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Nina Mask, una buona idea in tre dimensioni

Nasce a Reggio Emilia da un'idea Open-source la mascherina biocompatibile e ipoallergenica

Contribuisce a risolvere la questione dello smaltimento perché biocompatibile, è lavabile e costruita con materiale ipoallergenico. La “Nina Mask” la mascherina anti coronavirus nata in provincia di Reggio Emilia, è frutto della collaborazione tra quattro imprese: Plastic Four, 3DLine, Soluzione Cad e Rc-Sed. Il prototipo nasce a inizio marzo grazie a 3Dline impresa che produce e commercializza stampanti 3D. Abbiamo raggiunto il titolare, Simone Gaddi per farci raccontare la genesi di questa mascherina.

Simone, com’è nata “Nina Mask” e la collaborazione tra le quattro aziende che oggi la commercializzano?

«La mascherina nasce a inizio marzo, quando 3DLine ha rilasciato gratuitamente sul web il progetto “OsMask”, il file spl. scaricabile e open source - quindi modificabile - di una mascherina anti Covid-19. Il nostro intento era quello di permettere a chiunque disponesse di una stampante 3D, di auto prodursi un dispositivo di sicurezza in un momento in cui le mascherine erano praticamente introvabili. In un certo senso è stato un precursore delle cosiddette “mascherine di comunità”, autorizzate adesso dal governo».

Una buona idea che si è fatta notare…

«Sì, grazie ad un articolo del “Resto del Carlino” abbiamo raccolto l’interesse di alcune imprese tra cui Plastic Four di San Martino in Rio che si occupa di materie plastiche, della reggiana Soluzione Cad specializzata in progettazione e della milanese Rc-Sed che ha poi ingegnerizzato il prototipo. Dalla sinergia tra le quattro aziende è nata “Nina Mask”, oggi acquistabile online sui nostri siti aziendali».

Come è fatta questa mascherina?

«”Nina Mask” è costruita con materiale ipoallergenico e biocompatibile, cioè conforme alla normativa ISO 10993. La maschera ha un alloggiamento per un filtro sostituibile della durata di otto ore, ma a parte questo il prodotto ha una durata pressoché eterna e il fatto che sia riciclabile, un punto su cui ha insistito molto Plastic Four, la rende sostenibile rispetto a tantissimi altri prodotti usa e getta».

“Nina Mask” dispone della certificazione dell’Istituto superiore di sanità?

«Abbiamo appena ottenuto la certificazione FFP1, un fattore che interessa anche la grande distribuzione».

3DLine, così come altre aziende durante l’emergenza, ha dimostrato una volta in più la flessibilità della manifattura additiva e delle tecnologie digitali. Credi che ci sarà un ulteriore salto in avanti nel loro utilizzo?

«Nella prima fase di emergenza abbiamo avuto tantissimi con tatti di imprese che chiedevano informazioni sulla stampa 3D e su come implementare questo tipo di tecnologia, adattandola alle proprie necessità. Alcune aziende ci hanno contattato perché volevano stampare mascherine per i propri dipendenti. Quindi diciamo di sì, la crisi Covid-19 ha aiutato a sensibilizzare le persone verso questo tipo di tecnologia. Tuttavia questo interesse si è interrotto quando c’è stato il lockdown. In quella fase l’interesse per l’investimento si è interrotto e ora, anche se le incognite sul futuro sono tante, speriamo riparta».

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