“What I propose, therefore, is very simple: it is nothing more than to think what we are doing” (Hannah Arendt, The Human Condition, p. 48)
“Non si tratta di pensare una forma di vita migliore o più autentica, un principio superiore o un altrove che sopravviene alle forme di vita o alle vocazioni fittizie per revocarle o renderle inoperose. L’inoperosità non è un’altra opera che sopravviene alle opere per disattivarle e deporle: essa coincide integralmente con la loro destituzione, col vivere una vita” (Giorgio Agamben, L’Uso dei Corpi, p. 350)
Compresse collana ideata e diretta da Francesco Trovato Comitato Scientifico Francesco Cacciatore Fabrizio Foti Paolo Giardiello Marta Magagnini Marella Santangelo
ISBN 978-88-6242-493-6 Prima edizione Novembre 2020 © LetteraVentidue Edizioni © Camillo Boano Tutti i diritti riservati Come si sa la riproduzione, anche parziale, è vietata. L'editore si augura, che avendo contenuto il costo del volume al minimo, i lettori siano stimolati ad acquistare una copia del libro piuttosto che spendere una somma quasi analoga per delle fotocopie. Anche perché il formato tascabile della collana è un invito a portare sempre con sé qualcosa da leggere, mentre ci si sposta durante la giornata. Cosa piuttosto scomoda se si pensa a un plico di fotocopie. Progetto grafico: Francesco Trovato Impaginazione: Gaetano Salemi LetteraVentidue Edizioni S.r.l. Via Luigi Spagna 50 P 96100 Siracusa www.letteraventidue.com
Camillo Boano
Progetto Minore Alla ricerca della minoritĂ nel progetto urbanistico ed architettonico
Indice
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Ricercando un progetto minore
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Il progetto. L’arroganza del “dentro” e la necessita del “fuori”
36
La linea immanente: La minorità che affronta il “negativo”
46
Il fuori dell’architettura di Elizabeth Grosz
52
La minorità come categoria
57
La minor theory
64
La minoritĂ nelle maglie del pensiero critico
70
Le declinazioni della minoritĂ : inoperativa, istituente e decoloniale
75
Il minore inoperare
81
Il minore decoloniare
91
Il minore istituire
97
Pensare il minore del progetto
103
Bibliografia
La linea immanente: la minorità che affronta il “negativo” In un brano forse dei più interessanti di Giorgio Agamben1, egli suggerisce che la filosofia post-kantiana è sostanzialmente costruita attorno a due traiettorie: quella della trascendenza – da Kant a Derrida e Lévinas – a quella dell’immanenza – aperta da Spinoza e che transita Nietzsche, Deleuze e Foucault. Riflettere sulla minorità in ordine sparso ed intricato come sto facendo io, implica situare la riflessione proprio in questa linea dell’immanenza che, nella discussione della continental theory, è legata «alla capacità politica di interrompere e resistere al falso regime trascendentale (del capitalismo) […] e l’affermazione2 dell’immanenza, in particolare come il luogo del potere e della produzione»3. Pensare l’affermazione come uno dei diversi turns della cultura critica – letto decostruttivamente o 1. Agamben Giorgio, Potentialities: Collected Essays in Philosophy, Stanford University Press, Stanford, CA, 1999. 2. Noys Benjamin, The Persistence of the Negative. A Critique of Contemporary Continental Theory, Edinburgh University Press, Edinburgh, 2010, p. 1. 3. Ibidem.
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come post strutturalista – è per Noys4 un errore che va corretto posizionando e, in qualche modo, ripoliticizzando la sua emergenza, «più come modalità che come ben definito orientamento»5, e pensarlo come «il tentativo di resistere la via negativa dell’alterità, e […] di trovarne una diversa soluzione all’aporia politica del pensiero libertario degli anni ‘70 […] in pericolosa consonanza con nuove forme di accumulazione capitalista»6. Lo ricordava già Taddio che l’affermazione è il punto d’incontro tra la filosofia e l’architettura come presa di coscienza del fare progettuale nel quale ritrovare le «forze che agiscono intorno all’opera»7. Pensare l’affermazione è per Noys situarsi nei discorsi di Deleuze e Guttuari ma anche di Negri e Hardt, in una tensione tra due risposte diverse ed opposte allo stesso momento politico e culturale di espansione totalizzante del capitalismo8. Pensare l’affermazione è un tentativo usato in molti campi del sapere, per fornire una soluzione all’agire nel contesto di un’ontologia che opera attraverso la creazione del vuoto di contenuto, la marginalizzazione della teoria e la distribuzione delle differenze. L’affermazione è pensare la soggettività rivoluzionaria, nella persistenza del “negativo”, ma senza tornare alla teologia del completamente diverso. 4. Ibidem. 5. Ivi, p. 2. 6. Ibidem. 7. Taddio Luca, L’Affermazione Metasensibile dell’Architettura, in “Aut Aut”, 368v (Oct-Dec), 2015, pp. 132. 8. Noys Benjamin, The Persistence ..., op.cit., p. 9.
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che contribuisce a trasformare il quadro»11. Senza avere l’intenzione di risolvere la questione in una forma a favore di Esposito o Agamben, quello che mi preme sottolineare è che il destituente è una forma di potere fatta di sottrazione e di riappropriazione che permangono in forma potenziale, senza trovare una diretta ed immediata composizone in alcuna forma di istituzione statale, disciplinare o di controllo, ma che si mantengnono immanenti e pertanto in costante movimento creativo e generativo. Donando una risposta inedita ma propriamente politica «al di la di ogni sua supposta autonomia o del sociale»12, non inverte, non proclama, non provincializza, ma «stabilizza la creazione senza proclami rivoluzionari, vaticini messianici, propositi anarchici […] decostruisce ogni sostanzialità, mette in dubbio qualsiasi appartenenza, rivela il centro vuoto, di volta in volta occupabile dalle forze che momentaneamente prevalgono, prima di essere sostituite da altre, anch’esse sostituibili»13 in un movimento in opposizione continua, che, nel momento stesso in cui si da, riarticola le parti, ridefinisce relazioni e di conseguenza riconfigura il quadro mantenendone una dimensione sempre conflittuale intendendola sempre come «spazio e momento di contesa tra ordine e conflitto»14. 11. Di Pierro Mattia, Marchesi Francesco, Zaru Elia, Istituzione ..., op.cit., p. 10. 12. Ibidem. 13. Esposito Roberto, Pensiero Istituente ..., op.cit., p. XIX. 14. Ibidem.
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Pensare il minore del progetto Se è vero che l’architettura e l’urbanistica sono «tecniche che pensano»1 e pertanto eminentemente politiche perché trasformano lo spazio in cui viviamo, ci troviamo di fronte alla necessità di interrogare i territori comuni ad esse ed alla disciplina filosofica e costruire una nuova epistemologia del progetto. La teoria, quindi, per me rimane necessaria sia per abitare le sfide che il presente pone alla vita, all’umanità ed al pianeta, sia per resistere alla facile dequalificazione della critica come pratica passe’ inefficace e sorpassata e ingessata nel suo uso iperbolico e linguistico. Pensare affermativamente il ruolo e la necessità della critica per il progetto urbano e architettonico è sì pensarlo storicamente nei suoi fallimenti e approssimazioni, ma anche rivalutarlo nella interrogazione sistematica delle questioni che sono state oscurate, nei dibattiti che sono stati ignorati e sviluppare traiettorie alternative della sua tradizione: da fuori e da south. 1. Assennato Marco, Progetto e Metropoli ..., op.cit.
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