La citta Pordenone n. 74 ottobre 2014

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La Città

LA CITTÀ • Numero Settantaquattro • Ottobre 2014 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCI PORDENONE • Copia in omaggio Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • e-mail: info@lacitta.pordenone.it • Sito web: www.lacitta.pordenone.it

Voglia di grande centro

Nei prossimi mesi a Pordenone arriveranno oltre 5 milioni di euro dei fondi Pisus. Tra le altre cose si andrà a riqualificare il centro città per renderlo più fruibile ed attraente. Gli interventi più significativi in via Mazzini, corso Vittorio Emanuele II, largo San Giorgio. Nuove piste ciclabili collegherenno il centro storico, i parchi urbani, il parco fluviale e il parcheggio della Fiera L’intervista a pagina 4 SOTTO LA LENTE

PAROLA MIA

APordenonelegge è mancata la riflessione sull'industria locale

Verso un nuovo manifatturiero centrale e moderno

di GIANNINO PADOVAN

di SERGIO BOLZONELLO

La “kermesse” di Pordenonelegge offre, ogni anno, lo spaccato di una città capace di volare alto e di far sentire la propria presenza culturale ben oltre il ristretto ambito locale. Certamente è un dato positivo. Merita riflettere, tuttavia, sull’altro lato della medaglia, ovvero l’assenza proprio dello “specifico” locale. Mi chiedo – e chiedo – perché in questa importante occasione, non si sono toccati i nervi scoperti delle questioni economiche e sociali che vive la città? Parto dal presupposto che Pordenone è pur sempre parte

Questo cambiamento radicale, profondo e irreversibile ha disorientato gran parte del nostro comparto produttivo. È necessario ammetterlo: né la politica, né le istituzioni, né le associazioni di categoria, né la nostra comunità sono state in grado d’interpretare i segnali che hanno preceduto questa trasformazione. Ci consideravamo purtroppo inseriti in un sistema produttivo ed economico in grado di assorbire ogni cambiamento; il grande sforzo d’industrializzazione del secondo dopoguerra, quello dei

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OTTOBRE

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EDIZIO NE

Incontriamoci a Pordenone non è solo il nome della grande festa popolare che anima le strade e le piazze del centro storico. È anche un invito, quanto mai attuale, a ritrovarsi e a riconoscersi comunità. In questo momento storico nel quale vacillano alcuni totem dell’identità provinciale si rende necessario individuare nuovi modi per tenere unito questo territorio. Se viene meno la funzione coaugulante di istituzioni come la Provincia, la Camera di Commercio, la Fiera, la Prefettura chi eserciterà un minimo di regia nella sgangherata vita economica e sociale della Destra Tagliamento? Non è una questione di poco conto se si considera che tali enti hanno puntellato lo sviluppo nel secondo dopoguerra. È come se fossero sempre esistiti, fanno parte dell’arredamento non solo urbano (con le loro belle sedi) ma anche culturale e psicologico. La loro esistenza è legata alla tumultuosa crescita economica trainata dalla Zanussi e dal settore manifatturiero pordenonese, tradizionalmente leader in regione. Ora che anche la gloriosa industria locale arretra in modo vistoso è l’intera comunità pordenonese a perdere terreno. Questo è il quadro, poco confortante per la verità. Le vie di uscita? Se non ci sono bisogna per forza inventarle. Non si scappa. E occorre farlo partendo da quelli che sono oggi i punti di riferimento in città e nell’area vasta che la circonda. Proviamo a isolarne alcuni a mo’ di brainstorming, senza voler far torto a nessuno. Il progetto di aggregare Pordenone e i Comuni di Cordenons, Porcia, Roveredo per dar vita a una massa critica di oltre 100 mila abitanti, secondo noi, è una soluzione ragionevole e percorribile. Forse più convincente della sbandierata riforma regionale degli enti locali di cui non si capisce bene il punto di arrivo. Se queste amministrazioni comunali confinanti mettessero a fattor comune i servizi fondamentali saremmo già contenti. I cittadini chiedono efficienza e convenienza. Punto. Un capoluogo così rafforzato sarebbe anche più attrattivo nei confronti dei mandamenti. Un secondo collante della comunità pordenonese è la cultura. Negli ultimi dieci anni il settore ha registrato una crescita esponenziale e oggi siamo ai vertici nazionali, non solo per la qualità delle iniziative ma anche per il know how maturato nel progettarle, organizzarle, gestirle e promuoverle. Siamo dei “draghi” in questo e dobbiamo giocarcela bene questa carta. Il Teatro Verdi può fungere da centro di gravità, da quartier generale, da pensatoio dell’articolata progettualità in questo ambito e non solo a livello comunale. Il terzo driver potrebbe essere il centro città. A Dio piacendo, l’arrivo dei sospirati fondi Pisus dall’Europa dovrebbe cambiarne il volto con ampie riqualificazioni delle aree nevralgiche. Dobbiamo fare in modo che diventi un salotto in cui è bello, piacevole e conveniente recarsi con la famiglia, con gli amici, con i colleghi. Bisogna restituire al centro storico il suo valore aggiunto, che lo nobilita rispetto a un centro commerciale qualsiasi. Potrebbe agevolare la creazione di percorsi e iniziative gastronomiche tese a valorizzare le produzioni locali della pianura, della pedemontana e delle valli. Un filone “sostenibile” che piace molto e nel quale abbiamo molto da dire e da proporre. Per esempio partendo dalle casette di Natale, che vanno ripensate con una visione strategica e possibilmente distribuite in modo diverso, evitando cioè il solito effetto “campo di concentramento”. Flavio Mariuzzo

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Rafforzare la città per tenere unita la nostra provincia

Sbloccati, dopo tre anni di attesa, i fondi europei per lo sviluppo urbano sostenibile

foto di Angelo Simonella

EDITORIALE

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In occasione di Incontriamoci a Pordenone facciamo il punto sullo stato di salute del commercio in città

Il commercio cittadino

Le criticità riguardano la tassazione elevata, la concorrenza sleale, l'eccesso di offerta in alcuni settori merc i principali problemi che stanno affondando il centro cittadino e provocando numerose chiusure di negozi. di FLAVIO MARIUZZO

MAURIZIO FIORETTI

ALDO BISCONTIN

"Resiste solo chi ha voglia di combattere" Il punto del presidente del mandamento di Pordenone dell’Ascom arrivare i soldi del progetto Pisus. Si tratta di 5 milioni di euro che per la maggior parte saranno destinati a progetti di riqualificazione di corso Vittorio Emanuele e corso Garibaldi, di via Mazzini, delle piste ciclabili, ecc. Insomma, una boccata d’ossigeno che dovrebbe aumentare l’attrattività. Quali sono gli ostacoli da rimuovere? In Italia è diventato difficile fare qualsiasi cosa: la burocrazia è un mostro, il costo del lavoro è allucinante, ci sono balzelli di tutti i tipi che frenano l’iniziativa imprenditoriale. Lo predichiamo da anni: cambiano i governi ma i problemi restano senza soluzione. Resiste solo chi ha voglia di combattere.

Che momento è per il commercio pordenonese? Il commercio, anche a livello cittadino, riflette il momento di crisi economica del Paese. A Pordenone come altrove i negozi chiudono perché non c’è mercato e questo riguarda tutti i settori, chi più chi meno. La ristorazione e l’intimo soffrono meno di altri. Ma in generale la tendenza è all’appiattimento verso il basso. Soffrono anche i centri commerciali. Il cliente è lo stesso e i consumi sono calati per tutti. Il terziario è importante ma se non riparte il manifatturiero non può esserci ripresa. La nostra vocazione è questa. All’orizzonte cosa c’è? Verso fine anno dovrebbero

HOTEL

SANTIN

Hotel Santin Giovanni s.r.l.

“Da outlet ed e-commerce concorrenza sleale” Parla il presidente del settore Moda dell’Ascom pordenonese Il suo punto di vista sullo stato del comparto moda. Il comparto moda è in trincea come gli altri settori. Nella nostra regione, se possibile, va addirittura peggio perché scontiamo il carattere chiuso e prudente dei friulani, che prima investono sulla casa mentre tutto il resto viene dopo. Una regione a statuto speciale come la nostra doveva gestire meglio la liberalizzazione del commercio decisa a livello europeo cinque anni fa. Non si doveva recepire pedissequamente bensì adeguarla alle esigenze del territorio, cosa che non è avvenuta. Come spiega la fatale attrazione per gli outlet? Gli outlet sono una gran fregatura. Per definizione dovrebbero vendere le rimanenze di magazzino dell’anno prima, mentre in realtà tutti sappiamo che non è così, anzi. Hanno sempre tutte le taglie e fanno addirittura i saldi sul prezzo outlet. In pratica attirano i clienti con l’esca dello spaccio, ma poi offrono tutt’altro. Non è concorrenza sleale questa? Molti risparmiano con l’e-commerce. Vero, però anche questa è una concorrenza sleale che andrebbe regolamentata. Spesso le società che operano nel commercio attraverso la rete hanno le sedi legali e pagano le tasse nei cosiddetti paradisi fiscali. Ciò procura loro un vantaggio enorme rispetto a chi paga le tasse in Italia. Sommando tutti i balzelli un esercizio pubblico da noi paga il 78% di tasse. Così è impossibile concorrere.

Un ritratto del cliente pordenonese Il pordenonese è un cliente che si affeziona al negozio. Quando si trova bene ti dà fiducia e alla lunga ti dà soddisfazione perché sa sempre quello che vuole. Quella del pordenonese che va a fare gli acquisti di moda in Veneto è sempre stata una leggenda metropolitana. In realtà accade il contrario, cioè che dal Veneto si spostano per venire da noi. Molti sono i clienti che arrivano dalle province di Treviso e Venezia. Verso il Friuli siamo attrattivi fino a Codroipo. Soffrite la presenza ingombrante dei centri commerciali? Anche quella del centro commerciale che porta via i clienti al centro storico è una convinzione sbagliata. La verità è che la crisi ha generato fenomeni strani, come il turismo da centro commerciale. Una sorta di galleria dove si va passeggiare e curiosare, ma gli acquisti sono pochi. Certo i negozi del centro sono penalizzati dai parcheggi troppo costosi e dalla difficoltà di accesso. Invece di invogliare chi viene in centro valorizzando il cuore della città si continua ad andare nella direzione opposta. Una possibile soluzione? Per esempio, secondo me, nella giornata di sabato i parcheggi dovrebbero essere ovunque completamente gratuiti. Allora sì che la gente verrebbe volentieri. Non dobbiamo mai dimenticare che il commercio è l’anima del centro cittadino. Se i negozi chiudono a chi vendiamo questa città?

Via delle Grazie, 9 - 33170 Pordenone Tel. 0434/520443 - Fax 0434/520362 www.hotelsantin.it - info@hotelsantin.it

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“La liberalizzazione ci ha ucciso” (Biscontin) “Se il fine della liberalizzazione decisa a livello europeo era quello di una maggiore concorrenza per favorire il consumatore, beh, si può tranquillamente affermare che non è stato raggiunto. Le aperture indiscriminate hanno determinato un calo generalizzato dei fatturati e i prezzi per il consumatore finale sono addirittura aumentati. L’unico strumento che può regolamentare il commercio è quello urbanistico, ovvero il piano regolatore”.

(Focone) “La liberalizzazione ci ha ucciso. La licenza per noi aveva il valore della pensione a fine carriera. Ora non vale più niente. Prima era sinonimo di professionalità e competenza, la si otteneva dopo aver superato esami severi. Oggi non è più così. Il risultato è che a Pordenone abbiamo un locale pubblico ogni 270 abitanti, mentre Londra ne ha uno ogni 1.500. Eppure anche in Inghilterra dovrebbero valere le regole europee e invece non sono state applicate a scatola chiusa come da noi. In questo modo i piccoli sono destinati a sparire di fronte allo strapotere delle grandi catene di distribuzione”.


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Un settore chiave della vita economica che non ha perso la voglia di combattere malgrado la crisi

o resiste e rilancia

ceologici, il caro-parcheggi e il divieto di musica. Secondo gli operatori questi sono Malgrado la crisi, tuttavia, si guarda avanti con forza di volontà, passione e idee

ENRICO FOCONE

“Le casette di Natale diventino un’expo dei prodotti del territorio” L’idea del presidente della Federazione Italiana Pubblici Esercizi

Alcuni momenti di Incontriamoci a Pordenone, la festa del commercio locale che riempie strade e piazze attirando migliaia di persone

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“Emergenza accattonaggio: dietro c’è il racket” (Biscontin) “L’accattonaggio è diventata un’emergenza sociale. Non siamo più in presenza di persone che chiedono la carità per mangiare. Assistiamo a un vero e proprio assalto collegato al racket. È ormai chiaro che esiste un’organizzazione che fa arrivare gli stranieri a Pordenone con l’obiettivo di rastrellare denaro. È legale tutto ciò? Ho qualche dubbio”.

(Focone) “È evidente che siamo in balia di un problema che non è più legato ai singoli individui. Si riconoscono per lo meno due bande, quella dei rumeni e quella degli africani. I primi chiedono soldi camminando avanti e indietro per il centro. Ogni tanto entrano in un locale pubblico a cambiare il denaro raccolto: si tratta di centinaia di euro. I secondi vendono libri, ma si vede che non hanno l’atteggiamento di chi ha fame”.

Il punto di vista dei pubblici esercizi. Nel solo corso Vittorio Emanuele ci sono attualmente tredici attività chiuse e i locali sono sfitti. Capisco che anche l’Amministrazione ha problemi a far quadrare il bilancio, ma qui occorre un intervento urgente prima che sia troppo tardi perché è evidente che in questo modo le cose non possono funzionare. La tassa sui rifiuti è abnorme: solo per il mio bar devo pagare oltre duemila euro l’anno. I parcheggi a pagamento a 1,60 euro l’ora sono una follia. Gli affitti dovrebbero essere calmierati a livello comunale, magari abbassando l’Imu ai proprietari. Insomma, occorre una cura da cavallo, ma il medico è assente. Per non parlare della musica nei locali… Questa è una spina nel fianco. Un regolamento assurdo obbliga i bar al silenzio dalle 12 alle 16 e dopo le 23. Vanno bene le regole, ma è necessario anche un po’ di buon senso. Se la musica è piacevole e non disturba

FIERA

Riso e Confetti quest’anno premia i suoi visitatori Un nuovo concorso renderà ancora più allettante la visita a Riso e Confetti, il Salone del matrimonio in programma alla Fiera di Pordenone nelle giornate 1, 2 e 8, 9 novembre 2014. Tutti coloro che compileranno all’ingresso della manifestazione il form con i propri dati potranno partecipare al concorso che mette in palio 3 buoni sconto da 500 € cad. spendibili presso gli espositori di Riso e Confetti 2014. I buoni non sono cumulabili e devono essere spesi in un’unica soluzione entro il 30/10/2015 solo presso le aziende che espongono a Riso e Confetti 2014. L’estrazione dei 3 vincitori avrà luogo entro il 30/11/2014 alla presenza di un Notaio. Un’idea anticrisi di Pordenone Fiere che vuole aiutare i neosposi ad affrontare le spese del matrimonio e allo stesso tempo promuovere le attività commerciali degli espositori della manifestazione. Regolamento del concorso nel sito www.risoeconfetti.it

perché proibirla? Così si finisce per peggiorare la qualità della vita anziché migliorarla. Siamo propositivi: fuori un’idea. Il territorio pordenonese, non solo la città bensì l’intera provincia, è ricco di tipicità che andrebbero maggiormente valorizzate, soprattutto nell’ambito gastronomico. L’occasione per farlo potrebbero essere le “casette” di Natale che, a mio avviso, vanno ripensate con una visione strategica. Perché non farle diventare un’expo diffusa dei prodotti del territorio? Inutile concentrarle solo in piazza XX Settembre. Insediamole anche lungo i corsi, in via Mazzini, via Cavallotti, viale Martelli, piazza della Motta. Creiamo dei percorsi e delle sinergie con bar e ristoranti, con menù a tema, assaggi, degustazioni, incontri. Oggi queste cose funzionano molto. L’enogastronomia tipica e di qualità è una nicchia del made in Italy in crescita e di tendenza, un settore resistente alla crisi e sul quale bisogna investire con convinzione.

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“Pordenone Piancavallo Dolomiti Friulane” Sarà l’unico Consorzio turistico provinciale

Sbloccati i fondi europei: il punto dell'assessore comunale

Pisus, in arrivo 1,2 milioni per

Sergio Lucchetta è il presidente del Consorzio Pordenone Turismo Provincia Ospitale. Una struttura ambiziosa nata nel 2006, ma forse ancora poco conosciuta, con risorse umane e finanziarie piuttosto limitate. Un po’ come accade per l’altro Consorzio pordenonese, quello denominato “Piancavallo Dolomiti Friulane”, che, da “statuto”, si occupa di promuovere tutta la fascia montana e pedemontana pordenonese. Per questo, su impulso della Regione che ha invitato i consorzi a unire le forze per fare massa critica, dal prossimo anno le due entità si fonderanno in un’unica realtà, il nuovo “Consorzio Pordenone Piancavallo Dolomiti Friulane”. “La promozione turistica del territorio pordenonese avrà un interlocutore unico per quanto riguarda la promocommercializzazione, il booking on line e la proposta di pacchetti turistici integrati – spiega Lucchetta - lavoreremo

in sinergia con Montagna Leader, che continuerà ad occuparsi della fascia montana, e con Concentro, che gestisce il sito Pordenone with love”. “Il turismo a Pordenone è sempre stato di due tipi – continua Lucchetta – quello legato alla presenza degli americani della Base di Aviano e quello “business” originato dalle numerose aziende del territorio in affari con l’estero. Per motivi diversi entrambi oggi si sono ridotti rendendo necessario un riposizionamento su un turismo leggero. Oggi l’attrattività è legata alla storia, alla cultura, agli eventi e ai sapori. Su queste linee strategiche cercheremo di ‘vendere’ il territorio pordenonese, in collaborazione con l’agenzia regionale Turismo FVG, attraverso la partecipazione a fiere di settore, workshop, l’organizzazione di educational e soprattutto attraverso Internet e i social media”.

foto di Angelo Simonella

Lo guiderà Sergio Lucchetta, già presidente del Consorzio Pordenone Turismo

L’intervista all’assessore comunale Bruno Zille si apre con un ringraziamento (insolito) a tutti quei commercianti di Pordenone che, malgrado le odierne difficoltà, hanno saputo e continuano a dar vita ad iniziative autonome creando una rete di collaborazioni spesso animate dal puro volontariato. Il riferimento è agli operatori di via Cavallotti o di vicolo delle Acque o ad altri ancora che stanno dimostrando un indomito dinamismo. Ma basta questo a risollevare le sorti di un settore che quasi ogni giorno vede chiudere un’altra serranda? Ne abbiamo parlato con l’assessore Zille. Assessore Zille, il commercio cittadino soffre. E il Comune cosa fa? Ritengo che all’Amministrazione vada riconosciuto con onestà intellettuale un ruolo di sostegno al commercio cittadino. Da quando ci siamo insediati nel 2011 l’impegno è stato massimo per individuare le varie forme di sostegno al comparto, sia sotto l’aspetto logistico che finanziario, ma anche con iniziative

finalizzate ad animare la città e il centro storico. Eventi come l’Adunata degli Alpini, Pordenonelegge, Mercato Europeo, Incontriamoci a Pordenone, Estate in città, il Natale e molte altre durante il corso dell’anno hanno tutte il supporto del Comune, non solo sotto l’aspetto logistico, ma anche con l’impiego di personale per garantire la sicurezza, la mobilità, gli iter amministrativi e l’allestimento dei siti che ospitano le iniziative. Alla fine, sommando tutto, si tratta di interventi quantificabili nel tempo in qualche milione di euro. Intanto i fondi Pisus restano un miraggio: abbiamo perso tre anni. La Giunta ha presentato il progetto per accedere ai fondi del Piano Integrato di Sviluppo Urbano Sostenibile fin dal novembre 2011. La comunicazione ufficiale dell’aggiudicazione delle risorse finanziarie a Pordenone è arrivata questa estate 2014. Gli iter operativi sono già pronti e sono infatti in corso incontri con la Regione per addivenire alla sottoscrizione della con-

SOTTO LA LENTE/2 science centre immaginario scientifico IL MUSEO DELLA SCIENZA INTERATTIVO E MULTIMEDIALE DEL FRIULI VENEZIA GIULIA

lelogiche deldesiderio

pordenone 15>19 ottobre 2014 ConVento dI SAn FrAnCeSCo pIAZZA deLLA MottA

XVIII SCIENZARTAMBIENTE PER UN MONDO DI PACE

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Alpini e Giro d’Italia, boccata d’ossigeno per gli albergatori Il punto di vista della presidente di Federalberghi Giovanna Santin Pordenone provincia ospitale? Si direbbe proprio di sì. Ben 395 sono le strutture ricettive operanti nella Destra Tagliamento, di cui 103 alberghi. Sedici di questi sono a 4 stelle. Oltre 1.600 i posti letto. “Il periodo da settembre a dicembre è di sicuro quello più interessante – spiega Giovanna Santin, titolare dell’omonimo hotel e presidente degli albergatori pordenonesi – Tra eventi culturali e fiere si registra un picco di presenze. L’obiettivo della promozione turistica, dal nostro punto di vista, deve essere quello di accrescere l’attrattività del territorio negli altri mesi dell’anno. Paradossalmente, agosto per noi è un mese morto”. Ritorniamo quindi all’eterno problema: come si fa a portare gente in città quando manca l’evento? Lo si crea. “Il turismo congressuale, per esempio, è un ambito da rafforzare perché, come abbiamo visto in occasione di un recente convegno nazionale dei medici svoltosi

a Pordenone, può dare delle soddisfazioni importanti”. “Certo – precisa Giovanna Santin – ripetere il 2014 sarà difficile. L’Adunata nazionale degli alpini e le tappe del Giro d’Italia che hanno interessato la provincia hanno portato una bella boccata di ossigeno al settore. Al di fuori di questi exploit, tuttavia, i problemi restano collegati alla crisi economica. Il calo più marcato riguarda il turismo business. La spending review messa in atto dalle imprese ha ridotto i periodi di permanenza. Se prima si soggiornava in albergo un’intera settimana, ora si sta al massimo due-tre giorni”. “A fronte del calo generalizzato di arrivi e presenze sono aumentate la burocrazia e la pressione fiscale. Il costo del lavoro è diventato insostenibile e si rinuncia ad assumere anche quando ci sarebbero le condizioni per farlo. Se a questo aggiungiamo i corsi di formazione obbligatori e la rigidità delle banche il quadro delle difficoltà in cui operiamo è completo”.


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Bruno Zille. Intanto i commercianti lamentano il caro-rifiuti

il commercio e l'artigianato Dei 5 milioni e 155 mila euro che verranno erogati al Comune di Pordenone, 1,2 milioni saranno utilizzati per finanziare progetti dei privati nel settore commercio e artigianato. Si tratta di finanziamenti a fondo perduto, ma le imprese devono concorrere al 23% della spesa. Intanto l'Amministrazione vara un fondo di solidarietà di 250 mila euro per aiutare le attività più colpite dalla nuova tassa sui rifiuti venzione che andrà a definire le competenze e le funzioni di ciascuno dei due enti e l’arco temporale per l’assegnazione delle risorse. Dopo la firma di questo documento i lavori potranno partire celermente come previsto dalla normativa in materia. Una delle prime azioni riguarderà proprio le misure a sostegno delle attività artigianali e commerciali. Di quanti soldi stiamo parlando e come verranno impiegati? Sull’ammontare complessivo del finanziamento europeo di 19 milioni di euro assegnati ai progetti di Pordenone, Trieste, Gorizia e Tarvisio, 5 milioni e 155 mila euro sono quelli che verranno erogati proprio al nostro Comune i cui progetti, implementati anche con le proposte di Sviluppo e Territorio, CCIAA, Comune di Cordenons ed altri soggetti, sono stati giudicati meritevoli di finanziamento. Di questi, 1,2 milioni saranno utilizzati per finanziare progetti dei privati nel settore commercio e artigianato. Ricordo che si tratta di finanziamenti a fondo perduto e che per realizzarli le imprese devono concorrere nella misura del 23% della spesa. Tra le altre cose si andrà a riqualificare il centro città per renderlo più fruibile ed attraente, tra questi gli interventi più significativi sono quelli di Via Mazzini, Corso Vittorio Emanuele II, Largo San Giorgio e le piste ciclabili di collegamento tra il centro storico, i parchi urbani, il parco fluviale e il parcheggio della Fiera. Il caro-parcheggi del centro storico che senso ha? L’incremento delle tariffe per la sosta nel centro storico mira a togliere le auto dalla strada per indirizzarle verso i multipiano che oltretutto hanno tariffe minori e sono sottoutilizzati. Consente, inoltre, di far ruotare maggiormente la sosta negli stalli blu. Ora questi risultano più liberi rispetto al passato e ciò consente di trovare posto

anche per le soste brevi; incrementano la pedonalità e la ciclabilità delle aree centrali. Ciò si dovrebbe riflettere in modo positivo anche sulle attività commerciali, a favore delle quali abbiamo istituito la gratuità dei parcheggi multipiano il sabato pomeriggio con un investimento di circa 50 mila euro l’anno. Veniamo al tasto dolente delle imposte, in particolare sui rifiuti. Ma si può pagare così tanto? Le risorse purtroppo sono quelle che sono, e oggi tre sono gli aspetti rilevanti che condizionano l’attività del Comune: la diminuzione dei trasferimenti statali, il Patto di stabilità e il ruolo di “esattore delle tasse” ritagliato dallo Stato per l’ente locale. Detto questo, per compensare l’aumento delle tariffe che hanno colpito alcune categorie in seguito all’entrata in vigore della TARES, abbiamo istituito un fondo di solidarietà di 250 mila euro. Questo ha consentito la riduzione dell’importo di circa 40% della tariffa alle categorie più colpite quali: bar, ristorazione, settore ortofrutticolo e fiorerie ed inoltre è stata concessa la dilazionare del pagamento in 12 mensilità. Perché la liberalizzazione delle licenze ha prodotto tanti malumori tra esercenti e consumatori? Lungi dal creare una maggiore concorrenza, e quindi un beneficio per l’economia e la società, la liberalizzazione ha generato degli scompensi che l’Amministrazione può solo cercare di contenere. La norma vigente prevede che solo con motivazioni di carattere urbanistico, viabile, storico e ambientale, possono essere poste delle limitazioni. Per questo auspichiamo che la prossima definizione del Piano regolatore generale comunale, del Piano acustico e del Piano della mobilità possa favorire l’insediamento equilibrato degli esercizi pubblici. F.M.

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IL LANTERNINO

QUANDOI CERTIFICATI ALIMENTANOFALSE CERTEZZE ristrutturazione Abbiamo già del bene. Ma avuto modo di non anche osservare come la fedeltà scelte indotte o al progetto condizionate da dell’esecuzione un’inadeguata delle opere. informazione In altri termini, rappresentino di NINO SCAINI il certificato una causa d’agibilità/ importante abitabilità assicura la sola di molti dei problemi che ci liceità degli atti depositati. angustiano. Tanto che il competente Non di rado, peraltro, organo comunale lo rilascia, l’induzione o il di norma, sulla base della condizionamento non sono mero esame documentale, frutto di un atteggiamento e non a seguito (anche) di altrui mirato a convincerci di una verifica diretta su quanto qualcosa bensì di un nostro concretamente edificato. errato (auto)convincimento. Se ci si vuole dunque Il caso forse più emblematico assicurare la regolarità riguarda l’acquisto per dell’immobile e di non eccellenza: quello di un dover patire pesanti sanzioni bene immobile. Ed è particolarmente delicato sia per per irregolarità esecutive commesse dal costruttore l’entità non solo economica o dai precedenti titolari, dei problemi che ne possono scaturire ma anche perché può si dovrà provvedervi in altro modo. Ad esempio, investire un po’ tutti. incaricando un professionista Quanti di noi, infatti, sono di fiducia e, qualora emergesse convinti di acquistare un il minimo ragionevole dubbio, immobile in regola con le richiedendo o provocando norme urbanistiche solo per un sopralluogo dei tecnici aver ottenuto il certificato di comunali. Né più né meno di agibilità (alias di abitabilità)? quanto è legittimato a fare un E di poter dunque dormire qualsiasi concittadino, specie sonni tranquilli in perfetta se confinante coll’immobile. sintonia col motto popolare Solo così ci si potrà godere “carta canta, villan dorme”? quel sonno tranquillo che è Tutti costoro, purtroppo, premio di chi sta nel giusto corrono inconsapevolmente (o, per dirla col “motto”, il rischio d’esser vittime del villano che ha ascoltato di un luogo comune che bene il canto della carta!). attribuisce al documento un Scongiurando soprattutto mal inteso valore legato alla il rischio che dell’eventuale lettura del titolo (“certificato sanzione per un irregolarità di agibilità”). Che però commessa da altri in epoca quella del testo chiaramente e inequivocabilmente smentisce. remota non ci si possa In quel documento, in effetti, rivalere verso l’autore né risulta certificata la conformità verso il venditore del bene perché non più reperibili o alle regole urbanistiche del solvibili. progetto di edificazione o (assinvicti@gmail.com)

VISTO DALLA CAMERA

Pavan: “Boomdell’export verso il Medioriente” “Due indagini congiunturali non fanno primavera ma è altrettanto vero che dopo una striscia negativa lunga diversi anni, constatare un primo accenno di ripresa ribadito in sequenza nel secondo trimestre è un fatto che conforta, infonde ottimismo e lascia per strada parte della cautela con cui abbiamo dovuto ammantare ogni giudizio sull’andamento dell’economia provinciale”. Questo il commento di Giovanni Pavan, presidente di CCIAA Pordenone, ai dati contenuti nella seconda indagine trimestrale dell’anno, dettagliata nella più ampia elaborazione che Unioncamere, a Udine, ha proposto in una conferenza stampa di riepilogo del dato macro economico regionale. Per la prima volta, tra l’altro, congiunturale e tendenziale hanno lo stesso segno ed anche questo è un fatto non trascurabile in una valutazione su presente e immediato futuro. ANALISI CONGIUNTURALE. Trimestre positivo, si diceva, rispetto al precedente (ad eccezione di una sola voce): produzione (4,1%), fatturato (5,8%), fatturato estero (8,4%), ordini interni (-0,7%), ordini esteri (5,6%), costi di produzione (1,4%). In crescita l’occupazione (1,0%).

ANALISI TENDENZIALE. Positivo anche il confronto con lo stesso periodo del 2013 secondo lettura dei macro dati: produzione (2,7%), fatturato (0,8%), fatturato estero (2,4%), ordini interni (1,3%), ordini esteri (3,1%), costi di produzione (1,2%), prezzo di vendita (0,1%) e occupazione (1,9%). PREVISIONI PER IL III TRIMESTRE 2014. Il sondaggio tra imprese sulle previsioni per il terzo trimestre 2014 evidenzia pareri di sostanziale stabilità. “Il 90% degli intervistati – ha detto Giovanni Pavan – ritiene che l’occupazione si manterrà invariata, il 65% pensa lo stesso per quanto riguarda gli ordini esteri e poco meno della metà lo crede per quanto concerne il mercato interno. Di aumento di fatturato parla il 20% degli interpellati, il 36% pensa resti com’è mentre il 44% considera che possa flettere, seppur in una percentuale inferiore al 2%”. “L’export - ha rilevato ancora Pavan - sta offrendo motivo di soddisfazione. Lo percepiamo anche dal numero di adesioni, direi elevato, che le nostre missioni di sostegno alla internazionalizzazione delle imprese stanno riscuotendo. Vi è, in particolare, un vero e proprio boom per l’area medio orientale, con particolare attenzione a Emirati, Qatar e Arabia Saudita”.

per lo sviluppo del territorio


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AMARAPIACE

Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone

di MARA DEL PUPPO

Tempo di sagre, ma occhio alle fregature Cercare il conforto del cibo in un periodo di crisi economica come questa non è certo una cosa strana. Un viaggio non è per tutte le tasche, lo shopping pure, mentre il ritrovarsi seduti attorno allo stesso tavolo con gli amici di sempre è un piacere che non ci è ancora stato tolto. Sarà forse per questo che in ogni provincia italiana c’è stato un moltiplicarsi di manifestazioni ed eventi legati al mondo del food, dalla sagra paesana intitolata ad un prodotto tipico fino ad arrivare alla fiera di settore. L’autunno è un periodo caldo e secondo Coldiretti quasi la metà degli italiani (il 49%) non rinuncerà a partecipare ad almeno uno di questi numerosi appuntamenti, i motivi sono quelli che sospettavo “I dati sono frutto di un’indagine che evidenzia la riscoperta degli italiani per le sagre come alternativa low cost alla ristorazione tradizionale, alle discoteche o ai parchi divertimento che in molti sono stati costretti a tagliare”. Ma la vasta scelta di eventi

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LOCALI TIPICI

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non è sempre un buon segnale. La quantità non va di pari passo con la qualità e il pericolo di ritrovarsi con un bel bruciore di stomaco è dietro l’angolo. Quindi come scegliere? Il primo suggerimento è diffidare delle manifestazioni dedicate ad un prodotto tipico della zona che sappiamo non essere di solito coltivato o raccolto in grandi quantità. Se si riesce a sfamare un intero tendone da sagra è molto probabile che le pietanze servite non siano tutte a base del prodotto coltivato in quel piccolo fazzoletto di terra. Se poi siete stati convinti dall’amico di turno a partecipare ad una sagra, evitate di abbuffarvi di piatti originari di altre regioni italiane. In Friuli nessuno fa le olive all’ascolana, idem per le piadine se non siete in Romagna. Infine valutate l’effettiva stagionalità del prodotto. Anche seguendo questo sintetico vademecum non sarete esonerati dalle fregature, ma magari qualche difficoltà digestiva ve l’avrò risparmiata.

Al Fante un motivo per brindare si trova sempre Dopo l’epopea degli storici gestori Anna e Silvano Zanni oggi è Gigi Garlatti a portare avanti la tradizione di questa Osteria tipica pordenonese. “Uso Facebook e gli sms per promuovere i miei eventi. In questo modo i clienti più giovani si affezionano”

Passano gli anni, cambiano i gestori, ma l'Osteria Al Fante conserva intatto il suo fascino e le sue atmosfere

di SABINA TOMAT

Siamo al quarto piano di una bella palazzina di recente costruzione nel quartiere di Vallenoncello. Con un unico sguardo si abbraccia l’intera città di Pordenone e la cornice della pedemontana. Nell’appartamento di una coppia di pensionati ci si aspetta di trovare teiere e bicchieri di cristallo, invece sulla credenza di Anna e Silvano c’è un intero set di caraffe di vetro con lo stemma del Regno d’Italia. E poi tanti calici, a ricordo di un’intera vita passata a servire ombre. “Preferisco dire versare ombre”, mi corregge Silvano. “In 64 anni di lavoro non mi sono mai sentito al servizio di nessuno. I clienti del Fante erano prima di tutto amici, e fra amici si è tutti uguali”. Silvano Zani, storico gestore dell’Osteria Al Fante assieme alla moglie Anna, apre le porte dei ricordi. Negli anni Trenta del secolo scorso l’osteria si chiamava Cantinone Al Fante e si trovava in Corso Garibaldi. La storia è più o meno nota a tutti. Vari articoli e pubblicazioni sono stati dedicati a questa pietra miliare dell’ospitalità pordenonese (ricordiamo soprattutto

il volume “All’Ombra del Fante” di Maurizio Lucchetta edito da Trivelli & C. nel 1995, una memorabile raccolta di caricature di Giorgio Altio che ha immortalato in modo ironico gli storici clienti dell’Osteria). Transitando oggi in Viale Marconi si vedono ancora giovani e meno giovani, in jeans o con la cravatta, tutti con il bicchiere in mano e con il volto sorridente. Impossibile, entrando al Fante, non farsi contagiare dall’atmosfera famigliare che vi si respira. Silvano e Anna la sera si godono un’ombra nel locale che in fondo è casa loro più ancora dell’appartamento di Vallenoncello. “Ci siamo trasferiti qui in Viale Marconi nel 1962, e ricordo ancora la fatica che abbiamo fatto per trovare un posto disponibile in questa zona”. Già, perché allora Viale Marconi era un brulicare di attività commerciali e il Fante diventò presto il punto di riferimento anche per i commercianti che, un po’ alla volta e per vari motivi, hanno dovuto chiudere o trasferirsi altrove. “Ricordiamo con particolare affetto

gli amici del Ristorante Noncello, dell’Autoemporio, di Danelus Sanitari, di Zanetti Radio Tv e di Biscontin Strumenti Musicali”, prosegue Anna. “Anche nei momenti più difficili della nostra vita clienti e vicini hanno rappresentato per noi una forza a cui attingere per rimanere uniti e andare avanti”. Gigi Garlatti, l’attuale gestore, è fiero di portare avanti la tradizione di questa Osteria. E oggi come allora si può vedere in vetrina la cicchetteria di un tempo: la mortadella al coltello, i salami di casa, le uova sode, la renga. “Certo c’è meno gente in questa zona rispetto al passato”, dice Gigi. “Però in compenso abbiamo i nuovi mezzi di comunicazione. Uso Facebook e gli sms per promuovere i miei eventi. In questo modo i clienti più giovani si affezionano e contribuiscono a dare continuità all’Osteria. E spesso ci si trova anche al di fuori di qui. C’è sempre qualcuno o qualcosa da festeggiare. In fondo non siamo altro che una grande compagnia di amici”.

IL RICORDO

“L’anima de Pordenon”

la vecia osteria del moro 30° La Grotta s.a.s. di Sartor I. & C. p.i. - c.f. 00575100938 Via Castello 2,0434|28658 [pn] laveciaosteriadelmoro.it info@laveciaosteriadelmoro.it chiuso la domenica

Le foto un po’ ingiallite, assieme ai ricordi scritti e parlati, ci descrivono una delle pagine più genuine della nostra comunità. Pagine di fatiche, di dolori, ma anche di speranze e passioni forti, realizzazioni impensabili. Mi riferisco alle antiche osterie di Pordenone e in questa circostanza al Fante. Luoghi fumosi, frequentati perlopiù dalla classe operaia. Luoghi dove si socializzava, magari alzando talvolta la voce o spettegolando: c’era sempre però qualche buon amico che metteva pace, che attenuava gli eccessi. Il Fante da Corso Garibaldi è passato - dopo quello straordinario periodo storico - in Viale Marconi. Dalle stufe a legna ai termosifoni, dal Bacò al Tocai. Dietro al bancone c'erano Carlo e Adelaide prima, poi

Silvano con Anna, assieme a Maria e alle rispettive figlie per alcuni anni. Poi un rinnovamento estetico non proprio adatto alla semplicità e alla essenzialità dei luoghi (vigeva la teoria: el novo xe bel, el vecio xe brut). Il segno incancellabile del tempo è stato ampiamente documentato, con la pubblicazione illustrata da Giorgio Altio, da uno dei massimi cantori di Pordenone: Maurizio Lucchetta (schei permettendo, saria bel ristamparla). “L’anima de Pordenon - el diria Ettore Busetto - la se ga pers”. El mondo però el va avanti, pur fra tante complicasion. Silvano e la Anna i xe sempre lì con i veci amici. Gigi el sbufa ma el xe bravo. Pordenon ricorda e spera in meio. Col Fante! Alvaro Cardin


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Le aperture festive indiscriminate dei centri commerciali si stanno rivelando un danno economico e sociale

“In Germania negozi aperti solo 4 domeniche all’anno. Eppure lì l’economia tira” di PIERGIORGIO GRIZZO

Peso el tacòn del buso, si dice a Pordenone. Prendiamo l’articolo 31 della legge Monti, l’ormai famoso “decreto salva Italia”, quello che, dal primo gennaio 2012, ha sancito il completo via libera alle aperture festive e domenicali degli esercizi commerciali. Il tutto accompagnato da dichiarazioni, cariche di un incrollabile ottimismo, degno dei cinegiornali dell’istituto Luce, e dalla ferrea certezza che siffatto provvedimento avrebbe favorito la ripresa dell’occupazione, una pioggia di nuove assunzioni, un nuovo afflato di speranza per le giovani generazioni. Al professor Monti, però, è sfuggito quel piccolo particolare, che invece qualsiasi ragioniere di una qualsiasi aziendina, qualsiasi imprenditore piccolo o grande ha bene a mente, perché non ci dorme la notte: il costo del lavoro in Italia, tra versamenti Inps, Inail e altre incombenze, è talmente alto, che al titolare di un piccolo bar, per esempio, o di un negozio di scarpe, o di una tabaccheria, conviene tenere aperto meno ore, piuttosto che assumere un dipendente. Entriamo nel concreto, anzi entriamo in un centro commerciale, la nuova, luccicante e climatizzata agorà dei nostri giorni, crocevia di acquisti e di relazioni, luogo ormai deputato ad essere il contenitore di tutta la nostra vita sociale. Manca solo che vi si celebrino i processi, come nell’antica Grecia. Qui l’articolo 31 è diventato un anatema. Si è passati da 29 domeniche e zero festivi all’anno all’apertura perpetua e indiscriminata, anche a Pasquetta, anche il Primo maggio, anche a Ferragosto, e, ovviamente, ogni maledetta domenica. “Bene!”, avrà pensato o’ Professore, gongolando seduto sulla cattedra. E invece no, perché i titolari dei negozi, in affitto dai grandi gruppi, che controllano le piattaforme alimentari del centro commerciale, non possono assumere altri lavoranti per fare fronte all’accresciuto

monte ore. Presi per il collo come sono da tasse, gabelle e balzelli, un nuovo dipendente, anche part time, è un lusso che non si possono permettere. Allo stesso tempo, però, sono obbligati a tenere aperto nei festivi e nelle domeniche imposte dal centro, pena il pagamento di devastanti penali. La conseguenza è che i titolari stessi, ma soprattutto i loro dipendenti, sono costretti a lavorare sempre, senza possibilità di turnazione, senza mai un giorno di riposo, sacrificando ovviamente la vita privata, la famiglia e tutto il resto. Una catena di sfruttamento di stampo feudale, che parte dal feudatario (il centro commerciale), passa per il vassallo (il titolare del negozio) e arriva ai servi della gleba (i dipendenti del negozio), i cui diritti (il giorno di riposo è previsto da tutti i contratti nazionali ogni 6 giorni, oppure è previsto doppio ogni 14 giorni) vengono inesorabilmente e bellamente calpestati. Dulcis in fundo, provate ad andare a chiedere ai negozianti dei centri storici cosa pensano della liberalizzazione delle aperture domenicali. Il più educato vi risponderà con una scarica di insolenze. Per loro l’articolo 31 è stato il colpo di grazia. Già competere prima contro le leviataniche strutture dei centri commerciali era una lotta impari. Ora hanno perso ogni residua speranza. Nel frattempo, un po’ in tutta Italia, partendo inizialmente da Toscana e Veneto, sono sorti spontaneamente i comitati “Domenica? No, Grazie!”. A promuoverli gli stessi dipendenti, commesse e commessi di negozi inseriti all’interno dei centri commerciali, i quali, attraverso i social network, hanno creato una rete di contatti e aperto una campagna di sensibilizzazione che finalmente, dopo mesi e mesi di lotta, sembra prossima a sortire

Elena Strizzolo, battagliera commessa in un centro commerciale della Bassa friulana, ha fondato il movimento “Domenica? No, grazie” che in poco tempo ha raccolto 150 mila firme ed è stato ricevuto anche dal Papa. La liberalizzazione non ha prodotto un aumento dell’occupazione perché il vero freno è il costo del lavoro

qualche risultato concreto. Nella nostra regione la referente del movimento “Domenica? No, Grazie!” è Elena Strizzolo, battagliera commessa in un centro commerciale della Bassa friulana. “Le aperture indiscriminate non portano alcun giovamento alla ripresa del commercio – è il suo commento – anzi, non fanno altro che massacrare i piccoli, a solo vantaggio delle grandi catene. Con l’effetto collaterale di rendere impossibile la vita dei dipendenti. In Germania ci sono solo 4 domeniche di apertura in un anno, tutte concentrate nel periodo natalizio. Eppure la loro economia viaggia ad un altro passo rispetto alla nostra. Segno che i veri problemi, insieme alle possibili cure, sono altrove.” “Abbiamo dato il via nei

mesi scorsi ad una raccolta di firme, che è arrivata in poco tempo a quota 150.000 – racconta – insomma siamo riusciti a farci sentire, tanto che la scorsa primavera una nostra delegazione è stata ricevuta anche da papa Francesco”. “Ora siamo alla vigilia di una riunione delle Attività Produttive del governo Renzi, che dovrebbe prendere in mano la questione. La nostra richiesta è di poter arrivare a 20 domeniche aperte su 52. Credo che sarebbe la dimensione giusta per soddisfare le esigenze dei centri commerciali, che tra l’altro spesso, soprattutto nei festivi, sono desolatamente vuoti (con inevitabili perdite, viste le spese fisse che vengono affrontate a fronte di magri incassi, ndr) senza rovinare la vita privata dei dipendenti”.

C.so Vittorio Emanuele, 12 - Pordenone Tel. 0434-27070 APERTO TUTTI I GIORNI DAL MARTEDÌ AL SABATO in orario continuato e TUTTI I LUNEDI POMERIGGIO

L TTA ANCHE DA INCONTRO È FA O? UN ET DI GR IA SE AG M LA NOSTRO ABBRACCIO. IL UNA DI NO IA CALORE DI UN ID OT L’INCANTO QU IL CACHEMIRE RACCONTARVI EMIRE... PERCHÈ CH I.... CA DI A OL COCC DI AMABILI SENS ..... INCONTRO È PIACERE PURO


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CRONACHE

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Pordenonelegge ha appena chiuso un'edizione record con 130 mila presenze e oltre 250 appuntamenti. Un consens

Pordenonelegge,

L'OPINIONE continua dalla prima

Nessuna riflessione sulla crisi dell'industria locale significativa del nordest, con le sue contraddizioni ma anche col suo essere “laboratorio” economico e sociale capace d’anticipare segnali nazionali ed internazionali. Perché non si sono affrontati, neppure nei dibattiti promossi da Confindustria e Coldiretti, temi come Electrolux, IdealStandard, cooperazione industriale, tagli salariali, tensioni sociali, ambiente ed OGM? Nei dibattiti, Gianluigi Rocca ed Aldo Bonomi, hanno toccato argomenti cruciali per affrontare la crisi, ma ciò è avvenuto con una chiave di lettura talmente ampia e generale da far sparire del tutto ogni riferimento alla concreta realtà locale. Chiedo: un caso o una scelta? “Solo la conservazione del manifatturiero – ha affermato Rocca - è capace di mantenere in vita un modello sociale in grado di garantire una distribuzione del reddito che sia socialmente equa”. Bonomi ha detto che: “… per riuscire a portarsi dietro l’eredità manifatturiera è necessario spostare il conflitto e creare le condizioni per una mediazione fra capitale e lavoro, tipici della fabbrica fordista, mutandoli in conflitto fra finanza – manifattura e lavoro collocandoli a livello territoriale, attuando un ruolo di mediazione che veda presenti anche soggetti come Sindacati, Associazioni imprenditoriali, Enti Locali e i movimenti della realtà locale”. Ora, se accettiamo

AGOSTINO BONALUMI

questa lettura, ne consegue che la difesa e lo sviluppo dell’occupazione non può che accompagnarsi alla tutela dei diritti intesi in senso molto ampio e non dovrebbe più essere mediata dall’intervento dei Governi di turno, ma semmai troverebbe più correttamente risposta nella capacità di dialogo e confronto diretto tra forze sociali, culturali ed economiche di ogni territorio. In altri termini: non si può gestire una crisi prendendo a riferimento modelli generali, ritenendo che essi siano validi per tutte le situazioni da Nord a Sud o come se il trevigiano non fosse differente dal pordenonese, al cui interno, peraltro, come in tutto il nordest, convivono difformità fra l’area del mobile, il maniaghese, lo spilimberghese ed il sanvitese. Ridurre tutto “ad unum” significa non aver compreso nulla della piccola e media impresa, tessuto portante dell’economia del nordest. È sulla base di queste considerazioni che diventa ancor più evidente il colpevole rifiuto della Presidente Serracchiani e del Segretario Fiom Landini per non aver voluto (o saputo) porre al tavolo delle trattative con Electrolux il problema specifico del futuro industriale di Porcia che rappresenta il cuore della presenza manifatturiera nel nostro territorio. Se esaminiamo senza i filtri dell’opportunità politica ma guardando al merito

SOL LEWITT

GALLERIA SAGITTARIA PORDENONE 6 SETTEMBRE 9 NOVEMBRE 2014

ALIGHIERO BOETTI

LEWITT BONALUMI BOETTI EDIZIONI DI GRAFICA DAL MUSEO CASABIANCA DI MALO 0434.553205 www.centroculturapordenone.it

Salutiamo la quindicesima edizione c che raccontano lo sp

il cosiddetto “accordo”, ci accorgiamo che in cambio della sola promessa di mantenere una presenza del Gruppo fino al 2017, tutti i soggetti in campo (Governo Renzi, Regione, Sindacato) hanno accettato come ineluttabile il taglio delle paghe dei lavoratori, la riduzione dell’orario di lavoro, il peggioramento delle condizioni di lavoro e la compressione dei diritti. Quel che dovrebbe preoccupare è che tale “modello” è stato replicato, direi quasi fotocopiato, anche in altre aziende. Questo significa che dobbiamo attenderci l’esportazione di tale modello a livello nazionale ed in molte altre situazioni aziendali. Ecco perché dico che la grande visibilità di Pordenonelegge avrebbe dovuto essere stata colta dai soggetti sociali quale veicolo per riflessioni, considerazioni, proposte. Ma gli organizzatori dovrebbero valutare che il distacco tra realtà locale e l’intera “kermesse” è chiaramente palpabile. Ma cosa significa esattamente “trasformare il territorio” in motore dello sviluppo? Arduo declinare tale affermazione, eppure un aspetto è chiaro: intollerabile lasciare che la crisi ingoi imprese e commerci, mentre l’unica proposta dei soggetti in campo è il tradizionale rivolgersi al Governo o alle Regioni perché non esistono imprenditori disposti a farsi carico delle imprese travolte dalla crisi. Una risposta può avvenire mettendo in comunicazione fra loro soggettività imprenditoriale, impresa e territorio, innovazione culturale e ricerca. Utopie? No. Basta guardarsi attorno e si scoprono esperienze che funzionano. Il vero segreto della tanto decantata competitività tedesca ha un nome: si chiama «Fraunhofer» un’agenzia pubblica in cui operano 40.000 tra ingegneri, scienziati e tecnici di varie discipline e già operante a Bolzano. Quando si verificano situazioni di “strozzature produttive” le singole Aziende, da qualsiasi Land, si rivolgono ad essa attivando un Contratto di ricerca e ricevendone in cambio indicazioni pratiche per superare il gap. L’Agenzia dunque opera alle spalle della produzione garantendo un continuo e generalizzato flusso di conoscenze, soluzioni, innovazioni girate poi ai soggetti pubblici (Governo centrale e singoli Land) ed alle singole imprese con le migliori opzioni per la relativa dinamica sugli investimenti. La domanda è: invece di ridiscutere ad ogni cambio di Governo sull’art. 18, a quando una «Fraunhofer» italiana capace di mettere assieme le sparse membra dei Centri di ricerca ed Università in modo che funzionino a supporto della rete di piccole e medie imprese oggi incapaci, singolarmente, di raggiungere la soglia critica dell’innovazione? L’agenda dei prossimi mesi dovrà fare i conti, volenti o nolenti, con l’esigenza di dar corpo ad una rete d’interventi e proposte capaci di recuperare interamente le potenzialità del nordest. Una scommessa, dalla posta decisamente alta ma che – a ben vedere – vale la pena di fare, purché lo si voglia fare sul serio.

di FERDI TERRAZZANI

Alan Friedman consulta il programma

Umberto Eco dialoga con Margaret Atwood su un divanetto dell'Hotel Moderno

Lo spettacolo di Fabio Scaramucci

Giannino Padovan dal 1978

MUSEO CASABIANCA

FONDAZIONE CONCORDIA SETTE

La sede del main sponsor FriulAdria Crédit Agricole


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CRONACHE

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so di pubblico e critica che fa della nostra Festa del Libro uno dei principali eventi dell'agenda culturale italiana LO SPIGOLO

la Zanussi della letteratura

con una carrellata di immagini "non convenzionali" irito autentico della Festa del Libro

NOTE STONATE di NICO NANNI

Mauro Corona scherza con il fotografo Beppe Severgnini posa per un selfie con una coppia di lettori

All’ultima edizione di “pordenonelegge” ha rifatto la sua apparizione in città lo studioso d’arte Vittorio Sgarbi: avrebbe dovuto tenere una “lectio magistralis” sul nostro sommo pittore Giovanni Antonio de’ Sacchis detto “Il Pordenone”. Purtroppo la lunga e quasi del tutto inutile chiacchierata del sullodato studioso – che conta in città molti e importanti amici – è servita al medesimo per impartire al pubblico personali elucubrazioni su tutto e su tutti, offendendo a destra e a manca, sforando i tempi e relegando solo alla fine il suo dire sul “Pordenone”. Per dire che? Che fu ottimo pittore, certo, ma soprattutto per innescare una serie infinita di polemiche sul fatto che la città mai gli ha dedicato una mostra “intra moenia”. Lo Sgarbi sa benissimo perché la mostra del 1984 ebbe sede a Villa Manin e non in città, ma fa finta di non saperlo. Perché? Molto probabilmente perché vorrebbe organizzare lui un’altra mostra del nostro pittore in città. E siamo pronti a scommettere che prima o poi – date le amicizie importanti che conta – ci riuscirà. Ma questo si chiama strumentalizzare la manifestazione che ti ha ospitato. *** Ovviamente le affermazioni dello Sgarbi hanno suscitato in qualcuno – che si è sempre distinto per assenza a tutto ciò che si svolge in città – la voglia di rinfocolare polemiche, aggiungendo benzina e tirando fuori altri argomenti che nulla o poco hanno a che fare col

primo. Almeno uno di questi pordenonesi benemeriti è la stessa persona che ogni qualvolta in città arriva qualche spettacolo da lui ritenuto – per linguaggio o contenuto – non in linea con la sua morale, lancia strali su chi li organizza perché atti a “deviare” i giovani. Peccato che questa volta – probabilmente non gli è stato riferito tutto il contenuto della “lectio magistralis” – quella persona non ha stigmatizzato il forbito linguaggio usato da Sgarbi nel suo dire. Due pesi e due misure? *** E a proposito di note stonate, abbiamo letto sulle cronache cittadine che la Scuola di Musica “Pietro Edo” ha subito l’ennesima emorragia di insegnanti per motivi, riteniamo, relativi alla gestione della scuola e degli insegnamenti. Quella Scuola di Musica – da sempre gestita dalla Propordenone – era tanti anni fa un gioiellino che aveva solo bisogno di crescere. Chi scrive fu autore con altri, ancora negli anni ’70’80, di un progetto per dare autonomia alla “Pietro Edo” e per consentirle di svilupparsi in maniera autonoma rispetto alla Propordenone. La dirigenza Pro dell’epoca non ritenne opportuno separarsi dalla scuola per vari motivi. Il risultato è stato che progressivamente quella che avrebbe potuto e dovuto essere “la” Scuola di Musica della città è diventata una delle tante che vi operano, magari facendosi concorrenza a vicenda. Peccato, un’altra occasione perduta.

Vittorio Sgarbi posa con il nostro fotografo Ferdi Terrazzani

SOTTO LA LENTE

Uno scorcio da Kasbah Nessuno si arrabbi. La nostra fede nei confronti di Pordenonelegge è incrollabile e da sempre la professiamo in ogni numero di questo giornale. Le critiche sono quindi a fin di bene. Accanto all'opinione di Giannino Padovan riportata nella pagina a fianco, pubblichiamo anche questa foto che evidenzia "l'inadeguatezza" della bancarella di tessuti e tendaggi davanti al teatro nel giorno clou della Festa del Libro. Se possibile, il prossimo anno si cerchi di evitare... Grazie!

Dal 1947 cultura e... Tradizioni

Falò dell’Epifania - Processo e Rogo de la Vecia Premio “Stella di Natale” - Festa di Santa Lucia

Manifestazioni

Premio San Marco - Festa del Noncello Bazar dei Bambini - Mercatino dell’antiquariato

La Città

Periodico di informazione e opinione della città di Pordenone Tiratura 7.000 copie

EDITRICE: Associazione “La Voce”, Viale Trieste, 15 (2°piano) Pordenone DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Mariuzzo

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:

Marcello Norberto Anzil, Sergio Bolzonello, Alvaro Cardin, Davide Coral, Paola Dalle Molle, Sabrina Delle Fave, Piergiorgio Grizzo, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, Nico Nanni, Giannino Padovan, Giuseppe Ragogna, Cristina Savi, Antonino Scaini, Ferdi Terrazzani, Sabina Tomat, Michela Zin

PROGETTO GRAFICO: Francesca Salvalajo FOTO:

archivio La Città, Marcello Norberto Anzil, Gigi Cozzarin, Luca D’Agostino, Ferdi Terrazzani, Italo Paties, Eugenia Presotto, Angelo Simonella

IMPIANTI STAMPA: Visual Studio Pordenone STAMPA: Tipografia Sartor PN

Editoria

La Loggia “rivista culturale” Pubblicazione di libri sulla storia e cultura pordenonese

Scuola di musica “Pietro Edo” Per informazioni: Segreteria della Propordenone onlus Viale Cossetti 20/a - Tel. 0434 1777805 Orari: dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle 12.00 e dalle ore 15.00 alle 18.00


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Adozioni internazionali: il punto di Lorena Fornasir del Servizio Adozioni dell’ASS6 pordenonese

Famiglia adottiva e famiglia naturale Con i social si rischia il cortocircuito Negli ultimi anni la fase post-adozione è diventata più complicata per le esperienze di miseria e guerra patite dai bambini. Altra problematica emergente è la ricerca delle origini: sempre più adolescenti chiedono di sapere chi siano i propri genitori naturali e spesso li rintracciano attraverso Facebook, con conseguenze talvolta devastanti di SABRINA DELLE FAVE

Adozioni: qual è la situazione oggi? Se ne è parlato a Pordenone in giugno durante gli incontri promossi dal parlamentare Giorgio Zanin, componente della Commissione Bicamerale Infanzia e Adolescenza. Molte le questioni affrontate, ma un dato riassuntivo è emerso con chiarezza: le adozioni di bambini stranieri restano ad oggi la strada che assicura alle coppie italiane le maggiori probabilità di coronare il proprio sogno di essere genitori. Per capire il perché basta considerare il dato delle adozioni di bambini italiani in carico al Tribunale per i Minorenni del Friuli Venezia Giulia: il numero di coppie che ha avanzato richiesta negli ultimi anni ha oscillato dalle 500 alle 800 unità all’anno, a fronte di un numero davvero ridotto di minori di nazionalità italiana che vengono dichiarati adottabili (mediamente 20 all’anno). Nel nostro Paese infatti la scelta dell’adozione da parte dei giudici riguarda casi estremi e gravi e si ricorre spesso a forme di tutela dell’infanzia in condizioni di disagio familiare, quali l’affido, che consentono di non arrivare all’allontanamento definitivo del bambino dai propri genitori naturali. Negli ultimi anni è tuttavia cresciuto il numero di bambini abbandonati dalla madre alla nascita e quindi dichiarati

immediatamente adottabili: 6-7 casi sui 20 casi all’anno in media di bambini dichiarati adottabili in Friuli Venezia Giulia. Un dato indicativo dell’aumento, anche nel nostro territorio, di nuove forme di povertà che spingono la madre, spesso italiana, alla scelta estrema della rinuncia alla genitorialità. La probabilità, dunque, che una coppia residente in FVG ottenga in adozione un bambino italiano è dunque ridottissima, viste le innumerevoli domande presentate: solo 2/4 coppie su 100 hanno speranza di ottenere un bimbo, come ha spiegato il presidente del Tribunale dei Minorenni di Trieste Paolo Sceusa, mentre la situazione delle adozioni internazionali è totalmente opposta: nei paesi più poveri del mondo ci sono molti più bambini che attendono di essere adottati che genitori disponibili. L’adozione internazionale presenta tuttavia le evidenti difficoltà dei costi elevati, dei tempi lunghi e soprattutto delle differenze culturali tra i genitori adottivi e i bambini adottati. E proprio su quest’ultima questione è intervenuta la dott.ssa Lorena Fornasir del Servizio Adozioni dell’ASS6 pordenonese, ponendo l’attenzione alla fase del postadozione. “Negli ultimi anni, ci siamo trovati di fronte a due problematiche sempre più pressanti”, ha spiegato. “In primo

luogo, la presenza nei bambini adottati di quadri traumatici sempre più importanti. Si tratta infatti di bambini che provengono da esperienze di miseria e di guerra, che vivono il senso di colpa per aver lasciato la propria madre naturale o la rabbia per essere stati strappati al loro mondo. Accade sempre più spesso che questi traumi riesplodano nell’adolescenza sotto la forma di disturbi psicologici o comportamenti devianti. I primi sintomi con cui questi problemi si manifestano nell’adottato sono solitamente disturbi nell’attenzione e nell’apprendimento, a cui però si rischia di rispondere solo attraverso correzioni meccaniche, senza andare a curare il trauma psicologico profondo che ne sta alla radice. Come servizi socio-sanitari dobbiamo cioè ripensare l’approccio, investendo in formazione, spazi e luoghi adeguati per la cura di questi sintomi nell’adottato, agendo immediatamente, appena il bimbo arriva nella nuova famiglia, per evitare pericolose derive nell’adolescenza: accade infatti che alcuni di questi ragazzi sviluppino problematiche talmente importanti da dover essere poi inseriti in comunità di recupero, con costi molto più elevati a carico del servizio sanitario. Fondamentale è accompagnare la famiglia adottiva sia nel prepararla all’adozione che nel sostenerla nella genitorialità adottiva. Altra nuova problematica emergente oggi è la ricerca delle origini: sempre più adolescenti adottati non solo chiedono di sapere chi sono i propri genitori naturali, ma con le nuove opportunità offerte dalla rete Internet li rintracciano e li incontrano on-line, magari tramite facebook, con conseguenze spesso devastanti per la vita dell’adottato, ma anche per la famiglia adottiva. Anche su questi aspetti occorre, per gli operatori socio-sanitari, maggiore formazione, così come sarebbe opportuno garantire la continuità di una specifica formazione per gli insegnanti delle scuole su quelle che sono le particolari necessità del bambino adottato”.

SALUTE

I consigli della cardiologa Lina Sparacino per preservare un cuore sano e prevenire le malattie

“È il cuore che ci chiede di correre” FISIOTERAPIA

TERAPIE

STRUMENTALI

TERAPIE

MANUALI

PORDENONE Via Turati 2 Tel. 0434 364150

RIABILITAZIONE

RIEDUCAZIONE

MOTORIA

CORDENONS Via Nogaredo 80 Tel. 0434 542283

foto di Eugenia Presotto

(pdm) Movimento, corretta alimentazione e poco stress. Sono queste alcune delle regole che aiutano a tenere sano il nostro cuore. Sull’argomento interviene la dottoressa Lina Sparacino, cardiologa alla Cardiologia Preventiva dell’A.O.S.MA. Dottoressa, si può affermare senza timore di essere smentiti che lei è la prima a mettere in atto le regole per un cuore sano. Tutti i giorni infatti, sappiamo che lei non rinuncia a camminare per almeno un’ora con passo ben veloce... “È vero: compatibilmente con gli impegni, cerco di rispettare quest’abitudine che con il tempo, è divenuta irrinunciabile. È ormai ampiamente noto, sulla base di innumerevoli studi scientifici, che una regolare attività fisica


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IL PERSONAGGIO

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Nicola Mannucci, primario di chirurgia maxillo-facciale, è uno dei fondatori del progetto Sorriso nel Mondo

UN SORRISOCHE CAMBIALAVITA A capo di un’equipe medica opera i bambini affetti da labbro leporino in un ospedale missionario dei Padri Saveriani in Bangladesh, un Paese grande un terzo dell’Italia con 140 milioni di abitanti dove regna la povertà assoluta e le bambine con questa malformazione vengono abbandonate La bambina bengalese finalmente sorride con quella piccola ferita sul labbro. Per curare un difetto che si chiama labbro leporino, lei e la sua famiglia hanno aspettato un anno i medici di Progetto Sorriso nel Mondo. Qui nel piccolo ospedale di Khulna (terza città del Bangladesh, a soli 60 chilometri da Calcutta), l’equipe riesce ad arrivare in ottobre, passata la stagione dei monsoni. Il padre della bimba per questa occasione, le ha trovato un paio di scarpette rosse fiammanti. Prima di entrare nel piccolo giardinetto davanti all’ospedale, il papà le ha tolto le ciabattine impolverate infilandole quelle nuove scarpette. Sarebbe stato un momento da ricordare. Ma non solo per loro. Nicola Mannucci, primario del reparto di Chirurgia maxillo-facciale, nel 1997 è stato uno dei fondatori di Progetto Sorriso nel Mondo, l’onlus costituita esclusivamente da volontari che si occupa del trattamento delle malformazioni maxillofacciali nei paesi in via di sviluppo, in particolare in Bangladesh, in Congo, Burundi ed in Guatemala.

è una malformazione congenita del viso che si instaura durante le prime 6-8 settimane di vita del feto per ragioni ancora poco note, provocando delle alterazioni che danno luogo alla mancata formazione di alcune parti del viso e della bocca. In Italia ogni anno nascono circa 500 bambini con questa malformazione: 1 caso ogni 1000 bambini nati. Quando è nata l’idea di partire per il Bangladesh? Per caso, come spesso accade. Nel 1997 lavoravo in un ospedale di Milano quando un infermiere mi avvicinò. Era appena tornato dal Bangladesh. Mi chiese se ero disponibile ad organizzare un’equipe medica per andare ad operare i bambini in un ospedale missionario di Padri Saveriani. Non ci pensai molto. Nel settembre dello stesso anno partimmo per la

prima missione. In quel paese, soprattutto le bambine con questa malformazione vengono abbandonate. Un destino che in realtà, capita a molti bambini bengalesi che finiscono per vivere lungo le strade o i binari del treno. La nostra associazione infatti, si occupa anche di loro, con una piccola scuola. Così, dopo lo sbarco a Dacca con 27 valigie di materiale e farmaci, tre furono le cose che mi colpirono: la folla enorme fuori dall’aeroporto, il caldo umido opprimente e l’aria pesante per lo smog. Impiegammo circa 10 ore per percorrere 350 km verso Khulna, la nostra destinazione finale. L’ospedale, che si chiama Santa Maria Sick Assistance Centre, è gestito dai Padri Saveriani e dalle Suore di Maria Bambina. Attualmente, è dotato di 2 sale operatorie con 80 posti letto. Di solito riusciamo ad operare nei 15 giorni in cui ci diamo il turno, circa 60 pazienti, ma previlegiamo le bambine. E cerchiamo ogni volta di mettere insieme qualche miglioramento delle attrezzature attraverso la raccolta di fondi. Che paese è il Bangladesh? È un paese grande circa un terzo dell’Italia, dove vivono, in modo caotico quasi 140 milioni di persone con un reddito procapite tra i più bassi del mondo, una mortalità infantile tra le più alte del mondo, un’aspettativa di vita di circa 45 anni e dove circa il 90% degli abitanti sbarca il lunario di giorno in giorno. Dottore, cosa prova stando laggiù? Una gioia enorme. In quel piccolo ospedale riscopro il valore e il piacere di fare il mio lavoro. Con la consapevolezza che il nostro intervento può cambiare la vita di questi bambini. (www.progettosorrisonelmondo.org).

Partiamo dall’inizio: che cosa è una labiopalatoschisi? Una labiopalatoschisi, più nota come labbro leporino,

Paola Dalle Molle

foto di Alberto Peroli

“Negli ultimi decenni, a causa del vertiginoso progresso tecnologico, siamo diventati troppo sedentari, spesso un po' pigri. È drammatico l’incremento dell'obesità nell'infanzia e nell'adolescenza che può associarsi alla comparsa precoce di ipertensione arteriosa e alterazioni metaboliche” moderata, nell’ambito di uno stile di vita corretto, riduce significativamente l’incidenza non solo di malattie cardiocerebrovascolari, ma anche di altre malattie tipo il diabete, l’obesità, l’osteoporosi, alcuni tumori, la depressione.. oltre ad essere un valido farmaco di associazione per curarle. In realtà negli ultimi decenni, proprio a causa del vertiginoso progresso tecnologico, siamo diventati troppo sedentari, spesso un po’ pigri fin da bambini, complice l’ampia diffusione dell’uso del video (TV, computer, telefonini, playstation..) che tende a monopolizzare l’attenzione anche nel tempo libero. E’ drammatico infatti l’incremento dell’obesità nell’infanzia e nell’adolescenza che può associarsi alla comparsa precoce di ipertensione arteriosa e alterazioni metaboliche. E così l’Uomo va sempre di più contro la sua natura che l’ha progettato per muoversi. Eppure basta una semplice camminata di almeno 30 minuti al giorno (la cyclette o tapis roulant quando piove, tanto per non perdere il ritmo!) per aiutarci a vivere meglio e più sani, ovviamente compatibilmente con le condizioni generali e le attitudini di ciascuno. Ciò invoglia anche ad assumere più facilmente abitudini corrette nell’alimentazione che deve essere variata e gustosa, ricca di frutta e verdura di stagione (almeno 4-5

porzioni al giorno), legumi, con un corretto apporto di carboidrati (soprattutto cereali) e di olio extravergine di oliva, limitando il consumo di grassi di origine animale, di dolciumi e bevande zuccherate; inoltre è bene favorire il consumo di pesce, ottima fonte di omega3 eventualmente alternabile con 4-5 noci o equivalenti di frutta secca. E poi, perché no? Fa bene al cuore, perchè molto gratificante, anche concedersi il tempo per cucinare con semplicità e fantasia mettendo al bando cibi precotti o troppo sofisticati preparati a livello industriale. Nell’ambito di uno stile di vita sano non dimentichiamo che va assolutamente evitato il fumo, fattore di rischio importante per malattie cardiovascolari, respiratorie e tumorali e l’abuso di alcool i cui danni sull’apparato cardio-vascolare, sul fegato e sul sistema nervoso sono drammaticamente noti e spesso irreversibili. Seguendo queste semplicissime regole di comportamento non si favorirebbe soltanto il benessere e la qualità della vita individuale, il che costituisce sicuramente l’obiettivo principale, ma in questi tempi di grave crisi economica, si ridurrebbe significativamente la spesa sanitaria che pesa sulla collettività”.

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PAROLA MIA

CONTROCORRENTE

continua dalla prima

Verso un manifatturiero nuovo, centrale e moderno

di SERGIO BOLZONELLO (*)

nostri padri, era la nostra fede incondizionata. Ci sentivamo imbattibili e ci ostinavamo a non vedere quello che era già evidente, ovvero che il mondo stava cambiando e noi rimanevamo immobili rispetto alle sue nuove richieste ed esigenze. Una considerazione necessaria perché credo che un cambiamento sia avvenuto proprio quando abbiamo raggiunto, in maniera diffusa, tale consapevolezza. Quel momento ha segnato un momento epocale per il nostro paese e territorio, perché ci siamo accorti che era arrivato il momento di rimodulare e riprogettare ogni formula che governava la nostra sicurezza e il nostro benessere. In quel momento abbiamo iniziato ad interrogarci sulle cause strutturali di questa crisi, ma al contempo abbiamo stimolato una riflessione profonda che ci ha portati a capire, impiegando con rispetto le parole di Papa Francesco, che la crisi finanziaria che stavamo attraversando ci faceva dimenticare la sua

prima origine, situata in una profonda crisi antropologica, ovvero nella negazione del primato dell’uomo. Questa cambiamento ha riportato l’attenzione sul concetto di uomo, sulla nostra storia, sui nostri valori e tradizioni; sul patrimonio di esperienze che si manifesta anche nella nostra cultura imprenditoriale manifatturiera, vera spina dorsale del nostro sistema economico. La ripresa a livello nazionale è ancora lontana, eppure nel nostro territorio regionale si riscontrano dei segnali incoraggianti. Lo confermano i risultati della settima indagine congiunturale di Unioncamere FVG che, rispetto al primo trimestre 2013, mostra quattro indicatori in congiuntura positiva: l’aumento della produzione industriale (+2,6%), la crescita del fatturato (+3,3%), l’incremento sia degli ordini esteri (+5,4%) che quelli interni (+3,8%), il saldo dell’occupazione (+0,4%). Segnali importanti che però non devono

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La Città

EDITORIALI

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distoglierci dalla difficile situazione ancora presente. Ora è necessario allargare gli orizzonti della politica industriale associando agli interventi finanziari di carattere contingente, un progetto di ricostruzione e sviluppo della manifattura regionale. In questa direzione la Regione ha approvato Rilanciampresa, il nuovo piano di sviluppo industriale del Friuli Venezia Giulia. Un progetto finalizzato alla creazione di una nuova manifattura che sia tecnologicamente all’avanguardia, moderna nei processi produttivi, innovativa delle produzioni, presente nei mercati internazionali, capace di creare valore aggiunto ed occupazione. Un programma di strumenti concreti a supporto del nostro comparto imprenditoriale. Ma soprattutto questo piano è l’indicatore della precisa volontà di questa amministrazione regionale di ritornare a ricoprire un ruolo da protagonista nel contesto economico, cogliendo i mutamenti e declinando nuovi scenari. La Regione deve ritornare ad essere volano e non mero e passivo spettatore delle trasformazioni in atto. Indirizzo questo che si è concretato in tutte le situazioni di crisi in cui siamo intervenuti e che hanno portato anche ad importanti risultati positivi come nel caso di Electrolux, Italiana Membrane e Mangiarotti, solo per citarne alcune. La responsabilità ci costringe a prendere decisioni chiare e forti che sappiano creare sinergie e percorsi condivisi, evitando ogni forma di dispersione. Azioni finalizzate a sostenere e rilanciare il nostro manifatturiero, all’interno di una visione progettuale completa che sappia coinvolgere tutti i suoi protagonisti. (* Vicepresidente Regione Friuli Venezia Giulia)

Xe peso el tacòn del buso Mentre si naviga a vista, le vecchie Province sperimentano il “voto politico”, espresso da sindaci e consiglieri comunali. I cittadini restano a guardare impotenti lo strazio di spartizioni tra partiti e di regolamenti dei conti. È questo il cambiamento promesso? ottobre, quindi per un La moda di oggi è di tempo eterno trattandosi rompere e dividere. di una competizione, Scarseggiano le idee per sarà possibile esprimersi risolvere i problemi, così si con un sì o un no cercano scorciatoie senza sull’indipendenza del risposte concrete. L’ultimo Friuli “ristretto” a un mio “Controcorrente” di GIUSEPPE RAGOGNA lembo di terra isolato dal l’ho dedicato alle Province mondo circostante, cioè che, sotto il peso delle dal Veneto e da Trieste. L’obiettivo è quello peggiori colpe, si vorrebbero sostituire di dar vita a un’improvvisata repubblica in con delle improvvisate aggregazioni di grado di ricalcare le orme del Patriarcato di Comuni decise a tavolino, espropriando Aquileia. Tempi lontani, che portano alla i sindaci. Come spesso accade, le riforme storia del potere temporale della Chiesa. si imbastiscono frettolosamente, senza L’iniziativa è stata “benedetta” dalla Lega alcuna analisi concreta su costi e benefici. desiderosa di cavalcare ogni provocazione di Si parte dagli annunci, magari infarciti di movimenti secessionistici. buoni propositi, per approdare a soluzioni In tempo di crisi si vuole rimescolare rancori pasticciate, prive di strategie coerenti. In pratica, con riferimento all’area pordenonese, e frustrazioni nel pentolone delle divisioni. A questo punto una domanda è d’obbligo: si frantumerà un territorio che la storia ha come possiamo permetterci di sprecare unito negli anni, per approdare a forme energie per rinfocolare contrapposizioni incomprensibili di soggetti amministrativi. territoriali tra Udine e Trieste (e viceversa) e Questa foga di rottura, se sarà portata alle tra Pordenone e Udine (e viceversa)? Della estreme conseguenze, penalizzerà proprio serie, tutti contro tutti in una regione poco i territori strutturalmente più fragili. E più grande di un quartiere milanese. Eppure, mentre si naviga a vista, le vecchie Province il Friuli Venezia Giulia (rispetto al Veneto) sperimentano il “voto politico”, espresso da può vantare uno Statuto Speciale, cioè può sindaci e consiglieri comunali. I cittadini far valere un sistema di autonomie da non restano a guardare impotenti lo strazio di sottovalutare in un periodo segnato da spartizioni tra partiti e di regolamenti dei logiche di esasperato centralismo. Servirebbe conti. Allora, non ci resta che scomodare semmai una forte dose di progettualità per uno dei nostri commenti pordenonesi: valorizzare ogni opportunità. Prima che sia “Xe peso el tacòn del buso”. È questo il troppo tardi, sarebbe il caso di ritrovare lo cambiamento promesso? Così ci si abitua a non affrontare gli ostacoli, spirito che ha contraddistinto la Regione nelle emergenze più difficili. In fin dei lasciando campo aperto ad avventure di conti, lo Statuto Speciale non è proprio ogni genere. E dentro l’improvvisazione finisce di tutto, anche le idee più strampalate una cosuccia “da nulla”, considerato che i meccanismi che può mettere in moto che vorrebbero rimettere in discussione sono gli stessi attivati per la rinascita post l’intero impianto del Friuli Venezia Giulia terremoto. Dentro il Friuli Venezia Giulia, alimentando una conflittualità permanente. finalmente unito, ci sarebbero le energie Per esempio, un gruppo di autonomisti ha per disegnare il futuro. Servirebbe però aperto “il mese della secessione” mettendo manovrare un “click” per un cambio di in moto una sorta di referendum (meglio marcia, che non riguarda soltanto la politica. parlare di sondaggio on-line). Sino a fine


La Città

L'INTERVISTA

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L’assessore regionale Paolo Panontin entra nel merito della riforma degli enti locali pronta a partire

“Tranquilli, il risparmio e i vantaggi per il cittadino saranno evidenti” “Il risparmio non è costituito dall’eliminazione dei gettoni di presenza o delle indennità del personale politico, ma dalla reale semplificazione del rapporto tra la Regione e gli enti locali. Finora le Province hanno erogato al territorio risorse che venivano loro trasferite dalla Regione e che erano denari dei cittadini. Quindi anche senza le Province per i cittadini la situazione non cambia” di DAVIDE CORAL

Ormai sulle Province ognuno dice la sua. Il presidente Alessandro Ciriani sgancia fendenti a ogni pié sospinto, arrivando perfino a ipotizzare un golpe del PD. I pordenonesi “doc” la vivono male, molto male. A chi ha lottato con passione negli anni ’60 per ottenere l’autonomia amministrativa non si può chiedere ora di accogliere a cuor leggero il colpo di spugna. Gli stessi schieramenti politici appaiono piuttosto frammentati e il partito contrario all’abolizione della Provincia è trasversale. In questo bailamme c’è chi, come l’assessore regionale Paolo Panontin, ostenta una calma olimpica. E siccome la riforma degli enti locali porta la sua firma l’abbiamo interpellato per capire se possiamo stare tranquilli o se dobbiamo cominciare a preoccuparci. Si aboliscono 4 province per formare 17 ASO, dove sta il risparmio? non c’è il rischio di avere ancora più centri decisionali, più sedi e quindi più spese? Si abolisce un intero livello di potere, quello provinciale, per ridurre gli ostacoli burocratici e la ridondanza di centri di riferimento decisionali, la frammentazione, la mancanza di coordinamento e l’opacità nell’attribuzione delle responsabilità. Sappiamo tutti che il risparmio non è costituito dall’eliminazione dei gettoni di presenza o delle indennità del personale politico, ma dalla reale semplificazione del rapporto tra la Regione e gli enti locali a vantaggio del cittadino, una priorità assoluta di questo Governo regionale. Quindi non più centri decisionali, ma l’esatto opposto. Gli Ambiti Sovracomunali, o meglio Territoriali, Ottimali sono tutta un’altra cosa. Chi ha parlato di “miniprovince” infatti ha fatto un’operazione ideologica. Chi assume le competenze delle Province in tema di strade e scuole? Premesso che alla Regione spetta un ruolo di regia e alta programmazione, e che possiamo pensare agli ambiti territoriali come a una sua più puntuale articolazione sul territorio, rimane competenza

dei comuni singoli l’erogazione di servizi essenziali di prossimità e all’unione dei comuni l’esercizio in forma associata di quei servizi di ‘area vasta’ per i quali un piccolo comune non risulta adeguato. L’obiettivo è ovviamente garantire livelli ottimali nei servizi e prestazioni uniformi sull’intero territorio regionale. Il personale delle Province e le sedi che fine faranno? Sedi e personale saranno tutti utilizzati. Naturalmente verrà operata una riorganizzazione complessiva che terrà conto della nuova articolazione territoriale degli enti locali. Ricordo nuovamente che a questo disegno di legge che riordina ‘istituzionalmente’ il sistema Regione-Enti locali sono strettamente collegati altri due provvedimenti legislativi fondamentali in fase avanzata di scrittura: una riforma del personale regionale e una riforma della finanza locale. I contributi che le Province erogano annualmente al territorio andranno perduti o ci saranno delle compensazioni? Finora le Province hanno erogato al territorio risorse che venivano loro trasferite dalla Regione e che erano denari dei cittadini. Quindi anche senza le Province per i cittadini la situazione non cambia. A seconda del tipo di contributo richiesto, questo potrà essere erogato dal singolo Comune, dall’Unione di Comuni o dalla Regione. A quanto ammonta il reale risparmio dell’operazione? Come già riferito in aula durante la discussione sulla LR 2/2014 (elezioni provinciali), abbiamo stimato un consistente

risparmio annuo per quel che riguarda l’azzeramento dei costi di mantenimento delle strutture provinciali, le indennità di presidenti, assessori e consiglieri, le spese del personale politico, quelle di rappresentanza, le auto blu, le spese elettorali da tirare fuori ogni 4 anni, ecc. ossia, nel medio periodo, un tesoretto di svariate decine di milioni di spese vive. Ben più consistente, ma difficilmente quantificabile, invece il risparmio che si avrà con le economie di scala, l’impiego del personale provinciale negli altri enti locali di qui a dieci anni, la soppressione di enti legati alle Province o della giungla delle tante società partecipate o controllate dalle Province e relativi consigli di amministrazione, ecc. Le tasse pagate a enti locali sono più facili da trovare reinvestite sul territorio. Siamo sicuri che non fosse meglio depotenziare le Regioni e rafforzare Province magari favorendo l’aggregazione delle società che gestiscono i servizi? Sono d’accordo sulle premesse, in disaccordo sulla soluzione proposta. Giro la domanda: sul terreno dei servizi siamo sicuri che non sia meglio depotenziare le Province e rafforzare i Comuni, magari in forma associata quando inadeguati? Le Province infatti vivono quasi totalmente di finanza trasferita dalla Regione. Come cambia tecnicamente il concetto di provincia. Esempio: nei moduli non verrà più richiesta la provincia di nascita o di residenza? le targhe delle macchine? Non siamo ancora arrivati alla definizione di questi aspetti formali, che sono comunque di competenza statale, perché le Province esistono ancora sia nella nostra

Regione, sia nel resto del Paese. Ricordo che il Consiglio regionale a inizio anno ha approvato all’unanimità il Progetto di legge nazionale n. 1 che sostanzialmente modifica lo Statuto e cancella le Province nel FVG ma che spetta al Parlamento confer-

mare questa decisione, approvandolo in doppia lettura sia alla Camera che al Senato e rendendolo così davvero effettivo. Siamo fiduciosi che questo possa avvenire entro il 2015. In molti vedono analogie fra questa organizzazione territoriale e l’esperimento passato delle comunità montane. E’ giusto questo paragone? L’analogia che io vedo risiede nel principio di fondo delle due ‘riforme’, ossia nella voglia di razionalizzare, unire e modernizzare l’articolazione territoriale regionale. Ma la montagna non è il FVG. La nostra è una regione piccola (con la popolazione di una provincia lombarda), fortemente differenziata ed eterogenea, con tanti comuni piccoli e piccolissimi e una posizione geografica e geopolitica internazionale che la obbliga a confrontarsi con altri Paesi e regioni europee. Teniamolo sempre in considerazione quando parliamo di riforme di grande impatto, come questa, e proviamo anche ad alzare lo sguardo dalle nostre piccole questioni di campanile, dal ‘si è sempre fatto così’, ecc. Sono queste le occasioni, che ci si presentano raramente nella vita, per disegnare il futuro nostro e dei nostri figli, non sprechiamole.


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ANNIVERSARI

Ottobre 2014

La Città

Anche se nessuno lo ricorda la nostra città pagò un alto tributo di sangue durante la prima guerra mondiale. A SOTTO LA LENTE

Se scoppia la pace di MARCELLO NORBERTO ANZIL

Lunedì 29 ottobre 1917: mentre imperversa il maltempo, si riversa nella città di Pordenone “una truppa disordinata e lacera, priva di ogni arma, e con le impronte del disagio, della disperazione, della fame. I soldati cercano riparo dalla pioggia battente sotto la loggia del Municipio o nei porticati di Corso Vittorio Emanuele” (Paolo Gaspardo “Pordenone nella Grande Guerra” ). Cinque giorni prima, alle ore 2:00 del 24 ottobre, era iniziato lo scontro che rappresenta la più grave disfatta nella storia dell’Esercito Italiano. L’intero fronte sulla linea dell’Isonzo era crollato nella Caporetto accerchiata dall’esercito austrotedesco. Pordenone si spopola il 2 novembre quando

con un manifesto vengono richiamati tutti i soldati al di là del Piave , compresi i borghesi dai 17 ai 60 anni. La Prima Guerra Mondiale, di cui quest’anno ricorre il centenario dello scoppio, induce a riflettere col senno del poi sul senso della guerra. I tempi cambiano, gli interessi si rovesciano, le guerre restano. Cento anni fa si incensava il nazionalismo imbevuto di amor patrio, si veniva mandati a morire per disegnare fra balze di roccia i sacri confini che costituivano le frontiere delle nazioni. Oggi, quei confini per cui sono morti nel fango e nel sangue nella sola battaglia di Caporetto 11600 Italiani, non contano più nulla. Sono spariti. Oggi, nell’epoca della multietnica

Ogni volta che stampiamo un libro sappiate che l’abbiamo anche ripiantato. Stampare St Sta mp mpa mpare paare è il il n nostro ostro ost ro lav ro lavoro o e la or oro l car carta arrtaa è llaa nost arta n nostra ost stra tra ra ris rrisorsa ri o saa più ors più i pre p preziosa: ziosa: zio ssa: a:: p pe per er er q ques questo uessto abbiam ues ue abb abbiamo bbia iam a o scel sscelto cellto di celto d imp impegnarci mpegn mp egnarc eg egn arcii arc fav aavo voree dell’ambiente del d ell’aamb ell’a m ent mbi e e ottenendo ottte otte ttenen eendo laa cer ccertificazione ertifi erttifi ificcaz caazion ione one FSC, FSC, C il sistema C, si siste sste tem maa di d gestione gestio ges t nee forestale tio ffor orest es ale respo re rresponsabile. espo sponsa nsabil ns nsa bi e. bil e. a favore P r continuare cco ont nti tinua uaaree a offri u o ffr re ff ffri r un ser e viz vizio io all’altezza all ’al all alltez ezzza za delle de le vostre del vo tree es vos esige ige genze nze ze ne rrispetto isp s etto ett tto dell d el a n ell natu a ura atu r e dell d ell e ggenerazioni ell en ene neraz r ion raz io i ffuture. utu uture. ure. re. Per offrire servizio esigenze nell risp della natura delle

TIPOGRAFIA TIPO TI POGR PO GRAF RA AF FIA A SARTOR SA AR RTO TOR OR PORDENONE PO OR RD DEN ENO ON NE

globalizzazione dominata dalle logiche perverse del mercato possiamo tranquillamente affermare che quelle giovani vite strappate alla terra e alle loro famiglie sono state sacrificate inutilmente. Gli spettri inquieti e oggi fortemente sbiaditi di quei poveri giovani, non turbano le nostre coscienze e ancor meno quelle dei potenti, ma sono solo una zuppa di anime da ricordare per un atto dovuto alla storia. Eppure oggi il rischio di definitiva perdita di ogni residuo scampolo di Sovranità e con essa della nostra Identità è ben più grave di allora. Nella nostra città non esiste più un solo quartiere che possa dirsi “totalmente italiano” perché in epoca di mondializzazione e di neo-lingua, dove pace significa guerra e guerra significa pace, perde via via di significato anche il concetto di cittadinanza. Ieri schiavi del precetto e mandati in trincea a combattere i nostri simili, oggi schiavi della politica-mercato che ci ha ridotto a stranieri in patria. Ma nonostante le “conquiste globali” il “pericolo guerra” non si è affatto allontanato, oggi come cento, mille anni fa basta una scintilla, un incaponimento dei potenti. In una recente intervista a RaiNews24 l’analista politico e strategico Alessandro Politi ha paventato la possibilità che nei prossimi 5-10 anni possa scoppiare la Terza Guerra Mondiale. Improbabile? Facciamo due conti. Aviano si dice ospiti una cinquantina o forse più bombe nucleari del tipo B61-4 in caverne blindate sotterranee destinate ai caccia statunitensi del 31st Fighter Wing che presto

saranno sostituite con le più moderne B61-12. Nell’ottobre dello scorso anno zitti zitti, come è trapelato dalla stampa del mainstream, si sono svolte in sordina mediatica le “esercitazioni nucleari” denominate Steadfast Noon che hanno coinvolto anche i piloti italiani in previsione di uno strike nucleare tattico quale attualissima opzione militare. Per accertarsi se i reparti coinvolti fossero o meno idonei a sganciare qualche decina di kiloton radioattivi sulle teste dei nemici si è anche appreso che contestualmente si è svolta un’altra esercitazione denominata Cold Igloo con il coinvolgimento delle basi di Aviano, Ghedi e Piacenza. Chiusa questa parentesi di fuoco, torniamo ora a riflettere sul senso della guerra. Sono il controllo del territorio e dell’annesso “bestiame umano” senso e motivo di guerra per le caste sempre in affanno, terrorizzate dalla perdita di potere e di privilegi. Tutto ciò ci fa comprendere che il brodo dei sentimenti nel quale si preparò la Prima Guerra Mondiale fu lo stesso in cui si cucinò la Seconda. Se ci sarà la Terza Guerra Mondiale, idea che i media ci stanno abituando a considerare come accettabile, la città di Pordenone questa volta forse farà appena in tempo ad accorgersene prima di scomparire per sempre. Non sarà come giocare con un videogame, o come osservare compiaciuti nei tiggì le parate pompose dei soldatini applauditi dalle tribune dei politici dai petti rigonfi di spocchia, perché chi muove i fili sa molto bene che i potenti crollano se scoppia la pace.

Lo scoppio della guerra nel 1914 colse Pordenone in un’atmosfera da Italietta di fine Bélle Époque, con i suoi caffé Cadelli, Nuovo, Commercio e Municipio, e il salone Cojazzi come centro della vita sociale e culturale cittadina. Erano arrivati il telefono e l’illuminazione pubblica. In Comina si insegnava a volare con la prima scuola italiana di aviazione civile costituita nel 1910. In piazza XX Settembre, nel 1911, nacque la Banca Cooperativa Popolare, futuro motore dello sviluppo economico. Pordenone è l’unico centro del Friuli che può competere, sia pure nel solo settore tessile, con l’economia del Nord Ovest italiano: i suoi stabilimenti cotonieri assorbono, infatti, quasi 3 mila dipendenti, a cui si affiancano importanti realtà produttive come il Pastificio Tomadini, fondato nel 1857, la Ceramica Galvani e le ben più antiche Cartiere Galvani, le cui origini affondano agli inizi del 1600. Nel 1911 e nel 1916 prendevano avvio le attività produttive rispettivamente di Marcello Savio e di Antonio Zanussi, due pionieri del successivo boom industriale. L’attentato di Sarajevo del 28 giugno 1914 non ebbe immediata ripercussione nel tran tran pordenonese. Tra agosto e dicembre del 1914 rientrarono in Friuli oltre 83 mila emigranti, di cui quasi 11 mila nel solo Pordenonese, ai quali né lo Stato né gli enti e le industrie locali erano preparati a provvedere. Lontana dall’euforia della guerra la cittadinanza vide crescere la preoccupazione e la miseria, ma senza grossi scontri tra le opposte fazioni di neutralisti e interventisti. Qualche manifestazione patriottica va registrata in piazza XX Settembre e davanti al Municipio con protagonista il manipolo di interventisti capeggiati dal sindaco Policreti, mentre ai primi di maggio l’autorità disperse come un presunto raduno pacifista la processione organizzata da don Lozer su richiesta delle donne di Torre verso il Santuario della Madonna delle Grazie dove si celebrò una messa con grande partecipazione di folla. Il 24 maggio 1915 l’Italia dichiara guerra all’Austria-Ungheria e tutti i pordenonesi che animavano le feste del Teatro Sociale partono per il fronte. Per la sua posizione geografica Pordenone continua la sua vita tranquilla e suoi traffici commerciali, mentre Udine diventa la capitale della guerra. La “normalità” viene bruscamente interrotta ai primi di novembre del 1917 dalla tragica notizia della rotta di Caporetto. Un vero fulmine a ciel sereno. Per la verità, già nei giorni precedenti, il clima di pericolo incombente aleggiava sulla città. Stavano arrivando le prime voci sulle gravi difficoltà dell’esercito. Sabato 27 ottobre il direttore delle scuole elementari Giovanni Marcolini comunica la sospensione delle lezioni per lasciare gli edifici scolastici a disposizione delle truppe. Caserme e tribunale diventano ospedali militari, il Teatro Licinio un deposito. Dal giorno successivo comincia a transitare per la città una turba di fuggiaschi che giunge disordinatamente da tutto il Friuli orientale. Arrivano dapprima in treno, poi con carri e veicoli carichi di masserizie. Lunedì 29 la dimensione della tragedia appare in tutta la sua gravità: assieme ai fuggiaschi si riversa in città una truppa disordinata, lacera e affamata che cerca riparo dalla pioggia battente accalcandosi sotto i portici di Corso Vittorio Emanuele. Nei giorni successivi la situazione peggiora fino al punto da ostruire il passaggio e l’accesso alle abitazioni. A questo punto, anche coloro che si erano fino ad allora trattenuti a Pordenone, all’udire i colpi di cannone avvicinarsi e i boati delle esplosioni del ponte sul Tagliamento e dei cotonifici fatti saltare, fuggono precipitosamente. Bisogna


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ANNIVERSARI

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seguito della rotta di Caporetto la razzia operata dagli austriaci fu devastante. Oltre 5 mila persone fuggirono

Pordenone nella Grande Guerra, una tragedia dimenticata Lunedì 29 ottobre 1917 la dimensione della tragedia appare in tutta la sua gravità: assieme ai fuggiaschi si riversa in città una truppa disordinata e lacera che cerca riparo dalla pioggia battente accalcandosi sotto i portici di Corso Vittorio Emanuele fino al punto di ostruire il passaggio e l’accesso alle abitazioni. Durante l’occupazione continue le distruzioni e le requisizioni, con la popolazione ridotta alla fame. Si arrivò perfino a requisire la biancheria e gli abiti civili

Pordenone, 1918 – Corso Garibaldi. (Archivio Paolo Gaspardo)

SOTTO LA LENTE

Profughi a Firenze con la bandiera alla finestra

Pordenone 1917- Un gruppo di prigionieri italiani avviati al lavoro attraversa corso Vittorio Emanuele II. Riconoscibile il più alto arco del Corso, quello di palazzo Tinti. (Archivio Paolo Gaspardo, per gentile concessione della famiglia)

arredi e insegnanti), la distruggere ciò che può cruda realtà era fatta di servire agli austriaci. continue distruzioni e Venerdì 2 novembre, requisizioni, nell’assoluta insieme a un magnifico indifferenza per le sole, i pordenonesi esigenze di sopravvivenza trovano affisso un della popolazione civile. manifesto che invita Si arrivò perfino a tutti i soldati e i borghesi requisire la biancheria dai 17 ai 60 anni d’età e gli abiti civili dietro il a trasferirsi al di là del rilascio di buoni, per non Piave. Comincia la fuga dire dell’uso coatto di disordinata al seguito forza lavoro per compiere delle truppe. La città si spopola. Molti cercano Pordenone, novembre 1918 – piazza Cavour La popolazione distribuisce fiori lavori infrastrutturali al servizio delle autorità rifugio in giro per l’Italia, ai primi bersaglieri ciclisti entrati in città. (da Illustrazione italiana, 4 novembre 1928 - Archivio Paolo Gaspardo) militari. Una forma di affrontando lunghi sfruttamento in palese viaggi in treno o con contrasto con le convenzioni internazionali. mezzi di fortuna. Grazie a un’impresa rocambolesca l’oro Quasi 18 mila sono gli abitanti censiti nell’anteguerra del Monte dei Pegni fu salvato dalla razzia e nascosto a Pordenone. Durante l’anno di occupazione i residenti sotto il pavimento della sacrestia della chiesa del Cristo. scendono a 12 mila. Gli oltre 5 mila assenti abitavano L’avvocato Rosso riesce a portare in salvo a Pistoia i valori per lo più nel centro cittadino e appartenevano alle e i libri della Banca Cooperativa Popolare. classi medie e medio-alte. Chi era rimasto apparteneva Alla sera di lunedì 5 novembre viene interrotta l’energia elettrica e si staccano i telefoni. Il buio accresce il clima di alle classi operaia e contadina e viveva soprattutto nelle frazioni periferiche della città. Dei 137.520 abitanti terrore. La colonna austriaca arriva il giorno seguente ed del distretto di Pordenone (secondo il censimento del è formata da soldati laceri e stanchi. Ha inizio un periodo 1911), ne risultavano profughi 16.015, ovvero l’11,7%, di saccheggi e tribolazioni per i pochi rimasti che durerà con percentuali più alte (quasi il 15%) per i distretti quasi un anno e raggiungerà il culmine con la rabbiosa di Spilimbergo e San Vito al Tagliamento. In generale, ritirata austriaca dopo la sconfitta di Vittorio Veneto. furono sempre i membri delle classi più abbienti coloro La razzia fu totale e indiscriminata. Nei nove mesi di che riuscirono a mettersi in salvo, lasciando la massa invasione oltre 5 mila vagoni ferroviari presero la via della popolazione rurale in balia degli eventi. A seguito di Austria e Germania carichi di macchinari, prodotti dell’invasione nel distretto di Pordenone morirono oltre 4 e materie prime. Elevatissimi i danni al patrimonio mila persone. zootecnico che subì una decurtazione di circa il 90% Il primo novembre 1918 i bersaglieri che entrarono nelle terre invase. Nel Friuli occidentale, alla vigilia della in Pordenone trovarono negozi saccheggiati, palazzi guerra, la razza bovina grigia contava 50 mila capi, che incendiati, fabbriche distrutte, terra incolta e stalle si sarebbero ridotti a 6 mila. Al di là delle apparenze (per esempio la riapertura delle scuole spesso in assenza di aule, vuote.

Tra i pordenonesi profughi a Firenze dopo la disfatta di Caporetto troviamo anche Andrea Valerio, allora segretario della Società Operaia e della Pro Infanzia. Fuggito con i suoi cinque figli e la moglie, Valerio era solito recarsi ogni giorno in piazza della Signoria dove veniva affisso il bollettino di guerra. Il 2 novembre 1918 portò in Genoveffa Perissinotti famiglia la notizia tanto attesa: Pordenone era stata liberata. Il giorno prima i soldati italiani avevano fatto il loro ingresso in città dopo aver vinto l'ultima resistenza del nemico a Sacile. "Appena mio marito mi comunicò la lieta novità - dichiarò Genoveffa Perissinotti al Gazzettino nel 1968 - appesi alla finestra un tricolore, in segno di festa. Nessuno dei fiorentini comprese subito il perché (...). Alcuni si chiedevano: 'Ma cosa sarà successo in casa della profuga?' (...). Io tenni la bandiera alla finestra fino all'aprile 1919, quando lasciai la città per fare ritorno a Pordenone".


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Ottobre 2014

La Città

APPUNTAMENTI

Nella nuova Galleria “Harry Bertoia” fino al 15 gennaio la mostra fotografica di Pierpaolo Mittica

CARTOLINE DA UN MONDOPROFANATO Un viaggio toccante fra gli ultimi del mondo dove tutto è cenere per disastri naturali, per incuria dell’uomo, guerre, sfruttamento dell’ambiente o delle persone di NICO NANNI

Se si può azzardare una definizione, diremmo che la mostra del fotografo Pierpaolo Mittica – con la quale viene inaugurata la Galleria “Harry Bertoia” nel rinnovato Palazzo Spelladi in corso Vittorio Emanuele II a Pordenone – è “etica” e non “estetica”. Non perché le foto di Mittica non siano belle – ognuno le giudicherà secondo il proprio gusto – o siano realizzate bene o male – ci penseranno gli specialisti a dirci se tecnicamente una foto è azzeccata o meno – ma perché sono fortemente legate al tema scelto e portato avanti dal fotografo in almeno 15 anni di attività. È sbagliato definire Mittica “fotografo”, essendo egli “fotoreporter”, che è una dimensione diversa del “fare fotografia”; come tale egli racconta, ci dà testimonianza di ciò che ha visto e documentato. Il risultato è “Ashes/ Ceneri”, come s’intitola la mostra, perché il viaggio che ci invita a fare è fra gli “ultimi” del mondo, laddove tutto è cenere: per disastri naturali, per incuria dell’uomo, per catastrofi provocate dall’insipienza (o ingordigia) umana, per tentare una sopravvivenza che spesso risulta addirittura impossibile solo immaginare. In questo senso, allora, quella di Mittica è una fotografia “etica”, che ci porta a passare dalla Russia al Giappone,

dall’India ai Balcani a tante altre destinazioni geografiche per “vedere” gli effetti di una guerra o di disastri nucleari, di come si vive fra i rifiuti e con i rifiuti, di come vi siano esseri umani costretti a “entrare” in un vulcano per estrarre zolfo o di come intere aree geografiche siano inquinate da lavorazioni industriali al punto che chi ci vive e lavora è condannato a morte certa. Nel bel catalogo che accompagna la mostra – entrambi a cura di Angelo Bertani e Naomi Rosenblum – troviamo le testimonianze di scrittori, fotografi, studiosi. Luis Sepúlveda pone l’accento proprio sul fatto che le foto di Mittica «sono il marchio d’identità della nostra epoca e, allo stesso tempo, un invito a far diventare parte della nostra memoria personale quell’altra memoria che ci mostrano: la dolente memoria contemporanea dell’umanità». Aggiunge Charles-Henri Favrot: «Il pianeta è in pericolo. Dobbiamo accogliere lo sforzo di coloro che si applicano a mostrarlo e a cercare di porre rimedio. Pierpaolo Mittica è uno di quelli, ricco di talento, duro, testardo, coraggioso». La mostra resterà aperta fino all’11 gennaio 2015 e in questi mesi vi saranno diversi incontri sui temi e le curiosità che l’esposizione suscita. Fa piacere sottolineare come il nuovo spazio espositivo

Asilo, Pripyat, Zona di Esclusione (Ucraina) 2004

Mutzumi disperata mentre raccoglie i propri oggetti nella sua casa evacuata, Namie, zona di esclusione, Giappone 2012

Asrin, manutentore dell’impianto, in cima alla solfatara mentre cerca di raffreddare i tubi Vulcano Ijen, Indonesia 2009

di Palazzo Spelladi non solo sia intitolato a Harry Bertoia (19151978), artista, scultore, designer originario del Friuli Occidentale e divenuto famoso in America dove era emigrato, ma che si apra rendendo omaggio a Pierpaolo Mittica (Pordenone, 1971, da anni residente a Spilimbergo) già apprezzato a livello internazionale.

Raccoglitore di rifiuti nei canali delle fognature, Dharavi, India 2007

TEATRO

La memoria, Sarajevo, Bosnia Herzegovina, 1997

Gregory Porter, il poeta del soul in novembre sul palco del Verdi Anteprima del Volo del jazz, il 3 novembre, alle 20.45, nel Teatro Verdi di Pordenone, dove si ripropone l’appuntamento organizzato in collaborazione con il Circolo Controtempo. E dopo leggende come Herbie Hancock e John Mclaughlin, sarà il momento di un altro big della scena mondiale del jazz: Gregory Porter, fresco della recente vittoria al Grammy Award nella categoria “Miglior disco jazz vocale”, considerato dalla critica erede vocale di Nat King Cole. Indubbiamente una delle più belle voci in circolazione, per un viaggio nel tempo, dritti dentro un jazz club anni ’50. Un cantante che nella voce ha Nat King Cole e Mahalia Jackson, Marvin Gaye e Billie Holiday, definito “il poeta del soul” dalla rivista Downbeat e “la brillante nuova voce del jazz” dall’Huffington Post. Quello di Porter è uno dei tre appuntamenti “crossover” proposti dalla stagione del Comunale (e racchiusi in uno speciale abbonamento; info: www.comunalegiuseppeverdi.it, 0434 247624), un programma che si aggiunge alla ricca programmazione

15 E

sinfonica e cameristica. La seconda proposta “crossover”, in programma l’11 febbraio 2015, porterà a Pordenone Enrico Dindo e i Solisti di Pavia. Violoncellista italiano di caratura internazionale, Dindo ama esplorare territori poco conosciuti: oltre ai grandi classici (da Bach in poi), appartengono al suo repertorio anche tanti autori del Novecento, vecchio e nuovo, senza barriere. Per Decca è di recente uscito un cd con I Solisti di Pavia (“venti compagni di viaggio – dice Dindo - con i quali ho il piacere di condividere l’esperienza e una ricerca che non sarà mai finita”), dedicato a musiche di Nikolaj Kapustin e Astor Piazzolla. E il concerto di Pordenone ne ripropone il programma. Il 28 aprile 2015, infine, il Roberto Gatto Trio, a completare la serie di tipologie e repertori dal barocco al jazz. Gatto, uno fra i più stimati musicisti della scena jazzistica internazionale, non solo batterista di grande sensibilità ma anche ottimo organizzatore e band leader, non esita a mettersi in gioco di fronte a nuove idee.

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