Il design liquido di Zaha Hadid

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ISBN 978-88-6242-244-4 Prima edizione italiana Novembre 2017 © LetteraVentidue Edizioni © Bibiana Borzì Credits: per Crevasse courtesy Alessi, Ph. Riccardo Bianchi; per Forma courtesy Alessi, Ph. Alessandro Milani; per Niche courtesy Alessi, Ph. Santi Caleca; per Tide courtesy Magis, Ph. Tom Vack; per il MAXXI Ph. Bibiana Borzì. Special thanks: Prof. Stefano Colonna, Dipartimento di Storia dell’arte e Spettacolo, Università degli Studi di Roma "La Sapienza". Special thanks and credits: Alessi, B&B Italia, David Gill Gallery – Londra, Magis, Museo Nazionale delle Arti del XXI secolo (MAXXI) – Roma, Serralunga, Slamp. È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Book design: Francesco Trovato Impaginazione e copertina: Gaetano Salemi LetteraVentidue Edizioni Srl Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italy web: letteraventidue.com facebook: LetteraVentidue Edizioni twitter: @letteraventidue instagram: letteraventidue_edizioni


Bibiana BorzĂŹ

Il design liquido di

Zaha Hadid Una donna nella storia dell'architettura



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Introduzione

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Una donna nella storia dell’architettura

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Zaha Hadid nelle riviste di architettura

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Dall’architettura liquida al design liquido

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Oggetti liquidi

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Bibliografia


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Zaha Hadid nelle riviste di architettura

L’

architetto Alessandro Mendini, allora direttore di “Domus”, è tra i primi italiani a pubblicare all’interno della sua testata un’intervista a Zaha Hadid. È il 1984 e l’architetta insegna Composizione architettonica presso la Architectural Association di Londra, scuola nella quale si era formata. Alessandro Mendini. Tu sei conosciuta specialmente per i tuoi disegni di architettura, dove con virtuose tecniche unisci il linguaggio storico suprematista e quello elettronico. Come collochi la tua ricerca nel panorama dell’architettura oggi? Zaha Hadid. Non si tratta per me di collocare il mio lavoro nel panorama dell’architettura di oggi. Io speravo che potesse essere compreso non a livello di estetica o di grafica, ma per

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Copertina "Domus", n. 650, maggio 1984.

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numerosi aspetti: caratteristiche del sito, studio dei materiali, analisi della funzione e della struttura dell’edificio, tutti elementi che contribuiscono a ridisegnare l’urbanistica della città. Ma non sempre i progetti di Hadid hanno esito concreto, l’architettura in fieri rappresenta infatti un aspetto molto interessante del suo pensiero e dimostra che non necessariamente il progettare implica il costruire. Architettura pensata, disegnata, costruita, costituiscono tre aspetti diversi ma complementari del modus operandi della Hadid, poco interessata ai metodi tradizionali di rappresentazione ed in cerca di nuove modalità espressive. Centrale il ruolo della mano, che secondo l’architetta non potrà mai essere sostituita dal computer, nonostante i nuovi programmi informatici si rivelino molto utili per visualizzare un progetto in tre dimensioni. L’importanza del disegno chiarisce ulteriormente quel legame latente fra arte e architettura, ben evidente nelle opere dell’irachena, fin dai suoi esordi. Emblematica in questa direzione la rilettura dell’esperienza suprematista e costruttivista, presente non solo nella già citata tesi dedicata a Malevich, ma nella disposizione interna degli spazi, caratterizzati da planimetrie fluide e da un’inedita percezione e fruizione dei luoghi. Radici arabe, studi matematici, eredità suprematista, metodi di rappresentazione, importanza del disegno, architettura in fieri: sono in sintesi i tratti che emergono dalle interviste a Zaha Hadid. Un ritratto, quello dell’architetta, che rivela lati meno istituzionali, come l’ironia, il rapporto con la moda, l’amore per il balletto, il valore dell’amicizia, e che contribuisce a delineare il profilo di una rivoluzionaria dell’architettura contemporanea. “El Croquis” presenta, con un ingente corredo di tavole e disegni, Copertina "El Croquis", opere e lavori raccontati dalla voce n. 52+73, 2000.

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dell’architetta. Così accade per alcuni dei suoi progetti più famosi, a partire da quello per il club sportivo The Peak sulle colline di Hong Kong, vincitore in un concorso nel 1983. Il progetto consacra l’apparizione della Hadid sulla scena internazionale e i disegni, pubblicati dalla stampa specializzata, svelano da subito il retroterra costruttivista e suprematista, articolandosi in straordinarie visioni architettoniche. The Peak è un’opera di rottura, la serie di quadri che ne riproducono il complesso iter progettuale si snoda quasi come una sequenza cinematografica. Fa parte di quella architettura dipinta e mai realizzata, pensata in funzione del luogo. Come del resto accade per il progetto della Stazione dei Pompieri del Campus Vitra, sviluppato a partire da una attenta analisi topografica.

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There are various concerns with regard to Vitra Fire Station but ultimately it has to do with the making of space, more than anything else. It is hard to actually achieve space, which is interwoven, a space that is transparent. The issue about lightness and movement …how you can achieve that through building, how the different between inside and outside is very precarious, was the most interesting thing for me about Vitra. RoJo De Castro Luis, Conversation with Zaha Hadid, 1995, in “El Croquis”, n. 52+73, cit., p. 28

Le parole di Zaha Hadid annunciano una delle caratteristiche più importanti della sua futura produzione: la trasparenza dell’involucro, a prima vista difficile da ottenere in una struttura come Vitra Fire Station, realizzata in calcestruzzo e non in vetro. In questo caso però l’architetta ha lavorato sui volumi e sulla pianta facendo in modo che gli spazi scorressero letteralmente gli uni negli altri, senza interruzioni, secondo quel principio di fluidità che permette a chi attraversa l’edificio di avere una visione continua,

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Aria Transparent, lampadario, Slamp, 2013.

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polietilene lineare a bassa densità; lo studio sulla forma, generata mediante modelli matematici e fusa in una superficie continua, dà origine a un oggetto organico, con un profilo diverso su tutti i fronti, resistente agli urti e completamente riciclabile»4. La serie Flow è prodotta in due dimensioni, la maggiore delle quali arriva fino ai due metri di altezza: siamo in presenza di oggetti del tutto fuori scala, che si impongono nell’ambiente sia come sculture sia come edifici in miniatura. Ancora una volta l’architetta irachena è riuscita a decontestualizzare un oggetto domestico, partendo dalla relazione spazio/fruitore. Il concetto di design liquido presuppone infatti modalità di fruizione più libere, ovvero svincolate da schemi precostituiti. Ecco perché l’oggetto liquido comunica a prescindere dalla sua funzione, carico di una forte valenza artistica e architettonica, che non solo lo distingue nettamente da oggetti d’uso comune, ma lo identifica come status symbol agli occhi di un pubblico attento.

Riflessi in movimento: oggetti trasparenti La lampada a sospensione Aria Transparent (Slamp, 2013), condensa i principi dell’architettura dinamica e visionaria di Zaha Hadid, tradotti in questo caso in un volume fatto di luce e trasparenze, che ricorda le fattezze acquatiche di una medusa. L’oggetto rivisita in chiave contemporanea la tipologia dei grandi lampadari decorativi, grazie ad una attenta opera di sperimentazione formale, materica e tecnologica: la sua particolare struttura asimmetrica è formata da cinquanta layers in Policarbonato (Cristalflex®, tecnopolimero brevettato da Slamp) diversi l’uno dall’altro, che la trasformano in una scultura luminosa, dinamica ed eterea. La tecnologia LED è integrata al centro del corpo illuminante per conferire massima leggerezza visiva all’oggetto che, quasi generato da una geometria frattale, sembra smaterializzarsi nello spazio accogliente. La lampada, in linea con le tendenze del design 4. I protagonisti del design. Zaha Hadid, op. cit., p. 24.

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contemporaneo, sfrutta dunque materiali di nuova generazione per giungere a risultati di trasparenza formale che consentono il suo inserimento in contesti diversi. Questa indagine critica, dedicata ad una selezione di pezzi emblematici della produzione di Zaha Hadid, si conclude con un oggetto che può essere considerato una sorta di manifesto del design liquido: il tavolo Liquid Glacial (David Gill Galleries, Londra, 2012). L’oggetto in questione è parte di una serie che racchiude, a partire dal nome, molte caratteristiche poetiche individuate per la definizione di design liquido. L’architetto trasforma la categoria oggettuale del tavolo in una lastra di plexiglas (lucidato e levigato a mano) che ricorda la trasparenza e la compattezza del ghiaccio. La superficie del piano da statica diventa fluida, increspata da piccoli moti e da vortici di acqua che sembrano generare le gambe del tavolo. Alla geometria dei piani solidi Zaha Hadid sostituisce una struttura liquida che sembra sciogliersi nell’ambiente da un momento

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all’altro. È il vortice del tempo congelato dall’acqua che regala a questo oggetto una dimensione visivo/emotiva fuori dal comune. Siamo di fronte a un tavolo che ha perso totalmente le coordinate fisiche e materiali di oggetto per trasformarsi in una scultura liquida, trasparente, leggera, animata da infiniti riflessi. Eppure, come in altri progetti di Hadid, non vengono meno i due principi di ergonomia e funzionalità. Come in precedenza evidenziato, il concetto di liquidità, nel design contemporaneo, implica: ricerca di una nuova funzionalità psicologica e simbolica, impiego di forme organiche, fluide e dinamiche, scelta di materiali plasmabili e di nuova generazione, diversa relazione tra oggetto e fruitore, gioco di trasparenze. In questa direzione la serie Liquid Glacial inaugura una nuova stagione del design, dove l’acqua che si trasforma in ghiaccio è metafora del divenire, inteso con Eraclito come continuo mutare di tutte le cose da uno stato all’altro.

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