Rivista Santuario della Consolata - ottobre/dicembre 2019

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IL Rivista fondata nel 1899

DELLA n. 4 OTTOBRE - DICEMBRE 2019


In copertina: «San Valerico intercessore presso la la Consolata per la Città», particolare della pala d’altare di Luigi Clara (1905) nella cappella intitolata al Santo. Santuario B. V. della Consolata - Torino (Foto di Andrea Aloi)

Periodico religioso trimestrale Anno 121 - n. 4 Ottobre - Dicembre 2019 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 5/2019 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino Tel. +39 011 483.61.11 Fax +39 011 483.61.99 E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Sito web: www.laconsolata.org Impaginazione grafica rivista: Andrea Aloi Sito web: www.andreaaloi.it Stampa: A4 servizi grafici di Serra Sergio Snc Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO) Tel. 011919.55.96 E-mail: info@a4servizigrafici.it Sito web: www.a4servizigrafici.it Direttore responsabile: Marco Bonatti Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949

editoriale

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La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci rubriche

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Maria ci rivela l’infinito Osvaldo Maddaleno

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La preghiera dell’Ave Maria Riccardo Barile

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La corona del Rosario Giacomo Maria Martinacci

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Un grazie alla Madre per una madre Lino Ferracin

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San Valerico, abate Daniele Bolognini

Redazione:

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Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Giulia Poretti


editoriale

La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci

Carissimi amici e devoti della Consolata, il Signore della vita e della morte ha chiamato a sé, nella vigilia della solennità dell'Assunzione di Maria, il can. Matteo Sorasio, che alla Consolata era ritornato da sei anni e dedicava molte ore del giorno al servizio delle confessioni dei fedeli. Don Matteo negli anni giovanili fu per lungo tempo economo del Santuario e vi aveva trascorso un secondo periodo come vicerettore ed economo, alternando queste sue presenze con servizi pastorali in alcune parrocchie. La sua morte improvvisa ha lasciato un grande vuoto tra noi. Ma il giorno della festa della Natività di Maria anche don Giuseppe Fratus, da undici anni addetto al Santuario, ha concluso il suo itinerario terreno. Morte annunciata la sua, perché da tempo la malattia l'aveva aggredito e per questo motivo nello scorso mese di giugno era passato alla Casa del Clero “S. Pio X” in Torino, dove poté ricevere la necessaria e specica assistenza di cui ormai necessitava. Ci conforta il pensiero che ambedue questi Sacerdoti siano stati accompagnati dalla Vergine Maria all'incontro con Gesù, Pastore dei pastori, per essere da Lui condotti alla visione aperta del volto del Padre. Vorrei evidenziare il clima di silenzio interiore, e non solo, nel quale si rende possibile l'ascolto dell'Ospite dolce dell'anima, come nella Sequenza di Pentecoste viene denito lo Spirito Santo. Questo silenzio, che richiede necessariamente anche una quiete esteriore in mezzo al cla-

more assordante da cui oggi siamo assediati, mi porta a rilevare come l'intera tradizione del nostro Santuario -come quella di molti altrinon ha mai dovuto registrare fatti eclatanti ma si è sviluppata nel silenzio della quotidianità, apparentemente ripetitiva, con lo scorrere dei giorni, degli anni e dei secoli. L'origine della devozione alla Consolata a Torino non è dovuta ad un evento straordinario, storicamente accertabile, come fonte indubitabile. Vi sono tradizioni, peraltro molto tardive, che riferirebbero di una visione avuta dal re Arduino di Ivrea (1015) e del pellegrinaggio di un cieco di Briançon (1104). Di fatto risulta con sufciente certezza che solo a partire dal XIII secolo inoltrato è documentata la devozione alla Beata Vergine “de Consolatione”, via via sviluppata dall'afusso dei fedeli nella cappella a lei dedicata nell'antica basilica romanica di S. Andrea; che nel Seicento sorse la grande costruzione ideata da Guarino Guarini, successivamente accresciuta da Filippo Juvarra e ancora ampliata dai lavori voluti e promossi dal rettore Beato Giuseppe Allamano più di un secolo fa. Questo sviluppo non si fonda su speciali manifestazioni della Vergine a qualche fortunato veggente, ma sulla semplice e costante devozione del nostro popolo. Senza dubbio non si possono dimenticare fatti -come l'assedio di Torino del 1706 o le pestilenze che periodicamente hanno infestato la Città- nei quali la cittadinan-

za riconobbe l'efcacia della mediazione materna della Consolata. Nei secoli i Torinesi, e non solo, hanno imparato molto dal gesto che appare nel quadro posto sull'altare in cui Maria indica Gesù e, come a Cana, sembra suggerire: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2, 5). È da più di cinquecento anni che, in silenzio, la Consolata ci trasmette questa consegna: lì c'è tutto il Vangelo. Sappiamo bene che lo sguardo e il cuore della Madre non sono mai lontani da noi e quindi non andiamo alla ricerca di altre conferme. Il usso silenzioso ma efcace di grazia e di amore, che dispensa luce, sapienza, soluzione di situazioni altrimenti inestricabili, allontanamento dai pericoli, difesa dalle insidie, fortezza contro il nemico di Dio, vittoria nelle tentazioni, perseveranza, sollievo, liberazione dall'angoscia e dalle tribolazioni, guarigione, conversione, perdono, pazienza, consolazione, pace, speranza e misericordia non accenna ad esaurirsi. Maria sa come entrare nei cuori: li orienta e li guida. Carissimi, mi auguro che anche queste riessioni possano suscitare in tutti un sussulto di amore e di speranza, proprio mentre ci stiamo preparando ad accogliere Gesù, piccolo Bambino, nel prossimo Natale. È l'augurio che molto volentieri unisco alla preghiera quotidiana che, nel Santuario, sacerdoti e fedeli rivolgono con ducia alla Consolata-Consolatrice per tutti voi.

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▲ «Il concerto degli angeli» (particolare), affresco di Gaudenzio Ferrari (1535-1536), Santuario della Madonna dei Miracoli, Saronno.

Maria ci rivela l’innito Il segreto della vita è un'avventura a noi ignota: Dio sorprende sempre Osvaldo Maddaleno

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n un libro letto questa estate il grande maestro, direttore musicale, Riccardo Muti a proposito di una partitura che non ha ancora avuto il coraggio di eseguire, scrive: «Naturalmente quando parlo di difcoltà non mi riferisco certo all'analisi armonica o contrappuntistica del brano, quella è facile per chi conosce bene lo studio della composizione. Penso piuttosto al cercare di capire il messaggio metasico che esso racchiude, cogliere ciò che sta dietro le note, trovare il coraggio di affacciarsi all'ignoto, di sporgersi sul vuoto, sulla voragine di mistero che è il cuore ineffabile di quella musica. È un compito arduo, ci vogliono tempo e consapevolezza per potersi ergere di fronte all'orchestra e dispensare indicazioni interpretative ai musicisti che

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trasformeranno le note in suono, nel miracolo della musica. Mozart diceva che “la musica più profonda è quella che si nasconde tra le note. È un'idea incredibile: tra una nota e l'altra anche se strettamente legate c'è l'innito”. Il mistero è lì, in quello spazio che racchiude l'universo. E il compito del musicista, quindi del direttore d'orchestra, è proprio di riuscire a dar voce e a interpretare la musica che sta tra una nota e l'altra: insomma, tirar fuori ciò che non è scritto eseguendo rigorosamente quel che è scritto. È una grande responsabilità» (L’innito tra le note, ed. Solferino). Queste parole mi hanno fatto pensare che nella nostra vita spirituale siamo chiamati a interpretare, un po' con lo stile di Mozart nella musica, l'avventura divina della


volontà di Dio, come la Vergine Maria. È una sda perché Maria è il capolavoro di Dio. Tutto quanto ci circonda, se lo vediamo con altri occhi, acquista un nuovo senso. Particolari pur piccoli spalancano alla nostra mente visioni ampie della vita, signicati profondi della storia: si inizia a cogliere nel caos degli avvenimenti di ogni giorno un lo che sembra tutto legare, riordinare, armonizzare anche e, comunque, dirigere ogni cosa verso un ne buono e superiore. Alla ne della giornata si intravede sopraggiungere il nuovo giorno come ulteriore sequenza di un inimmaginabile straordinario lm, di cui ci è nota solo parte della trama, perché tutto è conosciuto perfettamente e guidato da un Altro. Questa trasgurazione degli uomini e del mondo non è puro sogno, non è solo fantasia. È l'esperienza non rara del cristiano, il quale un bel giorno comprende che, se Dio è Amore, ed egli è oggetto di questo amore, non può non abbandonarsi ducioso in lui. È il momento nel quale la sua vita cambia rotta e, deluso dello sforzo di crearsi da solo un destino, che mai lo soddisfa appieno, decide di adeguarsi al disegno che Dio ha pensato per lui: un progetto unico. Ricorda di possedere un grande dono: la libertà, e avviene che nulla può esservi di più ragionevole per una creatura, glia di Dio, dell'atto di cedere liberamente la sua libertà a Colui che gliel'ha data. Così propone di fare, da quel momento, non la sua, ma la volontà di Dio. Siamo alla grande scoperta, alla sapiente decisione che hanno preso tanti cristiani. Diceva la piccola Teresa: «Temo una cosa sola, cioè conservare la mia volontà». Questa disposizione di voler compiere la volontà di Dio e non la propria è, oltre tutto, l'unico e perfetto comportamento che dovrebbero assumere tutti i cristiani. Sappiamo che il far coincidere la nostra volontà capricciosa con il volere di Dio è il segreto della vita. È l'innestare se stessi sopra i pensieri del Signore e entrare nei piani della sua onniveggenza e misericordia. Ci si deve convincere che una voce del Cielo viene a farci conoscere l'interpretazione giusta che ognuno può dare alla propria esistenza. Dio sorprende sempre. Il cuore di Cristo è quello di un Dio che, per amore, ha “svuotato” se stesso. Per questo chi segue Gesù dovrebbe essere pronto a svuotarsi per amore. Nessuna vita è banale. La grandezza di Maria di Nazaret è proprio questa, alla voce dell'angelo risponde: «Avvenga per me secondo la tua parola»( Lc 1, 38). “Sia fatta la volontà di Dio” è un'espressione che, nella maggior parte dei casi, è detta da cristiani in momenti di dolore, quando non c'è altro da fare; e di fronte all'inevitabile infrangersi di ciò che si pensava, si desiderava e si voleva, venuta a galla la fede si accetta quanto Dio ha stabilito. Ma non è così, soltanto, che va fatta la volontà di Dio. Nel cristianesimo non esiste solo la rassegnazione cristiana. La vita del cristiano è un fatto che ha radici in Cielo, oltre che in terra. Egli, per la sua fede, può essere sempre in contatto con un Altro che conosce la sua vita e il suo destino. E questo Altro non è di questa

terra, ma di un altro mondo. Ed è un Padre. La vita del cristiano non può essere stabilita solo dal suo volere e dal suo prevedere. Noi cristiani siamo tanto spesso dei ciechi che abbiamo abdicato alla nostra dignità soprannaturale, perché ripetiamo sì, magari ogni giorno, nel Padre nostro: “Sia fatta la tua volontà come in cielo così in terra”, ma né capiamo quanto diciamo, né facciamo quanto imploriamo. Dio deve muovere la nostra vita e trascinarla in una divina avventura a noi ignota, dove, spettatori e attori al contempo di mirabili disegni d'amore, portiamo momento per momento il contributo della nostra libera volontà. Ogni circostanza, ogni avvenimento può essere un incentivo per una nuova apertura. Giova ripetercelo: “Lo spartito è scritto in Cielo. Noi dobbiamo solo suonarlo sulla terra”. Allora capiamo anche dove nascono dei gesti irrituali. Porto un esempio che conosciamo tutti perché trasmesso per televisione e ricordo che ci aveva molto impressionato. Papa Francesco è malfermo sulle gambe, la voce è decisa e insieme velata di emozione. Lui ha davanti a sé i rappresentanti politici del Sud Sudan venuti in udienza, a parlare di pace. Sono cristiani di differenti confessioni e vengono da un Paese dilaniato da una guerra civile fratricida, che arma cristiani contro cristiani. Il gesto del Papa – al termine del suo accorato appello – rompe improvviso il protocollo: per quattro volte si inginocchia e per quattro volte bacia i loro piedi. Ogni volta stenta a rialzarsi, ogni volta torna a prostrarsi, con un gesto che nessuno di noi potrà dimenticare. È anziano, è la massima autorità religiosa del cattolicesimo. C'è un'ostinazione, persino una certa goffaggine nel suo gesto tanto irrituale. Il suo gesto rompe le righe, viola i rituali, lo espone a ciò che è sconveniente. Forse per qualcuno persino disdicevole. Ovviamente in questo gesto trasgressivo c'è tutta la rivoluzione del Vangelo. C'è Gesù che lascia i propri genitori in ansia per recarsi al tempio, senza avvisarli né chiedere il permesso. Gesù che rovescia i tavoli nel tempio divenuto mercato, Gesù che piange l'amico morto, Gesù che si intrattiene con la donna dai cinque mariti al pozzo a mezzogiorno, Gesù che lava i piedi ai suoi discepoli… Gesù costringici a piegare le ginocchia ogni minuto in adorazione della tua volontà: la sola buona e feconda, in modo che quando arriva l'ora del dolore possiamo vedere anche al di là di esso il tuo innito amore. Possiamo così possedere i tuoi occhi già in terra e osservare dall'alto il ricamo divino che hai ordito per noi e per i nostri fratelli, dove tutto risulta una splendida trama d'amore. E così sia alleviata almeno un po' dallo sguardo nostro la vista dei nodi che amorevolmente la tua misericordia, condita a giustizia, ha ssato là dove la nostra cecità ha spezzato il tuo volere. Sia fatta la tua volontà nel mondo e la pace scenderà allora sicura, perché gli angeli ce l'hanno detto: «Pace in terra agli uomini che egli ama» (Lc 2, 14).

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La preghiera dell’Ave Maria Il testo, la storia, il messaggio spirituale


Padre Riccardo Barile, O.P.

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ave Maria è una delle formule più in uso della preghiera mariana e, pur iniziando con un saluto alla Madonna, pone al centro il nome di Gesù. Sono i due poli della preghiera mariana: il primo, più semplice e spontaneo, inizia rivolgendosi a Maria come colei che ci porta a Gesù: da qui la famosa formula “A Gesù per Maria”; il secondo, più riessivo e completo, parte dal fatto che la persona e il ruolo di Maria nella vita cristiana derivano da Gesù e, oggi, dallo Spirito Santo che rende presente il mistero di Gesù nella nostra vita ed è a partire da qui che troviamo Maria ed entriamo in comunione con lei: «Nella preghiera, lo Spirito Santo ci unisce alla Persona del Figlio unigenito, nella sua Umanità gloricata. Per essa e in essa la nostra preghiera liale entra in comunione, nella Chiesa, con la Madre di Gesù» (CCC 2673). Questi due approcci sono presenti nell'Ave Maria. Dal punto di vista del testo, l'Ave Maria si presenta in due blocchi distinti: un primo blocco è scritturistico, in quanto mette insieme il saluto dell'angelo e di Elisabetta a Maria, mentre un secondo blocco è una formula di intercessione. Nasce quindi la domanda di sapere come i diversi elementi sono stati assemblati in un lungo processo storico e, a un altro livello, possiamo domandarci quali sono gli atteggiamenti spirituali che accompagnano oggi la preghiera dell'Ave Maria. I tre punti che seguono cercano di dare una risposta a queste domande. I. L'Ave Maria e le Scritture 1. L'invio dell'angelo «Al sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria» (Lc 1, 26-27). L'inizio “al sesto mese” rimanda alla gravidanza di Elisabetta e all'annuncio della nascita del Battista al padre Zaccaria, sempre da parte di Gabriele (Lc 1, 19). Trattandosi di due annunciazioni, è spontaneo il confronto. L'angelo “apparve” a Zaccaria, mentre “fu mandato” da Dio a Maria (Lc 1, 11. 26). L'annuncio a Zaccaria è collocato a Gerusalemme e nell'ambito della liturgia quotidiana; per contro Maria è un'umile fanciulla e Nazaret è un luogo sconosciuto. Maria è promessa sposa e dunque in stato di attesa di un futuro abbastanza denito, che l'annuncio dell'angelo fa evolvere verso traguardi insperati, situazione molto differente per la coppia Zaccaria/ Elisabetta.

◄ «La Vergine in preghiera» (1650 ca.) olio su tela di Giovanni Battista Salvi, National Gallery (London)

2. Il saluto dell'angelo «Entrando da lei, disse: “Rallegrati, piena di grazia: il Signore è con te”» (Lc 1, 28). Prima di scendere a particolari più tecnici, sarà bene inquadrare il saluto in una considerazione molto alta e bella dovuta al Beato Giacomo da Varazze, domenicano e Arcivescovo di Genova: «Il saluto dell'angelo ebbe origine dal Padre al quale si addice ogni autorità; fu dettato dal Figlio, che è la Sapienza stessa di Dio; fu suggerito dallo Spirito Santo del quale il Profeta dice: “La mia lingua è come stilo di scriba veloce” (Sal 44, 2). E da tutta la Trinità venne afdato all'angelo Gabriele. Per queste ragioni tale saluto va

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recitato con massima devozione» . Notare che l'angelo non saluta direttamente Zaccaria (Lc 1, 13), mentre saluta Maria con tre espressioni dense di signicato: rallegrati, piena di grazia, il Signore è con te. Rallegrati è la traduzione esatta dell'originale greco “cháire”, che il latino rende con “Ave”. È una formula di saluto che va oltre la cortesia ed anche oltre l'augurio della pace, che pure ha già una sua rilevanza teologica, essendo il saluto che gli inviati ad annunciare il Regno di Dio rivolgono entrando nelle case (Mt 10, 12-13). Il sa-luto riecheggia le categorie anticotestamentarie della gioia (cfr. Sof 3, 14-17; Zc 9, 9; Gl 2, 23-24. 27). Gesù incarnato nel seno di Maria porta a compimento tutte queste promesse in un modo immensamente più gran-de, per cui a Maria viene annunciata una gioia immen-samente più grande ma in continuità con la gioia del po-polo dell'Antico Testamento. Inne nel nostro caso che il saluto a Maria sia espresso in termini di gioia è “normale”, in quanto la gioia è una costante nel Vangelo dell'infanzia: la gioia è promessa a Zaccaria per la nascita del Battista: «Avrai gioia ed esultanza, e molti si rallegreranno della sua nascita» (Lc 1,14); ritorna nell'incontro con Elisabetta: «Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo! (...). Il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore» (Lc 1, 44. 47); è inserita nella nascita di Gesù con l'annuncio ai pastori: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore» (Lc 2, 10-11). Piena di grazia è la traduzione esatta dell'originale greco “kecharitomène”: indica una qualità che deriva dall'essere guardati con favore da qualcuno, nel caso di Maria la trasformazione stessa di chi è guardato mediante questo favore o grazia. Da notare che il verbo è un participio perfetto passivo, per cui non dice solo che Maria è piena di grazia “adesso”, ma anche che “lo è stata” e questo sguardo verso il passato ci permette di risalire non solo all'infanzia, ma alla nascita ed alla concezione di Maria concepita senza peccato, l'Immacolata: “piena di grazia” comincia da quel momento. “Piena di grazia” può riferirsi a vari signicati soprattutto nell'Antico Testamento. Trovare grazia ha una accentuazione più forte quando si tratta di una donna agli occhi del re, come Ester, semplice fanciulla diventata regina per salvare il suo popolo: «Il re si innamorò di Ester: ella trovò grazia più di tutte le fanciulle e perciò egli pose su di lei la corona regale e la fece regina al posto di Vasti» (Est 2, 17; cfr. 5, 8; 7, 3; 8, 5); o semplicemente come la donna amata (Ct 8, 10). Così l'angelo ripete: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio» (Lc 1, 30) e, leggendo queste parole alla luce della tradizione, la “grazia” non è una benevolenza qualsiasi, ma il dono della immacolatezza

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nella concezione e l'altissimo ministero nonché dignità di divenire Madre di Gesù e Madre di Dio. Il Signore è con te. È la tipica rassicurazione dei racconti di vocazione, ripetuta molte volte nell'Antico Testamento e anche nel Nuovo. Mi limito a segnalare questa parola rivolta a Mosè: «Io sarò con te. Questo sarà per te il segno che io ti ho mandato: quando tu avrai fatto uscire il popolo dall'Egitto, servirete Dio su questo monte» (Es 3, 12); a Gedeone: «L'angelo del Signore gli apparve e gli disse: “Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!”» (Gdc 6, 12); a Geremia: «Non aver paura di fronte a loro, perché io sono con te per proteggerti» (Ger 1, 8. Cfr. inoltre Ger 1, 19; 15, 20; Gen 26, 24; 28, 15; ecc.). “Il Signore è con te” non soltanto rassicura Maria, ma le conferisce una vocazione, un ministero: essere Madre di Gesù, seguirlo, stare sotto la croce, divenire Madre della Chiesa, ecc. “Il Signore è con te” chiarisce e completa l'altra espressione “piena di grazia” che la precede: «Le due espressioni del saluto dell'angelo si chiariscono reciprocamente. Maria è piena di grazia perché il Signore è con lei›› (CCC 2676). 3. Il saluto e la benedizione di Elisabetta Elisabetta «esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le ▼ «La visitazione », XVI secolo, olio su tavola di Alessandro Bonvicino (detto il Moretto), collezione privata, Brescia (Italia)


donne e benedetto il frutto del tuo grembo!”» (Lc 1, 42). Il saluto è occasionato dall'arrivo di Maria, dal bambino di Elisabetta che « sussultò nel suo grembo» (Lc 1, 41) e la benedizione ha l'intensità e la solennità delle grandi occasioni: «a gran voce». Ma soprattutto Elisabetta «fu colmata di Spirito Santo» (Lc 1, 41): è lo Spirito che fa orire in lei la parola di benedizione. La formula di benedizione di Elisabetta non nasce dal nulla. Pur in presenza di Cristo e sotto l'azione dello Spirito, riprende e a suo modo porta a compimento due riferimenti anticotestamentari. Il primo riferimento riguarda Giaele, una donna dell'epoca dei Giudici, che uccise Sisara capo dell'esercito di Iabin, re di Canaan, confìccandogli nella testa il picchetto della tenda. Di conseguenza fu da tutti acclamata come trionfatrice con le parole: «Sia benedetta fra le donne Giaele, la moglie di Cheber il Kenita, benedetta fra le donne della tenda!» (Gdc 5, 24). Il secondo riferimento, più complesso e più completo, riguarda Giuditta che torna in città con il capo troncato di Oloferne, l'assediante della città di Betulia. Anche Giuditta quando torna è benedetta dal popolo e dal sacerdote Ozia con una formula più complessa e completa: «Tutto il popolo si stupì profondamente e tutti si chinarono ad adorare Dio, esclamando in coro: “Bene-

detto sei tu, nostro Dio, che hai annientato in questo giorno i nemici del tuo popolo”. Ozia a sua volta le disse: “Benedetta sei tu, glia, davanti al Dio altissimo più di tutte le donne che vivono sulla terra, e benedetto il Signore Dio che ha creato il cielo e la terra e ti ha guidato a troncare la testa del capo dei nostri nemici”» (Gdt 13, 17-18). In entrambi i casi c'è un contesto truculento. Ma ciò che conta è la salvezza eccezionale di Dio per tutto il popolo che avviene per mano altrettanto eccezionale di una donna e che suscita la benedizione, prima della donna (Giaele), ma poi più compiutamente di Dio salvatore e della donna della quale si è servito (Giuditta). Tornando a Maria e ad Elisabetta, la benedizione è quasi spontanea nel dialogo delle due donne. Tuttavia, benedicendo la cugina, Elisabetta passa a benedire Gesù: «E benedetto il frutto del tuo grembo!» (Lc 1, 42). Così la “benedizione” di Maria -in forza del glio Gesùva letta in continuità ed a compimento delle benedizioni bibliche apportatrici di salvezza: «Maria è “benedetta fra le donne” perché ha creduto nell'adempimento della parola del Signore. Abramo, per la sua fede, è diventato una benedizione per “tutte le famiglie della terra” (Gen 12, 3)» (CCC 2676). II. La tradizione storica della preghiera dell'Ave Maria Verso il secolo X l'Ave Maria si diffonde come preghiera autonoma. San Pier Damiani († 1072) testimonia per 2 primo la frequenza dell'uso dell'Ave Maria , che successivamente viene unita al Pater e al Credo come formula delle preghiere abituali mattutine del cristiano nelle determinazioni di un Sinodo di Parigi del 1197: «I presbiteri esortino sempre il popolo a recitare l'orazione “dominica” (Padre nostro), il Credo in Dio e il Saluto della 3 Beata Vergine (Ave Maria)» . La determinazione del Sinodo di Parigi ci conferma la diffusione dell'Ave Maria affermatasi dopo il Padre nostro e il Credo, le due formule “consegnate” al battezzato per esprimere la preghiera e i principali contenuti della fede. Non si trattava ancora della nostra Ave Maria, perché mancava la seconda parte e con tutta probabilità mancava il nome di Gesù. Nel frattempo l'Ave Maria si struttura e si arricchisce con alcuni interventi: - l'aggiunta del nome stesso di Maria, - l'aggiunta del nome di Gesù, - l'aggiunta della seconda parte con la qualica di “santa”. La diffusione progressiva dell'Ave Maria fu anche favorita dalla nuova immagine della donna coniata dallo “stil nuovo” e dai provenzali. Quanto alla seconda parte dell'Ave Maria, questa fu caratterizzata da un forte movimento di intercessione, che è conseguente alla lode in quasi tutte le antifone mariane. In particolare la seconda parte fu caratterizzata dal

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ricordo dell'ora della morte, forse anche per inusso della mortalità alta del 1300-1400 (carestie, peste, guerre), fenomeno doloroso che trovò spazio nella pittura e nella letteratura (le ballate, il carro, il trionfo ... della morte). Forse anche a causa di quest'ultima aggiunta si deve la popolarità dell'Ave Maria, legata alla citazione toccante della “nostra morte”, che non compare in altre antifone mariane, nelle quali le espressioni di intercessione sono più elevate. Il primo testo dell'Ave Maria sostanzialmente come l'attuale si trova in un manoscritto del Santuario della Ss. ma Annunziata di Firenze, databile nella seconda metà del sec. XIV e ad opera di fra Giovanni Giorgi († 1391): «Ave, dulcissima et immaculata Virgo Maria, gratia plena, Dominus tecum: benedicta tu in mulieribus et benedictus fructus ventris tui Jesus. Sancta Maria, Mater 4 Dei, ora pro nobis nunc et in hora mortis. Amen» . In ogni caso, dopo queste aggiunte, il testo completo dell'Ave Maria ricevette forma autorevole e denitiva nel Breviario edito da San Pio V nel 1568.

ne dello Spirito (come la benedizione a Giuditta suppo-

III. Gli atteggiamenti spirituali 1. Il saluto La formulazione “Ave” accentua l'aspetto di salutazione. Del tutto naturalmente e quasi spontaneamente «la nostra preghiera osa riprendere il saluto a Maria con lo sguardo che Dio ha rivolto alla sua umile serva, e ci fa rallegrare della gioia che Egli trova in lei» (CCC 2676). Si tratta di un primo e basico “sentimento” verso Maria da esprimere nell'Ave. 2. Il nome di Gesù Il nome di Gesù nell'Ave Maria è legato al ricordo dell'Incarnazione. Questo nome è anche un culmine o, come si esprime Giovanni Paolo II, un baricentro: «Il baricentro dell'Ave Maria, quasi cerniera tra la prima e la seconda parte, è il nome di Gesù. Talvolta, nella recitazione frettolosa, questo baricentro sfugge (...). Ripetere il nome di Gesù l'unico nome nel quale ci è dato di sperare salvezza (cfr. At 4, 12)- intrecciato con quello della Madre Santissima, e quasi lasciando che sia lei stessa a suggerirlo a noi, costituisce un cammino di assimilazione, che mira a farci entrare sempre più profondamente nella vita di 5 Cristo» . 3. La benedizione L'aspetto di benedizione, nella formula ampio e decisivo, inserisce questa preghiera nel contesto della preghiera giudaica al tempo di Gesù e la rende simile alla preghiera praticata da Gesù e anche alla preghiera come si è sviluppata cristianamente nel Nuovo Testamento. È decisivo rendersi conto che si sta pronunciando una benedizione, che si benedice Gesù frutto del grembo di Maria, ma in sottofondo si benedice il Padre sotto l'azio-

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▲ «La Vergine con Bambino», 1708 ca., olio su tela (particolare) di Francesco Trevisani, Museo del Prado, Madrid (Spagna)

ne la benedizione a Dio che la precede). Spesso i devoti, molto preoccupati dal substrato affettivo dell'Ave Maria, non percepiscono vitalmente la benedizione, e ciò si risolve in un impoverimento. 4. L'intercessione ln genere nei grandi testi della preghiera mariana «si alternano di solito due movimenti: l'uno “magnica” il Signore per le “grandi cose” che ha fatto per la sua umile serva e, mediante lei, per tutti gli uomini; l'altro afda alla Madre di Gesù le suppliche e le lodi dei gli di Dio, dal momento che ora ella conosce l'umanità che in lei è sposata dal Figlio di Dio» (CCC 2675). Va rilevato che, più che di due movimenti “mariani”, si tratta di due movimenti anteriori e tipici della preghiera giudaico/cristiana -benedizione e richiesta- che trovano coerente applicazione nella preghiera mariana. Dunque nell'Ave Maria una seconda parte di intercessione è del tutto normale come è normale il movimento storico e spirituale che l'ha espressa. Di certo il movimento di intercessione va legato alla benedizione e fatto derivare da essa anche quanto ai contenuti che si richiedono. Ciò precisato, può esistere un afdamento a Maria sia per la sua funzione spirituale sia tenendo conto della


Si tratta però anche di una constatazione storica: l'Ave Maria ha assunto ritmi di frequenza non solo con il Rosario, ma con le centocinquanta o cinquanta Ave atematiche, con il Rosario tematico certosino di cinquanta Ave, con ripetizioni medioevali di più di mille Ave al giorno e ancora oggi con tanti credenti che la ripetono durante il giorno e la notte. Come mai un fenomeno di frequenza così alta? Che sia la riposta dei credenti a quanto richiesto da Maria nel Magnicat: «D'ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1, 48)? Forse. Anche se non esiste una risposta precisa: è il mistero dell'Ave Maria.

Siamo grati all'amico domenicano padre Riccardo Barile, priore e rettore del Santuario Beata Vergine del Santo Rosario in Fontanellato (PR), che ci ha concesso di riprodurre ampi stralci della catechesi da lui tenuta nella scorsa Quaresima (20 marzo 2019) ai fedeli che frequentano quel Santuario. La sua competenza e la chiarezza espositiva che lo contraddistinguono, ne siamo convinti, sarà apprezzata anche dai nostri affezionati lettori. mo a Dio attraverso di lei. Ecco una testimonianza di Santa Teresa di Lisieux pochi mesi prima di morire: «(...) Mi piacerebbe avere una morte bella per far piacere a voi. L'ho chiesta alla Vergine Santa e non è la stessa cosa come chiederla al Signore. Lei lo sa bene cosa deve fare dei miei piccoli desideri, se li deve dire oppure no: insomma, sta a lei vedere di non forzare il buon Dio a esaudirmi, per lasciar fare a lui in tutto e per tutto la sua 6 volontà» . Un aspetto particolare dell'intercessione riguarda la nostra morte. Quanto alle sequenze temporali, chiediamo a Maria di pregare per noi “adesso”, cioè «nell'oggi delle nostre esistenze» e nell'ora della nostra morte. Quest'ultima richiesta evoca, pur con le dovute differenze, la morte di Gesù: «Maria sia ad essa [la nostra morte] presente come alla morte in croce del Figlio suo, e nell'ora del nostro transito ci accolga come nostra Madre, per condurci al suo Figlio Gesù, in Paradiso» (CCC 2677). 5. La frequenza «Vediamo adesso in che modo vada recitato questo saluto. Anzitutto con frequenza, perché continuamente ricevia7 mo da lei molti beneci» . Giacomo da Varazze, incontrato all'inizio, ci indica anche la conclusione più semplice ed insieme misteriosa: l'Ave Maria è una preghiera che va recitata con frequenza. È una indicazione anche per oggi.

1

GIACOMO DA VARAZZE († 1298), Mariale aureo, voce Saluto angelico.

2

PIER DAMIANI, Opuscolo 33, 3: PL 145, 564.

3

Statuta synodalia: Mansí 22, 681.

4

Il testo è citato da S. MAGGIANI, voce Angelus in NDM 29. Al testo l'A. appone la seguente nota (42): «Per il testo cfr. R. M. TAUCCI, Delle Biblioteche antiche dell'Ordine e dei loro cataloghi in Studi Storici OSM 2 (1934-1936) 178: Cod. 1249, B 7, della Bibl. Naz. di Firenze, già 84 della Bibl. della Ss.ma Annunziata; il testo si trova al f. 172. Secondo il Taucci l'Ave Maria è stata aggiunta a mano da fra Giovanni Giorgi († 1391), priore provinciale di Toscana (13691372) e in seguito priore del convento di Firenze. Per l'importanza della Ss.ma Annunziata e il suo culto cfr. gli appunti di R. TAUCCI, Un santuario e la sua città, Ed. Convento Ss.ma Annunziata, Firenze 1976» (Ivi 37-38).

5

GIOVANNI PAOLO II, Lettera Apostolica Rosarium Virginis Mariae (16.10.2002), n. 33.

6

S. TERESA DI LISIEUX († 1897), Novissima verba, 4 giugno 1897.

7

GIACOMO DA VARAZZE († 1298), Mariale aureo, voce Saluto angelico.

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La corona del Rosario donata da Papa Giovanni XXIII al Santuario della Consolata

Giacomo Maria Martinacci

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Il Santuario della Consolata


◄ A lato: Particolare della corona del Rosario donata da San Giovannni XXIII (1961) (foto di Andrea Aloi) ▼ Sotto: ● Particolare della corona del Rosario. (foto di Andrea Aloi) ● L’Arcivescovo Card. Maurilio Fossati consegna la corona del Rosario al rettore del Santuario can. Michele Maletto.

I

l nostro Santuario ha goduto più di una volta della benevola e generosa attenzione dei Sommi Ponteci: ricordiamo, a titolo di esempio, San Pio X che nel 1904 donò preziosi brillanti inseriti nelle corone di stelle che il Beato Allamano volle porre sul quadro della Consolata, e Benedetto XV che nel 1916 offrì una preziosa pisside. Il Santo Pontece Giovanni XXIII si è collocato in questa scia inviando una grande corona del Rosario con vistosi grani di

corniola e la legatura in oro. Con sorpresa l'Arcivescovo Card. Maurilio Fossati (a cui la Consolata deve il dono dei cancelli bronzei del presbiterio) si vide recapitare, dentro un contenitore rivestito di pelle bianca con impresso in oro lo stemma di Papa Giovanni, questa corona del Rosario insieme a uno scritto tutto di pugno del Papa stesso che occupa tre fogli, datato da Castel Gandolfo il 24 settembre 1961, e nella vigilia del mese di ottobre il Cardinale portò il tutto in Santuario consegnando la corona al rettore can. Michele Maletto. Questo il testo della Lettera Ponticia: Signor Cardinale e vener. fratello, questi ultimi giorni di settembre mi tengono applicato alla preparazione di una Lettera Apostolica intesa a riaccendere il fervore del clero e del popolo per la recita meditata del S. Rosario. È qualche cosa che vibra nel mio spirito e lo attrae sempre più verso quelle quindici nestre aperte sul mondo in visione delle necessità della Chiesa universale e delle singole anime: i misteri gaudiosi, dolorosi e gloriosi. I rumori che qua e là si sollevano destano preoccupazioni gravi, e la gente cerca di distrarsene in varie forme, talune meno adatte a rasserenare l'orizzonte. Qualche tempo fa mi accadde di dire che in faccia al gigante Golia, il piccolo Davide sta sempre, senza timore e senza spavalderia. Egli non ha armi potenti, e a ben poco gli varrebbero quei ciottoli e quella onda che tiene in mano. Egli avanza però verso il nemico in nomine Domini. L'umile Papa della Chiesa Cattolica se ne viene avanti anche lui: e non reca con sé che questo modesto e semplice oggetto di pietà religiosa: il Rosario di Maria, e prosegue il compito suo in nomine Domini. Più che al valore materiale del dono, amo pensare che ella riguarderà al signicato del gesto di offrirlo al venerabile e antichissimo amico degli anni ormai lontani ma pur sempre ricordati fra noi in letizia ed in benedizione.

Quando le piacesse di condarlo con le stesse sue mani con signicazione simbolica al Santuario della Consolata niente di più felice: come invito anch'esso alla supplicazione universale dell'imminente ottobre, in auspicio della grande pace per le anime, per le famiglie, per le nazioni a cui tutto il mondo anela e sospira. Pax semper in D.no: laetitia et benedictio. Joannes XXIII Pp. Nella Lettera Apostolica, a cui il Papa accenna nel suo scritto, vengono evidenziati tre elementi, tre accenti che secondo il Santo Pontece danno «alla espressione vocale unità e coesione»: contemplazione mistica: «Contemplando ci si trova in una comunicazione intima di pensiero e di sentimento con la dottrina e la vita di Gesù … vissuto sulla terra a redimere, a istruire, a santicare»; riessione intima: «Ognuno raffronta la sua vita col calore di insegnamento che sgorga da quei medesimi misteri e ne trova inesauribili applicazioni per le proprie necessità spirituali, come per quelle del vivere suo quotidiano»; intenzione pia: «Indicazione di persone, o istituzioni, o necessità di ordine personale e sociale che … rientrano nell'esercizio della carità verso i fratelli, carità che si diffonde nei cuori ad espressione vivente della comune appartenenza al corpo mistico di Cristo». Il dono della corona del Rosario (ora conservata dentro un quadro che in alcune particolari occasioni viene esposto in Santuario) e le esortazioni citate, scritte dal Santo Pontece, ci aiutino nella nostra preghiera e, secondo il suo auspicio, il Rosario di Maria continui anche oggi a essere assunto «ad elevazione di grande preghiera pubblica e universale in faccia ai bisogni ordinari e straordinari della Chiesa santa, delle nazioni e del mondo intero».

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Un grazie alla Madre per una madre Cesare Balbo e Francesco Gonin alla Consolata

Lino Ferracin

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ra i mille e mille ex-voto che arricchiscono le pareti della nostra Basilica, uno in particolare spicca per la bellezza dell'opera, per il nome del donatore e per quello del suo esecutore: si tratta di un quadro ad olio di Francesco Gonin, dipinto per la famiglia di Cesare Balbo. L'opera, la più grande per misure di tutta la nostra attuale collezione (cm 58,5 x 97), riporta nella targhetta bronzea sul retro della cornice questa motivazione dettata dal cuore di Cesare Balbo: “L'an. 1833 addì 21 nov. natalizio del marito, Maria Felicia Balbo veniva, secondo l'uso suo, a raccomandar la famiglia in questa chiesa a Maria Vergine ed offerirsi per quella. Infermava nel medesimo giorno, e moriva addì 29. L'anno 1835 il vedovo marito, temendo per li gli, raccomandavali per li meriti della madre alla divina Protettrice e Consolatrice. O gliuoli di quella Pia, serbate la materna divozione.”. Grande era l'amore di Cesare per la sua sposa e così ne parla nella sua breve autobiograa: «Ei perdette la compagna sua, la madre degli otto gliuoli suoi, quella che non gli aveva dato in vita un momento, che non gli lasciò morendo una memoria che non fosse di santità, felicità e dolcezza»1. Difcili furono quei due primi anni di vedovanza ed a peggiorare le cose nell'estate del 1835 Torino fu colpita dal colera, mettendo in pericolo la vita dei gli; queste preoccupazioni ed il dolore non ancora sopito portarono il Balbo ad ammalarsi “n presso all'agonia”. Il quadro, dipinto certamente dopo il colera nel 1836, ha come scenario sullo sfondo a sinistra l'edicio all'angolo tra via della Consolata e via Valerio Lorenzo, sulla destra la porta meridionale della chiesa com'era prima dell'apertura della piazzetta nel 1846 e della realizzazione del pronao sulla stessa. La scena si articola in tre momenti: in alto a sinistra la Vergine Consolata, rappresentata non nel tradizionale gesto della mano destra ad in-

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dicare il Figlio, ma con la mano rivolta in basso verso quella di Felicita Balbo che, come un angelo biancovestita, si innalza verso la Vergine, lo sguardo sso su di Lei. In basso un uomo di spalle, nero vestito, alza la mano verso l'anima della moglie che sale al Cielo e vi è come una linea continua che parte dalla mano di Maria, scende lungo il corpo di Felicita Balbo e passa come una scarica di grazia in quella di Cesare Balbo. Attorno al padre gli otto gli: Prospero di 11 anni, Luigi di 10 e Ottavio di 9, tutti e tre in divisa di collegio militare; poi Enrichetta di 8, Ferdinando di 7, Casimiro di 4, Cesarina di 3 e, ultimo, Paolo di soli 2 anni 2. Tutti raccolti in pose diverse: chi a guardare in alto, chi col viso raccolto. Solo Cesarina guarda verso di noi spettatori come a invitarci ad unirci nel ringraziamento alla Vergine e nel ricordo della madre. Ma forse il particolare più curioso è proprio la rappresentazione del donatore che volge le spalle a chi guarda, tutto rivolto alla visione celeste del suo amore. Quale può essere il senso di quella particolare posa, certamente voluta dall'offerente? Umiltà o volontà di non interferire con la sua presenza, lui persona conosciuta nei salotti e nelle stanze del potere di Torino, con il centro dell'azione del quadro: un omaggio e una preghiera alla donna della sua vita e alla madre dei suoi gli e una supplica alla Consolata Consolatrice, Madre di tutti i credenti. “O gliuoli di quella Pia, serbate la materna divozione”. Non dimenticatevi, o gli, e voi fedeli di fronte a questo quadro, della devozione che Felicita Balbo ebbe per la Vergine Consolatrice!

1

BALBO CESARE, Vita di Cesare Balbo scritta da lui medesimo, Torino,1853. 2 cfr. BALBO DI VINADIO CHANTAL, Cesare Balbo. Un ritratto di famiglia, Neos Edizioni, Rivoli, 2011.


► Ex-voto della famiglia Balbo, olio su tela di Francesco Gonin (1836 ?) sito nella galleria degli ex-voto del Santuario (Foto di Andrea Aloi)

Cesare Balbo (Torino 1789 - 1853), studioso, storico, uomo politico di primo piano nella Torino napoleonica e risorgimentale. Autore di molte opere di carattere storico tra cui una Vita di Dante e una Storia d'Italia. Nel 1844 pubblicò Le speranze d'Italia, trattato politico nel quale proponeva la sua visione neoguelfa di una Italia libera e federata. Nel 1848 guidò il primo governo costituzionale del Regno di Sardegna. Il suo corpo riposa nella cripta del duomo di Chieri. Francesco Gonin (Torino 1808 - Giaveno 1889), formatosi all'Accademia di Torino fu tra i primi artisti a dedicarsi con risultati di rilievo alla tecnica della litograa da poco diffusa. Ebbe successo nella Torino bene e alla corte sabauda. Importanti suoi lavori nel castello di Racconigi, in alcune chiese torinesi e nella stazione di Porta Nuova. Deve molta della sua fama alla collaborazione con Alessandro Manzoni per l'edizione illustrata dei Promessi sposi e della Storia della colonna infame del 1840.

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San Valerico, abate monaco benedettino francese, compatrono di Torino Daniele Bolognini

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▲ «S. Valerico con S. Sebastiano e S. Rocco», 1600, olio su tela di Antonio Parentani, Parrocchia di San Cassiano, Grugliasco - (fotograa di Matteo Selva)

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alerico è compatrono della Città di Torino n dall'epidemia di peste del 1598, le sue reliquie erano venerate in città dai tempi in cui le portarono i monaci della Novalesa nel 906. Le vicende di questo Santo francese ci portano nell'alto medioevo, quando monasteri e abbazie costituivano un riferimento non solo religioso, ma anche sociale, economico e politico. Valerico (Walaricus in latino, Valéry in francese) nacque nel 565 nell'Auvergne, regione montuosa del centro della Francia, in una famiglia di pastori. Adolescente, sentì forte il desiderio di imparare a leggere e scrivere, si fece così incidere le lettere dell'alfabeto su alcune tavolette di legno e, badando al gregge, imparò a memoria il Salterio. Partecipò in seguito in modo più attivo alle funzioni e sbocciò in lui il desiderio di farsi monaco. Non lontano da Issoire sorgeva il monastero benedettino di Autum (Autoingt) dove viveva un prozio e Valerico, pieno di fervore, nonostante la contrarietà del padre, chiese d'esservi accolto. Per sottrarsi alle pressioni dei genitori, si rifugiò in seguito ad Auxerre, nel monastero di Saint-Germain da poco fondato, dove, tra l'altro, divenne padre spirituale di Bolone, un nobile del luogo. Questi, spogliatosi dei propri averi, abbracciò la regola benedettina e divenne suo discepolo. A quel tempo i monaci potevano spostarsi con una certa libertà da un monastero all'altro e i due vollero incontrare un confratello irlandese la cui fama era diffusa in tutta Europa. Conobbero così San Colombano nel 594 a Luxeuil (Borgogna), un'abbazia in cui vivevano circa duecento monaci dove si stabilirono. Valerico ebbe l'incarico di ortolano, ma il suo carisma non tardò a manifestarsi


e Colombano lo ammise alla professione dopo un noviziato eccezionalmente breve. Successivamente re Teodorico II d'Austrasia (la parte nord-orientale del Regno Merovingio) allontanò Colombano da quel monastero per contrasti politici e per qualche tempo Valerico dovette sostituirlo. Magro e di alta statura, era severo con se stesso, ma mite con il prossimo. Con i novizi si dimostrò un maestro paziente e fervoroso nel trattare dell'amore di Dio. Tappa successiva fu il monastero di Fontaine, dove la saggezza gli valse l'amicizia del Re Teodorico. Valerico quindi, insieme ad un compagno di nome Valdoleno, partì per evangelizzare la Neustria (tra l'Aquitania e il Canale della Manica), come desiderato da Clotario II. Giunse no ad Amiens: l'eloquenza e i «miracoli» gli ottennero numerose conversioni. Valerico però preferì la solitudine alla predicazione e su consiglio del Vescovo Bercundo, scelse un sito solitario vicino al mare, alla foce del ume Somme. In una boscaglia fondò un nuovo cenobio: questa località era detta Leuconaus. Presto la fondazione crebbe e San Valerico alternava la vita di contemplazione alla predicazione missionaria presso i villaggi vicini. Lottò contro i culti pagani e ad Eu fece rimuovere alcuni idoli. Le cronache inoltre ci riportano l'episodio di una guarigione miracolosa di un paralitico di nome Blitmondo (Berchond) che scelse poi di seguirlo nella vita contemplativa e sarà suo successore nella carica di abate. Ben presto il monastero di Leuconaus si popolò di pellegrini e malati. Nel 613 il monastero, adottata la regola di San Colombano, si ingrandì grazie all'aiuto di Re Dagoberto e divenne l’abbazia di Leuconay. Valerico, tuttavia, anelando alla vita eremitica, si ritirò presso una capanna in cima a Cap Hornu. Una settimana prima di morire disse di voler essere sepolto all'ombra della quercia dove amava colloquiare con Dio. Morì il 12 dicembre 622, aveva 57 anni. Qualche tempo dopo la cittadina venne chiamata Saint-Valéry sur Somme.

Il Vescovo di Amiens Bertacundo (Berehund) si preoccupò che non venissero profanate le sacre spoglie. Blitmondo tentò con Angilberto di S. Riquier di portare le reliquie in chiesa, ma poterono estrarre solo un frammento che prese quest'ultimo. Nel 623, dati i pericoli del tempo, i monaci dovettero abbandonare l'abbazia. Blimondo si trasferì a Bob-

▲ «Valerico intercessore presso la Consolata per la Città», pala d’altare, cappella San Valerico del Santuario B. V. della Consolata

bio (Piacenza), ma ritornò a Leuconay nel 627 e riedicò il monastero. Il 1° aprile 628 fu costruita una prima cappella per custodire le reliquie di Valerico, che divenne subito meta di pellegrinaggi. Il 1° aprile, in alcune biograe, è indicato come data della sua festa. Nei secoli successivi parte delle reliquie di San Valerico furono trasferite da Carlomagno presso l'abbazia di Novalesa grazie all'amicizia con l'abate Frodo-

ino cui afdò il glio Ugo - e all'abbazia di Corbie. Nell'859 e nell'891 Leuconay fu saccheggiata, ma la tomba di Valerico non venne violata. Nel 962 le spoglie del Santo furono traslate da Arnolfo il Vecchio prima nell'abbazia di Montreuil e poi a Saint-Bertin. Leggenda vuole che il Santo apparisse in sogno a Ugo Capeto promettendogli di proteggerlo se il suo corpo fosse stato riportato a Leuconay. Così avvenne il 2 giugno 981 alla presenza dello stesso Capeto, che sei anni più tardi divenne re di Francia. Fu allora che l'abate Ingebrammo di Saint-Riquier compose alcuni inni in onore del Santo. Un affresco del sec. XVI, nella cappella abbaziale di Saint-Riquier, rafgura Valerico che appare ad Ugo Capeto predicendogli la corona. Nel 1197 re Riccardo Cuor di Leone disperse nuovamente i monaci e le reliquie furono trasferite a Caux, per ritornare un secolo dopo nuovamente a Leuconay. Come leggiamo nel Chronicon Novaliciense - manoscritto nel 1060 circa - parte delle reliquie di Valerico furono portate a Torino dai Benedettini in fuga dalla Novalesa. Un altro manoscritto contiene un Hymnus de Sancto Walerico abate. I Benedettini, giunti a Torino, si stabilirono presso la chiesa dei Santi Andrea e Clemente, davanti alla Porta Segusina, oggi all'incrocio tra Via della Consolata e Via Garibaldi; nel 929 passarono alla non distante chiesa di Sant'Andrea, dentro le mura cittadine, che sarà poi l'odierno nostro Santuario. Nei secoli le collocazioni dell'altare di S. Valerico cambiarono più volte di sito a seconda delle fasi di ampliamento della chiesa. Nell'edicio romanico era il primo nella navata di sinistra, presso il presbiterio. La devozione dei torinesi verso San Valerico raggiunse l'apice nel 1598, quando fu eletto Compatrono cittadino. Proprio il 12 dicembre di quell'anno Papa Clemente VIII con bolla ne approvò il culto. Di fatto era già venerato, gli Ordinati del Consiglio cittadino ne danno una prima menzione il 24 novembre 1450. Nel 1599 fu realizzato un nuovo al-

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tare di patronato municipale, l'anno successivo fu commissionata ad Antonino Parentani la pala come exvoto per la peste, trasferita nel 1765 nella parrocchia di San Cassiano in Grugliasco. Nel 1601 don Lorenzo Surio scrisse una biograa di Valerico. Il suo patrocinio venne nuovamente invocato nel 1629, insieme a quello di S. Rocco, quando la peste tornò a mietere vittime, e nel 1675 per l’inerire del cholera morbus. Nel 1679, nell'ambito della trasformazione guariniana del Santuario, a spese del Comune si ricollocò la cappella nell'aula ovale di Sant’Andrea, nel 1702 fu realizzata una nuova urna. Su disegni del Vittone, nel 1764, fu realizzato un nuovo altare in marmo - scultore Filippo Parodi, con ornamenti di Ignazio Parrucca - in cui trovò posto il nuovo quadro di Francesco Bolgeri (Bolgié) rappresentante la SS. Trinità e S. Valerico (Schede Vesme). Felice Cervetti, negli stessi anni, realizzò i due quadri laterali: Processione tra gli appestati con l'urna di San Valerico e Donazione dell'altare di San Valerico. Il Beato Giuseppe Allamano nel 1897 fece fare una ricognizione del-

le reliquie: furono riconosciuti 12 frammenti del cranio, 7 denti, una vertebra dorsale e vari frammenti ossei. Nel 1898, per il III centenario della proclamazione a compatrono, ci furono solenni celebrazioni, compresa l'intitolazione di una campana, collocata nell'imponente campanile romanico. Nel 1905 le reliquie di San Valerico ebbero inne la collocazione attuale con una nuova pala d’altare nella cappella costruita con la ristrutturazione del Santuario voluta dall'Allamano. L’opera realizzata da Luigi Clara presenta S. Valerico intercessore presso la Consolata. In Francia parte delle reliquie sono sopravvissute alla Rivoluzione Francese e sono oggi presso la parrocchia di Saint-Valery sur Mer. Nel 1870 fu edicata dai marinai della regione una cappella nel luogo in cui il Santo morì. Altre località portano il suo nome, tra cui Saint-Valery en Caux, Osmoy-Saint-Valery e Saint-Valery dans l'Oise. ▲ «Processione tra gli appestati con l’urna di S. Valerico», 1765 ca., olio su tela di Felice Cervetti, cappella di S. Valerico del Santuario della Consolata

del Santuario di Torino La Compagnia della Consolata ha come scopo di favorire la devozione alla Vergine Maria, venerata come Consolata dai doni di Dio e, per questo, Consolatrice dei sofferenti e degli afflitti: modello e sorgente di speranza, Ella ci precede nel cammino della fede e ci sostiene nelle difficoltà della vita quotidiana. È vivamente raccomandata agli iscritti la partecipazione personale alle celebrazioni liturgiche del Santuario e, nel giorno della festa titolare (20 giugno), alla processione in onore della Consolata.

Tutti, anche i defunti, possono essere iscritti nella Compagnia. Per loro, in Santuario, ogni sabato viene celebrata una S. Messa alle ore 10,30. Per iscrizioni e maggiori informazioni rivolgersi alla sacrestia del Santuario o telefonare al n. 011/483.61.01.

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Il Santuario della Consolata

Si ringrazia per la gentile collaborazione don Paolo Resegotti parroco di S. Cassiano in Grugliasco, Arabella Cifani e Franco Monetti.


calendario liturgico del Santuario

Dicembre 2019

Febbraio 2020

1. c 1 DOMENICA DI AVVENTO 3. S. Francesco Saverio, sacerdote (mem.) 6. S. Nicola, vescovo (mem.) 7. S. Ambrogio, vescovo e dottore della Chiesa (mem.) a 8. c 2 DOMENICA DI AVVENTO IMMACOLATA CONCEZIONE DELLA B. V. MARIA (sol.) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria 10. Beato Marco Antonio Durando, sacerdote (mem. fac.) 12. S. VALERICO, abate: le sue reliquie sono conservate nel nostro Santuario (festa) Beata Vergine Maria di Guadalupe (mem. fac.) 13. S. Lucia, vergine e martire (mem.) 14. S. Giovanni della Croce, sacerdote e dottore della Chiesa (mem.) 15. c 3a DOMENICA DI AVVENTO 16-24 Novena di Natale 22. c 4a DOMENICA DI AVVENTO 25. NATALE DEL SIGNORE (sol.) 26. S. STEFANO, primo martire (festa) 27. S. GIOVANNI, apostolo ed evangelista (festa) 28. SANTI INNOCENTI, martiri (festa) 29. c SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE (festa)

5. S. Agata, vergine e martire (mem.) 6. Santi Paolo Miki e Compagni, martiri (mem.) 8. Beata Giuseppina Gabriella Bonino, vergine (mem. fac.) a 9. c 5 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 10. S. Scolastica, vergine (mem.) 11. Beata Vergine Maria di Lourdes (mem. fac.) 14. SANTI CIRILLO, monaco, E METODIO, vescovo, patroni d'Europa (festa) a 16. c 6 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Beato Giuseppe Allamano, sacerdote: per 46 anni rettore della Consolata (mem. fac.) 21. Beata Maria Enrichetta Dominici, vergine (mem. fac.) 22. CATTEDRA DI S. PIETRO, apostolo (festa) 23. c 7a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Policarpo, vescovo e martire (mem.) 26. MERCOLEDÌ DELLE CENERI (astinenza e digiuno) 28. Venerdì dopo le Ceneri (astinenza)

Gennaio 2020

Orario delle celebrazioni in Santuario

a

1.

c

MARIA SS. MADRE DI DIO (sol.) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria Giornata Mondiale della pace

2. Santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa (mem.) 3. SS.mo Nome di Gesù (mem. fac.) a 5. c 2 DOMENICA DOPO NATALE 6. c EPIFANIA DEL SIGNORE (sol.) 12. c BATTESIMO DEL SIGNORE (festa) 17. S. Antonio, abate (mem.) Giornata Nazionale per l'approfondimento e lo sviluppo del dialogo religioso ebraico-cristiano

18-25 Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 19. c 2 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 24. S. Francesco di Sales, vescovo e dottore della Chiesa: venne più volte in pellegrinaggio e sostò nel nostro Santuario (mem.) 25. CONVERSIONE DI S. PAOLO, apostolo (festa) a

26.

c

a

3 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

Domenica della Parola di Dio

Santi Timoteo e Tito, vescovi (mem.) 28. S. Tommaso d'Aquino, sacerdote e dottore della Chiesa (mem.) 30. Beato Sebastiano Valfrè, sacerdote (mem. fac.) 31. S. Giovanni Bosco, sacerdote (mem.)

1. Beata Anna Michelotti, vergine (mem. fac.) 2. c PRESENTAZIONE DEL SIGNORE (festa) Giornata Mondiale della vita consacrata Giornata Nazionale della vita

Sante Messe: Festive: ▪ Domenica e feste: 7 - 8,30 - 10 - 11,30 - 16 - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18

Feriali: 7 - 8 - 9 - 10,30 - 12 18 - 19 (sospesa nei prefestivi)

Liturgia delle Ore: ▪ Lodi mattutine: 8 (lun./ven. feriali) ▪ Vespri: 17 (sab./dom.) - 18 (lun./ven. feriali)

Adorazione Eucaristica: ▪ Sabato (feriale): 12,30 - 17,30

Confessioni: ▪ Giorni festivi: 7 - 12,15 / 15 - 20,15 ▪ Sabato e prefestivi: 7 - 12,15 / 15 - 18,45 ▪ Giorni feriali: 7 - 12,15 / 15 - 19,15

Rosario: ▪ Ogni giorno: 17,30


Il Ramo O.N.L.U.S. si dedica alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e particolarmente delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative si può contribuire preferibilmente: ► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDITSPA: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 specicando la destinazione al “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” (codice scale 97501670018) ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario. Attraverso queste operazioni le somme versate potranno godere dei beneci scali nell’annuale denuncia dei redditi.

Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario B. V. della Consolata, con sede in Torino, gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel registro della Prefettura di Torino al n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento -che è sempre modicabile e/o revocabile- può essere utile il consiglio di un notaio al ne di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inciarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad essere un luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un dono prezioso, segno di particolare amore alla Vergine Consolata-Consolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.

La cordiale ed intensa fraternità che Gesù ha inaugurato rendendosi piccolo ed inerme bambino, sorgente di gioia per i pastori di Betlemme, insieme alla tenerezza con cui Maria e Giuseppe lo hanno circondato d’affetto, colmino i nostri cuori e li rendano capaci di condividere la festa del Natale di Gesù con rinnovata e generosa attenzione verso le persone che incontriamo nel nostro cammino quotidiano. È l’augurio che volentieri rivolgiamo ai nostri lettori e a tutti i devoti della Consolata. Il rettore e i sacerdoti del Santuario

Attenzione: in caso di mancato recapito, rinviare all’Ufficio di Torino C.M.P. Nord per la restituzione al mittente, Rettore del Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino, che s’impegna a corrispondere la relativa tariffa.

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www.laconsolata.org

TAXE PERÇUE TASSA RISCOSSA TORINO C.M.P.

Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Spedizione in abbonamento postale - Pubbl. inf. 50%


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