Le divergenti visioni della concezione parametrica 1
Architettura Parametrica, Parametricismo, modellazione parametrica, progettazione computazionale e design algoritmico sono parte dei nomi con cui si indicano dei determinati modi di gestire la pratica del progetto di architettura, i quali oggi hanno assunto una posizione centrale nel dibattito architettonico anche a causa del serrato dialogo che essi instaurano con alcuni tipi di strumenti digitali.
Questi nomi, nel senso comune, fanno riferimento all’idea di generare la forma architettonica a partire dalla definizione di un suo codice sorgente, prettamente di natura digitale, che può manifestarsi in un algoritmo, uno script o, più in generale, delle istruzioni. In realtà, le fonti che per prime hanno delineato le caratteristiche teoriche e operative di queste modalità di progetto individuano per esse dei connotati divergenti rispetto, a titolo di esempio, alle modalità di sintesi della forma, ai ruoli assegnati al progettista e alla tecnica di cui si servono.
In questo capitolo si propone, propedeuticamente, di tracciare e discutere tre principali visioni intorno alle quali organizzare la conoscenza delle posizioni e interpretazioni esistenti su questi particolari modi di gestire il progetto di architettura.
L’operazione condotta rappresenta un primo tassello per poter delineare la concezione parametrica del progetto di architettura in termini di approccio, inteso come atteggiamento con cui è possibile affrontare la disciplina progettuale e all’interno del quale annoverare posizioni presentanti aspetti di continuità e, contemporaneamente, di divergenza.
di Moretti negli anni di sviluppo delle prime, pioneristiche, applicazioni della strumentazione digitale nel progetto di architettura. Un numero consistente di autori, che saranno successivamente richiamati, nello storicizzare le origini della concezione parametrica, pur menzionando il lavoro di Moretti, preferiscono quindi guardare a quelle esperienze di ricerca che hanno tradotto la pratica architettonica in un problema da risolvere, così come proposto già da Mitchell. Ciò ha comportato un minore interesse verso la costruzione di un approccio scientifico alla pratica architettonica, come invece proposto da Moretti. In entrambe le trattazioni è, tuttavia, individuabile una certa distanza da predeterminazioni formali e linguistiche nell’approcciarsi alla pratica architettonica. Ciò, se nel caso di Moretti è necessario a non generare bias e pregiudizi nella progettazione, nel caso di Mitchell, nonché di un grande numero di pionieri del computazionale in architettura, questa distanza deriva da un certo disinteresse verso il problema della forma.
Quanto detto finora della visione computazionale permette di delineare un campo d’azione nel quale ricercare quei contributi teorici che, con diverse modalità, hanno permesso un avanzamento della cultura sottesa alla concezione parametrica, pur senza dichiarare una continuità con il lavoro di Moretti. Questo lavoro è diviso in due fasi: sono prima richiamate ricerche interessate in modo esplicito alla concezione parametrica e successivamente sono richiamate ricerche che presentano chiari punti di affinità con essa nonostante utilizzino un lessico differente.
Come dimostrato nel capitolo 2, un numero consistente di concezioni del progetto di architettura condotte a partire dagli anni ’90,
Si ripropone integralmente la sintesi di Mitchell:
«The fundamental paradigm of computer-aided architectural design that has emerged from this discussion can be summarized as follows:
(a) Designs can be represented by means of data structures stored in computer memory.
(b) Potential solutions can be generated for consideration by assigning values to the variables which constitute the data structure. These values may be read into the computer as data or may be generated by execution of a program. In the latter case we say that a proposed design solution is automatically synthesized.
(c) Proposed solutions can be tested for compliance with specified criteria by the execution of programs which operate upon the data structure stored in memory.
(d) A given computer-aided design process represents some chosen pattern of division of functions (solution representation, generation, and testing) between human designer and machine».
Esercizi di progressiva astrazione della forma architettonica su una villa di Joseph Gwilt, finalizzati all’applicazione di diverse tecniche di progettazione computazionale. Ridisegno critico di una proposta di William Mitchell in Computer Aided-Architectural Design, 1977, p. 218-219.
La definizione concettuale del Parametricismo apre a un’altra cruciale e dirimente questione: l’inadeguatezza, secondo Schumacher, del repertorio formale distillato prima dal classicismo e poi dal movimento moderno a promuovere l’agenda del programma di ricerca/stile del Parametricismo. Schumacher, quindi, definisce un «cambiamento ontologico»92 nella pratica del progetto di architettura a partire all’uso di nuove entità geometriche che meglio si prestano ad essere variate e, soprattutto, a dipendere da un numero di parametri superiore rispetto ai poliedri e ai solidi di rotazione. Queste entità geometriche sono: «splines, superfici NURBS e blobs, che permettono di adottare operazioni come il lofting (morphing) e principi compositivi della deformazione affiliativa-adattiva»93. Una chiara rottura rispetto alla proposta - definita da Schumacher come portatrice di una certa «povertà geometrica»94 – di Le Corbusier, il quale elogiava la geometria euclidea inserendone una tavola sinottica nella prefazione di The City of To-Morrow95 . È necessario sottolineare che la prossimità tra la definizione concettuale del Parametricismo e alcuni tipi di forme non è unicamente finalizzata a ottenere una architettura che comunichi dinamismo, adattabilità e interattività, ma piuttosto a delineare un approccio progettuale in cui la forma nel suo processo poietico sia il più possibile propensa a variare rispetto a degli stimoli esterni. È quindi possibile affermare, con una certa semplificazione, che il Parametricismo, nella sua definizione concettuale fornita da Schumacher, oltre che un programma di ricerca/ stile è anzitutto un possibile modo di gestire la forma architettonica. Il programma di ricerca/stile del Parametricismo va perciò discusso anche in termini di principi metodologici capaci di guidare l’approccio al progetto tracciato nella sua definizione concettuale. Nella trattazione di Schumacher i principi metodologici comprendono intuizioni
92. Patrik Schumacher, The Progress of Geometry as Design Resource, in “Log”, no. 43, 2018, pp. 105-118.
93. Scrive Schumacher: «The new expanded geometric ontology of parametricism includes the related geometric entities of splines, NURBS surfaces, and blobs, and allows for operations like lofting (morphing) and the compositional principle of affiliative-adaptive deformation. This radical ontological shift can be characterized as the shift from typology to topology». Patrik Schumacher, The Progress of Geometry as Design Resource, cit. 94. Ibidem.
95. Le Corbusier, The City OF To-Morrow and its Planning, Payson & Clarke Ltd, New York, 1929.
Generato a partire da metaballs, cioè primitive geometriche non euclidee, il Galaxy Soho è uno degli edifici più menzionati negli scritti di Patrik Schumacher per indicare le possibilità del Parametricismo e di un suo preciso subsidiary style, il blobism
Zaha Hadid Architects, Galaxy Soho, Pechino, 2009-2012. Crediti: Bjarke Liboriussen, CC BY 2.0
formali (formal heuristic) e funzionali (functional heuristics)96. Le prime stabiliscono le regole che guidano l’elaborazione e la valutazione della forma architettonica, e, inoltre, delineano un repertorio formale affine all’agenda parametricista. Le seconde stabiliscono i principi che guidano l’elaborazione e la valutazione della prestazione del progetto, con particolare riferimento al programma e alla funzionalità.
A queste due dimensioni, con il fine di delineare una formulazione operativa del Parametricismo, sono associati taboo (negative heuristics) da evitare, e dogmi (positive heuristics) da perseguire. Mentre i taboo
96. Patrik Schumacher, The Autopoiesis of Architecture. Volume 2, cit., pp. 656-659.
Anche Eastman, nelle cui sperimentazioni è diffusamente riconosciuta l’origine del BIM156, propone un processo basato sulla creazione di primitive tridimensionali, dipendenti da parametri, da associare e relazionare per comporre la forma architettonica con un processo bottom up, cioè da segni elementari verso l’artefatto finale. Scrive Eastman nel 1975 a proposito del funzionamento del suo Building Description System (BDS):
«un edificio può essere concepito come un insieme di elementi tridimensionali disposti nello spazio. Gli elementi possono includere [travi] 2’x4’, barre rinforzate, pannelli prefabbricati o una stanza. Una rappresentazione dettagliata dell’edificio potrebbe essere fornita da un computer se esso fosse in grado di memorizzare le descrizioni di un numero molto elevato di elementi diversi disposti nello spazio. La progettazione consisterebbe nel definire interattivamente gli elementi, in base alla loro forma e ad altre proprietà, e nel disporli, come si farebbe con un modello di legno di balsa157.
In un articolo dedicato al BDS e basato sulla tesi che è più conveniente modellare un edificio anziché disegnarlo, Eastman intuisce ciò che oggi sono considerate caratteristiche del BIM ma che altri autori hanno già ricondotto alla concezione parametrica158: l’automatizzazione della produzione di elaborati progettuali, la propagazione delle modifiche progettuali dal modello verso gli elaborati di progetto, l’automazione delle verifiche di normativa, l’aggiunta di informazioni alle primitive
156. Cfr.: «Il primo esempio documentato che ho trovato del concetto che oggi conosciamo come BIM è stato un prototipo funzionante del "Building Description System" pubblicato nell'ormai defunto AIA Journal da Charles M. "Chuck" Eastman» (tradotto da: «The earliest documented example I have found for the concept we know today as BIM was a working prototype “Building Description System” published in the nowdefunct AIA Journal by Charles M. “Chuck” Eastman»). Jerry Laiserin, Foreword, in Chuck Eastman, Paul Teicholz, Rafael Sacks, Kathleen Liston, BIM Handbook. A guide to building information modeling for Owners, Managers, Designer, Engineers and Contractors, John Wiley & Sons, Hoboken, 2008, p. xi-xiii.
157. Tradotto da: «A building can be conceived, though a collection of three-dimensional elements arranged in space. Elements might include 2x4s, reinforced bars, precast panels or a room. A detailed building representation might be provided by a computer, if it could store descriptions of a very large number of different elements arranged in space. Designing would consist of interactively defining elements, according to their shape and other properties, arranging them, much as one would a balsa-wood model». Charles Eastman, The Use of Computers Instead of Drawings in Building Design, in “AIA Journal”, no. 63, 1975, pp. 46-50.
158. Cfr. Alfredo Andia, Thomas Spiegelhalter, Post-Parametric Automation in Design and Construction, Artech House, Londra, 2015.
La concezione parametrica dell’architettura
Automatizzazione della ricerca di alternative progettuali rispondenti agli stessi vincoli di natura programmatica, tecnologica e strutturale per un gruppo di residenze. Nicholas Negroponte, Soft Architecture Machine, 1976, p. 111. Crediti: CC BY-NC-ND 4.0
geometriche (colori, materiali, costi etc.), l’automazione dei quantity take-off e altro.
La documentazione tecnica alle spalle del BDS permette di comprendere le modalità con cui questo software, e per estensione le applicazioni pratiche della concezione parametrica più vicine al BIM, impone di pensare la forma architettonica. Il BDS suggerisce la scomposizione del solido architettonico in vertici, spigoli e facce le cui proprietà, espresse in termini di dimensioni, rotazioni, distorsioni e posizionamento nello spazio, diventano un primo oggetto della progettazione. I limiti formali del sistema sono evidenti in quanto vi sono forme architettoniche, come parallelepipedi e cilindri, che presentano una maggiore predisposizione ad essere prima scomposti e poi “parametrizzati”. Un secondo paradigma suggerito dal BDS riguarda la centralità della visione topologica degli elementi architettonici, cioè rendere le «relazioni tra vertici, spigoli, e facce»159 l’oggetto stesso della progettazione architettonica.
159. Charles Eastman, The Use of Computers Instead of Drawings in Building Design, cit.
Frei Paul Otto (sinistra, 1966) e Heinz Isler (destra, 1961), ricerche sul form-finding di funicolari, hanging models, superfici minime e tensostrutture. Crediti: Ridisegno e selezione dell’autore.
Block Research Group, Armadillo Vault, 16° Biennale di Architettura di Venezia, 2016.
Crediti: Trevor.patt, CC BY-NC-SA 2.0
Inoltre, l’interprete dell’opera aperta, cioè la figura che individua una cristallizzazione della forma architettonica tra un campo di infine possibili sue variazioni, non coincide necessariamente con il progettista, il quale può essere parzialmente o completamente sostituito da ulteriori automatizzazioni dei processi decisionali.
Se lo sviluppo degli strumenti assume un ruolo centrale nella progettazione, se tali strumenti sono fortemente dipendenti dai prodotti di comunità di sviluppatori guidati dagli ideali dell’open-source e se il progettista può essere relegato a interpretatore di una opera aperta, è evidente che la concezione parametrica può suggerire anche una crisi della dimensione autoriale nel progetto di architettura. La crisi, ancora una volta, è chiara rispetto a una posizione di Alberti, cioè l’idea di un progetto autoriale inteso come riconducibile al lavoro intellettuale e operativo di un’unica figura. Inoltre, anche nel caso in cui il progettista coincidesse chiaramente con l’autore dello strumento progettante, si
increasingly conceived as open-ended, generative scripts that may beget one or more different objects—redesigned, adapted, messed up, and tampered with by a variety of human and technical agents, some of them uncontrollable and unpredictable». Mario Carpo, The alphabet and the algorithm, cit., p. 45.
potrebbe dire che finché egli non cristallizza una forma architettonica rimane un «‘generale’, o forse ‘generico’, autore»37. Si può riconoscere, quindi, un fenomeno di diluizione e frammentazione della responsabilità autoriale (o della paternità ideativa) tra le diverse figure, le diverse discipline e addirittura i diversi strumenti coinvolti nel progetto di architettura quando quest’ultimo implementa alcuni aspetti della concezione parametrica. Ciò può essere letto come una estremizzazione di un aspetto proprio del «racconto del farsi dell’architettura» suggerito da Gregotti, cioè la presenza di una «pluralità dei materiali esterni e provenienti da altre discipline che sono concretamente presenti alla costruzione del progetto»38.
Quanto detto finora è stato tracciato guardando ad alcune declinazioni della concezione parametrica che conducono a una pratica progettuale di frontiera. Ma proprio questo carattere di frontiera ha permesso di delineare con chiarezza diverse eversioni che la concezione parametrica può introdurre nel progetto di architettura. Eversioni che – se accettate, studiate e praticate consapevolmente – potrebbero essere utilizzate per delineare una propria narrativa progettuale e nuovi codici per il progetto, trasformando così, come proposto da Baudrillard39, Zevi40 e Saggio41, «la crisi in un valore».
Codici della modellazione.
Sulle possibilità del concetto di modello
Questo paragrafo ambisce a essere una concisa ricognizione dei concetti di modello adottabili nell’ambito della concezione parametrica, ma, come riconosciuto da Saggio, «l’uso della parola “modello” fa subito tremare le vene a un architetto»42 a causa della stratificazione di significati
37. Tradotto da: «the objectile’s designer is a “general,” or perhaps a “generic,” author». Mario Carpo, The alphabet and the algorithm, cit., p. 48.
38. Vittorio Gregotti, I racconti del progetto, Skira, Milano, 2018, p. 21.
39. Jean Baudrillard, Modernitè, in Encyclopaedia Universalis, vol. 12, Encyclopaedia Universalis, Parigi, 1985, pp. 424-426.
Per un approfondimento vedi: Hilde Heynen, Architecture and Modernity. A critique, MIT Press, Cambridge, 1999, p. 12.
40. Bruno Zevi, Architettura della Modernità, Newton Compton Editori, Roma, 1994, p. 91.
41. Antonino Saggio, Introduzione alla Rivoluzione Informatica in Architettura, Carocci, Roma, 2007, pp. 24-29.
42. Ivi, p. 78.
Jean-Nicolas-Louis Durand, Precis des Leqons d’Architecture, 1802, tavola 20, “Ensembles d’èdifices. Résultats des division du quarré, du parallélogramme, et de leurs combinaisons avec le cercle”. Crediti: Public Domain.