COLOPHON 117 Collana Alleli / Research Comitato scientifico Edoardo Dotto (ICAR 17, Siracusa) Emilio Faroldi (ICAR 12, Milano) Nicola Flora (ICAR 16, Napoli) Antonella Greco (ICAR 18, Roma) Bruno Messina (ICAR 14, Siracusa) Stefano Munarin (ICAR 21, Venezia) Giorgio Peghin (ICAR 14, Cagliari)
ISBN 978-88-6242-577-3 Prima edizione marzo 2022 © LetteraVentidue Edizioni © Carlo Prati È vietata la riproduzione, anche parziale, effettuata con qualsiasi mezzo, compresa la fotocopia, anche ad uso interno o didattico. Per la legge italiana la fotocopia è lecita solo per uso personale purché non danneggi l’autore. Quindi ogni fotocopia che eviti l’acquisto di un libro è illecita e minaccia la sopravvivenza di un modo di trasmettere la conoscenza. Chi fotocopia un libro, chi mette a disposizione i mezzi per fotocopiare, chi comunque favorisce questa pratica commette un furto e opera ai danni della cultura. Nel caso in cui fosse stato commesso qualche errore o omissione riguardo ai copyrights delle illustrazioni saremo lieti di correggerlo nella prossima ristampa. Progetto grafico: Francesco Trovato LetteraVentidue Edizioni Srl via Luigi Spagna, 50 P 96100 Siracusa www.letteraventidue.com
INDICE 6 INTRODUZIONE 10 ARCHITETTURA OLTRE LA FINE DEL MONDO 34 ACQUAROMA 60 ROMAN BUNKER ARCHEOLOGY 84 URBILD ARCHITECTURE 100 HOUSE WITH TWO HORIZON 122 DISEGNI RADICALI 136 ESTRUSIONI 158 MAPPA DELLE SETTE ROVINE
ARCHITETTURA
OLTRE
LA FINE
DEL MONDO
CRISI CLIMATICA VICINANZA E LONTANANZA DELLA CRISI CLIMATICA NEGAZIONISMO E GEOINGEGNERIA FINE DEL MONDO COME REGIME SCOPICO FINE DEL MONDO COME REALTÀ OGGETTIVA FERMARE L’ARCHITETTURA PER FERMARE LA CRISI CLIMATICA NUOVI STRUMENTI PER L’ARCHITETTURA DEGLI HABITAT FUTURI IL DISEGNO COME STRUMENTO DI EMANCIPAZIONE IL COLLAGE COME GENERATORE DI IBRIDI UNA PROSPETTIVA UNITARIA DI RICERCA
STACCO
CRISI CLIMATICA Parliamoci chiaro: il mondo che conosciamo sta scomparendo e non è retorico usare termini quali “disastro”, “annientamento”, “collasso”, per descrivere le minacce che dovremo affrontare in quanto sapiens nel prossimo futuro. Viviamo letteralmente dentro la fine del mondo, facendone quotidianamente esperienza. Da un punto di vista concettuale ne abbiamo preso atto, e siamo convinti di potervi porre rimedio semplicemente modificando le nostre abitudini (alimentari, sociali, domestiche, etc.), ma in realtà ci rifiutiamo di comprendere pienamente le conseguenze del cambiamento climatico. In un recente articolo pubblicato sul “New Yorker” Jonathan Franzen passa direttamente dalla teoria a un esempio molto concreto «Se avete meno di sessant’anni, avrete buone probabilità di assistere alla totale destabilizzazione della vita sulla terra – carestie su vasta scala, incendi apocalittici, implosione di intere economie, immani inondazioni, centinaia di milioni di rifugiati in fuga da regioni rese inabitabili dal caldo estremo o dalla siccità permanente. Se avete meno di trent’anni, vi assisterete quasi sicuramente»1. Non è una profezia ma un futuro già scritto. A tratteggiarlo con dovizia di particolari è il giornalista americano David Wallace-Wells nel libro “La Terra inabitabile” in cui ci ammonisce riguardo le ricadute delle nostre azioni nei prossimi decenni «È questo il traguardo verso il quale stiamo correndo, in modo così sconsiderato: un anno 2100 con una temperatura di 4 gradi in più. Secondo alcune stime, questo vorrebbe dire che intere zone dell’Africa, dell’Australia e degli Stati Uniti, parti dell’America meridionale, a nord della Patagonia, e l’Asia a sud della Siberia diventerebbero inabitabili a causa del surriscaldamento, della desertificazione e delle alluvioni»2. Ciò scatenerà entro il 2050 una crisi umanitaria e politica senza precedenti dovuta alla migrazione verso occidente di un milione di rifugiati climatici. Il processo sarà graduale «con 2 gradi, le calotte glaciali cominceranno a sciogliersi e a sfaldarsi, ci saranno quattrocento milioni di persone in più che avranno carenza d’acqua, le principali città della fascia equatoriale diventeranno invivibili e le ondate di calore mieteranno migliaia di vittime ogni estate, anche alle latitudini settentrionali. Le ondate di caldo più violente
ARCHITETTURA OLTRE LA FINE DEL MONDO
aumenteranno di trentadue volte in India, e ciascuna durerà il quintuplo del tempo, con il risultato che il numero delle persone esposte sarà centuplicato. E questa è la migliore delle ipotesi. A 3 gradi, l’Europa meridionale sarebbe oppressa in permanenza dalla siccità, […] le aree devastate ogni anno dagli incendi raddoppierebbero nel Mediterraneo, e salirebbero fino a sei volte tanto, e anche più negli Stati Uniti […]»3. Insomma, anche se fermassimo il riscaldamento del nostro pianeta non oltre i 2 gradi, ovvero quanto previsto nel 2015 con l’accordo di Parigi sul clima4 e ratificato dalla COP 26 di Glasgow nel Novembre 2021, gli orizzonti che si apriranno richiederanno una revisione completa dei nostri strumenti adattativi e delle nostre modalità di convivenza. Stando così le cose, è evidente che anche l’architettura a tutte le scale del progetto (territoriale, urbana, domestica) subirà, volente o nolente, un cambiamento radicale di paradigma. VICINANZA E LONTANANZA DELLA CRISI CLIMATICA Ciò nonostante, al momento preferiamo liquidare questi scenari come premonizioni catastrofiste piuttosto che considerarle simulazioni attendibili dei nostri habitat futuri. «Da un punto di vista psicologico, questa negazione è comprensibile. Malgrado il deplorevole fatto che presto sarò morto per sempre, io vivo nel presente, non nel futuro. Di fronte alla scelta tra un allarmante astrazione (morte) e la rassicurante evidenza dei miei sensi (colazione!), la mia mente preferisce concentrarsi su quest’ultima»5. Ma, oltre le umane debolezze descritte da Franzen, esistono anche condizioni più sottili che giustificano parzialmente la nostra rimozione, ad esempio l’oggettivo fattore di intangibilità del riscaldamento globale dovuto all’impossibilità di misurarlo in modo univoco, di riassumerlo in un solo dato. Ecco perché oggi gli sforzi della ricerca, sia scientifica che umanistica, vanno in questa direzione. Al primo ambito possono ricondursi gli studi sui sistemi complessi applicati al cambiamento climatico condotti da Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica 2021 in condivisione con Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann. Il fisico italiano ha introdotto una quantità che consente di prefigurare la moltitudine di
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aumenteranno di trentadue volte in India, e ciascuna durerà il quintuplo del tempo, con il risultato che il numero delle persone esposte sarà centuplicato. E questa è la migliore delle ipotesi. A 3 gradi, l’Europa meridionale sarebbe oppressa in permanenza dalla siccità, (…) le aree devastate ogni anno dagli incendi raddoppierebbero nel Mediterraneo, e salirebbero fino a sei volte tanto, e anche più negli Stati Uniti (…)».<?> Insomma, anche se fermassimo il riscaldamento del nostro pianeta non oltre i 2 gradi, ovvero quanto previsto nel 2015 con l’accordo di Parigi sul clima<?> e ratificato dalla COP 26 di Glasgow nel Novembre 2021, gli orizzonti che si apriranno richiederanno una revisione completa dei nostri strumenti adattativi e delle nostre modalità di convivenza. Stando così le cose, è evidente che anche l’architettura a tutte le scale del progetto (territoriale, urbana, domestica) subirà, volente o nolente, un cambiamento radicale di paradigma. VICINANZA E LONTANANZA DELLA CRISI CLIMATICA Ciò nonostante, al momento preferiamo liquidare questi scenari come premonizioni catastrofiste piuttosto che considerarle simulazioni attendibili degli habitat che abiteremo nel prossimo futuro. «Da un punto di vista psicologico, questa negazione è comprensibile. Malgrado il deplorevole fatto che presto sarò morto per sempre, io vivo nel presente, non nel futuro. Di fronte alla scelta tra un allarmante astrazione (morte) e la rassicurante evidenza dei miei sensi (colazione!), la mia mente preferisce concentrarsi su quest’ultima».<?> Ma, oltre le umane debolezze descritte da Franzen, esistono anche condizioni più sottili che giustificano parzialmente la nostra rimozione, ad esempio l’oggettivo fattore di intangibilità del riscaldamento globale dovuto all’impossibilità di misurarlo in modo univoco, di riassumerlo in un solo dato. Ecco perché oggi gli sforzi della ricerca, sia scientifica che umanistica, vanno in questa direzione. Al primo ambito possono ricondursi gli studi sui sistemi complessi applicati al cambiamento climatico condotti da Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica 2021 in condivisione con Syukuro Manabe e Klaus Hasselmann. Il fisico italiano ha introdotto
ACQUAROMA
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Carlo Prati. ACQUAROMA. Mappa Idrografica di Roma. Collage digitale, 2020.
Carlo Prati. ACQUAROMA. Secondo quadro. Conciliazione. Collage digitale 2021.
Carlo Prati. Urbild Architecture. Holmdel Antenna Hybrid. Collage Digitale, 2021.
Carlo Prati. Urbild Architecture. Samarra Minaret Hybrid. Collage digitale, 2021.
DISEGNI
RADICALI
Carlo Prati. Disegni Radicali. Casa resiliente n. 1. Disegno a china su carta, 2020.
Carlo Prati. Disegni Radicali. Casa resiliente n. 2. Disegno a china su carta, 2020.
Carlo Prati. Trilogia della sezione. Sezione Pescarese. Omaggio a James Stirling. Tecnica mista su carta, 2019.