Invarianza e significatività

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Indice


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Presentazione di Alfio Mangiameli Prefazione di Gabriella Caterina

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Introduzione Tra invarianza e significatività: svelare l’identità urbana / conservare la città di Vittorio Fiore Contenuti del volume

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L'intervento sul costruito a scala urbana Lo stato dell'arte Riqualificazione urbana: azione utile per la rigenerazione Manutenzione urbana: strategia per una gestione coordinata delle trasformazioni di Vittorio Fiore Obiettivo sostenibilità: rinnovare l‘approccio al recupero urbano di Francesca Castagneto

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I centri storici nel quadro normativo nazionale e locale «False idee di utilità» Strumenti urbanistici e di intervento tradizionali e innovativi per la valorizzazione dei centri storici di Giovanni Spagnolello

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Invarianza e significatività Sul concetto di invariante Punti di osservazione e caratteri da rilevare attraverso la lettura di recuperi esemplari

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Il centro storico di Lentini, tra conservazione e trasformazione Appunti per una storia urbanistica di Lentini di Francesco Valenti Figure invarianti nella scena edilizia ed urbana di Lentini Individuazione delle figure invarianti nel tessuto urbano: forme ed impianti tipo Individuazione delle figure invarianti nel tessuto urbano: elementi architettonici

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La soglia dell'intervento Strumento di supporto alla fase decisionale Un possibile processo di valutazione Dalla teoria all'applicazione del metodo: le schede

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Esperienza di studio Risvolti didattici degli esiti di ricerca: i progetti elaborati dagli studenti

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Bibliografia


Prefazione Gabriella Caterina

Nell’attuale panorama culturale il dibattito sul recupero dei centri storici ha pian piano registrato la trasformazione dell’attività di recupero da azione strategica in operazione puntuale legata più a specifiche continenze e a particolari monumenti che non ad obbiettivi più generali. Ciò ha significato il disinteresse negli investimenti sul costruito esistente con il blocco delle attività di recupero e il conseguente abbandono anche di quei centri in cui la vita continuava ed era forse possibile puntare sul costruito come punto di forza per la riqualificazione. Se pensiamo alle vicende dopo terremoto, dal Belice a L’Aquila, la scelta di costruire nuove case in aree fuori dai centri storici ha rappresentato un impiego di ingenti risorse volte solo a garantire la possibilità di restituire un alloggio agli abitanti, ma non la loro comunità, il loro paese, di creare cioè, degli abitanti “spaesati”. Il recupero dei centri storici, è stato utilizzato non come strumento per ridare vita a nuclei urbani danneggiati e per progettare con gli abitanti una diversa qualità di vita, ma come slogan o come spettacolarizzazione di eventi politici. Con il passare del tempo questi fenomeni non consentiranno più di riportare in salute quei centri urbani che ancora oggi sono rappresentati dalle architetture antiche che esprimono la somma di infiniti lavori di generazioni. Il tema del recupero dei centri storici si pone, quindi, in uno scenario diverso che deve fare i conti con una crisi economica mondiale, con una incipiente perdita di memoria delle popolazioni urbane e con l’avanzare di nuove sfide che le città devono affrontare. In molti casi si sta perdendo l’occasione di salvaguardare l’eredità culturale da tramandare alle generazioni future. I centri storici rappresentano la parte debole di un sistema che valuta prioritarie le esigenze di tipo funzionale ed economico. È ancora possibile disegnare uno scenario futuro per il recupero dei centri storici che coniughi le nuove esigenze con i valori del passato? Questo testo di Patrizia Carnazzo, ponendo l’accento sul recupero dei centri minori quali espressioni di un tessuto costruito legato ad una economia a piccola scala, ripropone il ruolo del centro storico come risorsa territoriale. Il rapporto con il territorio può diventare, quindi, il filo 10


sottile che lega, oggi, l’interesse dell’investimento sul costruito, quale espressione di una comunità, alle possibilità di sviluppo futuro senza dover abbandonare all’incuria e al degrado le parti deboli. Il territorio va letto nella sua globalità non solo fisica ed economica ma anche sociale e lo sviluppo interessa tutte le sfere di azione. Il testo che nasce dall’esperienza del dottorato di ricerca in Tecnologia dell’Architettura dell’Università degli Studi di Catania e da un Accordo di Programma tra il Comune di Lentini e l’Università degli Studi di Catania, fornisce strumenti di supporto alle decisioni degli interventi di recupero attraverso l’individuazione di figure invarianti, formali, costruttive e architettoniche che la storia ha lasciato al presente e che rappresentano la significatività dei luoghi. L’invarianza nel tempo delimita l’ambito operativo e la significatività rivela i valori da tutelare nel progetto di recupero. Legate al territorio, l’invarianza, cioè la permanenza nel tempo di un segno edilizio e/o urbano, non implica il riconoscimento implicito di un carattere significativo e l’identità di un luogo svolge un’azione selettiva, che caso per caso, individua i soggetti e gli oggetti del suo processo di trasformazione. Partendo da istanze di tipo fisico, sociale ed economico la conoscenza del territorio riesce a restituire ai centri storici la capacità di esprimere una nuova condizione per la vita degli abitanti e per la conservazione dei valori che ancora riesce a esprimere. In questo senso il testo diventa una preziosa guida che definisce, in modo rigoroso, “soglie” che possono materializzare nei siti abbandonati il riuso conservativo e riqualificativo. Lo studio di Patrizia Carnazzo non propone soluzioni attraverso progetti specifici, ma la costruzione di un programma operativo che, attraverso il continuo sviluppo e revisione delle ipotesi, consente un avanzamento delle conoscenze di settore. Restituire il borgo, il paese, la città agli abitanti significa porre in essere operazioni di legami con il territorio di appartenenza in termini di ritrovare nel contesto le ragioni di un recupero ma, al tempo stesso, restituisce al contesto i valori di cui necessita per la sua crescita. Avere posto in essere, definito e studiato il tema delle “soglie di intervento” apre un nuovo orizzonte alla capacità di definire e o delimitare gli ambiti di azione in relazione alla necessità di non perdere gli originali valori per non trasformare totalmente il sistema. Auguro in uno sviluppo dei contenuti del volume per continuare il percorso di ricerca volto a dare voce alle nuove sfide dei centri antichi per contraddire e combattere quelle azioni insensate e irresponsabili che stanno distruggendo le vere risorse dei nostri territori.

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Introduzione

[…] la Bellezza di cui qui si parla non è un fatto puramente estetico, ma ha a che fare con la nostra più segreta identità […]. Le linee di un paesaggio, il verde di una collina, uno specchio di mare, ci parlano nel tempo, restano impressi in noi, diventano pensiero e parola, fan parte della nostra esistenza. La bellezza di cui qui si parla ha a che fare anche con Ia vita sociale perché il degrado ambientale, e dunque ogni devastazione della bellezza di un Iuogo, è fa talmente accompagnato dal degrado umano e corale in tutte le sue forme. Raffaele La Capria, 1999. 12


Tra invarianza e significatività: svelare l’identità urbana/conservare la città Vittorio Fiore

Le parole di Raffaele La Capria sembrano le più idonee per spiegare il significato di bellezza come inteso nello studio che si vuole qui introdurre: una visuale non esclusivamente estetica ma più ampia da un punto di vista operativo per sottolineare come i tessuti urbani, e ancor di più quelli minori privi di un'edilizia monumentale, non possano basare gli interventi su concezioni estetico-figurative e storico-artistiche né sull'idea di città come luogo di contemplazione, cristallizzata al di fuori dei processi trasformativi, ma debbano prendere atto delle continue richieste di adeguamento e modernizzazione che portano inevitabili e profonde trasformazioni al luogo urbano. Partendo da una bellezza del luogo così concepita, i significati che essa sottende vanno inclusi in quel processo dinamico che coinvolge il costruito urbano orientando la partecipazione delle opere stesse alla vita futura della città che si stratifica, nascondendo, a volte parzialmente, le tracce di questa evoluzione. Bellezza non è ciò che segue necessariamente dei canoni che ne consentono la lettura o il conseguimento nelle azioni volte a costruire un'opera; anche ciò che esula da regole può essere bello, anzi ricco di carattere, pregno di sfumature che, colte da chi possiede gli strumenti di decodificazione, rivelano identità. Bellezza e identità sono concetti astratti che in architettura si concretizzano attraverso sistemi costruiti: artefatti quali città, edifici, strade, piazze, che si sostanziano attraverso materiali, tecniche costruttive, forme, texture, colori. Queste cose appartengono ad un luogo in modo esclusivo, ne definiscono carattere, essenza e spirito. Christian Norberg-Schulz1 afferma che la stabilitas loci è una condizione necessaria alla vita umana e che la scomparsa o le alterazioni delle sue qualità tradizionali, porta inevitabilmente alla perdita del luogo ed alla crisi dell'individuo che non trova referenti e stimoli nell'ambiente in cui vive, nel quale inizia a non riconoscersi e a condurre un’esistenza basata su un “nonabitare” 2. Fondamentale dunque individuare e manutenere questi elementi portatori di valori che, nel tempo, si affermano, si rinnovano e si trasformano, consolidando la loro presenza e dialogando con l’ampio ventaglio di scelte tecnologiche fornito 13


Lentini, centro storico fotografato dal colle Tirone. Foto di Santi Tagliaverga 66


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4 Il centro storico di Lentini, tra conservazione e trasformazione

Ella stessa aveva lavorato a mutar l’architettura dell’edificio, il quale pareva composto di quattro o cinque diversi pezzi di fabbrica messi insieme, poiché ognuno degli antenati s’era sbizzarrito a chiuder qui finestre per forare più là balconi, a innalzare piani da una parte per smantellarli dall’altra, a mutare, a pezzo a pezzo, la tinta dell’intonaco e il disegno del cornicione. Dentro il disordine era maggiore: porte murate, scale che non portavano a nessuna parte, stanze divise in due da tramezzi, muri buttati a terra per fare di due stanze una: i «pazzi», come don Blasco chiamava anche i suoi maggiori, avevano uno dopo l’altro fatto e disfatto a modo loro. Federico De Roberto, I Vicerè, 1894. 68


Appunti per una storia urbanistica di Lentini Francesco Valenti

Riassumere la complessa e travagliata storia urbanistica di Lentini non è semplice. Molti sono i fattori di cui tenere conto, tra i quali: tre terremoti devastanti, la mancanza di una bibliografia, un centro storico talmente degradato, che si fa fatica a riconoscerne i caratteri originali. Eppure cercare di comprendere la sua evoluzione urbanistica è un dovere sempre più imprescindibile. L’attuale centro storico, non volendo considerare per un momento la sua imperfetta e approssimativa perimetrazione, affonda le sue radici nell’alto medioevo, quando le aree a valle della fortezza del Castellaccio, lungo i corsi dei torrenti Carrunchio e Lisso, sono occupate dalle case delle famiglie meno abbienti. Questa distinzione si può riscontrare anche nel XIII secolo, infatti nelle fonti è citato un quartiere popolato da immigrati cosentini, alle falde del Castellaccio detto appunto dei Cosentini. La città in questo periodo si sviluppa a sud dentro le valli Ruccia e San Mauro mentre il limite settentrionale è nell’attuale piazza Duomo, oltre ci sono i fondachi per accogliere i forestieri e i fertili campi. I vari quartieri si sviluppano sulle terrazze parallele che caratterizzavano i fianchi dei colli San Domenico, Tirone e San Mauro dove le numerose cavità naturali sono adattate ad abitazioni, mentre sulla sommità delle colline sorgono le case dei nobili. A partire dal XIV secolo, durante il dominio Aragonese, Lentini è sostanzialmente formata da tre quartieri posti su tre alture separate da altrettanti valloni: Tirone, Castello Nuovo e Cosentini e da una parte più bassa formata dai rioni Bucciria vecchia, Cannagine, Ciminia e Judeca. Il quartiere del Tirone era intorno al castellaccio ed era sede soprattutto di case di aristocratici. Il quartiere Castello Nuovo si era formato durante gli anni di Federico II, sulla testata nord del colle San Mauro, intorno all’omonimo palazzo imperiale. Il quartiere faceva capo alla parrocchia di Sant’Andrea intorno alla quale erano le case nobiliari e case e taverne appartenenti a famiglie più modeste. Il terzo rione, dei Cosentini, era nei pressi dell’attuale chiesa del Crocifisso dove sono ancora visibili, nonostante i saccheggi e le 69


SB 1

Ricerca delle significatività nel tessuto urbano

CORTILE UNICO DI MEDIE DIMENSIONI

via Cair

oli

via Bric in

na

Localizzazione: via Bricinna Rapporto tra gli edifici e lo spazio scoperto

La forma del cortile

Spazialità interna: cortile di forma irregolare, delimitato da un numero ridotto di edifici a più livelli. Sistema strutturale: gli edifici delimitanti costituiscono una cortina muraria che chiude il cortile su tre lati. Carattere che deriva dal sistema dei fattori precedenti: configurazione rappresentativa delle dimensioni e dell’articolazione del cortile.

Rapporto tra il sistema edilizio e il tessuto degli spazi scoperti: cortile che insiste su un luogo pianeggante, aperto su una strada secondaria che lo collega al resto della città. Il rapporto equilibrato all’interno è alterato per la presenza di superfetazioni. Relazione tra esterno dell’edifico ed esterno all’edificio: cortile segnato in senso architettonico per prevalenza della dimensione altimetrica delle facciate su quella dello spazio scoperto. Carattere relativo all’esperienza vissuta dello spazio urbanistico: la fruizione dell’ambiente si traduce in percezioni di disagio e di chiusura.

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SB 2

Ricerca delle significatività nel tessuto urbano CORTILE UNICO DI PICCOLE DIMENSIONI via Cairoli

via

cle

via

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Bric

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Localizzazione: via Cairoli Rapporto tra gli edifici e lo spazio scoperto

La forma del cortile

Spazialità interna: cortile di piccole dimensioni, di forma regolare, delimitato da un numero ridotto di edifici a più livelli. Sistema strutturale: gli edifici delimitanti costituiscono una cortina muraria continua che chiude il cortile su tre lati. Carattere che deriva dal sistema dei fattori precedenti: configurazione rappresentativa delle dimensioni e dell’articolazione del cortile.

Rapporto tra il sistema edilizio e il tessuto degli spazi scoperti: cortile che insiste su un luogo pianeggante, aperto con un arco su una strada secondaria che lo collega al resto della città. Il rapporto equilibrato all’interno è alterato per la presenza di superfetazioni. Relazione tra esterno dell’edifico ed esterno all’edificio: cortile segnato in senso architettonico per prevalenza della dimensione altimetrica delle facciate su quella dello spazio scoperto. Carattere relativo all’esperienza vissuta dello spazio urbanistico: la fruizione dell’ambiente si traduce in percezioni di disagio e di chiusura.

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SC 7

Ricerca delle significatività nel tessuto urbano

Ingresso ad un cortile realizzato con stipiti lapidei divisi in conci regolari che, alternativamente, garantiscono la connessione alla muratura d’ambito. L’orizzontamento superiore è costituito da un arco a tutto sesto con estradosso più largo rispetto ai piedritti. All’interno è sormontato da un arco più grande.

Ingresso realizzato con stipiti lapidei divisi in conci regolari posti in opera con una rotazione alternata che garantisce la connessione alla muratura. L’arco a sesto ribassato, nella parte superiore della cornice, è formato da tre conci di pietra calcarea ed è sormontato da un arco interno.

Ingresso voltato delimitato all’esterno da un arco a tutto sesto, realizzato con blocchi regolari di pietra calcarea e basaltica, posti in sovrasquadro rispetto alla muratura d’ambito. I conci degli stipiti e dell’orizzontamento superiore si succedono, in modo alternato, paralleli e ortogonali alla facciata.

Ingresso realizzato con stipiti lapidei divisi in cinque blocchi regolari con la rotazione del secondo e del quarto per garantire la connessione alla muratura. L’orizzontamento superiore è realizzato con un arco a tutto sesto con estradosso di uguale larghezza a quella dei piedritti.

Ingresso voltato delimitato da un portale realizzato con stipiti lapidei divisi in cinque blocchi regolari ruotati in modo alternato per garantire la connessione alla muratura. L’orizzontamento superiore presenta un arco policentrico con il concio di chiave e i conci d’imposta collocati in sovrasquadro rispetto al resto della cornice.

Ingresso di un cortile costituito da un portale realizzato con stipiti lapidei i cui conci, sovrapposti e ruotati, in modo alternato, garantiscono la connessione alla muratura. L’orizzontamento superiore è realizzato con un arco policentrico sormontato da un arco interno.

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SC 8

Ricerca delle significatività nel tessuto urbano

CARATTERI materico-costruttivi / geometrico-dimensionali Materiali: pietra calcarea locale, ferro, intonaco. Parti costituenti: piedritti, archi, rosta. Morfologia e dimensioni: arco a tutto sesto; esterno h cm 425 - l cm 195; arco int. h cm 515 – l cm 215. Tecniche costruttive: piedritti costituiti da conci squadrati sovrapposti e ruotati, in modo alternato, per garantire la connessione con i muri d’ambito; arco esterno, a tutto sesto, formato da conci con larghezza maggiore a quella dei piedritti; arco interno realizzato con conci posti in opera di coltello. Nella parte degli stipiti che si aprono verso l’interno rimangono le tracce dell’alloggiamento degli arpioni che sostenevano i portoni dei cortili.

Degradi e alterazioni Diffuso degrado materico dovuto sia al naturale invecchiamento dei materiali sia alla totale assenza di manutenzione; sono presenti patine, vegetazione, alveolizzazione, mancanza di frammenti di materiale, distacchi di elementi degli stipiti dal supporto murario. Manomissioni Inserimento di elementi di arredo urbano e di cavi aerei per l’illuminazione.

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5 La soglia di intervento

Marco Polo descrive un ponte, pietra per pietra. – Ma qual è la pietra che sostiene il ponte? – chiede Kublai Kan. – Il ponte non è sostenuto da questa o quella pietra – risponde Marco – ma dalla linea dell’arco che esse formano. Kublai Kan rimane silenzioso, riflettendo. Poi soggiunge – Perché mi parli delle pietre? È solo dell’arco che m’importa. – Polo risponde – Senza pietre non c’è arco. – Italo Calvino, Le città invisibili, 1972. 118


Strumento di supporto alla fase decisionale

Le politiche che sostengono la tutela del patrimonio storico e le spiegazioni che le sottendono sono di carattere storico, culturale, sociale ed economico e costituiscono le motivazioni volte a determinare le condizioni di fattibilità del recupero del costruito di antica formazione. Il notevole livello di incertezza che circonda i processi di riqualificazione favorisce, spesso, l’opinione che sia più conveniente sostituire l’esistente con la nuova edilizia piuttosto che recuperare ciò che esiste. Il problema della competitività tra recupero e nuova edificazione sono argomenti affrontati da decenni ma che oggi acquistano nuovo vigore per la maggiore complessità che investe il recupero del patrimonio edilizio esistente. Questa complicazione è strettamente connessa alla natura del sistema insediativo la cui articolazione in sistema fisico, sistema sociale e sistema economico e le relazioni che si stabiliscono tra questi rivelano la struttura del sistema in oggetto «aperto ed alimentato dalla dinamica di scambio interno (ma anche esterno) di energia, materia, risorse, beni, informazioni, persone»1. Questi elementi sono le variabili che caratterizzano i diversi ambienti costruiti e definiscono le unicità dei luoghi ma, all’interno del sistema, l’ampiezza dei cambiamenti, le incertezze delle possibili relazioni ed interferenze che si possono verificare delineano uno scenario di approcci, metodi e procedure molto vasto che delegittima qualsiasi considerazione univoca e prevedibile. Inoltre, oggi, i centri storici, sono oggetto dell’intera attività costruttiva, con una rinata attenzione per la storia e l’identità dei luoghi2. Poiché ciascun elemento su cui si interviene è caratterizzato da uno specifico limite di adattabilità e trasformabilità in relazione alle nuove esigenze che l’utenza formula, le modalità d’intervento possono essere varie e decisioni poco rispettose della preesistenza potrebbero compromettere l’equilibrio tra antico e nuovo. In questa situazione, forse, sarebbe utile trovare una misura che indichi se e come intervenire all’interno di un centro storico, un limite fissato da una serie di fattori determinanti la sua stessa variabilità ed oscillante tra conservazione e trasformazione, deciso caso per caso. Affrontare le problematiche relative al recupero dei centri storici 119


SD 1

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Valutazione delle soglie d’intervento


SD 2

Valutazione delle soglie d’intervento Caratteri significativi MATERIALI [MA]: pietra calcarea locale, ferro, intonaco, legno, vetro; PARTI COSTITUENTI [PC]: cornice, grata, infisso; MORFOLOGIA [MO]: finestra circolare.

TECNICHE COSTRUTTIVE [TC] apertura realizzata con conci lapidei intonacati, squadrati e sagomati, grata di protezione realizzata con tondini in ferro inseriti direttamente nella cornice lapidea.

Localizzazione UE1 via Bricinna, 45

Stato dell’oggetto osservato materiali: i materiali lapidei originari, presenti, sono interessati da uno stato di degrado che si manifesta sotto forma di patina, mancanza e alveolizzazione; le parti metalliche presentano fenomeni di ossidazione; parti costituenti: le parti originarie sono presenti; la cornice modanata è divisa in quattro conci di pietra calcarea intonacata di bianco, con spessore di cm 30. Un concio è stato rotto per permettere l’alloggio dei tubi dell’acqua; morfologia: l’apertura conserva la sua forma originaria; tecniche costruttive: si conservano le modalità di realizzazione originarie.

Correlazione dati

caratteri significativi soglia

azioni

alta

manutenzione

parti costituenti

bassa

integrazione

morfologia

alta

demolizione

tecniche costruttive

alta

sostituzione

MA

PC

MO

TC

stato dell’oggetto

materiali

rapporto convergente

rapporto divergente

Possibili azioni sull’oggetto osservato La convergenza bassa PC/parti costituenti richiede di integrare il concio rotto per ripristinare la continuità della cornice lapidea. La rottura del concio della cornice è dovuto a sopravvenute esigenze di benessere abitativo che hanno condotto l’utente a rompere un concio per permettere l’alloggio dei tubi dell’acqua.

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