L'umana arte

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68 Simmetria e geometria

Sono sempre stato un sognatore ironico, infedele alle promesse segrete. Ho sempre assaporato, come altro e straniero, la sconfitta dei miei vaneggiamenti, assistendo casualmente a ciò che credevo di essere. Non ho mai prestato fede alle mie convinzioni. Ho riempito le mie mani di sabbia, l’ho chiamata oro, e ho aperto le mani facendola scorrere via. La frase era stata l’unica verità. Una volta detta la frase, tutto era fatto, il resto era la sabbia che era sempre stata.

Fernando Pessoa, Il libro dell’inquietudine

Scrivo. Lo faccio per non buttare via il tempo. Vorrei dedicarmi ad altro; al progetto, per esempio. Ma non posso farlo, non in questo momento. Per questo scrivo. Fisso su carta i miei pensieri. Del resto l’architetto altro non è che un pensatore.

Fare architettura significa tradurre idee in cose costruite, dare forma a un pensiero.

Ci sono momenti in cui è possibile farlo, altri in cui questo percorso rimane interrotto, sospeso. Ma anche quando non è possibile costruire, anche quando non ci sono incarichi, i pensieri possono continuare a viaggiare liberamente, ancora più liberamente. Essi rappresentano la parte più nobile della nostra arte, quella che non ha bisogno di scendere a compromessi di nessun genere: nessun committente da accontentare, nessun amministratore da dover convincere.

Un vero architetto non smette mai di progettare, perché non smette mai di pensare e di farlo avendo come fine ultimo la realizzazione di qualcosa.

Architettura come arte

Utilizzo la parola arte per descrivere l’architettura perché considero l’architettura una forma d’arte. Sembrerebbe, questa, un’affermazione ovvia, scontata, ma non lo è affatto. Molti non la pensano così. Molti ritengono che l’architetto debba occuparsi principalmente di problemi materiali. Pensano che l’architettura debba mirare a soddisfare bisogni. Per questa ragione considerano gli architetti “tecnici” a cui chiedere risposte concrete.

Ma il ruolo dell’architetto non è questo. L’architetto, come tutti gli artisti, come tutti i grandi pensatori, deve andare oltre, deve coltivare il dubbio, porsi domande più complesse, più profonde. Le risposte che egli deve fornire non possono essere solo quelle concrete, certe, del tecnico. L’architettura ha bisogno di rimanere su un piano diverso, quello dell’arte; deve essere principalmente espressione estetica dell’interiorità e dell’animo umano.

L’architettura è un fatto d’arte, un fenomeno che suscita emozione, al di fuori dei problemi di costruzione, al di là di essi. La costruzione è per tener su: l’architettura per commuovere.

Le Corbusier

L’anima e il corpo

Tra tutte le forme d’arte, l’architettura è l’unica che nasce con una funzione. Nasce per essere usata, vissuta, abitata. Essa è destinata a qualcosa di concreto, è destinata a soddisfare bisogni. In quanto costruita, è esposta ad ogni tipo di avversità ambientale.

L’architettura invecchia, si degrada. Potremmo considerare l’architettura la forma d’arte più umana, la più fragile perché, come l’uomo, direttamente calata sulla Terra.

La condizione di oggetto d’uso appartiene solo all’architettura. La musica, la scultura, la pittura, il cinema, non subiscono questo genere di trasformazioni: l’opera rimane immutata nel tempo. Nel caso della musica, per esempio, è possibile che il brano venga modificato oppure interpretato in maniera diversa da come l’autore l’aveva concepito, ma si tratterebbe, in questo caso, di un nuovo brano.

Potremmo immaginare l’architettura costituita da due parti: l’anima e il corpo.

La prima è la parte artistica, spirituale. Essa ha a che fare con il pensiero, con l’idea. È personale, appartiene all’autore. È l’espressione del suo pensiero, della sua interiorità. Non può essere usata né trasformata da nessuno.

La seconda è la parte materica, la forma costruita. Appartiene al luogo. Entra in relazione con il paesaggio che la circonda. Crea nuovi equilibri, svolgendo la

funzione per cui è stata concepita e realizzata. Essa può essere modificata e trasformata.

Con la realizzazione la parte spirituale, l’anima, svanisce. Sul terreno resta solo la parte materica: il corpo.

La contrapposizione tra anima e corpo, il dualismo che, a partire da Platone, ha accompagnato le riflessioni filosofiche sulla natura umana e sul senso della vita, accomuna ancor più l’architettura all’uomo. Così come l’uomo, anche l’architettura ha un corpo, cioè una forma che racchiude in sé uno spazio, e un’anima, cioè un’idea in virtù della quale tale forma è plasmata. Perché le idee, secondo Platone, sono visioni dell’anima.

Le città, le campagne, sono l’insieme di corpi di architetture accostate a formare paesaggi.

La distinzione tra anima e corpo, pertanto, ci consente di cogliere meglio la profonda differenza che esiste tra l’architettura e le altre forme d’arte.

La musica non nasce per essere usata, vissuta, modificata. Non è esposta all’ambiente esterno, non invecchia, non si trasforma. E non lo sono neanche la poesia, la pittura, il cinema.

Non è possibile immaginare che qualcuno possa aggiungere qualche nota ad una Fuga di Bach, oppure una strofa ad una poesia di Pablo Neruda o, ancora, una pennellata ad un dipinto di Michelangelo. L’opera d’arte non può essere manipolata. Essa appartiene all’autore.

L’architettura, dunque, è un’arte sui generis, perché nasce con delle funzioni, nasce per soddisfare bisogni materiali. È sui generis perché destinata ad essere usata, perché soggetta a trasformazioni.

Molti ritengono che l’architettura debba accettare questa condizione, anzi, la qualità dell’opera, secondo alcuni, è direttamente proporzionale alla sua capacità di adattarsi alle trasformazioni. Io non la penso così. Il progetto è un buon progetto se qualsiasi trasformazione o modifica finirebbe per peggiorarlo.

Una volta realizzata e consegnata al luogo, l’opera di architettura non appartiene più all’autore. Una volta costruita, egli non ha più nessun controllo su di essa, divenendo egli stesso spettatore passivo delle sue trasformazioni.

Per questa ragione è importante fissare il momento ultimo del percorso progettuale, stabilire qual è la sua conclusione, la sua fine: il momento in cui l’anima lascia il corpo. Uno strumento che consente all’autore di dichiarare finita la sua architettura è la foto. Attraverso la foto è possibile fissarne la conclusione. Sulla foto è possibile imprimere il messaggio che il progettista ha voluto comunicare.

Il processo artistico si conclude, dunque, con la realizzazione, con la sua messa in scena. Ciò che resta sul terreno è una traccia, più o meno fedele, dell’opera. Resta il corpo dell’architettura, che continuerà la sua vita, trasformandosi e modificandosi col trascorrere del tempo.

Questo «che cosa» non sarà più il «che cosa materiale», oggettivo dell’epoca passata, ma un contenuto artistico: sarà l’anima dell’arte, senza la quale il corpo (il «come») non può vivere una vita piena e sana proprio come un uomo o un popolo.

Vasilij Kandinskij, Lo spirituale nell’arte

Osservazione, composizione, costruzione

Il progetto di architettura si compone sostanzialmente di tre fasi: osservazione, composizione e costruzione. Esse sono strettamente legate fra loro. Non è possibile separarle. Ciascuna confluisce nell’altra, nel complesso processo di definizione del progetto architettonico. Non si tratta quindi di un percorso lineare in cui le tre fasi si susseguono. Si passa continuamente da una fase all’altra nel tentativo di dare risposta alle numerose domande che ognuna delle tre frasi porta con sé. Ogni progetto può avere una genesi diversa; ogni progetto segue un proprio percorso.

L’osservazione è la prima fase di quello che potremmo definire processo creativo. In essa confluiscono aspetti razionali ed emotivi.

Il percorso creativo si compone di due dimensioni: quella razionale, legata all’intelletto, e quella emotiva, legata ai sensi. La prima analizza i dati in modo scientifico, o critico, mentre la seconda si lascia trasportare dalle sensazioni, dalle emozioni, dal cuore.

Già in questa fase ha inizio il progetto. Osservando, si compiono le prime scelte, si scartano alcuni elementi a favore di altri. Tutto il processo creativo è caratterizzato da continue scelte e rinunce che ne condizionano

il percorso determinando il risultato finale. In questa prima fase entrano in gioco interessi personali dell’artista, sensibilità personali. Tutto il percorso creativo è un percorso personale, intimo.

Come affermava Andrej Tarkovskij:

Se si chiede a più registi, ognuno con una personalità diversa, di riprendere per un’ora una stessa scena, otteniamo film molto diversi fra loro, in quanto ognuno di loro avrà scelto alcuni elementi e scartato altri in base al proprio interesse personale.

È l’artista che sceglie ed elabora la materia.

Questo vale anche per l’architettura.

L’architetto, attraverso il progetto, racconta la sua verità, che non è mai una verità assoluta, valida per tutti, ma è quella a cui giunge osservando, scegliendo, scartando, scavando dentro di sé.

Nel progetto confluisce tutta una serie di interessi personali che ne condizionano le scelte. La capacità di saper osservare e di saper ascoltare è una condizione fondamentale e indispensabile.

Ciò che l’architetto dà, attraverso il progetto, sono risposte. Risposte ad una serie di domande. Alcune di queste gli giungono dall’esterno: dal committente, per esempio. Altre invece sono personali, domande che egli porta dentro di sé e che solo lui conosce. Sono comuni a tutti coloro che scelgono di esprimersi attraverso la propria arte. Bisogni personali a cui ogni artista cerca di dare risposta per mezzo della propria opera.

La musica rappresenta la mia personale esperienza nel formare quella materia, la cui indagine quindi non può dare assolutamente niente agli altri individui che non sono me stesso e che non hanno indagato su quella materia come io ho fatto.

Nel caso dell’architettura, è attraverso l’attenta analisi del luogo che, spesso, prende le mosse il progetto. Essa non è mai fine a se stessa, ma finalizzata alla realizzazione. Bisogna osservare con attenzione ogni cosa, perché ogni elemento, ogni dettaglio, può orientare le scelte, può condizionare il progetto.

Per Gino Valle, l’attenta analisi del luogo rappresenta il momento più importante per ogni suo progetto. Ogni opera, secondo lui, nasce dal luogo. Esiste già sul luogo, basta saperla cercare. Per questo Valle preferiva percorrere in lungo e in largo lo spazio su cui doveva sorgere il progetto, alla ricerca delle forme della sua architettura. Alla stregua di uno scultore, che scava la materia per trovare, al suo interno, la forma nascosta. Il processo creativo è continuo, non ha interruzioni, va avanti comunque, incontrastato, in ogni luogo, in ogni momento. A volte l’idea progettuale può arrivare apparentemente da sola, nei momenti più impensabili. In realtà essa arriva perché deve arrivare, arriva perché noi l’abbiamo saputa cercare.

Non sempre, però, l’idea nasce dal luogo. A volte può avere un’origine diversa, magari legata al vissuto dell’autore, a suggestioni rimaste impresse nella sua memoria personale e che d’un tratto riemergono. Tutto

Luce

L’architettura è il gioco sapiente, corretto e magnifico dei volumi raggruppati sotto la luce.

Le Corbusier

Tra i materiali dell’architettura c’è la luce. Nessuna architettura è possibile senza luce.

La luce rappresenta un materiale fondamentale. Senza luce naturale e di conseguenza senza ombra l’architettura non potrebbe esistere, sarebbe priva di un’anima. Sarebbe un corpo morto.

Il primo elemento con cui l’architetto deve confrontarsi quando progetta è proprio la luce, perché è lei a rendere vive le forme che egli realizza. È la luce che le modella, definendone i contorni. Essa conferisce profondità ai volumi, ponendoli su piani diversi. Rende riconoscibili le singole parti, sottolineandone le gerarchie, le relazioni tra ciascuna parte e il tutto. Valorizza ogni piccolo dettaglio, lo mette in risalto, facendolo emergere nell’armonia dell’opera. Fa vibrare ogni singolo frammento, lo fa risuonare e diventare voce indispensabile della composizione.

Il vero tema dell’arte e, quindi, dell’architettura, è la competizione tra arte e luce.

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