The landscape of archaeology and the contemporary city

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Collana Ricerche in Composizione Urbana Research in Urban Composition Responsabile Bruno Messina Comitato scientifico Armando Dal Fabbro Gino Malacarne Carlo Moccia Raffaella Neri Uwe Schröder

ISBN 978-88-6242-170-6 Prima edizione: Novembre 2016 © 2016 LetteraVentidue Edizioni © 2016 Gli autori per i loro testi e le immagini se non diversamente indicato È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Le immagini all’interno del testo appartengono ai rispettivi autori. Gli autori rimangono a disposizione degli aventi diritto con i quali non è stato possibile comunicare. Book design: Giuseppe Scirè Banchitta Illustrazioni: Fabrizio Foti (pp. 12-13-14-15-17-52-53) Fotografie: Giuliano Torrisi (pp. 72-73-74-75) Traduzioni ita-eng: CLMA UniCt LetteraVentidue Edizioni S.r.l. www.letteraventidue.com C. so Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia

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The landscape of archaeology and the contemporary city Workshop IP Erasmus 25 Maggio-7 Giugno 2014, Siracusa a cura di Emanuele Fidone


THE LANDSCAPE OF ARCHAEOLOGY AND THE CONTEMPORARY CITY Erasmus Intensive Programme 2013/2014 founded with the support from the European Commission

CREDITI Promosso da Università degli Studi di Catania Struttura Didattica Speciale di Architettura, Siracusa

Con la collaborazione di ETSAM - Universidad Politecnica de Madrid Fakultät für Architektur - Hochschule München

Con il patrocinio di

Comune di Siracusa

Regione Siciliana


Responsabile Scientifico e Coordinatore del workshop Emanuele Fidone Administrative management Rossella Spataro, SDS Architettura Siracusa, Nicoleta Pascu, Unict Ufficio Erasmus Professori José Ignacio Linazasoro, Ricardo Sánchez González, ETSAM – Universidad Politécnica de Madrid, Gilberto Botti, Piero Bruno, Hochschule München Fakultät für Architektur, Emanuele Fidone, Fabrizio Foti, Bruno Messina, Luigi Pellegrino, Università degli Studi di Catania – SDS Architettura Siracusa Professori ospiti Salvatore Adorno, Università degli Studi di Catania, Elena Flavia Castagnino Berlinghieri, Archeologa, PhD Bristol (UK) Tutor Arch. Marco Arcidiacono, Arch. Fabio Guarrera, Arch. Alessandro Mauro, Università degli Studi di Catania – SDS Architettura Siracusa

Studenti Bordallo Jose Alberto, Maestu Ana, Martinez Natalia, Menendez Irene, Villasante Laura, Dominguez Enrique, Garran Andoni, Guerrero Alvaro, Merideno Carlos, Pradel Marcos, Pan Yu Chun, Platania Roberta, Bach Katharina, Baier Maximilian, Buckenmayer Leo, Gökce Nagihan, Göpfert Franziska, Hähnlein Martina, Hütz Anna, Koehler Viviane, Meinhold Barbara, Mießl Lisa, Pawlowski Gina, Schindler Ricarda, Strauß Daniela, Vahlensieck Sebastian, Xiaoxi Feng, Sinatra Carmelo, Millesoli Chiara, Migliore Valentina, Italia Salvo, Scuderi Cristina, Mercorillo Paolo, Alberghina Ernesto, Marino Alessio, Russo Giorgio Antonio, Valastro Paolo, Coppolino Luisa, Zappalà Rossella, Aleo Cosimo Salvatore Ringraziamenti Prof.ssa Valeria Polopoli Prof. Alessio Lo Giudice Dott.ssa Beatrice Basile Dott.ssa Maria Amalia Mastelloni



Indice

I TEMI: LE TRE AREE

PROGETTI

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Premessa Emanuele Fidone

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NEAPOLIS – Etsam Madrid José Ignacio Linazasoro, Ricardo Sánchez González

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Parco Neapolis – Porto Grande Luigi Pellegrino

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TREMILIA – Hochscule Monaco di Baviera Piero Bruno, Gilberto Botti

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Santa Panagia – Castello Pupillo Fabrizio Foti

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Tremilia – Eurialo – Belvedere Emanuele Fidone

TARGIA – S. PANAGIA – SDS di Architettura Siracusa Emanuele Fidone, Bruno Messina, Fabrizio Foti, Luigi Pellegrino

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RACCONTO FOTOGRAFICO

CONFERENZE

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Workshop

Sull’urbanistica antica delle città coloniali dell’Occidente greco: Siracusa e altre città portuali Elena Flavia Castagnino Berlinghieri

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Mostra

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Note Biografiche

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ENGLISH TEXTS

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La città e i piani: Siracusa dall’Unità agli anni Settanta del Novecento Salvatore Adorno

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Il contemporaneo nell’antico. Padiglione del Tempio Ionico a Siracusa Vincenzo Latina

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Progetti recenti. Sul rapporto tra architettura antica e contemporanea José Ignacio Linazasoro, Ricardo Sánchez González

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Come antiche spoglie. Macerie e rovine nell’architettura di Hans Döllgast a Monaco di Baviera Gilberto Botti

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Dialogare con l’antico Emanuele Fidone

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Ricomporre le rovine Carlo Palazzolo


Bruno Messina Presidente della SDS di Architettura dell’Università degli Studi di Catania

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Il workshop “The landscape of archeology and the contemporary city”, svoltosi a Siracusa nel giugno del 2014 nell’ambito del Programma Erasmus 2013-14 Intensive Program, ha costituito una significativa occasione di confronto tra tre scuole europee di architettura, diverse sia per ambito geografico che per tradizione culturale: la scuola di Architettura di Siracusa dell’ateneo di Catania, l’ETSAM dell’Università di Madrid e la Hochschule di Monaco di Baviera. La singolarità del tema scelto ha consentito di mettere a confronto le diverse strategie didattiche delle tre istituzioni universitarie su una questione di grande complessità e attualità: il rapporto tra “paesaggio archeologico” e città contemporanea, un tema che caratterizza non solo le città italiane, ma anche molte città europee. Questo quaderno restituisce in maniera compiuta l’esito di questa intensa sperimentazione didattica. I programmi di scambio Erasmus, e in particolare questo seminario di progettazione che ha visto lavorare insieme per dieci giorni trenta studenti italiani, spagnoli e tedeschi, rappresentano uno dei modi concreti in cui l’università può dare il suo contributo all’integrazione culturale europea. Ringrazio tutti gli studenti per l’entusiasmo con cui hanno partecipato a questa esperienza, ringrazio i visiting professor José Igancio Linazasoro, Ricardo Sánchez di Madrid, Piero Bruno e Gilberto Botti di Monaco. Un doveroso e sentito ringraziamento va, infine, ad Emanuele Fidone, Fabrizio Foti e Luigi Pellegrino per l’impegno profuso nell’organizzazione di questo workshop.


Emanuele Fidone Responsabile Scientifico e Coordinatore del workshop

Archeologia e città contemporanea Qui presentiamo i risultati del workshop internazionale IP Erasmus “The landscape of archaeology and the contemporary city” che ha investigato il tema progettuale del rapporto tra città contemporanea e archeologia. Sono stati individuati dei luoghi nella città di Siracusa dove questo rapporto era particolarmente stringente con tipologie diversificate: Belvedere e Castello Eurialo, Scala Greca e Santa Panagia, Neapolis e Piazza Adda. Si tratta di un tema progettuale di pressante attualità, dove si intrecciano problematiche culturali e sociali di grande interesse. Siracusa e il suo territorio sono caratterizzati da testimonianze archeologiche straordinarie, inserite nella “World Heritage List” dell’UNESCO ma poco valorizzate e spesso escluse dalla vita urbana contemporanea. Occorre riconsiderare queste relazioni alla luce di nuove strategie progettuali che possono assumere un’importanza fondamentale per una visione del futuro della Città. L’attuale separazione, nel rapporto tra progetto contemporaneo e archeologia, tra mondi apparentemente distinti e connotati di reciproca autonomia, va superata attraverso un nuovo approccio metodologico interdisciplinare. La rovina archeologica, in tal senso, va vista non come un problema da circoscrivere solo in un ambito di tutela, spesso astratta e avulsa dal contesto, ma come risorsa partecipe di nuovi ruoli nel ridisegno del territorio e della città del futuro. Le aree archeologiche, memoria del nostro passato, possono essere dei riferimenti da cui ripartire per riconfigurare lo spazio urbano e il paesaggio naturale, per rimettere in discussione le dinamiche di sviluppo della città in rapporto alle potenzialità del patrimonio culturale. La sfida è, in sintesi, quella di ripensare un nuovo modo di interpretare il progetto contemporaneo in relazione al contesto antico dove sperimentazione e creatività si intrecciano con le potenzialità che la rovina archeologica ha da sempre rappresentato per la cultura occidentale. 9


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I temi: le tre aree

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Premessa

Il territorio della Sicilia sud-orientale, con i centri storici patrimonio dell’UNESCO: Siracusa, Noto, Palazzolo Acreide, Ragusa, Scicli e Modica è caratterizzato da testimonianze storico-archeologiche straordinarie, poco valorizzate e spesso escluse dalla vita urbana contemporanea. Occorre riconsiderare queste relazioni alla luce di nuove strategie progettuali che possano assumere un’importanza fondamentale per una nuova visione del futuro delle Città. In particolare la situazione attuale di separazione, nel rapporto tra progetto contemporaneo e archeologia, tra mondi apparentemente distinti e connotati da reciproca autonomia, va superata attraverso un nuovo approccio metodologico interdisciplinare. La rovina archeologica è un frammento, memoria del nostro passato, da cui ripartire per riconfigurare lo spazio urbano e il paesaggio naturale, per rimettere in discussione le dinamiche di sviluppo della città in rapporto alle potenzialità del patrimonio archeologico. Il centro storico o l’area archeologica possono essere un incipit progettuale per riappropriarsi della città contemporanea instaurando un nuovo rapporto dialettico tra passato e futuro. Una caratteristica dell’attuale sviluppo urbano di Siracusa riguarda la sua espansione che in gran parte non ha mai varcato il recinto delle antiche mura dionigiane di epoca greca. Queste cingevano la Pentàpoli, l’antica città suddivisa in cinque quartieri,

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e si riunivano in prossimità del castello Eurialo. È proprio avvicinandosi alla roccaforte che oggi i resti delle antiche mura si fanno man mano più visibili, mentre del resto rimangono solo pochi frammenti. Dentro questo antico perimetro la città contemporanea, costituita in gran parte da edilizia residenziale, si è spinta sopra la balza sino a lambirne in parte i margini per poi dissolversi rapidamente nella campagna incolta, mentre al di sotto altre componenti urbane si appoggiano al pendio: il cimitero, la città rurale, la “villettopoli” dell’attuale espansione edilizia. Oggi lungo questa direttrice est-ovest, che congiunge la Neapolis, l’Epipoli (due dei quartieri antichi) e il castello Eurialo, insistono due degli accessi principali alla città, che in questa parte appare ancora frammentata e fluida. Tante realtà diverse, per forma, funzione, scala e storia non connesse tra loro. Le Mura Dionigiane rappresentano l‘elemento e l’occasione per ripensare a un nuovo e inedito approccio progettuale in cui l’area archeologica si intrecciata alla realtà contemporanea in un nuovo vitale connubio.


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Conferenze

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Sull’urbanistica antica delle città coloniali dell’Occidente greco: Siracusa e altre città portuali Siracusa e le altre colonie portuali dell’Occidente greco rivelano forme di aggregazione e di organizzazione dello spazio urbano che definiscono singolari “microstorie” che, pur se riconducibili a modelli interpretativi, si nutrono comunque di un doppio registro di informazioni/esperienze su cui si innesca un processo virale, generatore di quel fervido background che nasce dalla sommatoria di quello autoctono associato a quello della madrepatria, quest’ultimo con una nota prevalente. In generale, soprattutto nel mondo greco coloniale, il “porto” si configura come elemento polifunzionale dotato di una evidente logica di connessione tra mondo terrestre e mondo marittimo fino a rappresentare parte integrante di un sistema più generale di pianificazione urbana e

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territoriale all’interno della cui struttura spazio-organizzativa gioca un ruolo fondamentale. Un ruolo che se, da una parte, riflette scelte programmatiche legate a fattori economico-politici, dall’altra è strettamente connaturato e condizionato da precisi parametri suggeriti o imposti dal luogo (conformazione geografica, caratteristiche geo-morfologiche e condizioni meteo-marine). Così, come nel caso emblematico di Atene, dove il porto del Pireo viene ad assurgere a organismo inscindibile e complementare della polis tanto da essere inserito all’interno dello stesso circuito di difesa, a Siracusa il rafforzamento del sistema di fortificazione delle “lunghe mura” associato al potenziamento degli arsenali da parte di Dionigi riflette un piano di ristrutturazione

ELENAFLAVIA CASTAGNINO BERLINGHIERI

urbana e territoriale concepita in un’ottica di sistema, campo sperimentale di importanti innovazioni dell’architettura militare e dell’arte poliorcetica. I porti marittimi delle colonie dell’Occidente greco – che, in linea generale, convenzionalmente distinguiamo nelle due tipologie principali che riflettono, come dato topografico distintivo, quello della loro posizione rispetto alla linea costiera: porti esterni e porti interni, a loro volta caratterizzati da variabili strutturali di tipo naturale o artificiale – qui considerati, per esigenze di spazio e di tempo, sono quelli di Siracusa, Catania, Megara Iblea. Dei porti naturali esterni, uno dei più significativi del mondo coloniale greco è quello di Siracusa. A Siracusa le dinamiche di trasformazione naturali e soprattutto antropiche intervenute a grande scala (RUSSO, 1983) – da quelle del 1500 con il piano delle fortificazioni spagnole, in parte poi demolite negli anni 1885-1893 (ADORNO in questo volume) ma di cui rimangono in situ le strutture di fondazione in parte intercettate dagli scavi archeologici (BASILE, MIRABELLA 2002 con bibliografia precedente), a quelle di questi ultimissimi anni con la creazione della Marina di Archimede, ampliamento del Molo Sant’Antonio e della banchina del Foro Italico – hanno in gran parte contribuito a trasfigurare il paesaggio della città alterando quegli elementi utili alla lettura diacronica del tessuto urbano. Nel panorama delle ricerche che hanno contribuito a far luce su aspetti di urbanistica della città antica e del suo porto, i sondaggi della Soprintendenza di Siracusa effettuati principalmente per esigenze di tutela hanno permesso di individuare tracce dell’antico assetto urbano preesistente e leggere, in alcuni casi, una continuità d’uso che dall’età greca giunge fino


ai nostri giorni. Così è stato acclarato per alcuni tratti di assi viari e aree funzionali intercettati dai vecchi scavi archeologici nell’isola di Ortigia (PELAGATTI – VOZA, 1973; VOZA 1979; VOZA 1999) e nella terraferma immediatamente prospiciente (BASILE 2002), cui si aggiunge la documentazione emersa da più recenti scavi in prossimità della fascia costiera levantina in Piazza Cesare Battisti –Via Vittorio Veneto (BASILE 2003), e nella zona di Viale Luigi Cadorna (GUZZARDI, 2011). Le testimonianze archeologiche riferibili all’impianto urbano che, a partire dall’età arcaica, si sviluppa nell’isola di Ortigia e nella “città esterna” prospiciente, – articolato nei cinque quartieri della Pentapoli (STRABONE, 6, 2, 4): Ortygia, Achradína, Týcha, Neápolis e Epipolaí – rivelano diverse fasi di adattamento e rifunzionalizzazione del sistema. Funzioni e ruoli di Ortigia, la “città interna”, sembrano trovare la giusta collocazione in un piano efficiente e ordinato di sviluppo del tessuto urbano che, sfruttando la naturale conformazione “ad horst” della struttura geologica dell’isola, nella parte più elevata di Ortigia, corrispondente all’attuale Piazza Duomo e adiacenze, ospita l’acropoli.

Qui la presenza di muri messi in opera a secco su una fondazione di 9 x 6 metri ca. interpretati come oikos, l’edificio di culto più antico datato alla fine dell’VIII sec.a.C. – che nella seconda metà del VII sec. a.C. viene inglobato in un edificio templare di dimensioni maggiori e utilizzato fino all’età ellenistico-romana – mostra una serie di testimonianze correlabili a riti sacrificali, tra cui fossette votive e bothroi, che hanno restituito una ricca serie di materiali e classi ceramiche di età arcaica di fattura rodia, ionica, chiota, ma anche etrusca, fenicia, laconica e protocorinzia. Dall’analisi dei vecchi e nuovi dati di scavo nell’isola, appare sempre più chiaro, come la città nasca su un preciso progetto di pianificazione urbanistica con strade parallele e perpendicolari che si può far risalire già ad età greco-arcaica e che recenti indagini in diverse aree-campione di Ortigia (cortile della Prefettura, via del Consiglio Reginale, Piazza Duomo, Montevergini, etc.) hanno permesso di precisare anche nella forma e nelle dimensioni degli isolati che risultano imperniati in una maglia ordinata “per strigas” di 25 metri N-S, e 75 metri E-O. La continuità di frequentazione e utilizzo del tracciato in una

sequenza stratificata di fasi archeologiche è stata più di recente confermata dal rinvenimento dei livelli funzionali dello stenopos venuto alla luce durante gli scavi (GUZZARDI 2011: 335) a Nord del tempio ionico e nell’area di Palazzo Bongiovanni, confermando ancora una volta l’«area di temenos-agora [...] sede delle principali strutture religiose e politiche della polis nel punto centrale e più elevato di Ortigia» (VOZA 1999) corrispondente all’area dell’attuale Piazza Duomo e adiacenze. Seguendo la direttrice fondamentale che, attraversando Ortigia in direzione N-S, sembra incardinare nella rigorosa geometria della maglia urbana i prospetti principali dei più importanti edifici templari, sembrerebbe possibile poter individuare le aree funzionali nevralgiche a servizio dell’intero impianto proprio negli spazi/ aree sacre immediatamente circostanti i templi: quello di Apollo della fine VII a.C., quello dell’oikos e più tardi quello di Athena della fine V a.C. e accanto, le fondazioni del tempio ionico, mai completato. L’aspetto che doveva caratterizzare la fisionomia dell’isola nella fase coloniale iniziale, corrispondente a una sorta di adeguamento funzionale degli spazi naturali alle esigenze della vita comunitaria, sembrerebbe coincidere con la creazione di un vasto spazio pubblico a servizio dell’area portuale, su cui far convergere le funzioni mercantili, ubicato all’estremità N dell’asse NS e dominata dal recinto sacro e dal Tempio di Apollo. A Siracusa come nelle altre importanti città portuali del mondo greco, solo a partire dal VI-V secolo a.C. assistiamo al sorgere di complessi portuali veri e propri, collegati alla città dalla quale dipendono non solo politicamente e amministrativamente ma anche dal punto di vista difensivo (CASTAGNINO BERLINGHIERI 2000). In questa prospettiva Diodoro Siculo ricorda che il Tiranno insedia la sua reggia in prossimità della “stazione portuale” (XIII, 96) e avvia un processo di straordinaria trasformazione urbanistica che porterà alla costruzione di nuovi centosessanta neosoikoi (XIV, 42, 5) – ciascuno allestito per il ricovero di due unità navali –, al rinnovamento dei preesistenti centocinquanta facendo sì che il potenziato arsenale militare venga saldamente integrato, anche funzionalmente, nel rivisitato poderoso 23


Ricomporre le rovine

Il Partenone sarebbe giunto intatto fino a noi se nella notte del 26 settembre 1687 le artiglierie di Francesco Morosini non avessero trasformato l’intera Acropoli in «un Mongibello»1. Quella non fu però l’unica distruzione perpetrata dagli artiglieri veneziani per sottrarre Atene ai turchi. Durante l’assedio i bombardieri della Serenissima avevano scavato alcune trincee presso la chiesa di Agios Dimitrios Loumpardiaris e «in tal escavazione s’eran trovate monete di rame, quantità di pozzi, vasi antichi ove seppellivano le ceneri de’ cadaveri, lume eterne e fondamenti di grossi maccigni che indicano vi fossero gran fabriche»2. Quest’immagine di reperti di ogni genere che affiorano dal terreno dopo i primi colpi di vanga esemplifica quale sia il valore del suolo archeologico, quali inaspettate meraviglie possa celare – e quanta attenzione richieda la sua conservazione. Heinrich Schliemann dimostra però quanto anche l’opera dell’archeologo possa essere distruttiva: scavando il colle di Hissarlik infatti egli attraversa con decisione i sette strati sotto cui si celava la Troia “omerica”; il loro valore documentale è messo in secondo piano dalla ricerca del tesoro di Priamo, dall’emozione per la sua scoperta e dalla necessità del suo trafugamento. Ma anche sulle rive dell’Ellesponto la più frettolosa delle campagne di scavo fu seguita da ulteriori indagini. Chi si misura con il progetto di un sito che è stato – o che sta per essere – attraversato dalla vanga dell’archeologo ha quindi un duplice compito: deve dare forma ad un palinsesto in cui per la prima volta coesistono reperti e rovine appartenenti a diverse epoche e a diversi insediamenti (una complessità che non appartiene ad alcun momento storico e che rappresenta invece la cultura contemporanea); al tempo stesso è necessario preservi per altre 36

possibili campagne di scavo il suolo, vergine o meno che sia. Tre progetti fanno tesoro di questi principi: che si trattasse di proteggere i mosaici della più grande domus del Nord Italia, di realizzare un centro di ricerca nei pressi dell’anfiteatro di Benevento o di pensare il rapporto tra le rovine della colonia romana di Italica e l’abitato odierno, la difficoltà maggiore era dovuta al fatto che non era dato conoscere cosa avrebbero portato alla luce gli scavi previsti. Era quindi necessario immaginare strategie capaci di dar vita – ma solo in un secondo momento – a progetti coerenti, senza però rinunciare a fissare con chiarezza quale sarebbe stato l’esito formale di quelle strategie; al tempo stesso era necessario prevedere dispositivi architettonici che non compromettessero il suolo – un proposito apparentemente anti-architettonico. Nel caso di Aquileia il dispositivo scelto ha una scala architettonico-costruttiva: la copertura-espositore che restituisce in negativo la sequenza spaziale della domus poggia su un anello di cemento che a sua volta graverà su pali che potranno essere collocati nei punti in cui non vi sarà il rischio di danneggiare né i ruderi né tantomeno i mosaici romani. A Benevento3 il progetto assume l’assenza dell’anfiteatro come valore, e restituisce la sua forma in negativo. Oltre che alle opere di Rachel Whiteread, è immediato tornare con la mente ai vuoti ben più famosi dei corpi degli antichi abitanti di Pompei impressi nella lava, ma qui il vuoto ha un’altra scala, diventa spazio. Spazio monumentale che permette di cogliere la grandiosità di uno dei più grandi edifici della romanità senza dover ricorrere a ricostruzioni improbabili, ma semplicemente restituendo la meraviglia della sua misura. In modo simile ad Italica il progetto evita

CARLO PALAZZOLO

di ricostruire in modo fittizio le mura della città di Adriano, preferisce invece mettere in scena l’opera di scavo e di disvelamento della città romana trasformando il perimetro urbano in «una sottile linea d’ombra»4 – un giunto a scala territoriale che rimette in atto la relazione perduta tra la colonia romana e il suo agro centuriato. Lavorare sul negativo – del monumento o della città – è però anche un modo per preservare il suolo archeologico, per garantire che in quei luoghi dove già affiorano «grossi maccigni che indicano vi fossero gran fabriche» possano conservarsi, in attesa di riemergere, «monete di rame, […] vasi antichi […], lume eterne…». 1. Alessandro Marzo Magno, Atene 1687. Venezia, i turchi e la distruzione del Partenone, Milano, il Saggiatore, 2011, pp. 103-104. 2. Come riferisce il mastro fiorentino Matteo Teglia, da: Alessandro Marzo Magno, Atene 1687. Venezia, i turchi e la distruzione del Partenone, Milano, il Saggiatore, 2011, p. 97. 3. M. Aires Mateus, C. Palazzolo, J. Silva Pereira, M. Vanore, “Rovine e macerie” in “Progettare la storia”, supplemento di Casabella n. 744, maggio 2006, pp. 30-35. 4. M. D’Annuntiis, C. Palazzolo, “Una delgada línea de sombra”, in A. Tejedor Cabrera (editor), Itálica – tiempo y paisaje, Sevilla, Universidad Internacional de Andalucía, 2013, pp. 165-175.

Nella pagina a fianco: C. Palazzolo, M. Basso, P. Ferrara, C. Pirina, B. Gallegos, M. Provinciali, M. Bassani: Progetto per la Domus della pesca-fondo Cossar ad Aquileia. Viste esterna ed interna di progetto e planimetria.


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Progetti

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NEAPOLIS ETSAM Madrid

Prof. José Ignacio Linazasoro Prof. Ricardo Sánchez González Tutor: Arch. Marco Arcidiacono

La proposta aveva come obiettivo iniziale la connessione, oggi inesistente, tra la città contemporanea e i principali siti archeologici sparsi nel suo territorio. Per raggiungere tale obiettivo non era sufficiente limitarsi a risolvere il problema per i singoli siti, ma era necessario inquadrarlo in una proposta più ampia, attraverso la quale si suggerisse la soluzione di una serie di problematiche che interessavano la città di Siracusa nell’insieme e, in particolare, i suoi accessi. Inoltre, all’interno della proposta si cercava di inserire alcune nuove strutture e spazi pubblici di cui la città necessita compresi in queste nuove aree riprogettate. Questa problematica così complessa implica la necessità di intervenire a diverse scale che vanno dalle infrastrutture urbane agli edifici pubblici e residenziali, agli elementi di scala più ridotta, quali i padiglioni di accesso alle rovine. Nella proposta si è tentato di rispondere a tutto ciò, introducendo scale di progetto adeguate che vanno da 1/500 a 1/3000 che stabiliscono la relazione dell’intervento con l’insieme della città. Il collegamento tra i diversi siti archeologici può essere risolto attraverso una sorta di passerella-promenade sopraelevata che, unendo tra di loro i diversi ingressi alle aree archeologiche, riesca a connettere gli accessi alla città migliorandone la qualità (di cui ci occuperemo in seguito), quanto la nuova serie di spazi ed edifici pubblici, dei quali anche si parlerà più avanti. Si tratta di un nuovo elemento urbano che risolve allo stesso tempo la differenza di livello tra la parte più alta della città, dove si trova la più importante zona archeologica, con le Latomie e il Teatro Greco, e la parte bassa verso il Porto Grande. Lungo questa “passerella” si connettono le tre principali aree archeologiche: le Latomie, a cui abbiamo fatto riferimento, i

Bordallo Josealberto Maestu Ana Martinez Natalia Menendez Irene Villasante Laura Dominguez Enrique

resti archeologici della città ellenistica di Piazza Adda, attualmente non accessibili, e l’area del cosiddetto Ginnasio Romano. La passerella, inoltre, per la sua forma rimanda all’idea di un acquedotto che con la sua estensione definisce urbanisticamente uno dei fronti di accesso della città. Si palesa quasi come un elemento paesaggistico di primaria importanza che darebbe un carattere proprio agli accessi della città e potrebbe diventare il simbolo della Nuova Siracusa. Gli accessi a Siracusa avvengono attualmente percorrendo l’area in questione alla quale si arriva dall’autostrada o attraverso la ferrovia. Ma questi accessi sono molto degradati; la strada attraversa una zona di vecchie costruzioni industriali dismesse e la città manca di una vera “porta” che indichi l’ingresso alla stessa. La stazione ferroviaria manca inoltre anche di una piazza appropriata e gli autobus parcheggiano in modo casuale. La proposta mira a porre rimedio a questa situazione tramite una nuova piazza accessibile dalla strada dove i due ingressi principali potrebbero biforcarsi: quello delle aree con le rovine e dell’espansione della città e quello del centro e di Ortigia. Quest’ultimo attraversa principalmente l’area di intervento dove si propone una nuova piazza di fronte alla stazione ferroviaria, che prevede anche l’inserimento di una stazione per gli autobus. Inoltre, si mira a consolidare e riorganizzare la zona industriale, progettando un parco urbano vicino all’area dei Pantanelli. La proposta prevede anche nuovi spazi ed edifici pubblici in relazione con le nuove infrastrutture che si progettano. Il più significativo è la nuova piazza vicina al porto attraverso la quale si prevede che la città, bloccata come si trova attualmente dalle costruzioni industriali connesse al porto, si possa riaprire di nuovo al mare.

Garran Andoni Guerrero Alvaro Merideno Carlos Pradel Marcos Pan Yu Chun Patania Roberta

Questa piazza potrebbe costituire la fine di un percorso che inizia dalle rovine del teatro, le Latomie e l’anfiteatro e, attraverso la passerella, arriverebbe al porto. La nuova piazza sul mare sarebbe anche in connessione al nuovo centro congressi, collegato con la piazza della stazione e trasversalmente legato con un nuovo lungomare, che si aggancerebbe con quello attualmente esistente in Ortigia. Un altro luogo significativo della proposta è Piazza Ada dalla quale si prevede di accedere anche alle rovine della città ellenistica. Si propone la costruzione di una biblioteca pubblica dalla quale, attraverso un cortile retrostante, si potrebbe accedere alle rovine, questa costruzione costituirebbe inoltre uno dei fronti della piazza ristrutturata. Sono anche previste nuove aree di tessuto residenziale nel fronte della baia: una a bassa densità ad ovest della nuova piazza e un’altra ad est, di densità e morfologia simile a quelle del tessuto esistente. Entrambe, unite alla piazza stessa, costituirebbero il lungomare a cui abbiamo già accennato. Un altro aspetto importante della proposta è la costruzione di un nuovo accesso alla zona delle Latomie, al Teatro e all’Anfiteatro, che dovrebbe sostituire quello esistente. Questo accesso sarebbe l’inizio del percorso attraverso la passerella sopraelevata che, come abbiamo detto, raggiungerebbe la baia collegando le diverse aree archeologiche e si proietterebbe come un nuovo padiglione che conclude la zona del ginnasio. L’altra diramazione inizia nella zona del parcheggio turistico che è divisa in ulteriori due zone adibite una alle automobili e una ai pullman. Infine, ad una scala essenzialmente urbanistica, si sono cercati di risolvere quei problemi di viabilità più urgenti proponendo alternative alla circolazione stradale.

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In queste pagine: planivolumetrico, piante, sezioni e viste della nuova sistemazione di piazza della Stazione, con nuova stazione degli autobus e torre dell’orologio.

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