IL SENSO DELLE COSE

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Indice

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PRESENTAZIONE Annalisa Di Roma PARTE I

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Intorno al cibo: una introduzione Annalisa Di Roma

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«Senza cucina»: Donne, idee e progetti per tre utopie Imma Forino

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«Troppa cucina»: Miracoli, fiction e tecnocrazie nel solco dell'American Way Santi Centineo

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L’oggetto cibo e il problema del food design Loredana La Fortuna

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Design, cultura del cibo e del territorio Viviana Trapani

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Gli oggetti utili: dalla ceramica tradizionale all’oggetto funzionale per la tavola Annalisa Di Roma

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Syn pínein. La socialità nel rito enologico Alessandra Scarcelli

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Slow/Fast. Piccoli oggetti al di là dell'interno Serena Del Puglia

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Libri di cucina. La messa in pagina delle ricette Cinzia Ferrara PARTE II

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L'innovazione del senso delle cose: un approccio metodologico Annalisa Di Roma, Alessandra Scarcelli

167

ENGLISH ABSTRACTS

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BIOGRAFIE 7


PARTE I Annalisa Di Roma

IL SENSO DELLE COSE: LA RICERCA DEL DESIGN.


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Intorno al cibo: una introduzione.


Annalisa Di Roma Politecnico di Bari

1. Su questo argomento si veda l'introduzione al libro di Forino I., La cucina. Storia culturale di un luogo domestico, Einaudi, Milano 2019.

Tra i primi artefatti dell’umanità, la preparazione e la cottura del cibo connotano l’attività dell’uomo abile sino a collocarlo nel contesto delle strutture sociali di riferimento1. Coltivare, trasformare e conservare gli alimenti significa inquadrare la storia delle cose in un vasto scenario culturale che ha formalizzato forma e funzione degli oggetti d’uso comune, degli spazi della domesticità, dei paesaggi agrari. I “riti”, associati alla scena liturgica e alla scena laica della convivialità connessa al consumo dei pasti, sono oggetto della disamina antropologica e sociologica. Il design, nel connettere gli artefatti alle esigenze espresse dalla società, prende in considerazione tanto la dimensione materiale del bisogno, quanto la dimensione culturale. A quest'ultima si ascrivono da una parte la risposta alle esigenze di appartenenza alle strutture sociali di riferimento, dall'altra l'aggiornamento del linguaggio e della tipologia connessa alla funzione e ai modi d'uso. Il contesto del cibo pone alla ricerca del design la necessità della mediazione tra gli strumenti ed i metodi sia delle discipline storiche e socio-antropologiche sia delle discipline tecnicoscientifiche. La dieta alimentare si traduce, così, in un artefatto complesso per la ricerca del design del prodotto, in grado di testimoniare i cambiamenti economici e socio-culturali della società, da cui far discendere gli oggetti d'uso e gli utensili. Sul piano applicativo, se alla indagine delle scienze umanistiche si da l’interpretazione dei cambiamenti sociali che ruotano intorno agli alimenti, alla riflessione del design si pongono le istanze del progetto che riguardano le componenti fisiche e immateriali che sostanziano gli oggetti e gli utensili per la preparazione, la conservazione ed il consumo del cibo. Questo testo, in particolare, prende in esame le dinamiche relazionali e la ricerca sulle forme archetipiche, allo scopo di strutturare ipotesi di aggiornamento tipologico e formale per gli oggetti d'uso. 15


che tali forme assumono anche in virtù di una economia di scala ridotta alle singole comunità e/o gruppi. "In ordine soggettivo un atto di scarto si collega alla fine di una durata, così come un atto d'invenzione ne segna l'inizio. [...] L'atto di scartare corrisponde al momento finale nel graduale processo di uno stato mentale. [...] La conservazione delle cose vecchie è sempre stata uno dei riti centrali nelle società umane. La sua espressione contemporanea nei musei pubblici di tutto il mondo ha radici estremamente profonde, anche se i musei stessi sono un' istituzione recente che trae origini dalle collezioni reali e dai tesori delle cattedrali di epoche lontane. In una prospettiva più larga anche i culti ancestrali delle tribù primitive traggono origine dallo stesso desiderio di preservare un ricordo della forza e della sapienza di coloro che non ci sono più".13 Così la dimensione simbolica accoglie il senso di appartenenza alla dimensione terrena, e stabilisce il senso della continuità.

13. Ibidem pp. 97-98.

Alimenti e conserve alimentari La passata di pomodoro e la salse rappresentano gli alimenti dotati di maggiore valore simbolico, se presi nella dinamica della preparazione e conserva nel contesto delle tradizioni regionali. Si pensi ad, esempio, a quanto fa riferimento alla preparazione della salsa. Tale attività, complessa, ne ha di fatto sostanziato un vero è proprio insieme di pratiche e di oggetti condivisi dai nuclei familiari non solo alla dimensione matriarcale della famiglia,

Abaco dei principali oggetti tradizionali in uso per la conservare e consumare l'olio in casa. Progetto di Tesi di Saponaro E., Strippoli A., Luglio 2018.

Set per contenere, servire e degustare l'olio. Il progetto elaborato in ambito digitale è prodotto al tornio nella Bottega Vestita a Grottaglie Progetto di tesi Metaphora: Racconto del contenere e del produrre l’olio d’oliva di Viviana Forlese, 2019. 22


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Tale repertorio, in grado di comprendere la varietà in termini tipologici e stilistici, definisce nel suo concatenarsi storico l'ambito di riflessione per la ricerca degli archetipi formali, in grado di offrire una nuova interpretazione sia sul piano tipologico sia sul piano del linguaggio. In riferimento alla tipologia, come afferma Lucia Rampino14: "fin dall’antichità, gli uomini hanno creato repertori di forme adatte a determinati scopi. Di conseguenza, alcune forme sono divenute così perfettamente adattate ai bisogni di specifiche culture da divenire archetipiche. Tuttavia, nel corso della storia, le forme degli oggetti si evolvono, a seguito di nuove possibilità tecnologiche e di cambiamenti culturali: questo porta alla creazione di nuovi archetipi che sostituiscono i precedenti." Sul piano del linguaggio la ricerca degli archetipi formali è tesa alla definizione di quei codici che trovano ispirazione nelle forme sedimentante nella cultura materiale anonima, come tale non riferibile al concetto di icona15.

14. Rampino L., op. cit., pp. 58-59. 15. A questo proposito si veda Alessi C., La caffettiera dei miei bisnonni, DeA Planeta Libri, Milano, 2018.

A guardare la storia evolutiva del lekythos, appare evidente il numero di permutazioni morfologiche che tale recipiente ha stratificato in risposta al mutare delle esigenze. Le invarianti morfologiche connesse alla funzione sono il collo stretto e allungato, necessario per diminuire e controllare la fuoriuscita dell’olio, la bocca campanata per salvare la goccia dalla dispersione. La forma del corpo è in generale allungata e le proporzioni sono molto variegate. Sul piano tipologico si attesta la conservazione e l'aspersione di olio profumato derivante dall’olio di oliva. Da comune contenitore, usato principalmente dagli atleti e nelle case, questo oggetto cambia la sua forma e materiale e assume una funzione principale nei riti funerari. L’analisi dei modi di conservare, contenere e degustare l'olio nello scenario contemporaneo, avvia la riflessione sulla configurazione di un set di contenitori ceramici ispirati al lekythos. L'innovazione di senso ricercata è frutto di una mediazione tra quelle che sono le istanze che provengono dal life style contemporaneo, le tendenze in ambito alimentare, ecc., e la possibilità di collocare la memoria degli oggetti d'uso attraverso i codici del linguaggio evocativo. Panificazione e composizione della forma del Pane di Altamura DOP, presso Panificio di Gesù, Altamura (BA) 26


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«Troppa cucina»: Miracoli, fiction e tecnocrazie nel solco dell'American Way.


Santi Centineo Politecnico di Bari

Il Secondo Conflitto Mondiale costituisce uno dei tanti spartiacque che attraversano la lunga e appassionante storia dell’ambiente domestico della cucina. Mentre di solito i paesi entrano in guerra tra mille incertezze e ne escono con almeno una consolidata, positiva o negativa che sia, per l’Italia vale il contrario: vi entrò forte dell’ideologia autarchica, che per tutti gli anni ’30 e ’40 si era abbondantemente profusa anche con riguardo all’arredo della cucina, ma ne uscì sconfitta, e non solo sul piano militare. Soprattutto sul piano ideologico, nel giro di un quinquennio, naufragano miti, movimenti ideologici, complessi di superiorità, politiche economiche. Il duro ritorno alla realtà si intreccia con il senso di vergogna per l’ultima pagina storica appena conclusasi e con il conseguente trasformismo politico. Dal 26 aprile il Paese tenta di dimenticare quel figurativismo e quell’estetica alquanto retorica che le Avanguardie Storiche e il razionalismo ideologico del regime avevano contribuito a consacrare nei loro aspetti tipologici e formali. Pur fra mille retaggi, persistenze e incertezze, si cominciavano a reperire gli elementi di una rinnovata fisionomia che potesse esprimere il nuovo anelito sociale ed economico del Paese. Nascevano così quel senso di «bellezza razionale», che avrebbe accompagnato la ricostruzione postbellica e il boom, e che avrebbe costituito un inedito nelle pagine della storia italiana. Ma mentre gli USA progressivamente consolidano il proprio ruolo di unici garanti della democrazia universale e di apportatori di pace, è altresì evidente che l’Italia guarda al vincitore (adesso ‘alleato’), non tanto per una cosciente condivisione del modello, bensì con una sorta di ammirazione e un conseguente spirito emulativo. Gli USA dispongono di un modello sociale, organizzativo ed economico assai chiaro e sulla scorta di questo patrimonio partecipano sia pur tardivamente al conflitto. 43


Per l’Italia, all’esatto opposto, occorre un fenomeno di drammatica portata, quale la Guerra, per spezzare un sistema arretrato sotto tanti punti di vista e per condurre il Paese alla rinascita1. In particolare è chiaro che una delle fonti di successo degli USA risiede nell’unità del sistema sociale. Le donne hanno supportato gli uomini sui campi di battaglia e alla bisogna li hanno persino sostituiti nelle fabbriche metallurgiche e di munizioni. Guidate da Rosie the Riveter, iconico emblema della forza di volontà di un popolo al femminile, possono fieramente esclamare: “We can do it!”2. In Italia, mercé la grande tradizione e attenzione per il focolare domestico (che dai tempi più antichi ha dato vita alla migliore gastronomia mondiale), il tema costituisce materia per un rinnovamento ideologico: il lavoro di consolidamento del nucleo famigliare diventa oggetto di propaganda cattolica e della neonata Democrazia Cristiana, mentre il ‘cuore caldo’ della casa viene facilmente individuato nella cucina. Ma il fantasma liberale degli USA continuerà ad aleggiarvi sempre intorno. L'Italia tra retaggi borghesi e aneliti modernisti L’approvazione del Piano Marshall determina un nuovo scenario in Europa. Non si trattava infatti solo del fraterno e benefattivo abbraccio statunitense per salvare le sorti politiche e socioeconomiche del Vecchio Mondo. Vi si nascondevano dietro due grandi paure: una possibile svolta comunista dell’Europa, attratta dall’URSS sia per vicinanza geografica, sia per il suo Manifesti elettorali italiani della Democrazia Cristiana, in occasione delle prime votazioni a suffraggio femminile

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1. “Ma le rovine del 1945 non furono soltanto materiali. Era con il ventennio fascista che bisognava rompere per costruire finalmente la cultura e le istituzioni dell’Italia democratica”. P. Falguières, L’arte della mostra. Per un’altra genealogia del white cube, in P. Duboÿ, Carlo Scarpa. L’arte di esporre, Johan & Levi Ed., Cremona 2016, p.15. 2. Rosie the Riveter (‘Rosie la rivettatrice’) è l’icona femminile derivata da una canzone di Redd Evans e John Jacob Loeb, ispirata a una donna operaia impegnata in una catena di montaggio. Nell'affiche di J. Howard Miller è impersonata da una donna operaia (i colori di cui è vestita naturalmente sono quelli della bandiera statunitense) che sfoggia il braccio muscoloso ed esclama: “We can do it!” (“Possiamo farcela!”).


John Howard Miller, Rosie the Riveter, affiche, 1943.

3. Il generale George Marshall, Capo di Stato Maggiore dell’Esercito americano, nominato Segretario di Stato dal presidente Truman nel 1947, il 5 giugno dello stesso anno annuncia, nel corso di una conferenza ad Harvard, il progetto di un finanziamento straordinario da parte degli USA per aiutare l’Europa a riprendersi dalla crisi postbellica. Il piano, passato alla storia con il suo nome, prevedeva uno stanziamento di oltre 13 miliardi di dollari. 4. Il Piano INA-Casa, stabilito dalla llegge Fanfani del 1949, si articolerà in due settennati, fino al 1963 e vedrà la collaborazione dei migliori architetti italiani, impegnati nella ricostruzione.

ruolo determinante contro il nazismo; ma soprattutto un crollo dell’economia europea che avrebbe potuto trascinare verso il basso anche quella statunitense3. Gli effetti sperati dal Piano Marshall di fatto erano rallentati da un certo ristagno della spesa e dei consumi, dal momento che gli aiuti erano stati recepiti come benefici di un piano assistenziale per fronteggiare le contingenze, piuttosto che come investimento strutturale e strumentale alla ripresa. Lo stesso piano INA-Casa, per quanto nato a fronte dell’emergenza abitativa, di fatto poneva in prima battuta le problematiche d’impiego e la necessità di creare nuovi posti di lavoro4. La sua strategia assistenzialistica non si concluderà alla data naturale di scadenza, il 1956, ma verrà rinnovata per un altro settennato, mentre il Piano Marshall, fra lo scoppio della guerra di Corea e la sconfitta elettorale democratica, si concluderà già nel 1951. In questo stesso anno in Italia riapre «Domus», con il significativo ritorno alla direzione di Gio Ponti, che proprio nei confronti del piano INA-Casa, e del rischio di una eccessiva standardizzazione abitativa, si era mostrato più volte abbastanza scettico. Per quanto perennemente guidato da una concezione culturale e architettonica “all’italiana”, Ponti riguarda con interesse i modelli esteri e comprende che l’architettura degli interni debba assumere una doppia responsabilità: avvalersi innanzi tutto di un rinnovamento corrispondente, sia come causa che come conseguenza, a una nuova espressione sociale; secondariamente di una valida teoria rispetto al nuovo dirompente ruolo degli oggetti. Dal 1953 la ritrovata cadenza mensile della rivista costituirà un termometro continuo dello stato delle aziende produttrici 45


Design, cultura del cibo e del territorio.


Viviana Trapani Università degli Studi di Palermo

1. V. Trapani, La ricerca del design in Sicilia. Percorsi, obiettivi, strategie, in P. Bertola, S. Maffei, “Design Research Maps. Prospettive della ricerca universitaria in design in Italia”, Maggioli, Milano 2008, p. 142.

Design e territorio Il design italiano ha fondato la sua eccellenza proprio sul rapporto con i sistemi produttivi territoriali, sulla sapienza degli artigiani e degli artisti, sull’elaborazione creativa della propria storia e cultura, sull’intelligenza progettuale che emerge - anche in modo non consapevole - dalle diverse vocazioni territoriali. “Design e cultura del territorio” è anche un tema e una declinazione del design, che in Sicilia ha avuto un forte impulso dalla storia dell’insegnamento della disciplina a Palermo, in una scuola che, proprio a partire dall’analisi della discontinuità del contesto produttivo, ha sviluppato e anticipato tematiche oggi al centro delle pratiche del design1. Oggi è ampiamente riconosciuta in ambito scientifico la centralità del design per i sistemi produttivi con un forte radicamento territoriale; e soprattutto, nella costruzione del prodotto, si è pienamente acquisita l’importanza di interpretare, comunicare e narrare gli aspetti socio-culturali di un contesto territoriale, quale parte integrante della qualità e identità del prodotto Made in Italy. Tuttavia è ancora relativamente recente la capacità di declinare e intrecciare aspetti materiali e immateriali del progetto, in relazione alla “messa in luce” e in valore di risorse territoriali, che sempre più necessitano di processi comunicativi atti alla condivisione e alla diffusione della loro unicità e qualità, anche nelle forme più coinvolgenti e interattive che oggi connotano le “conversazioni“ dei social. Design e cultura del cibo L’ambito e le pratiche del “design per il territorio” sono state progressivamente rafforzate e arricchite dall’interesse crescente e diffuso per il cibo, per la sua fondamentale rilevanza della qualità della vita delle persone e dell’ambiente e inoltre per l’efficacia delle produzioni dell’agro-alimentare nel rafforzare e a volte ricreare l’identità dei territori. 71


diverse, tutte inalienabili, perché altamente presenti dentro i nostri costumi alimentari”13. Inquadrare il cibo in modelli fast o slow, insomma, non può significare contrapporre due filosofie di vita, ma significa individuare ed osservare due volti compresenti di uno stesso mutamento, profondamente radicato nella contemporaneità. Il nomadismo, la velocità, la liquidità dei flussi che sembrano relegarci ad un estremo solipsismo da un canto, e l'anelito alla lentezza, come fattore di riequilibrio, teso alla convivialità e alla condivisione di spazio e tempo, dall'altro. Nella mostra Design Nomade al Fuorisalone del 201714, i ventuno progetti esposti affrontano il tema del nomadismo attraverso punti di vista differenti e riconducendo gli oggetti progettati a dimensioni urbane e domestiche svariate. La preparazione del cibo e della tavola diventano elementi base dei concept progettuali, a sostegno di piccoli sistemi di oggetti legati a più lenti e godibili ritmi di consumo, in tempi dilatati e in luoghi di condivisione. Nel progetto Nomadic Life, il designer Gerardo Osio, riconoscendo nel viaggio e nello spostarsi incessantemente due categorie contraddistintive della contemporaneità, rintraccia il rischio di una perdita identitaria, di uno smarrimento, di un venir meno del senso di appartenenza, dovuti alla diversa natura culturale dei contesti. Ispirato ai principi guida di filosofie religiose come il buddismo e lo shintoismo, Nomadic Life [Fig. 8] è un sistema di oggetti che mira a ricreare spazi domestici familiari alla memoria, tramite l'introduzione di pochi elementi archetipi particolarmente significativi (una borsa porta-cesto in pelle, un tatami in rafia, delle stoviglie di rame, un piccolo vaso e un candeliere in pietra)15. Nella mostra, dunque si delinea una tendenza che guarda ai limiti ma soprattutto alle potenzialità di stili di vita nomadi. Ad essi si ispira per adattarvisi (forse opporvisi) con delicata mimesi. Il progetto Solari-The solar cooker di Bodin Hon (premiato con la targa giovani “Adi Compasso d'Oro International Award") è una piccola pentola progettata per gli ambienti esterni [Fig. 9], alimentata ad energia solare, non inquinante, facilmente trasportabile e funzionante sotto la luce naturale di spazi all'aria aperta16. L'allusione al rituale del pic nic [Fig. 10] si ispira ad un ritrovato contatto con la natura e alla indispensabile partecipazione di più persone che provvedono a portare singolarmente il cibo poi condiviso. L'”estatica estraniazione” del meriggio, confacente alla rispondenza dei bisogni primari nell'adattamento vitale ai cicli naturali ispira diversi progetti. Si tratta spesso di progetti 122

13. V. Cristallo, Modelli di consumo del cibo. Ways of eating food, in “DiiD Disegno Industriale Industrial design” 19/06, 2006, p. 44. 14. Design Nomade è una mostra nata da una call internazionale rivolta a designer, aziende e università, di BASE Milano (referente Stefano Mirti). La call ha raccolto oltre 118 progetti di cui 21 esposti nella mostra in Tortona. Tutti esplorano il tema del nomadismo nelle sue forme più disparate. 15. Nomadic life circoscrive una piccola area di influenza personale privata, una sorta di rifugio psicologico, senza pareti, che cerca, anche in modo non del tutto totale o radicale, di descrivere un interno intimo nell'interno urbano/domestico. 16. A questa categorie di oggetti, appartiene per esempio Mon Oncle di Mermelada Estudio (2012) prodotta da RS Barcelona, una reinterpretazione del barbecue.

Enrique Luis Sardi, Cookie Cup, Lavazza, 2003 Gerardo Osio, Nomadic Life, Mostra Design Nomade, Fuorisalone, Milano, 2017 Bodin Hon, Solari-The solar cooker, Mostra Design Nomade, Fuorisalone, Milano, 2017


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M. Bubbico, Orecchiette con cime di rapa, immagine della ricetta riportata nel volume Spollo Kitchen. AA.VV., Spollo Kitchen, Corraini Editore, Mantova 2014. 580 pagine, 17x23 cm, rilegatura filo refe a vista. 142


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