Gianugo Polesello. Un Maestro del Novecento

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MATERIALI IUAV 01 Collana edita a cura dell’Università Iuav di Venezia Comitato scientifico Fernanda De Maio (coordinatrice) Silvana Annicchiarico Jean Lucien Bonillo Luca Ortelli Josep Parcerisa Bundò Francesco Trovato

ISBN 978-88-6242-359-5 Prima edizione Marzo 2019 © Iuav © LetteraVentidue Edizioni Tutti i diritti riservati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Gli autori e i curatori desiderano ringraziare per la preziosa collaborazione l’Archivio Progetti e la Biblioteca dell’Università Iuav di Venezia Progetto grafico: Giulia Martimucci Copertina: Giulia Martimucci, Francesco Trovato Impaginazione: Officina22 LetteraVentidue Edizioni Srl Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa, Italia www.letteraventidue.com


Indice 6 Premessa Pierluigi Grandinetti, Armando Dal Fabbro, Riccarda Cantarelli GIANUGO POLESELLO E L'ARCHITETTURA 11 I nitidi tratti di Gianugo Polesello Alberto Ferlenga

119 L’architettura del dettaglio Raimund Fein 123 L'architettura dell'arcaico come futuro I progetti friulani Pierluigi Grandinetti LA STAGIONE DEI PROGETTI VENEZIANI

17 L’anamnesi in composizione Sulla poetica di Gianugo Polesello Angelo Torricelli

149 Tra didattica e ricerca Il dottorato in Composizione architettonica Riccarda Cantarelli

33 Puro, purezza (Pur, pureté) Valerio Paolo Mosco

167 Quando è tempo che la pietra si degni di fiorire? Il progetto per il Padiglione Italia Gundula Rakowitz

LA STAGIONE DEI PROGETTI FRIULANI 45 In realtà ho cominciato facendo il pittore Il clima artistico friulano Francesca Agostinelli 61 La geometria progettuale Il corso di Applicazioni di geometria descrittiva Corrado Balistreri Trincanato 75 Tracce della storia di un disegnatore Per una periodizzazione dell'opera di Gianugo Polesello Luca Monica 93 Il valore del vuoto Gianugo Polesello nel Gruppo Architettura Giovanni Marras 105 La composizione urbana I progetti milanesi Tomaso Monestiroli

185 Infinite sono le forme, pochissime le figure I progetti su Venezia Sandro Pittini 201 L’architettura come ars combinatoria I progetti universitari Armando Dal Fabbro 221 Biografia 225 Bibliografia


Premessa Pierluigi Grandinetti, Armando Dal Fabbro, Riccarda Cantarelli

* Grandinetti Pierluigi, Gli elementi del progetto, in Grandinetti Pierluigi (a cura di), Gianugo Polesello. Progetti di architettura, Kappa, Roma 1983, p.5.

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L’occasione da cui nasce questo libro è un seminario promosso il 29 settembre 2017 dall’Università Iuav di Venezia con l’Ordine degli Architetti della Provincia di Venezia, sull’attualità dell’opera di Gianugo Polesello, a dieci anni dalla sua scomparsa: non un evento commemorativo, bensì un momento di riflessione sulla sua attività progettuale (composta da lezioni, scritti, disegni, progetti e opere), a partire dalla composizione architettonica, la disciplina che ha posto al centro del suo lavoro. I contributi presentati e la discussione che ne è seguita hanno consentito non solo di indagare periodi e aspetti sconosciuti della vita e della personalità di Polesello, ma anche di aprire nuove linee di ricerca sul suo percorso progettuale in rapporto alla composizione. Da qui è nata l’idea che la pubblicazione prevista non fosse una mera trascrizione degli atti del seminario, ma potesse diventare un nuovo libro sulla figura del Maestro. La composizione architettonica vive oggi in Italia una crisi d’identità, tendendo a diluirsi nel progetto di architettura come una delle tante discipline che concorrono alla sua formazione. Mostra però anche segni di innovazione, nel recupero di antichi saperi, nel rinnovamento dei tradizionali strumenti disciplinari, nell’invenzione di nuove categorie operative nel solco della tradizione della Scuola di Venezia. Gianugo Polesello è stato in questo senso un precursore, sia perché ha esplicitato per primo il rapporto tra teoria e progetti, assunti come «“banco di prova”, momento di controllo e di avanzamento delle questioni teoriche che essi sottendono»*, sia perché lo ha praticato, dando un contributo significativo all’avanzamento teorico della disciplina, proprio attraverso progetti e opere. Ecco perché diventa significante proporre una riflessione collettiva su questo Maestro, coinvolgendo – oltre ai


* Il Gruppo 7, in “Quadrante”, marzo XIII (1935), p. 23.

suoi allievi – docenti di composizione provenienti da altre scuole italiane, testimoni della sua esperienza e studiosi di altre discipline. Tra le tematiche che vengono affrontate nel libro troviamo, ad esempio, il rapporto con la cultura materiale della terra friulana, alla quale Polesello era anche affettivamente legato, in particolare con i valori della ruralità. In questo ambito egli ha intessuto rapporti e avviato scambi con numerosi artisti e intellettuali friulani, alcuni originari come lui della bassa pianura friulana, tra i quali Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Zigaina. Fondamentale è stato, senza dubbio, il contributo di Gianugo Polesello all’architettura italiana, su vari aspetti tra i quali il rapporto – nel progetto – tra tradizione e innovazione: un rapporto forte anche se sotterraneo, perché, come scrivono Giuseppe Terragni e il Gruppo 7: «Noi non vogliamo rompere con la tradizione: è la tradizione che si trasforma, assume aspetti nuovi, sotto i quali pochi la riconoscono»*. All’interno di questa analisi non viene tralasciato uno degli aspetti più caratteristici del lavoro di Polesello, ovvero, la sperimentazione condotta – prevalentemente attraverso progetti, nelle varie fasi della sua attività – sulle categorie e gli strumenti della composizione architettonica: la fase di “rifondazione disciplinare”, che – nel Gruppo Architettura a partire dal contributo di Giuseppe Samonà – presuppone la città come condizione di esistenza dell’architettura; le ricerche sul percorso logico e creativo di formazione del progetto tra ideazione e costruzione, sulla geometria, sulla tipologia, sul luogo e l’architettura del piano; il tema del linguaggio nel rapporto tra ars combinatoria e “retorica architettonica”. Infine si è cercato di dare risalto al ruolo svolto da un’attività universitaria intensa e variegata, nelle molte forme che essa ha assunto, tra cui la fondazione del dottorato in composizione architettonica, l’attività didattica, le ricerche progettuali con i concorsi svolti nell’ambito dello Iuav, le relazioni costanti con altre scuole di architettura in Europa. Il libro si rivolge a un pubblico nazionale e internazionale, per l’interesse che la Scuola di Venezia ha suscitato nel mondo: in particolare agli studenti delle scuole di architettura, perché attraverso di esso si accostino ai metodi e alle pratiche della composizione architettonica. Grazie alla sua impostazione grafica, immagini e testi dialogano tra loro con pari dignità, mostrando il carattere sperimentale che può assumere l’architettura, se si fonda sul valore primario del disegno, sulla centralità del progetto nelle relazioni tra didattica e ricerca, sui rapporti, variabili ma continui, tra conservazione dell’esistente e progettazione del nuovo, tra storia e progetto, tra tradizione e innovazione. 7


Gruppo Architettura, Seminari di lavoro a San Giovanni in Tuscia, 1969. In piedi da sinistra: Raffaele Panella, Gianni Fabbri, Mauro Lena. Seduti da sinistra: Luciano Semerani, Gianugo Polesello, Carlo Aymonino. Accanto ad Aymonino, Giuseppina Marcialis. Archivio Maria Luisa Tugnoli Panella.


I nitidi tratti di Gianugo Polesello Alberto Ferlenga

La ricchezza, ancora in gran parte da scoprire, della vicenda architettonica italiana nel secondo Novecento non consiste tanto nella presenza di architetti eccezionali – che pure ci sono stati e in numero rilevante – ma nella varietà degli apporti e nei legami che essi hanno istituito con vari aspetti del paese. Come sempre accade in casi di risposte corali, anche in Italia, la spinta che ha indotto una particolare vitalità nella cultura architettonica è venuta dall’esterno della disciplina. L’impegno sociale per la ricostruzione del secondo dopoguerra, prima, con le lotte operaie e studentesche, poi, sorretto da una generale effervescenza culturale, ha, infatti, fornito la condizione necessaria perché la parte più viva degli architetti italiani ripensasse criticamente la propria storia, e si fornisse di strumenti adatti ad affrontare i nuovi compiti e le necessità del Paese. Un Paese, bisogna ricordarlo, pesantemente segnato dalla guerra, le cui città erano deturpate da colossali squarci, i cui monumenti giacevano in pezzi, e le cui infrastrutture erano state scientificamente disarticolate dai bombardamenti. Reagendo a tutto ciò, quella del primo dopoguerra fu una stagione di grande partecipazione e di scambio tra culture diverse dentro la quale si formò anche una generazione di giovani architetti che poteva contare in misura minima sul supporto di maestri e scuole, visto il grado di coinvolgimento di entrambi con il passato regime e la morte precoce di alcuni dei personaggi che avrebbero potuto svolgere questo compito, come Giuseppe Pagano o Giuseppe Terragni. Giovani architetti che si ritrovarono a fare i conti, dunque, con precedenti ingombranti in cui la qualità delle opere conviveva con l’opportunismo politico degli autori, che impararono a strappare frammenti di positività ad un passato ambiguo ma che allo stesso tempo sentirono fortemente la responsabilità di ripensare il

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L’architettura dell’arcaico come futuro I progetti friulani Pierluigi Grandinetti

La mia riflessione prende l’avvio da quanto ho detto nel primo seminario su Gianugo Polesello organizzato dalla Scuola di Architettura Civile del Politecnico di Milano nel 2013; e che poi ho scritto nella rivista che ne ha raccolto gli Atti1. È stata quella infatti la prima occasione – preceduta solo dalla Mostra curata a Venezia, un anno prima, da Gundula Rakowitz con l’Archivio Progetti – in cui si ricominciava a parlare di Gianugo dopo la sua scomparsa. Mentre stavo entrando alla Bovisa per fare il mio intervento, mi sono fermato domandandomi: «Che cosa dirò su Gianugo Polesello?». Era la prima volta che mi ponevo questa domanda: dopo aver dialogato con lui, era giunto il momento di parlare di lui, di riflettere sulla sua persona e sulla sua opera. Il che mi provocò una grande emozione. Ho deciso allora, come farò anche qui, di ripartire dal mio rapporto con Gianugo, un rapporto complesso che ha contribuito alla mia formazione, prima di studente e poi di giovane docente, ma anche e soprattutto di progettista, che ha collaborato nel suo studio, alla predisposizione di piani e progetti. Tra questi il primo è stato il Concorso internazionale per il Teatro dell’opera di Belgrado nel 1970 (avevo vent’anni), l’ultimo il Concorso per la valorizzazione di piazza Primo maggio a Udine nel 1981.

Un percorso personale di ricerca

Gianugo Polesello, Ritratto, Cracovia, 1982, archivio Pierluigi Grandinetti.

L’intensità del mio rapporto con Gianugo, pur nella durata relativamente breve dello stesso (anche se poi ho continuato a frequentarlo), si può riassumere in queste parole: Gianugo Polesello è stato per me un “Maestro” – di architettura, di cultura e di vita – in un rapporto fecondo ma anche dialettico con lui, perché sono stato in qualche modo un suo “figlio”

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Gianugo Polesello, Progetto di giardino per la festa de l’Unità di Castions di Strada, 1956, archivio Pierluigi Grandinetti.

eretico, che a un certo punto ha sentito il bisogno di proseguire in autonomia il proprio percorso, anche per superare alcuni limiti del suo, ad esempio nel rapporto con la costruzione materiale dell’architettura. Ma il seminario di Milano è stata anche l’occasione per riprendere una ricerca personale sull’attività progettuale di Gianugo Polesello, che avevo avviato nella mia esperienza giovanile con lui e che aveva trovato un momento di sintesi nel libretto curato nel 1983 su Gianugo Polesello. Progetti di architettura, successivo all’organizzazione di una mostra nella galleria A.A.M. di Roma 2, dove per la prima volta si mostravano – e Gianugo non era affatto d’accordo – i suoi schizzi d’architettura.

L’intellettuale e la cultura friulana Questo percorso di ricerca è proseguito con due eventi realizzati in Friuli, sempre nel 2013, a Palmanova e a Castions di Strada, suo paese natio, dove sono cominciate a riemergere le sue “radici” friulane, che spiegano alcuni tratti del carattere di Gianugo: il senso del lavoro, il pudore, il rigore, ma anche una profonda sensibilità. Al rapporto con la terra friulana, cui Gianugo era affettivamente legato, si accompagna un rapporto con la cultura friulana, fondata sui valori della “ruralità”. Polesello, soprattutto da giovane, era entrato in rapporto con artisti e intellettuali friulani, alcuni originari come lui della bassa pianura, come Pier Paolo Pasolini e Giuseppe Zigaina. Questo aspetto apre un tema di ricerca significativo non solo per l’opera di Gianugo, ma anche per l’intero Friuli. Far riemergere questo rapporto non ha nulla di folcloristico, anzi, ci aiuta a comprendere la sua figura di intellettuale in senso marxiano, che riflette sulle condizioni materiali di una società e di un territorio, ma che è anche alla ricerca dell’altrove, guardando oltre. E in questo Gianugo era un anticipatore, talora spiazzante, con il gusto del paradosso, ma attento alle identità e alle differenze: in ciò simile – pur nella diversità – a Pier Paolo Pasolini. C’è un suo scritto del 1978, in cui – parlando della ricostruzione del Friuli (erano passati solo due anni dal terremoto) – propone di fondarla sulla sua struttura fisico-materiale (che è anche economica, sociale, culturale): “un contesto senza città”, composto da «una rete di piccoli centri e di borghi contadini»3; in sostanza sulla sua dimensione rurale. Sorprende che ora, a quarant’anni di distanza, io mi stia occupando di ruralità.

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Tra didattica e ricerca Il dottorato in Composizione architettonica Riccarda Cantarelli

Venezia ovest, le 16 torri e il parco di S. Giuliano, Seminario di progettazione del dottorato in Composizione architettonica, 1992-93, Iuav Archivio Progetti, Fondo Gianugo Polesello.

Tra le attività universitarie di Gianugo Polesello il dottorato in Composizione architettonica, da lui diretto come coordinatore dal 1991-92 al 2002, tutt’ora attivo, è stato forse il contributo più significativo che ha lasciato in eredità allo Iuav. Da una prima analisi dei documenti disponibili è emerso che tale contributo non è stato ancora indagato a fondo, mentre sarebbe necessaria una disanima sistematica, attraverso l’avvio di un complesso lavoro di ricerca, per individuare le linee originali che ne hanno guidato l’azione e ricostruirne il progetto culturale all’interno dell’istituzione. La riflessione qui presentata, anche se parziale, mette già in luce, però, che si è trattato di un progetto di lavoro personale, che si è via via articolato e precisato, nel corso del suo sviluppo. Il dottorato veneziano ha infatti fin dalla sua origine caratteri peculiari, che – se non ascrivibili totalmente al contributo del solo Polesello – sono stati comunque da lui tracciati e ribaditi al momento del suo incarico come coordinatore. Questi caratteri emergono già dal documento fondativo del dottorato1, frutto della discussione collegiale con i membri fondatori, in cui il campo principale della ricerca è fissato nella composizione architettonica, da esplorare attraverso una pluralità di metodi analitici. Si tratta non solo della formulazione di una ricerca in campo didattico, ma di un vero e proprio progetto di riforma e articolazione della cultura architettonica italiana alla quale non è estranea la dichiarata necessità di una nuova alfabetizzazione popolare. La forma assunta è quella di un consorzio interuniversitario, corrispondente all’assetto dei membri del collegio, aperta verso contributi esteri ma fondamentalmente riflessiva rispetto agli apporti delle tre sedi di Venezia, Milano e Napoli2. Una forma che si spiega con il rilievo dato ai protagonisti, ma che doveva apparire, allo scadere del decennio di direzione di Francesco Tentori, l’elemento più datato di un progetto culturale che per altri versi conserva ancora un’assoluta attualità. 149


Gianugo Polesello, La città ideale sull’area realtina, 1995-96, immagine del modello, Iuav Archivio Progetti, Fondo Gianugo Polesello.

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Anonimo (sec.XVIII), ricostruzione del progetto di Frà Giocondo per il mercato di Rialto, da Domenico Maria Federici, Convito Borgiano, 1792, ms. 164, vol. II [tav.1], Biblioteca Comunale Treviso.

Nelle pagine seguenti: Gianugo Polesello, La città ideale sull’area realtina, disegno a schizzo della sezione della struttura reticolare, in Quaderno 100, 26 aprile 1996, immagini del modello 1995-96, Iuav Archivio Progetti, Fondo Gianugo Polesello.

quale fondamentale operazione del progetto moderno. Ancora direttamente riferibile, con buona approssimazione, a Polesello è l’indicazione delle modalità di elaborazione e finalizzazione della tesi di dottorato, che si deve comporre di scritti di carattere teorico e in parallelo di una serie di elaborati grafici a questi riferiti. Oltre a questa, va considerata anche l’indicazione relativa ai curricula ed agli elaborati finali che potranno avere carattere specifico, ovvero esporre la risoluzione di problemi particolari: in ragione di questi si conformerà la formalizzazione, o piuttosto una sorta di dichiarazione della poetica di carattere astratto di Polesello, dove l’applicazione rappresenta una forma di esemplificazione. Questa lettura del programma di dottorato può apparire tendenziosa, ma lo è molto meno se rapportata agli appunti contenuti in uno dei suoi quaderni3, che costituiscono una sorta di anteprima programmatica in cui si richiama l’omogeneità della ricerca e della pratica architettonica tra i centri di Venezia e Milano, oltre a un’ulteriore affinità, sia rispetto al piano della “scienza urbana” (inteso come campo per le ricerche dagli anni Sessanta), sia rispetto al piano del progetto (nelle sue declinazioni verso la teoria della composizione architettonica e nelle sue verifiche all’ interno della città contemporanea). Qui i “blocchi di questioni complesse”, che il dottorato si troverà ad affrontare, possono essere considerati sia dal punto di vista dell’autonomia del singolo architetto docente, sia da quello della loro generalità e generalizzazione, secondo uno schema logico che più volte si ritroverà nell’organizzazione e nello svolgimento del dottorato, con Polesello nel ruolo di coordinatore. In questo ruolo Polesello subentra nel 1991 a Francesco Tentori per ragioni organizzative e personali4, uscendo da un certo schematismo precedente e riportando al centro la questione della composizione architettonica. La presenza di Polesello è peraltro evidente sin dai primi cicli coordinati da Tentori che presentano in ogni caso costanti tematiche generali a cui è possibile riferire le diverse ricerche. Nel quarto ciclo, ad esempio, si tratta il tema, “inventato” da Giuseppe Samonà, del limite e Polesello è relatore di una tesi dedicata all’architettura industriale nella formazione del linguaggio moderno (altro tema caro a Samonà) e un’altra proprio sui limiti interni della città e sui fatti urbani come «luoghi-limite»5. Nel quinto si esamina la questione dei vuoti urbani e Polesello fa da relatore ad una tesi sulla costruzione del vuoto secondo differenti temi compositivi. Il sesto, ultimo tra quelli coordinati da Tentori, è impostato sulla relazione tra spazio urbano e architettura e qui Polesello partecipa ad una

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L’architettura come ars combinatoria I progetti universitari Armando Dal Fabbro

Gianugo Polesello, Progetto Venezia Ovest, disegno di studio del foro triangolare, 1986. Gianugo Polesello, Armando Dal Fabbro, Mauron El Daccache, Raimund Fain, Massimo Iori, Serena Maffioletti, Marina Montuori, Patrizia Valle, Progetto Danzica Isola dei Granai, modello,1989, Iuav Archivio Progetti, Fondo Gianugo Polesello.

Attualizzare l’opera e il pensiero di Gianugo Polesello nella contemporaneità del progetto di architettura è necessario oggi per riaffermare il valore attribuito alla sua opera, soprattutto alla sua ricerca teorica, al ruolo della composizione architettonica e al significato strumentale che essa assume nel progetto d’architettura. A questo proposito ricordavo, in altra occasione1, il confronto dialettico che Polesello riusciva a istituire tra progetto e composizione architettonica, mettendo in evidenza le ragioni e le forme del progetto come centro di un pensiero operativo che si confrontava con la “grande” architettura. Senza per questo rinunciare, contestualmente, al confronto con la realtà, al commisurare la nostra contemporaneità – frammentata e limitata dentro steccati disciplinari sempre più specialistici – con la complessità dei saperi2. In questo senso va letto il lavoro, «un lavoro di grande valore»3 che ci ha lasciato Gianugo Polesello, senza pretese ideologiche o nostalgiche memorie, ma come forma di insegnamento e di rilancio della disciplina, per contrastare la deriva patinata dell’architettura contemporanea (la sua pretesa solipsistico-tecnologica) per ritrovare un senso colto e profondo del fare, nel campo dell’architettura sotto il profilo teorico e pratico4. L’opera di Polesello e il suo insegnamento ci permettono di sondare aspetti diversi del progetto di architettura e i suoi diversi significati. Si può guardare ai progetti come presupposto per una ricerca che ricollochi il piano della città al centro dell’invenzione architettonica, ripensando ai temi del progetto urbano, all’uso della storia e delle architetture della città del passato (in primo luogo Venezia) in funzione del progetto contemporaneo o restituendo alla teoria dei vuoti della città, il valore di architetture.

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Gianugo Polesello, Progetto per Venezia Fondamenta Nove, foto del modello,1995-1996.

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Gianugo Polesello, Renzo Agosto, Emilio Mattioni, Villa a Rive d’Arcano (Udine), 1972.

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