Indice
7. Prologo 9. Tra diamanti e architettura 14. Lo sguardo attento 28. Il taglio preciso 46. Un mestiere rischioso
56. Architetture come diamanti 60. Il Pantheon, Roma 66. San Carlo alle Quattro Fontane, Roma 72. Ristorante Manantiales, Xochimilco 78. Banca Nazionale di Danimarca, Copenhagen 82. Istituto Gómez Moreno, Granada 88. Ospedale neuropsichiatrico, Mendrisio 94. Abitazione a Rota, Cadice
Prologo A Carlos Martí Arís, maestro e amico
1. Guitton J., 1957, Apprendre à vivre et à penser, Fayard, pág. 7.
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Prologo
All’inizio del suo libro, Apprendre à vivre et à penser, Jean Guitton scrive: «Ogni uomo che abbia oltrepassato la metà della sua vita, qualunque sia la sua professione o il suo mestiere, dovrebbe dire, a bassa voce, davanti ad alcuni amici ciò che ha imparato dai suoi insegnanti e ciò che, per esperienza, è stato in grado di aggiungere»1. Questo piccolo libro risponde alla necessità, piuttosto che al dovere, di ringraziare e di trasmettere ciò che è stato ricevuto. Tuttavia, non è possibile distinguere le mie idee da quelle di Carlos Martí Arís, il mio maestro più caro, Félix Candela, Alejandro de la Sota, Luis Barragán, Alberto Campo Baeza, Juan Carlos Arnuncio, José Antonio Sosa, Antonio Jiménez Torrecillas, Javier Castañón e di tanti amici e colleghi con cui ho condiviso i miei pensieri e la mia vita. Se qui si esprimono in modo nuovo, è perché, come l’acqua acquista la forma del recipiente che la contiene, allo stesso modo, ognuna delle idee che appaiono in questi capitoli, oggetto di riflessione e frutto della mia esperienza, ha preso una forma. Scrivendo, ho affrontato la sfida di comprimere in poche pagine una visione dell’architettura lungamente maturata. Questa sintesi autoimposta, che vuole avvicinare alla lettura anche chi ha poco tempo, nasce dallo stesso desiderio di precisione che ispira il mio lavoro di architetto.
Tra diamanti e Architettura
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Tra diamanti e Architettura
Alcuni anni fa, un orologiaio, vedendo un CYMA dell’inizio del secolo scorso, mi disse che questi orologi svizzeri a carica erano classificati come di prima, seconda o terza classe secondo le dimensioni del rubino che si trova al loro interno. La pietra preziosa nascosta nei loro ingranaggi resiste all’usura grazie alla sua durezza, e il passare del tempo – espressione mai così letterale come quando applicata a un orologio – non la intacca. L’orologio apparteneva al mio bisnonno paterno. Datato alla fine degli anni Venti, potrebbe essere stato l’orologio del suo matrimonio, e, cento anni dopo, funziona ancora perfettamente. Una lezione di sostenibilità di fronte all’obsolescenza programmata dell’odierna società consumista. Quando ho riflettuto sul valore funzionale di quella piccola pietra nascosta, scarto dell’intaglio di un rubino, incastonato in qualche antico gioiello, ho pensato al parallelismo tra pietre preziose e spazio architettonico ed è così che questa teoria è emersa. Ho cominciato ad applicarla per spiegare come avevo progettato il mio studio, in un lotto stretto e con molte limitazioni. Questa teoria si pone come uno strumento al servizio della pratica del progetto
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E. Ramos, dettaglio di pittura a olio, 1965.
Lo sguardo attento
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Il tagliatore di diamanti inizia il suo lavoro osservando la materia prima. Esaminandola è in grado di vedere, di scoprire l’ordine interno della pietra grezza. Il suo sguardo individua la geometria e l’orientamento che possono ottimizzare il risultato del taglio, calibra le dimensioni e analizza le impurità che, sotto forma di inclusioni, possono dare origine a gioielli unici. L’esame attento della realtà, la conoscenza delle caratteristiche della gemma, delle difficoltà che diventano opportunità, è ciò che permette di decidere come tagliarla. Anche l’architetto parte dalla realtà, come il gioielliere dalla pietra grezza, e ha bisogno di un occhio attento, di uno sguardo contemplativo e riflessivo capace di analizzare con perizia e di scoprire, oltre le ovvietà, le opportunità offerte da un certo incarico. Il luogo e il programma, con tutti i loro vincoli, sono il suo punto di partenza. L’architettura, per la sua condizione materiale, non si sviluppa solo sul terreno astratto della speculazione, come la matematica, dove il pensiero
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F. Alda, Tu alma es el mundo entero II, 2008.
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occasioni hanno caratteristiche comuni: bambini in una scuola, malati in un ospedale. Lavoriamo anche per chi, nelle prossime generazioni, verrà ad abitare questo piccolo pianeta, non solo per chi è qui oggi. La consapevolezza della crisi ambientale ci costringe ad ammettere che è la Terra il nostro primo cliente. Lo sguardo attento non è automatico, come una registrazione meccanica, ma soggettivo e libero, perché la percezione della realtà viene trasfigurata dalla libertà. È uno sguardo creativo perché implica la ricerca dei principi che sosterranno il progetto. L’acutezza e la sensibilità di uno sguardo attento portano a comprendere concretamente il problema architettonico. Uno sguardo che precede e guida la decisione, la scelta della risposta. Le priorità o le sfide assunte dal progettista determineranno le caratteristiche del progetto che ne risulterà. In architettura non esiste un’unica soluzione, così come non esiste un unico taglio possibile per ciascun diamante grezzo. A volte la creatività può essere confusa con la necessità di produrre forme mai viste prima. Tuttavia, la creatività è qualcosa di molto più libero, risponde a ciascuna situazione non in modo convenzionale, ma specificatamente e nel miglior modo possibile con i mezzi che ha a disposizione, che si sia fatto così per mille anni, o non lo si sia fatto mai. Il brillante, ad esempio, è un taglio che non è soggetto alla moda, rimane originale e prezioso perché è senza tempo. Originale nel suo senso letterale è ciò che va alla fonte,
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Huéscar, Ristrutturazione della sala espositiva del Convento di Santo Domingo.
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passaggio dalla pietra grezza al gioiello. La precisione nella scelta della forma è quindi fondamentale. Le scaglie di pietre preziose rimosse, le punte di diamante, vengono utilizzate per molteplici usi, come nel caso dei vecchi orologi a carica, dove sono essenziali per la loro resistenza all’usura. Tuttavia questo valore funzionale è residuale e non viene mai prima dell’interesse per il possibile gioiello. Lo stesso può essere applicato all’architettura, con la particolarità che in questo caso la precisione della forma si definisce nel limite della materia costruita, lo spazio è l’aria delimitata dalle pareti, il vuoto che si abita, capace di intrappolare la luce, il luogo dell’incontro. È attraverso lo spazio, attraverso quel vuoto che permette di stabilire le giuste relazioni, che l’architettura acquista il suo valore. La qualità delle relazioni che si instaurano sono quelle che qualificano lo spazio, quelle che generano l’atmosfera di cui parla l’architetto svizzero Peter Zumthor. I materiali dialogano tra loro, come le persone. Le parole in sé non sono poetiche: è l’ordine che le unisce, il preciso rapporto che le lega, a renderle poetiche. Questo rapporto tra le tessiture dei materiali, la scala e la luce può dare allo spazio un carattere accogliente, sereno, caldo, magico, aggressivo, solenne, elegante, allegro, sensuale o freddo. Per ottenere il più grande gioiello possibile, è necessario lavorare con la scala e imparare a comprimere e decomprimere gli spazi, a generare una tensione tra loro, regolando precisamente le dimensioni
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A. Jiménez Torrecillas, Stazione della metro Alcázar del Genil, 2016.
differente quanto un diamante dal carbone fossile. Esempi di strutture adamantine sono offerti dall’architettura di Félix Candela o di Eladio Dieste, pezzi molto preziosi realizzati con materiali molto comuni, come il mattone o il cemento, il secondo materiale da costruzione più usato al mondo dopo l’acqua. È tuttavia la perfezione della forma strutturale che li rende unici e magistrali. Aspetti qualitativi Nel taglio dei diamanti, la dimensione è importante, ma non di meno lo è la perfezione della forma. Il tagliatore di diamanti che lavorerà la pietra grezza, talvolta, dovrà scegliere tra la massima dimensione e la qualità del taglio. Il brillante è il taglio più conosciuto al mondo, ha 58 faccette e possiede tre caratteristiche: - Brillantezza: la totalità della luce riflessa da un diamante (“vita”). - Dispersione della luce nei colori dello spettro (“fuoco”). - Scintillio: scintille di luce – o brillantezza – nel movimento di un diamante. La sinfonia della luce riflessa è una combinazione di brillantezza di questi fattori. È interessante notare che i tre attributi che caratterizzano il taglio si riferiscono alla luce. La qualità di un diamante si persegue lavorando sulla perfezione della geometria (ordine interno) e sull’adeguata inclinazione delle facce che
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A. di Damasco, Cupola del Pantheon, Roma, II secolo d.C.
Il brillante per eccellenza __
Apollodoro di Damasco
Il Pantheon Roma
Il Pantheon è l’archetipo architettonico che ha avuto la maggiore influenza in Occidente. Ciò che è il brillante in gioielleria, il taglio di diamante più famoso, più usato, più prezioso, tale è quest’opera in architettura. La forma più semplice e perfetta che sia mai stata costruita. «Delle arti della Grecia volli servirmi per le decorazioni, come per un lusso supplementare, ma per la struttura dell’edificio ero risalito ai tempi primitivi e favolosi di Roma, ai templi rotondi dell’Etruria antica. Avevo voluto che quel santuario di tutti gli dèi riproducesse la forma della terra e della sfera stellare, della Terra dove si racchiudono le sementi del fuoco eterno, della sfera cava che tutto contiene. Era quella, inoltre, la forma di quelle capanne ancestrali nelle quali il fumo dei più antichi focolari umani usciva da un orifizio aperto alla sommità. La cupola, costruita d’una lava dura e leggera che pareva partecipe ancora del movimento ascensionale delle fiamme, comunicava col cielo attraverso un largo foro,
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A. Jiménez Torrecillas, Scala dell’abitazione a Rota, 2015.
Muri di notte e di giorno __
Antonio Jiménez Torrecillas
Abitazione a Rota Cadice
19. Jiménez Torrecillas A., 2016, Espacio, legado y continuidad, Márgenes Arquitectura, nº 10, pag. 106.
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Architetture come diamanti
L’ultimo diamante è la casa a Rota, opera postuma di uno straordinario architetto, collega e amico con cui ho imparato a guardare, a tagliare le gemme e a capire il rischioso mestiere dell’architettura. «L’architettura è un modo pacifico per cambiare le cose, un modo per testare i nostri modelli di vita perfetta. La sorpresa arriva con l’atto del costruire. Il modello imperfetto della realtà è sempre migliore del modello perfetto della nostra precedente utopia»19. All’inizio di questo progetto c’erano due persone di eccezionale sensibilità: Almudena Grandes e Luis García Montero, che volevano costruire un diamante, metafora etica ed estetica del loro modo di vedere la vita. Sono partiti da una piccola casa con sei grandi pini nella baia di Cadice e hanno scelto il miglior tagliatore, Antonio Jiménez Torrecillas. La casa a Rota è l’ultima opera di questo architetto visionario che leggeva poesia.