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rubriche Costruttori di fraternità con la profezia che cambia la storia

Costruttori di fraternità con la profezia che cambia la storia

Svegliare il volto materno della Chiesa

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Osvaldo Maddaleno

Abbiamo sperimentato in questi mesi la nostra fragilità, quella del nostro modello di società e anche di Chiesa. Vorremmo uscire al più presto da questa situazione, ma ciò non è nel potere né di parole né di buoni auspici. Occor rono fatti, attesi ardentemente: cure più efcienti, un vaccino che possa debellare il virus, sussidi economici, … Senza dubbio. Ma non basteranno. Per affrontare quello che ci attende, con tutte le incognite del caso, occor re, secondo una felice trovata, “ ”: l'anti-virus della fraternità di una nuova, più decisa, più reale frater nità. E non solo all'interno della propria cerchia e della propria Nazione, ma a livello mondiale. Giustamente. Ma ... forse non basta. È poco probabile che di colpo saremo e saranno tutti buoni. Anzi. Mi ha colpito l'omelia di Papa Francesco nella solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo due , in cui ha condiviso parole-chiave: . Pietro e Paolo erano due unità e profezia persone molto differenti, ma si sentivano fratelli, come in una famiglia unita, dove spesso si discute, ma sempre ci si ama. Però la familiarità che li legava non veniva da inclinazioni naturali, ma dal Signore. Egli non ci ha comandato di piacerci, ma di amarci. È Lui che ci unisce, senza unifor marci. Ci unisce nelle differenze. L'Apostolo Giacomo era stato ucciso, ora P ietro viene ar restato, la comunità non si dà alla fuga, nessuno abbandona gli altri, ma tutti pregano insieme. L'unità è un principio che si attiva con la preghiera, perché la preghiera permette allo Spirito Santo di intervenire, di aprire alla speranza, di tenerci insieme nelle difcoltà. Il Papa dice che in quei frangenti drammatici nessuno si lamenta del male, delle persecuzioni, di Erode. È inutile che i cristiani sprechino tempo a lamentarsi del mondo, della società, di quello che non va. L e lamentele non cambiano nulla. Ricordiamoci che le lamentele sono la seconda porta chiusa allo Spirito Santo: la prima è il narcisismo (ti porta allo specchio, a guardarti continuamente), la seconda è lo scoraggiamento (ti porta alle lamentele), la terza è il pessimismo (ti porta al buio, all'oscurità). Quei cristiani non incolpavano, ma pregavano. In quella comunità nessuno diceva: «Se Pietro fosse stato più cauto, non saremmo in questa situazione». Nessuno. P ietro umanamente aveva motivi di essere criticato, ma nessuno lo criticava. Non sparlavano di lui, ma pregavano per lui. E noi oggi possiamo chiederci: «Custodiamo la nostra unità con la preghiera? Preghiamo gli uni per gli altri?». Un Santuario come la , Consolata aperto tutto il giorno, ci aiuti a valorizzare la preghiera per l'unità della Chiesa, e a far crescere la frater nità. Qui incontriamo Maria, che è madre, e ci aiuta a vivere da fratelli. Papa Francesco dopo l'unità ha parlato di una seconda parola: . Pietro è stato provocato da Gesù: «Tu, profezia chi dici che io sia?»; anche Paolo: «Perché mi perseguiti?». A queste provocazioni sono seguite le profezie: «Tu sei Pietro e su questa pietra edicherò la mia Chiesa», e di Paolo: «È lo strumento che ho scelto per me, afnché porti il mio nome dinanzi alle nazioni». Dunque la profezia nasce quando ci si lascia provocare da Dio, non quando si gestisce la propria tranquillità. Quando il Vangelo ribalta le certezze, scaturisce la profezia. Solo chi si apre alle sorprese di Dio diventa profeta. Oggi abbiamo bisogno di profezia, di testimonianze che il Vangelo è possibile. A me, dice il Papa, fa dolore quando sento proclamare: «Vogliamo una Chiesa profetica». Bene. Cosa fai, perché la Chiesa sia profetica? Ser vono vite che manifestano il miracolo dell'amore di Dio. Non potenza, ma coerenza. Non parole, ma preghiera. Non proclami, ma ser vizio. Tu vuoi una Chiesa profetica? Incomincia a ser vire: non teoria, ma testimonianza. Abbiamo bisogno della gioia per il mondo che verrà, non di quei progetti pastorali che sembrano avere in sé la propria efcienza, come se fossero dei sacramenti. Abbiamo bisogno di pastori che offrono la vita: . Così di innamorati di Dio Pietro e Paolo hanno annunciato Gesù, da innamorati. Questa è la profezia che cambia la storia. Il Papa ter mina dicendo che anche per noi c'è una profezia, si trova nell'ultimo libro della Bibbia, dove Gesù promette ai suoi testimoni fedeli “ , sulla quale una pietruzza bianca sta scritto un nome nuovo”( 2, 17). Come il Signore Ap

▲ (dettaglio), affresco del Beato Angelico (1440 ca.), Convento di S. Marco - Firenze «L’Annunciazione del corridoio nord»

ha trasfor mato Simone in Pietro, così chiama ciascuno di noi, per farci pietre vive con cui costruire una Chiesa e una umanità rinnovate. C'è sempre chi distrugge l'unità e chi spegne la profezia, ma il Signore crede in noi e chiede a te: «Tu, vuoi essere costruttore di unità? Vuoi essere profeta del mio cielo sulla ter ra?». L asciamoci provocare da Gesù e troviamo il coraggio di dirgli: «Sì, lo voglio!». Fra un mese sarà Natale. E la gura che maggiormente viene in rilievo in questo periodo di attesa è , la Maria madre di Gesù. C'è una nuova presa di coscienza nella Chiesa: sta nel rendersi conto che, in essa, attraverso i secoli, accanto al riguardante –co“principio petrino” me indica il termine– la sua struttura gerarchica, non è stato assente un e cioè una certa “principio mariano” presenza di Maria. Maria ci richiama il “prolo mariano della Chiesa”. Che cos'è questo prolo mariano? Ne ha scritto a fondo Hans Urs von Balthasar, noto teologo svizzero. Il principio mariano fa ricordare che la Chiesa è edicata non solo sugli apostoli, ma anche sui profeti, e si manifesta nell'aspetto carismatico della Sposa di Cristo: nell'aspetto profetico, spirituale, di santità, che si è sempre riscontrato in essa. S. Giovanni Paolo II nel discorso alla Curia Romana il 22 dicembre 1987 ha detto: “L a Chiesa vive di questo autentico prolo mariano, di questa dimensione mariana. Questo prolo mariano è altrettanto -se non lo è di più- fondamentale e caratterizzante per la Chiesa quanto il prolo apostolico e petrino, al quale è profondamente unito. La dimensione mariana della Chiesa antecede quella petrina, pur essendole strettamente unita e complementare. Maria, l'Immacolata, precede ogni altro, e, ovviamente, lo stesso Pietro e gli Apostoli». Anche Benedetto XVI ha sottolineato il principio mariano commemorando i 40 anni della conclusione del Concilio Vaticano II: «Questo principio petrino della Chiesa è incluso in quello mariano. In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non defor mato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi anime ecclesiali» (8 dicembre 2005). In pratica cosa dobbiamo fare? Dobbiamo modellarci su Maria. Da dove cominciare? Forse c'è una parola nella quale possiamo intravedere un costante atteggiamento della sua vita. È all'angelo al momento dell'inil suo “sì” car nazione di Gesù, e ripetuto tutta la vita. S. Madre Teresa di Calcutta diceva che per raggiungere la santità occor re dire «voglio», e cioè «sì». Dire sempre voglio a quanto Dio vuole. in questo Accendiamo questa luce Natale: essere tessitori di fraternità. Gesù è venuto a insegnarci due cose: abbiamo un Padre solo e noi siamo tutti fratelli. «Incredibile, ma vero. Sono salito nella mia stanza per prendere la chiave dell'auto. Avevo tale fretta da non concedermi il tempo di accendere la luce. Muovendomi a mezza luce non ho trovato la chiave nel cassetto, spostandomi ho sbattuto la testa sullo spigolo sporgente, uscendo ho rovesciato il comodino con la sedia … “Come mai quel bernoccolo?!” mi domanda qualcuno. “Mi ricorda –rispondo– che prima di muovermi al buio è necessario accendere la luce”. Anche in convento può accadere che presi dai tanti progetti, dalle tante cose da fare, ci si dimentichi la cosa principale: cominciare la giornata con l'accendere un luminoso clima d'amore. Muoversi senza la luce in comunità è creare guai a sé e agli altri. Quando in famiglia brilla la luce della carità cristiana, ciascuno è sereno e sa come muoversi e che cosa fare» (A. Pamont).

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