a cura di Roberta Albiero
L’INVENZIONE DI UN LINGUAGGIO Franco Purini e il tema dell’origine 1964-1976
Indice
07 Prove d’autore Una mostra di Franco Purini allo Iuav Alberto Ferlenga 11 L’arte della ragione ovvero la ragione dell’arte L’architettura didattica di Franco Purini Roberta Albiero
147 La ragione Franco Purini 151 Il paesaggio Franco Purini 159 La costruzione Franco Purini
21 Un architetto controverso Laura Thermes
161 DISEGNI 1964-1976
27 Origini? Margherita Petranzan
165 Il disegno Franco Purini
35 Verso un linguaggio Franco Purini
210 Biografia di Franco Purini
53 La città Franco Purini 79 Inventare un linguaggio Franco Purini 103 Una definizione di architettura Franco Purini 137 Cinque dualità Franco Purini
Prove d’autore Una mostra di Franco Purini allo Iuav Alberto Ferlenga
Per chi come me è diventato architetto in un tempo in cui la pratica del mestiere e la sua capacità comunicativa erano per gran parte legate al disegno, rivedere le bellissime tavole di Franco Purini è stato come ritrovare vecchi oggetti d’affezione, spesso misurati e maneggiati per presentarli adeguatamente sulle pagine delle riviste in cui lavoravo. Per chi, invece, svolge oggi la sua formazione universitaria penso che questa rassegna costituisca un materiale importante in quanto rivela un aspetto del mestiere dell’architetto oggi, forse, meno consueto ma che non ha perso, con il tempo, la sua forza, legata essenzialmente al sapersi misurare, contemporaneamente, sul terreno della riflessione teorica e su quello del progetto. Osservando l’ampia rassegna dei disegni di Franco Purini presentati allo Iuav di Venezia e raccolti in questo volume si possono fare molte riflessioni. La prima riguarda la vicenda personale dell’architetto e, in particolare, come recita il titolo della mostra, il processo di costruzione di un proprio linguaggio espressivo. Ne possiamo seguire le tappe da tavola a tavola, valutare i tentativi, indovinare le ascendenze delle prime prove ben radicate dentro una tradizione del disegno architettonico italiano e romano, che potremmo collocare idealmente tra Piranesi e Sacripanti, verificare, infine, la conquista di una autonomia, nella tecnica e nello stile, che ha accompagnato la carriera dell’architetto affermandosi come un contributo del tutto originale dentro lo scenario internazionale dell’architettura contemporanea. Ma i disegni di Purini, inclusi dentro un arco temporale compreso tra gli anni ’60 e i ’70, parlano anche d’altro. Nella loro umbratile raffinatezza, oltre ad accogliere, nelle forme evocate e nella dimensione “macro” dei progetti, le suggestioni delle avanguardie architettoniche del tempo, affidano al disegno il compito di attribuire un contesto di riferimento alla propria creatività progettuale. Da questo
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Origini? Margherita Petranzan
Senza titolo, 1967 (collezione privata)
«Come sarebbe possibile interpretarne le opere ignorando l’autore? Come contentarsi di osservare l’opera compiuta, “in forma”, senza seguire il cammino che a essa ha portato? Se non si ficca l’occhio nell’esserci dell’animale “incurabilis”, il nostro umanesimo diverrà consolante, sedentaria erudizione. L’occhio albertiano si decide in questo senso con tanta consapevolezza, da non potersi trovare l’uguale in tutto l’Umanesimo»1. Le parole di Leon Battista Alberti, citato da Cacciari nel suo saggio sull’Umanesimo, sono la premessa necessaria per organizzare qualsiasi riflessione su questa importante mostra sul lavoro “disegnato” di Franco Purini, agli esordi della sua professione; mostra curata e allestita in modo magistrale da Roberta Albiero e Laura Thermes. Ci sono due parole che emergono nella mia mente appena inizio a guardare i disegni di Franco Purini: Visione e interpretazione. Entrambe appartengono alla formazione di ogni architetto, ma per Purini credo siano fondamentali. Per quanto riguarda la “visione”, ogni suo “progetto” è la sommatoria di visioni diverse e intrecciate tra loro di parti di città e di realtà costruite e/o immaginate. Sono inoltre organizzate all’interno di astrazioni complesse che le ri-compongono in forma artistica, trasformandosi così in opere autonome, che vivono di vita propria. Per quanto riguarda invece l’“interpretazione” proverò a descrivere con quali modalità sono entrata, ficcando l’occhio, come dice Leon Battista Alberti, nel cammino che ha portato Purini dagli esordi della sua attuale, alta professionalità, e come ora comprendo con maggiore chiarezza le complesse sfaccettature della sua produzione. Franco Purini, che ora è per me un grande amico, interpreta ogni visione attraverso forme formate, o meglio, “progettate”. I brani di città o di
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Verso un linguaggio Franco Purini
Prima di tutto un sentito ringraziamento per questo invito a parlare della ricerca di un linguaggio che Laura e io abbiamo svolto all’inizio della nostra attività allo Iuav nelle persone di Alberto Ferlenga, che ne è da poco tempo il Rettore, al quale auguro un buon lavoro in questo difficile impegno, Serena Maffioletti, che ha accolto la volontà di conferire i materiali miei e di Laura Thermes all’Archivio Progetti, a Roberta Albiero, che ha collaborato con me negli anni dal 1994 al 2002 durante i quali ho insegnato in questa scuola, e che in questa occasione per me importante ha ideato con Laura Thermes, con la collaborazione di Teresa Ianni, che lavora con noi da molto tempo, la concezione e l’ordinamento della mostra. Negli anni veneziani il suo contributo al mio corso è stato, insieme a quello di Valter Tronchin, continuo, intenso e decisivo, soprattutto perché animato dalla convinzione, storica nello Iuav fin dai tempi di Giuseppe Samonà, della necessità di una relazione profonda e operante tra architettura e città. Una relazione che correggeva uno degli equivoci più rilevanti e persistenti delle avanguardie, consistente in una separazione, che veniva ritenuta definitiva, tra il nuovo e le preesistenze. Ad Alberto Ferlenga e Roberta Albiero va un ulteriore grazie per le parole che hanno detto su di me e sul mio lavoro, parole che mi auguro di aver meritato. Vedo nell’aula con piacere ed emozione Pasquale Lovero, Giancarlo Carnevale, Marina Montuori, Aldo Aymonino, Renato Rizzi, con i quali ho condiviso i miei anni veneziani, e Masino Valle, che è venuto con mia grande sorpresa da Roma per vedere i nostri disegni e ascoltare ciò che dirò. Anche a loro un caro saluto e molta gratitudine per essere qui oggi. Grazie anche a Laura, che con Roberta Albiero ha ideato l’impianto narrativo e visivo della mostra. Qualche altra parola per Laura Thermes, senza la quale non avrei trovato la mia strada. Un percorso comune che abbiamo intrapreso
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La città Franco Purini
La città, la «cosa umana per eccellenza», secondo Claude Lévi-Strauss, si definisce in un tracciato e nell’essere questo disegno adagiato sul suolo, piano o accidentato, riempito successivamente da edifici di vario tipo, da quelli residenziali, organizzati in tessuti agli edifici pubblici, alle fabbriche, agli ospedali, ai teatri. Aree verdi, a volte giardini, a volte parchi estesi, separano zone costruite creando brani di natura artificiale. I cimiteri inseriscono infine la memoria di chi è vissuto nella città facendone luoghi narrativi di vicende umane note o anonime. Sono convinto da sempre che gli insediamenti urbani non possono essere esplorati e interpretati nella loro interezza, ma solo parzialmente e in modo limitato nel tempo. Essi sono veri e propri labirinti tematici dei quali la geografia, la storia, scritta e orale, la letteratura, l’arte figurativa, il cinema, il teatro, le scienze ambientali, le derive psicogeografiche di matrice situazionista derivate dalla intuizioni di Charles Baudelaire e Walter Banjamin e molte altre discipline descrivono percorsi senza uscita, narrazioni, per loro natura, interrotte e provvisorie. La stessa architettura, che coincide con il tracciato e il costruito, non esaurisce il senso al limite della sua distruzione. Il solo modo di cui l’architetto dispone per conoscerlo, per il poco che è possibile, è progettarne una parte, predisporre il suo ampliamento o ancora, pensare alla sua riduzione o, al limite alla sua distruzione. Solo nel momento in cui l’architetto prevede una sua trasformazione la città può rivelargli infatti una sua verità, seppure incompleta ed effimera. Città in costruzione, 1966 Nelle pagine seguenti: Studio per la Città Compatta. Prospettiva
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Progetto di strada costruita tra Roma e Latina, con Laura Thermes,1967. Prospettiva aerea
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Progetto di strada costruita tra Roma e Latina, con Laura Thermes,1967
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Progetto per un padiglione in cemento e vetro, 1976. Prospetti
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Progetto per un padiglione in cemento e vetro, 1976. Prospetti
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DISEGNI, 1964-1976
Studio per 1976-86
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Tradizioni
Prospettiva centrale
Traduzioni
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Interno ruotante
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