01 00 02 04 05
Riflessioni Introduzione
Dialoghi
Tesi
Esperienze
Postfazione
01/ Pedro Campos Costa, Ambrogio Santambrogio
02/ Intervista a Mariano Sartore
03/ Francesca Baldinucci, Eugenio Bini, Cristina Brunelli, Eleonora Cantoro e Mattia Goretti, Michele Cherubini, Marco Chiocci, Antonio Loris di Benedetto, Fabio Ercoli, Valentina Faina, Anna Falcinelli, Andrea Filippucci e Francesco Bartolo, Francesca Romana Gabrielli, Alessandra Lazzari, Luca Lepri, Elisa Morelli, Andrea Pacchierotti, Chiara Passeri, Marco Peverini, Davide Scarabottini, Paolo Spinelli
04/ Riccardo Amendola, Francesco Bartolo e Orsola Spada, Camilla Bodo, Giulia Calamita, Amabile Fazio, Lucrezia Giannone, Cadeaugè Kadogo, Alessandra Milito, Francesca Nafissi, Matteo Zampolini
05/ João Soares, Annalisa Giusti
In disciplina
Titolo di una mostra di Álvaro Siza nel museo Serralves di Porto nel 2019
L’architettura è una disciplina di grande portata, transdisciplinare, che richiede necessariamente una visione della città e un’analisi delle forme di vivere e abitare, offrendo quindi una prospettiva o una lente sul mondo. Per questo motivo, “fare architettura” richiede metodologie e processi diversi rispetto alle discipline complementari: non si può insegnare l’architettura come si insegna l’ingegneria, né trasformarla in un semplice servizio con risposte preconfezionate. L’architettura non è una disciplina di certezze, ma di incertezze. Essa indaga, si adatta, si trasforma, fa sintesi e pone domande per trovare risposte. È una disciplina che tiene conto delle questioni sociali e politiche, ma che allo stesso tempo possiede un carattere artistico e utilizza processi vicini a quelli dell’arte.
L’”indisciplina” è essenziale per navigare in questa disciplina. È proprio grazie all’”indisciplina” che si può “evadere”, pensare in modo diverso, essere critici, interpretare la realtà da nuove prospettive, aprire nuove strade, mettere in discussione ciò che è considerato vero o le regole stabilite, leggere il mondo e la società e riuscire comunque a farne una sintesi. Insegnare tutto questo è un’impresa titanica. Ecco perché, nelle scuole di architettura, è comune dire che l’architettura non si insegna, ma si impara.
Il professor Mariano Sartore ha sviluppato nel corso degli anni una pedagogia che si adatta al contesto in cui opera, senza perdere di vista una prospettiva internazionale e disciplinare. Lo ha fatto in un ambiente dominato da certezze spesso ottuse e semplicistiche, all’interno di una disciplina intrinsecamente complessa e vincolata da dogmi. In un tale contesto, molti altri avrebbero rinunciato o scelto percorsi diversi. Tuttavia, Sartore ha dimostrato una straordinaria resilienza, resa ancora più ammirevole dal fatto che il suo approccio pedagogico è
Le
cose belle, diceva Platone, sono difficili, ma il paesaggio sembra sottrarsi a questa legge. È bello,
e, molti pensano, è anche
facile da
capire senza una teoria che lo spieghi.
Niente è invece meno vero.
Progettare con il Paesaggio. Recupero e valorizzazione della Punta de Abona, Tenerife. Andrea Pacchierotti, 2017.
La trattazione affronta il tema del paesaggio e in particolare del progetto di paesaggio utilizzando come caso specifco il recupero e la valorizzazione della Punta de Abona, una penisola di 300 ha, collocata a sud dell’Isola di Tenerife e oggetto di un piano di sviluppo turistico commissionato allo studio PalTab, fondato e diretto dall’architetto e professore Juan Manuel Palerm Salazar.
Attraverso la partecipazione attiva alla redazione del progetto di recupero e valorizzazione paesaggistica, viene affrontato il tema attraverso un approccio empirico e pragmatico alla progettazione, ricavando gli spunti teorici e le rifessioni necessarie per affrontare il tema del paesaggio e il progetto di paesaggio contemporaneo.
Una trattazione dell’importanza del paesaggio nel progetto contemporaneo parte dall’indagine delle molteplici declinazioni di questo concetto, dalla ricerca dell’ambiguità di questo termine, dovuta alla multiscalarità, alla multidisciplinarità e all’analisi delle dimensioni che entrano in gioco per affrontare questo tema, e porta alla sua defnizione in termini operativi dal punto di vista della progettazione.
Affrontando il tema di progetto vengono prima presentate le premesse culturali e scientifche per il progetto di paesaggio nelle Isole Canarie.
A seguito vengono illustrati in maniera sintetica i caratteri e le specifcità del contesto delle Canarie, di Tenerife e dell’area di progetto.
Partendo poi da una rifessione critica sugli attuali strumenti di governo del territorio, che non prendono in considerazione in maniera coerente il tema del paesaggio e che quindi avevano portato alla precedente redazione di piani e progetti fondate su interpretazioni del luogo che non prendono in esame le molteplici componenti paesaggistiche e ambientali rilevanti, è stata elaborata una proposta alternativa
di piano a seguito dell’elaborazione di un documento di sostenibilità ambientale.
In questo documento sono analizzati i fattori abiotici, biotici e antropici presenti nell’area di progetto la cui comprensione è fondamentale per fornire una valutazione, fondata su una conoscenza scientifca del paesaggio, al fne di definire la qualità e la fragilità dell’area, necessarie ad elaborare le giustifcazioni per proporre una modifca della classifcazione del suolo e formulare il piano alternativo.
A seguito della redazione di questo documento, l’attività progettuale si incentra sui temi del della valorizzazione paesaggistica affrontata attraverso analisi volte a dare un’interpretazione completa e coerente del territorio e suggerire precise direzioni di intervento per la vitalizzazione, riqualifcazione e tutela attiva dell’area, prendendo in considerazione le caratteristiche ambientali e paesaggistiche che rendono peculiare quest’area.
L’alternativa proposta sposta quindi la collocazione degli hotel verso l’interno cogliendo così l’opportunità dell’investimento immobiliare per il recupero e la riqualifcazione paesaggistica di questa enclave.
Viene cosi invertita un’operazione di speculazione immobiliare a vantaggio del restauro paesaggistico di tutta l’area, tutelando nel contempo gli interessi dell’operatore, mediante la previsione di una collocazione delle strutture ricettive in siti caratterizzati da qualità ambientali non altrove riproducibili. Il cambio di destinazione d’uso del suolo permette di utilizzare il progetto come strumento per contrastare la desertifcazione e l’appiattimento del suolo dovuto alla dinamica eolica territoriale. Attraverso interventi signifcativi sull’orografa vengono conservati e ripristinati i caratteri specifci del luogo e in particolare i suoi peculiari ecosistemi.
Camminare, camminare e
camminare,
trovando spazi preziosi, pronti ad accoglierti.
Raccontare un’esperienza non è mai facile. È una cosa così radicata all’emozione di quell’attimo, che è difficile trovare le parole per descriverla. L’effetto di quell’attimo però, se diventa significativo, si fa tangibile al punto da poter essere raccontato, in tutto o in parte, descrivendo chi si è oggi. Se dovessi iniziare a descrivere chi sono, posso dire con certezza che parte del racconto troverebbe le proprie basi in quella prima volta a Lisbona.
Quello che è nato come viaggio studio per stare insieme ai compagni di corso, si è trasformato di giorno in giorno in qualcos’altro. In quel momento non sapevo ancora che Lisbona sarebbe diventata a tutti gli effetti una seconda casa, ma da subito mi è sembrato di sentire un sapore familiare, o meglio un sapore nuovo a cui sentivo però di appartenere. Camminare, camminare e camminare, trovando spazi preziosi, pronti ad accoglierti. Punti di vista
che accarezzano il cuore, strade che guardano con rispetto chi cammina, che si dividono e diventano percorsi possibili, una possibilità diffusa che regala sorprese a chiunque abbia il coraggio di affrontarla.
Città che si muove al ritmo di passi più che di ruote e che consapevolmente o meno si è adattata nel tempo alle esigenze di chi l’ha percorsa. Un po’ quello che (nel bene o nel male) ha sempre cercato di fare l’urbanistica, che è anche il motivo dietro la somma di parole che scrivono queste pagine, la materia che il professore ci ha regalato. Il professor Sartore ci ha guidato con forza a Lisbona, all’interno di questo spazio diffuso, sottolineandone la forza, alla ricerca di un significato dietro ogni intersezione, affascinato dalla poesia del luogo dedicato a tutti, che lascia spazio a tutti. E quella poesia ho imparato ad amarla, ho imparato a cercarla sempre e non sarò mai abbastanza grato per questo.
Issieme al gruppo e al Professor Sartore, abbiamo fatto altri viaggi, altri workshop, altre esperienze nel corso degli anni, ma le sensazioni di quella prima volta a Lisbona me le porto dentro e segnano, per me, un confine indelebile tra un prima e un dopo. Il format del workshop, particolarmente in esperienze così lunghe e immersive, è sempre molto coinvolgente.
Per il tempo che si sta insieme si crea una seconda famiglia, ci si immerge in modo profondo nel progetto, nel contesto sul quale si lavora e questo consente gradi di lettura molto approfonditi.
Ricordo che noi eravamo al quarto anno e ci siamo dovuti confrontare con studenti più grandi, dottorandi e professionisti, di cui molti provenienti da vari paesi Europei, è stato tosto ma ci siamo davvero fatti le ossa.
Il tempo era diviso tra lavoro di gruppo e varie visite guidate, inoltre, alle 18 ogni sera, c’erano conferenze tenute da noti architetti, portoghesi e non solo.
Architetti che seguivano anche il lavoro dei gruppi e revisionavano i progetti.
Ai laboratori, alle conferenze, alle nottate di lavoro, si affiancavano passeggiate, aperitivi e cene, momenti conviviali nei quali avevo l’impressione che il Professor Sartore districasse per noi i fili di una matassa per permetterci di leggere la città e suoi spazi.
Lisbona, in quegli anni, era una città magica per chi come noi studiava lo spazio pubblico.
Il modo di muoversi nello spazio, parlare, studiare, scoprire i collegamenti sottili tra progetto e uso degli spazi ha segnato per me, tutte le esperienze successive di lettura dello spazio.
Il libro racconta il desiderio e la capacità di trasformare il proprio contesto attraverso un preciso modo di leggere i luoghi che pone al centro i bisogni delle città e di chi le vive e abita. Propone un approccio all’insegnamento orientato a formare architetti e urbanisti dotati di una visione critica e di un forte senso di responsabilità. Si tratta di una raccolta progetti, viaggi, lezioni e tesi di laurea, tutte incentrate sul tema dello spazio pubblico, considerato un ambito privilegiato di ricerca e il palcoscenico di esperienze condivise. Questo libro è un omaggio a Mariano Sartore: professore, professionista e, soprattutto, un libero pensatore.
ISBN 979-12-5644-032-0 € 29
www.letteraventidue.com