JAG mag N.00

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numero

00 ottobre novembre dicembre 2015

News Jaguar XE F-Pace

Story Jaguar E-type Jaguar XJ13

J-Everyway Diabolik

www.jagmag.it euro 8



edito

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AG mag la nuova rivista italiana dedicata a Jaguar. A chi in questi giorni mi ha chiesto perché una rivista dedicata a Jaguar, ho saputo dare solo una semplice risposta: perché no? Forse perché è stata la prima auto importante che ho posseduto da giovane e, si sa, i bei ricordi sono tra le cose migliori della vita ed è incredibile come un ormai lontano ricordo possa improvvisamente riaccendersi per dare fuoco ad una nuova eccitante passione. Voglio dedicare questa rivista a chi sa ancora emozionarsi, che poi sia un conoscitore del Marchio o meno, poco importa. Parleremo di passioni, di stili di vita che hanno come punto di partenza il British Style e, naturalmente, l’amore per le Jaguar.

Pierluigi Ducci

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sommario News 6 16 22 28 30

Jaguar XE Jaguar F-Pace Jaguar XJ Model Year 2016 Bond Cars Jaguar XJR Rapid Response Vehicle

events 34 38 52 56 62

Goodwood La passione è qui Mille Miglia Jaguar festeggia i suoi 80 anni Salone dell’Auto Parco del Valentino Auto e Moto d’Epoca Trieste Opicina Historic

people 48 82

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Ian Callum Jaguar Design Dierctor Mike Hawtorn The First

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Ottobre - Novembre - Dicembre 2015

Story 68 78

Jaguar E-type L’autentica icona dell’automobilismo Jaguar XJ13 1966. L’auto che non c’è mai stata

place 12 60

Golf Resort Jaguar Launge

excellence 64 92

Sigaro toscano 1815 Il cioccolato di Modica

rubriche 03 33 46 57 88 96

Edito La Foto: Challenger Bloodhound SSC Il poster: Steve McQueen Culture: Henry Moore J-Everyway: Diabolik La foto: Jaguar XE

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NEWS

Jaguar XE tanto emozionante da guardare e guidare, quanto brillante e pratica nel suo utilizzo quotidiano

testo: Paolo Ferrini foto: Marco Trionfetti - Officina Visiva

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eno pelle e radica di noce, più tecnologia e prestazioni: si riassume così la nuova Jaguar XE che abbiamo provato su un terreno particolarmente vario ed impegnativo. Nessuna pista e neppure un normale utilizzo quotidiano, bensì qualche tratto in autostrada e soprattutto tanti saliscendi, tornanti, curve di ogni raggio e pendenza, qualche ingorgo nel traffico delle città attraversate e tante tante accelerazioni e frenate. La versione messa a disposizione dalla Casa inglese è quella che a rigor di logica dovrebbe essere destinata a suscitare maggiore interesse tra il pubblico italiano, ovvero il modello equipaggiato con il nuovo 4 cilindri turbodiesel serie Ingenium di 2.000 cc da 180 CV (132 kW) abbinato ad un cambio automatico ZF ad 8 rapporti dal temperamento sportivo, molto sportivo. L’abbinamento di questo cambio automatico al fluido e silenzioso motore Jaguar, ci regala riprese entusiasmanti, basta premere un poco sull’acceleratore per sorpassare con godibile rombo quasi chiunque in tutta sicurezza (il costruttore dichiara un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 7.8 secondi). E se la sempre impeccabile tenuta su strada è merito delle nuove sospensioni posteriori Integral Link, del sistema elettronico di controllo della trazione ASPC (All Surface Progress Control) che beneficia delle esperienze della consorella Land Rover e del servosterzo EPAS, l’integrità della scocca è una piacevole sorpresa per chi ha ancora vive nella mente le carrozzerie delle auto inglesi di un tempo, piene

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di torsioni e di rumorini di ogni genere. Sulla Jaguar XE siamo invece in una dimensione completamente diversa. Merito di una leggera e compatta struttura realizzata al 75% in alluminio (in gran parte di riciclo) che tiene sempre correttamente al loro posto tutte le componenti che vi fanno riferimento. E il risultato si vede una volta su strada. Se siete dei nostalgici delle finiture in (ormai finta) radica di noce la finitura dell’abitacolo vi potrebbe lasciare perplessi. Il tempo però passa, così come le mode ed i gusti della clientela che negli Anni 2000 non potrà che apprezzare l’uso di tessuti tecnici e di pelle a grana fine, così come le doppie cuciture a contrasto che danno agli interni della Jaguar XE una sensazione di qualità sartoriale e di concretezza. Ian Callum, responsabile dello stile della Casa britannica, ha commentato: «La nuova XE è da ogni punto di vista una Jaguar moderna, sicuramente più compatta nelle dimensioni, ma dal forte impatto

La Jaguar XE M.Y.2017 è stata presentata in anteprima mondiale al Los Angeles Auto Show 2015, con migliori prestazioni e maggiore aderenza in qualsiasi condizione atmosferica grazie alla trazione integrale (AWD) con torque on-demand, mentre l’Intelligent Driveline Dynamics conserva il carattere e l’agilità della guida a trazione posteriore. Inoltre contraddistinguono il nuovo modello ulteriori migliorie tecnologiche: - l’Adaptive Response Surface, distingue tra diversi tipi di superficie stradale per una trazione AWD ancora più sicura in tutte le condizioni; - il sistema di infotainment all’avanguardia InControl Touch Pro, con touchscreen stile tablet da 10,2 pollici, offre un funzionamento intuitivo, tempi di risposta super-veloci e navigazione intelligente; - l’Hotspot Wi-Fi, può accogliere fino un massimo di otto dispositivi e una suite di servizi collegati; - l’app Apple Watch, offre una serie di funzionalità in remoto, come controllo livello del carburante, chiusura e apertura dell’auto e avvio a distanza del motore;

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visivo. La nostra clientela più affezionata si aspetta e pretende molto da una Jaguar di segmento medio, perché deve essere pratica, ma nel medesimo tempo raffinata. Noi non dobbiamo dimenticarci che stiamo progettando una Jaguar e questo significa che deve essere tanto emozionante da guardare e guidare, quanto brillante e pratica nel suo utilizzo quotidiano. Con la Jaguar XE crediamo proprio di aver raggiunto questo obiettivo».

- il Sistema Meridian Digital Surround Sound, con 17 altoparlanti e una potenza di 825 W; - si arricchisce anche con il Lane Keep Assist, l’Adaptive Speed Limiter e il Driver Condition Monitor. La nuova gamma Jaguar XE sarà composta da: XE Pure, XE Prestige, XE Portfolio, XE R-Sport, XE S. Motorizzazioni: - Diesel 2,0 litri 163 CV cambio manuale/automatico trazione posteriore; - Diesel 2,0 litri 180 CV cambio manuale/automatico trazione posteriore, AWD cambio automatico; - Benzina 2,0 litri 200 CV cambio automatico trazione posteriore; - Benzina 2,0 litri 240 CV cambio automatico trazione posteriore; - Benzina 3,0 litri 340 CV cambio automatico trazione posteriore.


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place

riviera golf resort

testi e foto: Riviera Golf Resort e Officina Visiva

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Resort, Cucina, Benessere, Meeting, Eventi e Golf, questi sono gli elementi che caratterizzano il Riviera Golf Resort. Vicino al mare e lontano dal caos, albergo di design ma accogliente ed esclusivo, un ristorante raffinato ma con una cucina semplice e gustosa.

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l Riviera Golf Resort con la sua struttura di elevato design dedicata allo sport, alla ristorazione, agli eventi, al business ed al benessere la cui presenza ha contribuito ad arricchire l’area locale con un prestigio riconosciuto a livello nazionale ed internazionale; un gioiello di architettura con 32 eleganti e confortevoli suites per i suoi ospiti per ogni tipologia di soggiorno: dal golfista più esigente ad una fuga romantica di coppia, ad intensi momenti di benessere e relax. Il Riviera Golf Resort risulta essere una struttura non convenzionale ma molto apprezzata dai suoi avventori abituali, proprio per le sue peculiari unicità di stile ed esclusività. Un’esclusività che si rispecchia anche sui numerosi eventi dedicati al mondo business e grazie ai servizi che vengono dedicati con grande professionalità e cura al comparto congressuale; l’attrezzata, quanto panoramica, sala meeting posta al primo piano della struttura, arricchisce gli appuntamenti di lavoro rendendo piacevoli anche le più impegnative sessioni


congressuali. Consapevoli, i partecipanti i meeting o congressi, potranno, poi, riposare nella rivierabeauty SPA, ovvero il rilassante centro benessere del resort, dotato di piscina interna riscaldata con vari punti idromassaggio, percorso defaticante, cascatella, zone dell’umido, per concludere con la palestra e i numerosi trattamenti benessere ed estetici effettuati da personale altamente specializzato. Ad arricchire il paesaggio circostante ed i servizi del resort messi a disposizione dei suoi ospiti, la meravigliosa ed imponente piscina esterna di 82 mt; una gradevole liason tra il verde del campo da golf 18 buche Championship e lo spiccato design della struttura. Fiore all’occhiello del resort, è proprio il campo da golf 18 buche, nove delle quali inaugurate a settembre 2010. Il percorso di gioco si rende avvincente attraverso un susseguirsi di dolci saliscendi, uliveti, vigneti, boschi ed aree naturali. Le prime buche del percorso, disegnate dall’architetto Luigi Rota Caremoli, si sviluppano lungo un paesaggio collinare all’interno del Parco della Valle del Fiume Conca che a ridosso del campo di golf forma un grande lago animato tutto l’anno. Le buche lungo il fiume costituiscono un’oasi naturale di elevato pregio ambientale e naturalistico. Le seconde nove buche portano la firma del famoso architetto

canadese Graham Cooke, che ha modellato il tracciato conferendogli il caratteristico stile nordamericano. L’architetto, partendo dal piano di campagna, ha saputo modellare un percorso caratterizzato da ampi e lunghi farway, contornati da piacevoli mounds ed ostacoli d’acqua, bunkers diversificati, green spaziosi su più livelli estremamente veloci. Da queste buche si può ammirare l’incantevole panorama delle colline romagnole e marchigiane. Dati tecnici: 18 buche, par 72, metri 6.412. + 9 buche executive e Pitch & Putt. La struttura golfistica offre tutti i servizi per l’apprendimento dei primi rudimenti o il perfezionamento del gioco e precisamente: driving range con 10 postazioni coperte ed illuminate, 20 postazioni scoperte con battitori in erba, 2 bunkers, chipping green, pitching green ed un ampio putting green a 18 buche completamente illuminato. Teatri tecnici adeguati ad accogliere le qualificate Golf Clinics (corsi di avvicinamento al golf per neofiti) sia della scuola interna Rivieragolfacademy che da parte dei tanti Pro del golf di tutta Italia; tutto ciò non solo per la qualità dei servizi menzionati ma anche per il clima mite che caratterizza l’area geografica anche durante la stagione invernale.

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NEWS

F-Pace Investendo nel “Best of British”, Jaguar Land Rover presenta al mondo la F-PACE foto: Media Jaguar

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viluppata utilizzando la Jaguar Lightweight Aluminium Architecture, la nuova F-Pace mostra purezza nelle linee, superfici e proporzioni “insegnate” dalla F-Type, come le fiancate posteriori, le prese d’aria dei paraurti e le distintive grafiche delle luci posteriori. Sottili fanali anteriori a LED, cerchi in lega forgiata da 22” e ridotto sbalzo anteriore, portano il marchio progettuale della concept C-X17 in produzione. Cofano e griglia anteriore muscolosi dichiarano le prestazionale dei motori, come il V6 sovralimentato da 380 CV. Cinque posti di assoluta comodità con ampi spazi per la testa e le ginocchia;

sorprendente il vano bagagli di 650 litri. Infotainment e connessione di assoluto livello: il sistema InControl Touch Pro usa un touchscreen da 10,2 pollici, con processore quad-core e disco rigido che operano su linea Ethernet ultra veloce, il risultato è un’interfaccia intuitiva, con grafica nitida e reattiva; sono 8 i dispositivi collegabili simultaneamente sull’hotspot Wi-Fi. Il sistema di navigazione memorizza gli spostamenti e offre una reale guida door-to-door ed è in grado di informare altre persone del vostro orario di arrivo. La navigazione può essere visualizzata a schermo intero, in 3D, nel quadro strumenti virtuale HD da 12,3 pollici.

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La Lightweight Aluminium Architecture studiata da massimi esperti mondiali nel design e nell’impiego dell’alluminio si rivela una struttura modulare per fornire sempre miglior assetto, giuste proporzioni e dinamicità indispensabili ad un crossopterige performante. Lunga 4.731 mm e con un passo di 2.874 mm, la nuova F-Pace presenta il profilo slanciato e il ridotto sbalzo anteriore tipici del design Jaguar con un’eccezionale spaziosità interna. L’80 per cento di alluminio utilizzato dichiara che nel suo segmento questa è l’unica monoscocca ad essere composta in questo leggero metallo. Ulteriori chili sottratti grazie al portellone in fibre composite e dal magnesio utilizzato in parti come le traverse dell’auto. La versione a trazione posteriore con motore diesel da 180 CV e cambio manuale pesa non più di 1.665 kg e consente di avere emissioni di CO2 di soli 129 g/km. Con il motore V6 a benzina sovralimentato da 380

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CV della F-Type, la nuova F-Pace va da 0 a 100 km/h in soli 5,5 secondi, con velocità massima di 250 km/h limitata elettronicamente. L’elevata rigidità torsionale della scocca, consente alla sospensione anteriore a doppio braccio oscillante derivata dalla F-Type e alla sofisticata sospensione posteriore Integral Link, di essere ancora più performanti. Il Torque Vectoring di serie e il sistema Electric Power Assisted Steering, calibrano sempre al meglio risposta, guida e maneggevolezza. Ammortizzatori monotubo anche per l’entrylevel che, assieme al sistema elettronico Adaptive Dynamics rileva il movimento del corpo vettura e della ruota, rispettivamente 100 e 500 volte al secondo, garantendo forze di smorzamento ottimali in tutte le condizioni. Per i guidatori più esigenti, è disponibile il Configurable Dynamics: utilizzato per la prima volta sulla F-Type, questo sistema consente di avere impostazioni personalizzate per acceleratore, cambio


automatico, sterzo e, se in dotazione, per l’Adaptive Dynamics. La trazione integrale (AWD – All Wheel Drive) con torque on-demand della nuova F-Pace, è il sistema Jaguar più sofisticato di sempre con elevata capacità di coppia. Adotta l’avanzato sistema di controllo sviluppato in-house per la F-Type AWD, l’Intelligent Driveline Dynamics (IDD). L’IDD conserva l’agilità di guida e la maneggevolezza della trazione posteriore, ma è in grado di trasferire senza soluzione di continuità, la coppia alle ruote anteriori, per sfruttare i vantaggi prestazionali della trazione aggiuntiva su tutte le superfici e in qualsiasi condizione atmosferica. L’Adaptive Surface Response (ASR), sviluppato dalla brevettata e pluripremiata tecnologia Terrain Response di Land Rover, rende il sistema AWD maggiormente efficace nelle condizioni più difficili. Integrato nel Jaguar Drive Control, l’ASR identifica il tipo di superficie e ottimizza la mappatura del propulsore e del sistema Dynamic Stability Control.

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Proposto per la prima volta nella nuova XF, l’ASR è stato migliorato con una terza modalità progettata per la neve profonda e la ghiaia con anche l’All Surface Progress Control e il Low Friction Launch. Nuova e innovativa stereo camera del sistema Autonomous Emergency Braking ha una funzione di rilevamento dei pedoni. La stereo camera consente anche il funzionamento dei sistemi Lane Departure Warning, Lane Keep Assist, Traffic Sign Recognition, Intelligent Speed Limiter e Driver Condition Monitor. Informazioni importanti, come i limiti e la velocità del veicolo, possono essere proiettati direttamente nella linea visuale del guidatore attraverso l’head-up display.

Le immagini colorate ad elevato contrasto, possono mostrare anche le impostazioni del cruise control e, passo dopo passo, le indicazioni del navigatore. Rispetto ai sistemi tradizionali, la tecnologia laser è più piccola e più leggera e le immagini rimangono nitide anche in pieno sole. La nuova F-Pace porta al debutto mondiale il Jaguar Activity Key. Novità assoluta nel settore, questa tecnologia indossabile consiste in un bracciale impermeabile, resistente agli urti, con un transponder integrato consente al telecomando di essere bloccato in modo sicuro all’interno del veicolo. Chiudere la nuova F-Pace utilizzando l’Activity Key disabilita eventuali telecomandi rimasti all’interno.

La gamma della nuova F-Pace sarà composta da: F-Pace Pure, F-Pace Prestige, F-Pace Portfolio, F-Pace R-Sport, F-Pace S, F-Pace First Edition. Le motorizzazioni disponibili sono: • 2,0 litri diesel 180 CV con cambio manuale (disponibile con trazione posteriore e integrale) e cambio automatico (solo trazione integrale); • 3,0 litri diesel da 300 CV con cambio automatico e trazione integrale; • 3,0 litri benzina da 340 e 380 CV con cambio automatico e trazione integrale. La nuova F-Pace è prodotta nell’impianto Jaguar Land Rover di Solihull insieme alla berlina sportiva XE. I prezzi indicativi per la gamma F-Pace partono da 44.625 euro (inclusi Iva, messa su strada e Jaguar Care. IPT esclusa).

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la foto

La All New Jaguar F-Pace è stata guidata con audace precisione dall’esperto stunt driver britannico Terry Grant. La F-Pace ha sfrecciato attraverso una struttura appositamente costruita, utilizzando la sua tecnologia di derivazione sportiva e un insieme di dispositivi di sicurezza, per completare un giro della morte da record e aprire ufficialmente le prenotazioni in tutto il mondo. L’80 rappresenta l’ottantesimo anniversario di Jaguar.

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NEWS

XJ MY2016 Jaguar XJ definisce nuovi standard di lusso, stile e dinamicitĂ alla guida foto: Media Jaguar

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a XJ, la lussuosa berlina Jaguar interamente in alluminio, è più desiderabile che mai. Sapienti cambiamenti al design esterno, accentuati dai fari interamente a LED, vanno ad aggiungersi al già distintivo stile della XJ. Materiali di gran pregio, come le ricche impiallacciature intarsiate, migliorano un interno già considerato il più lussuoso del segmento, che culmina nel nuovo modello Autobiography. A questo è stata abbinata una tecnologia che comprende un nuovo

sistema d’infotainment: l’InControl Touch Pro, in grado di offrire funzioni quali la navigazione door to door, il Wi-Fi e il sistema Meridian Digital Reference da 1.300 W. L’esperienza di guida è la migliore di sempre, grazie a un motore diesel V6 che offre più potenza e coppia, minore consumo di carburante, minori emissioni di CO2 e un servosterzo elettrico. La nuova XJ è caratterizzata da una griglia più grande e più verticale, mentre le lamine cromate scolpite nelle prese d’aria esterne, sottolineano il carattere maturo e prestigioso della vettura.

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Il nuovo modello R-Sport presenta uno splitter anteriore tripartito, profonde minigonne, possenti prese d’aria laterali e uno spoiler posteriore.

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I fari interamente a LED accentuano il caratteristico design “quad lamp” che le berline sportive Jaguar hanno fatto proprio e sono stati ulteriormente migliorati con i sistemi attivi di rotazione in curva e auto regolazione degli abbaglianti. I fari a LED forniscono anche una temperatura di colore più simile a quella della luce diurna rispetto alle lampade Bi-Xenon, migliorando la visibilità, il comfort del guidatore e l’efficienza energetica. Le doppie luci diurne di posizione “J-Blade” sono una caratteristica esclusiva della XJ, fedele alla sua appartenenza alla gamma delle berline Jaguar. Quando viene attivato l’indicatore di direzione, la luce bianca diventa immediatamente e senza interruzioni

color arancio. Le luci a LED posteriori presentano una nuova forma a J e un nuovo posizionamento, rendendo la XJ ancora più distintiva. Il paracolpi posteriore ora è dotato di una sotto paraurti nero lucido e di un sottile inserto cromato. Completano il nuovo aspetto esterno, dei terminali di scarico di forma ovale. Il design impareggiabile degli interni della XJ ha raggiunto un livello superiore. È diventato così lussuoso che il rivestimento della versione Portfolio ora è presente nel modello Premium Luxury. La nuova Portfolio guadagna sedili in pelle pieno fiore trapuntata, con cuciture a losanga, poggiatesta goffrati e impiallacciatura in ebano stampato.

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Il modello Autobiography, una novità della gamma XJ model year 2016 e disponibile solo con carrozzeria a passo lungo, è riconoscibile esternamente per le prese d’aria cromate sui paraurti anteriori e per i cerchi Mataiva da 20” (Maroa nel Regno Unito). All’interno, sono presenti un esclusivo badge Intaglio Autobiography, sedili in pelle trapuntata pieno fiore con cuciture a contrasto, un sottotetto rivestito in pelle, una ricca impiallacciatura in rovere intarsiato, soglie d’ingresso in acciaio inox, prese d’aria e finiture del bagagliaio illuminate. Il nuovo modello R-Sport presenta uno splitter anteriore tripartito, profonde minigonne, possenti prese d’aria laterali e uno spoiler posteriore. Una finitura nero lucido arricchisce le maglie della griglia, il sottoparaurti posteriore e, di serie in alcuni mercati, le finiture del finestrino. I cerchi sono i Venom da 20”. Gli interni offrono sedili sportivi, volante e soglie d’ingresso R-Sport, sottotetto Jet e finiture laccate nero. La nuova gamma Jaguar XJ sarà composta da: • XJ Luxury • XJ Premium Luxury • XJ Portfolio • XJ R-Sport • XJR • XJ Autobiography La gamma dei propulsori, per il mercato italiano, sarà così composta: 3,0 litri diesel V6 300 CV con cambio automatico; 2,0 litri benzina, trazione posteriore, 240 CV con cambio automatico; 3,0 litri V6 benzina, trazione integrale, 340 CV con cambio automatico; 5,0 litri V8 benzina, trazione posteriore, 550 CV con cambio automatico. Insieme alla sportiva F-TYPE e alla nuovissima berlina XF, la XJ viene costruita nello stabilimento Jaguar Land Rover di Castle Bromwich.

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NEWS

bond cars

foto: Media Jaguar

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ono stati presentati per la prima volta al pubblico a Palazzo Thurn und Taxis di Francoforte i veicoli che sono apparsi nella nuova avventura di Bond, “Spectre”: la Jaguar C-X75, la Range Rover Sport SVR ed il mitico Land Rover Defender. Naomie Harris (Moneypenny) e David Bautista (Hinx) sono stati gli ospiti d’onore della serata che ha fatto da vetrina agli speciali “Stunt-Vehicle”, intrattenuti dal musicista e cantante britannico John Newman. Nel film “Spectre”, il 24° della serie di James Bond, prodotto dalla Albert R. Broccoli’s EON Productions, dalla Metro-Goldwyn-Mayer Studios e dalla Sony Pictures Entertainment, una Jaguar C-X75 sfreccia al chiaro di luna per le vie di Roma, in uno dei più iconici inseguimenti del film. Guidata da Hinx, interpretato da David Bautista, la supercar C-X75 è stata fornita

dalla Divisione Jaguar Land Rover Special Vehicle Operations (SVO) e sviluppata in collaborazione con il partner Williams Advanced Engineering nell’Oxfordshire, Inghilterra. Anche alcuni Land Rover Defender, appositamente modificati, e una Range Rover Sport SVR, appaiono in importanti sequenze del film girate in Austria. I Defender sono stati realizzati dalla Divisione JLR Special Operations, con grandi pneumatici off-road da 37” e una speciale protezione per affrontare le impegnative strade di montagna del film, coperte di neve. Gli appassionati potranno assistere ad esclusivi contenuti del film “Spectre” sui social channel di Jaguar e Land Rover e su nuovi siti che includono scene inedite ed interviste ai Team del Design, della SVO ed agli stuntmen, oltre ad una panoramica a 360° della Jaguar C-X75.

La serie James Bond è un’incredibile vetrina per esibire veicoli di serie e prototipi e contiamo di proseguire in questa collaborazione ancora per lungo tempo.

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Jaguar XJR

Rapid Response Vehicle foto: Media Jaguar

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aguar mostra ancora una volta il suo impegno come Technical & Innovation Partner nel Bloodhound Project, con il debutto mondiale della sua esclusiva XJR Rapid Response Vehicle (RRV) al Goodwood Festival of Speed, insieme alla recente presentazione della F-TYPE R AWD RRV. Una delle due XJR previste per il tentativo di record sarà in mostra al festival e sabato 27 giugno prenderà parte alla corsa First Glance con al volante Andy Green, attuale detentore del record di velocità e pilota del Bloodhound SSC. Le due new entry nella flotta Bloodhound sono l’ultima creazione della divisione Special Vehicle Operations (SVO) di Jaguar Land Rover e sono state personalizzate con una speciale livrea creata dal Jaguar Design che integra i colori del Bloodhound SSC. Per poter alloggiare apparecchiature di fondamentale importanza nella XJR MY16, che sarà in vendita

a partire dai primi giorni di ottobre, gli ingegneri del Jaguar Land Rover SVO hanno rimosso i sedili posteriori dalla vettura e montato un roll bar con speciali alloggiamenti, idonei per il trasporto dei dispositivi di sicurezza dell’azienda britannica Angloco, che comprendono un cilindro con mescola di schiuma, una pompa idraulica, il motorino e la tubazione.

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John Edwards, Managing Director – Special Operations di Jaguar Land Rover, ha dichiarato: «Queste vetture sono state sviluppate in modo speciale per uno scopo veramente speciale, ovvero mostrare la capacità della divisione SVO di progettare e ingegnerizzare veicoli su misura con i più elevati standard possibili. Siamo altrettanto orgogliosi di prendere parte ad un altro tentativo di record di velocità terrestre tutto britannico». Nell’Haakskeen sudafricano, il team del Bloodhound utilizzerà le RRV durante tutti i test ad alta velocità e per tutti i tentativi di record, in modo da garantire ad Andy Green tutto il supporto possibile. Questa speciale XJR rappresenta l’ideale soluzione per tenere il personale e le attrezzature vicino al Bloodhound per tutto il tempo del tentativo; la XJR ha una cabina molto spaziosa e il suo propulsore 5,0 litri V8 sovralimentato da 550 CV porta la vettura a 100 km/h in 4,6 secondi con una velocità massima di oltre 280 km/h.

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…il suo propulsore 5,0 litri V8 sovralimentato da 550 CV porta la vettura a 100 km/h in 4,6 secondi… Fino ad oggi, Jaguar ha supportato tre record di velocità terrestre, con la XJ12 Rapid Response Vehicle per Richard Noble nel suo tentativo di infrangere il record nel 1983 sul Thrust 2 e, nel 1997 con la XJR per il Thrust SSC di Andy Green. Le Jaguar RRV per il Bloodhound SSC saranno affiancate sulla Goodwood Hill dalla prima versione di serie della nuova F-TYPE Project 7, dalle esaltanti XE S 3,0 litri da 340 CV e da una selezione delle più iconiche vetture storiche Jaguar, come la XJ 13, la E-type Group 44, la D-type Long Nose, la XJS TWR e la XJ12C Broadspeed.


la foto

British World Land Speed Record Challenger Bloodhound SSC

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events

Goodwood

Ăˆ qui la passione! 34

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di Pierlugi Ducci

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e siete appassionati di motori non potete fare a meno di visitare Goodwood, nel West Sussex, durante il Festival of Speed. Quest’anno la manifestazione si è svolta dal 26 al 28 giugno e ha visto la presenza, oltre a centinaia di auto e moto sportive, di sette delle nove Mercedes SLR prodotte negli anni Cinquanta, la mostruosa Fiat S76 del 1911, con il suo esagerato 4 cilindri di 28.500 cc, la Ferrari 312 T del 1975 che fu di Niki Lauda e la pazzesca Mustang Hoonicorn da 845 Cv regina del drifting. Goodwood è una straordinaria fiera per gli appetiti più golosi in fatto di meccanica e velocità. È una sorta di grande Salone dell’auto all’aperto, un appuntamento per tutti gli appassionati inglesi e non, che si svolge tutti gli anni dal 1993 nella tenuta di Charles GordonLennox, che comprende la pista di Goodwood. Goodwood appare come un grande paddock aperto a tutti, vive di pura passione e accoglie al massimo 150.000 appassionati visitatori, l’accesso è a numero chiuso. Naturalmente presente al Goodwood Festival of Speed anche il Brand Jaguar Land Rover che ha presentato la XJR Rapid Response Vehicle (RRV), insieme alla recente F-Type R AWD RRV. Nello stand Land Rover si poteva ammirare tutta la gamma al completo, dalla nuova Range Rover Sport SVR a fianco della Range Rover Evoque My 2016.

1983 Jaguar XJ-S TVR Racing Car

Jaguar F-Type R AWD RRV

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I box durante il Goodwood Festival of Speed

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events

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Mille Miglia Jaguar festeggia i suoi 80 anni di Paolo Ferrini

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cavallo tra la rievocazione storica di quella che fu definita la corsa più bella del mondo, la competizione, il raduno di alcune delle più belle automobili d’epoca e - perché no - l’evento mondano con relativa passerella di divi e personaggi più o meno famosi, la Mille Miglia storica è da una trentina d’anni un appuntamento assolutamente da non perdere. Un evento che calamita non solo un folto numero di spettatori e di media (e di conseguenza importanti sponsor internazionali), ma anche grandi Case automobilistiche come Jaguar, ad esempio, che quest’anno per festeggiare i suoi 80 anni di attività ha portato sulle strade della Mille Miglia alcuni modelli storici affidati per l’occasione a celebrità provenienti dal mondo dei motori, della musica e della televisione. Per tutti questi motivi ogni anno collezionisti ed appassionati provenienti da tutte le parti del mondo si danno appuntamento a Brescia con le loro rombanti auto da sogno (quest’anno erano

438 gli equipaggi al via) per rinnovare il mito della “Freccia Rossa”, un evento popolarissimo, cui furono sufficienti 24 edizioni, disputate fra il 1927 ed il 1957, per entrare nella leggenda e restare per sempre nel cuore degli appassionati.

Dr Ralf Speth, CEO, Jaguar Land Rover con Tony O’Keeffe, Jaguar heritage specialist

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Nata per iniziativa di un gruppo di amici appassionati di automobile che immaginarono una corsa su e giù per l’Italia, con partenza ed arrivo a Brescia dopo aver fatto a Roma il giro di boa, la Coppa delle Mille Miglia, come si chiamava in origine, riscosse un immediato successo e quella che doveva restare un evento isolato divenne un appuntamento attesissimo e dalla straordinaria partecipazione popolare. Alla notorietà della Mille Miglia contribuirono antagonismi, spesso alimentati ad arte, fra i suoi grandi protagonisti, primo fra tutti quello fra Achille Varzi e Tazio Nuvolari. Memorabile fu l’edizione del 1930, quella del mitico sorpasso a fari spenti: si disse che il grande Nuvolari raggiunse e superò Varzi, suo compagno di squadra, guidando al buio nella notte per coglierlo di sorpresa. Così come memorabile fu anche nel 1952 la vittoria della Ferrari di Bracco che riuscì a colmare un distacco impossibile dalla Mercedes di Kling partendo all’assalto dei passi della Futa e della Raticosa, nebbiosi e allagati dalla pioggia, in compagnia di una stecca di sigarette e di un fiasco di vino rosso. Negli Anni 50 la Mille Miglia era diventata ormai un fenomeno sociale: fecero il giro del mondo le immagini della partecipazione di Roberto Rossellini,

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mentre riceveva a Roma il saluto della moglie Ingrid Bergman. Così come fecero scalpore le due vittorie di Giannino Marzotto, firmate entrambe in un look inappuntabile.

L’’edizione clou fu però senza dubbio quella del 1955, quando la Mercedes si presentò con uno squadrone fortissimo e super-organizzato. Nulla era stato lasciato al caso. Quando i quattro piloti

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scelti (Fangio Moss, Kling e Hermann) presero il via dalla pedana di viale Venezia avevano già provato il percorso per settimane. Dennis Jenkinson, co-pilota di Stirling Moss, disponeva perfino di un rotolo di carta lungo 6 metri pieno zeppo di appunti e di riferimenti sul percorso. Era nato il navigatore. I due compirono un’impresa straordinaria vincendo in 10 ore 7 minuti e 48 secondi, ad una media di 157,650 km/h. Un record che resterà imbattuto. Ancora oggi, paralizzando il traffico della penisola, sarebbe difficile fare meglio. Quanto folle fosse questo genere di competizioni su strada aperta lo si scoprì tragicamente due anni dopo. Mentre Piero Taruffi coronava il sogno delle sua vita tagliando per primo il traguardo di Brescia, un’altra Ferrari, quella affidata al barone Alfonso De Portago, piombava fra il pubblico per lo scoppio di un pneumatico. La tragedia di Giudizzolo, con 12 vittime compreso il pilota e il suo navigatore, mise la parola fine alla Mille Miglia.

Un evento tanto popolare non poteva però scomparire definitivamente. Nel 1977, a venti anni di distanza da quell’ultimissima edizione “a tavoletta”, un gruppo di amici ha rilanciato il mito della Freccia Rossa, sia pure con modalità e regolamento molto diversi. E così ancora oggi la Mille Miglia continua a dimostrare la sua vitalità, perpetuando lo stesso spirito sportivo e quel generoso pizzico di follia e di amore per l’eccesso che l’ha sempre caratterizzata. Ma soprattutto è ancora oggi amatissima perché permette di andare alla scoperta di un’Italia antica e segreta, troppo spesso dimenticata nei nostri itinerari autostradali. La Mille Miglia non fu la gara più antica del mondo, né la più lunga o la più difficile: fu semplicemente la più vicina alla sensibilità della gente. Solo per questo, al contrario di molte altre manifestazioni motoristiche altrettanto celebri, è riuscita sopravvivere a sè stessa. E allora tutti a Brescia, in viale Venezia: parte la Freccia Rossa!

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9 Jaguar per un grande anniversario

aguar ha celebrato il suo ottantesimo anniversario partecipando all’edizione 2015 della rievocazione della Mille Miglia. Nove leggendari modelli del Jaguar Heritage Racing (tre C-type, tre D-type, una XK120, una XK140, una Mk VII) hanno percorso i circa 1.600 chilometri del percorso che si snoda da Brescia a Roma per poi tornare a Brescia nelle mani di un gruppo di celebrità provenienti dal mondo dei motori, della televisione e della musica. Derek Bell, cinque volte vincitore della 24 Ore di Le Mans e tre volte vincitore della 24 Ore di Daytona, debuttato alla Mille Miglia guidando una Jaguar C-type (targa KSF 182, telaio 42) affiancato dal collezionista e proprietario della vettura stessa Adam Lindemann. La vettura un tempo fu guidata da Jimmy Stewart e successivamente da Sir Jackie Stewart.

Alla guida di una vettura analoga (targa NDU 289) c’era invece Mike Cross, ingegnere-capo del Jaguar Vehicle Integrity. Questa vettura, che ha partecipato all’edizione del 1953 della Mille Miglia con al volante Mario Tadini e Franco Cortese, fa anche parte della collezione Jaguar Heritage Trust. Completava il trio delle C-type la vettura targata PUG 676, guidata dal suo proprietario Ben Cussons, presidente del Royal Automobile Club Motoring Committee Chairman. Ian Callum, direttore del Jaguar Design, si è presentato invece al volante della la D-type “muso lungo” (targa RSF 303), che nel 1957 la scuderia scozzese Ecurie Ecosse portò al secondo posto assoluto alla 24 Ore Le Mans. Cullum, che l’anno scorso aveva partecipato alla Mille Miglia con il conduttore e comico statunitense Jay Leno, sarà quest’anno affiancato dal magnate e appassionato di auto d’epoca, Clive Beecham.

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Un’altra D-type “muso lungo” (targa 393 RW) è stata pilotata da James Martin, ospite abituale del popolare show televisivo inglese Saturday Kitchen in onda su BBC One e chef televisivo rinomato, affiancato dal co-fondatore di Bremont Nick English, fratello di Giles. Nel 1956 questa vettura vinse la 12 Ore di Reims e si piazzò al sesto posto assoluto a Le Mans, dove fece registrare anche il giro più veloce. Una terza D-type (targa NVC 260) è stata guidata dal proprietario Simon Kidston, uno dei maggiori e più noti esperti di auto d’epoca. Già di proprietà di Ralph Lauren, questa speciale D-type ha dimostrato tutto il suo valore durante la sua carriera tra il 1956 e il 1957.

Ad aggiungere ulteriore fascino alla Mille Miglia 2015, c’era la Jaguar XK120 (targa “OOF 748) affettuosamente soprannominata “Betsey” guidata da Jodie Kidd, presentatrice TV ed ospite fissa della trasmissione The Classic Car Show di Channel 5, che l’aveva già guidata nell’edizione 2014. Al suo fianco quest’anno c’era David Gandy, modello di fama mondiale, editorialista di GQ.com e grande appassionato di auto d’epoca. Affiancato dal padre Michael, il cantautore inglese Elliot Gleave, noto con il nome di Example, guidava una XK140 (targa TAC 743) appartenuta a David Hobbs, famoso pilota inglese degli Anni 60 e completamente restaurata nel 2006 da Trevor Groom. Il pilota della berlina Jaguar Mk VII era invece Charley Boorman, personaggio non del tutto estraneo alla velocità ed alle poche ore di sonno. Abituato più alle due che alle quattro ruote, grazie alle sue molteplici avventure motociclistiche, ha partecipato in coppia con Giles English, co-fondatore del casa di alta orologeria Bremont. Nota per essere la berlina più veloce che partecipa alla Mille Miglia, la Jaguar Mk VII è stata portata alla vittoria al Rally di Monte Carlo nel 1956 da Ronnie Adams e dai co-piloti Frank Biggar e Derek Johnstone.

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il poster 1963. Steve McQueen. Foto John Dominis.

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people

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callum Jaguar Design Director foto: Media Jaguar

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al momento in cui i suoi occhi si posarono sulla Jaguar XJ6 all’età di 14 anni, Ian Callum capì di aver trovato il suo lavoro ideale. Fortemente ispirato, inviò alcuni disegni al capo ingegnere di allora, Bill Heynes, che lo incoraggiò a seguire le sue aspirazioni. Negli anni precedenti aveva subito il fascino delle auto americane. «Ne apprezzavo il design, quasi l’esagerazione del design. Erano decisamente più espressive e nella mia mente l’America era assolutamente affascinante. La mia preferita era la Buick Riviera del ’65. E la passione non è nata vedendo le auto, ma anzi dal non poterle vedere». Ian ha studiato prima alla scuola d’arte di Glasgow e poi al Royal College of Art di Londra, dove ha conseguito un master in progettazione di veicoli. Il suo talento fu notato da Ford, dove per 12 anni contribuì alla progettazione di alcune delle auto più amate del marchio, prima di entrare in TWR, per occuparsi di progetti di alto profilo per marchi come Aston Martin

(DB7, Vanquish e DB9), Ford Puma, Volvo C70 e Nissan R390. Poi, nel 1999, Ian ricevette la chiamata che aspettava da una vita: l’opportunità di diventare Design Director di Jaguar. La sua ammirazione e il suo rispetto nei confronti dei fondatori del Marchio sono evidenti nelle auto che lui e il suo team hanno realizzato. «Ci rendiamo conto di quanto i nostri predecessori abbiano esteso i confini

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«Quello che mi domando sempre è: cosa ne penserebbe Sir William Lyons? E onestamente penso che approverebbe, di gran lunga» di design e tecnologia. Jaguar è sempre stata un’azienda proiettata nel futuro e questa filosofia ci guida ancora oggi». Ciò è evidente nel lavoro di Ian sulla trasformazione della gamma, con il design di grande successo dei modelli XK, XF e XJ, F-Type e con la nuova XE, la nuova vettura della famiglia Jaguar che Ian ha disegnato per un segmento di mercato altamente competitivo. «Una Jaguar ha proporzioni perfette e una linea affascinante, il metallo nella sua espressione migliore. Ho sempre pensato che un buon progetto possa essere creato semplicemente con due o tre linee». Si potrebbe pensare che la creazione di nuovi modelli possa essere in qualche modo ostacolata dal peso della storia di Jaguar e dei suoi successi precedenti. Ma Ian non sente questo peso: «Quello che mi domando sempre è: cosa ne penserebbe Sir William Lyons? E onestamente penso che approverebbe, di gran lunga». Alla continua ricerca della perfezione, Ian guida un team di talenti che lavorano negli Jaguar Design Studios di Coventry ed è stato riconosciuto come uno dei designer più importanti al mondo. Ian ha ricevuto 5 dottorati ad honorem dalle università di tutto il mondo. Ian guida un team di designer molto talentuosi negli Jaguar Design Studios di Coventry ed è stato riconosciuto come uno dei designer più importanti al mondo. Ian ha ricevuto 5 dottorati ad honorem dalle università di tutto il mondo. Se gli chiedete di quale auto si senta più orgoglioso, la sua risposta è semplice: «Della prossima!».

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events

Salone dell’Auto

Parco del Valentino di Pierluigi Ducci

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on è stato un Salone nell’accezione tradizionale del termine, quello del Parco Valentino a Torino, piuttosto un’esposizione all’aperto di modelli selezionati, sistemati su pedane disposte lungo la strada asfaltata che circonda il Castello del Valentino. Un’esposizione pubblica e gratuita, rimasta aperta fino a mezzanotte dall’11 giugno a domenica 14. È stata un’edizione che ha colto di sorpresa, la cornice naturale e meravigliosa del parco cittadino ha superato in impatto, appeal e capacità di emozionare, qualsiasi investimento economico le case potessero dedicare alla realizzazione di stand più strutturati, quali quelli in uso in un salone tradizionale. Jaguar Land Rover, gruppo automobilistico icona dello stile britannico nel mondo, è stato tra i protagonisti. Per esaltare i valori di tradizione ed innovazione che caratterizzano i brand, passato, presente e futuro si sono intrecciati in un connubio di tradizione, tecnologia ed innovazione: Land Rover

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esponeva la Defender Heritage Limited Edition, il 4x4 per antonomasia e l’eccezionale Range Rover Sport SVR e, per il giaguaro, la Nuova Jaguar XE e la Jaguar F-Type AWD (All Wheel Drive). Il Gran Premio, la parata celebrativa di domenica 14 giugno, ha visto la partecipazione di circa 350 equipaggi che hanno sfilato per la città, partendo dal parco del Valentino fino a giungere al cortile della Reggia di Venaria Reale: protagoniste le auto

Il Gran Premio ha visto la partecipazione di oltre 350 equipaggi che hanno sfilato per la città […] da competizione del Motorsport, a fianco alla nuova Jaguar XE, e le automobili di serie più belle di sempre guidate da collezionisti e da personaggi noti del mondo dello spettacolo. Andrea Levy, presidente della manifestazione, ha dichiarato: «Chiederemo alle Case Automobilistiche e ai Centri Stile di continuare a credere in questa formula, in modo da far diventare Parco Valentino un appuntamento annuale per il mondo dell’automobile. Eventi come questo, rappresentano un’importante vetrina per ricominciare a parlare di auto in termini positivi e di crescita, restituendo al settore un ruolo di rilievo nello sviluppo economico del paese».

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events

Auto e Moto d’Epoca 2015 L’evento leader dell’auto in Italia

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opo trent’anni di – la più sportiva della gamma – e la successi costruiti 85 D, Volvo, infine, porterà il nuovo sulla passione, Auto Suv XC90. Ancora da svelare nelle e Moto d’Epoca prossime settimane le novità in arrivo raduna oggi tutti per Abarth, Bentley, Ds, Infiniti, Jaguar, gli amanti dell’auto e della bellezza Maserati, Pagani Zonda, Peugeot. del mondo dei motori. Quest’anno In quella che è il più grande mercato spiegano gli organizzatori - è arrivato del Classic in Europa le Ferrari e le il punto di svolta per la manifestazione Porsche impazzano: mai così tante nei Mario Carlo divenuta, in trent’anni di successi, la prima Padiglioni di Auto e Moto d’Epoca. Baccaglini fiera Europa nel settore dell’Heritage. La svolta nasce dall’intuizione di Mario Con il 2015, infatti, l’auto moderna Carlo Baccaglini, che da 30 anni con entra ad Auto e Moto d’Epoca a ranghi completi. Intermeeting organizza Auto e Moto d’Epoca: La fiera è divenuta la vetrina privilegiata per le «L’Heritage è garanzia di qualità e il più importante veicolo anteprime nazionali e i restyling presentati – a livello di promozione per l’auto contemporanea. Sottolineare la globale – al Salone di Francoforte. A far da cornice discendenza e la tradizione di un modello, associando ai 90.000 metri quadrati del quartiere fieristico, 18 passato e presente, è divenuto un elemento centrale nelle case automobilistiche presentano il meglio del loro campagne pubblicitarie come nella partecipazione ai più glorioso passato e del presente: Alfa Romeo porterà importanti saloni internazionali». la nuova Giulia, Bmw la nuova serie 3 e i modelli «La forza dell’auto - aggiunge Baccaglini – si gioca che l’hanno preceduta in 40 anni di storia, Citroen la sulla passione che suscita nelle persone. Una fiera dell’auto, nuova C4 Cactus a fianco dell’unica 2 Cavalli “Soleil” per avere successo, deve essere costruita attorno a questa esistente al mondo, Land Rover celebra il mito del passione, offrendo qualità, tradizione e futuro in un colpo Defender - nell’ultimo anno di produzione prima d’occhio che riporti il mondo dell’auto alla sua unità della rinascita del modello - e i 45 anni del Range fondamentale». Rover, Mercedes la nuova serie S cabrio presentata Contenuti, anteprime, auto uniche, club storici, a Francoforte, Mclaren la McLaren 570S, Porsche la espositori internazionali e la grande tradizione dei serie limitata in trenta esemplari della 911 Targa 4S motori: questi gli ingredienti di Auto e Moto d’Epoca per i trent’anni di Porche Italia e i cinquanta di Targa, 2015 per stupire ed emozionare in un evento dedicato Smart la nuova cabrio del marchio, Tesla raddoppia all’auto, alla passione a tutto tondo e al futuro dei lo stand con 600metri quadri per le Model S P90D motori.

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culture

henry moore

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ino al 10 gennaio 2016 è di scena alle Terme di Diocleziano di Roma la mostra dal titolo Henry Moore, curata da Chris Stephens e Davide Colombo. A vent’anni dall’ultima mostra italiana dedicata a Henry Moore, viene presentata una grande monografica sullo scultore inglese, con 75 opere tra sculture, disegni, acquerelli e stampe. L’esposizione, articolata in cinque aree tematiche, racconta l’intero percorso espositivo dell’artista considerato uno dei più importanti scultori del Novecento per l’abilità tecnica e l’inventiva con cui ha saputo coniugare l’astrattismo e la ricerca sulla figura umana. Le sue creazioni, anche di dimensioni monumentali, entreranno in dialogo con i grandi spazi delle Terme di Diocleziano e con la tradizione classica rappresentata nel percorso espositivo del Museo nazionale romano. Sessantaquattro delle opere in mostra provengono dalla Tate, che possiede una delle collezioni più

ricche e rappresentative al mondo di opere di Henry Moore, selezionate e donate dall’artista stesso. Alcuni prestiti significativi di istituzioni e musei italiani, come la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma e la Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, consentono di ripercorrere il forte legame di Moore con il nostro Paese, a partire dalla sua prima, determinante visita nel 1925, passando per la sua partecipazione alla Biennale di Venezia del 1948 fino all’amore che ebbe per tutta la vita per la Toscana.

Luogo dell’esposizione: Museo Nazionale Romano alle Terme di Diocleziano, Roma Data apertura mostra: 24 Settembre 2015 Data chiusura mostra: 10 Gennaio 2016 Orari di apertura al pubblico: Da Martedì alla Domenica dalle ore 9.00 alle ore 19.30

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place

jaguar lounge

nel cuore di Milano Vi aspetta la nuova Jaguar Lounge, all’interno del ristorante Filippo La Mantia Oste e Cuoco foto: Gianmarco Chieregato, Matteo Barro

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l ristorante, progettato insieme al celebre architetto milanese Piero Lissoni, ospita la nuova Jaguar Lounge: uno spazio in perfetta sintonia con la filosofia del marchio, che ti accoglierà con privilegi ed un menù studiato dallo chef appositamente per Jaguar. Il nuovo spazio di Filippo La Mantia a Milano, in piazza Risorgimento, è molto più di un Ristorante. È molto più di un omaggio alla Sicilia. È un concentrato di passioni - tante, quelle di Filippo, non solo la cucina e i vini, ma la musica, la fotografia, le motociclette e naturalmente la Jaguar… - elegantemente rese nel progetto dell’architetto e amico, Piero Lissoni e reso possibile dalla condivisione con un altro amico, socio e amministratore della società.

Amici, già, perché l’amicizia è uno dei valori fondamentali del cuoco (guai a chiamarlo chef!) palermitano, e questo progetto nasce come un luogo dove incontrarsi e ritrovarsi, all’insegna dell’informalità più assoluta. Un locale dove si mangia, certo, ma se è vero che “un locale è fatto dalla gente che lo frequenta”, il primo obiettivo è stato quello di creare un ambiente esteticamente bello ma soprattutto accogliente, confortevole, flessibile, senza rigide distinzioni tra le varie aree, almeno da un punto di vista della fruizione. È un grande lounge che si snoda su 1800 mq di superficie distribuita su due piani e dove ogni ospite può trovare l’angolo o la situazione più adatta per bere un drink, mangiare, conversare, lavorare (free Wi-Fi), rilassarsi o divertirsi in compagnia.

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La cucina di Filippo La Mantia È una “cucina a colori”, come lui stesso ama definirla, perché la cucina del Sud è colorata tanto quanto è profumata: verdure, frutti, spezie, erbe aromatiche insaporiscono i piatti di mare e di terra. L’arancia è il suo simbolo, e rappresenta la continuità: un frutto invernale, colorato e profumato, ma che ricorda il sole, l’estate. Una cucina di casa, sostanzialmente: i piatti di Filippo sono quelli della tradizione palermitana, che nasce come cucina povera ma dignitosa, creativa sempre anche nell’utilizzo degli avanzi - “il cibo è sacro e non si butta via niente” – Istintiva, capace di improvvisare piatti straordinari con pochi ingredienti, con quello che c’è in casa. Semplice, deve poter essere replicata facilmente, e Filippo dispensa con naturalezza tutte le sue ricette, le pubblica sul sito, le racconta quando si aggira fra i tavoli come “Oste”: «la più grande soddisfazione è intrattenere i clienti che a casa cucinano le mie ricette». Una cucina allegra, come si intende la convivialità al Sud, condivisione che è anche un modo di sdrammatizzare i problemi, comunicazione anche senza utilizzo di parole…

Filippo La Mantia, Oste E Cuoco Piazza Risorgimento, ang. via Poerio 2/A 20129 Milano tel. +39.02.70005309 www.filippolamantia.com

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events

trieste opicina historic testo e foto: Paolo Pysa

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elle giornate del 25, 26, 27 settembre s’è svolta la Trieste Opicina Historic, come punti cardine la splendida città di Trieste e la caratteristica cittadella carsica di Opicina sita a pochi passi dalla Slovenia, sull’Altipiano Carsico del Friuli Venezia Giulia. “I veicoli di ieri sulle strade di domani”: questo è il motto del Club dei Venti all’Ora, con sede a Trieste, che dal 1982 si impegna, oltre che a operare e partecipare a eventi anche internazionali, ad organizzare questa importante rievocazione storica della leggendaria gara di velocità in salita disputatasi tra il 1911 e il 1971. Le vetture presenti, divise in classi A-Ancètress costruite fino all’anno 1904, B-Vètèran fino all’anno 1918, C-Vintage fino al 1930, D-Post Vintage dal 1931 al 1945, E-Classic dal 1946 al 1960, F-Post Classic dal 1961 al 1970 e infine la G-Modern che comprende anni di costruzione dal 1971 al 1995, hanno affrontato un percorso che va dagli splendidi paesaggi del Carso ai Colli goriziani ed Orientali del Friuli, entrando anche nella vicina Slovenia, diligenti d’attenersi al regolamento perché questa resta pur sempre una competizione. Numerosi i partecipanti

da diverse nazioni alla guida di pezzi d’alto pregio di Signore a motore d’un tempo volte ad accogliere le loro nipoti di molti anni più giovani. Numerose creature a due ruote tra le quali vi era una Brough Superior SS100 1000cc. del 1931, una Vincent HRD Black Shadow 1000cc. del 1951 e italiane come Moto Guzzi Condor 500cc. del 1938. Tra le numerose “principesse del Regno Unito” si mostravano in tutto il loro fascino Jaguar XK 140 OTS del 1956, Jaguar MARK II 240 del 1969 di un Team austriaco, MK II 3.4 1963 nonché uno splendido esemplare di Jaguar E-Type. Concludiamo dicendo che anche l’edizione 2015 della Trieste Opicina Historic ha saputo regalare grandi emozioni a tutti i partecipanti che, assieme al Club dei Venti all’Ora, continua a far viaggiare la storia dell’ingegno motoristico, prezioso patrimonio da conservare, far conoscere e guidare!

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excellence

toscano originale

1815

Un trio d’eccezione per la serata del sigaro italiano: Stefano Accorsi con una suggestiva lettura dei testi di Marco Baliani e i sapori dello Chef toscano Cristiano Tomei

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E

ra il 1815 quando un acquazzone estivo, bagnando il raccolto di foglie di tabacco, diede vita - in modo assolutamente accidentale - al sigaro Toscano, uno dei prodotti leggendari della manifattura italiana. Un marchio storico che quest’anno compie 200 anni e li celebra con un nuovo sigaro a tiratura limitata: “Toscano Originale 1815”. Per festeggiare l’importante ricorrenza, tenutasi nei giardini romani di Villa Aurelia, la voce e il volto di Stefano Accorsi hanno reso magica la serata e catturato l’attenzione degli ospiti, con l’interpretazione di “1815 2015, Tempo Orale Oralia”, un testo ideato e scritto da Marco Baliani. La performance poetica, quasi musicale, e la suggestiva messa in scena si sono perfettamente armonizzate con il bellissimo giardino segreto della villa. A seguire, lo Chef stellato, Cristiano Tomei, ha proposto la sua cucina toscana ricca di elementi primitivi: fuoco, legna, corteccia, erbe selvatiche. Dopo cena la presentazione agli ospiti - personalità del mondo istituzionale, imprenditoriale, politico, culturale e dei media - del nuovo sigaro “Toscano Originale 1815”, fumato in abbinamento con grappe e altri distillati italiani. Una degustazione in onore di un temporale che mai fu così prezioso. «Questa sera - ha dichiarato Gaetano Maccaferri, Presidente dell’omonimo Gruppo Industriale che controlla le Manifatture - festeggiamo una data storica, ma sempre con lo sguardo rivolto verso il futuro, perché la tradizione senza rinnovamento, non è sufficiente a creare un prodotto come il nostro sigaro Toscano. Proprio seguendo questa filosofia, negli ultimi nove anni, da quando abbiamo rilevato l’azienda, siamo riusciti a triplicare le vendite all’estero e la settimana scorsa, con l’acquisizione del produttore di sigari americano Parodi Holdings, abbiamo gettato le basi per la diffusione dei nostri prodotti negli Stati Uniti».

Come nasce il Sigaro Toscano Nel 1815 una partita di tabacco lasciata a essiccare al sole venne colpita da un violento acquazzone estivo, di quelli che non fai in tempo a ripararti sotto un portico che è già passato, lasciandoti zuppo da capo a piedi. Idem per il tabacco lasciato a essiccare. Gli artigiani della Manifattura Tabacchi di Firenze non si persero d’animo e decisero di utilizzare quella partita di tabacco “inzuppato” per produrre sigari economici da vendere al popolo fiorentino. Non potevano saperlo, ma l’acqua aveva fatto fermentare il tabacco dandogli un gusto del tutto nuovo, eccezionale e unico, che subito incontrò i favori del pubblico, indipendentemente dall‘estrazione sociale. Quell’acquazzone del 1815 aveva appena creato una leggenda che ancora oggi tutto il mondo conosce con il nome di sigaro TOSCANO.

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«Il sigaro Toscano - ha poi aggiunto Aurelio Regina, Presidente di Manifatture Sigaro Toscano - è conosciuto in tutto il mondo per la materia prima di qualità e quel saper fare italiano che si tramanda da generazioni. Mai come in questo periodo è necessario essere competitivi senza rinunciare alla tradizione, come dimostra la nostra ricetta: la stessa da duecento anni. Per questo motivo, abbiamo dato a questo nuovo sigaro il nome ‘Toscano Originale 1815’, per ricordare, ancora una volta, che da quel giorno nulla è mutato nella lavorazione originaria del prodotto». Infatti, il sigaro “Toscano Originale 1815” è fatto a mano e composto da una selezione dei migliori tabacchi Kentucky, stagionati in botti di rovere 4 anni. La cura a fuoco è prolungata (ben 30 giorni), con una stagionatura lunga affinché le foglie maturino meglio. Il risultato è un sigaro dal gusto deciso, unico e, per l’appunto, originale, grazie a una ricetta segretissima.

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Il Gruppo Industriale Maccaferri fa capo alla holding di famiglia, S.E.C.I., società che opera in diverse aree di business attraverso le sue 7 società controllate: Officine Maccaferri (ingegneria ambientale), Manifatture Sigaro Toscano (tabacco), Eridania Sadam (alimentare), Samp (ingegneria meccanica), Seci Real Estate (immobiliare), Seci Energia (energia) e Gnosis (biotecnologie). Il Gruppo, presieduto da Gaetano Maccaferri, è presente nel mondo con 57 stabilimenti, ha chiuso il 2014 con un fatturato pari 1.102 milioni di euro. www.maccaferri.it

Manifatture Sigaro Toscano S.p.A nasce nel 2006, quando il Gruppo Industriale Maccaferri acquisisce dalla British American Tobacco Italia il ramo d’azienda che produce e commercializza lo storico marchio sigaro TOSCANO®. La filiera tabacchicola, interamente autoctona, ad oggi conta circa 250 tabacchicoltori tra Toscana, Lazio, Umbria, Campania e Veneto, un centro di raccolta (Foiano della Chiana) e 2 manifatture (Lucca e Cava dei Tirreni). Nel 2014 la società ha chiuso i conti con un fatturato pari a 91 mio di euro ha prodotto 182 mio di sigari (di cui 2 mio fatti a mano) e ne ha venduti oltre 15 mio solamente all’estero. Attualmente il sigaro TOSCANO® è distribuito in oltre 50 paesi (prevalentemente in Europa, oltre che in Giappone, USA, Canada, Argentina, Australia, Israele, Libano, Russia). Presidente è Aurelio Regina, Vicepresidente Gaetano Maccaferri. www.manifatturesigarotoscano.it - www.twitter.com/manifatture

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story

Jaguar e-type

L’autentica icona dell’automobilismo a cura di Walter Marcelli

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e un’auto avesse potuto racchiudere in sè la grazia felina, la potenza e la bellezza che il nome Jaguar ha sempre evocato, questa non avrebbe potuto essere altro che la E-type. Lo stesso Enzo Ferrari, quando la vide per la prima volta, disse che si trattava della “più bella automobile del mondo”. La E-type rendeva gli usuali superlativi per le supercar obsoleti. Nella seconda metà degli anni Cinquanta era arrivato il momento di sostituire l’ormai datata XK150, ultima evoluzione della leggendaria XK120 lanciata nel 1948. Lo sviluppo della nuova sportiva del giaguaro iniziò nel 1957, con il prototipo chiamato E1A derivato dalla D-type. Il successive prototipo. la E2A, era molto più vicino a quella che sarebbe stata la E-type definitiva. Nel 1960 il pilota Americano Briggs Cunningham

portò l’auto alle 24 Ore di Le Mans. La dimostrazione della correttezza strutturale del suo design fu l’aver stabilito il giro più veloce durante le prove e, in gara, dal fatto che si mantenne al terzo posto sino a quando la rottura di un tubo della benzina ne pregiudicò le sue possibilità di vittoria. La carrozzeria così perfettamente proporzionata della E-type era opera dell’ingegnere aeronautico Malcom Sayer che aveva già applicato la sua grande esperienza in campo aerodinamico sulla C-type e la D-type. Sayer impiegava un suo particolare metodo scientifico applicato al design, con l’utilizzo di regoli, tavole logaritmiche ed equazioni matematiche per tracciare le complesse curve e le linee delle sue auto. Nel suo lavoro non era guidato da un senso estetico fine a se stesso, ma cercava di costruire qualcosa che prendesse

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1961. William Lyons con la Jaguar E-Type. forma grazie alla matematica, e la bellezza delle sue auto era il risultato della purezza e della semplicità. La E-type fu presentata alla stampa mondiale al Parc des Eaux Vives di Ginevra il 15 marzo 1961, suscitando una così grande sensazione che la concorrenza presente al salone fu completamente oscurata. Ma anche l’entusiamo dei media presenti ed il clamore delle prime prove su strada, che allora venivano effettuate durante la giornata riservata alla stampa, contemporaneamente al salone, fu tale che William Lyons, il fondatore di Jaguar, ordinò al capo-collaudatore Norman Dewis di portare subito da Coventry una seconda E-type. Dewis partì la sera stessa, riuscendo a prendere al volo l‘ultimo traghetto per Calais e, arrivato in Francia, guidando tutta la notte, raggiunse il salone in tempo per l’apertura della seconda giornata.

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Gli interni e la strumentazione della Jaguar E-Type.

Come avvenne con la XK120 al momento della sua presentazione nel 1948, la E-type cambiò il panorama delle prestazioni delle auto sportive per sempre. Al momento del suo lancio costava appena 1.830 sterline nella versione roadster e 1.954 nella versione Fixed Head Coupe. A quel tempo, le Aston Martin costavano il doppio e le Ferrari quasi tre volte tanto. Sotto il suo cofano elegante e incredibilmente lungo c’era una versione 3.8 litri del motore XK sei cilindri in linea, che erogava una potenza di 268Cv e una coppia di 359Nm. Quindi, anche le prestazioni si combinavano perfettamente con il suo design: la velocità massima era di 242 km/h e accelerava da 0 a 100 kmh in appena 6.9 secondi. Grazie a queste prestazioni, la E-type era la vettura di produzione di serie più veloce del mondo. Montava, ovviamente, dischi freno anteriori e posteriori e un cambio a quattro marce.

1961. La prima Jaguar E-Type.

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La E-type ebbe un immediato successo mondiale. Il suo appeal era tale che superò i confini del mondo automobilistico. Tale l’intrinseca perfezione delle sue proporzioni e della purezza delle sue linee che è rimasta in mostra permanente al Museum of Modern Art di New York (MOMA). E ancora oggi, a distanza di 54 anni, la sua influenza è ancora evidente in tutta la gamma degli attuali modelli Jaguar. La E-type racchiudeva in se lo spirito di un periodo “rivoluzionario” di cui divenne una delle icone, uno dei simboli dei favolosi Swinging Sixties, come i Beatles o la minigonna. E, ovviamente, non poteva che essere l’auto dei personaggi che quel periodo hanno caratterizzato, da George Best a Brigitte Bardot, da Steve McQueen a Tony Curtis.

…la E-type cambiò il panorama delle prestazioni delle auto sportive per sempre.

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Jaguar E-type coupe

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1968. E-type, Series I OTS.

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Dal punto di vista tecnico, la E-type era in continua evoluzione. Fu realizzata una versione 2+2 con il passo più lungo. Il primo, importante cambiamento meccanico avvenne nel 1966 quando venne montato un motore 4.2 litri, sei cilindri in linea, con più potenza e maggiore coppia, insieme a un nuovo cambio a quattro marce completamente sincronizzato. Per soddisfare le stringenti normative sulla sicurezza del mercato USA, l’auto perse le coperture dei fari e il tradizionale cruscotto con gli interruttori, oltre a essere dotata di paraurti più grandi, indicatori di direzione e nuove luci di coda. Fece così il suo debutto, nel 1968, la Series 2. Un altro grande cambiamento avenne nel 1971, quando Jaguar per lanciare il suo nuovo motore V12 destinato alla berlina XJ, lo montò sulla E-type, dando vita alla Series 3. Tutte le versioni avevano uno chassis 2+2.

La E-type racchiudeva in sé lo spirito di un periodo “rivoluzionario” di cui divenne una delle icone, uno dei simboli dei favolosi Swinging Sixties…

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1970. Jaguar E-type Series 3 V12 (sotto).

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1975. Final Jaguar E-type 1974. La E-type uscì di produzione nel 1975. Nel corso dei suoi straordinari quattordici anni di vita, erano stati venduti oltre 72.000 esemplari, rendendola la vettura sportiva più venduta d’Europa. Nel corso del tempo era maturata con grazia, trasformandosi in una raffinata granturismo, ma sempre con una velocità che metteva in imbarazzo la concorrenza. La E-Type è stata, ed è tuttora, non soltanto l’esempio perfetto della bellezza automobilistica, ma espressione della passione. Il suo profilo, i suoi marcati parafanghi posteriori, simili alle zampe posteriori di un felino pronto a scattare, l’arco del parabrezza posteriore, sono l’espressione visiva delle prestazioni sportive. «La E-type», ha detto Ian Callum, Direttore Design di Jaguar da più di quindici anni, «era molto più avanti del suo tempo. La filosofia di William Lyons era stata sempre quella di affrontare nuove sfide. E il compito di Jaguar è stato sempre quello di rompere le regole, guardando sempre avanti».

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story

Jaguar xj13

1966. L’auto che non c’è mai stata a cura di Walter Marcelli

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S

pesso definita “la più grande Jaguar che non c’è mai stata”, la XJ13 è l’affascinate esempio di una promessa non matenuta, ma da cui trassero vantaggio la berlina XJ e la E-type Series 3.

Mentre il motore XK sei cilindri in linea era stato progettato per l’uso stradale e poi adottato nelle competizioni, all’inizio degli anni Sessanta iniziò un programma segreto di sviluppo per la realizzazione di un motore V12 per le corse che, in seguito, sarebbe stato depotenziato per l’uso stradale. Basato su due monoblocchi uniti del motore XK con basamento in comune, l’unità progettata da Claude Baily aveva una capacità di 5.0 litri e, nell’allestimento da corsa, una potenza di oltre 500 Cv. Jaguar aveva quindi il motore di cui aveva bisogno per tornare a Le Mans se avesse voluto, ma necessitava di un telaio da accoppiare ad una così grande potenza. La tecnologia dell’automobilismo sportivo aveva fatto passi da gigante da quando la D-type aveva vinto la sua ultima Le Mans, ma il team ingegneristico di

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Jaguar si dimostrò all’altezza del compito nel creare una monoscocca d’alluminio con il motore montato centralmente. L’auto fu chiamata XJ13, dove XJ stave per Experimental Jaguar, e non aveva nulla a che fare con la berlina XJ che sarebbe arrivata in seguito e per la quale era stato pensato il motore V12. È impossibile dire quale sia stato il più bello di tutti gli iconici design di Malcolm Sayer, ma sicuramente la XJ13 è tra quelle che si contendono il titolo. Compatta, agile

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e flessuosa, faceva bella mostra del suo spettacolare motore al di sotto del lunotto posteriore. L’auto stabilì il record di velocità britannico in pista al circuito del MIRA toccando i 260 kmh. Tranne


che in questa occasione, nessun altro riuscì a guidarla, perchè pur essendo pronta per le corse, coincise con l’affermazione del nuovo 7.0 litri Ford Mark IV. La XJ13 rimase nel cassetto per cinque anni, sino al 1971, quando Jaguar decise di utilizzarla per promuovere la nuova E-type V12 Series 3. Durante le riprese di un filmato pubblicitario, uno dei cerchi in lega di magnesio, reso più fragile dalla lunga inattività della vettura, si disintegrò. L’auto si danneggiò seriamente, ma il capo-

collaudatore Norman Dewis uscì illeso. La vettura fu riparata e restaurata e oggi è la Jaguar più rara e la più inestimabile di tutti i tempi.

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people

mike

“the first”

Spesso si usa l’appellativo di Eroe, quando ci si riferisce ad un pilota del passato, così come si dice di autore di gesta epiche quando le sfide e gli ingaggi sui tracciati rimangono momenti indelebili nella storia dell’automobilismo. Mike in tutto ciò ne fa parte a pieno titolo. a cura di Stefano Bendandi

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C

lasse 1929; “Mike”, John Michael Hawtorn va ricordato non solo per i risultati ottenuti ma per il suo modo di essere dentro e fuori dagli autodromi. L’essere vissuto a poca distanza dal circuito di Brookland ha sicuramente inciso nella sua scelta di diventare un pilota di automobili, benché in principio si approcciò al mondo delle due ruote. Tutta la sua carriera agonistica si concentrò in soli 8 anni, dal 1950 al 1958 anno in cui decise di ritirarsi, ma all’interno di questi Mike “le papillon” fece proprio parlare di sè. Già, proprio questo farfallino divenne il suo segno distintivo; come se non bastasse essere un bel ragazzo biondissimo elegante alto 1,88. In puro British Style l’abbigliamento in corsa era in giacca camicia e cravatta, salvo poi passare al farfallino per il continuo fastidio provocato dallo sbattimento di quest’ultima sul viso. Con il passare all’uso delle tute, rigorosamente bianche o azzurre Mike indossava il suo caratteristico giubottino verde con il papillon sempre ben in vista. La storia sportiva di Mike lo vide protagonista assoluto con le vetture Ferrari, ma anche gli appassionati al marchio Jaguar non poterono non attribuirgli la giusta importanza. L’inizio di carriera è abbinato alle vetture Cooper-Bristol, monoposto di formula due di 2 litri che in mano al giovane Mike danno risultati sorprendenti, al punto di riuscire a competere con la Ferrari da 4 litri condotta da Villororesi, superandola in una gara sul bagnato, tanto che sia la Ferrari, nella persona di Enzo, che la Jaguar si interessano a lui. Fu proprio la Ferrari che gli affidò una vettura per la stagione 1953 ed al Gp di Reims in Francia Mike ricambiò la fiducia, portando la sua vettura alla vittoria dopo un testa a testa memorabile con Juan Manuel Fangio. Un Gp dove gli attori principali oltre a loro erano Ascari e Gonzales. Fu al penultimo giro

Mike in pista con la Cooper-Bristol all’inizio della sua carriera.

dove Mike superò, assieme a Fangio, in una manovra azzardata, passando con due ruote sull’erba, un concorrente doppiato. All’ultimo giro con una misto di freddezza e incoscienza Mike riuscì a superare Fangio e vincere la gara. Fu la prima vittoria di un pilota britannico ad un Gp dall’inizio del campionato piloti inaugurato nel 1950 e la vittoria del più giovane pilota a soli 23 anni. La felicità e l’euforia del momento passarono in secondo piano al momento di sentire l’inno inglese durante la proclamazione del vincitore al punto di farlo commuovere e piangere. Fu proprio Fangio a confortarlo in un raro momento di “umanità” come fu definito dalla stampa del momento. Nel ’54 fu solo un primo posto, nel Gp di Spagna ed a seguito di un grave incidente nel quale rimase serie mente ustionato lasciò temporaneamente la Ferrari. Nelle stagioni ’55 e ’56 lo videro impegnato nella gara che all’epoca veniva definita la madre di tutte le gare, la 24 ore di Le Mans a bordo delle innovative e performanti Jaguar D-type. La gara di Le Mans era la vetrina migliore per le case produttrici, ancora maggiore del campionato mondiale; su questo tracciato si confrontavano vetture sport di tutti i tipi e molto spesso anche

Foto a pagina 84. Fangio e Hawthorn con la giubba verde e l’immancabile papillon. JAG mag www.jagmag.it

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vetture di serie. Qui si testavano le nuove tecnologie ed i nuovi materiali da destinarsi successivamente alla produzione. Jaguar, per scelta, concentrava quasi tutte le sue risorse a questa gara, lasciando un piccolo altro spazio alle manifestazioni riservate alla produzione di serie. Capitava di frequente vedere gli stessi piloti partecipare ad una o più gare indistintamente con vetture tecnicamente differenti. Mike fu ingaggiato da Jaguar per l’edizione del ’55 e

gli fu affidata il meglio della tecnologia esistente al momento: la meravigliosa D-type. Quella gara, da lui vinta, lo consegnò alla storia dell’automobilismo più per quello che accadde che per il risultato finale. Questa gara, assieme all’edizione del 1957 della 1000 Miglia, furono quelle che cambiarono in maniera indelebile le regole per questo tipo di manifestazioni sia su circuito, come Le Mans, sia su strada, come la 1000 Miglia.

1956, Le Mans. Prima della gara Hawthorn realizza un video con un giro di pista commentato. Uno dei più bei video del periodo mai realizzai. Video On board e sonoro.

La D-type vincitrice a Le Mans.

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Nei libri di storia l’edizione del 1955 rimarrà la più grande tragedia sportiva di sempre. 84 deceduti e più di 100 feriti. La Mercedes di Levegh sale letteralmente, come un trampolino, sulla coda della Healey di Lance Macklin e rimbalzando sulle protezioni laterali a bordo pista del rettilineo principale investe il pubblico assiepato per godersi il rumore, l’odore, lo sfrecciare dei propri idoli. Tante furono le critiche indirizzate ai piloti ed all’organizzazione; entrambi decisero di non fermare la competizione, neppure davanti ad una tragedia di tale portata. Gli organizzatori si difesero dicendo che sospendendo la corsa sarebbero stati più difficoltosi i soccorsi e l’accesso al circuito delle ambulanze; i piloti pur vedendo giro dopo giro la scena dell’incidente non furono in grado di valutarne l’effettiva gravità della situazione. Mike Hawthorn fu chiamato in causa come il colpevole di quella mortale carambola pur essendo in testa. Gli fu contestata una manovra azzardata di rientro ai box dovuta ad una decelerazione molto efficace, causata all’utilizzo dei freni a disco, ed inaspettata da parte degli avversari che lo seguivano, costringendoli a scartare di lato mentre sopraggiungeva la Mercedes. La Jaguar D-type all’epoca era l’unica vettura dotata di questi freni messi a punto in collaborazione con la Dunlop. Solo la Mercedes, subito dopo l’incidente, resasi conto dell’accaduto, decise di ritirare il resto

della squadra in segno di lutto e rispetto per gli spettatori periti. Non partecipò più a competizioni sportive fino ai giorni nostri. L’edizione del ’56 non fu per niente favorevole alle Jaguar, che una dopo l’altra dovettero ritirarsi. Quella di Mike fu l’ultima delle ufficiali a lasciare la pista. La gara fu vinta comunque da una D-type, ma di una scuderia non ufficiale. Malgrado la soddisfazione di vedere una Jaguar ancora una volta sul podio, anche se non ufficiale, fece maturare la volontà di Wiliam Lyons, proprietario della Jaguar Cars Ltd, di chiudere la squadra ufficiale a partire dall’anno seguente.

Stirling Moss e Hawthorn a bordo della Ferrari.

La Ferrari Dino con la quale vinse il mondiale del 1958.

La Mercedes di Levegh dopo lo schianto a Le Mans 1955. Le numerose componenti in magnesio resero difficile lo spegnimento ed alimentarono maggiormente le fiamme.

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1958. Hawthorn e Ferrari l’anno della conquista del titolo.

Mike e Peter Collins, inseparabili amici. “mon ami Mate” così amava chiamarlo.

Il ’57 vide Mike di nuovo in Ferrari, in una stagione alquanto modesta ed opaca, con un risultato finale in campionato al 4 posto assoluto; un solo secondo posto e nessuna gara vinta. Il ’58 fu l’anno della rivincita, sempre a bordo di una Ferrari, una D246. Con un solo Gp vinto, ma una lunga serie di secondi posti ed in base alla regola degli scarti, Mike Hawthorn divenne il primo pilota britannico a vincere un campionato del mondo piloti con un solo punto di vantaggio su Moss, giocandosi tutto nell’ultima corsa in Marocco. Anche questo fu un anno terribile per il susseguirsi delle morti dei piloti; Prima Luigi Musso (team Ferrari), poi il grande amico di Mike Peter Collins, con il quale condivideva anche le scorribande notturne e le grandi bevute e nell’ultimo Gp della stagione Stuart Lewis-Evans. Al termine della gara scendendo dall’auto disse che avrebbe chiuso la sua carriera di pilota; nessuno gli credette, ma di fatto fu così. Rimase celebre una sua frase al riguardo: «è meglio sentirsi chiedere perché ti sei ritirato dalle corse piuttosto il perché non ti ritiri». Gli eventi degli ultimi anni gli lasciarono il segno; la morte del padre in un incidente stradale, il disastro di Le Mans, la perdita dei suoi compagni di scuderia e amici, ma anche il fidanzamento con la bellissima modella Jean Howarth ed in ultimo un male incurabile

ai reni che gli avrebbe concesso solo qualche anno di vita da vivere, fecero sì che il desiderio di smettere di correre si concretizzasse. L’indole del corridore rimase tuttavia nel Dna di Mike, che approfittava

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1958. Johan Hawart, la bella modella inglese fidanzata di Mike con in braccio il loro cane. Un Boxer fulvo chiamato “Ferrari’.


di ogni singola occasione per sfruttare al massimo le automobili da lui condotte, anche su strade aperte. Fu proprio nel Gennaio del 1959 che incrociando sulla sua strada la Mercedes di Rob Walker ingaggiò un inseguimento con l’unico scopo di superarla. La stampa di allora si pronunciò in diverse tesi: dall’eccessiva velocità, parlarono di 80 Mph, dalla strada bagnata con l’utilizzo di pneumatici sperimentali Dunlop, l’acceleratore a mano inserito, da un senso di orgoglio e voler comunque primeggiare ancora una volta davanti ad una Mercedes. La sua corsa finì dopo un testacoda contro un palo esattamente a metà vettura lateralmente, piegando la nuova Jaguar Mk1 quasi a 90 gradi. Lo trovarono ancora in vita, ma ormai morente sbalzato sui sedili posteriori della vettura. Finì così tristemente la vita di Mike Hawthorn a pochi mesi dal suo 30 compleanno. Se ne andò così come aveva vissuto, sempre al limite, talvolta sopra le righe, un pilota di quelli veri dove la gestione della gara era sempre e solo in mano alle sue scelte e decisioni, vissuto in epoca dove questi personaggi erano per le persone comuni e semplici appassionati dei veri miti. Lascerà in eredità il primo mondiale piloti vinto da un suddito di sua Maestà con il minor numero di primi posti e la gara vinta dal pilota più giovane, ma soprattutto uno stile ed eleganza fuori dal comune.

La VDU 881, la Jaguar Mk1 3,4 litri sulla quale perse la vista nell’incidente di Guildford.

La Jaguar subito dopo l’impatto fatale.

1952, Gp di Francia. Hawthorn e Farina, differenza di “mise” a confronto.

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j-everyway

15 marzo 1961, ore 10:00. Salone di Ginevra. Appare al pubblico la prima Jaguar E-type CoupÊ. Novembre 1962. Italia. Appare al pubblico il primo numero di Diabolik. a cura di Stefano Bendandi Per le immagini di questo articolo DiabolikŠAstorina srl

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D

alla fervida fantasia di una giovane donna milanese, Angela Giussani, nasce uno dei fumetti più intriganti e coinvolgenti: Diabolik. Lui, professione ladro, ma con una sua certa etica morale; fisico prestante, lineamenti da duro ma estremamente affascinante. Lui, che per i suoi spostamenti utilizza una Jaguar E-type Coupé nera.

Non si sa se questa scelta è stata voluta direttamente da Angela Giussani o qualcuno dei suoi collaboratori, tuttavia fa riflettere sull’impatto che questa auto ha avuto sul pubblico a distanza di poco più di un anno dal lancio. Nel panorama automobilistico del periodo la scelta poteva ricadere su moltissime altre auto gran turismo come Ferrari, Maserati, Aston Martin, ma forse sia per l’apprezzamento del pubblico, sia per la fluidità delle sue forme, e di conseguenza anche per la resa grafica, la E-type ha battuto la concorrenza.

…ancora oggi, nel vederla passare o ammirarla in sosta, c’è chi dice: «guarda la Jaguar di Diabolik!»

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In Italia con il passare del tempo l’abbinamento tra quest’auto ed il fumetto si è fatto talmente stretto che, ancora oggi, nel vederla passare o ammirarla in sosta, c’è chi dice: «guarda la Jaguar di Diabolik!» e magari non sa neppure che si chiama E-type. L’ambientazione delle storie fa immaginare che il paese scelto come luogo d’azione di Diabolik sia una città della Francia e, forse per questa ragione, l’ispettore di polizia che da sempre insegue il famigerato criminale fa mirabolanti inseguimenti a bordo di una Citroen DS. Ecco quindi che si mettono a confronto due icone del motorismo: la regina francese DS e il culto inglese E-type, entrambe con un folto gruppo di estimatori pronti a sostenere a tutti i costi la propria amata. Tuttavia, con tutta la simpatia nei confronti della vettura francese il confronto dal punto di vista puramente di prestazioni è improponibile: una, la E-type, con un motore 6 cilindri 3,8 litri e 265 cv; l’altra, la DS con un 4 cilindri 1,9 litri circa e 83 cv.

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Ma Ginko, l’irrinunciabile ispettore non si è dato mai per vinto e, all’occorrenza, si metteva all’inseguimento della nera Jaguar per le strade di Clerville. Solo all’inizio della storia Diabolik fu catturato e rinchiuso in un carcere dal quale riuscì ad evadere e da quel momento in poi fu l’ossessione per Ginko. La bellezza della vettura si mise ancora di più in risalto quando, nel 1963, fece l’apparizione sulle pagine del


fumetto la bellissima Eva Kant: lineamenti perfetti, capelli biondi ed occhi verdissimi, giusto in contrasto con quelli del suo compagno. Da quel momento in poi ogni trama, ogni apparizione con il trittico Diabolik, Eva ed E-type, riuscì a catturare l’attenzione degli appassionati appagandoli

da ogni punto di vista, facendo resistere nel corso degli anni questo fumetto fino ai giorni nostri. Tutti i personaggi, auto compresa, al tempo considerati d’attualità hanno saputo mantenere il loro fascino, tanto che ad ogni lettura di un episodio ci si immerge nell’atmosfera della trama e quasi ci si immedesima nei personaggi. Sarà per la voglia di stare accanto ad Eva o per la voglia di guidare la E-type…? Chissà. Per adesso vado a leggere un altro episodio augurandomi che tutto ciò possa accadere.

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excellence

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Il cioccolato di

modica

Nell’angolo più a est della Sicilia, nella splendida e barocca Modica, il rito della preparazione del cioccolato lavorato a freddo con la “Pasta amara”, si tramanda di generazione in generazione… foto: Antica Dolceria Bonajuto

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Modica è una città dove un tempo esisteva la bellissima figura dello “ciucculattaru” .

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Il cioccolato di Modica ha origini antichissime e trova le sue radici nella civiltà degli Aztechi, gli antichi abitanti del Messico. Tra le grandi e meravigliose culture e tradizioni di questo straordinario popolo dell’antico Messico il cacao ricopriva un ruolo importante, veniva difatti considerato cibo nutriente, sostegno economico, simbolo di ottima posizione sociale, medicina efficace, mezzo per comunicazione con le divinità. Furono gli spagnoli a portare a Modica il “xocoàtl”, un prodotto che gli abitanti del Messico ricavavano dai semi di cacao triturati su una pietra chiamata “metate”, in modo da far sprigionare il burro di cacao e ottenere una pasta granulosa. I modicani appresero questa lavorazione dagli spagnoli, senza passare alla fase industriale. Nella lavorazione a freddo, il cacao non passa attraverso la fase del concaggio: la massa di cacao viene lavorata a 40° con aggiunta di zucchero semolato; non riuscendo a sciogliersi, nè ad amalgamarsi, lo zucchero dà al


cioccolato modicano il caratteristico aspetto “ruvido” dalla consistenza granulosa. La tavoletta di cioccolato modicano ha un colore marrone non uniforme, l’aroma è quello del cacao tostato, con note leggermente astringenti. Viene tradizionalmente aromatizzato con cannella o vaniglia, ma si può trovare facilmente cioccolato al peperoncino, alla carruba, al caffè, agli agrumi o in altri gusti. Il cioccolato di Modica si può mangiare così com’è o sciolto in acqua come bevanda calda invernale.

L’Antica Dolceria Bonajuto C.so Umberto I° n.159 Modica (RG) Tel. e Fax: +39 0932 941225 www.bonajuto.it

Pierpaolo Ruta, titolare dell’Antica Dolceria Bonajuto, ci spiega che il segreto per la produzione di un cioccolato genuino e rispettoso della materia prima è far sì che le essenze utilizzate esaltino anziché disturbare la lettura sul palato degli aromi del cacao. Il segreto del cioccolato di Modica risiede nel fatto che, al momento della sua

degustazione, la prima sensazione è legata ai cristalli di zucchero che sono sulla superficie, la seconda agli aromi primari della materia prima. È la persistenza degli aromi del cacao sulle papille la differenza vera e profonda, come avviene nel settore enologico. Se volete, il ciccolato di Modica è un cioccolato da meditazione.

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la foto Jaguar XE

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Periodico trimestrale dedicato agli appassionati di Jaguar In attesa di registrazione Direttore responsabile: Giulia Elena Ducci Direttore editoriale: Pierluigi Ducci Direzione, redazione, amministrazione: Pierluigi Ducci Editore S.a.s. Via Farneto, 2 - 61012 Gradara (PU) Tel.:+39. 331 5770456 www.jagmag.it - jag@jagmag.it Hanno collaborato a questo numero per testi e foto: Pierluigi Ducci Simona Fumelli Stefano Bendandi Paolo Ferrini Walter Marcelli Paolo Pisaniello Altri contributi fotografici: Media Jaguar Land Rover, Riviera Golf Resort, Marco Trionfetti - Officina Visiva, Fiera Auto e Moto d’Epoca, Gianmarco Chieregato, Matteo Barro, Manifattura Sigaro Toscano S.p.A., Antica Dolceria Bonajuto

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