13 Collana Alleli / Research Comitato scientifico Edoardo Dotto Nicola Flora Antonella Greco Bruno Messina Stefano Munarin Giorgio Peghin I volumi pubblicati in questa collana vengono sottoposti a procedura di peer-review
ISBN 978-88-6242-245-1 Prima edizione Ottobre 2017 Š LetteraVentidue Edizioni Š Angela D’Agostino Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico e impaginazione: Martina Distefano Finito di stampare nel mese di Ottobre 2017 LetteraVentidue Edizioni Srl Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia Web: www.letteraventidue.com Facebook: LetteraVentidue Edizioni Twitter: @letteraventidue Instagram: letteraventidue_edizioni
Angela D’Agostino
Monumenti in movimento Scenari di cittĂ
Indice
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Introduzione Primo movimento. Il monumento tra architettura e geografia La cittadella conventuale e la città
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Premessa
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I “ruoli” urbani del monumento e la dialettica tra conservazione e progetto. Temi per una reinterpretazione del rapporto monumento-città
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Il convento e il paesaggio urbano. Architettura e geografia in Francesco di Giorgio Martini
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II convento e la forma urbana. Interferenze reciproche tra cittadella conventuale e città Quale dialettica tra claustrum e scena urbana
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Premessa
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Una questione specifica: i conventi napoletani a chiostro aperto
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Forme e misure del claustrum in forme e strutture della città
148
Primo movimento e scenario contemporaneo
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Secondo movimento. Da ex convento a ex ospedale militare Scenario di città
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Premessa
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Le trasformazioni dei militari
172
La dismissione da Ospedale Militare e le prospettive di movimento del monumento
172
L’individuazione di “pezzi e parti” come premessa per movimenti futuri
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Terzo movimento. Il risveglio del gigante Una questione aperta
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Premessa
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L’occasione di Urbact 2nd chance
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‘NaScala - Stairway to heaven
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Bibliografia e sitografia
Introduzione
Monumenti e città: due termini legati da una serie infinita di intrecci. In comune hanno il fatto di essere ancora pensati soprattutto nella loro dimensione materiale (benché la loro versione immateriale acquisti nella contemporaneità sempre più spazio e sempre nuove implicazioni smart); e in comune hanno anche il fatto di essere riconoscibili in una grande quantità di forme diverse. Per tutti quelli che frequentano disciplinarmente l’architettura e che appartengono alla generazione post Architettura della città1, monumento e città sono legati dal filo doppio che Aldo Rossi ha tessuto tra i due termini: non solo evidenziando la natura oppositiva della relazione monumento/ tessuto ma anche speculando sul tema delle “permanenze” e sul ruolo degli “elementi primari” nella costruzione e trasformazione delle città. Paradossalmente è proprio nel parlare di permanenza che si finisce con l’associare al monumento l’idea di movimento: i monumenti inducono dei “movimenti” nelle città che li ospitano, che li contengono. Non si tratta solo di movimenti simbolici ma di movimenti materiali, produttivi di azioni e di trasformazioni: la storia dell’architettura e quella della città testimoniano gli esiti significativi di questi movimenti. Intorno al monumento si crea talvolta uno spazio auratico che genera una distanza, e produce spazialità speciali, vuoti pieni di senso; o al contrario si determina una condizione di accumulazione, di concentrazione di attività catalizzate in forme diverse, che sembrano innervare o talvolta assediare il monumento. E poi, naturalmente, c’è l’effetto inverso: sono le città, stavolta, che mettono in movimento i monumenti. È la storia delle loro trasformazioni, della loro crescita, della loro decadenza, delle loro fortune alterne in termini politici, sociali, economici; è la storia dei loro piani e dei loro programmi, che induce sui monumenti effetti significativi, che determina modificazioni, trasformazioni, cambiamenti, che incide sulle funzioni, sulle forme, sui destini dei monumenti che molto spesso assumono, proprio attraverso l’effetto di questi movimenti, non solo il valore di “libri dell’umanità” che gli riconosceva Victor Hugo ma quello, aggiuntivo, di “documenti di città”. In questa doppia relazione monumento/città e città/monumento si insinua pericolosamente il tema del movimento in negativo: il monumento non solo non costruisce movimento nella città ma addirittura lo blocca; la città non solo non movimenta la propria relazione con il monumento ma addirittura lo esclude dalla propria struttura e della propria vita. La storia si sospende, la memoria si offusca, il valore documentario non viene riconosciuto o, peggio, diventa un pesante fardello da rimuovere o da occultare, se non da distruggere con violenza: quante Bastille ci ha consegnato la storia? E se la violenza cieca delle guerre di religione, di nuovo così flagrante e così drammaticamente amplificata dai media contemporanei ci ricorda con ritmi incessanti il ruolo 1. Cfr. Rossi Aldo, L’architettura della città, Marsilio, Padova, 1966.
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La cittadella conventuale e la cittĂ
1.1
Premessa
Dicevamo di diversi livelli di monumentalità in funzione della relazione tra monumento e città. Una simile ipotesi, sicuramente generalizzabile, assume, nello specifico della città di Napoli e delle sue architetture monumentali, una particolare pregnanza se si articola la classificazione proposta. È possibile, infatti, individuare alcuni grandi manufatti architettonici, ascrivibili, secondo la schematizzazione proposta, al primo livello di monumentalità, che consentono di individuare una struttura urbana fondata su relazioni alla scala della geografia, del paesaggio naturale rispetto al quale la città si costruisce. Si tratta di monumenti a grande scala come il Castel Sant’Elmo, il Maschio Angioino, la Reggia di Capodimonte, che costituiscono elementi eccezionali anche dal punto di vista della forma e della dimensione, oltre che da quello della posizione nella città. Sono monumenti, questi, che non restano direttamente coinvolti nella determinazione delle caratteristiche morfologiche di singole parti urbane e che quindi stabiliscono una serie di corrispondenze fondate più su assi visuali o comunque su fondamentali direzioni territoriali che non sulla continuità dei tessuti urbani. Per diverse condizioni, che possono essere determinate dall'orografia o dalla presenza di una sorta di area di rispetto nell'immediato intorno del monumento, questi manufatti non hanno un rapporto diretto con il tessuto minuto. Accanto a questa tipologia di monumenti è possibile individuarne un’altra alla quale afferiscono quegli elementi che instaurano, quasi esclusivamente, rapporti urbani basati sulla continuità stradale. Questi monumenti, tra i quali sono annoverabili alcuni conventi del Centro Antico di Napoli, hanno un preciso rapporto con la morfologia del contesto urbano di appartenenza e ne sintetizzano una serie di caratteri come la geometria del tessuto e la dimensione e la forma degli isolati. Un ulteriore livello di monumentalità intermedio rispetto alle due tipologie individuate può essere ipotizzato per quei monumenti che sono in grado di assolvere entrambi i ruoli urbani descritti per ciascuna delle altre classi. Esistono infatti una serie di casi nei quali il monumento stabilisce precise relazioni sia con l'impianto urbano, sia con la geografia della città. È interessante notare come la compresenza dei due ruoli non costituisca una semplice somma, ma amplifichi le potenzialità di ciascuno di essi. II convento della SS. Trinità delle Monache, dalla cui osservazione si è partiti per definire i tre diversi gradi di monumentalità, segnala più di altri la sua natura di elemento di secondo grado di monumentalità, legata al suo particolare rapporto con la geografia e, al contempo, ad uno stretto legame con il contesto. Il complesso conventuale della SS. Trinità delle Monache a Napoli, la cui ubicazione nella città è molto chiara nella veduta del Baratta (1629), è immediatamente
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del monumento nella città. L'interesse di questo intervento è duplice; da un lato, infatti, vengono ricostituiti gli antichi rapporti del teatro con lo spazio urbano circostante: la piazza, i porticati, la galleria Mazzini, lo spazio dinanzi al pronao; dall'altro il rapporto del monumento con la città viene reinterpretato in chiave contemporanea in una città dove i rapporti proporzionali sono cambiati: la torre scenica assume un ruolo singolare per specifica volontà dei progettisti. È un nuovo landmark del panorama urbano, «un punto di riferimento di Genova; come le torri romaniche e gotiche delle città d'Europa, le cattedrali, i grattacieli di New York»16. Il tema della ricostruzione letto in chiave urbana si può dunque riferire ad un monumento il cui “valore urbano” presenta carattere di prevalenza rispetto ad altre possibili valutazioni e scelte progettuali, non ultima quella della distruzione. Si deve porre da un lato il problema della reinterpretazione dei rapporti originari tra monumento e città, dall'altro la valutazione di nuove possibili relazioni che tengano conto delle trasformazioni della città. Anche per il tema della grande scala si utilizza un esempio per accennare ad una delle questioni più interessanti per la reinterpretazione dei monumenti all'interno della città storica Il tema della dove però i rapporti proporzionali non sono sicuramente grande scala più quelli “storici”. Come già detto a proposito del tema della ricostruzione, infatti, i rapporti tra monumento e città, nello stesso momento in cui si riconosce al monumento, o a ciò che resta di esso, la capacità di indurre processi di trasformazione sulla città, vanno reinterpretati. Questa reinterpretazione si connota di temi con un carattere di complessità sicuramente maggiore rispetto ai temi che originariamente legavano monumento e città. Il tema della grande scala è quello che propone relazioni tra monumenti e tra parti di città, in senso di confronto visivo, di corrispondenze nel paesaggio urbano. Per chiarirne il senso, sembra emblematico il progetto di Ignazio Gardella per la facoltà di architettura di Genova sul colle di San Donato e San Silvestro. Dell'antico sistema di conventi restava ben poco; molto presente, invece, una memoria di sistemi di giaciture, memoria di grandi edifici sul luogo scosceso; in particolare dell'antica chiesa con monastero di San Silvestro, sulla cui traccia si è costruito l'edificio universitario, restavano solo alcuni frammenti di campanile. La nuova architettura presenta una essenzialità di volumi e un impianto chiaro e unitario sia in pianta sia in alzato ma ciò che ci interessa di più in questa sede è il sistema 16. Gardella Ignazio, Reinhart Fabio, Rossi Aldo, Contenuti fondamentali della soluzione proposta, in “Casabella” n° 502, 1984, p. 54.
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Monumenti in movimento
di relazioni urbane che l'edificio instaura. II senso urbano dell'intervento di Gardella si inquadra in un discorso complessivo sulla città di Genova che dunque non può che tenere in conto tra i suoi elementi dominanti la torre scenica del teatro Carlo Felice. «La torre (del teatro) opera uno scarto notevole nella direzione di una trasformazione degli equilibri del paesaggio urbano; per forma, dimensione e localizzazione, diventa il segno monumentale che identifica il centro cittadino dal mare, dal porto, dalle alture circostanti, dagli innumerevoli scorci imprevisti dovuti alla particolare orografia genovese»17. «Il grande edificio (facoltà di architettura), oggi, è già diventato una parte di città: ricostruisce il gioco dei volumi, delle ombre e delle luci. Alla continuità del suolo e alla presenza dei reperti oppone il senso della costruzione»18. Altro tema particolarmente cogente per la reinterpretazione dei monumenti nella città e legato, più specificamente, alla reinterpretazione di edifici conventuali è Il tema dell’attraversamento quello dell'attraversamento. Gli edifici conventuali, infatti, per un intrinseco motivo, insito proprio nel significato primo del convento, si presentano chiusi verso la città, con alti muri impenetrabili e con un impianto “introverso”. Nel momento in cui si verifica la dismissione dell'uso dell'edificio il nuovo rapporto che l’ex convento tende ad instaurare con la città implica quasi sempre una possibilità di “apertura” e di “attraversamento”. A questo proposito, significativo è il progetto di Pasquale Culotta e Giuseppe Leone a Cefalù dove l'ex monastero di Santa Caterina viene trasformato in Municipio. In un intreccio di pietre e muri antichi, di parti ricostruite e reinterpretate, si legge da un lato la volontà di ridefinire l’isolato di pertinenza dell'ex convento, facente parte del chiaro impianto greco della città di fondazione, dall’altro è esplicita la volontà di creare una sequenza urbana che, partendo dal chiostro del Duomo, coinvolge la piazza dinanzi al Duomo e, da qui, passa all'interno dell'isolato del Municipio in una “piazza interna” di progetto. Un’ultima riflessione, per concludere il ragionamento su alcuni dei temi segnati da una “interpretazione urbana del monumenIl tema dell’aggiunta to”, va fatta a proposito dell'aggiunta al monumento. Un esempio significativo a metà tra l'aggiunta e la 17. Rocca Alessandro, Il teatro Carlo Felice di Ignazio Gardella, Aldo Rossi, Fabio Reinhart, Angelo Sibilla, in Rocca Alessandro e Sambonet Guia (a cura di), La citta dipinta. Genova '92, “Quaderni di Lotus” n° 17, Milano, 1991, p. 58. 18. Vitale Daniele , Immagine conventuale. L'università di Gardella e il recupero della collina di Castello, in Rocca Alessandro e Sambonet Guia (a cura di), op. cit., p. 95.
Primo movimento - La cittadella conventuale e la città
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ricostruzione e che trova ragione nell’apertura del monumento alla città per un cambio di destinazione d’uso è quello per l'ex convento di San Gonçalo ad Amarante in Portogallo. Si tratta di un convento del XVI secolo che, tra le numerose trasformazioni subite, ha sopportato l'unificazione dei due chiostri dovuta ad usi militari. Nel progetto di Alçino Soutinho per la trasformazione dell'ex convento in museo, si riprende il tema della tipologia conventuale originaria proponendo una nuova separazione dei due chiostri. Il tema del rapporto tra vecchio e nuovo viene risolto in piena sintonia con tutta la cultura portoghese che si connota per la coesistenza di una serie di riflessioni sul contesto, sul rapporto tipologia-morfologia e, al contempo, per le “pareti bianche” e l'architettura “pura e dura”. Ma l'interesse del progetto riguarda in primo luogo i temi progettuali che si ritrovano nelle soluzioni di attacco tra preesistente e nuovo. «Sulle pareti bianche delle due nuove facciate si svolge un dialogo a distanza con le pietre i muri e gli archi del convento e con il suo austero decoro. II contatto fisico tra i nuovi ed i vecchi muri è spesso evitato e, con un effetto di frattura, corre dietro le vuote pareti interrotte come un'anima, la gabbia neutra e trasparente dei serramenti che salda le parti e scivola allo stesso modo dietro le vecchie arcate con rari punti di contatto. I livelli indicati dai capitelli e dalle cornici dei vecchi corpi compaiono e scompaiono come labili tracce sui pilastri del portico nuovo, segnati con arretramento o scalfitture, sull'aggetto di una delle facciate o al limite superiore dell'altra, e, tranquillamente, in occasione o prima di ogni contatto, il nuovo muro si deforma o si interrompe o si spezza accentuando la sua purezza di frammento e i suoi legami»19.
19. Ferlenga Alberto, Dal convento al museo. Un progetto di Alçino Soutinho a Amarante, in “Lotus international” n° 42, p. 47.
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Monumenti in movimento
Il teatro Carlo Felice a Genova prima della ricostruzione.
Il teatro Carlo Felice a Genova, la nuova dimensione della torre scenica
Primo movimento - La cittadella conventuale e la cittĂ
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Lo scorcio del lato lungo della Facoltà di Architettura di Genova nel panorama urbano. La grande scala dell’edificio si confronta con altri elementi della città, tra i quali la torre scenica del teatro Carlo Felice.
La Facoltà di Architettura di Genova sul colle di San Donato e San Silvestro. È evidente la grande scala dell’edificio allungato e del campanile restaurato dell’ex convento di San Silvestro.
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Monumenti in movimento
La pianta dell’ex convento di Santa Caterina a Cefalù, oggi Municipio, mostra la possibilità di attraversamento dell’intero isolato attraverso lo spazio dei chiostri.
Ex convento di Santa Caterina a Cefalù. Sezioni sul chiostro allungato e sul chiostro quadrato.
Primo movimento - La cittadella conventuale e la città
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Napoli, veduta di Bastiaen Stopendael (1653). Nella città si legge la dominante presenza dei conventi. In particolare, alle pendici della collina di Sant’Elmo, subito a destra dei Quartieri Spagnoli, si vede la grande mole del convento della SS. Trinità delle Monache.
Napoli, pianta di G.A. Rizzi-Zannoni (1790). Ăˆ chiara la struttura urbana in rapporto alla geografia del territorio.
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Monumenti in movimento
2.2
Una questione specifica: I conventi napoletani a chiostro aperto 2.2.1
L’impianto ad “U” tra architettura e geografia
I complessi conventuali napoletani a “chiostro aperto” presi in esame sono sei: • SS. Marcellino e Festo (1567) • Santa Maria dei Miracoli (1662) • Santa Maria delle Periclitanti (1674) • San Potito (1615) • Suor Orsola Benincasa (1656) • SS. Trinità delle Monache (1608) Le date indicate si riferiscono al momento in cui il convento si è configurato secondo l'impianto a chiostro aperto che non sempre coincide con il momento della fondazione. Infatti, dei complessi conventuali individuati, alcuni furono fondati ex-novo nel XVII secolo e altri invece devono il loro impianto attuale a trasformazioni, a volte radicali, operate nel corso dello stesso secolo su elementi preesistenti. È quindi nel Seicento che lo schema ad “U” si diffonde come struttura formale del convento napoletano, con l'unico precedente cronologico del chiostro dei SS. Marcellino e Festo che si configura secondo questo impianto nella seconda meta del XVI secolo. Ma lo scarto temporale, peraltro breve, che separa questo convento dagli altri cinque non costituisce l'unica differenza tra il primo esempio e quelli che seguirono, come, d’altra parte, la matrice tipologica non costituisce l'unica analogia tra i sei conventi. Allo scopo di approfondire quanto accennato è opportuno procedere ad una classificazione dei sei conventi operata attraverso i parametri dello schema tipologico e della rispondenza di questo ai dettami della Controriforma, della posizione rispetto alla città, dell'orientamento. Questi sono, infatti, i parametri secondo i quali, in linea di massima, è possibile una lettura parallela dei monumenti in oggetto che ne metta in evidenza la matrice comune e, allo stesso tempo, il diverso grado di complessità in rapporto con la città. La posizione del monumento, considerata parallelamente in rapporto alla città costruita e all'orografia, costituisce un nodo fondamentale per diversi aspetti. In primo luogo è immediato constatare che quasi tutti i complessi individuati si trovano, rispetto alla città, in una posizione di margine, a segnarne il confine secondo diverse direzioni. Il grado di complessità è tale, però, da non consentire di ridurre la “coincidenza” di posizione sul limite all'effetto di una “naturale” crescita della città extra moenia che in quel periodo pure si verificò e della quale i complessi conventuali costituirono, senza Primo movimento - Quale dialettica tra claustrum e scena urbana
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La città è rappresentata attraverso pochi elementi fondamentali – i tre decumani, l’asse di via Toledo, la linea di costa, il sistema dei castelli – ridisegnati sulla geografia del territorio. Dei conventi a chiostro aperto sono evidenti la posizione sul alto di quota e la direzione dell’asse panoramico. Il disegno originale è in scala 1:4000.
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dubbio, e per molti aspetti, una testa di ponte. Altro elemento da considerare è, infatti, la posizione rispetto all'orografia e, anche in questo caso, la “coincidenza” tra confine urbano e salti di quota non è tautologica. Qui infatti la riflessione sulla tipologia consente di riguardare il monumento come elemento cardine nei rapporti tra città e paesaggio, artificio e natura, regola astratta e morfologia del suolo. Il rapporto dell'impianto a chiostro aperto con l'orografia sembra essere univocamente determinato, in quanto tutti gli esempi individuati si confrontano con un salto di quota particolarmente segnato e rivolgono il lato aperto verso valle. Questa caratteristica sembra non opporre soluzioni di continuità tra l'impianto ad “U” martiniano e i chiostri aperti napoletani, così come resta confermata l'analogia di posizione sul limite della città. Ciò che, invece, rende peculiare la ripresa, o più probabilmente la reinvenzione, della tipologia ad “U” nel Seicento a Napoli è il diverso orientamento dell'impianto sull'asse città-paesaggio. La rilettura secondo il parametro dell'orientamento consente, infatti, di rilevare il salto che esiste tra gli impianti martiniani e quelli napoletani a meno del convento dei SS. Marcellino e Festo. Infatti, pur insistendo sul margine della città, il convento dei SS. Marcellino e Festo, al pari degli esempi martiniani, è interno alla città stessa e volge il suo lato aperto verso il paesaggio, in questo caso specifico verso il mare. Parte integrante della città antica, conferma, rispettandola, la regola insediativa del tracciato greco-romano a monte e assorbe, proprio nell'assenza del braccio meridionale del chiostro, la differenza tra la geometria del tracciato e l'accidentalità del suolo a valle, presentando, tuttavia, una facciata urbana che non consente di rilevare la deformazione tipologica. Visto dall'interno della città, il convento dei SS. Marcellino e Festo non presenta soluzione di continuità né con il tracciato né con i numerosi conventi del centro antico. Esiste, in questo caso, un evidente parallelismo con le fabbriche martiniane, le cui facciate sono progettate in chiave urbana, mentre è all'interno dell'edificio che si manifestano le “deformazioni” in relazione alla posizione sul limite della città. È possibile, quindi, distinguere la valenza urbana del complesso conventuale da quella territoriale-paesaggistica e cogliere la complessità data dal loro intreccio sottolineando come questi monumenti rappresentino la città interpretandone alcuni dei caratteri fondamentali, da quello della regola dell’impianto urbano a quello dell’appartenenza ad una orografia articolata. Nel caso di Francesco di Giorgio la progettazione del monumento costruisce contemporaneamente la profonda trasformazione quattrocentesca della città medievale e la forte conferma dei caratteri propri della sua identità urbana. La logica insediativa informata dagli scoscendimenti orografici, dalle esigenze di difesa e di dominio sul territorio, dall’idea di aprire
Primo movimento - Quale dialettica tra claustrum e scena urbana
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Temi progettuali per il convento della SS. Trinità delle Monache. Da un lato il tema del monumento come landmark a grande scala che pone la questione dell’assenza della cupola; dall’altro il tema dell’attraversamento e dell’interpretazione del limen tra convento e città che si coniuga con quello dell’aggiunta per la riconfigurazione del braccio mancante e quindi dell’originario impianto ad ‘U’ e delle relazioni spaziali tra lo spazio del chiostro e il bastione su cui si attesta il convento.
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quest’ultimo, infatti, con i grandi spazi aperti di giardino inferiore, chiostro superiore e bastione, tutti rivolti verso valle, si dimostra disponibile all’attraversamento una volta venute meno le condizioni di necessità dovute alla clausura o all’uso militare. II tema dell'architettura dello spazio del chiostro e del rapporto con il bastione vicereale ripropone, secondo un ulteriore taglio, la riflessione sulla ridefiII tema dello spazio del chiostro nizione del braccio mancante a nord del e del rapporto con le mura chiostro. II braccio settentrionale, infatti, assolveva un doppio ruolo. Da un lato era l'elemento che, delimitando il chiostro su uno dei lati corti, ne garantiva la compiutezza spaziale e tipologica, dall'altro, fungendo da elemento di separazione tra lo spazio proprio del chiostro e il bastione delle mura, contribuiva a chiarire la dialettica tra due monumenti. II bastione e il convento, attestato su di esso, erano leggibili nel loro rapporto, ma anche nella loro autonomia.
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