2022AGOSTOn.8IIAnno-localed’informazionePeriodico L’EX SINDACO Giorgio Sala “Così vedo la mia Vicenza”6 IL PERSONAGGIO Da Londra per realizzare un sogno10 L’EX ARSENALE icheL’OfficinacuraFrecciarossa12 AMARCORD aaGiocavamopalloneCampoMarzo28 A MONTE BERICO Ecco Valentina che dà del “tu” ai grandi pittori23 SPETTACOLI Il dellafestivallirica38 Servizi a pag. 8 e 9 DUE ELEZIONI IN POCHI MESI: I INSCENDONOPOLITICICAMPO Mentre è iniziata la campagna per Roma, si pensa già alle amministrative di primavera LA NOSTRA VITA IN ROVINARCICHEAGLIMANOALGORITMIPOSSONO È un fenomeno dilagante. Perfino negli affari la posizione non è più definita dalla realtà ma dall’informatica ascoltali on-line su laPiazzaweb.it e sulle migliori Emittenti Radio del VenetodelleNotiziario11:30 delleNotiziario18:30delleNotiziario8:30 delleNotiziario17:30 Scarica la nuova App di neanche un La Piazza 24 e non perder ti minuto dei tuoi notiziari preferiti. L’appuntamento Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it n un sistema politico precipitato con la crisi del governo Draghi, con queste elezioni Vicenza inizia nove mesi di campagna elettorale. Tra settembre e la primavera del 2023 inanella prima l’appuntamento con le politiche e poi quello con le amministrative. Sullo sfondo di questi mesi si profila il grande appuntamento di fine anno, quello con la mostra degli egizi che, per usare un gioco di parole di Piero Chiambretti, comunque vada sarà un successo. segue a pag 5 Al centro del giornale scopri l’inserto con le nuove offerte da non perdere
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La abbandonatastazione
L’appuntamento Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it< In realtà, sono pronto a scommettere, sarà solo un autentico successo. E per molti motivi. Prima di tutto per il curatore, Christian Greco, garanzia indiscussa di affidabilità scientifica. In secondo luogo per il tema, che è da sempre affascinante, per quel fondo di mistero che vela quell’antica civiltà. In terzo luogo per le collaborazioni di alto livello che Greco ha assicurato, visto che arriveranno in Basilica cinquanta opere dal Louvre di Parigi. Già la mostra sulla fabbrica del rinascimento, curata da Guido Beltramini, s’è acquistata una considerazione di cui fa testo anche Giorgio Sala nell’intervista a pagina 6. Anche in questo caso il raggio internazionale è stato indiscutibile, visto che le 90 opere sono giunte da 64 prestatoti di tutto il mondo. Anche Greco mostrerà una fabbrica. O meglio, un villaggio. Quello di Deir-el-Medina, vicino a Luxor, nel quale vissero 500 artigiani e operai che realizzarono le tombe della valle dei re. Nel 1922, mentre Howard Carter stupiva il mondo con le meraviglie contenute nella tomba di Tutankhamon, l’archeologo francese Bernand Bruyere scoprì come vivevano gli operai che l’avevano costruita (anche se il primo scavo si deve all’italiano Ernesto Schiaparelli, nel 1905).
Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199 È un periodico formato da 23 edizioni locali mensilmente recapitato a 506.187 famiglie del Veneto. Chiuso in redazione il 4 agosto 2022
A nche la libreria Mondadori se n’è andata e adesso la stazione ferroviaria di Vicenza ha definitivamente una fisionomia spettrale: appare davvero abbandonata da tutti. Il grande parallelepipedo di vetro che ospitava la libreria è chiuso e senza luce. Non vendeva biglietti dei trasporti locali, questo lo specificava un cartello sulla porta, ma almeno le copertine colorate dei libri in vetrina suggerivano l’idea di un luogo vivace. Storia di un tempo passato. Adesso l’atrio destro della stazione è un luogo mesto: sono rimasti solo il piccolo negozio di tabacchi e il caffè a simulare un po’ di vita. L’edicola se n’era andata molti anni fa, ma ormai sull’onda della crisi dei quotidiani molte edicole stanno sparendo ogni anno. Sull’altro lato della stazione i locali sono tutti chiusi da tempo, e se pure ci sia stato qualche inquilino ormai è avvenuto talmente tanto tempo fa che la sua presenza è stata rimossa anche dai ricordi. Eppure in stazione, cifre pre covid, transitano dalle 7mila alle 8mila persone al giorno. Nonostante queste presenza che è consistente, non si è mai riusciti a risolvere un altro guaio: quello del deposito bagagli. O meglio, finalmente era partito un servizio ma la pandemia ha di nuovo azzerato tutto. Chi arriva a Vicenza non ha, dunque, la possibilità di poggiare un bagaglio. Il consorzio di promozione turistica “Vicenza è” ha registrato la protesta di turisti austriaci che, all’inizio dell’anno erano stati indirizzati da Italo depositi bagagli poco distanti dalla stazione che si sono rivelati inesistenti. L’unica consolazione, annotavano i turisti, è stata la mostra in Basilica che hanno visitato: affascinante.
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Sarà questo “Villaggio del faraone” che Greco porterà a Vicenza, collocato nel 1550 avanti Cristo. Ma non solo. Ci sarà la pianta della tomba di Ramesse quarto, un papiro del 1150 avanti Cristo che, come ha spiegato Greco, di fatto è il progetto architettonico più antico al mondo, tremila anni prima di Palladio.Mentre Vicenza si prepara a questo appuntamento, in questo scorcio d’estate vale la pena visitare altre due mostre: quella di Christopher Niemann, illustratore geniale, a palazzo Leoni Montanari e l’altra, a piano terra della Basilica, dedicata allo scultore vicentino Nereo Quagliato. Quest’ultima è un aperitivo della mostra permanente che sarà allestita a palazzo Thiene, dove saranno ricollocate 39 statue di Quagliato, moltissime delle quali recuperate da Armando Peressoni, al quale il Comune dovrebbe conferire la medaglia di cittadino benemerito. Insomma, alzando lo sguardo dai tanti litigi della quotidianità, va sottolineato che Vicenza offre occasioni di approfondimento e di visione a largo raggio in un campo, come quello culturale, che a torto è considerato a rimorchio. Invece è un Frecciarossa. Lisbona, 10 · 35127 8704884
Padova tel. 049
La libreria se n’è bagagliilMancaandatasempredeposito
C’è un “però” alla fine del suo discorso Vero. Esistono problemi di dimensione più alta che non i treni. Sono l’acqua e l’energia. Secondo me un’amministrazione moderna anche comunale deve affrontare questi temi che sono decisivi per il futuro. Della ferrovia si parla da trent’anni. Il cantiere dell’alta velocità creerà grandi difficoltà e disagi, non sarà accolto con il cuore aperto dai cittadini, perché non me li immagino dire “finalmente avremo la Tav…”. Non vivremo anni tranquilli. Acqua ed energia sono problemi che si possono affrontare efficacemente ad alti livelli. No, no. Cominciamo a domandarci qual è la situazione vicentina dell’acqua, chiediamoci come sono gli acquedotti. E poi: siamo convinti che dobbiamo risparmiare? E come? E come possiamo liberarci dai vincoli energetici? Insomma, dobbiamo iniziare un processo di educazione, informasindaco di Vicenza? No. Oltretutto non lo conosco abbastanza da esprimere giudizi. Certamente ha cercato di tenere in piedi la baracca. In passato ne aveva dato un giudizio positivo. Conferma? Avevo dato una valutazione positiva riguardo alla linea culturale sviluppata con la mostra in Basilica. Ho apprezzato quello sforzo: magari quella mostra era difficile da capire, specie se confrontata con le grandi mostre del passato, sovvenzionatissimeve sostenute da una pubblicità impressionante. Rispetto a quelle, la mostra in Basilica di questa amministrazione è stato il prodotto di uno sforzo culturale non piccolo. L’ho vista bene anche nella sua più ridotta dimensione. Secondo me l’amministrazione avrebbe dovuto incentivare di più la presenza dei vicentini che dalla mostra avrebbero appreso qualcosa di importante della propria storia. È mancato il coraggio di dire: è la nostra mostra. La Vicenza di adesso rispetto a quella di un tempo ha più lati positivi o negativi? Mi sembra ci sia meno progettualità, che non ci sia una produzione di progetti paragonabile agli anni Sessanta e Settanta. Guardando al passato chi si sente di ricordare tra i tanti personaggi che ha conosciuto? La triade Guglielmo Cappelletti, Mariano Rumor e Neri Pozza. Hanno segnato molto nella fase evolutiva della città, quando Vicenza s’è ricostruita miracolosamente in dieci anni.
L a lucidità è quella di sempre, l’equilibrio è una dote innata, la visione lungimirante è diventata perfino più acuta. E sorride molto più di un tempo. Giorgio Sala (in giunta dal 1956, sindaco di Vicenza dal 1962 al 1975) a 94 anni stupisce ancora. Il suo studio zeppo di ricordi, targhe, foto di amici scomparsi, riassume tre generazioni di vita vicentina, mentre lui sta vivendo la quarta, che seziona con la freddezza del chirurgo e la passione dell’innamorato. Iniziamo con l’attualità. Elezioni ne ha viste tante: di queste che dice? Vedo i soliti nomi, a destra, sinistra, centro. Mi preoccupa questo adagiarsi. Non c’è nemmeno la ricerca del nuovo. Solo il nome di Giacomo Possamai è una novità. Ma anche nel passato, dai tempi di Rumor, i nomi erano sempre quelli. Però c’è un argomento che dovrebbe spingere oggi verso la novità: c’è una drastica diminuzione dei parlamentari. E allora perché nessuno pensa a Ilvo Diamanti? Sarebbe un bel senatore. Un altro nome - in via teorica - potrebbe essere quello di Laura Dalla Vecchia, presidente degli industriali. Dobbiamo porci il problema del rinnovamento della classe dirigente. Ho il sospetto che Vicenza abbia saltato una generazione. Non una, due. Dispiace pensare che la cultura di sinistra non sia stata protagonista, non abbia occupato gli spazi. Che non sono andati neanche alla destra, ma sono rimasti semplicemente vuoti. C’è chi dice, ne ricordo uno per tutti, il vescovo Nonis, che la cultura di sinistra abbia occupato anche troppi spazi
Non vede persone così oggi a Vicenza? Più che altro manca il gruppo che possa costituire il nuovo referente politico e culturale. Serve qualcuno che disegni la strategia e lanci messaggi sul futuro. “È mancata una visione di programmazione” “Anche la nostra generazione ha sbagliato” “Gli spazi della politica sono rimasti vuoti” “Due priorità per il Comune: acqua ed energia” “Cantiere alta velocità, avremo anni difficili” “Positiva la mostra in Basilica sul rinascimento” “Manca un gruppo di riferimento politico e culturale”
Giorgio Sala in una caricatura di Toni Vedù penso a promuovere cultura, po- sima amministrazione… Lei fa riferimenti all’attualezione e formazione sui nuovi temi Antonio Di Lorenzo
Quando dico “occupare spazi” litica, scelte. Abbiamo avuto anni di non scelte. E c’eravamo noi, occupavamo spazi ma non cultura, non elaboravamo politica. Noi chi? Noi forze progressiste o che ci ritenevamo tali. Forze riformiste. Sabino Cassese ripete: non ci sono più i partiti, che avevano il pregio di avere dei programmi. Adesso mancano gli uni e gli altri. È d’accordo? Ai miei tempi c’era una programmazione, dal piano del centro storico alle scuole, dal piano Peep alla zona industriale… Dagli anni ottanta in poi questa visione d’insieme s’è sfarinata. Per quello dico: noi, come generazione, c’eravamo fisicamente ma non siamo riusciti a produrre una nuova programmazione e nuovi progetti. E adesso? Come vede la città? Vedo che arrivano centinaia di milioni per la Tav. Si metteranno in moto risorse e progetti. Già pensare di gestire progetti così complessi fa tremare le vene ai polsi di questa e anche della prosdella vita. Non possiamo vivere come se questi problemi non ci fossero. Sì, ma un sindaco deve pensare alle povertà, alle strade, a questioni immediate e locali… Non solo. È il momento in cui un’amministrazione comunale anche di 100mila abitanti deve porsi problemi alti. Vorrei un’amministrazione che dicesse: ci è toccato vivere in una dimensione sempre più vasta e coinvolgente, non possiamo chiudere gli occhi. Come vede il mestiere del sindaco oggi? Il sindaco non può essere un personaggio generico che riesce a sopravvivere con piccoli compromessi. Sono tempi che richiedono sindaci colti, dalla mentalità aperta, che riescano a trovare le soluzioni a problemi a volte giganti. È già tanto che si trovi qualcuno disposto a fare l’amministratore Non sono d’accordo. Fare il sindaco, anche in questi tempi duri, è una prova cui è meraviglioso sottoporsi.
www.ilvicenza.com6 Il personaggio. L’ex sindaco, 94 anni di lucidità e visione lungimirante, fa il punto sulla città di oggi e sul futuro Sala: “Vicenza ha perso due generazioni”
L’intervista
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Vicenza inizia la lunga volata elettorale, che inizia con le politiche di settembre e si concluderà con le amministrative in primavera. Otto-nove mesi di campagna elettorale continua che vedrà le forze politiche perennemente in campo a cercare un proprio spazio. Il confronto, che è già vivace di suo nella quotidiana battaglia politica tra maggioranza e opposizione in Comune, ha subito naturalmente un’accelerazione dopo la crisi del governo Draghi il ricorso al voto anticipato.Finoadallora, a Vicenza il tema d’attualità erano i commenti al voto amministrativo di Verona. L’elezione di Damiano Tommasi aveva acceso le speranze del centrosinistra di replicare a Vicenza il ribaltone e aveva suscitato i commenti del centrodestra sui possibili errori commessi, a iniziare dal mancato apparentamento tra Sboarina e Tosi al ballottaggio.Comeèstato sottolineato autorevolmente (ed è opinione anche di chi scrive) anche se Sboarina fosse andato al ballottaggio apparentato avrebbe perso ugualmente, magari con una differenza percentuale minore. Il perché è abbastanza chiaro: se al primo turno sette elettori su dieci non votano il sindaco uscente, vuol dire che la valutazione dell’elettorato sull’amministrazione è pesantemente negativa. Poi hanno concorso ca scende davvero in campo da qui alla primavera prossima. Se a Verona c’è un sindaco calciatore, a Vicenza la passione per il calcio è diffusissima tra gli amministratori, sia di destra che di sinistra. L’esempio, ma se ne potrebbero citare altri, viene proprio da due esponenti illustri degli schieramenti, entrambi appassionati tifosi del Lanerossi. Da un lato il sindaco, che non solo partecipa alla partita andandosi a sedere in curva, ma che ha tatuato sul braccio la “R” di Lanerossi; come motto su whatsapp ha scritto “totalmente dipendente” che è la parola d’ordine dei tifosi più convinti.Dall’altro lato c’è Giacomo Possamai che pure siede in curva al “Menti”, magari non vicino a Rucco. In ogni caso, non c’è problema di convivenza fra i due allo stadio. Possamai, inoltre, su whatsapp si presenta con una sua foto in azione con la maglia biancorossa.Annifa,quando i due esponenti politici a parti invertite sedevano in consiglio comunale, avevano firmato una mozione per chiedere l’intitolazione della curva dello stadio a Savoini. Mozione che non passò anche per motivi tecnici, perché intitolare un pezzo dello stadio avrebbe significato cambiare nome alla strada su cui si affaccia l’impianto. E non era tecnicamente possibile.
Elezioni
Si vota, i politici scendono in campo altri fattori, come alcuni attriti che non s’erano sopiti all’interno del centrodestra veronese.Vicenza, sempre a parere chi scrive, non si trova nella stessa situazione, vale a dire una pesante e diffusa valutazione negativa tualeveronesedaticostruirelaboratorio.pensarecinematografica,Percachepuòconaverticamentesinistrazazione.comunquetitivo,indubbiosindacisizionefiniteaverecheditivi:piùmaggioranzaIldedeliltodell’amministrazione.dell’attivitàAlnet-delleopinionidiciascuno,gradimentoinlievecrescitasindaconeisondaggiten-afarpensareilcontrario.cherendeilconfrontotraeopposizioneinteressante,pervarimo-peresempiodallalezioneVeronasideveimpararenessunopuòpensaredilavittoriaintasca.Sonodavverolerenditedipo-elettoraliancheperiche,purvantandounvantaggiocompe-nonpossonosentirsisicuridellariele-Dall’altrolato,laminoran-aVicenza-cioéilcentro--nondeveautoma-dedurrechedopovintoaVerona,perdirlaFrankensteinjunior,“sifare!”ancheaVicenzaebastiunascossaelettri-perrivitalizzareuncorpo.continuarelametaforanonsideveacrearecreatureinBisognainveceprogrammiecandi-autorevoliecredibili.C’èinveceunriferimentocheèquantomaiat-aVicenza,dovelapoliti-
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La passione per il Lanerossi è assai diffusa in entrambi gli schieramenti, metafora di un confronto politico e non solo calcistico Giacomo Possamai e Francesco Rucco ripresi in divisa da gioco: il calcio e il “Lane” sono una passione comune
Tra politica e sport. Dalle politiche alle amministrative, si aprono nove mesi di campagna elettorale continua a Vicenza
Sul fronte del centrodestra, invece? Sarà interessante vedere come si modificherà anche la composizione parlamentare del centrodestra vicentino, dove oggi a far da padrone è la Lega, mentre con il voto è verosimile ipotizzare che Fratelli d’Italia andrà a riequilibrare i numeri. Il partito che a suo avviso crescerà maggiormente? Penso proprio Fratelli d’Italia; sondaggi alla mano sarà il partito con la maggior crescita a livello nazionale, e Vicenza in questo non rappresenterà un’eccezione. Il Movimento 5 Stelle invece? Cinque anni fa il Movimento prese il 33%, oggi è dato sotto il 10% a livello nazionale, e non è una percentuale omogenea geograficamente; quasi tutti i suoi voti sono al Sud, è ipotizzabile che a Vicenza arrivi con difficoltà al 5%, è complicato immaginare che saranno protagonisti. Quali previsioni si possono fare sui risultati? Iniziamo dai collegi uninominali. In quei collegi uninominali vicentini difficilmente il centrosinistra riuscirà a… toccare palla; di fatto sono tutti collegi blindati a favore del centrodestra, come cinque anni fa quando il centrosinistra non riuscì a prevalere neanche in un collegio. E nella parte proporzionale? Il centrosinistra, appunto, dovrebbe almeno eleggere un rappresentante. Alvise Ferronato Elezioni Il Pd, che non ha nessun parlamentare, dovrebbe eleggerne uno nella quota proporzionale. Forse due. Avanzata di Fratelli d’Italia. Nel 2023 il centrosinistra sarà avvantaggiato dal fatto che le amministrative non saranno più vicine alle politiche
Lo studioso. Giovanni Diamanti spiega che nei collegi uninominali vincerà il centrodestra a valanga. I Cinque stelle al 5% Partiti e schieramenti, i punti di forza C on la campagna elettorale lanciata verso il 25 settembre, tutti i partiti sono in movimento. I candidati hanno fatto le loro scelte e puntano a Roma. Tutti, naturalmente, sono colpiti dalla “sindrome da vittoria possibile”, ma il 26 settembre si vedrà chi ce l’ha fatta e chi no. Certo è che la caduta del governo Draghi causata dallo strappo del Movimento Cinque Stelle, dalle dimissioni di Draghi e dalla successiva reazione di Lega e Forza italia ha sparigliato le carte di chi dava per certa la possibilità che le prossime elezioni amministrative si sarebbero svolte contemporaneamente o a poca distanza dalle elezioni politiche.Ipartiti
politici anche a Vicenza si trovano quindi di fronte ad una situazione nuova, che distanzia in otto mesi i due appuntamenti, quello delle amministrative e quello delleUn’altrapolitiche.variabile importante è la diminuzione del numero dei parlamentari, causata dalla riforma costituzionale varata, che ha abbassato a 200 i senatori, anziché 300 e 400 alla Camera anziché 600. Di conseguenza, questa è un’elezione per così dire al buio, nella quale tutte le vecchie strategie non valgono più: bisogna inventarne di nuove.Giovanni Diamanti, vicentino 33 anni, è co-fondatore dell’agenzia Quorum, una delle più quotate a livello nazionale in fatto di studi elettorali e sul comportamento al voto dei cittadini. Partiamo da Vicenza. Incide la circostanza che le prossime comunali non saranno più vicine alle elezioni politiche? Certamente. Prima di tutto perché elezioni politiche e comunali hanno un corpo elettorale molto diverso: alle politiche si presenta alle urne circa il 75% degli elettori, mentre alle comunali sono molti di meno. Chi va a favorire questo cambio di agenda? Generalmente un’affluenza più elevata va a favorire il centrodestra, che fa più fatica a mobilitare il proprio corpo elettorale alle elezioni comunali. Quindi, in questo senso, per le amministrative del 2023 questa situazione di non abbinamento con le politiche può favorire il centrosinistra. Le elezioni politiche, complice anche il taglio dei parlamentari, andranno a modificare anche la composizione delle compagini vicentine presenti a Roma. Che differenze prevede nel centrosinistra? Nel centrosinistra un dato anomalo di Vicenza è che oggi il Partito Democratico non esprime neanche un parlamentare, mentre Italia Viva ne esprime ben due; con le prossime politiche questa composizione andrà a cambiare, il Partito Democratico andrà a recuperare almeno un parlamentare, mentre sarà complicato per Italia Viva eleggere qualcuno.
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Lo studioso Giovanni Diamanti e un’immagine della Camera vuota
Nelle foto, Mahjabeen Ameen giunta a Vicenza da Londra e un suo piatto: filetto di salmone al vapore in salsa di soia con aglio e zenzero fritto
10 Il personaggio. Due lauree all’Imperial College di Londra per Mahjabeen Ameen, l’arrivo a Vicenza e la svolta gastronomica Chimica, commercialista e ora cuoca
I l mondo è tanto piccolo! E ci vuole poco per convincersi che questo non è solo un modo di dire. Proprio perché è piccolo è stato possibile che Mahjabeen Ameen, nata poco più di cinquanta primavere fa in Bangladesh, ma cresciuta a partire dai 10 anni a Londra, arrivasse dalle nostre parti, addirittura per accasarsi sui declivi di Malo. Si sente fortunata, lo dichiara apertamente, per aver potuto studiare all’Imperial college business school di Londra, portando a casa una laurea in biochimica e poi una di dottore commercialista. Considerando le difficoltà che nella sua prima patria devono affrontare le donne e in generale i suoi concittadini, si sente fortunata per essere figlia di un pilota d’aereo, nipote di un ministro dell’ambiente, e per aver potuto girare il mondo lavorando per qualche anno in varie aziende inglesi. Il destino la porta in Italia per insegnare l’inglese commerciale in alcune aziende vicentine. Poi decide, con soddisfazione, di fare la mamma a tempo pieno per due figlie che ora studiano a Parigi e Milano. Ed ecco la svolta professionale: dà credito agli incoraggiamenti di amici ed estimatori della buona tavola orientale che la convincono ad avviare un’attività di raffinata e ricercata cucina internazionale. Nasce Tiffs, frutto della passione per la cucina, accarezzata fin da piccola ma arricchita e sviluppata dai numerosi viaggi intorno al mondo con il papà. Dalla mamma, Mahjabeen ha acquisito il senso di ospitalità, che impone di cucinare anche per molte persone ma sempre con la consueta cura del particolare. Non solo: ma dalla madre ha imparato anche l’importanza di cucinare in modo sano: poco olio e men che meno grassi, verdure cucinate velocemente, equilibrato uso di spezie per esaltare i piatti. Ma soprattutto, attenzione alla scelta e alla qualità delle materie prime. Ed è così che prima per gli amici e poi per eventi o cerimonie, inizia a impiattare ricette internazionali, in particolare thailandesi e indiane, giapponesi o coreane, zuppe birmane con salmone leggerissimo. Il successo è tanto inatteso quanto sincero e diffuso: è il viatico per tentare la via di un locale tutto suo, dove proporre con continuità i suoi menù ad una clientela esigente sebbene ristretta, tutta quella che le permette di accogliere un piccolo ristorante in città. Parte così, sette anni fa, un locale che ancora una volta si ispira a tiffins, un termine che ha le sue origini nell’India britannica, laddove indica il pasto leggero del pomeriggio, o il pranzo al sacco, normalmente preparato la mattina stessa per gli impiegati o per le scolaresche. E da qualche mese, ha vinto una gara per la gestione di tre punti ristorante all’interno di una importante struttura sportiva cittadina. Il sorriso di Mahjabeen accompagna alcune considerazioni che ci vengono consegnate prima dei saluti. “Sono grata a questo Paese, a questa città, per aver potuto crescere i miei figli in tutta sicurezza, con servizi all’avanguardia e con la tranquillità che i genitori cercano per i propri ragazzi quando devono tornare tardi la sera. Vicenza è una piccola città, ma molto sviluppata culturalmente e industrialmente, con tutti i vantaggi e i servizi di un qualsiasi altro grande centro urbano. E io mi sento vicentina a tutti gli effetti, solidale con i miei colleghi commercianti e ristoratori in questi mesi così delicati e minacciati. Insomma, sono felice di respirare l’aria di Vicenza e di sentirmi per una buona parte di me, concittadina del Palladio”. Silvio Scacco
Donne & professioni Ha girato il mondo lavorando per alcuni anni in aziende inglesi, grazie al padre pilota d’aereo. Ha due figlie che studiano a Milano e a Parigi. E due locali di Vicenzaorientalecucinaa
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Tutti i Frecciarossa fermano a Vicenza
In un’area grande come dieci campi da calcio, l’Officina di manutenzione ciclica dei treni, autentico polo tecnologico, ha un compito essenziale per la sicurezza. La sua storia nasce nel 1875 fino all’avveniristico treno Diamante.
Un Frecciarossa in manutenzione a Vicenza e, dipinto di giallo, il treno Diamante che va su e giù per l’Italia per verificare la sicurezza della rete ferroviaria tecnici, sedili, compressori, infatti, tecnologie sofisticate, sporto dei feriti. Bombardataalla creazione delle Ferrovie Sara Panizzon
L’Officina ex Arsenale ai Ferrovieri. Ogni anno fanno manutenzione 40 treni, più altri 250 tra vagoni e locomotori
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A Vicenza c’è un treno speciale. Un convoglio dipinto di giallo e blu che viaggia sui binari dell’alta velocità a orari insoliti raggiungendo anche i 300 chilometri l’ora. Non trasporta passeggeri, bensì un grande laboratorio tecnologico in grado di rilevare anche le più piccole anomalie del sistema ferroviario. Il suo nome è Diamante (acronimo di Diagnostica e manutenzione tecnologica) ed è il treno diagnostico più moderno e sostenibile della flotta di Rete Ferroviaria Italiana. Un prodigio della tecnologia che viaggia in su e giù per la rete italiana a cercare difetti e che nel territorio vicentino ha trovato casa in un luogo che ha segnato la storia del trasporto ferroviario: l’Officina di Manutenzione Ciclica dei treni dell’alta velocità, più nota come Arsenale di Vicenza. Si tratta uno dei luoghi storici delle vecchie Ferrovie dello Stato, raccontato da Giuseppe Lupo, scrittore da sempre attratto dai luoghi industriali, nella sua galleria di racconti sul Sole 24ore. In questo polo vicentino dell’ingegneria ferroviaria, esteso su un’area grande come dieci campi da calcio - come sintetizzano Claudia Cichetti e Giacomo Pagone in un articolo su Fs News - ogni anno si ricoverano 40 treni completi che viaggiano in tutta Italia sulle linee dell’alta velocità, oltre 250 tra vagoni e locomotive, 5mila sale montate, 780 carrelli, in aggiunta a casse di alluminio, ruote e assi, componenti elettriche, apparati gruppi elettrici di trasformazione, distributori, tende, toilette e pannelli. La manutenzione, predittiva e digitale, dei Frecciarossa e degli altri elettrotreni viene svolta secondo parametri rigorosi tutta a vantaggio della sicurezza di chi sul treno viaggia e lavora. L’attività può durare da 7 a 65 giorni dopo i quali i treni tornano a viaggiare sui binari. Nell’Officina, dello Stato, l’amministrazione delle Fs decise di mantenere la riparazione delle locomotive a Verona e di investire su Vicenza per la manutenzione delle carrozze. Si individuò così un’area tra via Cesare Lombroso e la linea ferroviaria Milano - Venezia dove iniziarono i lavori di costruzione di un nuovo impianto, inaugurato il 1° ottobre 1914, con la denominazione “Officina Grandi Riparazioni di Vicenza”. Con l’entrata in guerra dell’Italia nel secondo conflitto mondiale, l’attività dell’officina venne parzialmente modificata. Svolse per alcuni anni le riparazioni di carri militari e l’attuazione di modifiche alle carrozze per adibirle al tradigitalizzazione dei processi ed efficienza energetica sono solo l’ultimo capitolo di una storia iniziata nel lontano 1875 quando a Vicenza, in prossimità della stazione, esisteva un’officina composta da tre capannoni, di cui uno adibito alla riparazione delle locomotive mentre gli altri due erano dedicati alle lavorazioni su carri e carrozze. A inizio Novecento, in seguito nel 1945, quando finirono le ostilità l’Officina fu ricostruita e oggi è composta da due linee: la manutenzione ciclica dei rotabili (arredo, impianti di bordo, sottocassa di carrozze e locomotori) e manutenzione ciclica dei componenti (carrelli, sale montate, dispositivi elettronici e pneumatici). Attività che impiegano una squadra di 370 dipendenti, 70 dei quali specializzati e addetti al reparto torneria. Eredi di una storia iniziata più di un secolo fa, custodi di una manualità invidiata da tutto il mondo, innovatori in grado cogliere nuove sfide per rendere Vicenza e l’Officina uno snodo nevralgico della mobilità ferroviaria del futuro.
Economia
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E siste un delirio che interferisce sempre più nelle nostre vite: è quello dell’informatizzazione dei processi. Di che parliamo? Del fatto che la bontà o meno di un creditore, la fedeltà o meno di un contribuente siano stabilite non attraverso l’esame analitico della sua posizione, ma in base ad algoritmi la cui applicazione automatica è sempre più determinante e insindacabile. Banche, assicurazioni, pubblica amministrazione, enti pubblici trovano nella standardizzazione dei processi e nella loro automazione buone occasioni per ridurre grandemente i costi, diminuire gli organici, applicare norme sia nazionali che comunitarie. Questo sembrerebbe essere un bene ma, ahimè, non è sempre così. ne massiva passa attraverso l’obliterazione di tutto ciò che non sia, per l’appunto, standard.Facciamo un esempio: un cliente cede alla banca, che lo anticipa, un credito rappresentato da una ricevuta bancaria scadente il 30 giugno per un importo pari al 50% dell’affidamento goduto. Se il debitore ceduto non paga la ricevuta, ma consegna al creditore un paio di giorni prima della scadenza un proprio assegno a totale copertura del dovuto e tale assegno venga versato il 30 giugno ne conseguirà che non solo il nominativo del debitore finirà in una black list di impresentabili, ma il povero creditore vedrà il suo rating interno danneggiato a causa del fatto che il sistema gli attribuirà una percentuale dei fidi e dei rapporti con gli istituti di Operarecredito.ineccezione rispetto alle valutazioni automatiche della procedura è impossibile; per quanto ci si possa sforzare la macchia rimarrà. Si dirà: sono casi limite. Purtroppo il mare magnum della casistica d’eccezione è impressionante anche senza affidamento, con gravi impatti sul rapporto con la banca e sul pricing attribuito. Nei fatti né il primo né il secondo soggetto sono venuti meno alle loro reciproche obbligazioni, tuttavia l’automatismo di sistema li farà percepire al mondo intero come personaggi di reputazione dubbia, con riverberi pesanti Chi controlla l’algoritmo? Chi interverrà per dirgli “Stavolta hai preso una cantonata?”. Nessuno.Nonè un caso che molti preoccupati analisti stiano alzando la voce sul punto, indicando proprio nel delirio algoritmico un ulteriore freno alla nostra già asfittica economia, perché chi viene espulso dallo standard di processo (o ne viene marchiato) ha come unica alternativa quella di migrare, suo malgrado, verso forme grigie di finanziamento, pronto ad essere preda ambita di malavita e usurai. Si può essere segnalati a sofferenza per 100 pur vantando un credito triplo o quadruplo nei confronti del segnalante e i rimedi solo esclusivamente giudiziali e, quindi, tardivi. Errori? Certo, ce ne sono a bizzeffe. Ma chi pagherà per essi? Appare chiaro che le conseguenze negative della delega massiva all’informatizzazione dei sistemi regala più danni (a molti) dei vantaggi che crea (per pochi).
Quando l’algoritmo rovina la reputazione
Ormai la bontà di creditori o debitori non si valuta più attraverso la loro posizione reale ma in base a sistemi matematici che sono artificiosi L’algoritmo è come un buco nero che attrae le nostre vita
Tecnologia
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& Vita
Le contraddizioni del sistema. L’utilizzo massiccio dell’informatica può portare a paradossi anche senza colpe
Nella realtà tale automazio- d’insoluti pari al 50% del suo sommarvi gli errori grossolani.anche solo sul mantenimento Giuseppe de Concini
www.ilvicenza.com16 Enogastronomia
Il locale. A Valle di Lusiana un ristorante poco noto ma interessante: i due giovani si alternano in cucina e in sala Felù, un piccolo tesoro nascosto in Valle C orsi e ricorsi della Storia. A Valle di Sopra, che nonostante il nome è assai più in basso di Lusiana, tant’è che fate prima ad arrivarci da Lugo senza salire al paese, c’è un luogo che è tornato a vivere brillantemente. E che ripercorre una storia che allunga le radici fino a trent’anni fa. Si tratta del ristorante Felù, gestito da Federica Sole, 36 anni, e Luca Scabio, 30 anni. Il posto è curioso per molti motivi. Prima di tutto perché trent’anni fa era gestito da Francesco Dal Santo e sua moglie Agnese, che, dopo essere passati per Grumolo Pedemonte, hanno aperto con successo “Opera Terza” a Zanè. Francesco è cuoco d’esperienza e di capacità, dalla È stato lui a seguire e consigliare Luca Scabio, giovane di Zanè che poco meno due anni fa, in piena pandemia, ha fatto rivivere il locale a Valle di Lusiana assieme alla socia (non sono né fidanzati né sposati) Federica Sole. Il nome del locale, Felù, è l’acronimo delle iniziali dei loro nomi. La seconda caratteristica è che i due cuochi si alternano nei ruoli. Per due mesi l’uno cucina e l’altra governa la sala, per altri due mesi i ruoli si invertono. Se non è l’unico caso di questo genere, trovatene voi un altro perché a me nell’alta cucina non viene in mente. Questi ultimi due sono i mesi in cui cucina Luca, e va subito detto che ha una mano felice. te Felù riguarda il lavoro di restauro e arredo del locale, che ha aperto nel piano interrrato un dehors sicuramente fresco nelle sere d’estate. E veniamo alla cucina. Forte di esperienze a Parigi e in Francia dopo l’istituto alberghiero, Luca Scabio dimostra intelligenza e vivacità. La sua cucina pesca nel territorio con felici rivisitazioni. Prendete il risotto al curaçao: è molto pittoresco, perché appare un chito di sapori e profumi grazie anche ai gamberi crudi, alle uova di lompo (se volete c’è anche il caviale, ma non ha lo stesso prezzo) e il cedro. Da assaggiare la tartare affumicata di scamone, molto curiosa, servita sotto una campana assieme a un uovo all’occhio di bue e al porro fritto. L’anatra è tonnata è un piatto non solo simpatico per il gioco di parole ma anche interessante per i gusti che abI loro piatti rivisitano la tradizione con vivacità e gusto contemporaneo. Il risotto al blu di curaçao, la tartare affumicata di scamone, l’anatra è tonnata ne sono esempi eloquenti I due cuochi Luca Scabio e Federica Sole e il Risottoloro al blu di curaçao tonnata, l’emulsione d’arancia, pomodorini e la brunoise di cetriolo e cipolla rossa. Due menzioni: una per la carta dei vini intelligente, che dal territorio si allarga fino alla Sicilia (terra d’origine della messinese Federica) e alla Francia, specie alla Champagne.L’altra citazione è per Giorgia Marcon in sala, che cura un servizio sorridente e professionale. cucina genuina e interessante. Il terzo aspetto del ristoran- piatto di riso blu, ma è arric- bina: il petto d’anatra, la salsa Antonio Di Lorenzo
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Un primo piano di Manuel Righele e la copertina del suo libro Libri strappata da un libro giudicato pericoloso il cui autore si è reso latitante fuggendo nel Sincroverso. A trafugare la pagina sono la sottosegretaria al commercio, Madama Capio e il suo perfido consigliere Delitte, che non esisteranno a rapire e uccidere pur di raggiungere il loro scopo. E qual è il loro scopo? Ha a che fare con il ritrovamento di un certo tesoro. D’altronde, “L’isola del tesoro” è uno dei miei romanzi del cuore. Perché ha ambientato la storia in un mondo fantastico? Perché è difficile notare quel che abbiamo sotto gli occhi tutti i giorni. Volevo riorganizzare in un mondo fantastico gli elementi della nostra una prospettiva diversa. È un modo di fare satira sulla nostra realtà, distorcendola con la lente della parodia, della comicità.
Poliedrico come il suo autore, il romanzo resiste all’etichettatura di genere. Fantasmi, oggetti magici e anche un tesoro sono mitigati dall’umorismo. È anche citata la risposta a tutte le domande: naturalmente è 42 dandomi di professionisti che lavorano anche per grandi editori, come Tommaso Ronda, ad esempio, illustratore di alcune collane di Geronimo Stilton. Quando gli editori hanno visto che veniva apprezzato da migliaia di persone si sono fatti avanti. Ha un figlio adolescente: anche lui è appassionato del genere fantasy? È onnivoro. Ma è stato lui il mio primo pubblico per “Un maledetto lavoro”: le sue reazioni mi hanno fatto da guida nello sviluppo del romanzo. Mi suggeriva cosa cambiare, cosa aggiungere. Nel libro si parla di Sincroverso. Cos’è? Il Sincroverso è una risposta alle dispute degli appassionati della Marvel sul Multiverso, dei detrattori di Christopher Nolan e del suo Interstellar, raccoglie le questioni sui viaggi nel tempo e il tema dalla fisica quantistica e dello spaziotempo. Il Sincroverso è la risposta. Ed è, naturalmente, 42. Come risponde il computer della “Guida” di Adams.
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Da dove le è venuta l’idea del libro? L’idea è nata dal desiderio di mettere in evidenza le contraddizioni dei nostri costumi: la costruzione di muri per proteggere la libertà, per esempio, o l’invio di armi per l’immediato cessate il fuoco. C’è qualche autore che per lei è stato fonte d’ispirazione? Sono stati significativi gli inStefano Benni, “Libera Nos a Malo” di Meneghello e “Guida intergalattica per autostoppisti” di Douglas Adams, ma l’autore cui sono più legato è Terry Pratchett, maestro del genere fantasy. Il libro è un progetto editoriale che ha curato lei, non un editore. Perché? Perché era di difficile collocazione nel mercato. Aveva gli elementi del thriller, ma non era un thriller, quelli del fantasy, ma non era un fantasy ed era un libro umoristico. Così ho curato personalmente il cerca di una misteriosa pagina Stefania Martinicultura così da mostrarli da contri giovanili con “Terra” di progetto editoriale, circon-
D ialoghi filosofici e surreali, una trama che si snoda tra mondi paralleli abitati da maghi eccentrici, crudeli funzionari governativi e eroi pasticcioni, uno stile fresco e divertente: questi sono gli ingredienti di “Un maledetto lavoro”, primo romanzo di Manuel Righele, 47 anni, residente a Isola Vicentina, formatore nel settore della comunicazione e blogger. Poliedrico come il suo autore, il romanzo resiste all’etichettatura di genere. Il tono epico evocato da atmosfere alla Harry Potter, popolato da fantasmi, oggetti magici e misteriose botteghe, è sempre mitigato dall’umorismo e da un chiaro intento ironico. A quale maledetto lavoro si riferisce il libro? È una storia che narra di segreti, di intrighi e omicidi in un mondo surreale in cui si muovono personaggi reali e fantastici. Nella città di Magna-Polis l’antiquario Ardo Tempus e il suo amico Stregonus, un mago burbero e un po’ imbranato, partono alla riIl romanzo. Manuel Righele debutta con un libro che è un fantasy, un thriller ma sa anche ironizzare sulla nostra vita È un “maledetto lavoro” ma è divertente
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Piovan adesso si trova a Venezia: sta “dialogando” con san Giorgio (e il suo cavallo) all’interno della scuola dalmata, nel sestiere di Castello, agli Schiavoni. È un’opera di Vittore Carpaccio che qui, agli inizi del 1500, ha consegnato un ciclo di teleri sulla storia di san Giorgio che sconfigge il Valentinadrago.haancora negli occhi lo splendore della cena di San Gregorio Magno di Paotuario di Monte Berico, che ha finito di restaurare grazie alla generosità di Intesa Sanpaolo ma soprattutto alla sua infaticabile dedizione, che l’ha vista impegnata intensamente per tre anni, specie negli ultimi otto mesi, sostenuta dal suo team. I lavori erano stati avviati ancora nel lontano ottobre 2019, ma poi la pandemia ha fatto sballare tutta la tempistica e si è arrivati allo scorso fine maggio e alla presentazione ufficiale il 10 giugno scorso, festa della città.
P er gli amici è Vale Giotto, all’anagrafe è Valentina Piovan, 54 anni, di Padova. Ha un privilegio che moltissimi le invidiano: guardare negli occhi, a pochi centimetri, i molti volti di papi, re e regine del passato, ma anche di altrettante teste non coronate, riprodotti dai grandi e insuperabili pittori. Si parte da Giotto (da cui il soprannome) per arrivare a Tiepolo, Veronese, Bellini, Canaletto, Tiziano, Maffei… con una lunga schiera di grandi maestri che stupiscono il mondo. È una restauratrice. È Il suo lavoro, o meglio, la sua appassionante missione. L’ha avviata giovanissima sulla strada di recuperare emozioni velate dal tempo il padre Valter Piovan, padovano, professionista molto apprezzato e ambito dal mondo del restauroValentinaitaliano.
“È stata un’impresa faticosissima: muoversi su una superficie di 40 metri quadrati e andare a ritoccare la singola pennellata è stato molto impegnativo. Soprattutto ci veniva chiesto di mantenere una costante tensione e concentrazione per andare a cercare e, quindi, a restituire il valore cromatico espresso in origine dal Veronese e dalla sua scuola nel 1572”.
Ora la tela, sottolinea Valentina Piovan, si presenta con la primitiva gamma cromatica vivace e distintiva di Paolo Veronese, accompagnata dalla sapiente e continua combinazione di luci e ombre, con l’ardita giustapposizione delle campiture di colore dove si possono distinguere anche le singole pennellate, particolarmente apprezzabili nei dettache nel giugno del 1848 lo hanno lacerato in ben 32 strisce, nella speranza di portarsi a casa non solo un souvenir dall’Italia, ma anche un triste bottino di guerra. Progetto scellerato poi fortunatamente naufragato con tanto di pentimento riparatore da parte dell’imperatore.“Holavorato benissimo a Vicenza e mi sono trovato in piena sintonia con i miei interlocutori istituzionali” commenta Piovan. Così come si trova a suo agio a Padova, dove le hanno affidato a suo tempo il restauro e ora la continua e annuale manutenzione del ciclo giottesco degli Scrovegni.
Per capire le tecniche adottate, ma soprattutto il clima culturale e il contesto artistico in cui ha operato Paolo Caliari, detto il Veronese, primario esponente del Rinascimento italiano e, insieme a Tiziano e al Tintoretto, della pittura veneziana cinquecentesca, sono stati imprescindibili la ricerca documentale e lo studio della tecnica esecutiva. Il che ha permesso di intervenire sulla grande opera con l’obiettivo di riportare la tela ad uno stato quanto più vicino all’originale.La grande cena, com’è noto, ha una storia travagliata e ha dovuto affrontare lo scempio lute, chiediamo come sta il nostro incommensurabile patrimonio artistico italiano e vicentino? Per la restauratrice padovana, la sfida è conciliare la manutenzione con il godimento delle opere. Ovvero: musei, istituzioni, privati, devono trovare il giusto equilibrio tra l’utilizzo espositivo delle opere, fonte innegabile di risorse sempre necessarie, e la loro manutenzione e conservazione. Talvolta, osserva Piovan, questo rapporto appare sbilanciato a favore del business. La fragilità di certi capolavori, però, non ammette deroghe e tutti ne dobbiamo essere lucidamente convinti. Il capolavoro di Paolo Caliari al santuario è tornato letteralmente a splendere perché ha riacquistato colori e luce originali. “È un lavoro di grande studio, tensione e concentrazione. Ho lavorato benissimo a Vicenza”. Ora sta resturando un Carpaccio a Venezia Valentina Piovan al lavoro a Monte Berico sulla tela del Veronese e un suo primo piano lo Veronese custodito nel san- gli dei volti e sui panneggi. Per finire, in quanto a sa-delle soldataglie austriache Silvio Scacco
www.ilvicenza.com 23Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario Il personaggio. Valentina Piovan, restauratrice di rango, è la protagonista della rinascita della “Cena” a Monte Berico Dà del “tu” a Tiepolo e a Veronese
Arte
www.ilvicenza.com24 Palazzo Chiericati. Anni di fatica per Giovanni Villa (curatore), Margaret Binotto e Manuela Barausse: ora c’è il libro
I protagonisti della storia del museo all’inaugurazione della prima raccolta nel 1855, passando per l’incredibile vicenda della cacciata di Antonio Magrini, primo direttore, prendendo a pretesto un po’ di legna che s’era portato a casa e arriva attraversando due secoli fino al 1975. Non si tocca la gestione di Fernando Rigon, che inizierà nel 1983. Il libro, pubblicato da Silvana editoriale, grazie alla Fondazione Roi e al Comune, è importantissimo perché delinea un pezzo di storia di Vicenza che finora non era stato mai indagato. E, in più, ci sono anche le fotografie dei protagonisti, quasi un centinaio, che illuminano i volti di chi ha fornito il suo contributo alla vita culturale di Vicenza
Le due autrici, Margaret Binotto e Manuela Barausse, e la copertina del volume sulla storia del museo civico nell’arco di quasi due secoli.ria del museo dalle origini fino deputato di Vicenza assassi- Giulio Fasolo, la cui unica foto editato gli altri volumi.
C ’è una lunga storia nel libro “Museo civico, storia di un’istituzione, statuti e regolamenti, inventario dell’archivio”, firmato da Giovanni Carlo Federico Villa, già responsabile dei musei vicentini sino al 2018 e ora direttore del museo di palazzo Madama a Torino, da Manuela Barausse e Margaret Binotto. Archivista la prima, storica dell’arte la seconda, hanno dedicato alla storia del museo vicentino un impegno che dura da due decenni, visto che questo è appunto il dodicesimo volume di una serie iniziata per volontà di Giuseppe “Boso” Roi nel 2003, finanziata attraverso la fondazione che porta il suo nome.Ilvolume
Per la prima volta anche una raccolta importante di immagini degli artefici nel volume sulla storia del “civico”.
ripercorre la sto-
Esplorate vicende talvolta paradossali, come quella del primo direttore che fu mandato via per invidia e con accuse dimostratesi infondate.
Cultura
Scorrono davanti agli occhi i volti di Leonardo Trissino che nel 1834 inaugura la prima sede della pinacoteca dov’è ora l’aula magna del liceo Pigafetta a San Marcello; dello stesso Magrini (autore della prima biografia di Palladio) che inaugurò la sede di palazzo Trissino nell’agosto 1855, nello stesso anno e nello stesso mese in cui i francesi si inventavano la classificazione dei vini “Cru Classé” che resiste ancora oggi ed è un riferimento per tutto il mondo. Via via scorrono le immagini di Jacopo Cabianca, intellettuale di alta levatura nell’Ottocento, purtroppo oggi solo ricordato per l’oscura contrà del centro; e poi di Luigi Meschinelli, di Antonio Piccoli, nato dai fascisti spinto giù dal treno a Reggio Calabria, fino al Novecento con Arpalice Cuman Pertile, Neri Pozza, Angelo Carlo Festa, Giuseppe Faggin, l’indimenticato Enrico Niccolini. E poi Aldo Allegranzi, Giulio Vescovi, già comandante partigiano, Vittoria Rossi, prima donna di Vicenza a essere nominata vicesindaco quando faceva parte del Pri di Gigi Costa, Tina Merlin (sì, la giornalista che denunciò il rischio del Vajont visse per alcuni anni a Vicenza nei primi Settanta), Aristide Dani, Giuseppe Sottil, Galliano Rosset e la lista è ancora assai incompleta.Tra le figure dei direttori, emergono quelle di Domenico Peterlin, Eraclio Minozzi, disponibile è quella con la maglia biancorossa perché fu giocatore del Vicenza calcio; e poi Filippo Nereo Vignola (peraltro veronese), Antonio Marco Dalla Pozza, che oltre a reggere la biblioteca guidò anche il museo civico, Licisco Magagnato, Franco Barbieri e Gino Barioli che lo guidò sino agli anni Settanta del Novecento.Tra i presidenti e i componenti delle commissioni di gestione, nella “vertigine della lista” vanno ricordati Bernardo Morsolin, Domenico Bortolan, Sebastiano Rumor (tutti e tre sacerdoti), nel dopoguerra Guglielmo Cappelletti, fondatore della Bertoliana come consorzio e del Centro di architettura “Palladio”, Alvise da Schio, Riccardo Vicari e Mario Michelon, indimenticato presidente del museo del Risorgimento per moltissimi anni. È una storia importante quella che emerge dalle pagine di questo lavoro: “L’inventario dei documenti - spiega Margaret Binotto - esito di un’operazione delicata e complessa compiuta da Manuela Barausse, oltre a essere interamente pubblicato e commentato nella seconda parte del catalogo, diventa accessibile perché tutti i contenuti del fondo archivistico sono stati informatizzati e riversati nel portale degli archivi della Bertoliana, dove si può consultare anche il libro”. Chi scrive, e penso moltissimi altri vicentini, resta in attesa del libro stampato. Impresa forse difficile per tutti i problemi che le sono piovuti in capo, ma sicuramente alla portata della Fondazione Roi che ha
La corsa prevede quattro frazioni a distanze progressive, dai 100 ai 400 metri. Fino a due anni fa Filippo fa giocava a calcio, poi ha scoperto che realizzava tempi straordinari. Merito, paradossalmente, del covid che l’ha portato all’atletica Filippo Padovan assieme a Marcel Jacobs, il suo idolo. Il padre di Jacobs ha lavorato alla caserma Ederle a
Il personaggio. Ha 17 anni e ha vinto il titolo continentale nella staffetta progressiva. Adesso pensa alla matematica È il velocista Padovan il nuovo Jacobs
www.ilvicenza.com 25Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario
L ’oro europeo nella staffetta progressiva (specialità che si corre su distanze crescenti per ogni frazionista, dai 100 ai 400 metri) degli azzurri under 18 a luglio è anche merito dei suoi 200 metri. E se a Filippo Padovan, da Monticello Conte Otto con vigore, prima della pandemia avessero raccontato questa storia si sarebbe fatto una grassa risata: nel 2019 giocava a calcio e l’atletica leggera l’aveva incrociata per sbaglio alle scuole medie. Ma la vita a volte ti sorprende e nel caso di Filippo il covid è stato paradossalmente una manna dal cielo. A inizio 2020, cioé a 14 anni, è chiuso in casa: come tanti, sta cercando di dare un senso a quello che succede là fuori. Sa solo che a scuola, per un po’, non ci andrà più e pure il suo amato calcio dovrà aspettare. A maggio sa che l’anno scolastico finirà in “dad” e che gli sport di squadra dovranno pazientare. Ma a Filippo non piace stare con le gambe incrociate; quindi prende e va a sciogliersi le ginocchia al campo scuola di via Rosmini. La corsa gli piace e si iscrive all’Atletica Vicentina cominciando a stampare sul tabellino tempi che non passano inosservati per un quattordicenne. Sedici anni e campione europeo. Che effetto fa? Incredibile. Correre per la propria nazione in terra straniera, a Gerusalemme, davanti a quel pubblico è indescrivibile. Ah, ormai ne ho compiuti 17 il 1° agosto. Chi avete battuto? Estonia, Svizzera, Gran Bretagna e Norvegia. Vittoria facile o sudata? Ci siamo smarcati nel finale ma per il resto siamo rimasti sempre testa a testa con gli altri concorrenti. Prima volta per una gara all’estero? Sì. È stato emozionante, in tutti i sensi. Eravamo in un hotel di Gerusalemme collocato in una zona non proprio sicura. Dalla camera si sentivano gli spari giù in strada, notte e giorno. Almeno eravamo scortati dalla polizia ma nessuno poteva lasciare l’albergo. Com’è arrivato a questo risultato? Grazie ad un team formidabile, alla voglia di vincere ma soprattutto ai cinque allenamenti settimanali per i quali devo ringraziare Barbara Lah, oggi allenatrice, ex atleta olimpica di salto triplo, che da ormai due anni mi segue.
Quando ha capito di avere la stoffa del campione? Forse quando ho vinto l’oro italiano nei 60 metri indoor. Venendo dal mondo del calcio non mi rendevo conto dei tempi che facevo: per me erano numeri su un tabellino. E Filippo cosa fa quando non corre? Studio. A settembre sarò in quarta al Canova, se recupero matematica. Non riesco a farmela piacere. Che progetti ha per il futuro? Voglio vivere di ciò che amo, la corsa. Spero di riuscire ad entrare nelle forze armate in modo da potermi mantenere e continuare a correre. Si sente pronto? Alla sua età si cambia idea dalla mattina alla sera. Mai stato più convinto in vita mia. Sento di avere il potenziale da sviluppare. Ma devo andare con calma perché il fisico a 17 anni non è ancora pronto per la palestra e il potenziamento. Ci arriverò. E a casa che dicono? Tutti felicissimi chiaramente. Ma la persona che più ha gioito è stato il mio tifoso numero uno, il nonno paterno, Placido. Nel 1968 è stato campione italiano di lotta greco romana ed è lui che mi porta ogni giorno agli allenamenti. Il suo idolo oltre al nonno? Marcel Jacobs, l’ho incontrato già un paio di volte e so di voler diventare come lui. Roberto Meneghini Sport
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Nunzio Malasomma e con recitava uno dei protagonisti ro, o quasi, ad essere ahimè a
Un’immagine di Arturo Rossato, il libro recente “Basso continuo” che ne traccia la biografia e ne riporta un inedito e la copertina della “Nina” • Chi è Oreste Palmero Oreste Palmiero è bibliotecario, archivista, musicista e storico della musica. Ha pubblicato diversi libri con l’Accademia Olimpica e lavora alla “Bertoliana” della commedia), sta tutta nell’ innegabile abilità della penna dei suoi autori: anzi, direi del suo principale autore, il vicentino Arturo Rossato, dato che l’apporto di Gian Capo, al secolo Giovanni Capodivacca, si limitò al solo terzo atto, approntato sulla sceneggiatura già predisposta dal collega. Mordace giornalista, fecondo librettista, brillante autore di teatro Arturo Rossato fu compagno della prima ora di Mussolini sia all’Avanti che a “Il popolo d’Italia”, salvo poi rivendicare orgogliosamente la propria libertà intellettuale nel corso del ventennio. Combatté tenacemente l’ostracismo fascista all’uso del dialetto, arrivando alla grande notorietà fatalmente proprio grazie alla Nina, unico lavocondario al successo della commedia è da ascrivere anche ad Enrico Giachetti: fratello del noto capocomico Fosco, questo musicista fiorentinocome scriverà Rossato - “dal viso di fraticello ed ammalato di Venezia”, rivestì il copione di semplici e orecchiabilissime note (“piccole carezzevoli musiche di vecchio stile” le definì Renato Simoni) che ben presto la gente mandò a memoria e cominciò a far sue: “Nina, no far la stupida/ come le tortorele./ Meti da banda i scrupoli,/ pensa a le cose bele” si cantava disinvoltamente per le strade… E proprio a questa celebre canzonetta, diventata un vero e proprio tormentone, è associato un divertente aneddoto riportato da Gian Antonio Cibotto. Accadde la sera in cui Giachetti, indisposto, fu sostituito da un attore non meno valente, il timido Bratti. All’istante di attaccare il ritornello di “Nina, no far la stupida”, Bratti, visibilmente emozionato, invece di chiamare in causa le “tortorele”, recitò “come le rondinele”. Al che, un attore malizioso non resistette alla tentazione di commentare ad alta voce: “Ciò, stasera el maestro ga cambià de oselo”. Venne giù il teatro, fra uno scroscio di risate a non finire. Il caro e vecchio teatro era anche questo. Oreste Palmiero lui associato dai posteri che, ancor oggi, perlopiù ignorano la pur vasta e qualificata sua produzione artistica. Destino, come si sa, comune a molti altri artisti. Comunque, per chi volesse approfondire la sua figura e la produzione letteraria rimando alla recente pubblicazione di un suo gustosissimo inedito curata da chi scrive (“Basso ostinato. Romanzo musicale”, SEdM, 2019). Ma un contributo non se-
Il personaggio. Arturo Rossato scrisse questo testo che cento anni fa iniziò la sua fortunata vita a teatro e poi al cinema
Autore teatrale, mordace giornalista, grande librettista, Rossato all’Avanti fu compagno di scrivania di Benito Mussolini, dal quale in seguito prese le distanze
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Fu l’autore di “Nina, non far la stupida”
E ra il 29 agosto di cento anni fa quando, in un bel teatro liberty di Salsomaggiore, al cospetto di un folto e selezionato numero di ospiti della rinomata stazione termale, la compagnia veneziana di Gianfranco Giachetti metteva in scena per la prima volta “Nina no far la stupida!”, commedia in tre atti di Arturo Rossato e Gian Capo. Perché, a distanza di un secolo, ricordare questo particolare evento? Perché nessuno, e prima di tutto i suoi autori, si sarebbero aspettati che questa commedia musicale, da loro stessi definita “vecchiotta ed arzilla”, sarebbe diventata il maggior successo teatrale in dialetto di tutto il Novecento: si pensi che, a poco più di tre anni dalla prima, poteva vantare già più di mille repliche; nella sola Milano, dove venne presentata a qualche mese dal debutto emiliano, la Nina ebbe due anni di repliche. In alcune città, addirittura, erano più compagnie a metterla in scena contemporaneamente, tant’era alta la richiesta da parte di pubblico e impresari e tanto assicurato l’incasso al botteghino.Dopoquindici anni di trionfali rappresentazioni in tutta Italia, anche il grande schermo si accorse della vasta portata di questo fenomeno teatrale, assicurandosene i diritti di riproduzione cinematografica: nel 1937, con la regia di Paola Borboni, Nino Besozzi e Cesco Baseggio fra gli interpreti, il film fece infatti la sua comparsa nelle sale italiane, dando ancor più popolarità alle già familiari vicende del maestro Buganza, del sior Todaro e di sua nipote Nina. La forza di un successo di tali proporzioni, verificatosi in un momento storico in cui certamente la gente sentiva forte il bisogno di svago e di leggerezza (Ti xe bela, ti xe zovane,/ ti xe fresca come un fior/ vien per tuti le so lagrime/ ridi adesso e fa Vicentinil’amor, illustri di un tempo
della nostra banda i tre scalini della casa del numero civico 1, ancora esistente. Lì si giocava a figurine, a briscola, a sette e mezzo; nel marciapiede davanti ci si dilettava a disputare gare accanite con i coperchietti delle bibite imbottiti di stucco su cui postavamo la faccia del nostro corridore preferito. Il mio campione era Gastone Nencini, vincitore di Giro e Tour. Ma la nostra fortuna era che stavamo a un tiro di schioppo da Campo Marzo dove potevamo sbizzarrirci a giocare a calcio, imperator ludorum. Eravamo in tantissimi, legati dall’abitare nello stesso quartiere e dalla voglia di giocare. La cosa più drammatica era quando il pallone terminava nel Retrone. Avevamo imparato a tirar fuori dall’acqua la palla, la cui perdita sarebbe stata una disgrazia irreparabile. Male che andava, correvamo lungo l’argine dello stadio e nella strettoia il pallone era riabbrancato: non ne abbiamo mai perso uno. Campo Marzo era allora come il Prater, maestosamente alberato e ricco di prati che ci aspettavano giocosi. Noi dei Servi contro S. Caterina o contro quelli del Duomo. Che lotte! I pali erano costituiti da due alberoni, oggi tagliati; La Vicenza di ieri Erano un classico le partite fra la parrocchia dei Servi e quella di Santa Caterina o del Duomo. Quando la palla finiva nel Retrone era un guaio recuperarla. Le giostre ci portavano via lo spazio: ma eravamo risarciti dai pallini dei fucili che raccoglievamo e vendevamo a Sorio.
Paal”, meraviglioso libro della vita. Ecco: il Campo Marzo per noi era il campo di Boka e di Nemecsek e, se fosse stato necessario, avremmo dato la vita per esso. Quando arrivavano le giostre o il circo, ci sentivamo usurpati nei nostri diritti, salvo raccogliere da terra i baini da sc-iopo che vendevamo al ferramenta Sorio per raggranellare quattro soldi per il gelato. Qualche tempo fa è uscito sul giornale la storia di Luciano ti a segnare la porta. Il comico erano i tiri alti: per gli uni era gol, per gli avversari era fuori o troppo alto. Finiva sempre in baruffa. Fare il paragone con oggi è come sparare sulla Croce Rossa: si oscilla tra la tristezza e la rabbia. Il nostro sacro campo è relegato a luogo di passeggio e di defecazione dei cani.
La testimonianza. Come pali gli alberi e non esisteva traversa: finiva a botte per decidere se la squadra avesse fatto gol Noi bambini delle “bande” in centro giocavamo a calcio in Campo Marzo
• Chi è Roberto Pellizzaro Professore di latino e greco, scrittore di libri su Vicenza e i suoi personaggi è stato un giocatore di pallacanestro e adesso anche un dirigente di società di basket.
Caldieraro, che ha chiamato i carabinieri perché soffriva di solitudine. Nato e cresciuto a Porton del Luzzo, a fianco della casa di Fernando Bandini e di Enzo Pancera e davanti alla mia, Luciano detto Kanke era uno del nostro gruppo. Era un ragazzo sfortunato. Dopo sessant’anni, letta la notizia, mi ha fatto un grande piacere andare a ritrovarlo. È a lui che dedico queste poche note. Roberto Pellizzaro altrimenti si usavano i cappot-stoli avevamo eletto come sede Lessi allora “I ragazzi della via
Un’immagine aerea di Campo Marzo negli anni Cinquanta e i giovani calciatori di quegli anni: da sinistra Luciano Parolin, Franco Berton e Roberto Pellizzaro S ono nato nell’immediato dopoguerra e il primo anno di cui porto ricordo indelebile è il 1956, quando ero uno scolaro tra la seconda e terza elementare. In luglio naufragò l’Andrea Doria, in agosto avvenne la tragedia di Marcinelle. Al giro d’Italia assistetti per televisione alla tappa più epica di tutti i tempi: la tempesta di neve sul Bondone in pieno giugno, quando vinse Charly Gaul, mio nuovo idolo. In Ungheria l’esercito sovietico invase lo Stato magiaro. Le poche immagini che ci pervenivano erano di una violenza terrificante. L’imbattibile squadra di calcio della Honved si squagliò e moltissimi calciatori famosi scapparono: il migliore di tutti, Ferenc Puskas, finì al Real Madrid diventando spagnolo. Ma il ricordo più nitido è legato alla banda di compagni della mia fanciullezza. Allora le parrocchie del centro erano affollatissime. Il boom delle periferie sarebbe nato con gli anni sessanta/settanta. Appartenevo alla parrocchia dei Servi sul cui campetto di S. Nicola (ora un parcheggio) si giocava a pallacanestro: ma giocare a basket da piccoli non era divertente. In piazzetta santi Apo-
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#Regione
I n questi anni quali risultati sono stati ottenuti per il territorio? Il primo risultato tangibile è la riduzione delle delle tasse: meno 8 miliardi nella scorsa Legge di Bilancio. Ora si deve proseguire in questa direzione, è la priorità. Nel corso dell’emergenza sanitaria abbiamo sostenuto la linea della ripartenza in sicurezza, spingendo affinché gli indennizzi alle imprese fossero legati ai fatturati persi. E, ancora, abbiamo ottenuto dal Governo 65 milioni di risorse per la Strada regionale 10 (tratto Carceri-Borgo Veneto); i fondi per il turismo e il comparto termale (500 milioni alle imprese turistiche dal PNRR e altri 98 milioni per la digitalizzazione delle agenzie di viaggio e tour operator); 8,7 milioni di risorse dal PNRR per la sanità nel Conselvano, i fondi per la Tav Brescia Padova e l’inserimento dello studio di fattibilità dell’Alta velocità Padova-Bologna e della linea Piove di Sacco e Chioggia (“treno del mare”) nei piani di Governo e Ferrovie. Qual è il vostro ruolo all’interno della coalizione di centrodestra? Siamo il vero Centro ancorato con forza ai valori cristiani e cattolici. Siamo custodi di principi che rappresentano un “bagaglio” che ci serve oggi per guardare avanti e costruire il futuro della nostra Nazione: tutela della vita, difesa della famiglia, sostegno alla piccola media impresa, senza mai dimenticare i soggetti più fragili come anziani e persone con disabilità.
Il Punto Gli indifferenti di Antonio Di Lorenzo È uno dei leader del tavolo nazionale del Centrodestra, oltre che senatore Questore a Palazzo Madama (grazie a lui Palazzo Madama ha risparmiato oltre 344 milioni di euro), ma ciò che contraddistingue più di tutto Antonio De Poli è il suo forte legame con il Veneto. Quando lo intervistiamo è sul treno diretto a Padova: “Rientro fra la mia gente, nella mia comunità che, per me, è un punto di riferimento. Non esiste politica senza la polis che è alla radice di tutto. Il territorio viene prima di tutto: in testa alla nostra agenda per il futuro del Paese: taglio delle tasse, autonomia del Veneto e politiche sociali. Con il Centrodestra al Governo, volteremo pagina”. S enatore, la prima sfida è quella di vincere l’astensionismo, quale il suo appello? Il vero nemico da combattere non è la sinistra, ridotta ad un’armata brancaleone, ma l’astensionismo. È indispensabile andare a votare per scegliere il futuro dell’Italia. Questo è il momento per dare al Paese un esecutivo forte e coeso. L’elettorato moderato giocherà un ruolo fondamentale. Mettiamo al centro i contenuti e i programmi. Come intendete affrontare emergenze concrete come l’aumento dei costi che ricadono sulle famiglie e sulle imprese? Il 25 settembre si confronteranno due visioni della Nazione: quella della sinistra che vuole la patrimoniale e quella del Centrodestra, la nostra, che invece vuole tagliare le tasse. La nostra proposta è il taglio dell’IVA sui beni di prima necessità come pane pasta latte frutta e verdura e di utilizzare le risorse del reddito di cittadinanza (9 miliardi all’anno) per tagliare il cuneo fiscale e lasciare così più soldi in busta paga ai lavoratori e per assicurare più risorse alle politiche sociali destinate agli anziani (le nostre mamme e i nostri papà) e alle persone non autosufficienti. Dal Pnrr stanno arrivando importanti risorse, come usarle al meglio? Bisogna “metterle a terra” nei territori e, per farlo, è indispensabile sciogliere il nodo dell’incremento del costo delle materie prime delle imprese per consentire ai cantieri di lavorare e rispettare scadenze e obiettivi del PNRR. Per quanto riguarda la partita dell’autonomia? È uno dei punti prioritari del programma. Basta con i muri e con le resistenze di Movimento Cinque stelle e Pd. Con il Centrodestra al Governo voltiamo pagina. Pronti a dare risposte ai 2,3 milioni di veneti che hanno votato il referendum e ad approvare la riforma per l’autonomia del Veneto.
C’è un fantasma con cui si devono fare i conti alle prossime elezioni. Tutti lo vedono, ma nessuno riesce a esorcizzarlo. E lui se ne va in giro, sarcastico, agitando metaforiche catene, impaurendo senza benevolenza a differenza del fantasma di Canterville. Lo spettro si chiama astensione. È il vero nemico dei partiti, molto più di un avversario politico. Le cifre parlano chiaro: il numero di chi non va a votare è altissimo, anche nel Veneto. Sostanzialmente ha una percentuale doppia rispetto al miglior risultato accreditato ai partiti. Per chi svetta nei sondaggi al 25% bisogna ricordare che due anni fa, alle regionali, l’affluenza nel Veneto fu del 61%: l’astensione, quindi, fu del 39%. Alle amministrative dello scorso giugno l’affluenza è stata del 51%, vuol dire inferiore di altri dieci punti percentuali.Ivaloriscendono decisamente di anno in anno. Vedremo cosa succederà alle prossime elezioni, se cioè ci sarà una qualche ripresa, perché l’elezione è ritenuta decisiva al punto di spingere alle urne, oppure si confermerà l’incapacità da parte dei partiti di attrarre i cittadini ai seggi. A questo secondo risultato congiurano due considerazioni. Da un lato la genesi della crisi di governo Draghi, sintetizzabile con il titolo a tutta pagina de “La Stampa” che ha scritto una sola parola: “Vergogna!”. In secondo luogo c’è da registrare un giudizio poco lusinghiero e diffuso sulla classe politica, che quest’anno ha bucato sia l’elezione del Presidente della Repubblica – ci siamo già dimenticati il teatrino andato in scena per quindici giorni tra gennaio e febbraio, l’impasse e la necessità di richiamare san Sergio Mattarella a rimettere insieme i cocci delle istituzioni? – e adesso ha deciso il pensionamento anticipato di Draghi, che resta comunque l’italiano più stimato all’estero. Parlando di astensione, si evoca l’immagine degli indifferenti, mutuata dal celebre romanzo di Alberto Moravia, metafora di una sfiducia crescente nelle istituzioni e nella politica. Forse la situazione è anche più grave. Basta guardare la distribuzione sociale dell’elettorato: chi vive una situazione economica tranquilla vota per il 75-78 per cento, chi ha problemi economici vota solo nel 28% dei casi. In altre parole, s’è persa la convinzione che la (scelta) politica possa migliorare la tua vita. Questo è l’aspetto decisivo, perché dare una speranza ai cittadini significa operare un cambiamento culturale: c’è un leader capace di operare una mutazione genetica nella mente degli elettori?
L’intervista. Il senatore padovano, da sempre legato al territorio, fa un bilancio della legislatura De Poli: “Autonomia, taglio delle tasse e politiche sociali: ecco le nostre priorità” Il senatore Antonio De Poli
Su quali temi puntate la vostra campagna elettorale? Anzitutto la tutela del potere d’acquisto delle famiglie e dei lavoratori di fronte alle conseguenze della crisi. Dobbiamo combattere l’inflazione e rivalutare le pensioni, migliorare gli stipendi e i redditi dei lavoratori, rinnovare i contratti di lavoro, applicare il salario minimo in base alle direttive europee e introdurre anche la riduzione cuneo fiscale. Puntiamo ad aumentare il reddito dei lavoratori con un mese di stipendio in più, a tutelare le imprese, ma anche ad affitti più bassi per i giovani, ad un contributo di duemila euro per studenti e lavoratori sotto i 35 anni. Altro tema è quello della sanità, per tutti, non privatizzata, con più medici di famiglia e servizi sul territorio.
Per fare tutto questo servono risorse, come gestire quelle del Pnrr? Il Pnrr è un’occasione per ricostruire il nostro Paese, ma si tratta di risorse che hanno bisogno di avere un Governo responsabile per essere gestite bene. I cittadini non ci permetterebbero errori di utilizzo su risorse che devono tradursi in opere, servizi e prattutto in un elettorato come quello del Nord che crede ancora nell’impresa e non nell’assistenzialismo del reddito di cittadinanza.
In vista delle elezioni il centrodestra si è ricompattato e Fratelli d’Italia pare essere il partito destinato a trainare la coalizione. Ne abbiamo parlato con Luca De Carlo, senatore e coordinatore veneto del partito.
Il Veneto come reagirà all’offerta del centrodestra? Il problema più grande oggi è riuscire a portare la gente a votare, perché se la gente vota è maggioritariamente di centrodestra in Veneto. Il problema è che in questa grande confusione che si è generata in questi anni potrebbe spingere qualcuno a non andare a votare. E quindi la chiarezza nel dire da subito, quello che noi chiediamo da sempre, cioè che se si è eletti con il centrodestra in coalizione poi non si è disponibili ad altri governi, sia una delle cose che possa anche aiutare a convincere i nostri elettori a tornare al voto. Chiaramente non basta, bisogna avere anche un programma che rimetta al centro la produzione, l’economia, la tutela dei nostri valori ma anche dei nostri prodotti, il lavoro, non solo l’assistenza, e quindi quando abbiamo una squadra che è in grado di realizzarlo Credo sia questo quello che vogliono i nostri elettori.
Vi aspettavate il voto di settembre? Il centrosinistra e in particolare il Partito Democratico ha fatto ogni sforzo per evitare lo scioglimento delle Camere ma questa è la conseguenza dell’atteggiamento irresponsabile di chi ha innescato la crisi e poi l’ha fatta esplodere. Non ci siamo fatti trovare impreparati, abbiamo messo subito in moto la nostra macchina organizzativa e ci facciamo trovare pronti e competitivi per il confronto alle urne. A quale risultato puntate? È possibile che il Pd superi Fratelli d’Italia? Noi stiamo lavorando per vincere, siamo pronti a giocare le nostre carte migliori. Sono convinto che ci sarà una polarizzazione del voto, i cittadini si troveranno a scegliere tra un’idea di centrosinistra responsabile, vicina ai bisogni della gente, e la destra della Meloni. Il Partito Democratico è la forza centrale di questa alleanza che dovrà fare da traino per l’intera coalizione. Come declinerete in Veneto gli accordi nazionali? Il centrosinistra si presenta con un programma e un messaggio chiaro, non una accozzaglia, ma una forza articolata e molto unitaria, e questo ci consente di aprire
Anche in Veneto? Certo, perché il Veneto è stato tradito. Erano giunti molti appelli dal mondo economico, dai sindaci, dal volontariato, dallo sport perché il governo andasse avanti, tutti appelli traditi. Mi aspetto che nelle urne che in molti si ricordino di questo. Mi aspetto che ampi settori moderati, a disagio in una coalizione a trazione Meloni, si domandino come sia possibile arrivare all’autonomia con Meloni e Berlusconi. Il Veneto è stato deluso anche da quello che ha fatto Zaia.
Giorgia Meloni Premier è una prospettica che si può concretizzare? Fino a qualche tempo fa poteva essere un sogno ma oggi potrebbe essere una realtà che si concretizza perché i numeri ce lo dicono.
Il centrosinistra scommette nella presa di coscienza degli elettori in vista del voto del 25 settembre, a partire dall’ampia parte moderata della nostra regione: “L’esito delle elezioni politiche è tutt’altro che scontato, anche nel nostro Veneto, deluso e tradito da questa destra populista e sempre più estremista” afferma Andrea Martella, segretario regionale del Pd Veneto, in prima linea nella calda campagna elettorale estiva.
Come si convincono quindi le persone ad andare a votare? Dicendogli chiaramente che non ci sarà un altro governo al di fuori del centrodestra perché noi non siamo disponibili e rendendo pienamente credibile la politica, non con dei proclami o degli slogan ma facendo capire che il nostro programma sarà fatto di cose concrete e attuabili. Non libri dei sogni, la gente non ci Andrea Martella Segretario regionale del PD Veneto Luca De Carlo Coordinatore veneto Fratelli d’Italia una partita con una prospettiva di vittoria. Anche nei collegi uninominali cercheremo votare, magari nel Conte 1, il reddito di cittadinanza. Oggettivamente penso abbia pesato soqualità della vita. Nicola Stievano crede più e ha ragione.
Regione Centrosinistra. Andrea Martella, segretario regionale del Pd Veneto “Esito tutt’altro che scontato Pd forza centrale dell’alleanza”
www.ilvicenza.com30 Centrodestra. Luca De Carlo, coordinatore veneto Fratelli d’Italia
“Uniti e pronti a vincere per dare un Governo stabile”
Secondo lei l’aver partecipato al Conte 1, Conte 2, Draghi 1 ha penalizzato la Lega che era inizialmente più forte numericamente rispetto a voi? Certo gli elettori non hanno capito questa scelta. Se da un verso è stata una scelta di responsabilità, secondo loro, quella del Governo Draghi sicuramente non hanno capito come potevano di convergere su candidature unitarie che rendano più competitive le liste. Le elezioni poi si giocano gli ultimi dieci giorni, quando scatta l’impegno dei cittadini, la partecipazione, l’appello al voto utile al 40% di indecisi. Faremo di tutto per far capire che da una parte c’è un centrosinistra responsabile che pensa agli interessi dei cittadini e ha una chiara collocazione europea, dall’altra c’è chi ha dimostrato di non saper governare il paese.
Il centrodestra sembrerebbe unito in modo indissolubile, è così? Dopo mesi, anni di confusione, anche per il nostro elettorato che ha visto una parte di centrodestra al Governo e Fratelli d’Italia orgogliosamente all’opposizione, il nostro elettorato chiedeva un po’ di stabilità e chiarezza. Non tanto a noi, con i quali l’elettorato ha un rapporto ormai consolidato e riconosce la nostra coerenza, ma nei confronti dei nostri alleati con i quali certe scelte magari risultavano all’elettore di centrodestra abbastanza strane: vedere il centrodestra al Governo con PD e 5Stelle non ha lasciato indifferenti tutti i nostri elettori. Adesso che finalmente c’è questa possibilità data dalle urne, tutti reclamano maggior chiarezza e maggior comunione di intenti. Si è logorata in qualche modo l’amicizia politica in questo periodo di separazione tra maggioranza e opposizione? Noi abbiamo fornito ai nostri alleati la possibilità di ritornare nel centrodestra, perché Fratelli d’Italia ha costituito il baluardo attorno al quale si è ricostituita l’alleanza. È evidente. Non solo in termini di meriti visto che i sondaggi ci danno ben sopra la somma degli altri due alleati, ma anche proprio per il nostro atteggiamento che da sempre è stato di unione, quindi nessuna antipatia, nessuna afflizione anzi, la consapevolezza intima in tutti noi che certe scelte dei nostri alleati erano scelte temporanee e che quindi un giorno saremo ritornati tutti assieme per dare alla Nazione il Governo che più la rispecchia che maggioritariamente è di centrodestra. Non si capisce invece perché i Governi contemplassero tutte le formule tranne il centrodestra.
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Regione
La svolta green. Attenzione all’impatto urbanistico, alla riduzione delle emissioni e al risparmio energetico
Il Punto Vendita Despar di Prato della Valle IL PUNTO
Aspiag Service - Despar
Il caso
E in questa svolta green anche la Grande Distribuzione Organizzata è diventata protagonista del processo di cambiamento per rispondere in modo sempre più attento alle esigenze e ai nuovi valori che gli stakeholder – collaboratori, clienti, partner, fornitori, istituzioni e comunità – ricercano e che rappresentano un vantaggio competitivo per le stesse aziende del settore. La GDO, infatti, gioca un ruolo fondamentale perché la sua linea d’azione si muove su due binari paralleli che riguardano da un lato il proprio business e, dall’altro, le scelte dei clienti, indirizzandoli verso prodotti sostenibili e contribuendo alla tutela delle risorse e del pianeta. E questo è anche l’impegno di Aspiag Service, che lavora ogni giorno per accrescere il proprio essere azienda responsabile verso l’ambiente, le persone e il territorio. Un impegno che Aspiag Service dimostra concretamente nella propria politica di sviluppo della rete vendita, prediligendo per le nuove aperture una strategia di recupero e riqualificazione di edifici storici e di aree urbane dismesse, con l’obiettivo di restituire alle comunità zone inaccessibili, evitare il consumo di suolo, valorizzare edifici ed elementi architettonici di pregio e innescare un circolo virtuoso attraverso la collaborazione con aziende del territorio, offrendo un concreto supporto alle imprese locali. Ne sono un esempio i punti vendita aperti nello storico Teatro Italia in Strada Nuova a Venezia, il Despar di Prato della Valle a Padova e il recente Eurospar aperto a Trieste nell’area ex-Maddalena.
www.ilvicenza.com32 Una rivoluzione verde che investe tutti i settori dell’industria italiana, tanto più che gli avvenimenti degli ultimi anni, dalla pandemia alla guerra in Ucraina, fino ai cambiamenti climatici e alle nuove sfide economiche, stanno rendendo sempre più urgente la necessità di raggiungere l’autosufficienza energetica e l’efficientamento delle risorse.
Per le nuove aperture il gruppo ha adottato una strategia di recupero e riqualificazione di edifici storici e di aree urbane dismesse, con l’obiettivo di evitare consumo di suolo
L’impegno di Aspiag Service per ridurre l’impatto ambientale si concretizza anche nella scelta di rendere i prodotti sempre più sostenibili attraverso, ad esempio, la riduzione dell’uso della plastica e investimenti in ricerca e sviluppo per realizzare packaging riciclabili, in particolare per i prodotti a marchio. Un esempio concreto di questa ricerca è rappresentato dalla linea Verde Vera EcoBio, la linea beauty di Despar che propone prodotti con ingredienti di origine naturale e che, anche dal punto di vista del packaging, si è rinnovata con l’utilizzo di flaconi e tubi in plastica riciclata post consumo ed etichette in plastica di origine vegetale, permettendo una riduzione media del 23% delle emissioni di anidride carbonica rispetto alla scelta di packaging tradizionale. Oltre a ciò, con l’obiettivo di ridurre ulteriormente l’impatto dei propri contenitori sulla produzione di CO2, Aspiag Service ha aderito con Verde Vera al “progetto Kariba” per la protezione delle foreste dello Zimbabwe attraverso l’acquisto di certificati per la rimozione della CO2 pari alla carbon footprint stimata per la produzione degli imballaggi di questa linea per tutto il 2021. Per la linea a marchio Verde Vera, Aspiag Service è stata tra i vincitori del bando CONAI (Consorzio Nazionale Imballaggi) per l’ecodesign 2021, un riconoscimento che spinge il marchio dell’abete verso un futuro sempre più verde.
Packaging green, la scelta giusta per un futuro sostenibile
Proprio il punto vendita è per Aspiag Service il centro dell’innovazione sostenibile. Al suo interno è possibile trovare le soluzioni che permettono un’attenzione particolare verso la riduzione delle emissioni di CO2 e il controllo dei consumi energetici. Gli esempi più importanti sono gli impianti a luci LED, presenti ora in 159 punti vendita, la scelta di costruire i punti vendita nella massima classe energetica possibile (A3 o A4), l’utilizzo di sistemi “cool roof” che consentono un risparmio del fabbisogno energetico di un terzo, la presenza di impianti che permettono il recupero e il riuso di calore e acqua. E ancora, l’invio a riciclo di oltre il 76% di rifiuti e l’acquisto di energia verde certificata, che nel 2021 ha raggiunto l’87% del fabbisogno consentendo l’abbattimento dell’85% delle emissioni di CO2. Grazie al proprio impegno ambientale, Aspiag Service è stata la prima impresa della GDO a ottenere la certificazione ISO 14001 – oggi presente per 56 siti, tra sedi, magazzini e punti vendita – che sta progressivamente estendendo a tutta la rete aziendale e che si conferma sempre di più come cardine della politica di sostenibilità.
Crescere green, insieme al territorio 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile (SDGs), 169 traguardi, 192 paesi membri dell’ONU che hanno sottoscritto il piano: sono questi alcuni numeri che descrivono la grande sfida lanciata dall’Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile. Un traguardo ambizioso che richiede un cambio di paradigma a tutti i livelli, non solo nelle politiche economiche globali, ma anche di ogni singola comunità e di ogni singola azienda. Raccogliendo questa sfida, anche Aspiag Service, concessionaria del marchio Despar per Triveneto, Emilia-Romagna, e Lombardia, che gestisce 249 punti vendita diretti a insegna Despar, Eurospar e Interspar e rifornisce 316 punti vendita affiliati nei territori in cui è presente (161 in Veneto tra diretti e affiliati), ha implementato la propria strategia di crescita improntata alla sostenibilità puntando su sette SDGs che si intersecano con i valori aziendali. Un impegno scritto nel DNA della nostra azienda e rappresentato nell’abete, il logo che da sempre caratterizza il marchio Despar. Per questo, consapevoli del nostro ruolo all’interno della società, nel 2021 abbiamo dato vita al nostro Manifesto CSR nel quale abbiamo assunto la sostenibilità come punto di riferimento per le nostre scelte strategiche di business. Un impegno e una responsabilità che noi di Aspiag Service vogliamo trasformare ogni giorno in fatti concreti, lavorando per sviluppare nuove metodologie e procedure per ridurre l’impatto ambientale dei nostri punti vendita e delle sedi con tecnologie innovative, valorizzando le filiere corte e i produttori locali, mettendo al centro le persone, rendendo i nostri prodotti sempre più sostenibili e supportando le comunità in cui ci inseriamo. Lo facciamo nella consapevolezza che solo lavorando insieme ai nostri collaboratori, clienti, fornitori e a tutti gli stakeholder, potremo guardare lontano e raggiungere obiettivi ambiziosi improntati a una crescita verde, al fianco delle persone e del territorio. di Giovanni Taliana Direttore Regionale Aspiag Service per il Veneto
La GDO accelera sulla rivoluzione verde
Turismo
I protagonisti di questa vita sul fiume Arrivederci a presto Treviso.to che l’area intorno al fiume è un Treviso
Durante la repubblica di Venezia i nobili spesso sceglievano le sponde del fiume, o i suoi dintorni, per edificare le proprie dimore di campagna, meravigliose ville venete, centro di grandi possedimenti agricoli che garantivano cibo e ricchezza. Andrea ci racconta di queste nobili famiglie sorseggiando un profumatissimo taglio bordolese nel fresco della cantina di Villa Giustinian, oggi conosciuta come “castello di Roncade”. Il fiume è ancora oggi molto frequentato: kayak, canoe, barche elettriche, sup sfilano silenziosi, mentre dalle houseboat e dai battelli si vedono i visi incantati dei turisti che si godono la meraviglia del paesaggio che li Proseguiamocirconda.lanostra pedalata attraversando paesini affacciati sul fiume, con le loro piazze ricche di storia e le osterie che ci fanno venire l’acquolina in bocca: Casier, Casale, Musestre, Quarto d’Altino e Portegrandi.Epoi,adun tratto, lo scenario cambia completamente e ci troviamo a pedalare accanto alla laguna di Venezia: una distesa d’acqua costellata di piccole isole coperte da una bassa vegetazione, abitate da numerosissime specie di uccelli. Lo sguardo si posa su una bianca distesa brulicante che prende forma man mano che ci avviciniamo: sono fenicotteri che immergono ritmicamente il becco nell’acqua per pescarne il nutrimento. Andrea ci spiega che, in questo periodo dell’anno, sono bianchi e non rosa a causa dell’alimentazione.Continuiamo a pedalare con i colori del tramonto che gettano riflessi infuocati tra la laguna ed il Sile. Con gli occhi pieni di questo spettacolo ci fermiamo in un piccolo agriturismo che ci delizia con le specialità locali: risotto con i go (piccoli pesciolini che vivono tra i sassi della laguna) frittura di pesce e un prosecco ghiacciato che rinfresca la mente e rallegra il Arriviamocuore.a Jesolo in tempo per vedere l’ultimo spicchio di sole che scompare nel mare. Ad attenderci lo shuttle del noleggio che ci riporterà a Treviso. Sulla via del ritorno, mentre i miei ragazzi scherzano con il conducente, provo la sensazione che mi sia stato confidato un segreto, di essere stata ammessa in un luogo protetto, riservato a pochi eletti. Penso a quanti, viaggiando da ogni parte del mondo, giungono fino a Venezia e si perdono questo tesoro nascosto a pochi passi.
+39 0422 1783822
Nel breve tragitto dall’aeroporto, varcate quelle che il tassista ci ha spiegato essere le mura medievali che circondano Treviso, siamo stati immediatamente avvolti da un’atmosfera di famigliare vitalità e calore. Le strade erano percorse da decine di biciclette guidate da distinti signori e da ragazzi o mamme con i loro piccoli; nei caffè del centro molte persone bevevano l’aperitivo mentre i bimbi giocavano nelle piazze e dalle vetrine dei negozi si vedevano persone intente a fare gli ultimi acquisti. Poi ho alzato lo sguardo e mi sono resa conto di quanta meraviglia mi circondasse: palazzi antichi, chiese, portici, piazze monumentali e tanti tantissimi canali che attraversano la città, ricordando la vicinanza a Venezia. La sera, di fronte ad una coppa di squisito tiramisù dopo una cena luculliana in una trattoria del centro, abbiamo convenuto che non avremmo potuto perdere l’occasione di esplorare Treviso ed i suoi dintorni: il proprietario del nostro B&B, dopo i consigli sul centro storico, ci ha suggerito di noleggiare una bici per percorrere il fiume Sile sulla ciclabile che da Treviso porta al mare. Pronti all’avventura, l’indomani abbiamo incontrato la nostra guida, presso il noleggio a pochi passi dal centro, lungo il fiume Sile; Andrea, la guida, ci ha “Sono arrivata a Treviso in maggio con mio marito e i miei due figli di 7 e 10 anni, con l’idea di far conoscere Venezia alla mia famiglia alloggiando a Treviso, base ideale per raggiungere la città lagunare con il treno.”
La guida ci ha spiegato che questo corso d’acqua ha rivestito per secoli la funzione di via di comunicazione tra la Laguna e le città dell’interno trasformandolo in una grossa arteria che ha sempre trasportato merci, persone e storia. sono stati per lungo tempo i “burci”, grandi imbarcazioni in legno che trasportavano merci, dapprima trainate da buoi lungo le alzaie (strade costruite sugli argini) e poi da motori. Andrea ce ne parla dalla passerella che attraversa il “Cimitero dei Burci”, uno slargo nel fiume in cui, negli anni 70, queste barche ormai costose, lente e poco efficienti, sono semplicemente state abbandonate dando vita ad un moderno “cimitero degli elefanti” sul quale la natura sta prendendo il sopravvento.
parco naturale che si snoda dalla sorgente (a pochi chilometri dal centro città) giù fino dove il fiume incontra la Laguna di Venezia. La particolarità del Sile è che è il più lungo fiume di risorgiva in Europa, ovvero che non nasce da una sorgente in montagna ma che le sue acque sgorgano in pianura, dando origine al quelli che vengono chiamati “Fontanassi” polle d’acqua che sembrano in costante ebollizione.
www.ilvicenza.com 33 Treviso. Dai Diari di Viaggio di Johan Mc Well
Il fiume Sile: amore a prima vista
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Con 8 ricoverati nel mese di luglio nel Padovano, di cui tre deceduti, e 4 asintomatici, e un caso di contagio nell’uomo registrato nel Veneziano, nel territorio dell’azienda Ulss 3 Serenissima, dove il paziente è stato ricoverato in terapia intensiva, il West Nile virus seppure atteso, vista la presenza del virus nell’insetto portatore nei nostri territori, ha destato nell’opinione pubblica più di qualche preoccupazione.Nella stagione estiva, le comuni zanzare che appartengono al genere Culex, tra cui la zanzara comune C. pipiens (non la zanzara tigre) possono trasmettere infatti il virus, presente da alcuni anni anche in Veneto. Ma di cosa si tratta? La febbre West Nile è una malattia provocata da un virus a Rna presente in molte parti del mondo. Isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome), il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America. I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici (passeriformi e corvidi) e le zanzare le cui punture sono la principale causa di trasmissione nell’uomo, ma anche agli animali, in genere equini ed uccelli.
2022AGOSTO
Cosa c’è da sapere e come comportarsi Prosegue alla pag. seguente
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Salute
Zanzare e febbre West Nile, come proteggersi dal rischio di infezione
6) Sorvegliare e prendersi cura delle persone a maggior rischio.
7) Migliorare l’ambiente domestico e di lavoro. Soggiornare quanto più possibile in un ambiente adeguato, usando in maniera oculata il ventilatore e l’aria condizionata.
10) Infine proteggersi da punture di zanzare e di pappataci. Quando si svolge attività all’aperto è importante un’accurata protezione. “Stiamo assistendo in questo periodo dell’estate - afferma la dottoressa Padovanall’aumento delle infezioni portate da questi microorganismi, in particolare la West Nile, per cui è raccomandabile una particolare attenzione da queste punture”. Attenzione ai bambini e ai neonati. Oltre agli anziani, i bambini sono particolarmente suscettibili al caldo, specialmente i neonati perché - come spiega anche un apposito opuscolo del Ministero della Salute sul tema, “Estate in salute: come proteggere i vostri bambini”la loro temperatura aumenta velocemente e fanno più fatica a disperdere il calore. In estate dunque, è il suggerimento dell’infografica messa a punto dall’azienda Ulss 2 Marca Trevigiana, è importante tenere ben idratati i bambini offrendo loro spesso dell’acqua o allattandoli più frequentemente. I bambini vanno tenuti all’ombra durante le ore più calde e, se hanno meno di sei mesi di vita, non vanno mai esposti al sole diretto. Meglio applicare una crema ad alta protezione prima di farli uscire e riapplicarla ogni due ore o dopo il bagno, al mare o in piscina. Tenere monitorata la temperatura dei più piccoli, rinfrescandoli ogni tanto con acqua tiepida e aprendo il pannolino quando è possibile.
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8) Vestirsi con abiti adeguati e leggeri e freschi.
La maggior parte delle persone infette (80%) non mostra alcun sintomo. Quasi tutti i casi si presentano infatti in forma lieve e non provocano sintomi, al massimo una semplice febbre che dura qualche giorno. Ma nei casi più gravi il West Nile può provocare febbre alta, forti mal di testa, tremori, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. In un caso su 1.000 il virus può provocare encefalite. Le persone più a rischio sono bambini, anziani e soggetti con fragilità, ai quali si consiglia di utilizzare prodotti repellenti a base di Deet o Icaridina a una concentrazione superiore al 10%. Per i bambini sotto i due anni sono invece preferibili prodotti a base di Inparamatandiolo.casodipresenza di febbre, con temperatura superiore ai 38°C, dolori muscolari e alle articolazioni, cefalea, confusione ed eruzione cutanea, è bene rivolgersi prontamente al medico di base. Non esiste un vaccino per la febbre West Nile, quindi la miglior forma di prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare, nello specifico attraverso quattro comportamenti, così come consigliato nelle schede informative diffuse dalla Regione Veneto. In primo luogo, il consiglio è quello di indossare indumenti di colore chiaro dal crepuscolo all’alba, pantaloni lunghi e maniche lunghe. Utilizzare quindi repellenti cutanei per uso topico, spray a base di pretra o altri insetticidi per uso domestico, oppure anche diffusori di insetticidi elettrici, areando bene i locali prima di soggiornarvi. Se gli ambienti non sono provvisti di aria condizionata, soggiornare e dormire solo in ambienti dotati di zanzariere alle porte e alle finestre e, per aumentare l’efficacia, è consigliato trattare le zanzariere con repellenti. Se possibile, infine, utilizzare il condizionatore ad una temperatura leggermente inferiore di notte, le zanzare infatti non amano le temperature fresche. É utile tenere sotto controllo i focolai larvali nelle caditoie, svuotare quotidianamente sottovasi e raccolte d’acqua. Il Dipartimento di Prevenzione opera in collaborazione con le Amministrazioni locali per l’azione di disinfestazione preventiva e per l’attivazione di tutte le buone pratiche che possono limitare la diffusione del vettore. Attraverso i Comuni si svolge anche un’azione capillare di allerta alla popolazione, perché collabori alle azioni di contrasto. Chi volesse avere ulteriori informazioni o ha dei dubbi su come proteggersi può contattare direttamente il Dipartimento di Prevenzione della propria azienda Ulss.
1) Evitare l’uscita e l’attività fisica nelle ore più calde. In particolare dalle 11 am alle 17 pm e soprattutto i bambini e gli anziani.
9) In auto curare che non vi sia stazionamento all’interno dell’abitacolo in cui si creano a volte condizioni molto difficili.
Salute Proteggersi
5) Evitare bevande alcoliche.
2) In questo periodo è opportuno a maggior ragione, evitare l’affollamento, perché la circolazione del virus del Covid è molto alta e contrarre la malattia potrebbe affaticare ulteriormente alcuni organismi già fragili. 3-4) Fare pasti leggeri e bere molti liquidi. Curare in modo particolare la dieta, leggera, e provvedere ad un’adeguata idratazione. “Soprattutto nei bambini e negli anziani - spiega la dottoressa Padovan - diminuisce il senso della sete, per cui è raccomandabile curare con attenzione l’idratazione, a maggior ragione, di queste categorie”.
I suggerimenti del Sisp dell’Ulss 8 Berica in un video per affrontare le temperature elevate di queste settimane
Dott.ssa Maria Teresa Padovan Direttore del Servizio igiene e sanità pubblica (Sisp) Salute
dal caldo in dieci mosse Cosa c’è da sapere e come comportarsi
Emergenza caldo, come proteggersi? L’azienda Ulss 8 Berica ha realizzato un breve video in cui la dottoressa Maria Teresa Padovan, direttore del Servizio igiene e sanità pubblica (Sisp) ribadisce in dieci punti i comportamenti più corretti per affrontare con maggiore serenità i disagi che possono derivare dalle elevate temperature di questi giorni. Sono indicazioni che ci sono note ma che è bene ribadire per tenerle sempre presenti.
Oltre alle novità, per la prossima stagione Sky conferma molte delle serie originali che hanno esordito quest’anno, come “A casa tutti bene”, “Christian”, “Il re” con Luca Zingaretti e “Blocco 181”. Sono 100 i titoli Sky original, tra italiani e internazionali, di cui 60 solo italiani, proposti da Sky nel 2022: si tratta di serie commissionate da Sky e distribuite solo sui suoi caneli. Sky è la prima piattaforma pay per produzione di serie tv in Italia, con 26 titoli originali prodotti negli ultimi 3 Complessivamente,anni. invece, sono 450 le serie tv trasmesse all’anno da Sky e ricomprendono sia le serie originali di Sky che quelle prodot-
Wanna Marchi e figlia dalla gloria tv al carcere Grandi ritorni su Sky da Petra a Zingaretti
Debutterà il 21 settembre “Wanna”, la nuova serie tv italiana targata Netflix. Prodotta da Fremantle Italia, attraverso testimonianze e immagini di repertorio, la docu-serie crime in quattro episodi racconta un’epoca del nostro Paese attraverso le vicende di quella che, per vent’anni, è stata la televenditrice più famosa della televisione italiana, Wanna Marchi, e di sua figlia Stefania Nobile.“Wanna” ripercorre il ventennio tra gli anni ‘80 e i primi anni 2000, caratterizzato da un grande cambiamento della TV generalista e dalla nascita delle prime televendite. La serie narra dall’ascesa di madre e figlia al titolo di “regine incontrastate delle televendite” alla caduta del loro impero e alla successiva vicenda giudiziaria.Lostileaggressivo con cui Wanna Marchi si rivolge agli spettatori è il marchio di fabbrica degli show in cui propone creme dimagranti miracolose. Per tutti gli anni Ottanta la sua immagine e i suoi prodotti impazzano, rendendola ricchissima e famosa, insieme al suo unico e vero braccio destro, la figlia Stefania. Le due passano dal successo alla clamorosa caduta di inizio anni Novanta, quando “l’impero Wanna Marchi” si sgretola e le scaraventa sul lastrico. Un disastro che scatena nelle due Dal 21 settembre va in onda la seconda stagione di “Petra”, tratta dai romanzi di Alicia Giménez Bartlett con Paola Cortellesi e Andrea Pennacchi. Alla regia sempre Maria Sole Tognazzi.Adottobre “Romulus”, la seconda stagione firmata da Matteo Rovere, mentre a novembre - a ridosso dei mondiali di calcio - parte “Il grande gioco”, la serie sul mondo dei procuratori calcistici con Francesco Montanari. Ritorno a casa anche per Marco Bocci, protagonista di “Unwanted”: la serie tv attesa per il 2023 è tratta dal libro di Fabrizio Gatti. Nella prima metà del 2023 debutta “Call my agent - Italia”. Nel cast del remake italiano ideato da Carlo Degli Esposti figurano Maurizio Lastrico, Matilda De Angelis, Emanuela Fanelli, Paolo Sorrentino e Stefano Accorsi, per la regia di Luca Ribuoli. Sarà Django, la serie realizzata da Cattleya, ad unire Sergio Corbucci, Quentin Tarantino e Sky. La direzione artistica è curata da Francesca Comencini, che ha diretto anche i primi due episodi. Il debutto è previsto nel 2023. Si avvicinano le riprese di Dostoevskij, la prima serie televisiva dei fratelli D’Innocenzo. Il protagonista è Filippo Timi, che si sdoppia perché è già volto de “I delitti del BarLume” che sione della forma fisica perfetta, passeranno a commercializzare l’unica cosa che nessuno aveva mai pensato di vendere: la fortuna. Creme dimagranti e antirughe lasciano così il posto ad amuleti e numeri benedetti venduti insieme al “maestro di vita” Do Nascimento. Questa strepitosa macchina da soldi si sarebbe poi rivelata essere altro: una truffa clamorosa, realizzata grazie a una complice insospettabile, la Com’ètelevisionenoto, Wanna Marchi e la figlia sono state condannate in un primo processo per truffa a due anni e sei mesi di reclusione; in un secondo processo per associazione a delinquere al fine di truffare, sono state condannate in via definitiva a 9 anni e quattro mesi. Il “maesono titoli trasmessi in prima visione assoluta.la voglia di riscatto. Dopo avere venduto l’illu- nella prossima stagione celebra dieci edizioni.stro” ha patteggiato due anni.
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37Film e serie tv visti da vicino a cura di Paolo Di Lorenzo
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Vicenza si tuffa nella lirica di livello
Spettacoli & mostre
È la decima edizione del festival che ha riscosso sempre un lusinghiero successo
Un’immagine d’archivio del festival, con l’opera “Polidoro” del 2019. Andrea Castello, organizzatore de “Il festival in lirica”.
Due mostre da non perdere: il genio di Niemann e la mano felice di Quagliato La rassegna. A settembre quattro appuntamenti del festival di Andrea Castello fra teatro Olimpico e chiesa di Santa Corona
Christoph Niemann e un paio di sue illustrazioni. Armando Peressoni vicino a una scultura in legno di Nereo Quagliato che ha ritratto Franca Miotti adolescente
Asettembre Vicenza si tuffa nella lirica, grazie al festival organizzato da Concetto armonico, l’associazione presieduta da Andrea Castello che ha portato con quest’anno il festival alla decima edizione.L’inaugurazione è prevista il 3 settembre all’Olimpico (ore 21) con la “Messa in do minore K 427” di Mozart presentata in una nuova versione a cura del direttore Luca Guglielmi, che dirigerà l’Orchestra di Padova e del Veneto. Interpreti: Nina Solodovnikova, Paola Leoci, Giuseppe Di Giacinto e Giacomo Nanni. La parte corale sarà affidata al coro Iris Ensemble diretto da Marina Malavasi. Segue l’opera Don Giovanni (Olimpico, 8 e 10 settembre alle 20.30), i cui interpreti principali sono stati selezionati dal concorso lirico Tullio Serafin. Edmondo Mosé Savio guiderà l’Orchestra dei Colli Morenici di Brescia, regia di Marina Bianchi, costumi e scenografa di Leila Fteita. Altri due importanti appuntamenti riguarderanno il concerto Actus tragicus: la Cantata Barocca al tempio di Santa Corona (4 settembre ore 18) diretta da Stefano Bagliano ed eseguita dall’Ensemble vocale e strumentale dell’Istituto di musica antica del conservatorio di Milano, istituzione con la quale il festival mantiene una collaborazione pluriennale. Il 7 settembre alle 21 al teatro Olimpico si tiene uno spettacolo musicale in prima assoluta, “Scambiamoci di vista: da Plauto a Mozart passando per Shakespeare”, ideato e prodotto dal gruppo teatrale del liceo “Guarino Veronese” di San Bonifacio. Il festival chiuderà il 22 ottobre nella basilica di san Felice con lo Stabat Mater di Luigi Boccherini: protagonisti il soprano Silvia Frigato e l’ensemble “L’Arte dell’Arco”, direttore il violinista Federico Guglielmo. Biglietteria al botteghino dell’Olimpico. Informazioni: biglietteria@vicenzainlirica.itcell.:www.vicenzainlirica.it3496209712
C i sono cose a cui nessuno pensa, tranne Christoph Niemann. Così “Collateral” definisce Niemann, 52 anni, tedesco che vive da vent’anni negli Usa: scrittore, illustratore, graphic designer, è davvero una delle menti più brillanti della comunicazione visiva contemporanea. La sua personale, la prima che è allestita in Italia, si può ammirare a palazzo Leoni Montanari sino al 28 agosto nell’ambito della rassegnaAutore“Illustri”.anchedi libri per bambini, Niemann scrive e illustra articoli di politica, economia, arte e costume. È stato un ospite fisso delle copertine del New Yorker; dal 2008 ha un blog sul New York Times che, naturalmente, arricchisce anche con le sue illustrazioni. Intanto, nella sala degli Zavatteri al primo piano della Basilica prosegue sino al 4 settembre la mostra “Quagliato, un dono per Vicenza”: sono esposte 19 sculture di Nereo Quagliato. Due sono del museo e le altre 17 sono quelle che Armando Peressoni ha recuperato a Firenze. Stavano per essere (legittimamente) vendute dalla società Lca che cura la liquidazione coatta amministrativa della Banca Popolare. Queste statue assieme ad altre del museo e altre delle collezione di Peressoni, in tutto 39, torneranno a palazzo Thiene dal prossimo autunno.
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