Piccole Impronte dicembre 2014

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Supplemento al n. 9 [146] di “Impronte” - Rivista Animalista - Poste Italiane Spa sped. in abbonamento postale - d.l. 353/2003 (conv. in l. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 dcb roma

PELLICCE

LE APPARTENGONO AGLI

ANIMALI i Ragazzi dalla parte degli Animali


Gregorio Cavaldoro, Venezia PICCOLE IMPRONTE SUPPLEMENTO AD IMPRONTE n. 9 (146) dicembre 2014

Buon Natale a tutti!

AUT. TRIB. ROMA 50/84 dell’11-2-1984 ISCR. REG. NAZ. STAMPA 4086 dell’1-3-1993 ISCR. ROC 2263 - 2001

DIRETTORE RESPONSABILE

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MARIA FALVO

DIRETTORE EDITORIALE ILARIA MARUCELLI

DIREZIONE E REDAZIONE SEDE NAZIONALE LAV ONLUS VIALE REGINA MARGHERITA, 177 00198 ROMA

REDAZIONE MARCO CORTINI, ILARIA MARUCELLI, GANDALF, PRISCILLA

GRAFICA E IMPAGINAZIONE PIER PAOLO PUXEDDU+FRANCESCA VITALE

HANNO COLLABORATO MASSIMO ALFAIOLI, BIAGIO BAGINI, DAVIDE CECCON, IVANA GIGANTI, GIANCARLO MANCONI, ROBERTO MARCHESINI, ANDREA MUSSO, FABIO REDAELLI, BRUNO STIVICEVIC, ALESSANDRO TELVE, LETIZIA UZUN

DISEGNO DI COPERTINA DAVIDE CECCON

STAMPA

CYCLUS P PRINT 100% CARTA RICICLATA

P PACKAGING IN MATER-BI

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LATA

CARTA DALUM

CART

ARTI GRAFICHE “LA MODERNA” VIA DI TOR CERVARA 171 ROMA

100 %

biodegradabile e compostabile b

CHIUSO IN TIPOGRAFIA C 17 OTTOBRE 2014

QUOTE A ANNUALI DI ISCRIZIONE E RINNOVO ALLA LAV ONLUS GIOVANILE (sotto i 18 anni) da 18 euro ORDINARIO da 30 euro FAMIGLIA da 45 euro SOSTENITORE da 46 euro BENEMERITO da 150 euro STRAORDINARIO da 500 euro

VERSAMENTI INTESTATI A LAV ONLUS C\C BANCARIO N. 501112 BANCA POPOLARE ETICA FILIALE DI ROMA - VIA RASELLA 14 00187 ROMA ABI 05018 CAB 03200 CIN E Informiamo che tutti gli associati e/o i sostenitori delle campagne LAV ONLUS hanno diritto a ricevere la presente pubblicazione tramite invio postale. La LAV ONLUS garantisce che i dati identificativi dei destinatari sono raccolti e trattati, anche elettronicamente, nel rispetto delle norme previste dal “codice di regolamentazione della privacy” (Dgs 196/2003). Ogni interessato potrà in ogni momento esercitare i propri diritti (art. 7,8,9 Dgs 196/2003) rivolgendosi direttamente alla LAV ONLUS, viale Regina Margherita 177, 00198 Roma, tel. 06/4461325 fax 06/4461326 email: info@lav.it

Lilo & Bilbo

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i chiamo Gian Francesco e vivo a Firenze, ho deciso di scrivervi perché sento l’impellente bisogno di fare qualcosa per il mondo e per gli esseri viventi che lo popolano. Già da qualche settimana ho deciso di seguire una dieta vegetariana, perché ho capito chee mangiare gli animali è un’infamia. Ho deciso anche di fare qualcosa per l gli animali, di agire attivamente. So di essere molto piccolo, ma a me andrebbe bene qualsiasi cosa, purché si tratti di aiutare gli animali! Aspetto vostre notizie!» GIAN FRANCESCO MARTUCCI, 13 ANNI Ho il privilegio di leggere le vostre lettere e per questo il mio LAVoro è il più bello del mondo! Naturalmente rispondo sempre a ognuno di voi, ma per pubblicarle tutte non basterebbe l’intera rivista! Eppure sono lettere meravigliose, come questa di Gian Francesco: “impellente bisogno”, “ho capito”, “ho deciso”, “fare qualcosa”... Parole come queste ricorrono nelle vostre lettere: siete davvero fantastici! Non siete piccoli, siete GRANDI! È da ragazzi che si prendono decisioni importanti per la propria vita, è questo il tempo dei sogni. E i sogni, si sa, sono i desideri profondi del cuore, desideri che poi la vita vi aiuterà a realizzare. Sapete, i vostri sogni mi piacciono moltissimo, perché sono anche i miei... Eh sì, perché grazie a voi anch’io continuo a sognare! La notte di Natale diventa magica se la guardo con i vostri occhi sognanti. Ognuno di voi ha diritto di sperare e di credere in un mondo migliore anche per i nostri amici animali, ma soprattutto di viverlo! E questo è il mio augurio.


La più inutile delle crudeltà Siamo tutti d’accordo, vero? Le pellicce (anche sotto forma di colli, manicotti, imbottiture) sono la crudeltà più inutile nei confronti dei nostri amici di pelo. Pensa, lo sostiene l’85% degli italiani! Che aspetti allora? Passaparola... non ne rimangono tanti da convincere!

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Quanti animali sono allevati nel mondo per la loro pelliccia? A 7 milioni B 27 milioni C 70 milioni

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Quali sono alcuni animali catturati per la loro pelliccia? A Volpi, orsi, linci, procioni B La marmotta australiana e il gatto delle nevi C Nessuno: gli animali provengono tutti dagli allevamenti

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ILLUSTRAZIONE DI

LETIZIA UZUN

Negli ultimi anni in Italia... A La vendita di pellicce è aumentata B La vendita di pellicce è rimasta stabile C La vendita e la produzione di pellicce sono molto diminuite

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Le pellicce sono usate anche nell’abbigliamento per bambini? A No, è severamente vietato B Sì, soprattutto in colli, cappelli, guanti, manicotti C Sì, ma è necessario il permesso dell’Associazione Genitori

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Le pellicce no capi naturali sono ed ecologici? A Certo, visto che provengono da animali B No, per loro lavorazione si usano sostanze chimiche dannose alla salute C Sì, ma solo se provengono da animali catturati in libertà

Soluzione: 1) C - 2) A - 3) C - 4) B - 5) B PICCOLE IMPRONTE

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Cani salvati cercano casa

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opo anni di denunce, finalmente la Procura di Roma ha messo sotto sequestro il canile Parrelli, dove gli animali erano rinchiusi in condizioni disastrose, senza nessun rispetto per le loro esigenze. Ottima notizia, però... adesso bisogna darsi da fare! Molti animali sono già usciti dalle gabbie, ma ci sono V ancora duecento cani e cento gatti da sistemare: la LAV se ne sta prendendo cura, ma dopo la lunga prigionia è necessario l’affetto di una famiglia. Fatevi sotto!

49 topi scampati alla ll vivisezione i i i

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er la prima volta in Italia è stato effettuato un sequestro di animali in un istituto autorizzato alla vivisezione: quarantanove topi sono stati salvati dall’Istituto Mario Negri Sud di Santa Maria Imbaro (Chieti). Purtroppo un migliaio di roditori era già stato ucciso, dopo aver subito gli esperimenti. La legge dice invece che gli animali, a fine sperimentazione, possono essere reinseriti in un ambiente adeguato. Grazie all’intervento del Corpo Forestale e alla denuncia della LAV, che ha preso in affidamento i topi, questi piccoli mammiferi si scorderanno presto farmaci e gabbie!

Finalmente i l liberi lib i dalla schiavitù

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Italia sono duemila gli animali prigionierii nei circhi, ma almeno due di questi sono stati tratti in salvo e per loro comincia una nuova vita. Una tigre e un leone del Circo Martini sono stati sequestrati dalla Polizia Provinciale di Monza per i maltrattamenti che subivano nelle gabbie. Affidati alla LAV, questi splendidi animali sono nel Centro di recupero di Semproniano, in provincia di Grosseto, trattati con attenzione e rispetto e finalmente liberi dalla schiavitù!

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Il labirinto Aiuta Bilbo a trovare il suo “tesoro” .

Soluzione: PICCOLE IMPRONTE

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Questa rubrica si basa sul dialogo, sul confronto, sullo scambio di opinioni anche diversissime: discutere serve comunque a chiarire e rafforzare le proprie idee.

Non cade il mondo per un collo di pelliccia

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alve raga, mi chiedete di parlare di pellicce e vi accontento subito! Questo e altro pur di perdere qualche minuto di scuola... Dunque, sul tema vi rispondo con uno slogan: le pellicce non sono un capo da donna, sono un capo da nonna! Girando per le strade (attività che io adoro) se ne vedono sempre meno e, quando succede, ingoffate dentro ci trovate signore attempate e vecchiette più o meno arzille. Logico: quale ragazza vorrebbe indossare un cappottone peloso che ti ingrossa come l’omino Michelin? Cari animalisti, è inutile protestare tanto per le pellicce... mettetevi tranquilli e presto si estingueranno da sole, senza fatica, come il dodo, i mammut e i dinosauri... E per un collo o un’imbottitura non facciamola troppo lunga! Certo, forse è sbagliato sterminare trenta volpi per un cappotto. Ma qualche ciuffo di pelo dentro a un cappello non è certo la fine del mondo. Gli inserti in pelliccia rendono più vivaci e caldi i capi d’abbigliamento e non sono certo un problema. Allora dovreste occuparvi anche degli stivali e dei portafogli di pelle, tanto per cominciare. Tutti (o quasi) mangiamo gli animali ed è giusto che sia così. Agitarsi tanto per un giubbotto con il cappuccio di pelliccia è come urlare controvento: non serve a niente, anzi spesso si raggiunge l’effetto opposto e la gente dice «che esagerati questi animalisti!». Beh, adesso devo proprio entrare a scuola: sigh!

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In questo numero, parlando di pellicce, siamo sicuri da che parte stai! Ma leggi comunque con attenzione: potrà servirti per affrontare meglio eventuali discussioni a scuola.

Lottiamo contro ogni crudeltà

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urtroppo non è tutto semplice come dice la mia compagna, anzi! Partiamo dalle pellicce, quei cappotti insanguinati che non piacciono (meno male!) nemmeno a lei. Non è vero che sono praticamente sparite! Certo, per fortuna sono in declino, se ne vedono e se ne vendono meno, grazie alle campagne di noi animalisti e non certo per caso! Negli ultimi anni le vendite in Italia sono passate da 1600 milioni a 1200 milioni di euro, ma rimangono ancora un numero enorme! Lo sapete poi che negli ultimi due anni gli allevamenti di visoni in Italia sono raddoppiati? Insomma, bisogna continuare a lottare con tutte le nostre forze contro la più crudele delle crudeltà, altro che stare in poltrona ad aspettare! E gli inserti in pelliccia? A me fanno ancora più rabbia! Sono il trucco dei pellicciai per continuare a vendere la pelle di animali morti anche a noi ragazzi giovani, maschi compresi! Te la infilano nei colletti, nelle maniche, nei cappucci, nei cappelli, negli stivali e tu non ci fai caso o magari credi che sia pelliccia sintetica. Invece il più delle volte è autentica, e magari era la pelle di un cane, un gatto o un coniglio! Per favore leggete le etichette e, nel dubbio, non comprate niente che apparteneva a un animale. Come si fa a tenere intorno al collo o ai polsi la pelliccia di un essere vivente? Non è un piccolo dettaglio, può fare la differenza tra la vita e la morte!

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a cura del dott. Roberto Marchesini, etologo e direttore della SIUA

Chi ha paura del lupo? Noi no! Viene accusato di decimare greggi e di essere una vera minaccia, come nelle fiabe di una volta! Ma proprio dal lupo discende il cane, il primo degli animali ad aver intrapreso la strada della domesticazione: il che significa che per molti secoli uomini e lupi hanno convissuto fianco a fianco in una specie di alleanza preziosa per entrambi. E allora, guardiamo diversamente il lupo perché nei suoi occhi si nasconde gran parte della nostra umanità!

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lupi sono tra gli animali che la nostra società ha maggiormente bistrattato nel corso della sua storia. Uccisi barbaramente fin dal Medioevo poiché incolpati di minacciare greggi e persone, in Italia sono stati portati sull’orlo dell’estinzione. Pensate che nel 1970 erano solo un centinaio i lupi presenti su tutta la dorsale appenninica, un numero davvero irrisorio di individui, cosa che ha rischiato di compromettere l’esistenza di un’intera specie: il Lupo italico (Canis lupus italicus). Ma partiamo dall’inizio, ovvero dallo spiegare da dove deriva l’immagine del lupo cattivo.

Questa fama negativa non ha niente a che vedere con l’etologia ma deriva dalla ragione stessa per cui, in un certo periodo storico, il Paleolitico, lupi e cani hanno preso strade differenti.

Uomini e lupi sono animali che hanno stili di vita molto simili, tendono cioè a colonizzare tutti gli ambienti a loro disposizione. Se l’habitat specifico di un leone è la savana e quello di un panda è la foresta di bambù, i lupi e gli uomini si insediano in tutti i territori che riescono a penetrare, dalle terre gelide e glaciali alla montagna, per arrivare all’arido deserto. Uomini e lupi, inoltre, animali onnivori (il lupo con tendenza al carnismo mentre l’uomo al

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FOTOGRAFIE DI

GIANCARLO MANCORI

frugivorismo, ovvero a un’alimentazione basata su frutta e verdura), sanno vivere “di espedienti”, sono cioè in grado di destreggiarsi in tutte le situazioni. Queste caratteristiche molto simili tra le due specie hanno fatto sì che uomini e lupi si trovassero a coabitare negli stessi spazi e a competere per le stesse risorse.

Competizione di gruppo “intraspecie” (cioè tra specie uguali: tra uomini e uomini, tra lupi e lupi) ma anche “interspecie” (ovvero tra specie diverse: tra uomini e lupi). Queste competizioni hanno favorito l’ingresso del lupo nella comunità umana ma anche, e questo non viene spesso detto, di cuccioli di uomo nella comunità di lupi… Insomma, una vera e propria “licantropia” destinata a cambiare la storia della nostra specie. Avviene cioè il fenomeno della domesticazione (siamo nel Paleolitico) che porta alcuni lupi a tentare la via della vicinanza alla comunità umana e poi a scegliere di stanziarvici definitivamente. E inizia altresì a formarsi quella dicotomia – non veritiera – tra il selvatico (l’indomito, il pericolo, il non conosciuto,

Alcuni esemplari di Lupo nel loro ambiente naturale.

il mondo notturno) associato al lupo e il domestico (il familiare, il conosciuto, l’amico fedele) associato invece al cane.

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on la rivoluzione del Neolitico, l’uomo si ferma stabilmente nei territori che colonizza. Alleva animali domestici – soprattutto ovini e caprini – e inizia a coltivare il territorio togliendo spazio ai piccoli ungulati che lì vivevano. Il lupo è così spinto a cercare cibo non tanto per competizione con l’uomo – come accadeva prima – ma per conflitto, ovvero spingendosi verso gli accampamenti umani e predando gli animali domestici. Possiamo quindi affermare che il fatto che i lupi abbiano attaccato le greggi sia stata una scelta forzata, in quanto non è stata lasciata loro altra possibilità di sopravvivenza. Il lupo in verità non è affatto un animale feroce o aggressivo. Tutt’altro. È molto schivo e tendenzialmente ha timore dell’uomo. Va tutelato prima di tutto tutelando il suo habitat. PICCOLE IMPRONTE

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Biagio Bagini Il poetico racconto della migrazione delle anatre: un volo infinito, pieno di pericoli, bellezza, fascino e fatica. Qual è la cosa che ti fa più arrabbiare dello sfruttamento degli animali? Mi danno fastidio le relazioni uomo-animale che si fondano sul falso amore. I cacciatori ad esempio: dicono di amare la natura ma poi riempiono gli animali di piombo e si mettono in gioco solo con un fucile in mano. E il più buffo episodio animalesco che ti è capitato? In visita a una fattoria ci siamo avvicinati a un recinto per vedere un agnellino quando, improvvisamente, salta fuori un’oca starnazzante. L’oca era arrabbiatissima e tendeva il collo in avanti come una spada. Fortuna che mia moglie ha avuto l’idea di sventolare un maglione sopra la testa, convincendo l’oca a non esagerare con l’aggressività. Insomma, eravamo in otto, tutti spaventati... Vivi con degli animali? Ho due conigli e tre gatti in condivisione. Fin da bambino però ho sempre avuto uno o due cani, più di una dozzina in tutto. Se avessi la bacchetta magica, in quale animale vorresti trasformarti? Non saprei quale. So solo che non ho la vista di un’aquila, un coraggio da leone, né la furbizia di una volpe; non sono veloce come un ghepardo, forte come un toro o saggio come un gufo. Potrei pescare un po’ da tutti. Però alla fine mi è sempre stata molto simpatica la lucertola, ma non saprei dire perché.

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Qual è la cosa che più ti affascina dei nostri amici? Gli animali mi piacciono molto. Sono diversi tra loro, non solo per specie, ma anche come individui. Mi piace osservarli, perché rendono vivo il mondo e sempre, fateci caso, sono pieni di grazia. Come è nata la tua LAV story? Volevo scrivere qualcosa sulla distanza tra le operazioni, anche complesse e faticose, che gli animali devono compiere (vedi le migrazioni) e quelle a volte ben più piccole e meschine degli uomini (come ad esempio quelle dei cacciatori). Spero che alla lunga prevalga il rispetto della natura e degli animali... credo che certe logiche violente e insensate siano destinate a scomparire. Biagio Bagini vive e lavora a Novara. Ha scritto programmi radiofonici per Radio2 Rai e pubblicato per importanti case editrici per bambini (Panini, Giunti, Il Castoro, Orecchio Acerbo, Emme). Nel 1995 ha vinto un premio internazionale a Barcellona. Per Lavieri ha appena pubblicato un ricettario per non cucinare gli animali: “Prendere una lepre” con illustrazioni di Giuseppe Palumbo. Massimo Alfaioli, nato in Toscana, vive sul Lago Maggiore dove coltiva le sue passioni: il giardinaggio, le lingue straniere, ma soprattutto il disegno. Ha illustrato libri per bambini e testi scolastici per molte case editrici italiane. Ha adottato quattro cani e nove gatti.


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“Non spingete, non spingete...” di Biagio Bagini con le illustrazioni di Massimo Alfaioli

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a voce dei capi-volo era ferma, sempre più severa. Aumentava di volume con l’aumentare del numero delle anatre che si affollavano, alcune con lo sguardo assonnato, altre più vispe, ma tutte piuttosto quiete. Tendevano a mescolarsi tra loro e individuare i gruppi d’appartenenza non era uno scherzo. Erano arrivate quelle delle due valli gialle, una trentina, poi le quaranta dei laghetti dorati, con il becco rosa e quei modi speciali che nessuno aveva mai tollerato. Adesso però era diverso, perché al raduno generale dello stormo nessuno covava né rancori né istinti bellicosi. Quelle della piana dei contadini erano giunte da un pezzo, forse per prime. Ancora più blande del solito, continuavano a ripetere che tutto andava bene e sarebbe andato a meraviglia, e poi dicevano che gli uomini sono gentili, e il viaggio sarebbe stato stupendo, e tutto sarebbe andato bene, a meraviglia. Adesso le altre ascoltavano la solita cantilena un po’ più volentieri, mentre provvedevano a lisciarsi le penne e ad aggiustarsi il petto piumato. C’era chi si stufava lo stesso, le taciturne delle montagne ad esempio, abituate ai silenzi in famiglia, ai voli lunghi e alla pesca di torrente. Alle taciturne, che non avevano mai assaggiato i pezzi di pane bagnato, gli uomini apparivano ancora come creature disgustose e indecifrabili, con piccole ali attaccate a lato di una testa rozza e grossa, goffi nel muoversi e incapaci di volare, senza il becco di una penna addosso e quindi orribili a era tra loro chi li descriveva come granchi di fiume con quattro vedersi. C C’era chele, e chi diceva avessero due code e due antenne, ma la realtà era che nessuno li aveva visti più da vicino di duecento metri.


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I capi-volo contavano e ricontavano i gruppi. Mancavano all’appello solo quelle dello stagno verde del selvatico nord. Un po’ ritardatarie, un po’ strampalate, dovevano fare sforzi enormi per venire all’adunata generale. Ma poi arrivavano, portando generosamente qualcosa che distribuivano alle altre per il viaggio, rane e chiocciole di palude, qualche carpa. Pur con i loro ritardi si facevano ben volere da tutti a eccezione dei capi-volo, che non potevano concedere sconti sulla disciplina. Alla fine della terza sera lo stormo era al completo. La tensione stava crescendo e l’ordine cominciava a vacillare. I capi-volo serravano i ranghi, ma anche loro andavano ammutolendosi, o meglio intonavano il proprio verso a quello delle altre, che imitavano gli esemplari esperti, quelle che il viaggio lo avevano già fatto. Nel giro di poche ore tutte le anatre tendevano il collo a intermittenza verso sud, emettendo piccoli suoni languidi, come preghiere propiziatorie. Poi, al primo raggio del nuovo giorno, quando per gli uomini era ancora notte, le capofila staccarono, dopo una corsetta rapida, e con una fatica particolare portarono meravigliosamente su nell’aria il collo, il petto, il dorso con le ali che sbattevano forte prima di ritirare le zampe palmate, con un decollo a strappo, dolce come il mattino. Di seguito toccò subito alle altre, come se tutte fossero legate a una stessa corda che le tirava su, in cielo. Sbattevano le ali una contro le altre, sembrava impossibile trovassero lo spazio per partire, eppure tutte dopo pochi secondi erano su, portate in alto dalla stessa misteriosa forza che di colpo tira in cielo gli aeroplani, quando si alzano dalla pista.


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Lo stormo era già a trecento metri d’altezza ma chi era davanti faceva capire che si doveva salire ancora. I capi-volo di terra sembravano spariti, chi li cercava per qualche rassicurazione sul comportamento in viaggio non li vedeva più. Tutte quante le anatre avevano lo stesso sguardo, tranquillo e presente, perché tutte avevano in mente le poche, semplici regole di volo: non urtarsi, seguire la linea di chi sta davanti, procedere nei ranghi della grande V. Chi aveva titubanze le perdeva subito, perché le regole semplici sono un conforto per ogni insicurezza. E così lo stormo volava, ora a cinquecento metri, poi a settecento. Seguiva una corrente ascensionale tiepida come per le acque dei laghetti di agosto, e qualcuna chiudeva gli occhi, ricordando quel tepore. Seguendo la scia del caldo lo stormo saliva per poi ridiscendere, con perdite di quota anche notevoli. Fu proprio in uno di quei passaggi bassi che avvenne il fatto. Erano trascorse forse tre ore dalla partenza quando si udì il botto. Fu come si fosse aperto un buco nel cielo. Ci fu uno spostamento d’aria che creò turbamento nella linea di volo, qualcuna ruppe il ritmo, sbattendo malamente contro un’altra. Seguirono immediatamente tre nuovi botti, e lo scompiglio fu generale. Tenere la linea, non urtare, mantenere la V si sforzavano di pensare tutte quante. E non pensarono ad altro, fino a quando i nuovi crepitii sembrarono alle spalle. Era passata solo una manciata di secondi quando pp di cacciatori appostati pp le anatre furono fuori tiro, oltre il fuoco del g gruppo tra i giunchi della palude.


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Continuarono a volare, anche se qualcuna dovette farsi un poco più avanti, perché erano rimasti due buchi, due posti vuoti nella grande V. Due erano cadute, colpite dal fuoco degli uomini. Non sono stati i contadini… loro sono gentili, rimuginavano quelle della pianura. Gli uomini sanno essere crudeli, pensavano quelle delle due valli gialle. Perché hanno fatto questa cosa? si domandavano amareggiate quelle dei laghetti dorati. Odiosi mostri informi che sputano morte, pensarono le taciturne delle montagne. Quelle di stagno verde avevano in mente solo ci sparano, andiamo via. Niente altro. Non c’era una sola ragione per capire, non un motivo al mondo per comprendere. Ora lo stormo si era alzato di quota, prendeva una nuova corrente ascensionale, puntava ai settecento metri. Di lì a sera avrebbe fatto altri duecento chilometri, prima di posarsi in una zona sicura, lacustre, che le vecchie conoscevano a memoria. Neanche nelle notti, o durante un riposo forzato, in tutti i giorni a seguire nessuna avrebbe parlato degli spari, e di quelle che erano cadute. Le azioni degli uomini non sono comprensibili per lo stormo delle anatre. Tutte guardavano avanti, con ragioni semplici, e superiori: andare laggiù, verso il posto dove svernare, dove c’era più luce, e tepore. In testa avevano questo e le regole elementari della grande V, non urtare, tenere la linea, proseguire. Questo era sufficiente, niente altro. Un bambino che le vide passare disse alla sua mamma che quella V nel cielo forse voleva dire Volo.


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Spedite le vostre lettere all’indirizzo: Viale Regina Margherita 177 00198 Roma

oppure inviate una email a: piccoleimpronte@lav.it

Consiglio per l’orsa Daniza

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aro Piccole Impronte, ogni anno nei boschi centinaia di persone vengono ferite da serpenti e da altri animali ma nessuno ha mai pensato di sopprimerli. Perché per un orso e i suoi cuccioli si devono prendere misure così drastiche? Il mio consiglio è quello di poter mettere un radiocollare e sviluppare un’applicazione per telefonini al fine di conoscere la sua posizione prima di addentrarsi nel bosco. Il diritto di passeggiare in tranquillità è per tutti, uomini e animali. (Si sa che comunque è l’uomo che arreca più danni in assoluto!). I migliori saluti.

ALESSIA GIUSTI, 8 ANNI - FIRENZE

Elisa Provetti, Costa di Rovigo (Rovigo)

Lo dice anche la maestra

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aro Piccole Impronte, ogni volta che guardo il mio guardaroba mi rendo conto di come sia bello, anche senza pelli o pellicce. Che bisogno c’è di comprare pelli e pellicce quando ci sono le cose sintetiche? Per altro, per fare le pellicce uccidono gli animali, prendono, appunto, la pelliccia e il resto lo buttano. Tutto ciò = crudeltà + spreco. Vi scrivo per dirvi che anche la mia maestra di scienze dice che ormai la carne è come veleno e il pesce è quasi tutto inquinato. Gli allevamenti intensivi sono fra le cose che mi fanno infuriare di più. Per altro ho scoperto, guardando un documentario, che per fare il cibo per questi animali in questi allevamenti distruggono intere foreste e, di conseguenza, tolgono la casa a molti animali. Invece nella pesca, quando, mentre pescano con le loro grosse reti, trovano qualche animale che a loro non serve, spesso e volentieri lo ributtano in mare, anche se è morto. E se lo dice la maestra... Ciao!

ELISA CERULLO, 10 ANNI, GAMALERO (ALESSANDRIA)

Milo Mancori (Berlino) ci mostra con fierezza il suo primo graffito. Bellissimo Milo!

Grazie Alessia per averci ricordato la triste fine dell’orsa Daniza. Non dobbiamo dimenticarla, perchè ci insegna che gli umani non sono i padroni della Terra ma che hanno la responsabilità di rispettare ogni essere vivente. E grazie a Elisa per il suo appello antipellicce, antiallevamento, antipesca... insomma a favore di tutti i nostri amici di pelo, penne e piume! PICCOLE IMPRONTE

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a cura di Andrea Musso, illustratore

Come ti disegno l’orso Dopo gatto, cane e maiale il corso di disegno ospita l’orso. Ormai la paura del foglio bianco non spaventa più, sappiamo come iniziare un disegno costruendolo con forme geometriche. Le proporzioni fra corpo e testa 1. Tracciando un ovale allungato sul foglio iniziamo il nostro disegno. Tenete la matita leggera e buttate via la gomma, il mio tratto qui è deciso perché possiate vedere bene la costruzione. Dividiamo l’ovale con una sottile linea verticale che ci aiuterà a posizionare il cerchio per la testa. Per un orso adulto, la dimensione del corpo è circa tre volte in altezza quella della testa. Con due cerchietti in alto, per metà all’interno della testa, facciamo le orecchie. Il nostro orso è tutto rivolto un po’ a sinistra, quindi disegniamo l’orecchio di sinistra più piccolo e in alto, perché resta dietro rispetto a quello di destra: un trucco di prospettiva! Anche il naso, ovale, ha la sua posizione: laterale se l’orso guarda di fianco, centrale se vogliamo che guardi verso di noi.

1 2. Per disegnare un orso cucciolo si traccia un ovale più piccolo della metà del precedente; la testa invece può rimanere della stessa dimensione di quella dell’orso adulto perché i cuccioli hanno la caratteristica di avere una testa grande. Per un orsacchiotto in posizione frontale, le orecchie saranno poste equidistanti dalla sottile linea centrale; il naso al centro, poco più in basso della metà della testa.

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3. A questo punto aggiungiamo i particolari. Iniziamo con gli occhi tracciando una sottile linea dalla fronte al mento come guida. Ricordiamoci che per evidenziare il volume della testa dobbiamo immaginare di disegnare come su un pallone, quindi se il personaggio non è frontale le linee verticali saranno curve. Sopra la testa possiamo mettere della pelliccia e dare anche alle orecchie un aspetto “pelliccioso”. Sotto il naso, poi, un bel per la bocca. Per disegnare le zampe usiamo un ovale verticale per la coscia, 3 sorriso di cui poi si ripassa solo una parte, come una sorta di C. Sotto la coscia mettiamo le zampe, semplici, sempre ovali. Le braccia possono avere molte posizioni e sarà divertente provarne diverse per far fare al nostro orso quello che vogliamo. Calcando ora con la matita i contorni, le sottili linee di costruzione disegnate all’inizio tenderanno a sparire da sole. Se si vedono ancora molto, vuol dire che avete usato la mano un po’ pesante... e potete cancellarle leggermente con la gomma. 4. E ora l’orsacchiotto: le orecchie saranno abbastanza grandi rispetto alla testa, sempre perché è un piccolo, e le braccia corte ma proporzionate con il corpo. In genere per i cuccioli le forme sono tutte più rotonde.

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Le proporzioni del muso 5 A. Concentriamoci ora solo sul muso visto frontalmente. Tracciamo una croce leggermente inclinata da una parte: ci farà da guida per disegnare, con la stessa inclinazione, l’ovale del muso con l’incrocio delle linee al centro. Disegniamo ora l’ovale del naso sotto il centro dell’asse orizzontale e sopra, ai due lati, mettiamo gli occhi. 5 B. Le orecchie avranno la stessa forma di prima e saranno pelose, come anche il contorno del muso. Il sorriso può essere spostato più di lato per movimentare il disegno. Anche questo è un piccolo trucco, così come far inclinare la testa di lato al nostro orso per renderlo buffo e simpatico.

6A 6 A. Con la stessa struttura di base del 6B disegno 5A, proviamo ora a spostare il naso a destra lungo la linea orizzontale inclinata fino a farlo uscire un po’ fuori dal muso. L’orso guarderà verso destra e quindi anche gli occhi saranno da quel lato. Per le orecchie, seguiremo la regola di prospettiva descritta al punto 1. Disegnando la bocca, possiamo aggiungere alla solita linea del sorriso un’altra curva a forma di C che completeremo con l’aggiunta di una lingua. Ed ecco che il nostro orso avrà una bocca aperta e sorridente. 6 B. Adesso ripassiamo le linee di contorno con un pennarello: cominciamo da occhi e naso, e seguiamo solo quelle che ci servono, rendendo tutto più “peloso” per dare un aspetto più vero al nostro amico. Cancellate la costruzione a matita e resterà un disegno pulito, da colorare come volete. Provate a fare esperimenti sulla stessa struttura di base, liberate la fantasia e giocate con la linea della bocca per scoprire nuove espressioni. Un trucco è sempre quello di guardarsi allo specchio per copiare le espressioni (arrabbiata, stupita, triste…) come fa chi disegna fumetti e cartoni animati.

Guardare e copiare Potete divertirvi a cambiare i dettagli del nostro orso: ciuffi di pelo, lunghezza di zampe e coda, orecchie grosse o piccole... È bello osservare gli orsi in tv e nelle foto per notare i particolari da mettere poi nel disegno. In natura, invece, devono essere sempre rispettati e lasciati tranquilli!

Il video-corso

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Mi chiamo Ettore e questa è la mia storia! Un piccolo volpino rimasto paralizzato racconta la sua travagliata storia a lieto fine.

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iao, mi chiamo Ettore e voglio raccontarvi la mia storia. Dobbiamo tornare un po’ indietro, di due o tre anni almeno: allora avevo una tana e un branco, per le strade di un posto chiamato Molise. Poi un giorno successe qualcosa di brutto, molto brutto. Mi ricordo la paura, la solitudine, la pancia vuota, il sapore metallico del sangue che sentivo leccan-domi le zampe di dietro: non mi facevano male,, ma erano sempre più molli, come morte. Strisciavo, ero pieno di grumi che mi strappavano la pelle, stavo sempre da solo e sempre peggio: anche il mio innato ottimismo e la mia grande voglia di vivere cominciavano a perdere colpi... Poi mani umane mi raccolsero dalla strada e mi portarono dalla dottoressa Gabriella: mi avevano trasportato lì dentro una scatola metallica per rse, ma la farmi morire in un modo dignitoso? Forse,

dottoressa si oppose e disse: “NO, questo cane io non lo addormento!”. La sentivo parlare di paralisi ma che il resto era a posto... intuivo che il mio destino era appeso a un filo. E infine mi ha salvato: il suo amore e il suo rispetto per la vita mi hanno salvato! E poi ci sono stati giorni e notti felici, con Gabriella e Tessa che mi coccolavano, e mangiavo di nuovo le cose buone, e mi sentivo sempre meglio... poi il vento cambiò di nuovo. Purtroppo le mie salvatrici non potevano occuparsi di me per sempre. E così appelli disperati, foto inviate dappertutto, ma nessuno voleva un piccolo volpino paralizzato alle zampine posteriori... avevo paura di ritrovarmi al canile. Poi un giorno una mamma e un papà hanno visto il mio appello, la foto con i miei occhi e le mie povere zampe e hanno telefonato! Di nuovo mi sono trovato in una scatola, dentro un treno: dopo un lungo viaggio mi sono svegliato in un’altra tana e c’erano due maremmani (enormi e ringhiosi!), un bretoncino, una boxerina e un

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FOTO E STORIA DI IVANA GIGANTI E BRUNO STIVICEVIC

po’ di gatti... ti... e que qu questi sti tii d due ue umani che mi toccavano e mi grattavano e forse – dico forse – potevano essere il mio nuovo branco. Lo sarebbero stati, adesso lo so, e nella casa di Bruno e Ivana oggi sono felice! Loro sono la mia famiglia e mi sento così amato come non lo ero mai stato! Io cerco di ricambiare come posso, sono gentile, vado d’accordo con tutti, cani e gatti, faccio la guardia, faccio persino l’attivista animalista io! Sono sempre presente ai tavoli informativi che fanno i miei amici umani e ho marciato per chiudere un posto bruttissimo che si chiamava Green Hill… e l’hanno chiuso!!! Come sono contento per i miei amichetti beagle! Ora sono passati tanti, tanti pasti gustosi e oramai mi sento a tana mia… Talvolta mi rompono le scatole con il cambio continuo del pannolino e soprattutto con una cosa brutta che chiamano “spazzolare” (la odio!), ma tutto sommato mi sento bene. Mi portano spesso fuori e mi piace uscire, basta che non faccia troppo freddo o troppo caldo. Di giorno sto con Bruno a casa e poi, verso sera, arriva Ivana e andiamo a fare una passeggiata: ho un giardino grande dove posso correre e fare i pisolini all’ombra.

Ho un branco alquanto grande, alcuni mi fanno un po’ di paura, altri mi rispettano come si deve, c’è un gatto che si permette alcune cose che non dovrebbe... ora è arrivato anche un altro rompiscatole che chiamano Pino: gli ho ringhiato per metterlo a posto, ma alla fine è un buono e penso che andremo d’accordo, ovviamente se lui comprende che comando io… Sono felice, tranquillo, so che mi vogliono tanto bene, lo capisco perché cercano di capire quello di cui ho bisogno: se ho fame, se voglio uscire, se voglio le coccole o le grattatine che da solo non riesco a farmi. Adesso non sono più da solo e il mio pelo è raddoppiato per la felicità! Ora vado a dormire, “scrivere” è proprio una fatig d’oro a tutti! ca… sogni

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L’Orso DI

DELPHINE GRINBERG

ILLUSTRAZIONI DI

DIDIER BALICEVIC Editoriale Scienza COLLANA MINI SCIENZA SNACK Da 6 anni e tu fossi un orso… il tuo olfatto sarebbe infallibile, avresti artigli lunghi dieci centimetri e sapresti pescare con la bocca, graffieresti i tronchi per segnalare la tua presenza e saresti ghiotto di miele e formiche. Lo sai che gli orsi sentono l’odore di un seme coperto da mezzo metro di neve? E che sono capaci di arrampicarsi sugli alberi? Avresti mai immaginato che possono sollevare pietre di cento chili? Pensi abbiano paura degli uomini? Secondo te mamma orsa sgrida i suoi cuccioli? Un libro interattivo e ricco di alette da sollevare, dove ogni pagina equivale a una scoperta grazie a mini storie, giochi, quiz, illustrazioni vivaci e foto.

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Mio Miao il mio unico specialissimo gatto

La mia vita tra i gorilla Dian Fossey si racconta

DI

SANDOL STODDARD REMY CHARLIP Orecchio Acerbo editore Da 4 anni in su Un bambino e un gatto. Il “suo” gatto. Il racconto delle cure amorevoli, delle mille attenzioni, dei divertenti giochi ai quali, inspiegabilmente, il “suo” gatto sempre si sottrae. Un gatto come tanti, come tutti. Fiero della sua libertà, della sua autonomia e mai disposto a rinunciarci, né per cibo, né per moine, né per giocare. Un “io sono mio” miagolato con forza e determinazione. È cosa risaputa: si può ‘avere’ un cane, ma un gatto no. I gatti non si fanno possedere, né si fanno coccolare a comando... ma sanno cosa amare e, soprattutto, come farsi amare. Un inno al gatto e, insieme, un invito a ricordare che un animale non è un giocattolo e che non esiste a nostro uso e consumo.

DI VICHI

ILLUSTRAZIONI DI

ILLUSTRAZIONI DI

DE MARCHI

CINZIA GHIGLIANO Editoriale Scienza Da 11 anni A tu per tu con Dian Fossey, in Africa, tra i vulcani del Virunga, a contatto con i gorilla di montagna: un racconto intenso e battagliero, come fu la vita di questa coraggiosa scienziata che, con la sua testimonianza e i suoi studi, ha contribuito a salvarli dall’estinzione. «Sbirciai tra le foglie come si spia dal buco di una serratura. Sei gorilla, neri come l’inchiostro, stavano guardando verso di noi, attenti a ogni rumore o movimento». Questo intenso romanzo biografico, narrato in prima persona, racconta la vita e l’impegno di una donna che, ancora giovanissima, fu spinta dall’amore e dal rispetto per la natura.


Marmotta

Marmotta

© Astrid228 | Dreamstime.com

L

a marmotta vive sui prati, i pascoli e le pietraie di montagna, tra i 1500 e i 3000 metri! Tozza e robusta, unghie forti e resistenti per scavare, ha un’ottima vista a più di 300 gradi e un udito eccezionale. Quando avvista un predatore (i suoi nemici principali sono l’aquila e la volpe) si alza sulle zampe posteriori ed emette un grido fortissimo, simile a un fischio, per avvisare le sue compagne che corrono a rifugiarsi nella tana. Questo segnale di pericolo, udibile a più di un chilometro, viene sfruttato anche da camosci, cervi e stambecchi: per questo la marmotta viene chiamata “sentinella delle Alpi”. È vegetariana e mangia semi, radici, fiori, frutta ed erbe aromatiche, di cui è molto golosa. Non beve mai: le basta l’acqua contenuta nel cibo. Molto territoriale, quasi tutta la sua vita si svolge intorno alla tana, un vero e proprio edificio sotterraneo. Ci sono la stanza principale, profonda alcuni metri e imbottita d’erba, e numerose stanze più superficiali, tra cui il bagno! Va in letargo per sei mesi: un sonno da record che le permette di affrontare la neve e il gelo dell’alta montagna. Entra nella tana a inizio ottobre, bella grassottella, con un piccolo gruppo di compagne: la temperatura corporea scende a 5 gradi e il cuore rallenta fino a 10 battiti al minuto. Il lungo sonno si interrompe una volta al mese per fare i bisognini. Per il resto... ci rivediamo a primavera!

© Photographerlondon | Dreamstime.com

I numeri della marmotta 45-60 centimetri la lunghezza senza coda 13-18 centimetri la lunghezza della coda 3-6 kilogrammi il peso 4-5 settimane la durata della gravidanza 2, 5 o 7 il numero dei cuccioli 15-18 anni la durata della vita

LA MIA PELLICCIA NON SI TOCC A !


libertà animali

disegna la degli

Concorso nazionale

IN COLLABORAZIONE CON

per le Scuole Primarie e Secondarie di Primo Grado

www.mammeonline.net

IL PRESENTE CONCORSO NON È SOGGETTO AD AUTORIZZAZIONE MINISTERIALE AI SENSI DEL D.P.R. N. 430 DEL 26/10/2001, ARTICOLO 6.

PIER PAOLO PUXEDDU+FRANCESCA VITALE STUDIO ASSOCIATO

scadenza 15 febbraio 2015

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educazione@lav.it


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