio Un nuovo anno per pordenonelegge, iniziato già al lavoro sulle tante iniziative che si realizzeranno nei prossimi mesi, fino ad arrivare alla XVI edizione del festival, che sarà dal 16 al 20 settembre. Un nuovo anno che parte anche all’insegna del nuovo progetto promosso dalla Fondazione Pordenonelegge.it: si tratta di “pordenonelegge il territorio”, l’iniziativa che propone quattro intere giornate in cui attraversare strade, autori, sapori e racconti delle nostre terre. Letture, incontri, visite, degustazioni che rappresentano un’esperienza davvero speciale: poter guardare e “vivere” i luoghi a noi vicini con gli occhi e la voce degli scrittori. I primi due seguitissimi itinerari d’autore - realizzati in collaborazione con Friulovest Banca, Turismo FVG, Pordenone with love, UTE Pordenone e STI – hanno attraversato rispettivamente i luoghi di Pier Paolo Pasolini e la pedemontana pordenonese in compagnia degli scrittori Tullio Avoledo e Irene Cao. I prossimi appuntamenti di “pordenonelegge il territorio” saranno il 18 aprile nei luoghi di Ippolito Nievo e il 9 maggio nella Valcellina di Mauro Corona. Ma cultura, conoscenza e “lettura” del territorio, esperienze da gustare e condividere, promozione della lettura e dei libri saranno al centro di un altro viaggio d’autore assolutamente imperdibile in quella che per alcuni giorni diventa la vera “capitale dei lettori”: Torino. “In viaggio con pordenonelegge”, una nuova esclusiva iniziativa che propone la visita al Salone internazionale del Libro di Torino e alla magnifica città che lo ospita: da venerdì 15 a domenica 17 maggio, ecco l’occasione per conoscere e visitare la più importante kermesse letteraria italiana. Al Salone del Libro pordenonelegge avrà un suo spazio espositivo e promozionale, e curerà

l’organizzazione di un’importante sezione di incontri sulla poesia. Gli spettatori che saliranno a bordo a Pordenone avranno una giornata intera a loro disposizione alla Fiera del libro di Torino per visitare gli stand delle case editrici, incontrare gli scrittori e soprattutto, grazie a pordenonelegge, assistere in esclusiva ad alcuni incontri. Ma non mancherà l’occasione di poter godere anche del più ampio itinerario di turismo culturale elaborato per la visita a Torino, addentrandosi in un percorso che spazierà dalla Torino Barocca alla Reggia di Venaria, passando per l’Ostensione della Sacra Sindone. La nuova proposta “In viaggio con pordenonelegge” nasce sotto l’egida della preziosa sinergia tra pordenonelegge e il Salone internazionale del Libro di Torino, siglata a fine 2014 attraverso una convenzione dedicata che prevede iniziative comuni. “Abbiamo sempre creduto nel turismo culturale – sottolinea il presidente della Fondazione Giovanni Pavan – e se questa volta saremo noi ad andare a Torino, a settembre saranno i piemontesi ad arrivare a Pordenone. Oltre all’aspetto turistico, però, mi preme sottolineare, che stiamo lavorando con gli organizzatori del Salone a un programma di eventi di alto profilo che entrerà nel calendario ufficiale, premiando e valorizzando quello che pordenonelegge propone ormai da anni grazie ai nostri curatori guidati da Gian Mario Villalta”. L’itinerario dettagliato e tutte le informazioni sul viaggio d’autore con pordenonelegge a Torino, nel sito www.pordenonelegge.it e presso la Fondazione Pordenonelegge.it - Via del Castello 4/a – Pordenone; tel. 0434.381605. Iscrizioni entro il 28 febbraio 2015. A cura di pordenonelegge.it

LAURA,

il violino che dà del tu ai grandi compositori tedeschi Attesissimo concerto “casalingo” sul palco del Teatro Comunale il 25 febbraio alle ore 20.45

La grande musica e i giovani: un abbinamento che piace al Teatro Verdi di Pordenone, una scelta strategica che anche nel corso di questa stagione si sta declinando in progetti ed eventi e che il 25 febbraio, alle 20.45, si tradurrà in una serata davvero speciale, grazie anche al sostegno dell’Amico del Teatro Eurapo. Per la prima volta ospite nella stagione principale del Comunale, la violinista pordenonese Laura Bortolotto, ormai non più solo giovane promessa della musica, visto che si sta affermando a

livello internazionale, proporrà all’ascolto pagine della grande tradizione tedesca, da Beethoven a Schumann, da Honegger a Kodály. Accompagnata da una delle migliori orchestre sinfoniche italiane, sotto la raffinata bacchetta di Marcello Bufalini, affronterà con la freschezza e il talento dei suoi verdissimi anni, uno dei capolavori per violino di Schumann. Laura Bortolotto, che a quattordici anni si è diplomata come privatista al Conservatorio “G. Tartini” di Trieste con il massimo dei voti, la lode e la menzione speciale di merito, dopo i numerosi primi premi conseguiti in concorsi nazionali e internazionali, nella sua già intensa carriera artistica si è esibita in sale prestigiose in Italia e all’estero nell’ambito di importanti festival sia come solista con orchestra, sia come componente di formazioni cameristiche. Dagli esordi a livello regionale (Nuova Orchestra Busoni di Trieste, Orchestra Solisti in Villa dell’Associazione Culturale Altoliventina XX Secolo di Prata di Pordenone, Orchestra dell’Accademia Naonis di Pordenone) è arrivata in sale come il Mozarteum di Salisburgo, il teatro Filarmonico di Kiev e le Sale Apollinee del Teatro la Fenice di Venezia. Nel luglio 2014 il mensile della grande musica Amadeus ha dedicato la copertina a un suo cd registrato con l’Accademia d’Archi Arrigoni diretta da Domenico Mason. Al pubblico, dunque, l’occasione per apprezzare un programma originale e per salutare una giovane stella che porta con la sua bravura il nome di Pordenone nel mondo. Info: www.comunalegiuseppeverdi. it, tel. 0434 247624.

CASA DELLO STUDENTE

Concorso Europa e Giovani fino al 21 marzo Il nuovo bando del concorso propone dodici tracce diversificate per università e scuole di ogni ordine e grado: per alimentare la speranza di un’Europa sostenibile incisiva e inclusiva Il Concorso Europa e Giovani 2015 si articola in dodici tracce per studenti Universitari (di tutte le facoltà anche giovani laureati, purché sotto i 27 anni) e studenti delle scuole Secondarie e Primarie. Gli Universitari potranno esprimersi sullo scrittore Primo Levi e sulla sua choccante memoria dell’olocausto e della follia nazista; in alternativa, approfondire il libro Lo Stato innovatore di Mariana Mazzucato, economista e docente all’Università del Sussex, oppure potranno indagare come nei Paesi del mondo ci si prepara agli obiettivi di Expo 2015: “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. Potranno ancora discernere fra agricoltura biologica vera e falsa, o analizzare l’evoluzione delle politiche sociali europee, o trattare di narrativa, mettendo a confronto alcune tesi di Luis Sepúlveda (che sarà in marzo protagonista del Festival Dedica a Pordenone) con quelle di scrittori europei contemporanei. I più tecnologici potranno documentarsi sull’impiego delle nuove tecnologie nell’artigianato tradizionale e sulla rivoluzione dei “Makers”: i cosiddetti hobbisti tecnologici che generano prodotti usando strumenti come i laser cutter, le macchine CNC, stampanti e scanner 3D. Impegnative e stuzzicanti sono anche le tracce proposte agli studenti delle Secondarie Superiori. Possono scegliere di parlare di modelli di vita dei giovani dell’Europa dell’Est (magari

contattandone alcuni nei social) venticinque anni dopo la caduta del muro di Berlino, oppure prendere in esame il docu-film di Gabriele De Grande Io sto con la sposa e il suo sguardo trasversale sulle tematiche delle migrazioni. Possono anche impegnarsi nel discutere una frase del magistrato Giancarlo Caselli su quanto convenga il seguire la legalità e indagare su episodi nel loro territorio. I piccoli di Scuole Secondarie Inferiori e delle Primarie sono invitati ad interessarsi a cosa c’è nel carrello della spesa ed aiutare i genitori a leggere bene le etichette dei prodotti alimentari che dovrebbero seguire le nuove regole europee. Possono anche creare una sorta di decalogo su come comportarsi con gli animali da compagnia, a volte quasi troppo umanizzati, ma altre abbandonati e maltrattati e scoprire che anche in questo campo esistono regole comunitarie a sostegno di comportamenti corretti. Scadenza: il 21 marzo 2015 (irse@centroculturapordenone.it). Europa e Giovani è un’iniziativa dell’IRSE - Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia, con patrocinio e sostegno della Regione, della Provincia e Comune di Pordenone, di Fondazione Crup, Banca Popolare FriulAdria Crédit Agricole, Banca di Credito Cooperativo Pordenonese, Finest, Confartigianato Imprese – Pordenone e Rotary Club Pordenone.


La Città

CULTURA

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Dal 7 al 14 marzo a Pordenone il grande scrittore cileno sarà protagonista dell’edizione 2015 di Dedica

Raccontare, Resistere La vita secondo Sepúlveda Tra le novità di quest’anno un sempre maggior coinvolgimento delle scuole, dalle elementari all’università, e il programma “Aspettando Dedica” per far conoscere lo scrittore, il festival e la qualità delle proposte nell’intera regione e nel vicino Veneto Forse è vero che la dimensione di uno scrittore come Luis Sepúlveda sta tutta in quei due verbi: “Raccontare, resistere”, che danno il titolo di un suo libro. Perché lo scrittore cileno (1949), protagonista della 21/ma edizione di “Dedica”, a Pordenone dal 7 al 14 marzo, ha una «scrittura appassionata ma insieme controllatissima – afferma Bruno Arpaia, esperto di letteratura spagnola e latinoamericana, curatore del festival – possiede soprattutto una delle qualità postulate da Calvino: la leggerezza, che non va mai confusa con la superficialità, ed è anzi un modo di arrivare alla profondità, grazie al dono, tutto sepulvediano, del racconto conciso ed efficace, del gusto per le immagini pennellate con estrema cura e di una capacità di evocazione che gli permette di raccontare con semplicità le cose, le persone e gli avvenimenti più complessi». E ciò unito a un singolare impegno civile. Fra le novità del festival, la concentrazione del programma in 8 giorni, durante i quali Sepúlveda sarà in città; il varo di un programma, “Aspettando Dedica”, volto a far conoscere lo scrittore, il festival e la qualità delle proposte nell’intera regione e nel vicino Veneto; un sempre maggior coinvolgimento delle scuole, dalle elementari all’università. Il tutto nella convinzione dell’associazione Thesis, che

della Città allo scrittore; segue Parole e immagini per Luis Sepúlveda, premiazione degli studenti; ore 20.45, Convento San Francesco, Sur: proiezione di documentari di e su Luis Sepúlveda. 12 marzo (con replica il 13), Auditorium Concordia, Max, Mix e Mex. Storia di un gatto e di un topo messicano, spettacolo teatrale riservato alle scuole elementari, con Assemblea Teatro; ore 20.45, Convento San Francesco Il funerale di Neruda, spettacolo teatrale di Luis Sepúlveda e Renzo Sicco, con Assemblea Teatro. 13 marzo, ore 20.45, Il Deposito, Luis Sepúlveda e Modena City Ramblers in concerto. 14 marzo, ore 17.00, Auditorium Concordia, Raccontare, Resistere, dialogo fra Luis Sepúlveda e Giancarlo De Cataldo, conduce Paolo Soraci. N.Na. organizza il festival, che la cultura sia necessaria, prioritaria, fondamentale per la crescita civile e sociale di una comunità. Questo il programma di “Dedica 2015”: 7 marzo, ore 16.30, Teatro Comunale, Dedica a Luis Sepúlveda, conversazione con l’autore a cura di Bruno Arpaia, proiezione multimediale di Daniel Mordzinski; ore 20.45, Teatro Comunale, Storie clandestine, da testi di Sepúlveda con Giuseppe Cederna e Bruno Arpaia, musiche dal vivo Alberto Capelli. 8 marzo, ore 17.00, Convento San Francesco, Il passato davanti a noi, prima presentazione del nuovo libro di Sepúlveda L’avventurosa storia dell’uzbeko muto, interviene Ilide Carmignani. 10 marzo, ore 20.45, Convento San Francesco, Poesie senza patria, reading poetico di Luis Sepúlveda e Carmen Yáñez, musiche dal vivo del “Ginevra Di Marco Trio”. 11 marzo: ore 11.00, Municipio, Consegna del Sigillo

LA MOSTRA

HARRYBERTOIA, il mondo accanto alla sedia Fino al 29 marzo a Pordenone e San Lorenzo di Arzene omaggio al grande designer friulano padre della mitica Diamond Proviamo a immaginare cosa può aver significato, per un ragazzo di 15 anni, il trovarsi catapultato da una realtà come quella del Friuli del 1930 a una città come Detroit, dove poté continuare gli studi artistici (iniziati nella scuola di disegno di Casarsa). Di sicuro un impatto non facile, ma si direbbe ben assorbito da Arieto (ben presto divenuto “Harry”) Bertoia, nato a San Lorenzo d’Arzene nel 1915, al quale viene ora dedicata una grande mostra nella Galleria d’Arte di Pordenone a lui intitolata (a Palazzo Spelladi) e nella sua casa natale a San Lorenzo. Già nel 2009 il Comune di Pordenone gli dedicò una mostra: ora si può ammirare questa “Dalla natura al segno” – a cura degli Amici di Harry Bertoia, con catalogo a cura di Angelo Bertani e testi dello stesso Bertani, di Elena Bertoia e Mario Piazza – realizzata nelle due sedi in occasione del centenario della nascita dell’artista e visitabile fino al 29 marzo. Si tratta di un omaggio a un figlio di questa terra che da emigrante si è fatto onore all’estero divenendo un grande artista, ma soprattutto la mostra diventa occasione per promuovere ulteriori riflessioni sull’organicità e qualità complessiva del lavoro di Bertoia. Un artista che secondo Bertani è “sempre aperto alla sperimentazione e in sintonia con lo spirito del proprio

tempo”. Certo, il successo (nel 1952) della poltrona Diamond rischia di oscurare il resto dell’attività di scultore e design di Bertoia, ma la qualità del suo lavoro non nasce dal nulla, ha origini lontane. L’ambiente artistico statunitense negli anni Trenta era piuttosto chiuso e si aprì al confronto con l’Europa solo con l’arrivo dal vecchio continente di tanti artisti in fuga dal nazismo. Bertoia, che studiò e poi insegnò a Cranbrook, sperimentando su metalli, gioielli, tecniche di stampa, risentì di quel clima, influenzato dal surrealismo, dalla psicologia analitica, affermando il primato della “visione interiore” su quello dell’occhio (ne sono un esempio i monotipi in mostra). Per Bertoia le coordinate formali del costruttivismo e le suggestioni “preformali” provenienti dal surrealismo non erano contradditori: “questo suo voler conciliare gli opposti costituisce, storicamente – secondo Bertani – uno degli aspetti peculiari e più originali della sua arte”, ma ciò finì – svincolato com’era da “gruppi” – per isolarlo. Dai monotipi in mostra si può evincere la qualità della ricerca; da gioielli, monotipi, sculture emergono le relazioni e gli scambi reciproci tra tecniche e linguaggi. Nico Nanni

C’È DI PIÙ

I Magredi entrano al Cro L’A.S.D. Triathlon Team di Pordenone, organizzatrice dell’ultramaratona “Magraid”, corsa di tre giorni per 100km nel territorio dei Magredi che si svolge ogni anno il terzo fine settimana di giugno con partenza da Cordenons (PN), inaugura il 6 marzo 2015 negli spazi espositivi del Centro di Riferimento Oncologico CRO di Aviano il riallestimento della mostra “I Magredi di Magraid”. L’esposizione, visitabile liberamente al pian terreno dell’edificio ospedaliero fino al 3 aprile, è una ricca carrellata di immagini che uniscono e celebrano natura e sport. Si propone di suscitare emozioni positive legate alla bellezza e alla purezza dell’ambiente ritratto, i Magredi, di accrescere l’interesse, la conoscenza e il rispetto per queste zone naturali e incontaminate, dotate con caratteristiche uniche al mondo, e di creare un momento di evasione dal dolore che si può incontrare quotidianamente in un ambiente normalmente dedicato alle cure mediche di patologie importanti.


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La Città

SOTTO LA LENTE

Il punto sulla raccolta dei rifiuti con GEA, la società pubblica che si occupa della gestione dei rifiuti a Pordenone

NON HA SCUSE CHI ABBANDONA I RIFIUTI E NON EFFETTUA LA RACCOLTA DIFFERENZIATA Luca Mariotto: “Nel 2014 abbiamo raccolto 26.800 tonnellate di rifiuti, di cui oltre l'82% di differenziata sul totale. Ma se su 50.000 persone una piccola minoranza si comporta male, ne risentono tutti. Continueremo a fare comunicazione e cultura sul tema”

Con l’amministratore delegato di Gea, Luca Mariotto, affrontiamo uno dei temi caldi di questi giorni: l’abbandono dei rifiuti. “Un’abitudine dura a morire e assolutamente trasversale, sia da parte di utenti pordenonesi sia da fuori comune – commenta – e che vede tra i soggetti sanzionati appartenenti a tutte le categorie sociali, tanto che in uno dei sacchetti abbiamo trovato uno scontrino di negozio di lusso del centro, che vende abiti molto costosi. Purtroppo c’è chi pensa che abbandonare i rifiuti accanto a un bidone o a un cestino sia un peccato veniale, perché tanto prima o poi Gea passerà a raccogliere, non rendendosi conto che così crea un disagio a tutti. Oltretutto chi ha rifiuti ingombranti li può portare gratuitamente all’Ecocentro, che è aperto dal lunedì al sabato con orario continuato. Davvero non si comprende chi si carica un televisore in macchina per poi lasciarlo nell’area dell’Interporto, mentre potrebbe portarlo comodamente all’Ecocentro. Segnalo inoltre che tutti i comuni della provincia sono dotati di ecocentri. A Montereale Valcellina, che da gennaio è servito da GEA, ce ne sono addirittura 2”. Gli abbandoni dipendono forse dalle eccessive quantità? “Chi abbandona sono persone che non fanno la separazione dei rifiuti, dunque abbandonano l’indifferenziato e lo fanno principalmente il sabato sera e la domenica. Dal primo febbraio abbiamo incrementato il numero degli ausiliari di vigilanza ambientale, per poter intervenire anche la sera e nel fine settimana”. Recentemente sono emerse delle criticità al parco di san Valentino, utilizzato dai ragazzi

delle scuole limitrofe per la pausa pranzo. Come le avete affrontate? “Abbiamo avviato un progetto mirato di educazione, intervenendo nelle classi, distribuendo un apposito volantino informativo e aumentando il numero dei bidoni in dotazione alle scuole”. E sul fronte generale? “Vogliamo avviare una comunicazione specifica sugli abbandoni con dei filmati promozionali come quelli realizzati in passato. Noi raccogliamo 100 tonnellate di rifiuti al giorno, ma l’impatto visivo e la percezione relativa rimangono forti. Se su 50.000 persone una piccola minoranza si comporta male, ne risentono tutti”. I cambiamenti della raccolta in centro hanno creato qualche disorientamento... “Abbiamo scelto di non rac-

cogliere immediatamente i sacchi sbagliati per dare il segnale che il sistema era cambiato e nel giro di qualche settimana le cose sono andate a regime. È stato molto utile il bollino rosso che segnalava il conferimento scorretto, indicando nel contempo il numero verde cui rivolgersi per dubbi e delucidazioni”. Facciamo qualche dato sulla raccolta di rifiuti del 2014? “Abbiamo raccolto 26.800 tonnellate di rifiuti, di cui 4.700 in maniera indifferenziata e oltre 22.000 di differenziato destinato al recupero, raggiungendo dunque oltre l’82% di differenziata sul totale. Dopo 2/3 anni di calo nella produzione dei rifiuti il 2014 ha segnato un incremento, concentrato in modo particolare sull’umido e il verde”.

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Obiettivi a breve termine per il 2015? “Continueremo con la lotta contro gli abbandoni e vorremmo regolamentare il volantinaggio selvaggio, magari creando dei punti di esposizione appositi. Una soluzione che andrebbe a vantaggio di tutti: di chi li distribuisce, dei cittadini che si tengono informati su attività culturali e non, e il decoro”. Segnalazioni particolari? “Nella zona di Torre i cittadini hanno ricevuto dei volantini che pubblicizzavano una raccolta di rifiuti non autorizzata, che li invitavano a lasciare ferro e metalli, ma anche stufe e lavatrici fuori dalla porta. Ricordiamo che la raccolta dei rifiuti è di competenza comunale e altre iniziative, promosse da soggetti non identificati generano solo confusione”. Clelia Delponte

con soli

La Città

Periodico di informazione e opinione della città di Pordenone Tiratura 7.000 copie

PUOI RICEVERE IL GIORNALE A CASA TUTTO L’ANNO! intestato a:

ASSOCIAZIONE LA VOCE

EDITRICE: Associazione “La Voce”, Viale Trieste, 15 (2°piano) Pordenone DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Mariuzzo

- BANCA POPOLARE FRIULADRIA IT39 Z 05336 12500 000040442213 - BCC PORDENONESE IT74 W 08356 12500 000000012922 - FRIULOVEST BANCA IT50 L 08805 65000 000000710695

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:

Sergio Bolzonello, Alberto Cassini, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, Giulio Ferretti, Piergiorgio Grizzo, Nico Nanni, Daniele Rampogna, Giuseppe Ragogna, Cristina Savi, Antonino Scaini, Giorgio Simonetti, Michela Zin

PROGETTO GRAFICO: Francesca Salvalajo FOTO:

archivio La Città, Marcello Norberto Anzil, Gigi Cozzarin, Luca D’Agostino, Ferdi Terrazzani, Italo Paties, Eugenia Presotto, Angelo Simonella

IMPIANTI STAMPA: Visual Studio Pordenone STAMPA: Tipografia Sartor PN


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