Ringraziamenti Siamo grati al prof. Mauro Martinuz e al prof. Marco Ribola coordinatori del dipartimento di Industrial Design della LABA Libera Accademia di Belle Arti di Brescia per averci dato la loro fiducia. Ringraziamo Mauro Martinuz per il contributo e per i puntuali consigli; a Mauro dobbiamo anche l’intuizione di questa iniziativa editoriale. Siamo grati ad Anouk Vogel per averci messo a disposizione le immagini tratte dal suo archivio personale. Ringraziamo l'architetto Anri Ambrogio Azuma per averci fornito le immagini tratte dall'Archivio Kengiro Azuma. In particolare la nostra gratitudine va al prof. Arch. Franco Fonatti. Ringraziamo Francesco Trovato (Editore) per la pazienza e il supporto offerti nella realizzazione di questo nostro lavoro.
Indice 7
Prefazione di Mauro Martinuz
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Introduzione La Teoria della Percezione La Teoria della Gestalt Problema della Forma Forma come Movimento
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La struttura come matrice della forma Metamorfosi Formale
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Il Quadrato Il Triangolo Il Cerchio
124 132 140 142
Morfogenesi del Vuoto Organicismo La biomimesi applicata La Forma senza Forma
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Postfazione di Franco Fonatti
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Appendice Lo spazio ambivalente di Franco Fonatti Compredere la natura delle cose di P. Giorgio Zendrini L'invisibile intreccio di Arianna Capelli
159 Conclusioni operative 160 Selezione bibliografica
Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere. Ludwig Wittgenstein
Su ciò, di cui non si può parlare, bisogna scrivere. Carlo Sini
Su ciò, di cui non si può parlare, bisogna... disegnare. 6
Prefazione di Mauro Martinuz «E dimmi (giacché sei così sensibile agli effetti dell’architettura), non hai osservato, andando per la città, che tra gli edifici che la popolano alcuni sono muti altri parlano e altri ancora, i più rari, cantano? E non dalla loro funzione, né dalla loro configurazione generale sono essi a tal punto animati o ridotti al silenzio: un fatto del genere è in relazione col talento del costruttore o col favore delle Muse». Paul Valéry
Nella fluidità caotica in cui ci troviamo ad agire siamo spaesati, tutto appare possibile, indistinto e difficile da analizzare. Gli artefatti, che sono parte considerevole di questo contesto, sono spesso frutto di aggregazioni di forme - immagini - derivate da altre immagini percepite e tra loro interconnesse secondo processi a-logici, azioni istintive di tipo simpatetico connotate da un ibridismo da bricoleur. Anche nella definizione dell’oggetto d’uso accade questo. L’Instagram-design o il Pinterest-design a volte pesantemente condizionano il progetto, quando nella peggiore delle situazioni lo governano in una sorta di inconsapevole citazionismo, un cute-design privo di memoria. Questo è il risultato della sempre più rapida velocità nella produzione e nel consumo che ha condotto al diffondersi di un atteggiamento blasé che come scrive Zigmund Bauman «consiste nell’attutimento della sensibilità rispetto alle differenze tra le cose […], nel senso che il significato e il valore delle differenze, e con ciò del significato delle cose stesse, sono avvertite come irrilevanti». L’industria dei beni di consumo e la potenza realizzativa e distributiva che la contraddistingue da tempo hanno reso sempre più difficile organizzare la conoscenza secondo schemi ordinati e coerenti. La prepotente evoluzione dovuta al veloce sviluppo dei mez7
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Teoria della Percezione Sensazione, Selezione e Percezione
La percezione è un processo di appropriazione della realtà oggettiva da parte della coscienza. Il nostro rapporto con la realtà è interamente mediato dagli organi di senso, i quali però si limitano a trasmettere al cervello gli stimoli che hanno colto; è il cervello il vero responsabile di quella che chiamiamo percezione della realtà. In un certo senso quindi, la realtà è determinata dalle nostre strutture cerebrali e dall’elaborazione che queste fanno delle informazioni sensoriali per trasformarle in forme, suoni, odori, ecc. La complessità della percezione visiva sta nel suo essere più un’ interpretazione che non una lettura del mondo circostante; basti pensare che quando gli oggetti, che sono tridimensionali, vengono trasformati in immagini bidimensionali dalla retina dei nostri occhi, buona parte dell’informazione sulla loro forma va perduta ed è necessario ricostruirla a partire da ipotesi basate sulle esperienze precedenti. La sensazione è il vissuto di un semplice contenuto della coscienza: oggetto della sensazione è un complesso di dati sensibili che si trovano in un determinato campo percettivo. Alla sensazione segue la selezione, un processo per cui una parte del campo visivo viene scelta, selezionata dalla totalità. Ciò ha un fondamento fisiologico: l’occhio registra le immagini con più chiarezza nel punto centrale della retina e pertanto la visione su cui essenzialmente ci basiamo è quella risultante dalla messa a fuoco centrale, mentre la visione laterale e periferica viene rimessa in quanto inarticolata, vaga e confusa, parziale, che non consente di percepire l’oggetto nella sua interezza e nella sua forma. Nella selezione possono agire anche pregiudizi percettivi: non vediamo un oggetto che è avanti ai nostri occhi seppure pensiamo che non possa o non debba trovarsi lì. La percezione ci ha insegnato a conoscere le cose come interi. In Arte e percezione visiva Rudolf Arnheim ci dà come semplice esempio l’immagine di un disco nero situato al centro di un quadrato bianco e dello stesso disco fuori centro. Senza ricorrere a misurazioni vediamo che il disco è al centro oppure fuori centro: come avviene questo nostro vedere? Vediamo il disco nero in rapporto al centro del quadrato: il centro non viene indicato all’occhio da alcun segno particolare, è invisibile, eppure è una parte della figura che percepiamo, un invisibile centro di forza. Non vediamo disco e quadrato come separati; nessun oggetto viene percepito come unico o isolato dal resto; vedere 15
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9. Sviluppo formale di una
rete metallica quadrata
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11 10. Origami 11. Scrittura geroglifica
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Metamorfosi Formale
La forma non esiste solo come un elemento semplice (quadrato, cerchio, triangolo...) ma anche come una complessità superiore. La complessità nasce a volte da una modifica e combinazione della forma elementare. Questa forma la chiamiamo Metamorfosi, mentre l’intero processo lo chiameremo Metamorfosi formale. La metamorfosi formale è il risultato di una complessa creazione analitica che, grazie a diversi metodi di lavoro, dà origine ad una nuova forma a seguito della sua modifica iniziale. Il punto di partenza di una metamorfosi formale è la suddivisione della forma elementare in un sotto modulo: la separazione, la divisione e il raggruppamento sono metodi di frazionamento che mirano a elaborare il sotto modulo. Abbiamo molti esempi di metamorfosi formale nelle arti plastiche contemporanee, partendo dalle forme di Victor Vasarely, ai progetti di Peter Eisenman fino ad arrivare al processo decompositivo di una sfera nel lavoro di Jorn Utzon per Opera House di Sidney. Lo spazio di lavoro pieghevole Flks del duo di design olandese Kapteinbolt presentato a pagina 42 mostra la realizzazione di un ambiente lavorativo partendo da un pannello di compensato. La molteplicità di nuove forme che ricaviamo da una forma elementare dobbiamo attribuirla solo alla capacità di metamorfosi e di riorganizzazione delle forme primitive, la nuova forma, come risultato finale di una metamorfosi formale, è una forma nuova in relazione alla sua trasformazione, ma in quanto caratteristiche continua ad appartenere alla famiglia della forma elementare. Le metamorfosi formali comportano quattro livelli:
26. Anfiteatro, Monforte d'Alba
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49. Timgad, Algeria, I secolo
50. Charlotte Perriand, Contenitore 526 Nuage, 1950
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51. Eileen Gray, Paravento, 1922
52 Bruno Munari, posacenere cubico per Danese, 1957
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79. Fragile, courtesy Paolo Mestriner
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117. Anouk Vogel,Speelhuislaan Bench, 2015 118. Anouk Vogel,Speelhuislaan Bench, foto di Jeroen_Musch 119. Drawing Anouk Vogel,Speelhuislaan Bench
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