La citta n 70 febbraio 2014

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La Città

LA CITTA’ • Numero Settanta • Febbraio 2014 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Copia in omaggio

Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • Fax: 0434-208445 • e-mail: info@domenicasport.org

EDITORIALE

Il Meridione della regione Dar vita ad una città da centomila abitanti è l’unica possibilità che ha Pordenone se vuole contare ancora qualcosa in questa regione. I fatti dell’ultimo periodo parlano chiaro, ad iniziare dalla chiusura delle Province che, utili o meno che siano, vedranno quella di Pordenone sparire per prima già alla fine di quest’anno (ma guarda che strano!). Cioé, in realtà l’ente intermedio non verrà incenerito (i dipendenti e la sede non possono essere tolti di mezzo con un colpo di bacchetta magica), ma diventerà qualcos’altro, anche se non si capisce esattamente cosa e soprattutto se davvero costerà meno di prima. Le competenze della Provincia in materia di scuole e strade verranno assunte dai Comuni? Bene, questi avranno bisogno di maggiori risorse per occuparsene e quindi i conti potrebbero non tornare. Staremo a vedere. Ancora più eclatante, tuttavia, ci pare l’annosa vicenda dell’università. Stavolta sembrava che la nascita di un dipartimento in città finalmente fosse cosa fatta. E invece è arrivato l’ennesimo stop, questa volta da Trieste e non da Udine. In sostanza, il mondo politico giuliano non vede di buon grado un investimento importante della Regione (oltre un milione e mezzo di euro) per rafforzare la presenza universitaria nella Destra Tagliamento. “Perché Pordenone sì e Gorizia no?”, è stata l’obiezione di qualche Pierino. La risposta è semplice: perché Pordenone non ha mai avuto ciò che gli spettava di diritto. Quella che oggi siamo abituati a chiamare Università di Udine, in realtà, alla nascita, doveva chiamarsi Università del Friuli e la raccolta di firme per chiedere la realizzazione di un ateneo policentrico partì dalla città del Noncello. Poi le cose sono andate come sappiamo. Udine, con la sua rappresentanza politica potente e scafata, si è presa tutto e Pordenone è rimasta con un pugno di mosche. E quando ha scelto di attrezzarsi per garantire una formazione superiore se l’è dovuta pagare con la costituzione del Consorzio Universitario, partecipato dalle istituzioni locali (Comune, Provincia e Camera di Commercio) e da alcuni soci privati (Fondazione Crup e banche in primis). Oggi i tempi sono cambiati e la crisi economica ha sparigliato le carte rendendo possibile l’impossibile. Compresa la necessità di un forte investimento su Pordenone (circa 2 milioni e 800mila euro) decisa dal senato accademico udinese. Il ragionamento, ovviamente, è stato di natura utilitaristica: un’importante offerta formativa del campus pordenonese può rendere maggiormente attrattiva l’Università verso ovest, pescando nel bacino veneto. Per questo, sotto la guida del professor Amadio (e con l’ulteriore sforzo dei partner locali che hanno messo sul tavolo la quota associativa di 800 mila euro l’anno), si è arrivati ad un passo dall’avvio di un Dipartimento (la vecchia continua a pagina 3

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Il 15 febbraio 1920 nasceva a Pordenone Lino Zanussi, uno degli industriali italiani più importanti del secolo scorso LA LETTERA

«La competizione è confronto, non aggressione»

Grazie amici lettori: il vostro è il solo giudizio che conta di ALBERTO CASSINI

Caro direttore, debbo ritagliarmi anche 'sta volta (sia pur di frodo) uno spazio su La Città. Non ho altro mezzo infatti per ringraziare – oltre a Lei, beninteso, che m’ha dedicato un’affettuosa riflessione – i tanti lettori che m’hanno espresso a voce e per iscritto il proprio amichevole disappunto. M’era già capitato diciott’anni fa quando rifiutai di candidarmi al Senato e molti la ritennero una colpevole diserzione: d’altronde ad un uomo di campagna non s’addiceva – e poi se ne resero conto– quel berlusconismo patinato, tutto trucco, lustrini e sperticate millanterie che abbiamo sperimentato in questi lunghi anni. Talora occorre stemperare le luci della ribalta, anzi è il solo modo per distinguersi da

Nei giorni in cui si decidono i destini dello stabilimento che fu il cuore e il cervello del prestigioso Gruppo di elettrodomestici pordenonese fa riflettere una frase del discorso pronunciato da Lino Zanussi all'Università Popolare di Udine l'8 maggio 1968, esattamente 40 giorni prima della sua morte. Come responsabile di una grande industria, ormai proiettata verso dimensioni mondiali, affermò che un’«impresa è viva e vitale» solo quando non concepisce la competizione come lotta e aggressività per affermarsi a tutti i costi nel mercato, bensì come impegno di «confronti, alternative e continue scelte»

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PRIMO PIANO Ore d'ansia per lo stabilimento Electrolux di Porcia

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IDEE PER LA CITTÀ

di Giuseppe Ragogna

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IL PERSONAGGIO

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PORDENONE FIERE

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Una proposta progettuale per il nuovo ospedale

L'oncologo Umberto Tirelli si schiera a favore degli Ogm

Alvaro Cardin: "La Regione metta mano al portafoglio"

di Franco Giannelli

di Flavio Mariuzzo

di Clelia Delponte

PAROLA MIA

VISTI DA VICINO

Costruire con coraggio il futuro

Italians in fuga

di SERGIO BOLZONELLO

di PIERGIORGIO GRIZZO

La crisi è una parola onnipresente oggigiorno. Siamo cresciuti in decenni di entusiasmo e di crescita continua, dove questo termine era purtroppo preso in scarsa considerazione. Oggi la situazione è cambiata; la crisi ci paralizza, impaurisce e domina, condizionandoci nelle nostre scelte. Qualche giorno fa, in occasione di un convegno, mi sono imbattuto in una dichiarazione di Albert Einstein: “È nella crisi che nasce l’inventiva, le scoperte e le grandi strategie”. Parole apparentemente lontane dalle reali difficoltà quotidiane delle migliaia di persone che vivono direttamente questa crisi, ma illuminanti perché

Una volta, quando stavamo bene, erano le straniere che cercavano in tutti i modi di impalmare un italiano per avere la cittadinanza. Anche a costo di prendersi un vecchio con un piede già nella fossa, anzi meglio. Oggi siamo noi che cerchiamo una straniera da sposare, per avere un’altra cittadinanza in tasca e quindi confezionarci un’ipotesi B, un piano di fuga da tenere pronto in caso di disoccupazione, debiti, fallimenti, eccetera. In giro oggi non si parla d’altro. Sembra che tutti abbiano una gran fretta di mollare questo nostro povero Paese, svenato e senza speranza, e di andarsene

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La Città

LORSIGNORI

Febbraio 2014

L'avvocato Alberto Cassini pronto a ritornare in pista prossimamente con una nuova rubrica in esclusiva per La Città LA LETTERA

IL RICORDO

continua dalla prima

Un amico ci ha lasciato

Grazie amici lettori: il vostro è il solo giudizio che conta quell’accozzaglia di arrivisti e pataccari che – a dispetto della decenza – anche da noi s’ostinano a calcarla. Ora mi rinfacciano (con garbo peraltro e simpatia) di lasciare con la fine di Lorsignori (una rubrica più seguita di quanto supponessi) qualche orfano. Son certo tuttavia avranno nel frattempo con quel che accade occasione di distrarsi. Prima o poi comunque (ed in altra veste) tornerò, una pausa non guasta. Sono giorni davvero tristi per questa provincia, l’orizzonte è sempre più incupito, manca – come nella canzone di Trenet – una sana folata di libeccio che spazzi l’azzurro. Lo smantellamento del nostro tessuto industriale con l’esodo della rimpianta Zanussi e di Ideal Standard (cui s’aggiunge il collasso già consumato della zona del mobile) era da tempo nell’aria e certi boiardi locali di dubbio spessore e di scarsa preveggenza non hanno fatto nulla per prevenirlo. Erano evidentemente intenti ai consueti traffici spartitori, clientelari e familistici. Rassegniamoci, caro Flavio, il meglio è passato. D’altronde cosa potevamo aspettarci dal Parlamento e dalle istituzioni ove – accanto ad alcune accettabili figure (spesso emarginate) – siedono troppi emeriti imbecilli. Cambierà qualcosa con la nuova legge elettorale? Siamo in molti a dubitarne, dopo vent’anni di colpevole inerzia esso sembra frutto d’un sofferto parto podalico. E d’altra parte non erano bastate tre tornate elettorali per accorgersi che l’attuale era viziata da palese incostituzionalità. I partiti più che appartenere al giurassico – amava scriverlo un salace commentatore– sono comunque

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reperti di modernariato, come quelli che si raccattano nei mercatini della domenica. Con le liste bloccate i mandarini romani continueranno a piazzarvi i soliti miracolati in servizio permanente effettivo: servi sciocchi, sfaccendati e lacchè. La soglia piuttosto elevata emarginerà vasti strati dell’elettorato, privandoli persino di quello che in uno Stato liberale si definirebbe “diritto di tribuna”. In compenso (per graziare i legaioli) una norma indecente consentirebbe l’ingresso in Parlamento a chi ottenga il 9% in sole tre Regioni: alla faccia di chi non raggiunge l’8% (e si ferma magari al 7,9%) a livello nazionale. Se queste sono le riforme che ci attendono rischiamo d’inciampare sul primo gradino, più che una corsa ad ostacoli pare un’accidentata Parigi-Dakar. Non dobbiamo stupirci se con questa patetica selezione della classe politica il linguaggio – non solo nelle intercettazioni private, ma anche nei pubblici dibattiti – assume toni fecali e stercorari. Fanno insomma scuola i talk show ove imperversano risse, sputi, pernacchie ed oscenità fra gli applausi compiaciuti degli spettatori. Abbiamo l’impressione di vivere immersi in un cine-panettone o in un porno-romanzo. È d’altronde (come il dissesto idrogeologico) la metafora d’un Paese che vive in stato di permanente emergenza, lercio e disordinato, afflitto da un diffusa sindrome di frustrazione ed ormai privo d’una vigile coscienza. L’ho scritto per trent’anni ed è ben ora che la smetta (anche perché è inutile) di ripeterlo. Continuiamo a compiacerci delle passate grandezze (anch’esse peraltro abbandonate all’incuria fra crolli dei monumenti e guasti al paesaggio), mentre si sprofonda rassegnati nello squallore del presente. A.C.

Quanto contano nella nostra vita le relazioni, anzi, le buone relazioni? Personalmente me ne sono reso conto nel momento in cui uno di noi, Paolo Sandrin, una delle colonne della nostra Associazione, è venuto a mancare lo scorso mese di dicembre. Nelle parole, nei volti, nelle lacrime di tutti coloro che si sono stretti attorno alla famiglia c’era un seme germogliato nel corso degli anni. Lo Studio di viale Trieste, il Tribunale, la Gymnasium, la redazione dei nostri giornali, gli amici, i semplici conoscenti che hanno sentito di dover esserci. Come attratti da una strana forza di gravità. Pianeti diversi, con dimensioni e orbite diverse, tenuti insieme da un’unica forza: la relazione umana. A molti, forse, Paolo si è rivelato completamente proprio nel giorno in cui è venuto a mancare. Nella grande folla silenziosa che gli ha dato l’ultimo saluto ognuno ne conosceva un aspetto

o qualcosa di più. Ma pochi sapevano dell’esistenza di tutti gli altri. C’era molta Pordenone in quel duomo gremito e in quel sagrato traboccante di gente. L’enormità del cordoglio è stata a suo modo l’ultima sorpresa che Paolo ci ha fatto. E chi non c’era è come se ci fosse stato perché ha voluto testimoniare la sua vicinanza con un messaggio, con una lettera, con una telefonata nei giorni successivi. È stata una gemmazione, un continuo fiorire di manifestazioni d’affetto. Tutti conservano un ricordo, un’immagine, una storia, un aneddoto. Un grande patrimonio di relazioni che ha reso esplicita la grande ricchezza della persona che l’ha posseduto e che l’ha coltivato con amore nel volgere di una vita maledettamente breve. Ciao Paolo. F.M.

L'INTERVENTO

È in edicola il nuovo numero della rivista culturale della Propordenone "La Loggia"

La cultura delle idee di fronte alla crisi di GIUSEPPE PEDICINI

Questo numero della rivista esce in un momento particolarmente importante e grave per la storia della città e della provincia di Pordenone. La crisi più volte annunciata si rappresenta oggi in tutta la sua drammaticità con i numeri della disoccupazione che hanno toccato quota diecimila unità. C’è da chiedersi se in un momento come questo abbia senso parlare e scrivere di cultura. Pubblicare oggi una rivista culturale potrebbe far venire in mente i musici che continuavano a suonare a bordo del Titanic mentre la nave stava affondando; eppure lo facciamo perchè siamo convinti che solo la cultura, intesa come maturazione delle coscienze, potrà salvarci in questa società globalizzata e altamente tecnologica. L’annuncio di chiusura dell’Electrolux, anche se oggi tutti sembrano meravigliarsi e lo definiscono un ‘fulmine a ciel sereno’, ha i suoi prodromi ben oltre dieci anni fa e solo chi non ha voluto o potuto accorgersi di ciò che stava accadendo può oggi meravigliarsi. Questa che stiamo vivendo è una crisi iniziata nel 1983 con la vendita della Zanussi al gruppo Electrolux, proseguita poi nell’agosto 1999 con l’annuncio da parte dell’Electrolux della dismissione del comparto componentistica presente a Nord Est, che con gli stabilimenti Sole di Pordenone, Inca di Aviano, Metallurgica di Maniago e Mel di Rovigo dava lavoro a circa 3000 persone. Nello stesso anno il colosso svedese trasferiva a Bruxelles la direzione strategica del settore del bianco. Segnali chiari di un declino annunciato, che oggi si concretizzano con il recente annuncio di possibile dismissione e trasferimento della produzione in Polonia. Come ben racconta Giuseppe Ragogna nel suo articolo a pagina 3, stiamo affrontando una crisi paragonabile alla chiusura dei cotonifici che negli anni '50 rappresentavano la maggiore industria manifatturiera della nostra zona. Una crisi che si era trascinata per molti anni, ma che nel frattempo i nostri padri avevano saputo affrontare con nuove

idee e con forza di volontà, ma soprattutto con una grande capacità lavorativa che avrebbe portato la nostra economia da un livello agricolo ad un livello industriale prevalentemente nel settore del manifatturiero meccanico nel pordenonese e del legno arredo nella zona di Brugnera. Gli anni della grande sfida sono stati gli anni dal '45 al '70. Le generazioni protagoniste del miracolo economico uscivano da una guerra devastante e avevano sicuramente una bassa scolarizzazione ma possedevano quella sana cultura popolare che era stata tramandata dai genitori, ricca di semplici e sani principi. Lo sviluppo economico si è affermato in una nuova società democratica, profondamente diversa dalla società chiusa e autarchica di prima della guerra, una società che aveva grandi aspettative in un progresso che si manifestava in tutti i campi distribuendo benessere e ottimismo nel futuro. La cultura forse non era patrimonio della stragrande maggioranza dei cittadini, ma tutti la respiravano nell’aria, era la cultura del fare e del riscatto sociale. Oggi viviamo in una Pordenone culturalmente avanzata con un’alta scolarizzazione, che organizza grandi eventi e si compiace di ciò fa, ma si ha l’impressione che questa grande produzione di cultura non contagi la politica, che ha il compito di programmare le scelte future; ma cosa più grave, sembra non contagiare positivamente neanche le giovani generazioni che appaiono indifferenti e apatiche. E allora cosa fare? Per uscire dalla crisi e competere in questa società globalizzata dobbiamo riscoprire la cultura delle idee che ha la capacità di cambiare le persone. Ma per essere credibile e generare un reale cambiamento, la cultura non deve solo apparire, deve rifiutare l’assistenzialismo clientelare, deve perseguire il superamento degli sterili steccati ideologici e di partito, deve essere sostanzialmente una cultura positiva. Una cultura insomma, che cambiando il modo di pensare, ci induca a fare sistema e ci permetta di affrontare nel migliore dei modi questa crisi. Diversamente una cultura che non produce un reale cambiamento nel modo di essere e di pensare non è cultura.


La Città

PRIMO PIANO

Febbraio 2014

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Il caso Electrolux alla stretta finale: delocalizzazione in Polonia, taglio dei salari o cos’altro attende Porcia? di GIUSEPPE RAGOGNA

Lo stabilimento Electrolux di Porcia costituisce ormai una sorta di “linea del Piave”. Lì si difende la dignità dei lavoratori. La multinazionale svedese vorrebbe infatti scaricare sull’anello più debole della catena produttiva tutti i costi della crisi, riportando le lancette del progresso indietro di decenni. Praticamente, vorrebbe che i dipendenti, i quali hanno già fatto duri sacrifici per salvare le fabbriche, si accontentassero di retribuzioni in picchiata, ben al di sotto dei livelli minimi di qualità della vita. Il tentativo è di abbattere il vantaggio dei Paesi emergenti dell’Est europeo. Ma l’Italia non è la Polonia, la quale fa parte formalmente della Ue guardandosi bene però di adottare la moneta comune, per paura di far saltare gli equilibri economici interni. La mossa del Gruppo rientra nell’elenco delle provocazioni, perché, alla riduzione drastica dei salari non corrisponde un altrettanto robusto taglio dei dividendi. Nonostante le dichiarate difficoltà strutturali, Electrolux ha infatti deciso di mantenere invariato il valore della cedola per i suoi azionisti. Il meccanismo infernale del “prendere o lasciare” non può funzionare a senso unico, tra l’altro in un’area che produce elettrodomestici da sempre, e che si è fatta carico con ingenti finanziamenti propri (soldi regionali) di traghettare il passaggio doloroso da Zanussi a Electrolux. Non può essere sradicato in quattro e quattr’otto un patrimonio di storia, di continua dalla prima

Porcia è la linea del Piave

L'alto costo del lavoro italiano è un problema, ma non deve diventare un comodo alibi: va inserito in un quadro complessivo di scarsa competitività. Dentro ci stanno anche le responsabilità di Electrolux che non può pensare di portare le produzioni a spasso per l'Europa, alla ricerca di occasioni per ridurre i costi identità e di lavoro, sconquassando l’economia di un piccolo lembo di territorio, come quello pordenonese. Per giunta, la multinazionale punterebbe a spostare tutto in Polonia, utilizzando risorse europee, cioè ancora soldi dei contribuenti. Alla fine dell’operazione, si troverebbero sulla strada quasi 5 mila persone, tra dipendenti diretti e lavoratori dell’indotto, con contraccolpi economici e sociali esplosivi. In effetti, nella nostra provincia, ci sono già parecchi altri punti di crisi, a partire dall’altra fabbrica storica, l’Ideal Standard di Orcenico. Le reazioni sono state durissime. Di fatto, gli svedesi hanno messo in discussione il “Sistema Italia”, come questione complessiva di “fare impresa” nel nostro Paese. Proprio per questo si è registrata la giusta compattezza difensiva, che fa rientrare Porcia nel quadro di una

vertenza nazionale. Pertanto, non può essere considerata una semplice trattativa, condotta con l’obiettivo di agguantare condizioni salariali più basse. È meglio alzare subito un argine. A questo stanno già lavorando le istituzioni e i sindacati. Persino Confindustria ha rigettato la provocazione. Per carità, l’alto costo del lavoro italiano è un problema, ma va inserito in un quadro complessivo di scarsa competitività. Dentro ci stanno anche le responsabilità di Electrolux che non può pensare di risolvere i suoi problemi portando le produzioni a spasso per l’Europa, alla ricerca di occasioni per ridurre i costi. Deve capire che una fabbrica importante ha bisogno di investimenti continui sia nelle innovazioni che nelle risorse umane. E deve confrontarsi. Infatti, i destini di una fetta del manifatturiero italiano sono

EDITORIALE

Il Meridione della regione Facoltà) nelle discipline di banca-finanza e multimedialità con l’incardinamento di una quarantina di docenti. Costo totale dell’operazione 5 milioni di euro. Sul rettilineo finale prima dell’arrivo, dicevamo, il progetto ha subito uno stop, che speriamo sia solo un rallentamento procedurale (almeno così è stato fatto passare). Sapendo tuttavia che ogni qualvolta si tratta di dare qualcosa a Pordenone, Trieste ha il braccino corto, è meglio stare in campana. Chi vissuto negli scorsi decenni l’aborto dell’Università del Friuli come un tradimento nei confronti del territorio pordenonese ora non può accettare ulteriori rinvii. Che in Regione gli interessi della Destra Tagliamento siano poco difesi e scarsamente considerati è un dato di fatto. Il compianto Abele Casetta, che con le sue puntuali ricerche ha scoperchiato il pentolone del “debito” regionale nei confronti di Pordenone (in base al parametro oggettivo del numero di abitanti al Pordenonese non vengono riconosciuti circa 150 milioni di euro l’anno di mancati contributi nei diversi settori), non avrebbe mancato di far sentire la sua voce critica in questa circostanza. Ma a Pordenone tutto tace, nessuno si arrabbia né tantomeno s’incatena ai cancelli per difendere dei diritti che parrebbero sacrosanti. Sfiducia? Senso di impotenza? Indifferenza? Cos’altro frena Pordenone in questo e in altri campi? Recentemente, sempre la Regione ha deciso di “condonare” ben 14 milioni di debito alla Fondazione Teatro Lirico di Trieste per scongiurarne il fallimento. La cultura langue ovunque, i contributi alle associazioni sono stati tagliati o ridotti, il Teatro Verdi di Pordenone è costretto ad inventarsi iniziative su iniziative e a procacciare sponsor come un segugio mentre dall’altra parte arriva la manna dell’intervento pubblico che risolve i problemi. Oltretutto con la beffa che poi quando Pordenone chiede di inserire nella propria stagione teatrale un’opera lirica prodotta da Trieste deve pagarla cara. È fantascienza pretendere che una rappresentazione lirica all’anno venga messa in scena a Pordenone senza doverla ulteriormente

“acquistare”? Probabilmente, ritornando al pensiero iniziale, queste dinamiche sarebbero diverse se a muoversi fosse una città da centomila abitanti, ovvero più capace di fare massa critica, anche se bisogna riconoscere che non è il numero di abitanti a decretare il peso politico di una comunità bensì i suoi rappresentanti nelle stanze dei bottoni. Non ci pare, per esempio, di ricordare il nome di qualche pordenonese al vertice delle principali società partecipate dalla Regione e questo vorrà pur dire qualcosa. In questo ragionamento la vicenda Electrolux è emblematica. Di fronte al concreto rischio di una desertificazione industriale l’operoso alveare pordenonese è improvvisamente entrato in fibrillazione. Di colpo si sono svegliati tutti: istituzioni, industriali, sindacalisti, opinion leader. Ora viene fuori che tutti sapevano come sarebbe andata a finire e si avventurano in proposte più o meno fantasiose, alcune delle quali hanno trovato spazio nello scorso numero del nostro giornale. Ma quello che i cittadini oggi si chiedono è: perché nessuno dieci anni fa ha pensato di chiedere ai signori dell’Electrolux quali fossero i piani per il futuro degli stabilimenti italiani e soprattutto di Porcia? È vero che a far precipitare la situazione è stato il drastico calo delle vendite di elettrodomestici nel mercato italiano, ma questo era uno degli scenari possibili da prendere in considerazione. Altrimenti cosa li paghiamo a fare tutti questi signori che adesso pontificano a reti unificate mentre fino ad ora hanno dormito? Come abbiamo scritto prima di tutti nello scorso numero di dicembre resta solo da sperare che della questione si faccia carico in prima persona il Presidente del Consiglio Enrico Letta e la inserisca ai primi posti dell’agenda del semestre italiano di presidenza europea. Allora, forse, gli svedesi ci penseranno due volte prima di mettersi contro un’intera nazione. Flavio Mariuzzo

incrociati con l’immagine della multinazionale svedese sui mercati globali. Ecco, quindi, che lo spiraglio per il salvataggio di Porcia è legato a una sfida complessiva, essenzialmente di sistema, nostro e di Electrolux. È difficile “fare impresa” in Italia, a causa di un ambiente ostile al mondo delle aziende. Ovviamente, non soltanto per l’alto costo del lavoro. Sono anni che la nostra economia non cresce, schiacciata da una competitività che perde colpi. I problemi li conosciamo a memoria: mancanza di politiche industriali, pressione fiscale insopportabile, costi dell’energia praticamente fuori mercato, bassissima propensione a sostenere progetti di innovazione e di riconversione professionale, burocrazia tortuosa e dispendiosa. Il rilancio (non più il semplice salvataggio) delle nostre

fabbriche parte dalla rottura dei vecchi schemi. Alcune idee strategiche sono state messe sul tavolo direttamente dal territorio. Il pressing sta portando i primi risultati. Le proposte di Unindustria e della nostra Regione sono state apprezzate anche da Electrolux, che proprio negli ultimi giorni ha deciso di aprire uno spiraglio: “Trattiamo anche su Porcia”. Il Governo, che è il principale interlocutore della multinazionale, ha ora il compito di farne la sintesi, mettendoci altre risorse. Porcia è la madre di tutte le battaglie. E la compattezza delle forze in campo comincia a sgretolare il muro di Electrolux. Andiamo avanti. Non è pensabile che un Paese, nel pieno vortice di una crisi tremenda, perda con eccessiva leggerezza gli ultimi baluardi produttivi. Il lavoro è la vera priorità.


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La Città

IL LANTERNINO

Febbraio 2014

Contributi per il miglioramento della società. Ecco perché bisogna passare dal lamento all’autodifesa

Il potere della domanda “L’offerta può incidere sulla quantità e sul prezzo dei prodotti e dei servizi ma solo la domanda può assicurarne la qualità. Se la qualità non è richiesta (anzi pretesa) è impensabile venga offerta”

di NINO SCAINI

Obiettivo e filo conduttore di questa rubrica è instillare e alimentare la consapevolezza che l’esercizio e la difesa di un diritto o di un interesse legittimo, specialmente quando di carattere collettivo, costituiscono un dovere verso se stessi e un modo per contribuire al miglioramento della società, di cui ci si deve sentire sempre, appunto, parte attiva. In quest’ottica, diventa anche un importante fattore di cambiamento e di superamento delle criticità e dei problemi incombenti. Ma per far ciò non si può che partire da noi stessi e renderci conto - come esortava il grande

Albert Einstein - che “non possiamo pretendere che le cose cambino solo lamentandoci, se poi continuiamo a farle (o lasciamo che si continuino a fare) nello stesso modo”. Anche ove non ce ne ritenessimo responsabili, infatti, i mali che ci affliggono non si possono vincere se non contando su noi stessi, investendo sul nostro impegno personale, diretto, costante. Da impiegare soprattutto per individuarne la causa e i possibili rimedi, evitando di sprecarlo nella ricerca dei colpevoli. E men che meno nella loro stigmatizzazione, spesso dovuta a meri pregiudizi o a valutazioni affrettate

per lo sviluppo del territorio

o stereotipate, favoriti e amplificati dai mezzi d’informazione di massa. Un rito sin troppo praticato (soprattutto quando ne sono obiettivo le istituzioni o chi è ritenuto un privilegiato), però sterile e addirittura nocivo per chi lo pratica più ancora che per chi lo subisce. E che spesso risponde semplicemente ad un bisogno di sgravarci degli inconsci sensi di colpa (trovare qualcuno più colpevole di noi) o di impotenza (sentirci meno sudditi pur rimanendo tali) che ci opprimono. Non adoperarsi per risolvere i problemi ed abbandonarsi alla critica o al lamento in attesa che altri vi provvedano, fossero pure quelli che riteniamo (magari anche a ragione) ne siano causa, non ci assolve ma ci rende in realtà complici: se non della loro origine, quantomeno della mancata loro soluzione. Il futuro nostro e dei nostri figli non è, infatti, responsabilità dei governi o dei vari “lorsignori” ma soprattutto ed essenzialmente di tutti e di ciascuno di noi. A questo punto qualcuno chiederà giustamente come concretamente si realizza questa difesa attiva dei propri diritti ed interessi, che la società ci riconosce e che avrebbe bisogno, proprio per migliorarsi, fossero correttamente esercitati e coraggiosamente difesi dai loro portatori. Occasioni e modalità di esercitarla, per il vero, proprio questa rubrica ne ha segnalate e continuerà a farlo. Riguardano i diritti e aspettative del cittadino di fronte agli

continua dalla prima PAROLA MIA

Costruire con coraggio il futuro internazionalizzazione e strategie ci costringono a ripensare aziendali. Inoltre si opera per la criticamente molte delle scelte semplificazione burocratica, aspetto complessive attuate nel passato e che oggi purtroppo trovano negativa questo fondamentale, e la fornitura di servizi per l’avvio dimostrazione. di impresa. Sono parole che Si tratta, nel suo ci costringono complesso, solo a ragionare di un primo sulla necessità passo, rivolto di avviare un all’immediato, cambiamento verso un radicale che prossimo sappia riavviare di SERGIO BOLZONELLO grande progetto il nostro tessuto finalizzato produttivo, a disegnare una in una modalità consona ai riferimenti del presente e strategia industriale regionale che sappia scorgere le immagini del soprattutto del prossimo futuro. nuovo mondo. Un cambiamento che può solo A questo progetto, come attuarsi all’interno di una logica Amministrazione regionale, stiamo condivisa che sappia superare lavorando; lo scopo è la redazione preconcette appartenenze e sappia di un piano di sviluppo per il cogliere il meglio dalla nostra comunità allargata, attingendo dalle settore industriale che dovrà aiutarci a coordinare l’azione in questo differenze e dal confronto. ambito, punto di partenza per In tal senso negli ultimi mesi si è individuare le strategie del settore, manifestata una diffusa volontà le specializzazioni più importanti di intervenire nelle difficoltà e programmare la revisione della in maniera congiunta, con la normativa di settore. Un’azione consapevolezza che solo un operare che avverrà in coordinamento comune può traghettarci fuori da con gli strumenti di supporto questa difficile situazione. all’occupazione e che sarà cruciale La Regione Friuli Venezia Giulia per il nostro futuro. in questo quadro cerca di fornire Lo sforzo è quello di proiettare, strumenti efficaci per intervenire progressivamente, i nostri sforzi nelle criticità del comparto dall’immediato presente al futuro, industriale territoriale, in primis consci che una responsabilità rispetto la liquidità, la diffusa amministrativa si deve manifestare mancanza di strategie aziendali, soprattutto con le responsabilità la scarsa internazionalizzazione, e le azioni rivolte al futuro e l’innovazione, le troppo piccole conseguentemente alle prossime dimensioni aziendali e l’accesso al generazioni; perchè come scriveva credito. uno dei più grandi imprenditori Strumenti variegati che spaziano italiani, Adriano Olivetti, “La luce dalle concessioni di finanziamenti della verità risplende soltanto negli agevolati, al supporto a progetti atti, non nelle parole”. di ricerca, sviluppo e innovazioni aziendali, costruzioni di reti (* Vicepresidente e assessore alle d’impresa, incentivazione Attività Produttive, Turismo e al commercio elettronico, Agricoltura della Regione Friuli certificazione di qualità, ricorso a Venezia Giulia) consulenze per favorire processi di

ostacoli burocratici, il più delle volte pretestuosamente utilizzati per coprire inefficienze ed incompetenze. Il diritto al lavoro e alla qualità del lavoro. L’importanza del fattore umano per la qualità dei servizi e dei prodotti. La tutela dell’identità delle aziende e l’importanza dell’identificazione tra aziende, lavoratori e territori di riferimento. Situazioni che hanno tutte in comune la presenza del medesimo attore: quell’individuo, che nelle diverse vesti di cittadino, lavoratore, utente di servizi, consumatore di prodotti, potrebbe interpretare un ruolo da protagonista che di fatto gli compete. Che però si accontenta di svolgere tutt’al più quello di comprimario o di comparsa e il più delle volte addirittura quello di spettatore (oltre tutto pagante) che esercita il (solo) diritto di dissentire mugugnando, o al più con urla e fischi. E questa rassegnazione è tanto più grave e allo stesso tempo paradossale ove si consideri come egli possa contare su un’arma la cui specifica forza ed efficacia forse non s’è ancora sufficientemente considerata. Mi riferisco alla “domanda”:

uno dei pilastri su cui poggiano quelle che molti ritengono, probabilmente non a torto, tra le principali cause degli attuali nostri gravi problemi: la propensione al consumo e la logica del profitto. Moderni e ingannevoli surrogati del benessere e della ricchezza. Come spiegano gli esperti, l’offerta può incidere sulla quantità e sul prezzo dei prodotti e dei servizi ma solo la domanda può assicurarne la qualità. Se la qualità non è richiesta (anzi pretesa) è impensabile venga offerta. Possiamo ben dire dunque che il miglioramento della qualità si ha (quasi) sempre quando l’offerta è guidata dalla domanda e (quasi) mai quando è la domanda ad essere guidata dall’offerta. Ed è facile notare come questa semplice equazione si possa perfettamente applicare anche fuori dell’ambito prettamente tecnicoeconomico. Innanzi tutto in quello politico. Ma sulla virtuosa dinamica della domanda e sulle concrete possibilità e modalità di utilizzarla efficacemente quanto agevolmente punteremo la luce del nostro lanternino nel prossimo appuntamento.


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IDEE PER LA CITTÀ

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La tipologia di edilizia da utilizzare per costruire il nuovo ospedale in via Montereale è fondamentale

“Nel sito prescelto meglio l’ospedale a torre” L’architetto Francesco Giannelli non ha dubbi: “Non occorre essere architetti né esperti di edilizia ospedaliera per capire che è meglio spingere un ascensore al 25° piano piuttosto che un paziente per 300 metri su un lettino” di FRANCO GIANNELLI

Il nuovo ospedale previsto nell’area attuale presuppone che un infermiere spinga un letto o un medico raggiunga il reparto percorrendo, dal pronto soccorso all’estremo nord della costruzione, 350 metri (come andare da piazzetta Cavour alla stazione dei treni) e che un visitatore, per andare al pronto soccorso dal nuovo parcheggio magari con la pioggia, di metri ne debba percorrere 400 (la lunghezza di tutto corso Garibaldi). Non occorre, quindi, essere architetti, né esperti di edilizia ospedaliera, per capire che sarebbe meglio spingere un ascensore al 25° piano, ci si metterà meno e costerà anche meno! La nuova soluzione della Regione, con 100 posti letto in meno e vista per ora solo sulla stampa, ci consente di stimare che l’edificio occupi il suolo per una superficie di circa 16.000m2 su un’area di circa 35.000m2 arrivando ad una superficie coperta del 50%! Ammesso e non concesso che si voglia accettare questa localizzazione, il tema, quindi, è la tipologia edilizia da utilizzare: lo schema orizzontale Veronesi/Piano o la tipologia statunitense a torre che prevede lo sviluppo

delle superfici in altezza (vedi Cattinara a Trieste dove il territorio pianeggiante è molto limitato). Che tipo di Ospedale può stare in un’area che, contrariamente a quella dove era previsto l’ospedale “Tondo”, è stretta, lunga e circondata dalle strade e dalle case al punto da precluderne ogni futura espansione: meno di 4 ettari contro i 18 della Comina. Abbiamo allora provato a disegnare un ospedale che si sviluppi con una torre, servita da parcheggi e servizi interrati (il terreno è ghiaioso e si presta convenientemente allo scavo) con una piastra polivalente al piano terra. Prima di descrivere questa ipotesi alternativa ricorderemo che l’ospedale in Comina aveva un’area disponibile di m2 180.000, ne copriva solo il 10%, con un volume di 200.000m3, un indice volumetrico di 1,2 m3/m2, una superficie lorda di m2 100.000, dei quali 53.000 interrati ed un totale di oltre 600 camere. L’ospedale a torre, sommariamente indicato nei seguenti elaborati, prevede l’inserimento delle stesse funzioni, numero di camere, volumi e superfici di quello previsto in Comina.

Alcuni rendering della proposta progettuale dell'architetto Franco Giannelli e la pianta che evidenzia la visione nell'utilizzo dell'area che ospiterà il nuovo ospedale

I NUMERI DELL’OSPEDALE A TORRE 3° piano interrato 2° piano interrato 1° piano interrato Piano terra

Piano 1°(h soffitto 15m) Piani dal 4° al 19° Piani dal 20 al 23 Piano 24 Area intervento: Area coperta: Area scoperta:

350 parcheggi con ascensori dedicati i impianti tecnologici 350 parcheggi con ascensori dedicati/nuov razione/laboratori servizi/logistica/servizi mortuari/servizi risto accoglienza/polo poliambulatoriale/prelievi ici centro formazione/auditorium/studi med itorio la/ob ppel ti/ca oran uffici/bar/rist opie/dialisi day-hospital medico e oncologico/endosc piani superiori giardino pensile con verde parete verso i letti con hi dedicati degenze in reparto: camere 1/2 connettivo per scale/ascensori/montacaric ) inale term is camere 1 letto (funzioni hosp tari bagno, salotto e loggia, degenze in reparto: locali operativi infermieristici e operatori sani toi, oglia servizi di piano/guardiola/caposala/sp izi serv con o pian di imediali/terapie, hall studi medici/ambulatori/sale riunioni mult uni e depositi com azi oi/sp gliat sale operatorie/servizi/spo orso. eliporto con ascensori dedicati al pronto socc m2 35.000 = 100% 2 di cavedio) = 20% PT m2 7.200 - torre m 3.400 (3.900 – 500 ne aperte alla città = 80% parco, impianti sportivi e zone di ristorazio


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SOTTO LA LENTE

Febbraio 2014

La Città

Intervista al tecnico Arpa che sta conducendo le analisi e al capitano della caserma Ariete di Pordenone

Torio radioattivo nei magredi L’Arpa: “Allarmismo ingiustificato” La notizia delle verifiche in corso è apparsa nelle scorse settimane sulla stampa locale con commenti un po’ evasivi da parte delle istituzioni. In esclusiva per La Città il "giornartista" free lance Giorgio Simonetti ha approfondito l’argomento

Alcune immagini dei magredi di Cordenons dove si svolgono le esercitazioni militari attualmente al centro dell'attenzione delle istituzioni e dell'Arpa

di GIORGIO SIMONETTI

La scoperta di tracce di torio radioattivo nel poligono militare dei magredi di Cordenons rappresenta un pericolo per la popolazione? Esiste il rischio di inquinamento delle falde freatiche sottostanti? Al momento la risposta a queste due domande è no. Ma i tecnici dell’Arpa, l’Agenzia regionale per l’ambiente, sono al lavoro per effettuare le analisi necessarie. Abbiamo approfondito l’argomento intervistando la responsabile di Fisica ambientale dell’Arpa Fvg Concettina Giovani e il capitano Massimo Grizzo in forza al Comando della 132^ Brigata “Ariete” di Pordenone. Quando è iniziato il vostro coinvolgimento nelle analisi dei magredi, alla ricerca di eventuale radioattività? Concettina Giovani (ARPA): "Noi del reparto di fisica ambientale abbiamo iniziato la nostra ricerca intorno ad ottobre-novembre, perché i colleghi del dipartimento territoriale di Pordenone ci hanno chiamato per escludere il rischio radioattività nell’ambito della bonifica del sito inquinato dei magredi che i militari

AUDITORIUM CONCORDIA Palcoscenico della Provincia

Provincia di Pordenone Assessorato alla Cultura

FEBBRAIO 2014 Domenica 23/2

Martedì 25/2

Giovedì 27/2

Ore 16.15

Ore 21.00

Ore 17.00

Ortoteatro A teatro anch’io! Stagione di prosa a misura di bambino

EtaBeta Teatro Scuola Sperimentale dell’Attore FrescoTeatroSocial/Concordia

Ortoteatro Con i nonni a teatro

I VESTITI NUOVI DELL’IMPERATORE

UN BÈS FIABE, FIABE - ANTONIO LIGABUE FILANTI!

Compagnia teatrale L’Uovo Teatro Stabile - L’Aquila

Mario Perrotta produzione Teatro dell’Argine

Compagnia teatrale Arrivano dal Mare - Cervia

Pordenone, via Interna 2 Per informazioni: Ufficio Cultura della Provincia di Pordenone tel. 0434 231 366 www.provincia.pordenone.it www.facebook.com/teatro.concordia

Con il sostegno:

stavano realizzando". Massimo Grizzo (Comando Ariete): "Nell’ambito delle nostre attività è previsto il controllo della salute ambientale del poligono. In occasione della rimozione di alcune carcasse di carro armato che venivano utilizzate come bersaglio nelle esercitazioni, i nostri tecnici di laboratorio avevano riscontrato la possibilità di un inquinamento da metalli pesanti. Consapevoli di questo e come previsto dalla legge, abbiamo fatto la segnalazione alle autorità competenti ovvero Provincia, Regione e all’ARPA". Come mai ve ne siete accorti solo nel 2013 di questo inquinamento, quando i missili MILAN, che contenevano il torio nel sistema di puntamento, sono stati sparati fino al 2000? Grizzo: "Ne abbiamo preso atto dopo che l’ARPA ha fatto le verifiche perché nelle nostre analisi avevamo pensato ad un inquinamento unicamente legato ai metalli pesanti. I nostri tecnici rimuovendo le carcasse avevano rilevato la presenza di metalli pesanti superiori alla norma e in base a quello la Conferenza dei Servizi ha deciso di coinvolgere l’ARPA per ulteriori accertamenti". Il livello di torio che è stato registrato quante volte è superiore rispetto al livello naturale? Giovani: "Questo non siamo in grado di dirlo in questo momento perché sono state fatte solo misure di tipo qualitativo. Il torio naturale è estremamente variabile da una zona all’altra, dipende da come sono fatte le rocce. Nella nostra regione il suo livello è molto basso per cui si è evidenziata subito un’anomalia per quanto in linea di massima piccola e in aree molto limitate. Le misure al momento sono di tipo qualitativo, per dire “c’è o non c’è la contaminazione”. Per definire delle aree. Poi verranno fatti dei lavori più raffinati". Quando prevedete di fornire all’ARPA le informazioni richieste riguardo linee di tiro e bersagli, che servono a fare l’analisi quantitativa? Grizzo: "E’ un lavoro complesso perché si tratta di andare a ricercare negli archivi documenti non disponibili in formato elettronico, stiamo parlando

di esercitazioni avvenute più di 15 anni fa in cui non si utilizzava ancora questo tipo di archiviazione. Avremmo bisogno ancora di qualche settimana". Come fate ad essere abbastanza certi dei livelli non alti di radioattività, avendo fatto al momento solamente un’analisi di tipo qualitativo? Giovani: "Perché comunque per andare a rilevare qualcosa, pur con strumentazione estremamente raffinata, abbiamo dovuto faticare molto. Poichè è un irraggiamento, se si tengono gli strumenti attaccati al suolo, lo si rileva, altrimenti no. Se ci si alza e si tengono gli strumenti camminando non si nota alcuna contaminazione. Per cui questo ci rassicura dal punto di vista della contaminazione perché è sicuramente molto bassa. Durante i campionamenti non indossiamo neanche le tute e le mascherine che solitamente vengono utilizzate in questo tipo di contaminazioni e vi posso assicurare che non siamo incoscienti". Quando prevedete di concludere l’analisi qualitativa? Giovani: "Credo che dipenderà molto da quando avremo tutte le informazioni per lavorare. Secondo me ci vorrà qualche mese. Dipende poi da che cosa si trova mano a mano e dalla dimensione dell’area che dovremo esaminare. Questo dato ancora non lo abbiamo". Come sono stati i rapporti con la Brigata Ariete fino a questo momento? C'è stata disponibilità? Giovani: "Assolutamente. Sono stati molto disponibili. Abbiamo già fatto 2-3 incontri con il comandante e gli ufficiali. Ci accompagnano ogni volta dove richiediamo, dopodiché noi facciamo le nostre misure". Quello dei magredi è un terreno permeabile. Potrebbe succedere che l’acqua assorba questa radioattività e la porti nelle falde freatiche? Giovani: "In linea di massima senz’altro sì. I miei colleghi del dipartimento territoriale che si occupano di questo però mi dicono che in questa situazione la falda freatica è molto profonda, e quindi non si aspettano contaminazioni. C’è da dire che i valori sono molto bassi e che il

torio è un elemento naturale, quindi probabilmente ci sarebbe un effetto di diluizione. In ogni caso sebbene non ci aspettiamo contaminazioni nelle acque faremo dei controlli, sono previsti e programmati". Sono mai stati sparati proiettili con uranio impoverito nei magredi di Cordenons? Grizzo: "Lo escludo in maniera categorica anche perché la nostra forza armata non dispone di alcun munizionamento che contenga uranio impoverito. L’utilizzo dei poligoni, compreso quello del Cellina-Meduna, è disciplinato da un’apposita normativa. Giovani: Il nostro coinvolgimento iniziale era stato fatto proprio per questo motivo, perché si voleva escludere la presenza di uranio impoverito. I suoli per questo tipo di analisi sono stati spediti in Piemonte, dove verranno analizzati alla ricerca anche di questo elemento". Possibili conseguenze per la salute dei cittadini di Cordenons e degli altri paesi limitrofi? Giovani: "Il torio non si muove facilmente in aria. Il rischio, secondo il Ministero della Salute che ha già fatto delle indagini di questo tipo (inerenti il poligono di Salto di Quirra in Sardegna n.d.r.), sarebbe eventualmente per la catena alimentare. Ma in Sardegna la situazione era diversa perché lì pascolavano le greggi sul poligono. Invece nel nostro caso noi abbiamo una zona in cui non ci sono filiere alimentari di nessun tipo, forse qualche lepre cacciata dai cacciatori. La zona, inoltre, è recintata. Non c’è motivo di allarmarsi". In questa zona le esercitazioni sono state sospese? Grizzo: "Le esercitazioni non sono state sospese nel poligono del Cellina-Meduna. Sono state sospese limitatamente a quella piccola superficie interessata da questo problema. Il resto dell’area continua ad essere normalmente utilizzata". Quanti giornalisti l’hanno contattata per informare sentendo una fonte primaria? Giovani: "Lei è il primo".


La Città

IL PERSONAGGIO

Febbraio 2014

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L’oncologo Umberto Tirelli ribadisce con forza la sua posizione a favore dell’agricoltura Ogm

“Italia ostaggio dell’ignoranza scientifica” Secondo Tirelli l’agricoltura geneticamente modificata è più sicura e controllata. Quella tradizionale invece è spesso avvelenata dai pesticidi e da altre sostanze cancerogene naturali, come le aflatossine del mais che poi finiscono nel latte. “Il biologico? Un bluff ” di FLAVIO MARIUZZO

Ogm, organismi geneticamente modificati. Un nome che fa ancora paura in Italia, mentre in altri paesi è entrato senza scalpore nell’immaginario collettivo. Tutto dipende da come vengono presentate e “vendute” le notizie. “Mangiamo Ogm da vent’anni ma non lo si vuol capire”, afferma Umberto Tirelli, oncologo di fama internazionale in forza al Cro di Aviano, pordenonese d’adozione e vice presidente dell’Associazione Galileo 2001 (Associazione per la libertà e la dignità della scienza, che è composta da scienziati di livello nazionale ed internazionale). Sulla stessa scia il padre dell’oncologia italiana, Umberto Veronesi, che definisce gli Ogm il “futuro dell’umanità” e considera “antistorica” la lotta alla genetica in agricoltura in atto nel nostro paese. Il tema è diventato recentemente di scottante attualità anche in provincia di Pordenone dopo

che un imprenditore agricolo di Vivaro si è ribellato al divieto vigente in Italia di produrre mais transgenico, seguendo peraltro quanto è approvato a livello europeo. “L’ignoranza scientifica è un virus in questo paese – spiega Tirelli – come autorevolmente specificato dalla principale rivista scientifica a livello mondiale Nature. Casi eclatanti di recente si sono avuti sulla previsione dei terremoti: sono stati condannati scienziati che non hanno previsto il terremoto de L’Aquila! Oppure il collegamento tra il neurinoma dell’acustico e i cellulari, basato su un singolo caso. O ancora la chiusura dello stabilimento di Montichiari per animali da esperimento per i nuovi farmaci: come tutto il mondo civile fa perché altrimenti è impossibile sviluppare nuovi farmaci in tutte le branche della medicina. Infine, Stamina, che non merita neppure una parola. Gli Ogm sono stati testati in maniera scientifica in tutte le parti del mondo. In paesi come Stati Uniti, Canada, Brasile, Argentina, ovvero i quattro paesi dove si producono l’80% degli Ogm mondiali, gli alimenti geneticamente modificati sono super controllati e sicuri, altrimenti non verrebbero somministrati. Piuttosto è il loro mancato utilizzo a creare problemi. Il mais tradizionale è facilmente attaccato dalla piralide, un parassita, che origina sostanze cancerogene chiamate aflatossine. Queste finiscono nel latte che, se non viene controllato a dovere, crea problemi”.

“Gli agricoltori sanno benissimo queste cose – continua Tirelli – Nelle conferenze che ho tenuto in regione tutti gli agricoltori confermavano l’utilizzo della soia Ogm come alimento per quasi tutti gli animali (mucche, maiali, polli, capre, conigli, ecc.) da molti anni. Si capisce che quindi siamo in presenza di un’assurdità conclamata: da un lato ci si oppone ideologicamente agli Ogm e dall’altro in Italia si mangia da almeno vent’anni la carne di animali allevati a Ogm! La soia prodotta in Italia non è infatti assolutamente sufficiente al fabbisogno nazionale e la importiamo da paesi che producono soia Ogm. Allora perché opporsi? “C’è l’errata convinzione che l’Ogm provochi chissà quali scompensi e malattie. Ma non è vero! In Europa sono state fatte ricerche scientifiche approfondite nel corso degli ultimi due decenni e si è visto che non vi è alcun collegamento. Philippe Buscain, allora Commissario Europeo per la ricerca scientifica lo ha autorevolmente confermato: i problemi risiedono nei cibi tradizionali. È falso pensare che i cibi naturali non siano tossici perché la maggior parte delle piante produce sostanze tossiche per difendersi da agenti esterni. Prendiamo l’esempio del basilico: se la pianta non supera i 10 centimetri di altezza sviluppa una sostanza cancerogena detta eugenolo. Inoltre, vi sono cibi arricchiti con la biotecnologia, per esempio con la vitamina A, come il golden rice, una particolare forma di riso, che eviterebbe la

morte di un bambino ogni minuto nel mondo per malattie dovute a carenza di vitamina A. Il vero business sono i pesticidi non gli Ogm! Tutti i contadini fanno uso dei pesticidi ma è matematico che il pesticida è molto più tossico dell’Ogm. Si chieda agli agricoltori quanto spendono in un anno di pesticidi: migliaia di euro. Con l’Ogm, per lo meno nella coltivazione del mais, si avrebbe una maggiore produzione, più sicura e senza l’utilizzo di pesticidi, che sono notoriamente cancerogeni”. Tra agricoltura Ogm e agricoltura tradizionale da qualche tempo si è inserita l’agricoltura “bio”, oggi molto di tendenza al punto da ispirare la stessa visione dell’Expo 2015. “L’agricoltura biologica è un bluff – dichiara senza mezzi termini Tirelli – che si caratterizza per un doppio costo a carico del consumatore (costi dei contributi finora erogati per promuovere l’agricoltura biologica, il calo delle rese produttive e soprattutto il maggior prezzo che generalmente si richiede al consumatorecliente), senza provati effetti di miglioramento ambientale o di riduzione di rischio per il consumatore, e nella migliore delle ipotesi non vi è alcun beneficio significativo per la salute, anzi. Il biologico è poco controllato e non si può considerare senz’altro un’agricoltura sostenibile, in quanto troppo costosa e con scarsi, se ne esistono, benefici sulla salute.

SOTTO LA LENTE

Chernobyl, radon e Ilva, altri casi di “ignoranza” FISIOTERAPIA

L’inganno di Chernobyl “Si dice che Chernobyl ha portato un aumento vertiginoso dei tumori alla tiroide. Vero, ma sono quasi tutti guariti. Inoltre, per colpa delle autorità dell’Ucraina, la popolazione non è stata avvisata e sottoposta a una terapia preventiva che avrebbe evitato l’assunzione da parte della tiroide dello iodio radioattivo. Chernobyl è frutto di un esperimento attuato senza il consenso degli scienziati da un pazzo criminale che aveva la responsabilità dell’impianto, che dopo aver passato impunemente quattro allarmi rossi ha portato alla distruzione dell’impianto nucleare che peraltro non era in condizioni ottimali. Tutto ciò è certificato dalla scatola nera. Un fantasma chiamato radon “Il radon è la seconda causa di cancro al polmone dopo il fumo di sigaretta. È un gas radioattivo cancerogeno che emerge dal sottosuolo. Nel nostro territorio è molto presente e il pericolo è probabilmente sottovalutato. Il consiglio rimane quello di areare bene gli ambienti soprattutto al pianterreno per evitare concentrazioni pericolose. Nella base americana di Aviano lo fanno per

RIABILITAZIONE

tutti i loro dipendenti, non so con certezza cosa viene fatto nelle scuole e nelle abitazioni italiane.” Le bugie sull’Ilva “Altro caso è quello dell’Ilva, il più grande impianto siderurgico d’Europa. Tutto quello che è stato scritto dai ricercatori dell’Istituto Superiore di Sanità è del tutto criticabile perché non hanno tenuto conto, tra le varie cose, nell’incidenza dei tumori, di fattori importanti quali il lavoro precedente in cantieri navali di Taranto e l’esposizione all’amianto e il fumo di sigaretta che notoriamente in quartieri come quello di Tamburi potrebbe essere più elevato rispetto alla norma. Il tumore che più è aumentato percentualmente nei lavoratori che sono stati testati è il mesotelioma pleurico, una malattia che ha un’incubazione anche superiore ai 20-30 anni ed è molto probabilmente legata al precedente lavoro nei cantieri navali di Taranto e il tumore del polmone che notoriamente è collegato al fumo di sigaretta, e del quale non si ha informazione nella popolazione studiata. Infine, questi dati dell’Istituto Superiore di Sanità non sono mai stati pubblicati su una rivista scientifica con revisori.”

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Febbraio 2014

VISTI DA VICINO

La Città

Storie di pordenonesi fuggiti all’estero (o in procinto di farlo) a causa della crisi. Un fenomeno preoccupante continua dalla prima all’estero a rifarsi un’altra vita. È un fuggi fuggi, una corsa alle scialuppe, spesso un salto nel buio dove si rischia davvero di fracassarsi tutte le ossa, ossia bruciare anche gli ultimi risparmi e ogni possibile chance rimastaci qui a casa nostra. Non ci sono più solo i “cervelli” che fuggono alla ricerca di migliori ingaggi e di maggiori gratificazioni morali e professionali. O i ventenni che vanno a Londra a imparare l’inglese o in cerca di avventure. Non ci sono solo le grandi aziende, il cui business planning ricorda il titolo di un celebre film di Woody Allen, “Prendi i soldi e scappa”: dopo aver ricevuto fino all’altro giorno contributi statali a pioggia, per tenere in piedi la struttura e garantire occupazione, delocalizzano per piantare le fabbriche dove si pagano meno tasse e gli operai costano due euro all’ora. Ora scappano, o meditano di farlo, anche quarantenni con prole a carico, intere famiglie, anziani pensionati. Le motivazioni e le aspirazioni sono le più disparate. Ci sono le solite, meravigliose storie da commedia di quelli che tirano su una montagna di debiti e poi tagliano la corda per rifarsi una vita ed una reputazione da un’altra parte. Se ne vanno nottetempo, lasciando la serranda dell’attività chiusa con il lucchetto, la macchina in garage e la buca delle lettere che tracima di cartelle verdi. Scappano in Sud America, che resta la destinazione più fascinosa, in California, a Miami o in Canada. L’importante è mettere almeno un oceano tra la propria nuova vita e la muta dei creditori. Poi ci sono quelli che partono per realizzare l’eterno sogno di aprire un baretto sulla spiaggia ai Caraibi. Davide, single quarantenne, aveva un’aziendina artigianale nel Sanvitese, ma già da qualche tempo lavorava solo per pagare tasse. Così si è fatto liquidare dal fratello, con cui era in società, (che invece se ne resta sul pezzo a combattere perché ha moglie e figli) ed insieme a Luca, metalmeccanico in cassa integrazione, signorino a sua volta, è partito a luglio per Santo

Fuggi fuggi da una vita senza futuro Dopo i cervelli in fuga e le aziende che delocalizzano ora se ne vanno dal nostro Paese anche i quarantenni con prole, gli operai e i pensionati. Tra le mete più gettonate Australia e Americhe. “Qui non diventeremo ricchi, anzi. Ma almeno siamo ai Caraibi, in infradito, con il caldo e il sole tutto l'anno”

Il tema della fuga ispira da sempre artisti, registi, sognatori e ora anche la gente comune

Domingo. Ha avuto in passato una morosa dominicana, perciò parla abbastanza bene il castillano e ha qualche contatto. “Non siamo partiti con quella di fare soldi – racconta su facebook – ma semplicemente di andarcene da una realtà sempre più frustrante. Qui non diventeremo ricchi, guadagneremo ancora meno di quello che ci restava in tasca in Italia, gireremo in motorino invece che in macchina. Ma almeno siamo ai Caraibi, in infradito, al caldo e al sole tutto l’anno”. Maximilian Lewis è un personaggio piuttosto noto a Pordenone. Qui, fino all’anno scorso, si occupava di editoria ed organizzava eventi musicali. “Le motivazioni che mi hanno costretto ad andarmene dall’Italia – racconta - sono le stesse di molti altri: scarsità di meritocrazia in primis e nessuna prospettiva per il futuro. A Pordenone nel mio piccolo ho cercato di tenere duro fino alla fine: tasse, scarsità di contratti, pagamenti perennemente in ritardo mi hanno costretto a cedere la mia attività e a trasferirmi a Los Angeles. Quest’ultima è una città che conosco bene, essendo io italo-americano e avendo viaggiato molto negli Usa: qui da zero mi sono ricostruito una vita e attualmente faccio l’agente per un importatore di vino italiano in Southern California. Le prospettive di lavoro e carriera qui sono infinite, basta avere pazienza e molta voglia di fare in quanto questa è una città altamente competitiva. Ho trovato un clima splendido, una città dinamica che si muove alla velocità della luce e una burocrazia quasi inesistente. Ho lasciato senza rimpianti un paese, dove, mentre stiamo sprofondando, i politici continuano a dibattere nei salotti televisivi del sesso degli angeli. Una terra senza nessun progetto e nessun investimento sui giovani e sulla ricerca. Spiace dirlo, ma non vedo purtroppo un bell'orizzonte per l’Italia, anche volendo essere molto, molto positivo”.

Ultimamente, poi, si sente un gran parlare di operai che mettono la propria casa in affitto (a famiglie di immigrati africani che occupano in dieci un bilocale) e vanno a stare in Croazia, dove ancora – pare – si vivacchia con dignità. Rispetto all’Italia il valore degli stipendi è dimezzato, ma la vita costa un quarto, quindi a conti fatti si sopravvive meglio. Ma anche lì non è che abbiano assoluto bisogno dell’operaio italiano e che lo attendano a braccia aperte. Un concetto, quest’ultimo, condiviso anche da Alessandro Brazzit, trentenne di Cordenons, reduce da un’esperienza di due anni in Australia. “All’estero non è tutto rose e fiori – racconta – e non è che siano tutti lì ad aspettare te. In Australia, per esempio, la competizione è altissima in ogni settore lavorativo. Se ci sai fare vai avanti, altrimenti rifai le valigie e torni a casa”. “Io ero partito con l’idea di lavorare nel campo del fitness, visto che ho laurea e master nella materia, ma inserirmi non è stato facile” “Se hai meno di 31 anni – continua - com’è stato il mio caso, puoi entrare con una Working Holiday Visa, che ti consente di restare per un anno lavorando. Inizialmente sono stato a Sydney tre mesi, durante i quali ho consegnato invano un centinaio di curriculum. Poi, grazie ad un amico di Rimini, ho iniziato a lavorare nella sua gelateria in un paesino che si chiama Noosa nella Sunshine Coast. Quindi, sempre grazie a lui che faceva anche il fisioterapista, ho iniziato a fare il personal trainer per alcuni clienti del suo studio. Nel frattempo ho intrapreso l’iter per il riconoscimento della mia qualifica anche in Australia, per poi cominciare a lavorare con un sub contract, cioè a cottimo, per una piccola palestra della Goald Coast. Purtroppo dopo due anni non puoi più rinnovare il visto vacanza lavoro e a quel punto hai solo due ipotesi: o trovare un contratto di sponsorizzazione, cioè un posto fisso da almeno 47.500 dollari

lordi all’anno, che però in certi ambiti lavorativi è praticamente impossibile, oppure sposare un’australiana...” Sonia Borgonovo, di Aviano, famosa anche per le sue apparizioni televisive, lavora nell’impresa edile del marito, Piero Nogherot. Da qualche tempo stanno seriamente considerando l’ipotesi di chiudere tutto e di trasferirsi all’estero con i quattro figli. Anche nel loro caso, complice un parente che vi risiede, la destinazione più probabile sarebbe l’Australia. “Per quale motivo? Per una sfilza di motivi! - spiega - In sintesi ci siamo stufati di combattere giornalmente senza intravedere alcuna prospettiva per il futuro nostro e dei nostri figli. L’Australia è la prima scelta, ma va bene qualsiasi posto al di fuori dell’Europa. Non voglio più sentire parlare dell’euro. Scherzi a parte, stiamo valutando la cosa seriamente e il prossimo anno faremo un viaggio esplorativo dalle parti di Brisbane, poi decideremo il da farsi. L’idea sarebbe quella di trasferirci non appena la nostra secondogenita avrà finito le superiori”. All’epoca dei nostri nonni, quando si andava in Australia affrontando un mese di piroscafo e investendo nel biglietto i risparmi di una vita, c’era la concreta prospettiva di non tornare più. Oggi il mondo si è ristretto, le distanze si sono accorciate; per andare in Australia servono 30 ore di aereo, non trenta giorni di mare. Ci sono Skype, facebook, la posta elettronica per restare in contatto tutti i giorni con gli amici e le famiglie che stanno dall’altra parte del mondo. Ma anche se non ha più il tono da melodramma dell’addio per sempre, con la mamma, il papà e la fidanzata in lacrime sulla banchina del porto, quella di mollare tutto e trasferirsi in un altro paese, sia all’altro capo del mondo o appena oltre i vecchi confini (anche l’Austria suscita sempre più interesse), resta una scelta di vita radicale, che non tutti sono nelle condizioni o nello stato d’animo di compiere. E che soprattutto va meditata con saggezza e senza fretta. Perché, se lasciare il proprio Paese non è facile, tornarvici con la coda tra le gambe è anche peggio. Esiste a tal proposito un sito frequentatissimo di questi tempi, con un nome emblematico: www. italiansinfuga.com. Dateci un’occhiata prima di fare le valigie. È probabile che la metà di voi cambierà idea. Piergiorgio Grizzo


La Città

L’INTERVISTA

Febbraio 2014

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Com’è Pordenone vista dalla rete? Secondo l’esperto Sergio Maistrello c’è ancora molto da lavorare

“La rete genera valore attraverso le relazioni Ma bisogna crederci” Si definisce “giornalista artigiano, esploratore interconnesso, innovatore periferico, cittadino inquieto”. In parole povere? Un attento osservatore del web, anche a livello iperlocale. E’ fra i fondatori di arcadinaon.it, l’urban blog dedicato alla città LA CITTÀ IN RETE di DAVIDE CORAL

Arca di Naon è un urban blog dedicato a Pordenone, un aggregatore di contenuti interessanti che riguardano la vita cittadina. Filtra tutti i giorni la rete e rilancia le informazioni e le segnalazioni pubblicate su siti e social network da giornali, istituzioni, associazioni o cittadini, distribuendo attenzione a chi produce contenuti utili. Fa anche informazione ma solo nelle occasioni in cui è in grado di offrire valore aggiunto rispetto a quanto già disponibile. "Per ora è un piccolo esperimento senza scopo di lucro - spiega Sergio Maistrello, uno dei fondatori - ma mi piacerebbe farlo crescere al servizio della nostra comunità e dell'uso maturo di Internet in città". Com’è Pordenone vista dalla rete? La maturità individuale non è male. È la percezione delle potenzialità e delle implicazioni a livello di comunità che ancora scarseggiano. Proprio in un momento critico come quello che stiamo vivendo, al contrario, potremmo trovare nella rete un acceleratore straordinario per valorizzare le competenze e le esperienze disponibili. Pordenone è una città ricca di nicchie e di competenze appetibili ben oltre i confini locali, basterebbe metterle a sistema per fare un enorme balzo di efficienza. Fare rete, come ripetiamo da decenni, questa volta però sfruttando un sistema operativo molto più potente e molto più economico, che genera valore attraverso le relazioni. È un passaggio culturale. Concretamente come si può creare ricchezza dalla rete? Più informazioni abbiamo, più opportunità abbiamo di servircene. Più facciamo sapere di noi agli altri, più capita che gli altri si interessino a noi. È la logica dei social network come Facebook, applicata non più soltanto alla sfera delle amicizie personali, ma anche a quella economica e sociale della città. Questo ci porta automaticamente più ricchezza? Naturalmente no, ma aumenta esponenzialmente le possibilità di generarla. Sono convinto, per dirne una, che usando in modo più consapevole e maturo gli strumenti della rete i grandi eventi e contenitori culturali di Pordenone potrebbero crescere ancora

tanto e dare una gran spinta a tutta la città. Nella rete quali sono le realtà pordenonesi che meritano un bel voto e quali invece no? In rete impari che le graduatorie non hanno alcun valore: ognuno è Domenica Sport è on line utile, nessuno è necessario. del Movimento 5 stelle. I politici di Si giudica volta per volta a livello di Pordenone, dal tuo osservatorio, come singolo contenuto. Posso dire che il utilizzano la rete? Comune di Pordenone sta facendo cose La rete richiede una trasparenza e per nulla scontate e riconosciute in una capacità quotidiana di costruire Italia. In campo giornalistico mi sembra senso e dialogo incompatibile con interessante il modo in cui si sono messi in gioco molti giornalisti del Messaggero una politica tribale, basata ancora su interessi particolari, argomenti Veneto, ma quanto a siti informativi soggettivi e messaggi strumentali. siamo fermi alla preistoria. Unindustria Internet è più semplice ed economica ha avuto una gran intuizione con il dei megafoni tradizionali, per contro social network MyInd, ma temo non richiede un impegno personale, una ci abbia creduto abbastanza. Camera competenza e una coerenza che spesso di Commercio, Concentro, Casa dello spaventano il politico vecchio stampo Studente, Fiera, Teatro Verdi, così come o che non è facile inserire tra le priorità molte scuole, stanno facendo molto, dell’amministratore. Chi anche ci prova, ma con strumenti e sono davvero pochi, fatica comunque e scelte editoriali a spostarsi dall’autopromozione o dalla dal mio punto demagogia. Credo sarà una questione di vista molto generazionale, anche se non in senso inefficienti. Il strettamente anagrafico. Dopodiché in Pordenone Calcio questo momento secondo me dipende dà ottimi esempi più dai cittadini che dai politici. Quando al mondo delle cominceremo noi per primi a studiare, associazioni, non a spenderci per le cause a cui teniamo soltanto sportive. Degli eventi ho già alimentando il confronto con elementi oggettivi e verificabili, a rispettare detto: avrebbero l’intelligenza altrui, la politica non potrà un capitale di storie da raccontare che venirci dietro. E i giornali come usano la rete? al mondo, ma lo tengono chiuso nel In genere per un giornale è notizia quello che dentro la rete è marginale. cassetto. Ma il giornale tradizionale ha i giorni In campagna elettorale si era fatto un contati, e non tanto per i limiti della gran parlare di smart city, Pordenone carta: il suo modello non è più in città di google... Cosa è rimasto di grado di fare sintesi efficienti della questi progetti? complessità. Giornale, giornalismo e Tutto ciò di cui abbiamo parlato finora è l’essenza della smart city: in questa fase giornalisti hanno davanti un futuro straordinario, ma soltanto se riescono a storica la circolazione della conoscenza distaccarsi dalla lettura tipica dei mass è il fattore strategico più importante per media e sposano quella della rete. una città. È un processo che produce Un sogno nel cassetto? benefici nel tempo. Il ragionamento su Mi piacerebbe aggregare intorno Google va invertito: non è che siccome all’Arca di Naon un nucleo arriva Google allora Pordenone diventa multidisciplinare di hacker civici, una città smart. È Pordenone che, maker, attivisti, nerd, ricercatori, raggiungendo parametri di eccellenza cittadini uniti dal senso del tempo per qualità della vita e dotazione di e dalla vista lunga, per sperimentare servizi, diventa naturalmente capace di insieme e replicare nel nostro piccolo attrarre aziende innovative e prestigiose. laboratorio cittadino strumenti e Io non lo so se alla fine arriverà Google, pratiche digitali già utilizzati altrove. ma di certo mi piacerebbe vivere in una Credo ne risulterebbero scintille città che ha imparato ad affrontare e a sufficienti per aprire un nuovo ciclo di governare le sfide della nostra epoca. innovazione culturale, sociale e, perché Nella politica il web è entrato come no, economica. uno tsunami, se si pensa agli exploit

Anche il nostro giornale sta muovendo i suoi primi passi on line. Da qualche mese è attiva una pagina facebook (www.facebook.com/lacittapordenone) che ha raggiunto ad oggi i 323 fan. Ogni giorno rilanciamo notizie locali, curiosità, segnaliamo iniziative. E soprattutto ascoltiamo la voce dei nostri lettori. Stiamo anche lavorando sul nostro nuovo sito, che proporrà, oltre ad un archivio digitalizzato delle edizioni cartacee, anche contenuti esclusivi, creati ad hoc.

ANGIOLO D'ANDREA 1880-1942

LA RISCOPERTA DI UN MAESTRO TRA SIMBOLISMO E NOVECENTO Periodo di apertura: da METÀ APRILE a METÀ SETTEMBRE presso la Galleria d'arte moderna e contemporanea "A. Pizzinato" - Viale Dante 33, Pordenone

in collaborazione con la FONDAZIONE BRACCO L'iniziativa, con la quale la Galleria d'arte moderna e contemporanea aprirà la stagione espositiva 2014, sarà dedicata alla figura dell’artista friulano Angiolo D’Andrea (Rauscedo, Pordenone, 1880-1942). La mostra, già presentata a Milano, con l’intento di restituire attraverso un ricco percorso di opere, tra dipinti, disegni e decorazioni, il ritratto e l'opera di un artista poco conosciuto, sarà in questa occasione integrata da inediti, reperiti anche sul territorio.


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La Città

L’INIZIATIVA

Febbraio 2014

Continua con successo l’esperienza del workshop sulla comunicazione organizzato dall’Istituto

Don Bosco, un laboratorio di idee per la comunicazione

Il folto gruppo dei ragazzi che hanno preso parte al workshop organizzato al Don Bosco

di SABRINA DELLE FAVE

Idee a creatività appartengono ai giovani in maniera privilegiata. Quando un gruppo di ragazzi si attiva per dare corpo e voce ad un progetto, si libera energia positiva. Ne hanno dato prova gli studenti della Scuola Superiore don Bosco di Pordenone, impegnati lo scorso dicembre in una settimana di workshop all’insegna della creatività e del potenziamento delle proprie capacità e competenze. Il workshop, proposto ogni anno, è un’attività in forma di laboratorio che prevede di rispondere alla richiesta di un committente esterno alla scuola, il quale commissiona ai ragazzi un prodotto che ne interpreti le esigenze di comunicazione e promozione. Gli studenti delle classi quarte dei diversi indirizzi di studio, divisi in gruppi, sono stati dunque impegnati per una settimana nella progettazione di strumenti di comunicazione per due realtà del territorio pordenonese: il Museo Diocesano di Arte Sacra di Pordenone e l’associazione di volontariato L’ArcobalenoOnlus di Porcia, attiva da 20 anni nella tutela

di bambini in situazione di disagio familiare. La fantasia dei ragazzi ha dato vita ad una serie di prodotti di comunicazione che rispondessero alle esigenze di promozione dei due committenti: da una parte quella del Museo Diocesano di proporsi alla città utilizzando un linguaggio contemporaneo e rivolto in particolare ai giovani, dall’altra quella dell’Arcobaleno-Onlus di farsi conoscere ad un pubblico sempre più ampio ed eterogeneo. Gli studenti hanno così messo a frutto le loro risorse e competenze progettando video, brochure, gadget, siti internet per le due realtà committenti e mettendo in seria difficoltà la giuria nell’individuare il gruppo di lavoro vincitore. Sono emerse infatti idee davvero originali e innovative che, nel caso del Museo Diocesano, intendevano trasmettere il senso della bellezza che traspare attraverso l’arte per trasferirla nella vita quotidiana di ogni persona, mentre nel caso dell’Arcobaleno-Onlus veicolavano

un messaggio di speranza legato alle attività stesse dell’associazione, che tutela i bambini appartenenti a famiglie in situazione di disagio attraverso una Casa Famiglia ed un

Centro Diurno con sede a Porcia, ma soprattutto con la creazione di una rete sociale di aiuto in cui sono attivi volontari e famiglie di supporto e affidatarie.

LA PRO

“Per l’adunata degli alpini il Comune completi il restauro

Secondo il pordenonese Franco Serafini l’occasione è propizia per restituire la giusta sacr

C.so Vittorio Emanuele, 12 - Pordenone Tel. 0434-27070 APERTO TUTTI I GIORNI DAL MARTEDÌ AL SABATO in orario continuato e TUTTI I LUNEDÌ POMERIGGIO

’UNICA MPOSTO DA UN “L’AMORE È CO ISTOTELE) A DUE CORPI” (AR IT B A E H C A IM AN NERI. VESTILI FALCO

Quest’anno nel mese di maggio la città di Pordenone sarà “invasa” dalla grande adunata nazionale degli alpini e inizieranno anche le celebrazioni del centenario del primo conflitto mondiale. Avremo quindi due anni densi di cerimonie che si svolgeranno o si concluderanno sul piazzale Ellero, dove è posto il nostro monumento ai Caduti. Pertanto questo luogo dovrà presentarsi nel modo migliore. Potrebbe essere un’occasione unica e irripetibile per ripristinare le parti mancanti, di notevole valenza simbolica, rubate nel passato da dissacratori: la Vittoria Alata, riproducente la Venere di Samotracia, che era posta sopra quel globo tenuto con la mano destra dalla Patria elmata; ed il gladio impugnato da quel combattente posto alla sinistra del gruppo centrale che rappresenta il Piave. Devo però segnalare con molto rammarico che da anni si sta perdendo la memoria storica della sacralità di questo luogo. Come alcuni ricorderanno nel dicembre del 2005 su questo piazzale erano state poste una pista di pattinaggio e anche

delle bancarelle. Per questo utilizzo improprio il Messaggero Veneto, il 31 marzo del 2006, mi pubblicò un lungo articolo, in cui chiedevo più rispetto per l’area. Chiedevo anche di evitare colori “sgargianti” sulle tettoie dell’Atap e l’istallazione di strutture per le affissioni pubblicitarie che spesso propongono immagini non idonee. Messaggio evidentemente non recepito fino ad oggi: un colore arancio tipo Gardaland avvolge ancora le cabine per gli autobus. Non ci vorrebbe molto a circondare l’area con delle siepi sempreverdi di alloro che, con i lecci e i cipressi posti negli anni ’20, darebbero vita a una quinta verde, colore che nell’antico simbolismo rappresenta l’Eternità. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che si tratta pur sempre di un tempio a cielo aperto di cui il monumento ai Caduti è l’altare. Ma tant’é. Nel 2008 vennero installate lì perfino le latrine! Nel 2007 l’amministrazione Bolzonello comunicò l'impossibilità di ripristinare i particolari mancanti del monumento per il vincolo imposto dalla Soprintendenza, che le avrebbe permesse solo se fossero

Nelle foto si possono notare la statua che rappresenta il Piave, a cui è stato rubato il gladio, e la statua che rappresenta la Patria, a cui è stata tolta la Vittoria Alata che era posta sopra il globo da essa sorretto con la mano destra


La Città

EDITORIA

Febbraio 2014

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Come sempre di grande qualità la pubblicazione annuale del prestigioso sodalizio presieduto da Paolo Goi

Negli Atti dell’Accademia San Marco “spunta” il Pasolini che non ti aspetti La sezione “Letteratura” ospita, fra gli altri, un saggio di Maura Locantore destinato ad arricchire gli studi pasoliniani Dall’aprile 1987 l’”Accademia San Marco”, corrispondendo al volere dei fondatori, ha saputo riunire al proprio interno le personalità distintesi in ogni campo nel rappresentare la città. Sotto la guida di Paolo Goi, vicepresidente dal 1990 al ’97 e, da allora presidente, il sodalizio ha consolidato un ruolo centrale nel panorama culturale locale, regionale e nazionale. Ogni 25 aprile vengono scelte le personalità da inserire fra i soci giunti ad essere 132, di cui viventi 87. Scorrendone l’elenco si capisce perché farne parte è considerato un prestigioso riconoscimento in quanto la “San Marco” realizza momenti culturali e pubblicazioni d’alto livello, rinnovando così l’osmosi tra i soci ed il tessuto culturale cittadino. Una delle realizzazioni di maggior rilievo che sta imponendo l’immagine dell’Accademia a livello regionale e nazionale, è la pubblicazione annuale del ponderoso volume degli «Atti dell’Accademia», il cui comitato di redazione è composto da Pier Carlo Begotti, Giosuè Chiaradia, Luca Gianni, Paolo Goi, Gian Nereo Mazzocco e Gianni Perin con coordinamento editoriale da parte di Andrea Marcon. Il volume 2013, (ben 1007 pagine, fra testi ed appendice), segna il ragguardevole traguardo della 15^ edizione e propone un numero di prim’ordine. La fruibilità è assicurata dall’aver articolato le 986 pagine in 7 “aree tematiche”: Storia, Letteratura, Arte e Architettura, Economia, Scienze, Archivistica, Scienze Religiose e Filosofia. Tale scelta consente uno stimolante approccio sia tematico che interdisciplinare arricchito da altre due aree: “In memoriam”, ovvero ampie note biografiche su pordenonesi scomparsi, e “Atti dell’Accademia” con le “Cronache dell’Accademia”, rendiconto dell’attività svolta dal gennaio 2011 al giugno 2012, l’elenco dei soci e gli indici di tutti i volumi degli “Atti” pubblicati dal 1999, strumento, quest’ultimo, di lavoro bibliografico per studiosi delle varie discipline trattate. Arduo dar conto di tutti i saggi pubblicati: l’area storica si compone di sei saggi; quella letteraria di quattro; ancor più corposo il capitolo su Arte ed Architettura ospitante 10 testi; tre saggi coprono l’area scientifica; due ciascuno l’archivistica e le scienze religiose e filosofia mentre l’Economia ospita un unico saggio, a firma di Mario Robiony, il cui argomento “Debito e capitale fisso sociale nei

Comuni della Destra Tagliamento dall’annessione alla vigilia della prima guerra mondiale” ben si connette – a dimostrazione del metodo interdisciplinare cui si presta la lettura – con due saggi della sezione storica: quelli di Grabriella Cruciatti “Pietro di Montereale Mantica 1813. A servizio dell’Esercito italiano” e di Stefania Miotto “Un friulano nella Palermo post-unitaria. Gli anni siciliani di Emidio Chiaradia” oltre che con quello di Paolo Patres “Il «viaggietto» di Francesco di Manzano dal Friuli al Veneto nel dicembre 1834”, ospitato nella sezione “Letteratura”. Come medievista, naturalmente, mi ha colpito il contributo di Luca Gianni “Prima di Concordia. Gli anni emiliani del Vescovo Guidi Gozzi (137-1334)”, che potrebbe agevolmente intrecciarsi con i due testi di “Archivistica”: di Laura Pavan “Le Pergamene di S. Martino al Tagliamento conservate presso l’Archivio storico diocesano” e di Renzo Peressini “Di alcune pergamene

della Chiesa di S. Daniele di Colle Monaco”. La sezione “Letteratura” ospita, fra gli altri, una novità destinata, a mio parere, ad arricchire ricerca e dibattito: mi riferisco a “Tra imitazione, interpretazioni e mutamenti: scrittura e riscrittura nell’opera di Pier Paolo Pasolini” di Maura Locantore. La sezione “Arte ed Architettura” meriterebbe una recensione a se stante, tali e tante sono le suggestioni contenute dai dieci contributi offerti, ma la possibilità d’intreccio fra quest’area e quella storica, mi pare possibile dove Mario Buora svela ed analizza “Una mappa falsa di Aquileia e altre mappe settecentesche firmate Geyer nella Biblioteca Morava di Brno”; così come non sfigurerebbe la trasformazione in soggetto narrativo-cinematografico dell’indagine di Paolo Tommasella dedicata a “Vincenzo Puschiasis (1874-1941). Un lapicida e costruttore carnico in Moldavia”. Non ho, invece, competenza per affrontare l’area scientifica, anche se colpisce la descrizione del possibile futuro che ci attende disegnato da Roberto Siagri in “Le città intelligenti. Come i computer stanno cambiando in meglio il mondo attorno a noi”. Solo un cenno all’area filosofico-religiosa dato che una piccola incursione nel lavoro di Michele Marchetto “La fede e la ragione in Søren Kierkegaard e John Henry Newman” mi è stata possibile grazie all’essermi occupato proprio del rapporto tra fede e ragione pubblicando, nel 2004, la biografia di Anselmo d’Aosta. Chiudo con una notazione: di grande rilievo, come sempre, il testo di don Renato De Zan “I sogni e i viaggi secondo Sir 34,1-20. Esame della scrittura” (Sir = libro biblico del Siracide). Al biblista va il merito di proseguire l’impegno divulgativo dei contenuti biblici attraverso l’indagine linguistica ed etimologica, cui, tuttavia, sommessamente, suggerirei di non dare per scontato che tutti i lettori, pur desiderosi (come me) d’approfondire il tema, possano padroneggiare direttamente il greco senza averne a disposizione almeno un “glossario” traslitterato da apporre magari in “appendice” al testo. Un’opera di grande prestigio, quindi, che ulteriormente rafforza ruolo ed immagine dell’Accademia. Vincenzo Marigliano

del monumento ai Caduti ripristinando le parti mancanti”

studiocreta.it

OPOSTA Siamo presenti alla FIERA ORTOGIARDINO al Padiglione 5

ralità a quel tempio a cielo aperto che è il Parco della Rimembranza di piazzale Ellero dei pannelli didattici lungo il perimetro del Parco della stati recuperati i disegni originali. Nell’intento di soddisfare Rimembranza per far meglio conoscere ai nostri cittadini anche questa richiesta ho ricercato per molto tempo e invano la storia di questo luogo ed il significato simbolico che c’è il progetto originario di Aurelio Mistruzzi in vari luoghi. Per dietro a questo gruppo scultoreo. Si dovrebbero anche aprire non lasciare nulla di intentato ho chiesto aiuto anche a una pronipote dello scultore, Sandra Mistruzzi, che è qui residente, le condotte (oggi chiuse) per far fluire l’acqua dalle bocche delle due anfore poste accanto ai due combattenti posti alla ma i bozzetti non furono mai trovati. Senza dubbio devono essere stati consegnati al nostro Comune dall’artista negli anni destra e alla sinistra del gruppo centrale, che rappresentano le acque dei fiumi Isonzo e Piave, sacri alla ’20 a corredo della sua splendida opera. Patria. Se qualcuno sa dove sono si faccia vivo. Si sappia che il monumento ai Caduti Riflettendo però sulla condizione posta di Pordenone, per bellezza, simbolismo dalla Soprintendenza si può obiettare di rappresentazione e vigoria di che questi particolari possono essere movimento è unico nel suo genere, facilmente ricostruiti con elevata sia nel Friuli che nel vicino Veneto; precisione elaborando con programmi esso rappresenta uno dei più alti saggi computerizzati le fotografie esistenti. della bronzistica italiana del '900 e Perciò il problema potrebbe essere pertanto mi auguro che la proposta superato se ci fosse veramente la volontà nuovamente fatta di ricollocare le parti di completare il restauro fatto nel 2006, mancanti possa ora trovare finalmente sapendo che ci sono degli studi tecnici a 23 aprile 1929, il podestà di Pordenone conte Arturo Cattaneo conduce una soluzione per l’approssimarsi delle Pordenone e modellisti che potrebbero Martedì Umberto I principe di Piemonte e Italo Balbo all’interno del cortile delle scuole Gabelli, allora intitolate a Vittorio Emanuele III, per l’inaugurazione del manifestazioni del 2014 e 2015. realizzarli gratuitamente. monumento ai Caduti Franco Serafini Inoltre, sarebbe opportuno istallare

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La Città

GUSTO

SOTTO LA LENTE

Le Troi Chef, un catering pane, amore e fantasia Niente avviene per caso. Ne è convinto Walter Rossi, 52 anni, pordenonese doc titolare assieme alla moglie Cristina dell’azienda di catering Le Troi Chef. Quando andarono ad abitare proprio sopra al negozietto di alimentari, che avrebbe voluto rilevare il padre, non ci pensarono due volte ad acquistarlo pur non avendo esperienze nel settore. Era il 1989. Con passione e creatività sono cresciuti, spostandosi prima in centro e poi dedicandosi esclusivamente al catering. Da allora di strada ne hanno fatta e ancora ne vogliono fare, sempre con il sorriso. Con loro collaborano il figlio Luca, un direttore della logistica e uno chef, ma per eventi importanti arrivano a coinvolgere oltre 50 persone. “Il nostro – spiegano Walter e Cristina – è un laboratorio dove ciascuno mette la sua idea. Noi investiamo molto nelle persone e nella nostra squadra. Nel periodo invernale, quando c’è meno lavoro, facciamo dei corsi, sia per aggiornarci, sia per crescere assieme. A breve faremo un corso di inglese, mentre nostro figlio Luca ha preso 4 mesi di aspettativa per fare esperienza come cameriere a Londra. Grazie al nostro sguardo aperto a 360° e alla nostra costante ricerca e disponibilità nei confronti dei clienti, siamo un’azienda in crescita, ma siamo aperti anche a nuove

forme di collaborazione, anche al baratto, per esempio, sedie in cambio di un catering.” Chi sono i vostri clienti? “Aziende, fiere, matrimoni, ora ne facciamo diversi anche di coppie straniere a Venezia, andremo a Milano per Fuori Salone, come siamo stati all’estero in occasione di fiere. Il nostro bacino di utenza si sta allargando anche al Veneto. Saremo presenti anche al raduno degli Alpini, dove ci occuperemo del catering per le più alte autorità civili e militari. Coinvolgeremo, come siamo soliti fare, anche gli studenti del Flora, perché crediamo nei giovani, ci piace creare sorrisi nuovi”. Quali sono le novità di quest’anno? “L’ambientazione country chic, con tavoli di legno, il piatto Querini, che valorizza i nostri piatti tradizionali con fantasia e la colazione, ordinabile su facebook, per farsi una coccola o fare una piccola sorpresa”. Una vostra peculiarità? “Far preparare la torta agli sposi davanti agli invitati, perché noi lavoriamo con le emozioni e le sensazioni”. C.D.

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AMARA PIACE

Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone

di MARA DEL PUPPO

Pizza gourmet, dal disco di pasta musica nuova per i palati fini Si afferma una nuova tendenza: la pizza a lievitazione naturale, con materie prime selezionate e farciture ricercate con cui lo chef-pizzaiolo esprime tutta la sua creatività. Non sono molti i posti dove degustare una vera pizza gourmet: in provincia di Pordenone è a Tamai di Brugnera

Le sfiziose creazioni di Simone Padoan

Il mondo della ristorazione negli ultimi anni ha subìto una costante evoluzione. I bistrot hanno affiancato o sostituito i ristoranti più pretenziosi, sono numerosi gli stellati che hanno aperto una versione più easy, economicamente più accessibile e meno impegnativa. Sono sbarcate le hamburgerie di qualità, che hanno rivoluzionato il concetto stesso di panino, arricchendolo di ingredienti scelti e ricercati, con un servizio degno di un vero ristorante. Come non notare poi il nuovo trend delle pizzerie. Ha colpito soprattutto il nord Italia, in contrapposizione con il concetto più tradizionale della pizza napoletana, che un po’ si è sentita sfidata… Vale la pena approfondire la questione, se persino il Gambero Rosso – per sedare le polemiche tra le diverse scuole - ha redatto una Guida in cui ha voluto distinguere tre diverse tipologie di pizza: all’italiana, napoletana e gourmet. Proprio quest’ultima è la protagonista indiscussa del nuovo fermento che sta caratterizzando il mondo della pizza. Ma cos’ è una pizza gourmet? Questa la definizione che ne dà la Guida Pizzerie d’Italia del Gambero Rosso: “Impasti a lievitazione naturale, materie prime selezionate. Lo squisito disco di pasta diventa la base perfetta da condire con gli abbinamenti più insoliti, spesso cucinati come dei veri e propri piatti d’alta cucina”. La pasta come una tela su cui il pizzaiolo esprime tutta la sua creatività. Non pizza come “piatto povero”, ma una portata dove competenza, maestria e ricerca sono espressi ai massimi livelli. Dove nasce questo nuovo concetto di pizza? Il suo interprete più noto è Simone Padoan, che presso “I Tigli” a San Bonifacio (Verona) è balzato agli onori della cronaca gastronomica per le farciture inusuali, sulla base di quella che molti definiscono più una focaccia che una pizza. Qualche esempio: petto di piccione, cuori di carciofo ed emulsione di Campari o filetto di tonno e cipolla di Tropea. Ma anche qualche abbinamento più classico come prosciutto San Daniele e burrata, purchè di altissima qualità. Comuni denominatori: materie prime attentamente

selezionate e un impasto a base di farina macinata a pietra attivato da lievito madre che riposa a lungo, prima di essere infornato. Ma Simone Padoan, che ha il merito di aver reso famoso questo nuovo concetto di pizza, non è certo l’unico interprete di questa corrente. Come non citare Renato Bosco che nella sua “Saporè” a San Martino Buon Albergo (Verona) propone una degustazione di tre intriganti preparazioni: la pizza in teglia alla romana, “l’Aria di pane” e la pizza in pala; ugualmente perfette nelle loro differenze. E chi non ha mai sentito nominare Gabriele Bonci? Con il suo “Pizzarium” è diventato noto ben oltre i confini della capitale con il soprannome di “Michelangelo della pizza”. Un’evoluzione tanto importante poteva non toccare Pordenone? Certo che no. Anche a casa nostra, non molto lontano dal centro cittadino, potete gustare una pizza gourmet degna di nota. Dirigetevi verso Tamai di Brugnera, nel piccolo centro del paese sarà impossibile non notare la perfetta riproduzione di una casa sarda, il regno di Orlando Bortolami patron del “Mediterraneo”. Uno chef non un pizzaiolo, che ha coniugato un notevole talento nel gestire gli impasti con la maestria e l’esperienza acquisita nelle cucine di importanti ristoranti italiani, per mettere a punto una pizza a regola d’arte. Anzi tre. Tre diversi impasti che costituiscono la base dove sperimentare farciture realizzate con materie prime d’eccellenza: la “spianata”, bassa e croccante a base di farina di grano tenero e lievito madre; la “nuvoletta”, in cui la lieve acidità del lievito madre si sposa con l’aroma delle farine di grani antichi macinati a pietra; e infine la “sofficiosa”, alta e impalpabile, è frutto di un impasto di grano duro lievitato con la biga. Gli ingredienti utilizzati per le farciture sono frutto del lavoro di piccoli produttori, selezionati con attenzione dalla Slovenia alla Sicilia e sapientemente abbinati per ottenere un perfetto equilibrio di sapori: pancetta cotta a legna dell’Alto Adige, origano di Pantelleria, formaggio di grotta del Carso (jamar), solo per citarne alcuni. Il risultato è una pizza che non ha nulla da invidiare ai più noti interpreti di questo popolare movimento. Quindi cosa aspettate? Gourmet unitevi… la pizza è in tavola!


La Città

PORDENONE FIERE

Febbraio 2014

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Il difficile momento dell’economia visto dalla Fiera di Pordenone: ne parla il presidente Alvaro Cardin

“Ritengo sia giusto e doveroso l’intervento della Regione almeno per tre eventi, di particolare importanza per la valorizzazione del territorio, quali Happy Business to you, Cucinare e Ortogiardino. Le ricadute economiche di questi eventi sul territorio sono certificate” di CLELIA DELPONTE

Alla domanda come sta la Fiera il presidente Alvaro Cardin risponde senza esitazioni. “Sta sostanzialmente bene. L'attività del 2014 è partita molto bene, le prime manifestazioni dell'anno (Pordenone Antiquaria e soprattutto Samumetal) hanno dato risultati al di sopra delle aspettattive sia sul fronte degli espositori che dei visitatori. Questo significa che il nostro corebusiness è sano è forte tale da metterci al riparo da eventuali difficoltà del momento. Dopo un periodo drammatico acuito dalla crisi generale e culminato con il 2013 durante il quale il mancato svolgimento di una manifestazione importante come Samulegno ha penalizzato fortemente il nostro bilancio, ora possiamo guardare al futuro con maggior serenità confortati anche dalle nostre ottime strutture fieristiche: 9 capannoni progettati nel tempo in funzione delle attività con coerenza funzionale ed estetica. E per quanto riguarda il sostegno da parte del pubblico? "Negli ultimi anni abbiamo dovuto fare praticamente da soli, ad eccezione di alcuni interventi della Provincia e della Camera di Commercio su eventi specifici. Sono venuti progressivamente meno anche le sponsorizzazioni delle banche, ad eccezione del sostegno di Fondazione Crup per alcune iniziative e di FriulAdria partner progettuale di Cucinare. Ritengo sia giusto e doveroso l’intervento della Regione almeno per tre eventi, di particolare importanza per la valorizzazione del territorio, quali Happy Business to You, Cucinare e Ortogiardino. Negli ultimi 5 anni la Regione è stata di fatto assente giustificando tale atteggiamento con l'invito ad unificare le fiere, mentre non ha mancato di offrire supporti

anche indiretti ad altre attività fieristiche. Siamo fiduciosi che la nuova amministrazione regionale riequilibrerà i rapporti dando a Pordenone i giusti supporti, tanto più che questi in alcuni casi andrebbero a sostenere ambiti industriali in crisi, come nel caso di Happy Business to You per il mobile”. La Fiera supporta l’economia locale, dunque supportare la Fiera significa sostenere anche l’economia locale, giusto? “Assolutamente sì. Alla ricaduta economica sull’indotto (ricezione, ristorazione, commercio, intrattenimento, fornitura di beni e servizi alla Fiera stessa e ai suoi espositori) in particolare di fiere come Sicam, Ortogiardino, Coiltech, Samumetal/Legno/Plast e Country Christmas, va dato il giusto peso. Studi della Bocconi e della Fiera di Monaco hanno elaborato una formula per quantificare questo valore: ogni euro investito in Fiera ne genera sei sul territorio su cui ha sede la struttura fieristica. Considerando le manifestazioni di Pordenone Fiere (tra B2B e B2C) l'indotto generato dall'ente fieristico per il territorio di Pordenone va dai 27 ai 52 milioni di euro l'anno a seconda del calendario. Facendo un esempio specifico Happy Business to You essendo un B2B internazionale con servizi innovativi (comprati sul territorio) ha

un indotto tra i 6 e gli 8 milioni di euro. Ma attenzione il vero ritorno di un evento fieristico è più alto perchè non si limita solo alla città di Pordenone, ma si estende anche a tutta la regione Friuli Venezia Giulia e parte del Veneto, coinvolti nella ricettività e nei servizi collegati alla manifestazione e ai suoi espositori e visitatori". Come si prospetta il 2014? “Da Samumethal abbiamo avuto segnali molto positivi e anche Ortogiardino promette bene. Considerato poi il confronto con altre realtà fieristiche italiane, abbiamo buone prospettive. Dopo la prima positiva esperienza nel 2013 a Toronto, dove abbiamo portato 20 aziende, quest’anno potenzieremo ancor più l’internazionalizzazione. Dal Medio Oriente all’Asia ci sono manifestazioni di interesse per Happy Business to You e Cucinare. I dirigenti commerciali e l’amministrazione si stanno impegnando moltissimo in questo ambito. Dopo tanti dibattiti abbiamo deciso anche di non riproporre più la Campionaria, nella sua formula tradizionale ormai superata dai tempi, ma ci auguriamo di poterla sostituire con un evento realizzato in collaborazione con l’Unione Artigiani sempre a settembre, con lo spirito di un rinnovamento, ma senza rinnegare il passato. Casa e Dintorni è stata invece collocata nel mese di aprile, mentre Happy Businnes to You è stata spostata a settembre in modo da poter sfruttare la concomitante Biennale di Venezia e non essere troppo vicina al Salone del Mobile di Milano che ad Aprile catalizza l'attenzione del settore a livello mondiale. Assoluta novità di quest’anno sarà Drone Tech a dicembre, evento dedicato alle tecnologie, alle applicazioni e allo sviluppo di questo aeromobile a pilotaggio remoto: è un ambito nuovo che può aprire nuove prospettive”.

L’ANNIVERSARIO

BATTISTELLA, mezzo secolo tra i fiori Dici Battistella e senti subito profumo di fiori. D’altronde non potrebbe essere che così, per un negozio che da 50 vende fiori e piante, con le radici ben piantate a Torre, in via Piave (e un unico numero di telefono per casa e bottega, il 40120 che i clienti sanno a memoria) ma il cervello sempre aperto a cogliere stimoli, studiare ed essere al passo con i tempi. Fu Giuseppe, il capostipite oggi settantatreenne, ad aprire l’attività nel 1963. A dire la verità quando, dodicenne, si trattò di scegliere la bottega dove andare garzone, lui era più attratto dalla ferramenta, ma vuoi per le insistenze di un amico, vuoi per l’influenza dei genitori alla fine la scelta cadde sulla fioreria Pasini di Corso Garibaldi. Tornato dal militare avendo disponibilità di uno stabile, Giuseppe non ci pensò due volte e aprì la propria attività. Nel 1971 sposò, galeotta fu una consegna, Luciana Spadotto che lo affiancò in negozio e poi vennero i figli, Rita e Carlo, cresciuti tra i fiori ed entrati in azienda sin da giovanissimi, non senza aver intrapreso studi specifici. Anche il marito di Rita si è dovuto arrendere all’irresistibile fascino di questo mestiere e così è nato il punto vendita di viale Grigoletti, Barberi Battistella. Ma ogni rosa ha anche le sue spine e accanto alle soddisfazioni (tra cui quella di ampliare nel tempo il negozio 4 volte fino ad arrivare ai 200mq espositivi più i 320mq di serra e creare uno staff di 8 dipendenti), ci sono anche tanti sacrifici. “Nel nostro mestiere - spiegano - non si guarda l’orario”. Cos’è cambiato negli anni? “Una volta i fiori arrivavano da Sanremo o dalla Toscana, c’era quantità, ma poca varietà. Oggi arrivano dall’Olanda, che fa da centro di smistamento per tutto

il mondo (Kenya, Equador...). Oggi ci sono qualità e varietà, ma non quantità. Un tempo si vendeva e basta, oggi la preparazione e la trasformazione sono fondamentali”. Quali sono i lavori più particolari che avete fatto? “Per seguire un matrimonio molto importante a Pordenone abbiamo lavorato in 12 per 10 giorni: il nostro deve essere un lavoro di squadra perché il materiale è deperibile. Per il matrimonio di una coppia russa al castello di Duino abbiamo realizzato il supporto per la torta nuziale, collocata su una passerella creata ad hoc sulla piscina: una struttura a petali molto scenografica larga 8m e alta 2. Di recente abbiamo realizzato gli addobbi per la visita di Putin a Trieste. Per addobbi importanti Rita e Carlo vengono chiamati anche come free lance in tutto il nord Italia”. In che cosa vi distinguete? “Nell’attenzione al cliente (abbiamo un angolino in disparte con uno scrittoio dove poter scrivere indisturbati i bigliettini), ai dettagli (abbiamo creato delle borsette di plastica quadrate, un packaging bello e pratico) e nella ricerca. Come oggettistica proponiamo profumazioni per la casa e materiali innovativi. Uno dei nostri punti di riferimento è Georg Lersch, uno dei migliori docenti di arte floreale sulla scena mondiale: ha uno stile naturale e mescola materiali insoliti”. Un aneddoto curioso? “Diversi anni fa un signore ordinò 2 composizioni floreali, una per la moglie e una per l’amante, ma per sbaglio scambiò i bigliettini...” La vostra miglior propaganda? “Puntualità, serietà, prodotto fresco”. Clelia Delponte

Foto Marcello Anzil

La Fiera batte cassa in Regione Cardin: “Doveroso un riequilibrio” ZO R A L 9 M era A 1 ’ v L DAL a di prima no Vogli rtogiardi con O La 35^ edizione di Ortogiardino, salone della floricoltura, orticoltura e vivaismo in programma alla Fiera di Pordenone dal 1 al 9 marzo 2014 si presenta con i numeri giusti per essere un’edizione da record: 30.000 mq di area espositiva fitta di stand, 300 espositori presenti (in crescita rispetto allo scorso anno con ancora più giardini e floricoltori), con tutto quello che serve per rinnovare terrazzi e giardini. Gli appassionati di shopping verde troveranno vivai, floricoltori, rivenditori di bulbi e sementi, concimi, attrezzature per il giardinaggio e mobili per esterni. Per chi è alla ricerca di idee per rinnovare il proprio giardino, la 3^ edizione del Festival dei Giardini non mancherà di offrire stimoli e suggerimenti. Il tema di quest’anno sarà "Luce ed ombra in giardino". Ricca anche la proposta degli eventi collaterali: Giardino delle Meraviglie (mostra di arredi e decori per giardini e terrazzi) il cui tema sarà riciclare oggetti quotidiani e trasformarli in Green Decor; Pordenone Orchidea dove si potranno trovare le specie più rare provenienti dalle collezioni private di appassionati coltivatori, ma anche i giusti consigli degli esperti. In un'area esterna di circa 10.000 mq verrà dato spazio a camper e caravanning con la Fiera Verde Blu, mostra mercato dedicata agli appassionati della vacanza en plein air. Appuntamento con Ortogiardino alla Fiera di Pordenone dal 1 al 9 marzo 2014. Orari: sabato e domenica dalle 9.30 alle 19.30, feriali dalle 14.30 alle 19.30, www.ortogiardinopordenone.it

50 anni

Viale Martelli ,4 - Pordenone Tel. 0434.27019


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Febbraio 2014

La Città

PORDENONELEGGE TUTTOLANNO

La festa del libro con gli autori guarda già all’edizione numero 15 in programma dal 17 al 21 settembre 2014

Pordenonelegge

LO SPIGOLO

Cultura e contributi

pronta a ripartire insieme alla sua città

di NICO NANNI

Con la nuova Fondazione diretta da Michela Zin l’evento si consolida e rafforza ulteriormente il legame con il territorio. Iniziative lungo tutto l’arco dell’anno Un anno si è da poco concluso, un anno complesso, che vede anche il nostro territorio attraversato dall’ombra scura della crisi, da grandi cambiamenti e difficoltà, dalla necessità di ripartire. In un tempo così complicato, nonostante un clima generale di negatività e legittima preoccupazione, pordenonelegge ha saputo ritrovare la sua magia. L’ultima edizione ha raccontato infatti qualcosa di miracoloso. Aldilà dei numeri – straordinari per presenze, per partecipazione sul web, per fruizione di servizi e accoglienza –, della quantità e qualità degli autori e degli eventi, pordenonelegge ha dimostrato ancora una volta come un territorio, raccogliendosi intorno ad una sua “creatura”, sentendola davvero “sua”, sostenendola e collaborando con entusiasmo, possa ottenere grandi risultati, addirittura insperati in un momento come quello che stiamo attraversando. E la magia si è realizzata grazie ad un grande programma di incontri, ma anche e soprattutto grazie a una città che ha voluto condividere la festa, grazie a tutti gli Amici di pordenonelegge, ai Partner, agli enti e alle associazioni che si sono raccolti intorno a un momento così importante per il nostro territorio, trasformando davvero le difficoltà in opportunità. Una magia che ha letteralmente conquistato il pubblico arrivato in città anche da lontano, che si è sparsa tra le vie del centro, tra

i tavoli dei bar e dei ristoranti, nelle librerie, nei palazzi e nelle piazze, rendendo ancora più speciale l’incontro tra chi scrive e chi legge. Per non perderla, quella magia, per condividerla ancora, per ritrovarla anche nella prossima edizione del festival – la XV, che si svolgerà dal 17 al 21 settembre - pordenonelegge non si è mai fermata. E così, come aveva promesso il il Presidente Giovanni Pavan in chiusura dell’ultima edizione, è stata resa operativa a tutti gli effetti la Fondazione pordenonelegge. Tre dipendenti (tutte ex ConCentro), una sede unica (che riunisce segreteria organizzativa e curatori, in via del Castello 4/a) e un Direttore, che il Consiglio di Amministrazione ha

individuato in Michela Zin, fin dalla prima edizione del 2000 responsabile organizzativo della manifestazione. «Ora – ha evidenziato il Presidente dell’Ente camerale e della Fondazione pordenonelegge.it Giovanni Pavan – siamo a tutti gli effetti pronti per metterci a disposizione del territorio, pensando anzitutto alla quindicesima edizione del Festival ma anche a proporre ulteriori percorsi culturali, formativi e di valorizzazione da realizzare durante l’anno». E con l’avvio della Fondazione, l’avvio di nuovi progetti e collaborazioni: tra gli altri, il compimento del primo Censimento della poesia italiana under 40, che

raccoglie e censisce nel sito web di pordenonelegge ben 272 poeti tra i 20 e i 40 anni, rappresentando un inedito e straordinario punto di riferimento per una mappatura della giovane poesia italiana. E poi la partenza, il 1° febbraio, della V edizione della Scuola di Scrittura pordenonescrive curata da Gian Mario Villalta e Alberto Garlini, e con ospiti di eccezione come Emilio Rigatti, Ibrahim Kane Annour, Pietro Spirito e Angelo Floramo - che dedica quest’anno uno sguardo più attento alla scrittura della memoria e alla narrazione di sé. Infine la partecipazione di pordenonelegge all’incontro promosso a Roma dal Centro per il libro e la lettura - alla presenza Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, Massimo Bray - nato con l’obiettivo di rafforzare la rete delle “Città del Libro”, creando un sistema di relazioni costanti (anche con un portale dedicato), nella prospettiva di un’ottimizzazione di risorse e opportunità, anche di respiro internazionale. Impegno ed energie positive che pordenonelegge mette in circolo, per ricominciare un nuovo anno con la speranza, con la volontà e la convinzione forte di poter realizzare ancora grandi cose insieme. A cura di pordenonelegge.it

A parole tutti vogliono riforme e opere pubbliche, nel concreto, poi, nessuno vuole vedere intaccati i propri benefici o il proprio territorio. Puntualmente una situazione del genere sta avvenendo anche alle nostre latitudini per quanto riguarda i contributi regionali ai soggetti che “fanno cultura”. Dopo anni di attesa di una nuova legge regionale in materia in sostituzione della vecchia 68 del 1981 (ottima legge ma che ormai ha fatto il suo tempo) e dopo che sono state tentate varie strade senza però mai arrivare a una conclusione, l’attuale Giunta regionale ne ha imboccata una che dovrebbe finalmente portare entro l’anno alla tanto sospirata riforma normativa. Fin qui tutto bene. Solo che intanto sono state tagliate drasticamente le “tabelle” che contenevano nomi e cognomi dei beneficiari dei contributi, nel tempo divenute pletoriche, troppo spesso per volontà politica e non per effettivi meriti. In via provvisoria e in attesa della nuova legge, la scelta del governo regionale è stata quella di mantenere a finanziamento diretto i teatri e le manifestazioni di grosso e collaudato richiamo (anche turistico), rinviando tutti gli altri ai “bandi” che verranno emessi nei prossimi mesi. L’obiettivo finale dovrebbe essere quello di una normativa nuova che metta ordine al tutto e dia certezza a chi opera in cultura. Un settore che quest’anno, dopo anni di tagli indiscriminati, può contare su un piccolo ma significativo incremento di risorse a disposizione. Tutti contenti? Nemmeno per sogno: chi è rimasto in “tabella” viene visto dagli esclusi come un privilegiato perché “la mia iniziativa è più importante della tua”; e gli esclusi – anziché concentrarsi sui prossimi bandi e cercare di presentarsi al meglio – hanno pensato di costituirsi in “sindacato di categoria” chiedendo alla Regione addirittura la “revisione” della legge finanziaria. Sia chiaro: i problemi e i disagi sicuramente esistono, specie per quegli organismi che operano nella prima metà dell’anno e che vedono a rischio la propria continuità. Ma da qui a dichiarare guerra ce ne passa. Non sarebbe allora meglio una posizione costruttiva, magari iniziando a fare ordine anche all’interno del mondo culturale, dove ci sarebbe molto da rivedere e forse anche qualcosa da tagliare?

CONCORSO EUROPA E GIOVANI 2014

Ragazzi, ditelo con un video rap! L’Istituto Regionale di Studi Europei del Friuli Venezia Giulia (IRSE) bandisce il concorso “Europa e giovani 2014”. Possono parteciparvi studenti di Università e Scuole di ogni ordine e grado di tutte le regioni italiane e dell’Unione Europea. Nella categoria “Università” possono partecipare universitari, neolaureati e in generale chi non ha compiuto 27 anni al giorno della scadenza del concorso. Si dovrà presentare un elaborato di massimo 20.000 caratteri, spazi inclusi; l’invio di una sintesi scritta e di un video di introduzione al progetto sono considerati un valore aggiunto. Le tracce sono sette: Act, react, impact; Agroalimentare e sprechi; Libertà e disuguaglianze; Artigianato e innovazione; Economia collaborativa; Voyage en Italie; Dedica a Tahar Ben Jelloun. I migliori temi in ognuna di queste riceveranno un premio di 500 euro ciascuno. La categoria Scuole secondarie di secondo grado è riservata agli studenti delle superiori, che possono partecipare individualmente o in coppia. Le tracce per questa categoria sono quattro: Bisogni fasulli; Dal fiorino all’euro; Digital divide; CV europeo. Sarò

avvantaggiato chi invierà, oltre all’elaborato, una sintesi e un video di presentazione. In palio ci sono premi da 300 e 200 euro, oltre all’iscrizione a settimane europeistiche e a materiale vario per l’apprendimento delle lingue straniere. Per le scuole secondarie di primo grado e le scuole primarie premi fino a 300 euro oltre a libri, dvd e materiale per l’apprendimento delle lingue. Lo svolgimento potrà essere di classe, di gruppo o individuale sulle due tracce “28 Plus” (per far conoscere i 28 Paesi della Ue attraverso un testo cantabile creato ad hoc e abbinato ad un video rap) e “Agisci, reagisci, decidi”, ovvero lo slogan delle prossime elezioni europee (promuovere il tragitto verso la scuola senz’auto attraverso un convincente video spot pubblicitario o un fumetto o un rap). Ogni concorrente o gruppo di concorrenti può partecipare con un solo lavoro. I lavori dovranno pervenire (in duplice copia per gli scritti e singola per le video presentazioni) presso la sede dell’IRSE entro e non oltre il 22 marzo 2014. Premiazione: domenica 25 maggio 2014. Info: www.centroculturapordenone.it


La Città

TEATRO

Febbraio 2014

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Riscuote successo il progetto sostenuto da Fondazione Crup che stimola l’interesse dei giovani per la lirica

“Opera domani”, il Teatro semina la passione per la lirica Oltre 200 insegnanti di tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado della città e della provincia hanno preso parte in gennaio alla prima tappa dell’edizione 2014 di “Opera domani”

Continua a mietere consensi e partecipazione crescente il progetto “educational”, declinato in varie proposte, attraverso le quali il Teatro Verdi di Pordenone, con il sostegno della Fondazione Crup, stimola l’interesse dei bambini e dei ragazzi nei confronti dell’opera lirica. Oltre 200 insegnanti, in arrivo da tutte le scuole primarie e secondarie di primo grado della città e della provincia hanno preso parte, in teatro, a gennaio, alla prima tappa dell’edizione 2014 di “Opera domani”, l’iniziativa più collaudata, che culminerà nelle recite di Aida di Giuseppe Verdi, in scena il 24, 25, 26 e 27 marzo prossimi e alle quali parteciperanno attivamente ben 4.700 bambini e ragazzi. In vista delle otto repliche, i docenti hanno appreso utili suggerimenti per introdurre l’opera in classe, provato le arie dell’Aida da preparare per lo spettacolo e si sono confrontati sulle strategie didattiche per insegnarle agli alunni. E così, quando assisteranno alla messa in scena dell’opera, i giovani studenti saranno anche in grado di cantare alcune pagine, dopo aver studiato e smontato in classe il mondo misterioso e affascinante della lirica. Non meno entusiasmante si presenta la sesta edizione di “Opera Kids”: alle otto recite in programma dal 24 al 26 febbraio prenderanno parte mille bambini delle scuole dell’infanzia di Pordenone e provincia. In questo caso, una delle protagoniste dell’allestimento incontrerà insegnanti e piccoli nelle scuole e insegnerà loro alcune arie della faraonica Aida, riadattata per un pubblico di giovanissimi spettatori, chiamati ad immergersi nell’atmosfera avventurosa dell’Antico Egitto. La storia di passione e guerra raccontata nell’opera verdiana resta il punto di partenza per una rilettura che ha per protagonista Celeste Aida, una principessa sfortunata con il pallino per il canto e si concentra sui temi quali l’amicizia e il rispetto dell’altro, sottolineando con forza il

L’EVENTO

“Dedica 2014” a Tahar Ben Jelloun A Pordenone, dall’8 al 22 marzo, ventesima edizione di Dedica. Protagonista il celebre scrittore franco-marocchino. Momento clou giovedì 13 marzo al Teatro Verdi Sarà lo scrittore franco-marocchino Tahar Ben Jelloun, autore fra i più celebri nel panorama letterario mondiale, romanziere tradotto in più di 25 lingue, poeta e giornalista, il protagonista della 20/ma edizione di “Dedica”, che si terrà a Pordenone dall’8 al 22 marzo prossimi, secondo un programma che sarà presentato a giorni. Chiediamo a Gianfranco Verziagi, presidente di “Thesis”, l’associazione che organizza il festival, il perché di questa scelta. «I protagonisti del festival (che, lo ricordo, è curato dalla prof. Anna Maria Manfredelli) sono sempre grandi personalità della cultura e sono scelti innanzitutto per il valore letterario della loro opera. Ma nella scelta possono entrare in gioco anche altri valori, oggi più che mai importanti: ad esempio il fatto che un autore rappresenti l’incontro e il confronto tra culture e che esprima quindi una concezione aperta dell’identità, individuale o nazionale che sia. Ben Jelloun incarna perfettamente tutto questo. La sua produzione tocca sia la dimensione intima dell’uomo sia temi di viva attualità, come la lacerazione vissuta da chi abbandona il suo mondo d’origine, la ricerca dell’identità e della dignità, la corruzione, il razzismo, l’integralismo islamico. Inoltre la sua vicenda personale (nato e cresciuto in Marocco e poi trasferito a Parigi) lo ha portato a vivere tra due culture:

di qui viene la contaminazione fra la tradizione araba e quella europea e soprattutto la sua visione aperta sul mondo, la sua capacità di vedere i problemi del nostro tempo in un’ottica non unilaterale, ma da un duplice punto di vista». Come si pone “Dedica” nel panorama culturale pordenonese? «Il festival viene progettato secondo criteri che gli consentono di distinguersi nel panorama culturale italiano e di essere per Pordenone e per l’intera regione veicolo di promozione attraverso la cultura. Ancora una volta, quindi, Dedica propone un percorso di conoscenza e approfondimento dell’autore, della sua opera e del suo mondo, spaziando fra libri, conferenze, teatro, cinema, musica. Al protagonista si affiancheranno personaggi di spessore internazionale, espressioni delle diverse declinazioni artistiche che comporranno il mosaico di eventi». Può segnalare un punto particolare del programma? «Direi che nella sua ricchezza e varietà, il programma vivrà un momento particolarmente alto la sera di giovedì 13 marzo (ore 20.45), quando nel Teatro Comunale Tahar Ben Jelloun con Antonella Fiori presenterà il suo ultimo libro: L’ablazione edito da Bompiani, nel quale affiora l’aspetto più intimistico dell’autore». N.Na.

rifiuto della guerra e di ogni forma di odio e intolleranza. I bambini saranno protagonisti di un viaggio avventuroso attraverso un mondo popolato da principesse cattive, affascinanti eroi, padri cocciuti, scarabei magici e mummie spaventose, alla scoperta di un mondo esotico e lontano nel tempo e nello spazio, guidati dalla grande musica di Giuseppe Verdi. I progetti “Opera domani” e “Opera Kids” sono organizzati in collaborazione con As.Li.Co, la realtà nazionale lirico concertistica italiana e coinvolgono le maggiori città italiane.

La Città Periodico di informazione e opinione della città di Pordenone Tiratura 7.000 copie

HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:

Sergio Bolzonello, Alberto Cassini, Davide Coral, Sabrina Delle Fave, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, Franco Giannelli, Piergiorgio Grizzo, Vincenzo Marigliano, Nico Nanni, Giuseppe Pedicini, Giuseppe Ragogna, Antonino Scaini, Franco Serafini, Giorgio Simonetti

PROGETTO GRAFICO: EDITRICE: Francesca Salvalajo Associazione “La Voce”, Viale Trieste, 15 (2°piano) FOTO: archivio La Città, Gigi Cozzarin, Ferdi Terrazzani, Clelia Pordenone DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Mariuzzo

Ritrovare, da grandi, uno sguardo incantato. Giovedì 6, Venerdì 7 Marzo - ore 20.45

Arca Azzurra Teatro PINOCCHIO da Carlo Collodi

adattamento e regia Ugo Chiti

Delponte, Italo Paties, Luca D’Agostino, Marcello Anzil

Comune di Pordenone Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia Provincia di Pordenone

IMPIANTI STAMPA: Visual Studio Pordenone

Infoline 0434 247624

STAMPA: Tipografia Sartor PN

www.comunalegiuseppeverdi.it


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La Città

SOTTO LA LENTE

Febbraio 2014

L'impegno di Gea, la società che cura il verde pubblico a Pordenone, per la promozione della cultura ecologica

“Coltiviamo insieme il nostro Comune Fiorito” 10mila piante, una decina di parchi, 50 aiuole, 100 fioriere e 220 aree verdi: questo è il patrimonio verde amministrato da Gea. “Il Comune sta preparando il bando “Adotta un’aiuola” per coinvolgere aziende o privati”. “Non fate passeggiare il cane sulle aiuole perché l’urina brucia le piante”

Parco Galvani: prima e dopo la potatura

Cristina Comisini

Cambia la sede, provvisoriamente in via Molinari in attesa di quella definiva in via Savio che accorperà i 3 cantieri operativi (raccolta rifiuti, gestione del verde e spazzamento della città) agli uffici, ma non cambia la mission per Gea. Fiore all’occhiello della società, è il caso di dirlo, pur dovendo affrontare ingenti tagli alle risorse da poter mettere in

Da Gennaio la nuova sede di GEA è in Via Molinari, 43 a Pordenone

campo, rimane la cura del verde pubblico in tutti i suoi aspetti: sfalcio dei fossi, diserbo, cura delle siepi, allestimento e manutenzione di aiuole e fioriere, potature, monitoraggio e cura del patrimonio arboreo. In particolare quest’ultima ha un’importanza di primo piano, perché non riguarda solo la salute degli alberi, ma soprattutto la sicurezza di persone e mezzi, dato che molti alberi insistono su strade e in giardini pubblici. Il patrimonio arboreo cittadino è costituito da circa 10mila piante, che vengono monitorate a rotazione. Se gli anni scorsi sotto la lente sono finiti i viali alberati, quest’anno è la volta dei giardini pubblici e delle aree scolastiche. “Il monitoraggio – spiega Cristina Comisini, responsabile del verde all’interno di Gea – comincia con un’analisi visiva per appurare eventuali marciumi all’apparato radicale o ai grossi rami, poi nel caso si procede con prove strumentali con il tomografo, appoggiandoci a ditte specializzate. Poi precediamo con i tagli necessari, ma evitiamo la capitozzatura, un intervento drastico che rimuove i rami più grossi e abbassa l’altezza, perché compromette la salute dell’albero e può sbilanciare la pianta. Per sensibilizzare i cittadini a queste problematiche saremo presenti con uno stand alla sagra di san Valentino”. Grazie ad un lavoro costante, minuzioso e certosino sul territorio gli episodi di cadute di alberi a seguito di fortunali sono molto rari. Gli alberi rendono la città migliore, più bella e vivibile, ma ovviamente comportano anche piccoli disagi, come la caduta delle foglie, magari nel proprio giardino confinante. “Ai cittadini chiediamo comprensione e flessibilità – afferma Luca Mariotto AD Gea –. Noi

siamo convinti che un città bella e curata sia importante anche per coltivare il senso di appartenenza e di comunità, sviluppando il rispetto per i beni comuni. Avere aiuole fiorite non ha un costo particolarmente significativo, inoltre il Comune sta preparando il bando “Adotta un’aiuola”, per coinvolgere aziende o privati”. Su quanti operatori potete contare? “Abbiamo 12 operatori, cui si aggiungono personale stagionale e i borsisti dei servizi sociali. Per questo lavoro dipendiamo dalle stagioni e dalle condizioni metereologiche. Anche noi d’inverno, come una volta, ripariamo gli attrezzi e lavoriamo in serra, ad esempio preparando i rizomi delle canne. Il fatto di includere nelle nostre squadre i borsisti dei servizi sociali, spesso donne, ha un valore sociale e culturale, oltre che economico: forniamo loro una formazione, un valore aggiunto nel curriculum e li aiutiamo a sentirsi attivi e ad integrarsi nel tessuto sociale. Abbiamo una collaborazione anche con l’Opera Sacra Famiglia per l’inserimento di operatori disabili”. Da diversi anni Pordenone è un Comune Fiorito, cosa apprezzata apertamente con soli anche dal presidente Napolitano nel corso della sua ultima visita… “Nel 2008 – racconta Cristina

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Comisini - abbiamo aderito con entusiasmo al concorso regionale promosso da Valentino Filippin, che ha cambiato la nostra visione e il nostro modo di lavorare. Dagli accostamenti cromatici siamo passati alle aiuole tematiche. Quella tra il parcheggio Marcolin e il ponte sul Noncello su via Pola è ispirata a Pordenone come città d’acqua, con una barca che affiora dal terreno e la tipica vegetazione umida. Per realizzarla abbiamo anche raccolto alcune piante dalle rive del Noncello e dai fossi. La rotonda di Vallenoncello è invece dedicata all’autunno e alla vocazione agricola del territorio con zucche, pannocchie, canne e girasoli. La rotonda Paradiso in Comina è infine dedicata al paesaggio naturale delle grave, con un effetto naturale, ma in realtà creato a tavolino con sassi e cespugli”. Diamo qualche numero. “In totale abbiamo 220 aree verdi, tra cui una decina di parchi, una cinquantina di aiuole e un centinaio di fioriere. Aggiungiamo un appello: non fate passeggiare il cane sulle aiuole perché l’urina brucia le piante, che vengono ulteriormente danneggiate dalla raspatura, col risultato di sporcare anche il marciapiede”. Nota. Cristina Comisini è stata insignita dall’associazione San Gregorio con il Premio Genere femminile 2013, proprio per la passione e la creatività che infonde nel suo lavoro. Le sue aiuole fiorite hanno anche ispirato una poesia di Roberta Gozzoli. Clelia Delponte

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