La Città
LA CITTÀ • Numero Ottantuno • Dicembre 2015 • Registrazione presso il Tribunale di Pordenone, n. 493 del 22-11-2002 • Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCI PORDENONE • Copia in omaggio Direttore responsabile: Flavio Mariuzzo • Editore: Associazione La Voce • Sede: Pordenone, Viale Trieste, 15 • Telefono: 0434-240000 • e-mail: info@lacitta.pordenone.it • Sito web: www.lacitta.pordenone.it
EDITORIALE
Tra stampanti 3D e presepi viventi
Mai come in questo periodo Pordenone vive un paradosso. Ci sono settori avanti anni luce e settori inchiodati all’età della pietra. Da un lato la manifattura 4.0, dall’altro una gestione dell’immigrazione ancora 1.0 (quella, per intendersi, del Commodore 64 e del Motorola Startac). Partiamo dal secondo. Molti pordenonesi si chiedono come sia possibile che nel 2015 (quasi 2016) persone che arrivano in città dopo aver percorso a piedi centinaia di chilometri, spesso in fuga da situazioni di guerra o di persecuzione, debbano dormire per terra, al gelo, sul sagrato di una chiesa. Oltretutto una chiesa vuota e chiusa, con adiacente un oratorio anch’esso vuoto e chiuso, per giunta nei giorni solenni dell’apertura di tutte le porte sante per l’Anno della Misericordia. Per giorni si è assistito alla scena surreale di fedeli che per accedere al luogo di culto hanno dovuto dribblare le povere masserizie e talvolta i corpi distesi sul selciato. Oppure all’impietosa scena delle lezioni serali di pianoforte impartite a pochi bambini dentro un oratorio immenso, riscaldato e illuminato a giorno, con i disperati fuori al freddo imbacuccati di coperte. Ma si può? Abbiamo a lungo cercato (e chiesto a vari interlocutori) una spiegazione ragionevole a questa situazione. Invano. Alla fine le motivazioni sono tutte riconducibili a problemi di sicurezza, di autorizzazioni, di permessi, di burocrazia, di ordinaria paralisi amministrativa. Successivamente, il presepe a cielo aperto è stato occultato, trasferito in una struttura, e l’emergenza è stata tamponata. Ma la sensazione è che si tratti di un cerottino sull’emorragia. Il problema, come afferma con lucidità don Davide Corba della Caritas diocesana nell’intervista che pubblichiamo all’interno, sussisterà fino a quando non verranno modificate le norme che
regolano la richiesta di asilo, ovvero una legislazione concepita quando il problema dell’immigrazione non esisteva e i profughi erano poche unità, non migliaia come oggi. Quindi, campa caval. Veniamo alle notizie positive. In questo numero della Città abbiamo volutamente cercato di guardare avanti, dedicando l’apertura del giornale al tema della manifattura 4.0. Noi per primi ci siamo imbattuti in un mondo sconosciuto, come Alice nel paese delle meraviglie. E ci siamo resi conto che Pordenone non può progredire continuando a guardare con nostalgia nello specchietto retrovisore le figure di Zanussi, Savio e Locatelli. Ok, a questi mostri sacri l’industria pordenonese deve praticamente tutto. Ma ci sono fior di aziende nella nostra provincia che hanno ereditato il Dna di innovazione di quei capitani coraggiosi, reinterpretandolo in chiave moderna. Come sottolinea il vicepresidente Bolzonello nell’editoriale pubblicato a pagina 6, siamo la terza regione italiana nel rapporto tra le startup e il totale delle società di capitale e la prima regione italiana per innovatività. La manifattura digitale è l’inizio di una rivoluzione epocale nel modo di produrre. E Pordenone è ancora una volta all’avanguardia, anche se al momento non ce ne rendiamo conto (perché scontiamo un altro problema genetico: comunichiamo poco e male la nostra città). Se a questo aggiungiamo che, dall’ultima indagine congiunturale presentata da Unioncamere, il fatturato nel settore manifatturiero – per il settimo trimestre consecutivo – fa registrare un segno positivo e i recenti dati Istat registrano una robusta ripresa dell’occupazione legata agli sgravi contributivi, possiamo tirare un sospiro di sollievo. Per la prima volta dopo anni. Buone feste a tutti. Flavio Mariuzzo
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Manifattura allo specchio: ecco come sta cambiando il principale settore dell’economia pordenonese
INDUSTRIA DIGITALE: IL FUTURO È GIÀQUI Una nuova rivoluzione industriale pare essere alle porte grazie alla digitalizzazione dei processi produttivi. Friulintagli, Electrolux, Brovedani, EMT, Savio, Bofrost, Roncadin, Palazzetti, MCZ, Came-BPT, Tempestive, Pezzutti sono alcune delle aziende pordenonesi dove l’innovazione spinta ha già attecchito. È la Pordenone all’avanguardia, quella che funziona in silenzio e ci fa stare tra le quindici province più industrializzate d’Italia
L'INTERVENTO L’industria si è rimessa in marcia Ora la sfida si chiama occupazione a pagina 6
Il servizio alle pagine 4-5-6 NATALE 2015
AMARA PIACE
Un’implacabile sete di umanità
C'è panettone e panettone
di DON CHINO BISCONTIN
di MARA DEL PUPPO
Non so tu lettrice, tu lettore come ti senti in questi nostri giorni. Da parte mia è come se mi mancasse l'aria da respirare, è come se provassi l'impulso ad alzare il più possibile la testa in cerca di ossigeno, per non soffocare. È anche per questo che guardo verso questo Natale 2015. Sento la necessità che quelli che trascurano la questione di Dio con tanta superficialità tornino a pensarvi con senso di responsabilità, anche riguardo alle conseguenze inevitabili di una desertificazione spirituale; e sento la necessità che coloro che dicono di credere in Dio lo stiano davvero ad ascoltare con tutto il cuore, e davvero continua a pagina 10
La mia riflessione sul Natale è partita da un post datato 2 dicembre scritto da Gino Fabbri, presidente dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani. Non proprio uno qualsiasi. Sì, perché il Natale senza panettone non è lo stesso, e proprio il re delle tavole delle festività è al centro di lunghe discussioni su cui mi batto da tempo. Uno dei nodi della questione è la scadenza, l’altro quello del prezzo; spesso risulta complicato spiegare a chi è disposto a investire 600 euro in uno smarthphone che 25 euro per un panettone artigianale è in effetti un prezzo molto più ampiamente giustificabile… a pagina 11
Itinereallrai d
Provincia di Pordenone
Grande
nel Friuli occidentale www.grandeguerra-ragogna.it
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Percorso “erwIn rommel”, dalle PrealPI d’arzIno al cuore delle dolomITI frIulane
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Percorso “oTTaVIo BoTTecchIa”, lungo I camPI dI BaTTaglIa della PedemonTana
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Percorso “sVeTozar BoroëVIc´ Von Bojna”, sul fronTe del fIume TaglIamenTo
ROMMEL
BOTTECCHIA
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PERCORSO “ERWIN ROMMEL”, DALLE PREALPI D’ARZINO AL CUORE DELLE DOLOMITI FRIULANE
PERCORSO “OTTAVIO BOTTECCHIA”, LUNGO I CAMPI DI BATTAGLIA DELLA PEDEMONTANA
PERCORSO “SVETOZAR BOROËVIC´ VON BOJNA”, SUL FRONTE DEL FIUME TAGLIAMENTO
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La Città
SCRITTI CORSARI
Dicembre 2015
“Piazza XX Settembre: per restituirle dignità sarebbe bastato trasferirvi il pregevole gruppo bronzeo del Mistruzzi (1929), attualmente relegato nel giardinetto inghiaiato delle elementari”
foto Angelo Simonella
foto Ferdi Terrazzani
Seconda puntata della carrellata sui guasti inferti alla città negli ultimi decenni. Dall'incuria del parco fluviale
“L’incuria del parco fluviale è sotto gli occhi di tutti: Rorai, Torre, la Colonna offrono scorci da favelas sudamericane. I pianificatori dell’urbanistica ne tengano conto”
Dal fumo di Londra al grigio sporco (seconda parte) di ALBERTO CASSINI
Non è un impietoso chek-up quello che stiamo dedicando alla nostra città, ma solo uno stimolo alla riflessione. Al di là delle ottimistiche previsioni di quello “screanzato di talento” (secondo l’icastica definizione di Ferruccio De Bortoli) siamo a metà del guado, l’approdo è lontano e la ciurma (a Roma come a Trieste) non mi sembra francamente affidabile. Abbiamo uno dei più bassi tassi di crescita in Europa ed il più alto debito pubblico, non siamo in grado di produrre risorse per abbatterlo ed i sacrifici che chiedono alla gente non mirano ad incrementare lo sviluppo, ma solo ad arginare la frana. A dispetto di tante promesse non sono state ridot-
“Studiolo del Pordenone: non è concepibile che per le diatribe giudiziarie non si sia ancora riusciti ad acquisire quell’immobile. Così quanto resta della casa, che fu del massimo artista friulano della Rinascita, intristisce nell’abbandono e nell’indifferenza” te le tasse, né viene contenuta la spesa (anzi il pubblico scialo), non si è privatizzato né liberalizzato, non si sono perseguiti il merito e la legalità. Prospera il malaffare, la crisi dei mercati s’intreccia con la questione morale, le istituzioni rischiano il collasso. Non ho tenuto aggiornati i conti e non so se si tratti della seconda o della terza Repubblica: comunque sia, conviene archiviarla e scordarcela. C’è un abisso fra l’Italia che chiede sacrifici e chi deve affrontarli: da un lato l’Eden dorato di Lorsignori, delle zoccole e delle olgettine, della politica vissuta come una fiction; dall’altro chi stenta a raggiungere fine mese. Sono anni che continuo a chiedermi anche da queste pagine perché non monti ancora la rabbia dei cittadini, attendo sempre che i nostri indignados scendano in piazza. Ma torniamo alle nostre domestiche cronache, ai nostri sbiaditi orizzonti di provincia. Dobbiamo rassegnarci all’ineluttabile, basta che piova per un paio di giorni e dobbiamo mobilitare la Protezione Civile (qualche sindaco previdente allerta l’esercito e chiude le scuole). Anche a Pordenone vi sono
vaste aree esondabili e troppo spesso quei quartieri finiscono a mollo. Quest’Italia, che rischia di smottare nel Mediterraneo, è la metafora d’un paese alla deriva, ove il consumo (spesso inutile) del suolo procede a ritmi inaccettabili (8 mq. al secondo). La cementificazione ha trasformato anche in questo nostro civilissimo angolo del Nord-Est i fiumi in strade e quando piove (per una sorta di nemesi) le strade si trasformano in fiumi. Non v’è giustificazione allo sfregio del paesaggio agrario, devastato da un’edilizia industriale destinata ad un rapido degrado e a progressivi abbandoni. Da agricoltore concordo con Ermanno Olmi, il cantore dell’Albero degli zoccoli “la terra è una madre che non tradisce, ma occorre averne rispetto”. Leggo sui quotidiani che il Governo ha stanziato un miliardo l’anno per contenere il dissesto idrogeologico, meno insomma di quanto spendiamo per mantenere il caravanserraglio del Parlamento. Per chi ami le statistiche, al cittadino tedesco deputati e senatori costano 8,20 Euro l’anno, 7,30 all’inglese e
foto Ferdi Terrazzani
CINQUANTA SFUMATURE DI GRIGIO
17,78 all’italiano, sempre prodigo e scialatore (ma temo di 'sti tempi non possa più permetterselo). È una mascalzonata – mi dicono – continuare a prendersela con gli uomini del palazzo, hanno già problemi del suo: sono braccati dai giudici e rottamati da Renzi. Continuo a pensarla come Oscar Wilde “le mascalzonate può permettersele solo un gentiluomo, sono i magliari che debbono mantenere una condotta irreprensibile”. E veniamo alla seconda puntata dei guasti inferti a questa nostra povera città negli ultimi decenni.
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La piazzetta della pescheria (a ridosso del ponte delle monache) costituiva sino agli anni ’50 il naturale raccordo fra la città antica (era ancor leggibile il torricino angolare delle mura quattrocentesche) e l’espansione tardo ottocentesca con la trasformazione del foro boario in un’ampia piazza, l’attuale XX Settembre. La pescheria venne poi sconciata dall’obeso cubo della Telve a scavalco della roggia. Ci si dovrebbe chiedere quando scada la concessione del demanio, che consentì quello
stupro all’estetica (e alla scadenza non la si dovrebbe più rinnovare). Si porrà tuttavia un problema di compatibilità con la conservazione della facciata, nitido esempio del razionalismo post bellico: non tutto insomma è da buttare.
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Nel dissestato presepe del nostro paesaggio urbano pochi edifici del '900 meritano un’attenta conservazione: fra questi senz’altro il monumentale complesso delle scuole Gabelli (1924), opera d’uno straordinario protagonista dell’architettura friulana del secolo scorso, l’ing. Augusto Mior. Dimesso e schivo, seppe interpretare con ineguagliata sensibilità l’ormai estenuata parabola del liberty (palazzo Azzano in corso Garibaldi e casa Billiani in Contrada), riprendendo nel complesso delle scuole elementari i moduli d’un tardo classicismo. Si porrà fra qualche anno il problema della conversione d’uso: dovrebbero concentrarvi – evitando l’attuale dispersione – tutte le gallerie civiche.
La Città
SCRITTI CORSARI
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foto Angelo Simonella
foto Ferdi Terrazzani
e alla vergogna del carcere nel castello medievale all'inconcepibile vicenda dello Studiolo del Pordenone
“Di quella muraglia, che sconcia tuttora la mota su cui è eretto il castello, sorprende soprattutto il colore: un rosa shocking che ricorda le guepieres in tessuto elasticizzato”
“Continuo a dire che nel monumentale complesso delle scuole Gabelli in futuro si dovranno concentrare le gallerie civiche d’arte, oggi disperse in città”
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I quartieri periferici della città riflettono quel baccanale (un cocktail di presunzione, ignoranza e pessimo gusto) che è spesso l’architettura moderna. “Sono come gli ufo questi brigatisti della speculazione – lo scrissi su Il Noncello nel ’78 – sembra non abbiano volto e purtroppo non lasciano impronte digitali”. Avevano tentato addirittura di colmare le sacche rivierasche del Noncello, che si prestano alla realizzazione d’un parco fluviale di sorprendente bellezza attenuando con una cortina di verde il disordinato incalzare della periferia. Provvidenzialmente furono bloccate le colmature, ma l’incuria del bacino è sotto gli occhi di tutti: vi si colgono ancora le struggenti ed incontaminate atmosfere d’un paesaggio perduto. Rorai, Torre, la Colonna offrono scorci da favelas sudamericane, dovrebbero suggerire quindi ai cosiddetti pianificatori nei prossimi strumenti urbanistici radicali piani di bonifica.
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L’architetto pordenonese Gianbattista Bassi promosse in Friuli
nell’800 il doric revival sulla scia di quanto andava realizzando nel Veneto lo Iappelli. Qui in città sono a lui riconducibili il teatro della Concordia (di cui s’è detto nella scorsa puntata), la stazione ferroviaria ed il palazzetto Rosso in corso Garibaldi, la facciata della parrocchiale di San Giorgio ed il singolare campanile (purtroppo guastato dal postumo inserimento d’una sgraziata cella in stile composito). Sempre del Bassi sono ad Aviano la villa Oliva Del Turco e la casa Policreti a Castello. Proporrei di dedicare a questo singolare architetto una sorta d’itinerario della memoria: “non c’è da puntare un soldo – scrisse Paul Valery – sul futuro d’un popolo che ha scarso rispetto del proprio passato”.
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La villa Tinti alle Crede (Villanova) è uno dei pochi superstiti esempi (sostanzialmente integro) di compendio agricolo signorile. Accanto al complesso dominicale vi sono infatti l’oratorio, le case coloniche, le stalle, le pertinenze ed un giardino con significativi reperti lapidei.
Prima che lo guastino converrebbe apporre un rigoroso vincolo conservativo.
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“E’ inverosimile – scrisse quarant’anni fa Tito Miotti – che Pordenone, capoluogo di provincia, debba ospitare le carceri nel centro città e per di più entro le mura d’uno storico castello; l’alta muraglia costruita all’intorno induce a supporre che non abbiano alcuna intenzione di sloggiare”. “In astratto – aggiunsi io (Il Noncello n. 51) – quel muro avrebbe dovuto scoraggiare le evasioni, ma a scongiurarle bastano amnistie, decorrenze dei termini e le cosiddette libertà provvisorie”. Di quella muraglia, che sconcia tuttora la mota su cui è eretto il castello, sorprende soprattutto il colore. Osservatelo bene: quel rosa shocking ricorda le guepieres in tessuto elasticizzato, una tinta insomma da luci rosse e cabaret, anche la giustizia veste dunque da sciantosa.
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Agli inizi del secolo scorso venne abbattuto l’arco della Bossina, l’antica porta carraia, cui s’accedeva dalla piazzetta attraverso la
rampa delle beccherie. Trattasi d’un sorprendente toponimo che deriva dai lavoratori stagionali provenienti dalla Bosnia impiegati –in una fumigante atmosfera di tossiche esalazioni – nei folli dei panni (l’industria della lana). Soffocata da incombenti cortine edilizie e smozzicata dei merli, la porta medievale era sostanzialmente ridotta ad una spettrale rovina, ma la si sarebbe dovuta comunque conservare con un rigoroso ripristino. Costituisce dell’antico manufatto l’unica superstite testimonianza una lapide che ammonisce “a non seminar futuro sulle ceneri del passato” (figuriamoci).
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Piazza XX Settembre è l’unico spazio “rappresentativo” entro l’ideale perimetro del centro urbano. Negli anni ’80 c’è stato chi avrebbe voluto rielaborarla in stile punk con pinnacoli e peristili, come una torta di marzapane. Per restituirle dignità – dopo l’improvvida rimozione del terrapieno – sarebbe bastato trasferirvi il pregevole gruppo bronzeo del Mistruzzi (1929), attualmente relegato nel giardinetto inghiaiato delle elementari.
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Il quartiere fieristico delle Grazie è stato dotato d’un vasto parcheggio a suggello d’una progressiva promozione che ha fatto di Pordenone Fiere un ente di riferimento regionale. Purtroppo è mancata l’acquisizione dell’attigua villa Zanussi, riconosciuto esempio della miglior architettura del secondo '900. Avrebbe potuto costituire infatti per l’ente una prestigiosa sede di rappresentanza. Era nei propositi dei passati amministratori, sarebbe opportuno la riesumassero i nuovi.
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L’edificio (a ridosso della demolita porta furlana) che appartenne alla famiglia De Sacchis è tuttora oggetto d’una patetica contesa fra chi vorrebbe acquisirlo alla pubblica fruizione ed i privati che ne rivendicano tenacemente la proprietà. A suscitare comprensibile interesse fu la scoperta nel 1989 –da parte del restauratore Giancarlo Magri (di cui vanno sottolineate le benemerenze nell’ambito degli studi pordenoniani) – d’un fregio affrescato nella stanza che all’ultimo piano s’affaccia sulle sfumate atmosfere del Noncello. Con felice intuizione Giulio Cesare Testa lo definì in un memorabile saggio “lo studiolo del Pordenone” (e tale è rimasto nel linguaggio corrente). Il nostro Giovanni Antonio s’era insomma ritagliato in
quel complesso (autentica “insula sacchiense”) un’invidiabile camera con vista. Non è concepibile che per le diatribe giudiziarie – peraltro affrontate con colpevole superficialità dalla pubblica Amministrazione – non si sia ancora riusciti ad acquisire quell’immobile. Così quanto resta della casa, che fu del massimo artista friulano della Rinascita, intristisce nell’abbandono e nell’indifferenza. A Castelfranco – tanto per non andar lontano (ed è l’ennesimo umiliante confronto) – in soli cinque anni la casa di Giorgione venne acquisita dal Comune, restaurata ed aperta al pubblico. Altrettanto s’era fatto a Mantova col Mantegna, a Vicenza col Palladio, a Venezia col Tintoretto, a San Sepolcro con Piero, a Firenze con Del Sarto, Lippi e Cellini.
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Apprendo dai quotidiani che al pian terreno della casa sacchiense è oggetto di contesa giudiziaria anche l’androne, che immetteva dalla porta furlana (demolita nel 1838) all’abside del duomo. Attraverso quella rampa selciata, posta a ridosso delle mura medievali, si poteva raggiungere dallo scalo fluviale la platea di San Marco, il terrapieno su cui si teneva il mercato. Quello storico passaggio è ora in uno stato d’indecente abbandono: in dissesto il ciottolato pavimentale, scrostate le pareti, in degrado le travature dell’androne. Poco ci vorrebbe a ripristinarlo, ma evidentemente fra tanti sprechi degli scorsi decenni le risorse non le hanno rinvenute. Ora riferiscono che il Comune rivendica quel transito e che i proprietari del sovrastante edificio vi si opporrebbero . Nella storiografia del ‘900 è stato impropriamente definito “ruga concona”, ma ciò è frutto dell’errata lettura in
un catastico di “consortiva”. Ciò significa che l’oggetto di quest’ennesima picaresca contesa appartiene al privato proprietario dell’edificio sovrastante, ma è gravato da una sorta d’uso pubblico, tant’è che nei documenti antichi lo si qualificava come “andadorium commune”.
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E veniamo ad una nota positiva, anche per non intristire il lettore: il recupero delle facciate picte. Questa fastosa suite d’apparati policromi, che abbraccia oltre quattro secoli di storia, sembrava destinata inesorabilmente a dissolversi. Grazie al munifico sostegno d’una fondazione bancaria sono state invece recuperate con un attento maquillage: rimossi gli scialbi e gl’intonaci, restituita solidità e smalto alle superfici affrescate, quegli edifici tornano a sorridere. La città antica è divenuta una festosa galleria, che trova la sua quinta naturale nelle calde tonalità del palazzo civico con le dorate sfumature del cotto. Tutti auspicano il rilancio del centro storico, ove hanno chiuso in quest’ultimo decennio attività commerciali d’antico blasone (spesso sostituite da anonime botteghe o da rivendite di stracci). Per riscoprire certi ineguagliati scorci della città antica suggerisco la lettura dei versi di Ettore Busetto, quelli ch’egli definì “peccati e rimpianti di gioie perdute”. Sono vernacole testimonianze del tempo che fu, istantanee colte con amara e sorridente ironia dalla trincea del viver quotidiano. Già allora si coglieva il progressivo abbandono del centro, la morte della Contrada nei versi di Busetto sembra evocare immagini tessute di penombre e di silenzi.
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(segue alla prossima puntata)
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PRIMO PIANO
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A colloquio con il giovane direttore di Unindustria Pordenone Paolo Candotti. Cos’è l’industria ditigale, SOTTO LA LENTE/1
Manifattura 4.0: la sfida è portare a bordo le pmi
Il workshop internazionale di novembre
Candotti: “Stiamo lavorando per accrescere nelle aziende pordenonesi la conoscenza delle nuove opportunità e per avviare un processo di sperimentazione. È un passaggio epocale al quale è necessario aprirsi perché il mondo sta andando in questa direzione”
Sul tema strategico del mantenimento della competitività del territorio e delle sue imprese, l’Unione Industriali, il Polo Tecnologico di Pordenone, il COMET e Tempestive, azienda tecnologica insediata presso il PST, hanno organizzato ai primi di novembre una due-giorni di studio con interventi di speakers di primario livello internazionale e un approfondito sondaggio tecnologico. Il workshop ha favorito le presentazioni tra ricercatori, centri di applicazione internazionale, fornitori ed esperti sulla rivoluzione della produzione 4.0 con focus sugli scenari tecnologici futuri allo scopo di analizzarne le sfide proposte dal nuovo contesto di riferimento ed anticiparne i vantaggi competitivi. Tra i partecipanti all’evento, McKinsey & Company sul tema del ritorno della manifattura come elemento strategico di competitività sostenibile globale, il CNR-ITIA ITIA sugli studi per la Fabbrica Intelligente, l’IIT sulle applicazioni di robotica avanzata in Italia, IBM sulle proposte di efficientamento in tempo reale dei processi di gestione degli asset industriali, KUKA sulle best practices mondiali e sull’offerta disponibile per processi ad elevata robotizzazione, ABB sull’implementazione della robotica nei processi di digitalizzazione manifatturiera, Tempestive sulle possibilità derivanti dalla tecnologia IoT abilitante per applicazioni di big data e preventive maintenance e Palazzetti, un caso di successo per l’integrazione dei processi anche con un occhio di riguardo verso il cliente.
FISIOTERAPIA
TERAPIE
STRUMENTALI
TERAPIE
MANUALI
PORDENONE Via Turati 2 Tel. 0434 364150
RIABILITAZIONE
RIEDUCAZIONE
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CORDENONS Via Nogaredo 80 Tel. 0434 542283
Quanto si parla di “Industria 4.0”, siccome non è ancora chiara l’utilità, prevale lo scetticismo. Sembra più la voglia di rincorrere una tendenza, una moda: quella di rinfrescare l’esistente con una pennellata di modernità. Eppure, a uno sguardo più attento, si può cogliere in questa progettualità qualche lampo di un futuro che sta arrivando a grandi passi e cambierà radicalmente il modo di funzionare delle nostre fabbriche. Una nuova rivoluzione industriale è alle porte? Forse. Per ora è sicuro solo il fatto che certe correnti non si possono più ignorare e vanno studiate a fondo per coglierne le opportunità. Ma siamo preparati per il salto nell’industria digitale? Questo è il tema sul quale sta lavorando l’Unione Industriali di Pordenone. “La trasformazione digitale va preparata – spiega il direttore di Unindustria Paolo Candotti – La formazione è strategica in questa fase per far attecchire la cultura digitale, che deve innestarsi su una preesistente solidità dal punto di vista manageriale e organizzativo. Per questo stiamo lavorando per accrescere nelle aziende pordenonesi la conoscenza delle nuove opportunità e per avviare un processo di sperimenta-
zione. È un passaggio epocale al quale è necessario aprirsi perché il mondo sta andando in questa direzione”. Partiamo dalla definizione: cos’è l’industria 4.0? “Industria 4.0” è la prossima fase nella digitalizzazione del settore manifatturiero, una fase caratterizzata da quattro elementi: l’aumento sorprendente dei volumi di dati, della potenza di calcolo e della connettività; l’emergere di analisi e funzionalità di business intelligence, ovvero la capacità di misurare risultati, strategie, scenari di mercato per accrescere la competitività; le nuove forme di interazione uomo-macchina come le interfacce touch e i sistemi di realtà aumentata; il miglioramento nel trasferimento di istruzioni digitali al mondo fisico, come la robotica avanzata e la stampa 3D. La maggior parte delle tecnologie in questione sono tuttora in fase di incubazione e non sono ancora pronte per l’applicazione su larga scala. Ma sta cambiando la percezione della loro affidabilità e utilità, mentre i costi in discesa ne lasciano intravedere una sempre più probabile introduzione a livello industriale. La stampa 3D come funziona?
È il passaggio dal digitale al fisico: in pratica, posso trasferire a qualcuno che sta dall’altra parte del mondo l’oggetto digitalizzato; il destinatario lo stampa caricando la stampante del materiale di cui è fatto l’oggetto e l’oggetto si materializza. Lo si sta già sperimentando perfino con il cibo. È in atto un’evoluzione velocissima in questo campo: la tecnologia a volte supera la fantasia. Quali i campi di applicazione e i vantaggi dell’industria 4.0 per le aziende pordenonesi? L’Industria o manifattura 4.0 va bene per tutti i settori anche se non c’è una ricetta unica. La Germania, ad esempio, ha un’impostazione tarata su aziende più grosse. Le nostre pmi hanno dimensioni ed esigenze diverse: le nuove tecnologie serviranno per aumentare l’efficienza o per sviluppare nuovi canali di vendita come l’e-commerce. Pensiamo soltanto alle possibilità che oggi si aprono per tracciare un prodotto lungo tutta la filiera produttiva attraverso microchip. La digitalizzazione genererà nuova occupazione e nuovi mestieri. Ci saranno industrie che spariranno e altre che nasceranno se sapremo utilizzare al meglio le nuove tecnologie.
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quali i campi di applicazione, come rispondono le imprese: così sta cambiando il modo di produrre SOTTO LA LENTE/2
Lean Experience Factory La Lean Experience Factory intende trasmettere in modo innovativo le conoscenze teoriche e pratiche sui migliori strumenti tecnici e organizzativi di Lean Management (gestione snella) per la competitività sia della produzione manifatturiera (Lean Production) sia del comparto office (Lean Office).
Unione Industriali come si sta muovendo in questo ambito? Stiamo lavorando soprattutto verso le pmi perché le aziende più grandi, essendo più strutturate, hanno meno esigenza di essere seguite in questo percorso. Dobbiamo spiegare bene di cosa stiamo parlando e poi cercare di entrare nelle fabbriche per capire quali sono le potenzialità dell’utilizzo delle tecnologie. Occorre, inoltre, sviluppare dei progetti di rete, per esempio all’interno dei distretti, così da mettere a fattor comune dei servizi tra aziende di piccole dimensioni. Come Unione Industriali stiamo spingendo molto sulla formazione. La fabbrica Lean di San Vito al Tagliamento sta svolgendo bene il compito di far sperimentare modelli innovativi di efficienza produttiva. Da gennaio saremo pronti anche per far toccare con mano le potenzialità della digitalizzazione. L’obiettivo è quello di presentarsi nel 2016 all’appuntamento con l’apertura dei bandi regionali della legge Rilancimpresa avendo già compiuto un lavoro di scrematura dei progetti. La Regione mette a disposizione 50 milioni di euro per finanziare iniziative in questo ambito. Come rispondono le imprese? La risposta delle imprese è buona perché c’è consapevolezza del cambiamento in atto a livello globale. Oggi non si produce più per fare magazzino e poi vendere nei negozi. La grande distribuzione la fa da padrone, si lavora con il contract e produzione just in time. Il distretto del Mobile ha resistito grazie alle aziende che hanno compiuto questa evoluzione. Quali sono oggi le aziende pordenonesi più avanti in termini di innovazione e sensibilità digitale? Nel Legno Arredo sicuramente Friulintagli. Nella Meccanica Electrolux, Brovedani, EMT, Savio, Bofrost, Roncadin, Palaz-
zetti, MCZ, Came-BPT. Nei Servizi Tempestive, nella Plastica il gruppo Pezzutti. Tutte aziende strutturate dove l’innovazione e la digitalizzazione dei processi hanno già attecchito e il futuro è già arrivato. C’è qualche best practice che si distingue? Un caso scuola è quello di Friulintagli, una delle aziende più brillanti e all’avanguardia dell’industria pordenonese che oggi sta guardando con interesse al digitale manifatturiero per migliorare ulteriormente. Alla fine degli anni 90 aveva circa 300 dipendenti e fatturava sui 25 milioni di euro. Ora dà lavoro a 1.500 persone più altre mille dell’indotto nel settore del legno-arredo e fattura 500 milioni. È nata ed è tuttora un’azienda terzista, ovvero senza un proprio brand. Il 70% del fatturato è legato all’Ikea. Gli svedesi hanno individuato nell’azienda pordenonese un partner di qualità e l’hanno fatta crescere. Oggi Friulintagli è il primo fornitore mondiale di mobili per Ikea e si occupa anche dello sviluppo di nuovi prodotti per la multinazionale svedese. Ciò ha comportato l’adozione di modelli manageriali e organizzativi molto avanzati unitamente a rigorosi criteri di certificazione. Ikea deve avere la garanzia della qualità del prodotto e della continuità della produzione. Inoltre, Friulintagli sta trasferendo questo modo di lavorare alla filiera della trentina di subfornitori del territorio che operano in un raggio di 30 chilometri da Prata accelerando la crescita della cultura imprenditoriale e organizzativa. In generale, com’è l’andamento dei diversi settori economici? Le Costruzioni restano al palo. È un settore composto da piccole e medie realtà con un mercato domestico molto legato ai consumi interni. La rinascita passa necessariamente attraverso il recupero del patrimonio edilizio esistente e attraverso la
visione di un abitare ecosostenibile. Su queste strade ci si sta impegnando molto. Il settore del Legno sconta il fatto di essere legato all’Edilizia e ancora una volta al mercato interno. La Meccanica è in evoluzione con aziende in forte crescita soprattutto grazie alle esportazioni. Qual è il peso dell’industria pordenonese attualmente? A fronte delle circa 26 mila registrate in Camera di Commercio, sono circa 900 le aziende iscritte all’Unione Industriali di Pordenone e rappresentano il 50% dell’occupazione della provincia. Pordenone resta una delle 15 province più industrializzate d’Italia, ovvero una di quelle in cui il contributo del manifatturiero al Pil è superiore al 35%. Ai vertici restano le province lombarde e Vicenza. In rapporto alla popolazione Pordenone è la provincia a maggiore densità industriali del Friuli Venezia Giulia. Qual è la visione degli Industriali sul tema del riassetto amministrativo regionale? Al di là dei confini amministrativi esiste un dato di fatto: Pordenone è più vicina e più simile al modello veneto che non al modello friulano. C’è il rischio che questo territorio venga marginalizzato dal punto di vista dei presidi istituzionali perché non gode di una rappresentanza forte. Il ridisegno amministrativo è necessario ma deve garantire parità di servizi. Flavio Mariuzzo
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Polo Tecnologico, la serra delle idee Il direttore della struttura, Franco Scolari, fa il punto sulle attività svolte Dalla nascita nel 2002 a oggi che bilancio si può fare del Polo Tecnologico? Bisogna dividere la fase embrionale senza struttura o con uffici non abilitanti per gli insediamenti, cioè fino al 2007, dalla fase con il Polo esistente con le sue oltre 60 aziende insediate. Oggi al Polo ci sono giornalmente circa 200 persone ad alta professionalità che lavorano. Tutto ciò dà orgoglio a me, ma anche soddisfazione superiore alle aspettative degli stakeholder. Qualche numero sulla realtà odierna. 64 aziende fisicamente insediate ed altrettante collegate senza residenzialità, per esempio Electrolux; circa 12 startup, una creazione di valore aggiunto superiore ai 10 milioni anno, una media di contributi alle aziende che fanno progetti di innovazione con il Polo di circa 8 milioni all’anno. Il Polo accoglie solo startup o anche aziende tradizionali che decidono di innovare? Il dna per accedere al Polo è l’innovazione, non la dimensione o l’età dell’impresa. Qual è il processo dall’idea imprenditoriale all’insedia-
mento nel Polo? Quali sono i criteri? Certamente non è un processo “proceduralizzato”: l’idea viene coltivata e protetta dal punto di vista intellettuale. Se utile per i servizi di incubazione i soggetti si insediano e si incamminano, accompagnati, verso la creazione di impresa e oltre. Casi di successo di aziende che grazie al Polo hanno consolidato un business innovativo. Il tasso di successo nelle aziende incubate è più alto del totale delle aziende. Ed anche la mortalità delle startup è migliore e più basso. Al Polo sono insediate Genetic lab, Pharmadiagen, Prima luce che hanno superato la soglia di crescita e hanno tassi di sviluppo a due digit. I settori dal biomedicale all’ict, all’hobbistica. Progetti in corso interessanti. Tra i progetti in itinere numerosi progetti vinti con le imprese del settore elettrodomestico in innovative tecnologie di progettazione virtuale, ma anche progetti europei su Manufacturing 4.0 e progetti ad impatto sociale. Ultima chicca l’inaugurazione il 10 dicembre del Polo Young Incubator e per imprese culturali e creative.
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La Città
L’INTERVENTO
Il vicepresidente Sergio Bolzonello spiega la visione della Regione sul tema della nuova manifattura
L’industria si è rimessa in marcia Ora la sfida si chiama occupazione
“Lo sforzo fino ad ora compiuto è servito per dare nuovi strumenti e nuova forza al comparto. I risultati stanno giungendo sul fronte del fatturato e degli ordinativi. Ora auspichiamo un consolidamento dei positivi dati Istat sulla crescita dell'occupazione
di SERGIO BOLZONELLO(*)
L’economia della nostra regione sta vivendo una fase di profondo cambiamento. Questo mutamento richiede uno sforzo organizzativo e intellettivo di rilevante importanza, la cui forza propulsiva farà sentire i propri effetti in maniera progressiva nel tempo. Il manifatturiero, seppur si sia attestato negli ultimi anni su performance non positive, resta comunque a tutti gli effetti l’elemento trainante della nostra economia regionale; tuttavia ci troviamo di fronte ad un cambio di paradigma che impone, anche a chi ha ruoli di governo, un ripensamento delle strategie di intervento coerenti e in linea con le spinte provenienti dal mercato. Ciò che ora abbiamo di fronte - e che si sta rilevando un elemento di vantaggio
per chi la ha già messa in atto - è la manifattura digitale, frutto di un mix originale tra cultura e nuova tecnologia, che favorisca l’innovazione e la valorizzazione del capitale umano. La produzione sta passando dal seriale al digital manifacturing, rafforzando la capacità competitiva del sistema imprenditoriale. L’innovazione digitale, l’utilizzo della robotica e la condivisione della conoscenza favoriscono un ecosistema economico capace di incidere sia sui vecchi modelli organizzativi sia sul versante della nuova occupazione. Come dimostrano fonti autorevoli in materia, la penetrazione delle tecnologie digitali nel tessuto produttivo “classico” consente di recuperare parte della produttività persa negli anni. Per compiere questo
salto è però necessario un innalzamento degli investimenti sia nel capitale “monetario” che in quello umano. L’homo faber, distintosi nel tempo per l’abile uso delle mani, ora deve aggiungere alla sua conoscenza, frutto della tradizione sedimentata, quella che deriva dall’utilizzo della tecnologia trasformandolo in un artigiano digitale. Stiamo attraversando quindi un periodo di transizione e riposizionamento, una metamorfosi culturale contaminata dai cambiamenti apportati dall’era della rete. L’elemento distintivo nel nuovo modo di fare innovazione non risiede tanto nel prodotto in sé quanto nella capacità dell’impresa di attribuirgli significati diversi. Il mondo del digitale da tempo sta provando a contaminare oggetti più o meno sofisticati, per renderli più intelligenti e interattivi. Sta quindi avvenendo una sostanziale sovrapposizione tra tecnologia digitale e prodotti “analogici”, dando a questi ultimi nuovo valore e quindi un nuovo slancio a settori ormai maturi. L’applicazione della robotica e dell’Internet delle cose presuppone però che vi sia preparazione specifica di chi interagisce e definisce l’operatività del sistema. L’introduzione di questi nuovi elementi dovrà portare con sé anche nuova occupazione, intesa come personale “tecnologicamente avanzato e formato ” per operare nell’ambiente manifatturiero 4.0. All’interno di questo nuovo contesto creato dal mercato, la Regione ha il ruolo di accompagnamento del processo. Perciò abbiamo approvato il piano di sviluppo industriale Rilancimpresa e poi varata la stessa legge, in un’ottica di regia e non di pianificazione unilaterale. Lo strumento è il frutto di un confronto “dal basso” avvenuto coinvolgendo i portatori di interesse quali il mondo dell’impresa, del lavoro, del sociale, della ricerca e della formazione. Al termine di un percorso concertato, abbiamo definito insieme la visione di una nuova manifattura all’interno di un rilancio complessivo dei settori produttivi regionali. Operativamente l’azione si concentra da una parte nell’affrontare con ogni strumento
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possibile la situazione di crisi e dall’altra nel disegnare scenari per il rilancio futuro del comparto. Un capitolo importante di questo piano è dedicato alla manifattura competitiva, che si declina in diversi aspetti. Il primo riguarda il sostegno alle piccole e medie imprese e alla specializzazione del settore, ridisegnando i ruoli dei Consorzi e dei distretti, questi ultimi su scala interprovinciale e con ottica di filiera. Tenendo conto delle principali specializzazioni dell’industria regionale, abbiamo individuato le filiere produttive strategiche, ossia quelle del sistema casa e della metalmeccanica nonché le altre aree di intervento più promettenti tra cui anche biotech, agroalimentare e le tecnologie marittime. Su queste aree concentreremo 77 milioni di euro per il sostegno alla ricerca e sviluppo, oltre a interventi specifici anche sulla formazione. A ciò si aggiunge il supporto alla nascita delle start up innovative e nuove imprese, per rinnovare la base imprenditoriale della nostra regione. Per questa azione abbiamo destinato 20 milioni di euro, tra cui 7 milioni proprio a favore delle start up innovative, oltre a un budget specifico per un settore emergente afferente all’area di specializzazione “Cultura Creatività e Turismo”. C’è infatti bisogno di sostegno nella fase di “semina” per far fronte alla perdita di aziende causate dal ricambio generazionale. Infine, c’è il rilancio degli investimenti, quale punto di partenza per favorire l’utilizzo in azienda di tecnologie avanzate al servizio della manifattura. Seppur il progetto Rilancimpresa sia stato avviato “solo” nel 2014, i primi risultati sono già percepibili. Su più fronti stiamo infatti registrando dati con il segno più, che in un certo senso denotano un cambio di rotta rispetto al passato. Se però è troppo presto per dire che ci troviamo nella fase di ripresa, possiamo senza dubbio affermare che siamo sulla buona strada. Il Friuli Venezia Giulia è al momento la terza regione in Italia nel rapporto tra start up e totale delle società di capitale. Altro dato interessante,
quello elaborato dall’Istituto di Ricerca Internazionale per lo Sviluppo (IRIS) sulla base di dati Eurostat relativi al 2015 su vari indicatori, come la spesa pubblica e privata dedicata alla ricerca e all’occupazione nel settore della medio-alta tecnologia. Il Friuli Venezia Giulia, per quanto concerne l’innovatività, passa dalla 150ma alla 130ma posizione sulle 248 regioni europee (prima in Italia), risultando competitiva soprattutto per le caratteristiche del suo sistema produttivo (150mo posto a livello continentale). Dall’ultima indagine congiunturale presentata da Unioncamere, il fatturato nel settore manifatturiero – per il settimo trimestre consecutivo – fa registrare un segno positivo. Ora l’attenzione va concentrata sull’occupazione. Lo sforzo fino ad ora compiuto è servito per dare nuovi strumenti e nuova forza al comparto. I risultati stanno giungendo sul fronte del fatturato e degli ordinativi. Stando ai recenti dati Inps si comincia a delineare un riflesso positivo anche sui posti di lavoro. È su questo settore, infatti, che si gioca una parte importante della sfida; gli investimenti in ricerca e sviluppo, il sostegno alle start up innovative, la robotica e internet delle cose appartengono a quell’ambito di semina a cui facevo prima riferimento. Questi settori implicano conoscenza e formazione diversa rispetto al passato e, di conseguenza, creeranno nuovi posti di lavoro su basi differenti rispetto a quelli fino ad oggi considerati. Se nei prossimi mesi, come tutti auspichiamo, il dato sull'occupazione si consoliderà avremo raggiunto il nostro obiettivo finale che, del resto, è quello principale. (* Vicepresidente giunta regionale e assessore alle Attività Produttive)
di GIANNINO PADOVAN
Per un rilancio occupazionale innovare i “cavalli
, SACILE
Identità, città e territorio ai tempi della crisi dello stato sociale e dell’economia sono il nuovo paradigma dello sviluppo. È il modello grazie al quale Milano è ridiventata il motore economico del Paese, Verona ha una disoccupazione al 4.5 per cento e Trieste ha un porto con i traffici in netta ripresa ed un progetto per la realizzazione di un nuovo museo del mare. Ma il concetto di identità sarebbe un’entità vuota ed astratta, se non fosse associata al comune sentire di un’appartenenza ad una comunità in cui riconoscersi per ragioni storiche, culturali e sociali coniugate alla realtà economico-produttiva del territorio e all’assetto urbano, passato e recente, di una città. Questo tema è stato affrontato nel numero di ottobre de La Città dal direttore, Flavio Mariuzzo, e troppi sono gli spunti di riflessione che esso suscita per essere lasciato cadere; soprattutto a Pordenone, città del manifatturiero per eccellenza. Il dinamismo, l’efficienza, la formazione di qualità e la cultura sono ancora oggi le caratteristiche più significative della Destra Tagliamento, nonostante le delocalizzazione e la chiusura di molte imprese. L’amministrazione pubblica della provincia di Pordenone (Enti Locali, sanità e assistenza) è la più efficiente della regione; i licei e gli istituti tecnico-professionali offrono ai giovani una preparazione di primissimo livello. Pordenonelegge e Cinemazero hanno valorizzato la città facendone uno dei centri
culturali più importanti del Paese. Inoltre, molti imprenditori hanno saputo trasformare, nonostante la crisi, gli assetti produttivi e organizzativi delle loro aziende fronteggiando con successo la competitività internazionale. Non mancano quindi i punti di forza per una possibile risalita da una crisi che si è fatta sentire anche per il settore del mobile-arredo e quello sanitario. Ciononostante, anche la città, contestualmente al manifatturiero, si è dimostrata fragile in questi anni di crisi, soprattutto per la scarsa presenza di una solida borghesia delle professioni, di una ruling class capace di esprimere i saperi necessari per una innovazione della produzione manifatturiera e l’assetto del territorio. I processi di cambiamento sono stati invece più rilevanti, come ad esempio in Veneto, laddove si è consolidata una base produttiva fortemente diversificata e competitiva. In Lombardia non si è affermata solo Milano, città del terziario e delle professioni, ma un lungo processo di innovazione ha trasformato il manifatturiero tradizionale in un’eccellenza internazionale del Made in Italy (Kartell, Flou, Molteni, Frau, ecc.). Se poi passiamo ad esaminare i dati relativi al mercato del lavoro, scopriamo che i senza lavoro in Veneto, tra il primo trimestre 2014 e quello del 2015 sono scesi dal 7,1 al 6,6 per cento, mentre in FVG, nel medesimo periodo, sono aumentati dal 7,1 all’8,5. Anche le esportazioni regionali sono state nel 2015 quantitativamente
La Città
SOTTO LA LENTE
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A sei mesi dall’insediamento il nuovo presidente di Pordenone Fiere fa il punto su bilancio e strategie
Anche la Fiera soffia sulle vele delle startup Ongaro: “Una fiera come quella di Pordenone non ha solo lo scopo di attrarre pubblico, ma anche di essere un meccanismo di spinta per l'economia. Per l’anno prossimo una nuova rassegna e nuove iniziative di internazionalizzazione” Roberto Ongaro è presidente di Pordenone Fiere da giugno 2015. Raccogliere la pesante eredità di Alvaro Cardin, con tutto ciò che questo nome rappresenta per il territorio, non è facile. Soprattutto in un momento storico in cui l’economia cerca faticosamente di reagire a una delle crisi più complicate che si ricordino a memoria d’uomo. Ma il nuovo numero uno dell’ente di viale Treviso pare avere le idee chiare sul futuro del mercato globale e su quello della Fiera più importante del Friuli Venezia Giulia. Presidente Ongaro, quali valutazioni ha tratto dopo i primi mesi di operato? La prima impressione che ho avuto è stata quella di trovarmi in un ambiente attivo, vitale, capace di rispondere alle esigenze del territorio attraverso lo sviluppo e l’innovazione, ma anche di rifletterne l’identità culturale. A mio avviso è importante accrescere ulteriormente la sinergia tra fiera e territorio. Questa necessità non riguarda solo Pordenone, ma tutte le grandi fiere italiane: penso a Milano, Bologna, Rimini, le fiere del sud, Bari in particolare. Credo che questa sia una delle componenti che, forse, non abbiamo ancora esplorato fino in fondo. Le faccio l’esempio della Germania, dove la fiera è un tutt’uno con il Land di appartenenza e tutti, dal commerciante al poliziotto, concorrono all’evento. Non è voler portare il modello all’interno dell’Italia, ma cercare, assieme al consiglio di amministrazione e all’amministratore delegato, una maggior sintonia col territorio che aiuti tutti a crescere. Una fiera come quella di Pordenone non ha solo lo scopo di attrarre pubblico come alcune fiere paesane, ma anche di essere un meccanismo di spinta per l’economia. Ecco, parliamo del ruolo di rilancio da attribuire a Pordenone Fiere nel tessuto industriale non solo locale.
Come fiera abbiamo due compiti: in primo luogo di aiutare il successo della produzione specifica e attuale del territorio, non solo pordenonese, superando i confini tra regioni e distretti produttivi. Questo è il concetto di fiera come vetrina, ma la fiera di Pordenone può ambire ad altro: promuovere quello che ancora non è visibile, ma che sta nascendo, ovvero le start up produttive. Come valuta la struttura fieristica pordenonese? La fiera di Pordenone conta su una struttura di eccellenza. Ho visto molte fiere, ma poche possono vantare una localizzazione come quella di Pordenone, che è vicina allo svincolo autostradale, ha 4 parcheggi, spazi funzionali e padiglioni moderni dopo gli ultimi lavori di adeguamento ed ampliamento. Qual è il rapporto di Pordenone Fiere con gli altri enti fieristici? Il tema di una possibile alleanza o fusione con Udine non è nuovo. Da almeno un anno e mezzo abbiamo proposto accordi che aiutano entrambe le fiere a ottimizzare i costi, coordinare i calendari fieristici e gestire gli eventi. Vogliamo mettere insieme due soggetti che abbiano un’identità di crescita che coincida. Se restiamo nel localismo non abbiamo una dimensione sufficiente per avere un’identità nel mercato globale. Ma non basta una semplice fusione fredda tra questi due soggetti, serve un progetto politico. Siamo una regione che vuole crescere, che si candida ad essere almeno un Land d’Europa. Aspettiamo risposte.
di battaglia” del manifatturiero pordenonese modeste, con il Comparto dell’elettrodomestico che retrocede del 6,5 per cento rispetto all’anno precedente e rappresenta sugli 882 milioni di euro della provincia di Pordenone una cifra esigua, pari ad appena 77,5 milioni di euro. Non solo: nella dinamica del valore aggiunto del sistema produttivo culturale nel Nordest, per quanto riguarda la voce “industrie creative” scopriamo che tra il 2009 ed il 2013 in Trentino Alto Adige è aumentata del 15,2 per cento, in Veneto del 3,4 mentre nella nostra regione è diminuita del 3,9. Questi pochi esempi dimostrano ampiamente che è in atto un evidente allargamento della forbice fra la nostra realtà regionale e quella degli altri territori del Nordest, e ciononostante la nostra condizione di Regione Autonoma a Statuto speciale ci consenta di ricevere significativi finanziamenti statali. Quello di cui necessita la città di Pordenone e la Destra Tagliamento nel suo insieme è un laboratorio di nuove idee, perché sono le idee la materia prima dello sviluppo. La straordinaria invettiva di Alberto Cassini nei confronti dei principali simboli (uno per tutti il Bronx) del passato sviluppo urbanistico della città fordista – formulata proprio ora che lo stabilimento di Porcia è stato svuotato di molta parte della precedente produzione e delle sue eccellenze – rievoca anche il tramonto di una fase storica della quale rimangono, nelle riflessioni di Cassini
solo le mostruosità urbanistiche degli interventi negli anni della crescita. Ma la crisi, in quanto processo più evidente di un cambio di paradigma, può anche offrire l’opportunità di saper trasformare in progetti l’identità formatasi nei decenni caratterizzati da un’economia in continua crescita grazie al manifatturiero. Un compito che non spetta alla sola politica ma a tutte le componenti (parti sociali, scuole e professioni) che rappresentano i pilastri di ogni possibile futuro di sviluppo per Pordenone e il suo territorio. Trasformare in progetti la propria identità significa, ad esempio, innovare settori tradizionali ma importantissimi quali il mobilearredo e la sedia. Tanto di cappello alla Calligaris e alla Moroso, ma sono stati davvero pochi gli imprenditori che hanno saputo, e soprattutto voluto, puntare sull’innovazione di prodotti e processi produttivi. Oggi, nei territori nei quali la riorganizzazione delle imprese registra i maggiori ritardi si preferisce focalizzarsi sulle nuove tecnologie (come la stampante 3D). Bisogna però ricordare che la vera rivoluzione in ambito manifatturiero è stata l’innovazione dei settori tradizionali del made in Italy. È su questo comparto che Pordenone potrà ancora avere la sua opportunità di rilancio, anche occupazionale. Giannino Padovan
Quali le prospettive e le strategie di crescita dell’ente fiera? Noi ci proponiamo, per l’anno prossimo, di mettere in cantiere almeno una nuova fiera e ci sarà un ulteriore sviluppo per quanto riguarda le iniziative di internazionalizzazione, il che vuol dire portare una nostra fiera d’eccellenza su altre piazze a livello europeo ed extraeuropeo. Attualmente l’Iran è il Paese con il quale stiamo lavorando di più, sta diventando un progetto che interessa l’Italia, non solo Pordenone. Contemporaneamente stiamo aprendo verso l’Europa dell’Est e il Mediterraneo. Consideriamo che l’Expo ha segnato un indirizzo per quanto riguarda alcuni temi del futuro. A questo proposito abbiamo una rassegna di successo come “Cucinare”, da sviluppare ulteriormente. Per noi “Cucinare” vuol dire anche promuovere il “professionale”, le grandi cucine e le attrezzature, non solo il cibo. Inoltre, per il futuro auspichiamo l’ingresso di privati come partner di competenza e territoriali, che condividano un progetto di crescita, soprattutto per rafforzare la parte gestionale, cioè il “fare fiere”. Cerchiamo l’interesse di soggetti che vogliano produrre fiere e manifestazioni per sfruttare al meglio la struttura anche con prospettive verso l’estero. Come vede il futuro? Le possibilità sono due: positivo o negativo. In questo caso per me è positivo! Sta a lei decidere se la risposta è veritiera. Per quanto ci riguarda basta muoversi nella direzione giusta perché ciò accada. Elena Moioli
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La Città
L’INTERVISTA
Dicembre 2015
Conversazione con il direttore della Caritas diocesana don Davide Corba sul tema dell’immigrazione
“Occorre ripensare l’istituto dell’asilo politico” “In Italia e in Europa l’asilo politico e la legislazione collegata non sono stati concepiti per far fronte all’arrivo di milioni di persone. Teniamo le persone in accoglienza anche 18-24 mesi prima che la procedura si concluda con il permesso o con il diniego”
Don Davide Corba
SOTTO LA LENTE
Pordenone, città modello dal punto di vista dell’integrazione sociale, con oltre il 15% della popolazione residente composta da immigrati, s’interroga in questo periodo sulla sua capacità (e volontà) di affrontare la nuova emergenza profughi. Il numero dei richiedenti asilo in arrivo nella nostra città è in continuo aumento ed è facile prevedere che in futuro sarà da così a peggio. Eppure, la sensazione diffusa è che prevalgano incertezza e impreparazione a tutti i livelli. Eccezion fatta per la Caritas diocesana, la sola istituzione locale che dà l’impressione di non brancolare nel buio. Con il direttore della Caritas don Davide Corba cerchiamo di leggere e capire meglio quanto sta accadendo. Don Davide, qual è la situazione attuale? Attualmente ospitiamo circa 630 persone. L’accoglienza è affidata alla Cooperativa Nuovi Vicini, a cui da poco si è affiancata una cooperativa di Belluno che segue la parte alta della provincia. La
situazione è cambiata a partire da settembre 2013. Lì si è registrato un grande aumento di profughi afghani e pakistani in arrivo dal Nord Europa che continua tuttora. Molte polemiche ha suscitato il costo sociale per il mantenimento dei profughi. Per queste persone c’è la copertura economica dello stato. È stato fissato un tetto massimo di 35 euro con gara al ribasso. La Nuovi Vicini ha vinto la gara a 33,50 pro die a persona. Di fatto dei 33,50 euro al giorno erogati dal ministero degli Interni attraverso le prefetture, solo 2,5 euro vanno direttamente alla persona. La parte restante va all’ente, nel nostro caso la cooperativa Nuovi Vicini, che deve gestirne la presenza sul territorio e provvedere al loro sostentamento con pasti, vestiario, affitti, utenze e servizi di assistenza sanitaria, legale e mediazione culturale. Fino a quando?
Fino al pronunciamento della commissione che valuta la richiesta di asilo o anche fino alla decisione del tribunale se vi è un ricorso dopo il no della commissione. Come agisce la commissione? La commissione è formata da un rappresentante degli enti locali, uno delle prefetture, uno degli organi di pubblica sicurezza e da un funzionario dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati. In sostanza, valutano il racconto, che deve avere dei riscontri oggettivi nella realtà. Le persone vengono ascoltate una alla volta. Solitamente si riconoscono con relativa facilità afghani e pakistani che arrivano direttamente qui da noi e non per effetto dell’operazione Mare Nostrum. Spesso sono vittime della violenza ormai endemica esistente nei loro paesi e quindi il loro status viene presto riconosciuto. Per avere diritto a stare sul suolo europeo deve sussistere la condizione di perseguitato per motivi politici,
di GIORGIO SIMONETTI
Cro, anche la montagna più bassa di Aviano ha il suo libro-vetta Nel reparto giovani del Cro di Aviano c’è un diario in ogni stanza dove i pazienti possono condividere liberamente pensieri ed emozioni con chi occuperà il posto dopo di loro
Corso Vittorio Emanuele II, n. 9 33170 Pordenone PN Telefono: 0434 29906
Maurizio Mascarin è l’oncologo responsabile dell’Area Giovani del CRO di Aviano, che raggruppa giovani dai 14 ai 24 anni di età malati gravi. Dal 2007 ha attivato un progetto di comunicazione tra i malati che riscuote molto successo: un diario di bordo delle stanze, dove i ragazzi possono annotare i loro pensieri quando sono ricoverati per le chemioterapie e condividerli con chi è nella loro stessa situazione.
I pazienti giovani che sono in cura nel vostro reparto, che malattie hanno? Curiamo in particolare linfomi, ovvero i tumori dei linfonodi. Tumori delle ossa e dei tessuti molli, tumori cerebrali, delle ovaie e del testicolo. Per stare vicini agli adolescenti malati gravi, vi siete inventati un uso terapeutico della scrittura. Ci può parlare del vostro progetto? Non sapevamo bene come comunicare con i ragazzi.
All’inizio, nel 2007, ci abbiamo provato con un blog, ma non ha funzionato. Il sito internet c’è, la pagina Facebook pure, ma non sono il centro della nostra azione terapeutica, lì possono scrivere tutti. Quello che ha avuto successo sono i diari, ideati grazie alla collaborazione del CRO con l’artista pordenonese Ugo Furlan. In reparto abbiamo quattro camere con otto posti letto: la stanza del leone, del sole, dell’albero e dell’acqua. In ognuna c’è un diario con la copertina disegnata da Furlan che raffigura il rispettivo simbolo. I ragazzi sono liberi di scrivere quello che vogliono, e l’intimità viene condivisa con chi è nella loro stessa situazione, con chi occuperà la stanza nelle settimane successive. I cicli di terapia durano in media quattro, cinque giorni. Cosa scrivono i ragazzi? Di tutto. Pensieri, poesie, disegni, qualcuno ha scritto una
ricetta. Non scrivono tutti, in proporzione saranno un 50%, più ragazze che ragazzi. Come avete pensato poi di valorizzare questi diari? Dopo due anni e mezzo abbiamo raccolto tutti gli scritti che avevano fatto e li abbiamo uniti alle fotografie dei ragazzi, presi nei momenti quotidiani non legati alla terapia. Ne è uscito un libro edito da Mondadori, intitolato “Non chiedermi come sto ma dimmi cosa c’è fuori”, ora purtroppo esaurito
La Città
L’INTERVISTA
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Mai come in questo periodo Pordenone è chiamata a confrontarsi con il problema dei richiedenti asilo
religiosi, razziali, sessuali. In assenza di questi motivi il permesso di asilo viene negato. Quali sono i casi più critici per la commissione? Più problematico il riconoscimento dei migranti provenienti dal Mali, un Paese devastato dalla guerra civile con molte persone in fuga. Molti di loro affrontano viaggi impossibili pur di scappare da una condizione di vita insostenibile. Di fatto nello stato centroafricano non c’è una guerra in corso, però ci sono ancora violenze in atto. Questo rende problematico gestire la richiesta di asilo: ognuno ha una storia personale diversa e tutti devono essere ascoltati. L’accoglienza è un obbligo? Sì, perché in virtù dei trattati internazionali per i richiedenti asilo privi di adeguati mezzi di sussistenza lo Stato deve garantire l’accoglienza per tutta la durata della procedura di richiesta. Come avviene l’accoglienza? La logica è quella di distribuirli il più possibile sul territorio, creando dei gruppi piccoli e facili da gestire. Si organizzano corsi di lingua italiana e qualche migrante si mette a disposizione per dei lavori volontari. La nostra legge, infatti, prevede che nei primi sei mesi di permanenza sul suolo italiano queste persone non possano lavorare ed essere retribuite. Perché succede che qualcuno debba bivaccare all’aperto? I flussi sono in continua evoluzione tra chi arriva e chi riparte verso nuovi lidi. In questo ultimo periodo ci si trova ad affrontare il problema del ricovero notturno. Con il Comune si sta cercando una soluzione. Quando il numero degli arrivi eccede quello dei posti letto nelle varie strutture succede che per brevi periodi debbano dormire all’aperto in luoghi di fortuna, anche se viene
ma reperibile in biblioteca. Cosa avete imparato, leggendo gli scritti dei ragazzi? Quando ci si ammala di queste malattie gravi, si riscopre il valore di alcune cose importanti, come il fatto di andare a scuola e l’amicizia. Tutte cose che si danno per scontate quando si è sani, ma che vengono riscoperte con la malattia. Gli amici, che prima della malattia erano molti e venivano confusi con gli amici di Facebook, poi rimangono in pochi, uno o due al massimo. Si selezionano. Questo dei diari è un progetto non monetizzabile, ma che regala un tocco di umanità al nostro ospedale. Quali altri ospedali ospitano dei diari nelle camere? C’è solo un altro progetto analogo, che io sappia, all’Istituto Tumori di Milano, nato nel 2011.
APRIAMO IL DIARIO SCRIVE CRISTINA “L’importante è essere felice oggi, perciò riempi il cuore di gioia e fanne la scorta per quando le giornate saranno più grigie. A te che ti svegli la mattina col broncio e senza sorriso, a te che ti lamenti per gli impegni della giornata, per te donna che ti lamenti se non hai trovato il capo che cercavi, a voi lavoratori che la mattina
comunque garantita l’assistenza sanitaria, due pasti al giorno e la possibilità di lavarsi. Oggi arrivano circa dieci persone nuove al giorno a Pordenone. Il fatto di accoglierle richiama nuovi arrivi perché i migranti si tengono in contatto attraverso i social. Aprire troppo le porte rischierebbe quindi di aggravare l’emergenza? Questo è un concetto un po’ difficile da capire per chi non lavora stretto contatto con questa realtà. Se le maglie dell’accoglienza fossero più larghe, come umanamente sarebbe anche auspicabile, si finirebbe per aggravare l’emergenza perché si spargerebbe la voce e aumenterebbero subito gli arrivi. Ma noi non siamo in grado di gestire flussi superiori a quelli attuali, già molto impegnativi. Quindi, la sfida complicata è quella di accogliere in modo sostenibile. Nelle città di Udine e Trieste, più vicine di Pordenone ai confini, ci sono da anni centinaia di persone che continuano a dormire all’aperto nonostante gli sforzi dei Comuni. I vari luoghi di rifugio predisposti si sono subito riempiti e i migranti stazionano nei parchi, nelle strade, in ferrovia, con inevitabili tensioni sociali e politiche. L’attuale situazione internazionale non lascia presagire nulla di buono: che scenari vede? In Siria, su 22 milioni di abitanti il 50% ha dovuto abbandonare la propria abitazione. È la più grande area di crisi al mondo. Circa 6 milioni stanno nei campi profughi ai margini del paese. Si è innescato un flusso migratorio che, attraverso la Turchia, si è diretto dapprima in Grecia e poi ha risalito i Balcani. Il risultato è che ci sono centinaia di migliaia di persone tra Serbia e Macedonia che in questo momento dormono all’aperto sulla terra di nessuno. Si tratta di una situazione esplosiva nella quale la Turchia ha grandi responsabilità per l’atteggiamento ricattatorio assunto in periodo elettorale dal governo di Ankara nei confronti dell’Unione europea. Il paese di Erdogan apre e chiude i rubinetti migratori a seconda delle richieste politiche che avanza. La nostra regione è a rischio “invasione”? Al momento non c’è un rischio imminente di flussi verso l’Italia, però non è da escludere. Considerati tutti i problemi dei paesi nord e centroafricani e mediorientali è facile immaginare che la situazione possa solo evolvere in peggio. Di certo il numero dei profughi in Europa nei prossimi anni è destinato ad aumentare. E poi ci sono gli arrivi dal mare.
sbuffate per andare a lavoro, per te che come hai due soldi devi assolutamente soddisfare ogni tuo desiderio spendendo ogni centesimo per poi lamentarti che non ci sono soldi… A voi io auguro un buon giorno! Siete i ben accetti nel mio mondo dove la follia diventa quotidianità, dove la mattina ci si sveglia col sorriso, si fanno i conti di ciò che ti fa male e si sorride al mondo, dove non si può lavorare perché il nostro lavoro ora è affrontare gli ostacoli, dove ogni mattina timbriamo il cartellino in ospedale per fare il mestiere più duro: il paziente. Dove vivere diviene la priorità, dove si fa amicizia con qualcuno che casualmente è inciampato nello stesso per-
corso e si comprende come la vita è fatta di cose povere e umili, dove si trova sempre un assoluto equilibrio, un senso di pace e di gratitudine verso una condizione che meno lo meriterebbe”. SCRIVE MARZIA “Mi sento viva, viva più che mai. Argento vivo. Pronta a combattere con una forza che non credevo di possedere. Sommersa dall’amore infinito delle persone che mi stanno accanto e da medici e infermieri che hanno fatto del proprio lavoro una missione. Io devo essere FORZA per me stessa e per chi mi sta vicino, che impotente soffre forse più di me. Sarà solo una tappa, un ostacolo da raggiungere e superare, sta a noi decidere come affrontarlo. Capirò poi, presto o tardi, qual è il progetto per me, attendo un segno che, sono sicura, prima o poi arriverà. MAI MOLLARE – MAI”. SCRIVE ADRIANA “Il mio viaggio è iniziato a gennaio e oggi sono qui per il mio ultimo ciclo! Avevo promesso a me stessa di non scrivere su questi libri perché non volevo lasciare traccia di me in questo posto ma oggi ho cambiato idea :) Oggi mi sento bene, fuori c’è il sole e sapendo che è l’ultimo ciclo mi do forza! Dire che è stata una passeggiata sarebbe una bugia ma tutti ce la possono fare!
In Libia purtroppo esiste una continuità fra i governi locali e le organizzazioni criminali. Le persone di colore che fuggono dai paesi centroafricani vengono stoccate in campi di raccolta privi dei servizi essenziali e con un pasto al giorno se va bene. Quando il numero è sufficiente e le condizioni meteo sono favorevoli vengono portati sulla spiaggia e indotti a venire in Italia. Le condizioni di sicurezza del viaggio dipendono da quanto si paga. C’è chi viaggerà in una stiva perché ha pagato solo 500 euro, altri viaggeranno in coperta o in barche più sicure. Le primavere arabe e la caduta del regime libico hanno aperto un varco a questo flusso umano. Esiste una via di uscita da questa situazione? In Italia e in Europa dobbiamo ripensare l’istituto dell’asilo politico e la legislazione collegata, che non sono stati concepiti per far fronte all’arrivo di milioni di persone. Se io devo mantenere una persona fino a quando gli riconosco il diritto di asilo devo fare in modo che tale periodo sia il più breve possibile, un mese o un mese e mezzo al massimo. Invece, noi teniamo le persone in accoglienza anche 18-24 mesi prima che la procedura si concluda con il permesso o con il diniego. In quest’ultimo caso, poi, si verifica una situazione paradossale: dovrebbero lasciare il nostro paese entro 15 giorni, ma non possono farlo perché non hanno il diritto di entrare in un altro paese. Quindi, di fatto, siamo noi a creare la figura dell’irregolare, che se ne va da un’altra parte così com’è arrivato. Se fossimo noi a caricarlo su un aereo e a rimpatriarlo, in teoria il suo paese potrebbe non riceverlo e dovremmo riportarcelo indietro, salvo accordi bilaterali tra i paesi. Che significa pagare perché li riprendano. È accaduto con l’Albania. Nessuna alternativa all’integrazione, quindi? L’integrazione è l’unica strada. Dobbiamo accettare l’idea che il nostro prossimo sia diverso, per razza, religione, orientamento politico, abitudini alimentari, stili di vita. Da questo non si potrà prescindere in futuro perché la nostra società sarà sempre più multietnica e multiculturale. Ma ciò può funzionare solo con un livello molto alto di legalità e di funzionamento della giustizia, perché questo dà sicurezza sia all’ospitante che all’ospite. Per fare questo bisogna avere tribunali che funzionano, pattuglie della polizia che sorveglino bene il territorio e anche forte senso identitario. Come si tutela l’identità italiana ed europea? Il fatto di togliere i crocefissi dalle aule scolastiche o da altri luoghi pubblici è stata una richiesta fatta dagli europei alla Corte Europea, non sono stati i musulmani ad imporlo. Voglio dire che spesso siamo noi che non difendiamo le nostre radici e la nostra cultura perché forse abbiamo un’identità un po’ debole. A prescindere dalla fede personale dovremmo riconoscere che la cultura europea ha una matrice giudaico-cristiana che appartiene alla nostra storia. Invece prevale un agnosticismo, collegato a correnti massoniche, che mina dalle fondamenta e indebolisce il senso identitario. Flavio Mariuzzo
Un consiglio? Quando ci sono giorni che tutto sembra nero e ci si sente stufi, bisogna pensare a quando sarà tutto finito e questo sarà solo un ricordo. Io ho sempre fatto così… Funziona! Qua mi sento sicura, tutti
sono persone speciali :) Non abbiate paura, tutto passerà. PS: Non fatevi troppe domande o chiedetevi perché… Una risposta non c’è, e se c’è, solo il tempo ve la darà.”
Corso Vittorio Emanuele 13 33170 Pordenone Tel. 0434 522206
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La Città
EDITORIALI
Dicembre 2015
IL LANTERNINO
continua dalla prima
Quando il fideiussore rimane garante a sua insaputa foto Angelo Simonella
Un’implacabile sete di umanità
amino gli uomini come Dio li ama e compiano ogni sforzo per praticare giustizia, onestà, fratellanza e solidarietà. Per questo attendo di sentire, a Natale, angeli che cantino: "Gloria Dio nell'alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama". E, stando ad ascoltare papa Francesco, avverto come oramai indispensabile che si torni a guardare ad ogni essere umano, qualunque sia la sua età e la sua situazione, come ad un valore immenso, da porre al di sopra di ogni altro valore e considerazione, così che attorno ad ogni essere umano si accumulino stima, rispetto, amicizia, tenerezza, solidarietà, misericordia. Per questo ho preparato con più cura il mio presepio, e ho messo la statuina di Gesù Bambino nella minuscola mangiatoia di fieno fin dal primo giorno di Avvento, e ci sto davanti ogni giorno un po', in silenzio, mentre dico alla mia anima: "Ogni uomo, ogni donna può dire: Dio è mio padre. E io debbo trattarli come nobili figli e figlie di Dio". E faccio passare davanti a me, uno ad uno, i volti di coloro che incontro nelle mie settimane, e a ciascuno dedico una preghiera d'affetto. E rileggendo sommessamente, adagio, parola dopo parola, immagine dopo immagine, i racconti del Natale del nostro Signore Gesù Cristo nei Vangeli scritti duemila anni fa da Matteo e da Luca, con la cura e l'affetto accurato che metterei nel leggere un'ultima lettera lasciatami da mio padre o da mia madre, le radici sante che mi hanno generato. E mi diventa chiaro che è presso i poveri pastori che bisogna cercare
la strada che abbiamo smarrita, quella che ci aiuterebbe a ritrovare la nostra umanità e a far pace con noi stessi, perché attenti a non lasciare indietro nessuno, attenti alle umiliazioni, troppo spesso così fonde e così crudeli, di umani come noi, inferte dalle nostre scelte solo apparentemente innocenti. E tornando un po' bambino, ritrovo lo stupore e la dolcezza di vedere un bue e un asinello accanto al bambino Gesù, inteneriti a vedere il Figlio di Dio così piccolino e pieno di freddo, e pronti a offrirgli il loro calore, ma senza mettergli paura, stando quieti e vicini. E risento il fascino di una stella cometa che, dall'alto del cielo, guarda giù al buio della terra e scende con delicatezza per diventare una lampada sopra una povera grotta, dove è avvenuto il miracolo di un nuovo parto, che ha a che fare con la nascita dell'universo e l'equilibrio delle galassie. E provo a pensare a uomini e donne che tornano ad essere rispettosi verso gli animali e verso la natura, e a trattare con umiltà e gratitudine ogni elemento di cui hanno necessità, e allungano la mano solo su ciò di cui hanno strettamente bisogno e non di più. Don Chino Biscontin
LA LETTERA I genitori del Comitato Vogliamo educare i nostri figli, sono stati molto contrariati dall’articolo “Le favole del gender” e hanno espresso il loro dissenso in una lunga lettera, di cui riassumiamo qui i punti salienti.
“Sbagliatofar credere che il problema gender non esista” I genitori del Comitato “Vogliamo educare i nostri figli” di Pordenone si dichiarano perplessi e sconcertati di fronte all’articolo “Le favole del gender” di Clelia Delponte, apparso nell’ultimo numero del giornale, ed esprimono il loro disappunto per i termini con cui è stata affrontata la questione, allo scopo palese di anestetizzare i lettori, facendo credere che non sussista alcun problema. I genitori evidenziano che, così facendo, sono stati attribuiti atteggiamenti farneticanti alla ministra Giannini, che in più occasioni si è premurata di assicurare che le “teorie di genere” non verranno introdotte nella scuola, implicitamente confermando il carattere di pericolosità che tali insegnamenti potrebbero comportare. Si sono attribuiti atteggiamenti farneticanti a Papa Francesco, che ha definito l’ideologia gender “uno sbaglio della mente umana che crea tanta confusione”, al cardinal Bagnasco e ai padri sinodali che hanno espresso viva preoccupazione su questi temi. Si è attribuito atteggiamento farneticante a un milione di cittadini scesi in piazza San Giovanni a Roma alla manifestazione “Family Day”. Si è attribuito atteggiamento farneticante a centinaia di genitori del territorio cittadino, provinciale e regionale, che da tempo esprimono il loro dissenso nei confronti di orientamenti pedagogici che si stanno diffondendo nelle scuole senza alcun avallo democratico, estromettendo dal loro compito educativo i genitori, primi responsabili dell’educazione dei figli. Ricordiamo che l’articolo 29 della Costituzione italiana definisce la famiglia società naturale fondata sul matrimonio. I genitori starebbero tranquilli se il materiale che viene presentato ai loro figli potesse essere da loro visionato, anche per trasparenza del pubblico servizio.
anche ad eventuali La lettura di altre concessioni questo articolo, di credito future, per quanto utile a mantenendo fermolti, è consigliamo solo l’importo bile specialmente di NINO SCAINI massimo garantito. a coloro che hanCosì che, ritorno avuto modo (o che vi si accingono) di prestare nando all’esemplificazione appena fatta, se dopo aver la propria garanzia personale regolarmente rimborsato ad una banca affinché un proprio parente o amico possa il primo finanziamento, il figlio avesse ottenuto, anche ottenerne un finanziamento. Una circostanza, va osservato, all’insaputa del padre, una nuova e diversa linea di credisempre più frequente in tempi, come quelli attuali, in cui il to e non fosse questa volta in grado di rimborsarla, l’ignaro sistema creditizio - tanto per fideiussore si vedrebbe intila profonda crisi del mercato mare il pagamento del relativo immobiliare, quanto per la debito. Immaginiamone la svanita certezza del posto di sconcertante e amara sorpresa! lavoro - non trova sufficiente conforto nella capacità di rim- Che si rivelerebbe addirittura beffarda ove magari il nuovo borso del solo soggetto finanfinanziamento risultasse privo ziato. E intende così ampliare la fonte del rimborso anche ad dei requisiti che rendevano altro soggetto (fideiussore) che invece meritevole di garanzia appunto, garantendo il finan- quello originario. ziamento, si obbliga a rimbor- Per evitare queste spiacevoli situazioni, tutti coloro che si sarlo personalmente se e nella misura in cui non vi provveda recano o si recheranno in banca per garantire una determiil debitore principale. nata operazione di credito, è Alla base di questo tipo di bene si accertino che nell’atto impegno, che implica l’asfideiussorio da sottoscrivere sunzione di un rischio spesso tale operazione risulti specigravoso, naturalmente esistoficata in tutti i suoi elementi no ragioni di tipo prima di distintivi, diffidando di ogni tutto affettive (l’intenzione di rassicurazione sulla correttezza aiutare il parente o l’amico) dei comportamenti della banma anche economiche (è ca, che renderebbe superflua probabile che il garante ne siffatta cautela. tragga un indiretto beneficio, A coloro che, invece, fideiusad esempio godendo anch’esori già lo sono, suggeriamo di gli dei beni acquisiti con le verificarne il testo attraverso somme ottenute). E anche la copia in proprio possesso per questo nella decisione del garante non può non assume- (oppure facendosene rilasciare una dalla banca) e - ove non re un ruolo essenziale, oltre a fosse chiaro che la fideiussione quella dell’entità materiale, la riguarda esclusivamente il valutazione sia delle finalità sia delle caratteristiche (in par- finanziamento per il quale è stata rilasciata - di inviare alla ticolare tempi e modalità del banca una nota (anche una rimborso) dell’operazione. Per scendere nel pratico, pren- semplice e-mail) con cui si precisa che la garanzia in quediamo il caso di un padre fideiussore di un finanziamento stione deve intendersi esaurita con l’adempimento di quel destinato all’acquisto di beni determinato debito. strumentali all’avvio dell’attiQuelli che, infine, apprendesvità professionale del figlio e sero dell’imprevista presenza rimborsabile ratealmente in 5 di un nuovo debito, come anni. Una volta verificatone pure i più sfortunati che l’effettivo utilizzo iniziale e il dovessero essere chiamati a buon esito finale (ad esempio rimborsarlo, non per questo perché gli è noto il regolare dovranno arrendersi ai tentaed integrale adempimento da parte del figlio, oppure perché tivi (più retorici e velleitari che seri ed efficaci) delle banche mai, neppure alla scadenza, di declinare ogni propria la banca lo ha informato del responsabilità dell’accaduto contrario), è del tutto plausibile e naturale che egli si senta e attribuendola invece al ormai libero da ogni impegno debitore principale, per non averne reso edotto (ma nemassunto con quella garanzia. meno lui quasi certamente lo Ma, attenzione, così può non era) il garante, piuttosto che essere e, anzi, spesso non è. al fideiussore stesso per non Quasi tutte le banche infataver letto il testo del docuti - pare per banali ragioni mento (usualmente esibito al organizzative probabilmente garante solo al momento della nemmeno degne di maliziosi sottoscrizione e senza la misospetti - sottopongono di norma (cioè salvo l’interessato nima verifica circa l’ effettiva non ne faccia preventiva obie- conoscenza del contenuto). Vi sono infatti molte e fondazione) alla firma di ogni fideiussore un testo che non limi- te ragioni e molti ed efficaci ta la garanzia a quella specifica strumenti per delegittimare tali pretese delle banche. e determinata operazione di finanziamento, ma la estende (ninoscaini@gmail.com)
La Città
CONTROCORRENTE
Dicembre 2015
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La corsa alla poltrona di sindaco di Pordenone entra nel vivo. Ma manca una visione di sviluppo futuro
Più che un sindaco serve una squadra di buon senso “È inutile riempire fogli di programmi, perlopiù intesi come la sommatoria dei numerosi problemi da risolvere. È invece importante avere una visione di città, senza privarla di un po’ di sogni e di qualche buona utopia. Fondamentale la sensibilità per l’innovazione” di GIUSEPPE RAGOGNA
Il 2016 porterà a Pordenone un nuovo sindaco. Claudio Pedrotti è stato costretto da continue pressioni politiche ad abbandonare anzitempo la scena. Altri raccoglieranno il suo testimone. Così è già in corso una lunga campagna elettorale. La speranza è che i concorrenti sappiano ricreare un'atmosfera favorevole al rilancio di Pordenone, una città spaesata che rischia di isolarsi. C’è la necessità di imprimerle una scossa per fermare la deriva di lamentazioni e di frustrazioni. Stavolta sì che più delle ricorrenti imprecazioni “sui schei”, i quali non sono mai sufficienti, contano le idee. L'appello è rivolto all’esigenza di costruire una visione di sviluppo in grado di ristabilire una traiettoria di
futuro, perché ormai i vecchi parametri sono definitivamente superati. Non esistono uomini della provvidenza in grado di portarsi dietro un enorme carico di responsabilità. E non esistono neppure formule magiche. La complessità dei tempi nuovi brucia le ipotesi dell’uomo solo al comando. È quindi fondamentale individuare una squadra di “buon senso”, che riesca a coniugare correttamente il “noi” dentro una rete di rapporti economici, culturali e sociali. Che ascolti, interpreti e decida senza perdere di vista un progetto di sviluppo coerente di città. È inutile riempire fogli di programmi, perlopiù intesi come la sommatoria dei numerosi problemi da risolvere.
È invece importante avere una visione di città, senza privarla di un po’ di sogni e di qualche buona utopia: il grigiore non crea né emozioni né fiducia, mentre i colori aprono orizzonti lunghi e pensieri contagiosi. E dal contatto delle idee nascono progetti. Accadeva così nei formidabili Anni Sessanta, cioè in quel lungo periodo di sviluppo che fece uscire Pordenone dal guscio di un anonimo paesotto. Soltanto con questo slancio si potrà ridisegnare la città. Guardandoci un po’ in giro, si potrebbe individuare qualche buona esperienza: ci sono esempi di aree urbane, sfruttate intensamente da vari cicli di industrializzazione, che si sono reinventate sotto vari profili: dell’economia,
con investimenti mirati ai contenuti tecnologici, ai saperi e alla ricerca permanente; della qualità della vita, attraverso la cultura, la musica, la bellezza; dell’urbanistica, con il recupero dei “non luoghi”, la ricucitura degli strappi tra una zona e l’altra, la valorizzazione del paesaggio; della mobilità, con l’alleggerimento del traffico, la rimodulazione dei servizi pubblici, il potenziamento del sistema di reti; dell’amministrazione pubblica, togliendo la città dalla sacca in cui si è ingarbugliata, per proiettare la sua dimensione su piattaforme più ampie di dialogo e di relazione. Ecco quindi che ripescare un po’ di materiali dalla storia, senza cadere in nostalgie, sarebbe un esercizio
promettente almeno per recuperare un “senso di comunità”. Proprio nelle settimane scorse è stato ricordato (finalmente) Lino Zanussi, l'imprenditore che seppe incarnare l'innovazione in una concreta prospettiva aziendale. Ripeteva quasi con ossessione questo termine, quando ancora era ben lontano dal diventare lo slogan di oggi. Ripetiamolo ancora come sfida carica di futuro: per Zanussi l’innovazione era una parola ricca di fascino e di contenuti. Possiamo recitare quasi a memoria il suo concetto: “La previsione dello sviluppo dell'impresa (o di un'idea, o di un progetto, potremmo aggiungere oggi) non è certo l'immaginazione
AMARAPIACE
Sulle tracce dei tesori enogastronomici della provincia di Pordenone
di MARA DEL PUPPO
Il panettone artigianale ha delle ragioni che il panettone industriale non conosce “Spesso risulta complicato spiegare a chi è disposto a investire 600 euro in uno smarthphone che 25 euro per un panettone artigianale è in effetti un prezzo molto più facile da giustificare…”
Panettone artigianale di Renato Bosco, foto Gabrio Tomelleri
… molte persone chiedono se la pasticceria è fresca, poi magari gli stessi si lamentano perché i lievitati tipo il panettone (intendo l’artigianale) dura SOLO 30/40 giorni. Bene vorrei chiarire che se non ci sono mono digliceridi, se non ci sono altri tipi di conservanti è giusto che il prodotto abbia una durata limitata. Il prodotto fresco non
del futuro, ma la volontà del futuro. È questa volontà che mette nelle condizioni di rinnovarci continuamente: che non ci fa fuggire davanti ai problemi, ma ci porta a cercarli”. Capiamoci: se l'innovazione restasse uno dei tanti slogan da rispolverare magicamente nei momenti di difficoltà non riuscirebbe a trasmettere proprio nulla, ma se invece dovesse lievitare sia come mentalità sia come sensibilità potrebbe riportarci nel cuore dei cambiamenti. Non sarebbe un buon viatico per il nuovo sindaco? Una mentalità, però, non uno slogan.
ha nulla a che vedere con quelli con additivi… ma poi perché comprare un panettone oggi per cercare di mangiarlo il giorno prima della scadenza della data??? La mia riflessione sul Natale è partita da qui… da un post datato 2 dicembre scritto da Gino Fabbri, presidente dell’Accademia Maestri Pasticceri Italiani. Non proprio uno qualsiasi. Sì, perché il Natale senza panettone non è lo stesso, e proprio il re delle tavole delle festività è al centro di lunghe discussioni su cui mi batto da tempo. Uno dei nodi della questione è la scadenza, l’altro quello del prezzo; spesso risulta complicato spiegare a chi è disposto a investire 600 euro in uno smarthphone che 25 euro per un panettone artigianale è in effetti un prezzo molto più ampiamente giustificabile… Lungi da me condannare le scelte altrui, ma mi sembra corretto chiarire che dietro ad una data di scadenza e ad un prezzo ci sono delle motivazioni, riconducibili alla differenza tra un panettone industriale e uno artigianale.
Partiamo dal punto uno: un panettone artigianale è realizzato con materie prime fresche, alcune – uva passa e canditi per esempio - gli donano il tradizionale aroma. Nell’industria è diffuso l’utilizzo di semilavorati e aromi chimici, studiati in laboratorio per riprodurre profumi e sapori simili a quelli presenti in natura. Pensate che in commercio esiste persino un aroma che si chiama ”panettone“… Punto secondo: un panettone artigianale di qualità utilizza farine non raffinate, uova fresche, un buon burro, canditi e uva passa. Nell’industria l’abbattimento dei costi della materia prima è una priorità, a scapito della qualità. Si vocifera che anziché gli agrumi (di gran lunga più costosi) venga da molti utilizzata la zucca, una volta candita e aromatizzata, dello stesso colore di un’arancia, risulta irriconoscibile anche ad un occhio attento. Inoltre, un panettone artigianale utilizza la sola pasta madre viva per la lievitazione, chi l’ha testata, sa quante cure quest’ultima richieda. Certo, tutte ripagate dai risultati. Punto terzo: i tempi. Un panettone artigianale viene realizzato in circa 3 giorni. Viene fatto un doppio impasto con altrettante lievitazioni, poi una volta cotto va raffreddato capovolto e poi confezionato. Questo procedimento lo rende più digeribile. Nell’industria si parla di tempistiche molto più brevi, a volte minori delle 24 ore. Infine i conservanti, quelli di cui parla Gino Fabbri. Se non usi conservanti il
prodotto deteriora dopo una trentina di giorni. Solo grazie a questi ultimi – tra cui i mono e digliceridi degli acidi grassi – un lievitato può durare dei mesi. Che alla fine un prodotto che richiede materie prime di qualità, lunghe tempistiche per risultare più salubre e digeribile possa co-
stare molto di più di un lievitato realizzato senza rispettare queste regole, direi che è logico. Che qualcuno voglia rinunciare a gustarselo perché deve comprare a fine novembre quello che metterà in tavola a Capodanno… lo capisco un po’ meno. Ma ciascuno faccia la sua scelta.
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L’ANNIVERSARIO
Dicembre 2015
La Città
Cinquant’anni fa a Pordenone nasceva un’autentica avanguardia della comunicazione aziendale
Studio M&B, la réclame del boomeconomico pordenonese
La città di Pordenone a partire dal secondo dopoguerra, e soprattutto dagli anni Sessanta, conobbe un considerevole sviluppo ed una rilevante espansione, con conseguente aumento di residenti. Gli abitanti, agli inizi degli anni '50, ammontavano a oltre 27mila unità; nel 1961 salirono a 34mila, per raggiungere, dieci anni dopo quasi i 50mila. Nel frattempo, nel 1968, Pordenone fu promossa capoluogo di provincia. Rilevanti, pertanto, furono l’aumento e la crescita delle realtà industriali e commerciali, alcune delle quali inizialmente sorte all’interno del centro storico, come la Ceramica Galvani di Borgo Sant’Antonio, le Cantine Pavan di Piazza della Motta, il Pastificio Tomadini nei pressi del Ponte sul Noncello, l’Industria Zanussi in via Montereale, la fabbrica Serramenti Antonio Zanette in via Oberdan, le Officine Savio in via Molinari, gli stabilimenti cotonieri. Le attività aumentarono e gli opifici si trasferirono in zone ester-
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I soci fondatori furono il poeta Pieraldo Marasi e Giancarlo Bonanni, subito affiancati da Alvaro Cardin. I primi lavori furono fatti per Pastificio Tomadini, Cantine Pavan, Distilleria Dalla Cia di Azzano Decimo, Zanussi, Ediltur e Cimolai. Fu tra i primi del Triveneto a fornire un servizio completo di comunicazione e pubbliche relazioni
ne alla città, nelle frazioni e nei borghi che ebbero così un notevole incremento sociale e demografico. Dato il considerevole aumento di produzione e la conseguente esigenza di farla conoscere nel mercato agli imprenditori erano indispensabili nuovi e moderni mezzi di comunicazione e promozione. Nel 1964, a Pordenone in Corso Giuseppe Garibaldi, fu aperto lo Studio M&B. I primi soci furono Pieraldo Marasi, giornalista, scrittore e poeta, e Giancarlo Bonanni, proveniente dall’esperienza maturata presso l’Industria Zanussi dove aveva operato dal 1958 al 1963 nel settore delle pubbliche relazioni e stampa. Dopo pochi mesi iniziò a prestare la sua collaborazione Alvaro Cardin, già dipendente Zanussi nel settore della pubblicità, divenendo ben presto socio dello Studio. Successivamente entrò nello Studio, come curatore del settore artistico e grafico, il professor Alfredo Assante, già allievo, e in seguito assistente, del pittore Virgilio Guidi. I primissimi lavori svolti furono dedicati agli imprenditori e alle ditte locali di particolare rilievo, come il Pastificio Tomadini, le Cantine Pavan, la Distilleria Dalla Cia di Azzano Decimo, la stessa Zanussi, la Ediltur, l’Azienda Cimolai e altri. M&B si distinse, tra i primi nel Triveneto, nel campo della comunicazione e della promozione, nell’offrire alla propria clientela un “servizio” completo. Aveva riunito un gruppo di lavoro formato da tecnici specializzati e anche di strutture operative con il compito di “aiutare”, con
ampia varietà e ricchezza di idee, le aziende e i clienti nella crescita delle vendite, soprattutto per mezzo della pubblicità, ma anche con altri strumenti di fondamentale importanza come il marketing, le ricerche di mercato e le relazioni pubbliche. Tale gruppo di lavoro si dedicò allo studio e alla ricerca degli argomenti più adatti al prodotto, da valorizzare presso la potenziale clientela con messaggi chiari e persuasivi. La scelta di tali argomenti è basata sull’attenzione nei confronti del consumatore, dei suoi desideri, delle sue aspettative e delle sue tendenze. Lavori fondamentali furono anche la creazione e la redazione di testi con eventuali traduzioni, come pure riprese fotografiche e cinematografiche. Per questi servizi lo Studio si avvalse di alcuni collaboratori esterni particolarmente qualificati, come il regista Emilio Marsili, autore del “Pianeta acciaio”, considerato il primo documentario industriale italiano. Nel corso degli anni '70 Pieraldo Marasi (che scomparve prematuramente) si trasferì a Milano ove si dedicò principalmente al lavoro di giornalista e scrittore. Giancarlo Bonanni, d’altro canto, lasciò lo Studio nei primi anni '80 e, assieme ad Alfredo Assante, si dedicò alla consulenza grafica e redazionale. I principali settori che hanno visto impegnato per decenni lo Studio M&B (Alvaro Cardin volle mantenere la sigla iniziale come ricordo dei soci fondatori) furono pubbliche relazioni, campagne pubblicitarie, prodotti televisivi e cinematografici, spot radiofonici, pubblicità su quotidiani e periodici, depliant, notiziari aziendali, progettazione e organizzazione di convegni, monografie di prestigio, manifestazioni e iniziative editoriali su La Domenica del Corriere, il Sole 24ore, Il Tempo, Epoca ed altre
pubblicazioni di carattere storico e culturale. Nel tempo lo Studio si avvalse di professionisti quali De Bellis e Vergani come consulenti grafici. In tale settore ha pure collaborato, per diversi anni, prima Fiorenza Pastorino e successivamente Adriano Traina, e come account Bruno Paludet ed altri professionisti. Da menzionare l’importantissimo ausilio nella puntuale gestione della Segreteria, delle signore Marisa Del Piero e Luigina Giuliani. La consulenza marketing è sempre stata assicurata dall’ottimo esperto Martino Giuliani, già direttore di diverse agenzie del settore. Alvaro Cardin volle allargare le opportunità di lavoro con i consulenti delle Industrie Zanussi Del Castillo e Zannier, ai quali si aggiunse in seguito Paolo Musolla. Anche questo impegno era decisamente nuovo per l’epoca. In effetti, la sola Zanussi da tempo si avvaleva di esperti in organizzazione, programmazione e gestione aziendale. L’impegno pubblico sottrasse, in buona parte, Alvaro Cardin alla professione che però pratica tuttora con diverse iniziative, ed in particolare con il prestigioso settore editoriale. Recentemente l’architetta Antonia Cardin, figlia di Alvaro, ha iniziato a collaborare con lo Studio in termini di continuità con una tradizione che s’intende rilanciare nei vari settori, quali in design, gli allestimenti e la grafica.
La Città
TEATRO
Dicembre 2015
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Il Teatro comunale pronto ad aprire il nuovo anno con un cartellone scoppiettante e di qualità LO SPIGOLO
Il Verdi cala gli assi Il Teatro Verdi di Pordenone si prepara a un 2016 denso di eventi e per agevolare il pubblico nell’acquisto dei biglietti, senza dover attendere le consuete prevendite mensili, ha scelto di ripetere l’operazione “Regala emozioni, regala spettacoli” un invito a considerare l’idea di donare un biglietto per uno spettacolo, in occasione del Natale. La strenna (confezionata per essere messa sotto l’albero) potrà prevedere uno o più biglietti a scelta per gli appuntamenti del 2016, come quelli, attesissimi, in arrivo nei primi due mesi dell’anno. Fra i tanti ci saranno Beppe Severgnini il 9 gennaio e Luca Zingaretti dal 22 al 24, Silvio Orlando e Marina Massironi il 12, 13 e 14 febbraio, Corrado Augias il 19. E poi i grandi balletti come Bolero e Carmina Burana il 19 gennaio o Giselle il 10 febbraio, l’evento internazionale “Stones” in arrivo da Israele il 28 e 29 gennaio e le serate musicali di prestigio, come il concerto dei Solisti Aquilani il 15 febbraio, la Giornata della memoria il 27 gennaio. E poi la seconda tappa
Donne, uomini e violenza di NICO NANNI
delle Voci del violoncello, il nuovo progetto musicale che ha preso il via proprio a fine 2015, un viaggio a puntate, reso possibile anche dal sostegno degli Amici del Teatro Giampaolo Zuzzi e Giulia TaBeppe Severgnini mai Zacchi, nella storia di uno strumento che, da Bach a Sarah Jane Morris, ha ispirato una sorprendente letteratura musicale: quattro concerti dedicati alle letterature nazionali di repertorio per violoncello e in appendice, a fine maggio 2016, appunto, un concerto tra pop e jazz con la sontuosa voce di Sarah Jane Morris accompagnata da un gruppo di violoncelli, chitarra e sax. A prosecuzione di un percorso che ha già visto musicisti quali Mario Brunello, Enrico Dindo, Jordi Savall calcare il palco del Verdi, altri sono i grandi interpreti motivati ad aderire a questo progetto, tutti provenienti dai Paesi europei di maggiore tradizione musicale: Polonia, Russia, Francia, Germania. La voce di Sandro Cappelletto, scrittore, storico della musica, voce di Radio Rai e volto di Rai 5, critico musicale fra i più apprezzati nel nostro Paese, introdurrà all’ascolto dei singoli appuntamenti. Dopo il Crakow Duo, dalla Polonia in febbraio si proseguirà ancora con le declinazioni per violoncello e pianoforte: il 24 arriverà infatti il duo russo Maslennikov-Kudritskaja. Per dettagli, informazioni e biglietti: 0434 247624, www.comunalegiuseppeverdi.it, facebook.
CURIOSITÀ
QUARANT’ANNI DI GEOMETRI IN UN LIBRO “Frammenti di memorie” è il volume che racconta la storia dell’ITG “Pertini” con i nomi di tutti i diplomati dal 1970 in avanti Lo scorso 5 novembre, all’Auditorium Concordia, è stata presentata una pubblicazione dal titolo “Frammenti di memorie” che racconta la storia dell’Istituto Tecnico per Geometri di Pordenone dall’autonomia da Udine, avvenuta nel 1975, ai giorni nostri. I promotori, in primis la professoressa Spessotto e il professor Paron, hanno ritenuto, assieme al preside Malachin, che il libro fosse meglio farlo adesso, sfruttando la memoria lucida della preside emerita Nelia Roncarati e la tenacia e l’energia dell’ex dirigente Elvira Serafini. “Come sempre ci deve essere l’idea ma anche la volontà di qualcuno di portarla a termine precisa Spessotto - senza la volontà e la passione non si fa nulla”. Qualcuno, quando è stato chiamato per fornire il suo apporto personale in quanto ex studente o ex insegnante, ha affermato: “A me il passato non interessa, io sono proiettato nel futuro”. La volontà del libro e degli autori è stata quella di ricordare il passato ma con lo sguardo rivolto al futuro, perché diversamente tutto cade nell’oblio se non c’è la volontà del ricordo. I frammenti di memoria, i ricordi, gli aneddoti hanno consentito di stendere e realizzare questo mosaico composito e complesso ma corale che ha fatto sentire a tutti di appartenere
al “Geometri” e dal 1991 al “Pertini”. E tutti ne sono protagonisti perché ognuno è citato nei lunghi elenchi in fondo al testo nel capitolo dal titolo: “I protagonisti della nostra storia”, dove sono riportati i diplomati dal 1970 a quest’anno, tutti i docenti, i presidi e il personale Ata. Il libro illustra anche le tappe dell’evoluzione tecnologica e del processo di innovazione che ha caratterizzato in tutti questi anni l’Istituto, ed è anche dotato di molte foto raccolte in una sorta di album da sfogliare per ricordare (anche coloro che non ci sono più), rivederci e riconoscerci. Un altro motivo della realizzazione del libro, oltre alla memoria, è stato quello di attuare un simbolico passaggio di testimone tra la vecchia e la nuova generazione che non conosce la storia e i personaggi. La pubblicazione, che si può trovare
negli uffici dell’Istituto in via Interna, è dedicata al professor Di Bert, scomparso nel giugno scorso, perché lui ha lanciato l’idea del libro e l’ha voluto con tenacia in nome del senso di appartenenza che ha sempre caratterizzato la scuola. La presentazione è stata l’occasione di incontro per moltissimi professionisti del pordenonese, che, insieme ai ragazzi che ancora frequentano il Geometri, hanno partecipato ad un vero e proprio spettacolo con musiche, canzoni, balletti e video. Ogni intervento è stato caratterizzato da un oggetto portato dall’ospite sul palco del Concordia (dal casco e dalle scarpe antinfortunistiche al Decreto del 5 novembre 1975, dal mappamondo agli strumenti tradizionali della scuola); infine ognuno è stato invitato a donare un messaggio per i giovani da lasciare sulla lavagna che scenograficamente simboleggiava la classe. Vorrei concludere questo intervento con il messaggio: studiate ragazzi perché le vere ricchezze sono la cultura e la conoscenza; portatele sempre con voi, non verranno mai perdute, possono solo accrescersi e non verranno mai sperperate. Ai futuri geometri: buona vita e credete nel futuro! Daniele Rampogna
Anno terribile, questo 2015, per Pordenone: ben tre omicidi con sei vittime, cinque delle quali donne, una ancora bambina. Per una città non abituata a questo tipo di fatti, è stato un brusco risveglio: certe cose possono accadere anche da noi e inevitabilmente il pensiero corre subito alla violenza sulle donne. D’accordo, solo uno dei tre omicidi può essere iscritto nei tipici casi di femminicidio, essendo gli altri due ascrivibili ad altre motivazioni, ma il risultato purtroppo non cambia. Allora dobbiamo porci tutti quanti il problema di un cambiamento culturale: dell’uomo, prima di tutto, che deve imparare a rispettare la controparte; ma anche della donna, che deve imparare a non subire passivamente nascondendo, prima di tutto a se stessa, la realtà dei fatti e a saper cogliere i segnali. Proprio a Pordenone qualcosa in tal senso sembra che stia cambiando. Il 25 novembre scorso, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donna, dal Teatro Comunale è partito un progetto articolato. È il secondo anno che il nostro teatro invita a riflettere sul tema ospitando spettacoli e iniziative (specie degli studenti) e posizionando nel foyer una “poltrona occupata”, a simboleggiare che fra il pubblico manca quella donna che è stata oggetto di violenza. Ora il progetto del teatro si è fatto ancor più articolato
avendo per slogan “Io no!” e trovando la condivisione di numerosi enti pubblici, associazioni, organismi, che già si riconoscono nella “Carta di Pordenone” ideata per dare voce a una nuova cultura rispettosa della dignità della persona, rivolta agli operatori del mondo dell’informazione e della comunicazione, ma aperto a tutti coloro che sentono vicini questi principi. Perché la cultura che crea discriminazioni e violenza non è qualcosa di astratto, ma dipende da noi tutti. Indubbiamente la violenza sulle donne è un problema degli uomini: per questo l’ASS n. 5 “Friuli Occidentale” sta studiando l’apertura di uno “sportello” rivolto agli uomini che vogliano prendere coscienza dei loro istinti violenti. Una violenza che non è solo sessuale o comunque fisica, ma è anche psicologica, come ben dimostra il video No!, del regista Alberto Fasulo, con Viviana Piccolo e Mirko Artuso. Una condivisione fra cultura (con lo spettacolo Polvere, di e con Saverio La Ruina), scuola (con il flash mob animato dagli studenti), società civile (con un video set dove tutti hanno potuto gridare il loro “No!” alla violenza), sport (con il coinvolgimento del Pordenone Calcio e del Pordenone Rugby). Insomma, dalla nostra piccola città partono anche segnali positivi.
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La Città
CULTURA E SPETTACOLI
Dicembre 2015
MUSICA
L’EVENTO
L’ALBADEI TRAM, ANZOVINORILEGGE PASOLINI
DEDICA2016 AYASMINAKHADRA Sarà lo scrittore algerino di lingua francese il protagonista della 22esima edizione del Festival che si terrà a Pordenone dal 5 al 12 marzo 2016
influenza: dall’abbandono forzoso della sua Casarsa (Aria) alle grandi opere che scrisse (Spasimo), dal suo arrivo a Roma (Metropolitan) alla prima volta a New York (Transoceano), dal primo film girato in Africa alla ricerca di un’altra incontaminata cultura degli analfabeti (Natural mind) alla lucida solitudine di “Supplica a mia madre” (Dove sei), passando per il primo processo per vilipendio alla religione dello Stato (tabù), la fascinazione per il lontano oriente nell’esperienza de “Il fiore delle Mille e una notte” (Orient Island), la passione bruciante per il gioco del calcio (Giostra), le canzonette facili da gettonare nel juke-box per ballare (Due dita), le passeggiate notturne (Cammino nella notte) e tanti altri aneddoti. Le musiche raccolte nell’album “L’Alba dei Tram – dedicato a Pasolini” sono state usate per la colonna sonora di “Pasolini, maestro corsaro”, il docufilm curato dalla giornalista Emanuela Audisio, prodotto da Repubblica e Sky Arte, andato in onda in prima tv lo scorso 2 novembre, il giorno del 40esimo anniversario della scomparsa del Poeta, e ancora disponibile online su Repubblica.it. Il disco è inoltre impreziosito da una copertina davvero unica con uno scatto capolavoro – che immortala Pasolini all’alba – del Maestro Dino Pedriali, il celebre autore di tutti gli scatti negli ultimi giorni di vita di Pasolini, definito dalla critica il “Caravaggio della fotografia del Novecento” e da un libretto contenente i commenti dei giornalisti Tommaso Cerno, Jonathan Giustini e di Angela Felice, la direttrice del Centro Studi Pasolini. Tutte le info sono disponibili su www.remoanzovino.it
Bianco incanto, Assisi 1991
“Ho immaginato un racconto sonoro, un percorso musicale e ad ogni fermata di questo tram, un passaggio della vicenda pasoliniana che più mi ha emozionato, abbinandolo a una mia musica che, a suo tempo, è nata sotto la stessa influenza” ha dichiarato il pianista compositore Remo Anzovino parlando de “L’Alba dei Tram”, il suo progetto speciale per rendere omaggio al più grande intellettuale del 900 italiano e non solo, Pier Paolo Pasolini. Anticipato da “L’Alba dei Tram – canzone per Pasolini” – una canzone per voce, pianoforte, viola solista e orchestra d’archi con i versi scritti da Giuliano Sangiorgi dei Negramaro e interpretati dall’intensa e profonda voce di Mauro Ermanno Giovanardi con uno dei più grandi solisti classici al mondo, Danilo Rossi, prima viola dell’Orchestra de La Scala Milano e l’Orchestra d’Archi Italiana, diretta dal Maestro Stefano Nanni – nei giorni scorsi è uscito in tutti i negozi di dischi e negli store digitali l’album “L’Alba dei Tram” (Incipit Records/ Egea Music). Il disco “L’Alba dei Tram – dedicato a Pasolini” che ha mosso i suoi primi passi poco più di due anni fa dopo una visita notturna ad Ostia, all’Idroscalo, nel luogo dove Pasolini fu assassinato si apre con la canzone “L’Alba dei Tram” e si chiude con la sua versione strumentale, intitolata “Inilosap” pensando al nome del poeta al contrario, come se riavvolgendo la pellicola della sua vicenda intellettuale e umana il film restasse ogni volta ancor più intatto e più potente. Nel mezzo tante tappe che hanno caratterizzato la storia di Pasolini abbinate a delle musiche di Anzovino nate a suo tempo sotto la stessa
Ancora una volta l’Associazione Thesis, che cura la rassegna monografica definita da Claudio Magris “la più bella, la più autentica, la più intelligente e creativa iniziativa e istituzione fra quelle riservate in Italia alla letteratura senza confini di alcun genere”, ha scelto di puntare su un autore importante, considerato dal premio Nobel della letteratura J. M Coetzee fra i maggiori del nostro tempo. Un protagonista del panorama letterario internazionale che, grazie al suo talento narrativo, allo sguardo acuto sulla contemporaneità e al linguaggio straordinariamente ricco ed evocativo, ha conquistato l’apprezzamento sia del pubblico più vasto sia di quello più esigente. Le sue opere, in gran parte tradotte in 42 Paesi, hanno venduto nel mondo oltre 40 milioni di copie. Da alcune di esse sono stati tratti film, adattamenti teatrali e coreografici, graphic novel. “Ma come sempre – sottolinea la curatrice dell’edizione 2016, Annamaria Manfredelli - la scelta del protagonista di Dedica non è dipesa esclusivamente dalla sua larga
notorietà: in primis, anzi, hanno contato la bellezza e l’originalità della sua scrittura e il fatto che i suoi libri offrono l’opportunità di riflettere sulla complessità del presente. L’opera di Yasmina Khadra testimonia infatti una particolare attenzione per gli avvenimenti che agitano il mondo contemporaneo, avvenimenti che lo scrittore sa magistralmente filtrare attraverso l’invenzione affabulatrice”. Yasmina Khadra è lo pseudonimo con cui, sin dagli anni ’90, è noto Mohamed Moulessehoul, che, all’epoca ufficiale effettivo dell’armata algerina, per aggirare la censura ha dovuto pubblicare sotto falso nome e ha scelto di adottare quello della moglie. Ha rivelato la sua vera identità solo nel 2001, quando, già dimessosi dall’esercito, ha lasciato l’Algeria per stabilirsi in Francia. Dopo essere uscito allo scoperto ha tuttavia continuato a firmarsi come Yasmina Khadra: un segno di riconoscenza verso sua moglie che lo ha sempre sostenuto in momenti difficili, ma anche un omaggio verso le donne arabe, vittime di una società oppressiva.
CULTURA PREMIOCAVALLINI, IL “NONINO” DI PORDENONE
ELIO CIOL
ASSISI LA DENSITÀ DEL SILENZIO GALLERIA SAGITTARIA PORDENONE, VIA CONCORDIA 7 DAL 7 NOVEMBRE 2015 AL 28 FEBBRAIO 2016 MARTEDÌ > DOMENICA 16.00 -19.00
CENTRO INIZIATIVE CULTURALI PORDENONE FONDAZIONE CONCORDIA SETTE REGIONE FRIULI VENEZIA GIULIA PROVINCIA DI PORDENONE COMUNE DI PORDENONE ELECTROLUX www.centroculturapordenone.it
(fm) Jean-Louis Georgelin, Gran Cancelliere della Legione d’Onore, Marc Fumaroli, storico della letteratura, dell’arte e filologo francese e Ramin Bahrami, pianista considerato uno tra i più impor-
tanti interpreti bachiani viventi a livello internazionale. Capita sempre più spesso negli ultimi anni a Pordenone d’imbattersi in autentici mostri sacri della cultura internazionale. In questo caso,
il merito è del Premio Cavallini, istituito da Vittorio Sgarbi, la cui diciannovesima edizione si è tenuta il 28 novembre scorso all’ex Convento di san Francesco. Ma se oggi Pordenone può contare sul suo piccolo “Nonino” lo deve soprattutto alla passione e all’impegno di Maurizio Salvador, già sindaco di Barcis e assessore regionale, ideatore e instancabile promotore del Premio letterario “Giuseppe Malattia della Vallata”, da cui tutto ebbe inizio ormai parecchi anni or sono. Il “Cavallini”, infatti, è nato per gemmazione dallo storico premio della Valcellina quando Sgarbi, cittadino onorario di Barcis e membro della giuria del Premio, volle istituire un riconoscimento di alto profilo in memoria dello zio Bruno Cavallini, uomo di cultura colto e raffinato, lontano dai circuiti dell’intrattenimento di massa. Proprio come i premiati di quest’anno che, presentati da Valentina Gasparet e Nuccio Ordine, hanno portato per una sera Pordenone nell’olimpo della cultura con la “C” maiuscola.
La Città
CULTURA E SPETTACOLI
SOTTOLALENTE 50 ANNI DI CASADELLOSTUDENTE, PRESENTATOIL VOLUME CELEBRATIVO Presentato il volume “Storia di persone. Storia di idee. 50 anni di Casa Zanussi a Pordenone” che celebra i 50 anni del più importante centro culturale cittadino
Dicembre 2015
PORDENONELEGGE TUTTOL’ANNO PRONTI ARIPARTIRE ALLASCOPERTADEL TERRITORIO CON DAVIDE TOFFOLOE GIAN MARIOVILLALTA
Un autunno caldo, pieno e intenso, è appena trascorso, nel segno e nel ricordo di Pier Paolo Pasolini, con lo straordinario reading di
“Storia di persone. Storia di idee. 50 anni di Casa Zanussi a Pordenone”. Nel libro che festeggia l’importante anniversario, attraverso testi e immagini, scorrono anche cinquant’anni della storia di Pordenone: dalla straordinaria svolta di metà anni Sessanta, fino ai nostri giorni. La presentazione del volume è stata fatta sabato 21 novembre e ha visto gli interventi di don Luciano Padovese, cofondatore della Casa e autore del libro insieme al giornalista Giuseppe Ragogna, e del presidente della Casa Gianfranco Favaro, insieme a interventi del vescovo Giuseppe Pellegrini, del sindaco Claudio Pedrotti, del vice presidente della Regione FVG Sergio Bolzonello, del presidente della Fondazione CRUP Lionello D’Agostini, e le conclusioni della governatrice Debora Serracchiani. Al centro del saggio di Giuseppe Ragogna intitolato “Quei formidabili Anni Sessanta”, ci sono le personalità pionieristiche dei grandi capitani d’industria Lino Zanussi e Luciano Savio, indimenticabili per la loro capacità innovativa e di prefigurazione, e la figura del vescovo Vittorio De Zanche. Sullo sfondo della Pordenone anni Sessanta tre personaggi diversi per ruolo e individualità hanno intrecciato la loro strada con la grande trasformazione della città e del territorio, contribuendo in modo determinante alle trasformazioni socio-economico-culturali dell’epoca e alla definizione dei nuovi obiettivi di orientamento civico. “…Si incrociarono improvvisamente i destini – analizza Ragogna – di due capitani d’azienda: Lino Zanussi e Luciano Savio. Entrambi poterono contare sulle officine dei padri, che agli inizi erano impostate attorno ad attività di riparazione e manutenzione di apparecchiature. Tutti e due si formarono partendo dalla gavetta, essendo stati strappati precocemente agli studi per cause di forza maggiore. Nonostante tutto, riuscirono a trasformare il vecchio sogno dei genitori nel proprio, più grande e più ambizioso. Inseguirono così, in una corsa a perdifiato, l’odore inebriante del nuovo. Le fabbriche si allargarono; diventarono imponenti per potersi specializzare nella produzione degli oggetti del desiderio, i quali conquistarono i mercati di tutto il
mondo a velocità irresistibili. Zanussi seppe inseguire la modernità, che entrava nelle abitazioni, attraverso una gamma completa di elettrodomestici: le cucine, prima a legna e poi a gas; i frigoriferi, che contribuirono a modificare gli stili di vita nelle famiglie; le lavatrici e le lavastoviglie, che segnarono una tappa importante dell’emancipazione femminile; fino ai televisori, che allora sembravano degli obiettivi irraggiungibili per il loro contenuto tecnologico, in una terra povera di innovazione …”. L’avvio della Casa dello Studente Antonio Zanussi risalta come un simbolo di quell’impegno e delle energie conferite al progetto. Da allora, Casa Zanussi è diventata riferimento centrale per Pordenone e il territoro. L’ampio saggio di Luciano Padovese “Casa Zanussi da allora a ora. Quasi un diario”, parte dalle motivazioni fondanti e ripercorre le attività da allora realizzate su numerosissimi versanti e il coinvolgimento di idee di tante persone. Una gran mole di attività diversificate promosse dalle associazioni che costituiscono la Casa: CICP – Centro Iniziative Culturali, dall’IRSE – Istituto Regionale di Studi Europei, PEC – Presenza e Cultura, e UTE – Università della Terza Età. I lettori trovano nelle pagine del volume anche quattro testimonianze: “Una storia di relazioni”, di Maria Francesca Vassallo; “Voglia di più Europa ora e allora”, di Laura Zuzzi; “Solo per ringraziare. Cinquant’anni di Galleria Sagittaria”, di Giancarlo Pauletto; “L’incontro creativo incontro con una famiglia di tipografi”, di Carlo Sartor. Fa parte integrante del volume un originale “50 anni di racconto fotografico”, in cui scorrono personaggi importanti, insieme a vecchi e nuovi collaboratori e frequentanti di ogni età.
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Piera degli Esposti, e nei luoghi di Amedeo Giacomini e Padre David Maria Turoldo, con la prima tappa di “pordenonelegge il territorio”, e ancora con la prima bellissima edizione di LibrINsieme, nell’ambito di IdeaNatale, che ha visto protagonisti dal 26 al 29 novembre autori, lettori, editori, librai alla Fiera di Udine. Con il nuovo anno, il viaggio di pordenonelegge ricomincia, tra pagine, incontri, percorsi, luoghi. Un viaggio che parte, anzi riparte, proprio con “pordenonelegge il territorio”, il format di turismo culturale promosso dalla Fondazione Pordenonelegge.it, in collaborazione con Friulovest Banca, Turismo FVG e Pordenone with love, per scoprire o ritrovare i luoghi a noi vicini nei libri e nelle voci degli autori. E dopo il Friuli di Turoldo e Giacomini, la prossima tappa, sabato 20 febbraio 2016, toccherà l’Alto pordenonese, da Poffabbro a Meduno fino alla Sequals di Primo Carnera, con la guida d’eccezione di un autore che lo ha raccontato nelle sue tavole a fumetti, Davide Toffolo, creatore di graphic novel, musicista e frontman dei Tre Allegri Ragazzi Morti. E sabato 16 aprile il viaggio continua attraverso le suggestioni della Bassa
pordenonese con un Cicerone speciale, lo scrittore e poeta Gian Mario Villalta, che in quei luoghi è nato e cresciuto e li ha raccontati in molti dei suoi versi. Ma gennaio 2016 vedrà anche l’avvio - di una nuova speciale edizione di “pordenonescrive”, la scuola di scrittura creativa di pordenonelegge, in programma dal 22 gennaio al 13 febbraio 2016. In 30 ore di lezione il corso offrirà uno sguardo ampio e coinvolgente sulla passione di ascoltare e scrivere storie, con due docenti d’eccezione: lo scrittore Marcello Fois che condurrà i corsisti in un viaggio dal titolo quanto mai interessante, “Cosa ci insegnano i classici?”, e Andrea Cotti, autore e sceneggiatore di fiction - da “L’ispettore Coliandro” a “Squadra mobile” - dedicherà una serie di lezioni a “Scrivere una sceneggiatura, le parole che diventano immagini, la letteratura che diventa cinema”. E per finire, Alberto Garlini e Gian Mario Villalta entreranno nel vivo del laboratorio di due grandi scrittori contemporanei, Milan Kundera e Jamaica Kincaid, analizzando in modo approfondito due loro romanzi: L’insostenibile leggerezza dell’essere e Autobiografia di mia madre. Tutte le info: www.pordenonelegge.it
PORDENONE MONTANARI
Assedio alla forma
A cura di pordenonelegge.it
Pordenone 12.09.'15 - 17.01.'16
promosso da
Comune di Pordenone Assessorato alla Cultura
con il patrocinio di
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia
Galleria Harry Bertoia
Palazzo Cossetti
Corso Vittorio Emanuele II, 60
Direzione Generale FriulAdria Crédit Agricole Piazza XX Settembre, 2
Orario di apertura con la collaborazione di con il contributo di
Provincia di Pordenone
Mercoledì / Sabato 15.30 / 19.30 Domenica 10.00 / 13.00 — 15.30 / 19.30 Info +39 0434 392916 Percorsi assistiti alla mostra Associazione Amici della Cultura + 39 349 7908128
www.comune.pordenone.it/galleriabertoia
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La Città
APPUNTAMENTI
Dicembre 2015
Natale in città a Pordenone: mercatini, concerti, mostre, musica dal vivo e intrattenimento con i Papu MOSTRE
Tutti gli spazi espositivi del Comune propongono mostre eccellenti: dalla pittura alla grafica, dalla fotografia ai gioielli. Corredate da un’interessante calendario di appuntamenti di approfondimento GALLERIA BERTOIA
foto Angelo Simonella
“Pordenone Montanari. Assedio alla forma”
! S A M T S I R H C Y P HAP
Mercatino, solidarietà, presepi, laboratori, bambini e famiglie, cultura e Capodanno live, sono le parole chiave per descrivere il Natale in Città del Comune di Pordenone realizzato assieme a Sviluppo e Territorio con il sostegno di Regione Fvg e Provincia, illuminato dall’albero in piazza XX Settembre, dono di Comune di Auronzo e Consorzio Tre Cime Dolomiti. Ma anche il divertimento è assicurato con i Papu che per tre domeniche al Museo civico d’arte condurranno gli spettatori alla scoperta del nostro patrimonio storico e artistico con il loro stile unico e inconfondibile. Un Natale che segna due ritorni: quello del simpatico trenino gondolino e del sottofondo musicale in filodiffusione (in piazza e nei due corsi), realizzato grazie a Zanetti con la consulenza artistica di Pordenone Giovani. Il mercatino di piazza XX Settembre costituisce un polo di attrazione irresistibile con le sue proposte golose e rimarrà aperto fino la 6 gennaio, animato da tante iniziative tra cui il Christmas in Blues e le fanfare bersaglieresche. Diversi gli
eventi di carattere solidale come la Christmas Spin Bike contro la Duchenne e la raccolta di giocattoli e cancelleria per i bambini bisognosi a cura della Chiesa Evangelica Battista. Il presepe dei grandi è allestito sotto la Loggia municipale dove rimarrà fino al 30 gennaio, mentre i presepi dei piccoli, realizzati dalle scuole cittadine hanno trovato casa nel chiostro della biblioteca civica. Tanti i laboratori e le letture per bambini: in biblioteca civica, nelle biblioteche di quartiere, in piazza XX Settembre. I musei ne ospiteranno inoltre di speciali la domenica alle 16 per bambini e famiglie legati alle mostre e agli allestimenti in corso: “Il colore è servito” il 20 dicembre in Galleria Pizzinato, “Zelda: una strega pasticciona” a Palazzo Ricchieri il 27 dicembre e il 3 gennaio (prenotazione al numero 345 6454855). Decisamente da non perdere il Capodanno con musica live in piazza con la splendida voce di Elhaida Dani.
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PUOI RICEVERE IL GIORNALE A CASA TUTTO L’ANNO! intestato a:
ASSOCIAZIONE LA VOCE •
BANCA POPOLARE FRIULADRIA
IT39 Z 05336 12500 000040442213
Giovedì 31 dicembre 2015, ore 16.00 Teatro Comunale Giuseppe Verdi Pordenone info 0434553205 - www.centroculturapordenone.it
“Yume, sogni giapponesi” e “Impressione astratta” Due sono le mostre allestite in Galleria Pizzinato (fino al 28 febbraio) che fanno fare un salto straordinario dal Giappone di fine Ottocento a un significativo spaccato di arte contemporanea attraverso l’importante percorso della stamperia d’arte Albicocco di Udine. Le atmosfere esotiche e da sogno sono portate da “Yume, sogni giapponesi”: un percorso attraverso 90 fotografie giapponesi originali del XIX secolo - stampe all’albumina colorate a mano – provenienti prevalentemente dall’archivio della Collezione Vittorio, che da oltre vent’anni raccoglie fotografie originali di rara bellezza seguendo il percorso tracciato dai fotografi del XIX secolo durante i loro viaggi in Oriente. La mostra “Impressione astratta” presenta invece importanti artisti che si sono cimentati con la grafica in chiave astratta: Emilio Vedova, Jannis Kounellis, Giuseppe Santomaso, David Tremlett, Carla Accardi, Nunzio, Walter Valentini, Carlo Ciussi, Aldo Colò, Giovanni Frangi, Massimo Poldelmengo, Renato Trevisan, Luca Pignatelli, Klaus Karl Mehrkens e molti altri.
“Un gioiello di fotografia”
XXXVI EDIZIONE
Guglielmo Pellarin corno Taras Krysa direttore
GALLERIA PIZZINATO
MUSEO CIVICO D’ARTE
Centro Iniziative Culturali Pordenone presenta
ORCHESTRA FILARMONICA DI LEOPOLI
La mostra “Pordenone Montanari. Assedio alla forma” in corso in Galleria Bertoia e a palazzo Cossetti, sede di FriulAdria, fino al 17 gennaio è la prima organica esposizione dedicata all’artista in Italia dopo la sua “scoperta” nel 2007, una prima mostra nel 2010 a Londra, celebrata da The Observer e la personale nella sezione regionale della Biennale di Venezia del 2011, voluta da Vittorio Sgarbi. Per il critico britannico Edward Lucie-Smith “Montanari è un artista unico, che scardina la storia convenzionale dell’arte postbellica italiana. Le sue nature morte fanno venire in mente Cézanne e Braque, mentre gli elementi picassiani e i tratti riecheggianti Francis Bacon si manifestano con caratteri di forte originalità”. L’esposizione è particolarmente ricca (oltre 110 opere) e propone una sintesi del percorso dell’artista da fine anni sessanta a oggi. Ampio spazio viene riservato al ciclo di grandi acrilici su tela che negli ultimi quattro anni ha assorbito gran parte della vis creativa dell’artista.
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La Città
Periodico di informazione e opinione della città di Pordenone Tiratura 7.000 copie
L’arte orafa di Nuccio e la fotografia di Euro Rotelli, forme diverse di creatività in apparenza molto lontane tra loro, s’incontrano e danno vita ad un progetto artistico, frutto di una ricerca originale nella mostra “Un gioiello di fotografia” allestita al Museo Civico d’Arte fino al 10 gennaio. La complessità dei linguaggi della fotografia di Euro Rotelli con le sue originali peculiarità espressive viene interpretata e rielaborata dall’arte scultoreo/compositivo/materica di Nuccio che crea così oggetti poetici da indossare, da abitare, preziosi gioielli di fotografia. Nuccio ed Euro Rotelli inoltre hanno voluto realizzare un lavoro sitespecific, ispirandosi ad alcuni tesori d’arte della collezione permanente del Museo, dando forma a opere/gioiello che reinterpretano e attualizzano la carica concettuale e simbolica delle fonti ispiratrici. La mostra dunque da un lato è un omaggio all’arte, in quanto capacità di dar forma all’idea creativa, dall’altro esalta la manualità dell’artista.
EDITRICE: Associazione “La Voce”, Viale Trieste, 15 (1°piano) Pordenone DIRETTORE RESPONSABILE: Flavio Mariuzzo
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO:
Sergio Bolzonello, Don Chino Biscontin, Mara Del Puppo, Clelia Delponte, Elena Moioli, Nico Nanni, Giannino Padovan, Giuseppe Ragogna, Daniele Rampogna, Cristina Savi, Nino Scaini, Giorgio Simonetti, Michela Zin
PROGETTO GRAFICO: Francesca Salvalajo FOTO: archivio La Città, Gigi Cozzarin, Luca D’Agostino, Ferdi Terrazzani, Italo Paties, Euro Rotelli, Angelo Simonella, Anto Busetto IMPIANTI STAMPA: Visual Studio Pordenone STAMPA: Tipografia Sartor PN