Questa pubblicazione è stata promossa nell’ambito delle attività scientifiche e formative dell’AUSI (Consorzio per la promozione delle Attività Universitarie del Sulcis-Iglesiente) ed è stata finanziata con il contributo della Regione Autonoma della Sardegna (L.R.9 marzo 2015 nr. 5). Si ringrazia per il coordinamento generale la sig.ra Stefania Ballarin, responsabile amministrativa del Consorzio. Il testo documenta le attività di ricerca e progetto elaborate nel Laboratorio Internazionale di Architettura e Paesaggio svoltosi a Iglesias (Monteponi) nel 2017
ISBN 978-88-6242-307-6 Prima edizione italiana Marzo 2018 © LetteraVentidue Edizioni © Giorgio Peghin © Testi e immagini: i rispettivi autori Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L’autore e l’editore si augurano che avendo contenuto il costo del volume al minimo i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per fare delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Corso Umberto I, 106 96100 Siracusa, Italia web: www.letteraventidue.com facebook: LetteraVentidue Edizioni twitter: @letteraventidue instagram: letteraventidue_edizioni
a cura di Giorgio Peghin
Paesaggi Minerari Un progetto per la miniera di Monteponi
Contributi di: Antonio Angelillo Alfonso Annunziata Federico Aru Carlo Atzeni Sérgio Braz Antão Paolo Ceccon Pier Francesco Cherchi Edoardo Costa Pinto Susanna Curioni Adriano Dessì João Gomes da Silva Simone Langiu Marco Lecis Francesco Marras Silvia Mocci Giuseppina Monni Giorgio Peghin Carlo Pisano Valeria Saiu Laura Zampieri
enoizudortnI elatneibma àtilibinetsos al rep aznellecce id ortneC ASEC ,iccassaM oigroiG oirarenim oiggaseap led ottegorp lI .amirp et raP ottecnoc emoc oiggaseap li ,amrof emoc oirotirret lI – nihgeP oigroiG azzelleb alled ossodarap lI – ireipmaZ aruaL ,nocceC oloaP toraM naitsabeS id enabrubus inoizacilpmi eL .issemsiD iggaseaP – ollilegnA oinotnA e avliS ad semoG oãoJ id enoizasrevnoC .oiggaseap led aruttetihcra’l ,olous li ,areinim aL nihgeP oigroiG inopetnoM id supmaC lI .adnoces et raP inopetnoM rep ittegorp ieS – nihgeP oigroiG atla’l e acrecir al rep izaps ilG – urA ociredeF ,sarraM ocsecnarF ,iccoM ai vliS ,ineztA olraC enoizamrof oroM ocraM ,innoM anippesuiG ,otniP atsoC odraodE ,siceL ocraM ,ihcrehC ocsecnarF reiP àtinredom alled oiggaseap nu id inoizarugfinocir :areinim allen erattegorP – ihgnaf i rep ittegorp erT .irarenim iggaseaP – ireipmaZ aruaL ,uiaS airelaV ,nocceC oloaP issor acetoilbib aL – uignaL enomiS ,onasiP olraC ,nihgeP oigroiG rep airomem al erav reserP – inoiruC annasuS ,ataiznunnA osnoflA ,oãtnA zarB oigréS orutu f li eritnarag arret al eralopinaM – ìsseD onairdA ,avliS ad semoG oãoJ ottegorp id reileta ilG
Indice
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Introduzione Giorgio Massacci, CESA Centro di eccellenza per la sostenibilità ambientale Parte prima. Il progetto del paesaggio minerario
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Giorgio Peghin – Il territorio come forma, il paesaggio come concetto Paolo Ceccon, Laura Zampieri – Il paradosso della bellezza Antonio Angelillo – Paesaggi Dismessi. Le implicazioni suburbane di Sebastian Marot La miniera, il suolo, l’architettura del paesaggio. Conversazione di João Gomes da Silva e Giorgio Peghin Parte seconda. Il Campus di Monteponi
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Giorgio Peghin – Sei progetti per Monteponi Carlo Atzeni, Silvia Mocci, Francesco Marras, Federico Aru – Gli spazi per la ricerca e l’alta formazione Pier Francesco Cherchi, Marco Lecis, Edoardo Costa Pinto, Giuseppina Monni, Marco Moro – Progettare nella miniera: riconfigurazioni di un paesaggio della modernità Paolo Ceccon, Valeria Saiu, Laura Zampieri – Paesaggi minerari. Tre progetti per i fanghi rossi Giorgio Peghin, Carlo Pisano, Simone Langiu – La biblioteca Sérgio Braz Antão, Alfonso Annunziata, Susanna Curioni – Preservare la memoria per garantire il futuro João Gomes da Silva, Adriano Dessì – Manipolare la terra
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Gli atelier di progetto
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Introduzione
Il “Laboratorio Internazionale di Architettura e Paesaggio” è un’iniziativa che da alcuni anni riunisce studiosi, ricercatori e studenti, promuovendone il lavoro di gruppo sul tema dei paesaggi minerari che, nel 2017, ha riguardato la miniera di Monteponi. Per lo sviluppo dell’industria mineraria sarda fu determinate l’estensione alla Sardegna, nel 1848, della legge mineraria del 30 giugno 1840, vigente in tutte le altre province del regno sabaudo. La legge sanciva la distinzione tra la proprietà del suolo e quella delle risorse del sottosuolo per le risorse di maggiore interesse strategico (minerali metalliferi, combustibili ecc.) definendo l’istituto della concessione. Gli imprenditori minerari venivano liberati dai problemi e dagli oneri sollevati dalla proprietà del suolo, spesso frazionata e non ben definita. Venne così richiamata l’attenzione degli industriali più seri e capaci, nel momento più opportuno: ormai sfruttati gli affioramenti superficiali più ricchi, era necessario eseguire grandi lavori per l’accesso a parti più profonde dei giacimenti. Ebbe così inizio una vera epopea che abbracciò circa un secolo, creando ricchezza e occupazione, promuovendo la cultura e l’innovazione tecnologica, inducendo iniziative quali lo sviluppo dell’industria metallurgica come integrazione a valle delle attività di coltivazione e valorizzazione mineralurgica, ma lasciando come eredità la compromissione di estese porzioni di territorio (in particolare nel Sulcis-Iglesiente-Guspinese). Le trasformazioni sociali, delle tradizioni di lavoro, del territorio sono rappresentate con immediata efficacia nell’affresco realizzato da Aligi Sassu nella foresteria della miniera di Monteponi. I paesaggi minerari recano dunque una marcatissima traccia della storia e dell’attività dell’uomo, nella cui lettura gli aspetti negativi e quelli positivi sono inscindibili. Ma i paesaggi post-industriali e in particolare quelli post-minerari non possono essere oggetto di mera osservazione e rappresentazione: deve essere considerata non solo possibile, ma necessaria l’elaborazione e la realizzazione di interventi che, ponendosi l’obiettivo di conseguire un assetto ecocompatibile, implichino un’attività ideativa che assuma la necessità di un progetto di paesaggio caratterizzato da una visione complessiva e strategica. Il volume curato da Giorgio Peghin documenta le attività di ricerca e progetto elaborate nell’edizione 2017 del “Laboratorio”. Vi sono raccolti gli interventi dei docenti e ricercatori della scuola sarda di Architettura e dei progettisti e paesaggisti provenienti dall’Italia e dall’estero, i quali tutti hanno contribuito a coordinare gli atelier di progettazione che hanno coinvolto gli studenti. È una formula nella quale i singoli contributi sono importanti, ma diventano indistinguibili e si accrescono di valore nell’interazione reciproca: questa modalità 6 Giorgio Massacci
di lavoro coinvolgente si rivela proficua e appropriata a generare e trasmettere la consapevolezza che l’integrazione di competenze e punti di vista possa condurre all’individuazione di soluzioni e proposte progettuali non settoriali, ma complessive.
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Parte prima Il progetto del paesaggio minerario
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Giorgio Peghin
Nella formazione del paesaggio minerario l’architettura, il territorio, l’ambiente fisico e sociale sono elementi che si ricompongono in un processo di modificazione continua nel tempo. È necessario evitare la riduzione ad uno di questi o limitarsi alle sole problematiche del recupero dell’archeologia industriale o alla soluzione di specifici problemi ambientali, come la bonifica dei siti dismessi e il ricollocamento dei residui della produzione mineraria. Progettare un paesaggio significa, infatti, combinare questi materiali con la consapevolezza che nessuno sarà predominante e Il territorio come forma, il paesaggio come concetto che solo nelle loro continue e reciproche relazioni si potranno stabilire stati di relativa stabilità. Questa alchimia è possibile attraverso uno sguardo differente sui luoghi che deve cogliere il momento contemporaneo e la sua storia. Per fare questo, il geografo Franco Farinelli, riferendosi all’opera di Alexander Humbolt, indica tre momenti del processo conoscitivo e progettuale1 che si possono riconoscere nella cultura del paesaggio e che corrispondono ai modi attraverso i quali si può “costruirene” un’immagine. Prima di tutto la percezione soggettiva, il rapporto tra osservatore e figura, che è diretto ed improntato sulla suggestione, anche attraverso la propria cultura, di quel paesaggio. È una visione totale e completa che non si sofferma sul particolare ma indica un senso generale di natura estetica. È la prima immagine che si produce di questi luoghi, il fascino della rovina, del paesaggio dismesso ma eloquente, delle storie che racchiude e delle immagini che, attraverso la memoria collettiva, si sono consolidate e diffuse. Segue un momento analitico, di studio dell’oggetto, che consiste in una disarticolazione dell’unità in singoli oggetti/ problemi. È un approccio scientifico che non esclude il 1. Renzo Dubbini a tal proposito sistema di relazioni dirette ed indirette, quest’ultime afferma che «è ben difficile distinguere il concetto di descrizione da quello difficilmente “misurabili”, e che cerca di comprendere di rappresentazione, poiché le la complessità attraverso una sua riduzione. L’ultimo rappresentazioni sono figure che funzionano pressoché allo stesso modo momento indicato da Farinelli è quello della ricompo- delle descrizioni […] ogni processo di sizione, il «terzo e finale momento del processo cono- registrazione costituisce un processo di organizzazione, tramite strutture scitivo, che coincide con lo Zusammenhang, cioè con la più o meno evidenziate, e l’immagine complessità, con la globalità: con il raggiungimento di rappresenta gli oggetti ma ha anche quella conoscenza per la quale tutto si tiene con tutto, un valore decisivo nella costruzione dell’ambiente percepito e vissuto»; e le relazioni di cui il funzionamento del mondo si com- Dubbini Renzo, Geografie dello sguardo, Torino, Einaudi, 1994, p. XXIV. pone sono chiare e evidenti»2. Questa metodologia di raffinata articolazione conferma la tesi che non è possibile, nel paesaggio, separare le cose. La globalità e interrelazione dei suoi elementi è la prima condizione per il progetto. Una consapevolezza che, ad esempio, nel dibattito che ha connotato la riflessione sui centri storici, ha consentito di “riposizionare” il valore del monumento nei confronti del sistema edilizio minore e del contesto, sino al 11
Il territorio come forma, il paesaggio come concetto
Veduta storica dell’impianto ossido di zinco di Monteponi e le stesse discariche oggi Veduta generale della Miniera. In primo piano il Palazzo Bellavista, sede della Direzione
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Giorgio Peghin
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Paolo Ceccon, Laura Zampieri
Terra arancione acceso. Così intenso da rendere surreale il circostante paesaggio, un susseguirsi di bassi rilievi coperti da macchia mediterranea, querce isolate, sugherete. Un leggero maestrale porta aria marina dentro ad un innesto desertico. Vicino Iglesias. A Monteponi. Irriducibile come il colore, la bellezza di questo paradosso naturale è impermeabile all’intelligenza abituale, «eppure la bellezza come il colore, sono la via che l’uomo ha aperto verso il sapere e verso la salvezza»1. Arrivando dalla costa, dalla spiaggia Il paradosso della bellezza di Fontanamare dopo pinete, vigneti e biotopi umidi, si transita ai piedi di monte San Giovanni dove giacciono i resti della vecchia miniera omonima, fino a incontrare i muri dei fanghi di riporto degli scavi minerari che lambiscono la strada verso Monteponi. Enormi bastioni arancioni e brunastri, impensabili all’interno delle cromie giallo-verdi che caratterizzano la valle. Un mondo altro che ribalta i sensi in un nuovo paesaggio vallivo. Colori estranei e geometrie inattese scolpiscono il versante. Cumuli ripidi, precipitati dal sottosuolo in una sorta di rimescolamento geologico. Non di altre ere, in anni recenti. Una mescola di minerali impoveriti dal ciclo estrattivo. Inutili, inadatti ad ospitare vita. Unici, irripetibili, assolutamente transcalari e artificiali. Tossici e fuori dall’ordinario. Un “antibiotopo desertico”. La progressiva perdita di significato dei grandi distretti minerari e dell’industria pesante verso la metà del XX secolo, e la loro dismissione, ha trasformato questi paesaggi industriali in paesaggi post-produttivi, marginali, degradati, compromessi. Ciò che prima veniva accettato come danno collaterale 1. Rella Franco, L’enigma della bellezza, sul piano della produttività, della contrattazione so- Feltrinelli, Milano, 2006 (prima edizione ciale e del lavoro, ha assunto l’evidenza di casi di emer- 1991), p. 143. 2. Cfr. AA.VV., Trasformare paesaggi. genza sociale ed ambientale2. Indicazioni sull’esempio di tre paesaggi A Monteponi si assiste ad un brano di un paesaggio europei feriti dall’industria, IBA FurstPuckler-Land editore, Berlino, 2005, p. 8. riformato dall’ormai esaurita attività estrattiva, che fatica a ritrovare una collocazione nella condizione presente. Crisi economica e degrado ambientale. Una memoria difficile che si sta rapidamente consumando: edifici fatiscenti, terreni inquinati da metalli pesanti erosi dall’acqua e dal vento, difficoltà manutentive ed emergenze sanitarie. Quel che appare in tutta la sua evidenza è un paesaggio, narrazione di quel territorio, che mostra il sovrapporsi di azioni umane e naturali, che si trasforma incessantemente attraverso processi complessi solo in parte determinati dalla volontà dell’uomo. Ogni operazione antropica che ha agito e agirà in futuro è incontro/scontro di due condizioni, a volte divergenti ma entrambe necessarie: l’esigenza dell’uomo di trasformare territori e paesaggi per i propri anche temporanei bisogni, e il dovere di prendersene cura conservando l’integrità degli ecosistemi. Due stati che obbligano ad interrogarsi su quali siano le azioni efficaci per un cambiamento consapevole della memoria del luogo 25
Conversazione di João Gomes da Silva e Giorgio Peghin
Giorgio Peghin. Hai più volte affermato che il paesaggio ti interessa come una costruzione, come una forma di architettura, quello che si può chiamare l’architettura del territorio, non solo come scala, ma anche da un punto di vista della tettonica. Fare architettura del territorio non significa ampliare ed utilizzare gli stessi strumenti che servono all’architettura in quanto ars aedificatoria ma c’è bisogno di ricercare altri strumenti per capire come il territorio si organizza, funziona, come le risorse sono disponibili, perché la costruzioLa miniera, il suolo, l’architettura del ne di un territorio o di un paepaesaggio saggio non può accadere con un progetto ma come un processo, lunghissimo e complesso in cui abbiamo alcune volte l’opportunità di intervenire e di orientare alcune scelte. Nel saggio che apre questo libro provo a riflettere sull’uso sincronico di questi due termini e cerco di spiegare se ci sia una differenza sostanziale tra territorio e paesaggio o sia solo una questione terminologica che appartiene al campo della speculazione filosofica e linguistica. In realtà, dal mio punto di vista, i due termini sono complementari, almeno in una visione progettuale: il territorio ci fornisce una solida base “fisica”, misurabile, razionale, finita mentre il paesaggio consente di esprimere tutti i valori immateriali e non misurabili necessari per la costruzione di senso di un progetto. João Gomes da Silva. Per noi architetti paesaggisti la differenza tra questi due concetti è fondamentale. Territorio implica una nozione politica dello spazio, dal punto di vista della sua organizzazione, strutturazione, dominio. La nozione di territorio è analoga a quella di dominio dello spazio. Quando parlo della scala territoriale dello spazio preferisco usare il termine paesaggio, perché implica l’organizzazione dello spazio, una certa architettura e costruzione. Territorio è un concetto più di carattere amministrativo e politico e paesaggio significa l’architettura del territorio. L’architettura è una forma di costruzione dello spazio, secondo obiettivi. Il paesaggio è una formazione che risulta da una certa struttura sociale che determina un’organizzazione per abitarlo, sfruttarlo. È una dimensione economica, sociale, culturale, antropologica, una visione orientata non solo a creare forme architettoniche di organizzazione dello spazio ma anche attribuire significati simbolici. G. P. Gli aspetti simbolici, estetici, sembrano sostanziare la differenza, almeno storicamente, tra i due concetti di territorio e paesaggio. È difficile trasmettere un concetto di paesaggio che sia differente da quello formatosi in ambito tardo-romantico come espressione estetica e rappresentazione visiva del territorio. C’è ancora la percezione che il paesaggio sia una costruzione estetico-contemplativa. È una delle caratteristiche che differenzia questo concetto da quello di territorio, la cui forma47
Parte seconda Il Campus di Monteponi
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Giorgio Peghin
Monteponi è un luogo che si è storicamente conformato su una costante azione modificatrice prodotta dallo sfruttamento delle risorse del sottosuolo. Un processo che non ha mai tenuto conto delle conseguenze che tali azioni avrebbero avuto sul sistema ecologico, ma ha anche del tutto ignorato gli effetti che l’interruzione di tali attività avrebbero avuto sul tessuto socio-economico di questo territorio. Oggi, l’eredità di straordinari manufatti architettonici ma anche di territori devastati e inquinati e di comunità che hanno affrontato il difficile passaggio da un’economia Sei progetti per Monteponi dell’industria ad una nuova e non del tutto definita economia sistemica, costringe a riprendere un progetto complessivo che dovrà basarsi sulle risorse del territorio, declinate come valori paesaggistici. Alain Roger afferma che «non c’è una bellezza naturale. I nostri paesaggi sono delle acquisizioni o, meglio, delle invenzioni culturali, che siamo in grado di datare ed analizzare»1 evidenziando come il paesaggio non possa essere rappresentato solo con una descrizione analitica ma sia necessaria una capacità interpretativa determinata dal tipo di cultura dell’osservatore o della comunità che vive in un determinato luogo. Per progettare Monteponi è necessario, così, “disporsi” cul- 1. Roger Alain, Vita e morte dei turalmente verso un paesaggio che solo recentemente ha paesaggi, in “Parametro”, n. 245, assunto una qualificazione estetica ma che, ancora, porta i maggio-giugno 2003, p. 40. segni, anche negativi, della sua formazione. Non si tratta solo di trovare soluzioni funzionali per il recupero degli edifici ma di ricostruire/reinventare un’estetica di questo luogo e una nuova immagine che abbia la capacità di rappresentare le storie passate e la bellezza di questo artefatto di natura, tecniche e cultura. Per realizzare un progetto di paesaggio è necessario che l’iniziativa politica e le tecniche siano i fondamenti operativi. La tecnica, però, da sola non è in grado di prefigurare nuovi scenari, può “mettere in sicurezza” il territorio, ma non prefigurare un nuovo paesaggio. Un paesaggio, infatti, si compone di una dimensione materiale – il territorio – e di una componente sistemica – cioè la complessa rete di relazioni tra le parti – e tali elementi necessitano di una strategia progettuale complessiva. La politica, la cultura, le tecniche sono gli elementi che sostanziano questo progetto di paesaggio. Nuovi scenari di sviluppo sono possibili solo se si individua un programma che non può che essere di lunga durata. La necessità di una “prefigurazione”, di una visione, sono necessari e la politica, aiutata da una consapevolezza delle potenzialità progettuali di questo paesaggio, può indicare il percorso e le priorità. I progetti elaborati nell’ambito del III° Laboratorio internazionale di architettura e paesaggio svoltosi a Monteponi nel 2017 cercano di cogliere queste questioni senza rinunciare a potenziali nuove configurazioni spaziali e di significato. Serve un nuovo paradigma culturale su questi luoghi, un’alleanza tra culture progettuali, tecniche 55
Sei progetti per Monteponi
ambientali e politiche territoriali, la sperimentazione e continua ricerca di modelli progettuali come chiave esplorativa, per capire meglio e conoscere. Il progetto non è solo uno strumento che risolve i problemi ma un dispositivo che ci aiuta a trovare le differenti opportunità che, in uno scenario mai del tutto definitivo, possono avverarsi. È necessario riuscire a porsi le domande giuste, capire cosa serve in questi luoghi. Sono luoghi, questi, che possono far emergere i nostri limiti. Il progetto di Monteponi mette in relazione due problemi: la storia della miniera e i passati tentativi di una sua rigenerazione e riqualificazione. Il primo, la storia, si presenta come una difficile eredità che non può essere semplicemente riconosciuta nel senso patrimoniale. L’architettura di questo luogo non ci consente, infatti, di pensare un progetto convenzionale di restauro e rifunzionalizzazione senza comprendere le profonde e critiche relazioni tra gli edifici della miniera, il suolo e il sottosuolo. Dinamiche ambientali, residui tossici, fragilità di sistema sono tematiche ereditate che non possono essere sottovalutate dal punto di vista del progetto. Il secondo dei problemi è il confronto con le numerose ipotesi che, negli ultimi vent’anni, si sono susseguite su questo sito, alcune delle quali “residui” di idee più ampie che necessitano di completamenti e integrazioni per rendere le stesse efficaci e funzionali. La sede dell’archivio IGEA, dell’AUSI e dell’Università del Sulcis-Iglesiente, la sede del CESA, il Centro di eccellenza per la sostenibilità ambientale, sono tasselli che devono essere ricomposti in un più ampio sistema progettato. I progetti si sono sviluppati tenendo conto di queste problematiche e prospettive, con l’intento di proporre un progetto di “completamento” che rafforzi Monteponi come un luogo della formazione, della ricerca, dell’università, uno spazio regionale e internazionale nel quale convogliare risorse, pensieri, persone, studiosi e studenti. La formazione di questo “campus” è possibile con poche e chiare azioni di riordino delle funzioni, evidenziate nella suddivisione in settori delle nuove attività: la residenza, gli spazi per la didattica, la biblioteca e gli spazi studio, il sistema degli spazi aperti e dei parchi con matrice ambientale, la valorizzazione della vocazione museale, quest’ultima inserita nel contesto della ricerca e della promozione culturale. Un’idea, questa del grande centro di ricerca e formazione, non necessariamente “originale”, ma funzionale al raggiungimento di una equilibrata prospettiva di riqualificazione paesaggistica di Monteponi e dell’intero sistema minerario sardo.
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Giorgio Peghin
Spazi per la ricerca e l’alta formazione
Alloggi per studenti e ricercatori
I luoghi della biblioteca
Il centro per l’innovazione e incubatore d’impresa
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1-2. Carta delle aree minerarie dismesse e Carta del sistema minerario, inquadramento Monteponi
Giorgio Peghin