Raffaele Panella

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Tutte le fotografie e i disegni a corredo dei testi provengono dall’archivio Panella e da precedenti pubblicazioni redatte e promosse da Raffaele Panella. I disegni del progetto Pietralata (fase I e fase II) sono stati cortesemente messi a disposizione dal Centro Progetti del Dipartimento di Architettura e Progetto DiAP della Sapienza Università di Roma.

ISBN 978-88-6242-564-3 Prima edizione settembre 2021 © LetteraVentidue Edizioni © Orazio Carpenzano © testi e immagini: i rispettivi autori È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato LetteraVentidue Edizioni Srl via Luigi Spagna, 50P 96100 Siracusa www.letteraventidue.com


Indice 6

Una ricerca collettiva del Dipartimento di Architettura e Progetto della Sapienza di Alessandra Capuano

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Maestri Romani Presentazione della collana di Orazio Carpenzano

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Autoritratto di una generazione (1920-1950) Introduzione alla collana di Lucio Valerio Barbera

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Raffaele Panella radicamento e metamorfosi dell’architettura per la città di Orazio Carpenzano

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Tre testi di Raffaele Panella Presentazioni di Orazio Carpenzano

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Due progetti di Raffaele Panella Presentazioni di Orazio Carpenzano

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Lettera al Gruppo Panella di Raffaele Panella

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Regesto delle opere

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Intervista di Lucio Valerio Barbera a Raffaele Panella a cura di Orazio Carpenzano


Raffaele Panella Radicamento e metamorfosi dell’architettura per la città Orazio Carpenzano


Raffaele Panella1 nasce a Foggia nel 1937 dove suo padre svolge la professione di impiegato bancario e sua madre2, diplomata maestra a diciassette anni, insegna seguendo il metodo Montessori in diverse scuole del Gargano. La famiglia, originaria di quei luoghi e dedita all’agricoltura, si salva miracolosamente durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale. Panella si iscrive nel 1955 presso la Facoltà di Architettura dell’Università di Napoli Federico II, dove frequenta i corsi di Saul Greco, Giulio De Luca, Nello Aprile, Carlo Cocchia, Marcello Canino. In quegli anni nell’ateneo di Napoli insegnano anche Roberto Pane e Luigi Cosenza. Di quest’ultimo, che insegnava nella Facoltà di Ingegneria, e di Edoardo Vittoria, anch’egli napoletano, percepisce la rilevanza culturale e politica nell’ambiente universitario. Matura una graduale insoddisfazione per alcuni aspetti della didattica dell’ateneo partenopeo il cui dibattito era prevalentemente incentrato sul tema del linguaggio architettonico e, in particolare, sulla contrapposizione fra architettura razionalista e architettura organica. Dopo la lettura del libro di Samonà L’urbanistica e l’avvenire della città3 si entusiasma al discorso sulla città. Intanto, ha già maturato un orientamento politico, per via dell’influenza di un cugino che era stato segretario di Giuseppe Di Vittorio, figura apicale della nascente CGIL. In quegli anni conosce anche Salvatore Bisogni ed ha modo di incontrare Aldo Loris Rossi e Michele Capobianco. Nel 1959, mentre frequenta i corsi del terzo e del quarto anno, si trasferisce all’Istituto Universitario di Architettura Venezia dopo Raffaele Panella: Foggia 30 luglio 1937-Roma 2 gennaio 2016. Il padre, Simone Panella (1906), e la madre, Bambina Guglielmo (1904), ebbero quattro figli: Domenico (1934-1980), Bruno (1942) professore ordinario di Ingegneria nucleare presso il Politecnico di Torino, Clementina (1944) professore ordinario di Archeologia alla Sapienza Università di Roma. Raffaele, Bruno e Clementina sono stati nominati professori emeriti nei rispettivi atenei. 3 G. Samonà, L’ urbanistica e l’avvenire della città negli Stati europei, Laterza, Roma-Bari, 1959. 1 2

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In alto: Scuola Convitto di Val Basento, Scalo Grassano 1969 In basso: Istituto per anziani, Nardò 1973

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un incontro con Giuseppe Samonà, avvenuto a Roma. Intanto il padre di Panella, per ragioni lavorative, trasferisce la famiglia da Foggia a L’Aquila. Ad ottobre del 1959 Panella inizia a frequentare i corsi universitari a Venezia condividendo l’abitazione di Campo Santa Margherita col pittore Sergio Fergola. Frequenta il corso di Giuseppe Samonà che aveva come assistenti Costantino Dardi, non ancora laureato, e Valeriano Pastor. Pur avendo già sostenuto l’esame di Composizione del terzo anno a Napoli, Panella rifrequenta a Venezia il medesimo corso tenuto da Ignazio Gardella e in aula, fra i primi banchi, incontra la futura moglie Luisa Tugnoli. I tempi del suo trasferimento da Napoli a Venezia non gli consentono di frequentare le lezioni di Mario De Luigi ed Emilio Vedova indirizzate agli studenti dei primi anni. I corsi di Urbanistica erano tenuti da Luigi Piccinato e Giovanni Astengo, il corso di Storia dell’Architettura da Bruno Zevi che, con Piccinato, sarebbe tornato ad insegnare a Roma dopo qualche anno. E intanto in quegli anni Samonà, dal cui insegnamento trarrà l’indelebile lezione su Le Corbusier, andava aggregando attorno al suo rettorato la futura Scuola veneziana chiamando i giovani Carlo Aymonino e Aldo Rossi. Panella, inoltre, frequenta gli incontri settimanali l’InArch a Roma. In quegli stessi anni, Panella diviene leader del movimento studentesco veneto e membro del Consiglio Nazionale dell’Unione Goliardica Italiana (associazione degli studenti di sinistra). Nel 1960 è tra gli organizzatori dell’occupazione della Facoltà, in un momento storico in cui Venezia si spopolava e andava emergendo il tema della metamorfosi urbana della città lagunare che si svuotava progressivamente delle funzioni residenziali, sostituite da quelle turistiche e museali. Panella inizia a frequentare gli ambienti di sinistra, del sindacato (CGIL) e del movimento operaio di Porto Marghera, animando manifestazioni e occupazioni alle quali partecipavano insieme studenti e operai. In particolare, Panella ha un ruolo rilevante nella manifestazione di condanna dell’attentato fascista del 1962 al Monumento alla Partigiana ai Giardini di Castello. Diviene presidente dell’associazione degli studenti veneti laureandosi nel 1963 con una tesi di progettazione urbana sul Centro direzionale del Basso Piave, sotto la guida di Egle Renata Trincanato. Interrompe l’attività con il movimento studentesco nel 1965 e nel 1968 si iscrive al Partito Comunista. In quegli stessi mesi nasce il Gruppo Architettura (1969-1973), prevalentemente formato dagli allievi e dai giovani stimati RAFFAELE PANELLA

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Roma Nord: i modelli e la loro deformazione in rapporto al luogo. Concorso Acer “Quale periferia per Roma Capitale?”, 1990

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Architettura e radicamento. 10 concorsi di architettura

Questo saggio introduce una raccolta di 10 progetti redatti e realizzati da Raffaele Panella, col contributo dei suoi collaboratori, in occasione della partecipazione a concorsi di progettazione, la maggior parte dei quali banditi su aree romane. I temi di progetto contengono il grado di complessità che spesso la città di Roma pone al massimo livello per un architetto, inducendolo ad individuare nuovi approcci e metodologie. I temi includono la riqualificazione urbana, l’integrazione di aree archeologiche ed i servizi urbani contemporanei, le nuove istituzioni collettive. Il saggio, inoltre, è l’occasione per un ragionamento più ampio sull’idea di “radicamento” che Panella considera fondamentale e irrinunciabile per la propria idea di architettura, soprattutto per affrontare i temi di progetto romani. Panella, inoltre, confronta e argomenta comparativamente il concetto di “radicamento” rispetto alle posizioni teorico applicative degli architetti più rilevanti della sua generazione e di quella immediatamente precedente. Dalle elaborazioni di Colin Rowe e l’idea di bricolage di Collage City, al procedimento analogico-imitativo di Aldo Rossi, evidenziando il sottile limite fra il concetto di contestualismo e di radicamento: “In sintesi, il radicamento è un metodo che contempera un rapporto stretto e per così dire ‘attivo’ con quello che abbiamo chiamato principio di conformatio del luogo”. La posizione culturale di Panella, come nella maggior parte degli architetti della sua generazione, non riesce a non tenere conto della lezione modernista: “la ‘continuità’ contestualista adombra l’impossibilità di un dialogo antico–nuovo, il che può tradursi nella sua versione più prosaica, nella negazione del diritto di cittadinanza della architettura, nella ‘città antica’ riconoscendo nelle esperienze di Gardella (le Zattere), De Carlo (Mazzorbo), Valle (Giudecca) e Gregotti (Cannareggio) il “radicamento fuori da inclinazioni continuiste o contestualiste”. Complessivamente si potrebbe rintracciare in quasi tutte le posizioni citate una radice comune nel concetto di “ambientismo” giovannoniano, considerando il rapporto fra il nuovo intervento e la città storica esistente; le diverse posizioni, tuttavia, sperimentano soluzioni diversificate rispetto all’uso del linguaggio architettonico: dal tentativo di concepire l’impaginato della facciata facendo uso di “tracciati regolatori” modernisti e rapporto aureo alla invenzione-reinvenzione del proprio lessico a partire dalle architetture della tradizione locale. Il concetto di radicamento per Panella significa interrogare il luogo individuando necessità funzionali e caratteri formali, per riuscire a “radicare” il nuovo progetto nel territorio come se fosse un “innesto” organicamente metabolizzato.

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In Id. Architettura e radicamento. 10 concorsi di architettura, Palombi Editori, Roma, 2000, pp. 5-18.

Architettura e radicamento è una riflessione sulle procedure del progetto di architettura, segnatamente, sui rapporti che l’opera istituisce con il contesto urbano nel quale si situa. Il campo di esplorazione è costituito da 10 progetti realizzati nel corso degli ultimi anni nell’ambito di altrettanti concorsi di progettazione. Lo strumento del concorso, per altro, è particolarmente adatto a fare da sostegno a un dibattito sulle idee; raramente purtroppo, almeno nel nostro paese, è la parte iniziale di una procedura finalizzata a realizzare l’opera di architettura. A partire dalla esperienza di progettazione conseguita nell’ambito dei concorsi appena detti, la riflessione si estende alla ricerca di alcuni caratteri identitari della cultura architettonica italiana, esaminando un gruppo molto ristretto di opere la cui vicenda ha avuto un valore di riferimento per l’autore, o nella quale egli è stato in vari modi coinvolto. Il risultato di questa riflessione porta a dire che una parte importante della identità della cultura architettonica italiana sta nella volontà di radicamento dell’opera di architettura. Noi siamo anche convinti che il radicamento abbia costituito il motivo della singolare attenzione che, in un passato non molto lontano, è stata riservata all’architettura italiana in campo europeo e mondiale. A questo punto, sarà fin troppo evidente l’intento che ci ripromettiamo con questo saggio: riammagliare discorsi sull’architettura italiana forse troppo, frettolosamente interrotti. Abbiamo anticipato che tutti i progetti della raccolta sono riferiti a concorsi di progettazione; il primo di essi fu predisposto nell’ambito di una iniziativa promossa nel 1990 dall’ACER (l’associazione dei costruttori romani) per sollecitare un confronto di idee sulla riqualificazione della periferia della Capitale. Quasi tutti i concorsi di progettazione che seguono sono segnati dal tema della riqualificazione urbana. Una parte importante dei progetti - cinque - ha riguardato Roma, in luoghi assai significativi della sua identità di città: “Quale periferia per Roma Capitale” (concorso ACER), il nuovo Centro di Ostia (concorso IGI) del 1992, la riqualificazione del Borghetto Flaminio RAFFAELE PANELLA

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Due progetti di Raffaele Panella Complesso scolastico e convittuale Val Basento Scalo Grassano, Casmez, Ente di Sviluppo di Puglia e Lucania 1969-1973 (con Maria Luisa Tugnoli; progetto strutturale di Antonino Giuffrè) Centro di Biotecnologie di Sapienza a Pietralata, Roma 2000-2005; 2007-in corso

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In alto: Planimetria di insieme. Schema funzionale e tipologico illustrato per piani In basso: Vista del complesso edilizio dalla Superstrada Basentana 112


Complesso scolastico e convittuale Val Basento

Scalo Grassano, Casmez, Ente di Sviluppo di Puglia e Lucania Progetto e costruzione: 1969-73 (con Luisa Tugnoli; progetto strutturale di Antonino Giuffrè) di Orazio Carpenzano

Il progetto, una scuola agraria provinciale, è stato redatto nel 1969 e realizzato nel 1973 nell’ambito di un programma di riqualificazione delle aree depresse coordinato dalla Cassa del Mezzogiorno, che prevedeva di dotare l’area basentana di una scuola agraria aggiornata e finalizzata a trasformare l’agricoltura da mezzo di autosussistenza a lavoro competitivo imprenditoriale. L’edificio è stato realizzato attuando alcune varianti rispetto al progetto iniziale pur rispettando complessivamente i disegni di progetto, ad eccezione di alcuni dettagli costruttivi, ispirati a tecnologie evidentemente non collimanti con lo stato dell’arte della cultura tecnica locale. Era prevista, infatti, al piano terra nella prima proposta di progetto un’area interamente libera nella sua parte centrale organizzata “a cavea” ed aperta sugli spazi esterni per le attività di gruppo che coinvolgessero la popolazione basentana assieme ai convittori in un processo integrato di modernizzazione, progressivamente scandita dalla relazione pubblica e semi pubblica degli spazi progettati. L’edificio è ispirato alla scrittura lecorbuseriana, infatti, alcune parti strutturali dovevano essere realizzate con pilotis in cemento armato e il rivestimento della facciata era previsto in pannelli di cemento armato e ghiaia lavata. L’impresa, interpretando liberamente il progetto, pur realizzando l’insieme in modo

costruttivamente robusto, rifinì la facciata in intonaco grigio. L’accesso principale è posto nei pressi dello svincolo tra la superstrada e la strada provinciale. Una rampa pedonale connette la quota della superstrada con il piano dei servizi comuni accentuando la relazione del complesso con le aree abitate e i servizi circostanti. L’edificio scolastico si sviluppa sui primi due livelli, incluso il piano terra, e si compone di un corpo triplo e di due corpi di fabbrica esterni di minore profondità che contengono le aule e le funzioni didattiche. Essi sono agganciati all’atrio centrale a doppia altezza, posto nel piano terra, al quale si accede dall’esterno attraverso un vestibolo semicoperto. Il programma prevedeva anche le funzioni convittuali al secondo ed al terzo e ultimo piano, mai effettivamente utilizzati a tal scopo. I dormitori, esposti ad Est-Sud Est erano stati concepiti in stanze-cellule delimitate l’una dall’altra attraverso armadiature e corrispondevano all’orditura in facciata dei pannelli e dal battente di una apertura. Lo spaccato assonometrico disegnato da Panella descrive in modo sintetico e completo il funzionamento dell’organismo architettonico. Antonino Giuffrè elaborò il progetto delle strutture; Panella fu coadiuvato dalla partecipazione di Maria Luisa Tugnoli. Durante la fase iniziale di interlocuzione con 113


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Centro di Biotecnologie di Sapienza a Pietralata. Dettagli della facciata esterna e della corte interna 2012 121


Intervista di Lucio Valerio Barbera a Raffaele Panella 15, 19, 20 febbraio 2013; Dipartimento di Architettura e Progetto Sapienza, abitazione di Raffaele Panella a Roma

1. 2. 3. 4.

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La formazione Architettura La città per parti Roma


1. LA FORMAZIONE Foggia-Napoli Lucio Valerio Barbera Raffaele, queste interviste mi stanno a cuore, te l’ho chiesta molte volte. Nell’orizzonte dei docenti di progettazione che sto indagando tu sei una persona molto particolare. Potresti essere considerato il più giovane della generazione che ha retto la facoltà fino quasi ai tempi attuali e che comincia con i docenti nati negli anni Venti. Mentre, dal punto di vista accademico, invece, potresti essere considerato il più anziano, il più esperto, il più autorevole della generazione che viene dopo quella che comprende Antonino Terranova, Marta Calzolaretti, Giuseppe Rebecchini, anche se quest’ultimo ha una vita accademica molto lunga con un momento molto importante fuori da Roma; Rebecchini torna a Roma, mi sembra, dopo che tu sei diventato professore a Roma. Quindi questa intervista, che viene fatta successivamente a quelle dei 14 professori di Composizione architettonica e urbana della generazione che ti ha preceduto e che sono ormai figure storiche della facoltà, potrebbe risultare l’intervista che apre a un’altra serie di colloqui con coloro che hanno visto in te non la figura del più giovane, ma forse del più moderno, del più sensibile alle metamorfosi della città, dell’architettura, della cultura architettonica del mondo, che era ancora un architetto operante mentre era un docente di architettura. Dopo di te l’ultimo architetto operante e docente è stato Giuseppe Rebecchini. Quindi è probabile che questa intervista, che in un primo momento era stata pensata come quella che chiude un ciclo di interviste che abbiamo fatto negli

anni scorsi, diventi la prima di un’altra serie di interviste ai docenti che si sono succeduti nella Facoltà di Architettura dopo il tuo ingresso. Tu, per altro, sei una persona singolare per un altro motivo. Gli anglosassoni dicono che esistono persone “bridge”, persone “ponte”, che uniscono diverse condizioni storico-geografiche. Tu sei un architetto operante e un professore di Architettura, che si trasferisce a Roma provenendo da un percorso che lo ha visto maturare in altre facoltà, in particolare a Napoli e poi, nella seconda parte del proprio percorso di formazione, a Venezia. Roma è stata un grande polo di attrazione fino alla fine degli anni Sessanta, soprattutto in due settori fondamentali, la letteratura e il cinema. Per il cinema la questione è semplice: la grande produzione cinematografica si svolgeva a Roma, la grande produzione di Cinecittà attraeva i giovani e i meno giovani a cercare di avere un ruolo nel cinema del dopoguerra. Ciò accade anche nella letteratura, in un momento storico, quello del dopoguerra, in cui le grandi case editrici, invece, si trovano al Nord. Durante il dopoguerra, per una quindicina d’anni Roma è la capitale culturale della letteratura moderna… Gadda viene a Roma, scrive quasi in lingua... romanesca… Pasolini, di formazione assolutamente nordica – viene dall’estremità Nord-Est dell’Italia – si trasferisce a Roma quasi per cercare il suo Oriente, il suo luogo dove ricreare la propria figura, dove ricominciare da capo, dopo i grandi traumi che egli attraversò nella fase iniziale della sua carriera per la sua posizione intellettuale e politica prima della sua emigrazione a Roma, che non rappresentò un esilio, ma una rinascita. Questo tipo di esperienza avviene raramente 143


LVB Però non capisco bene perché il PCI fu poi l’epuratore di Pasolini… RP Non so che dirti,... non sono molto addentro ai rapporti fra il PCI e Pasolini; io personalmente ho vissuto questa cosa come l’esigenza di andare un po’ al fondo della questione del ’68, cosa che il PCI faceva. Non partecipò mai in modo violento, lo fece in modo responsabile e io capii che era necessario in quel momento assumere una posizione più meditata nei confronti del ribellismo e del movimentismo… LVB Anche Manfredo, a quell’epoca, si iscrise al PCI, sbaglio? RP Probabilmente sì, anche perché il primo Segretario della cellula comunista nella facoltà fu proprio Francesco Dal Co. E ricordo che in quell’occasione, proprio quando facemmo l’iscrizione, ebbi un contatto più profondo con Aymonino, che apprezzò la mia storia. Non era una iscrizione qualsiasi… LVB Aymonino già ti conosceva…

RP Ecco dove questa storia ha una svolta… perché dalle ceneri del ’68 nasce il Gruppo Architettura, con l’idea di rifondare la scuola e l’insegnamento dell’architettura nella scuola.

Gruppo Architettura - I LVB Benissimo. Vedi... altrimenti chi viene a saperle queste cose? Io conoscevo Anselmi, ci laureammo insieme a novembre del 1963. Questa storia di Cuba avvenne in agosto…, lui si era già laureato, o forse addirittura questa storia di Cuba avvenne prima. Anselmi era diverso da Nicolini… aveva un carattere molto forte, con un’idea personale dell’architettura…, non ha mai cavalcato l’idea che la scuola potesse riformarsi attraverso delle operazioni culturali, mentre Nicolini faceva vera ‘politica politicante’; fino al ’62 era fortemente impegnato nell’andamento della facoltà. Avvicinandosi il Convegno del Roxy già perse interesse. RP Il Convegno del Roxy quando si tenne?

RP Assolutamente. LVB Ma tu poi che hai fatto?

Samonà e il suo gruppo, anni ’60 160

LVB Nel 1963. Nicolini perse interesse perché non era quello che lo interessava. Anselmi ha la mia età, e quindi


viene da un percorso universitario che è comunque un percorso politico e culturale… la lotta contro Muratori, quindi il problema del linguaggio, del rapporto con la città, dell’incomprensibilità dell’insegnamento… Però avvenne un raffreddamento da parte di Anselmi rispetto al grande movimento degli anni Sessanta. A Roma, poiché non c’erano gli operai come a Porto Marghera, non c’è mai stato quel tipo di crash… a Roma i katanghesi sono arrivati molto tardi, nel ’68. Nicolini e Anselmi fecero un viaggio a Cuba… partendo carichi di ideologia. E fecero un discorso, secondo quanto riporta Nicolini nelle sue testimonianze, di questo tipo: l’architettura deve essere fatta contro il capitalismo… che è un’idea difficile da attuare… perché cosa significa? Fare solo le case per i poveri… cosa significa…? Che tu nel linguaggio architettonico esprimi una posizione contro il capitalismo? È come quando si arriva al limite... che l’architettura deve essere fascista, quindi fai i palazzi a forma di M, come a Latina? L’architettura ha un suo linguaggio che si astrae da questi problemi… e lì fu Che Guevara che gli disse... “beh no, voi dovete fare bene gli architetti...” RP E questo va tutto a merito di Che Guevara… LVB Forse perché era Che Guevara e non Fidel Castro… RP Che Guevara era sicuramente un intellettuale rispetto a Fidel Castro… È quello che andavamo dicendo noi... e così nacque il Gruppo Architettura… LVB Comunque ogni volta che c’è un movimento rivoluzionario che nasce dalla strada si abolisce l’architettura.

Non si chiude in attesa di… si abolisce … RP Vedi che ci ritroviamo su delle cose che sono pochissimo riconosciute e trovano riscontro in due sedi molto diverse….

La galleria domestica LVB Ti pongo un problema che riguarda questa tua ‘galleria domestica’ di opere e disegni. Quando l’ho vista ieri per la prima volta, ho provato un tuffo al cuore, perché mi sembra di capire che ci sono disegni di mano dei miei maestri e dei miei “fratelli maggiori”, volendo distinguere in due classi d’età. E sono stupefatto perché, per esempio, vedo un disegno di Ludovico Quaroni che mai avrei immaginato fosse sulla tua parete. Allora fammi da guida in questa galleria perché è straordinaria… intanto come l’hai raccolta? Seguendo un progetto? RP No, l’ho raccolta semplicemente perché mi piaceva avere delle testimonianze significative delle persone che ho “attraversato” nella mia vita; per dirne una, questo quadro è di uno studente veneziano, che poi non credo si sia laureato; in realtà era un pittore emiliano molto bravo, che si chiama Poppi, me l’ha regalato quando mi sono sposato nel 1964… LVB Quindi tra queste due opere c’è una vita perché questo è… RB No, per dire che, insomma, è cominciata così; questi poi sono quasi tutti disegni di architetti, quasi tutti tranne forse due o tre, questo regalo di Poppi e questi due quadri che mi ha regalato Francesco Moschini… 161



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