Massimo Mucci
LEBBEUS WOODS EXPERIMENTAL ARCHITECTURE Tra immaginazione figurativa e decostruttivismo linguistico
Indice 07 Prefazione Agostino De Rosa 13 Introduzione 19 Architettura, evento, città Freespace, free-zone e heterarchical city nei progetti per Zagabria 75 La torre brucia Warchitecture come contesto per una trasformazione dell’architettura nei progetti per Sarajevo 139 Walls Il muro-recinto come superstruttura per L’Avana 169 Progetto, trasformazione, utopia APPARATI 183 Intervista a Leo Modrcin Zagabria, 10 luglio 2018 191 Intervista a Peter Noever Vienna, 5 settembre 2018 199 Intervista a Franco Purini Roma, 29 maggio 2018 209 Intervista a Neil Spiller Londra, 25 luglio 2018 217 Intervista a Fedja Vukic Zagabria, 9 luglio 2018 223 Ringraziamenti 227 Biografie 231 Elenco progetti 235 Bibliografia 255 Crediti
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Architettura, evento, città Freespace, free-zone e heterarchical city nei progetti per Zagabria
I progetti per Zagabria (1991-92)
1. Lebbeus Woods, Zagreb Free Zone, Zagreb City Plan (detail), 1991. Electrostatic print on paper. 82.41 x 66.24 inches (209.33 x 168.24 cm). © Estate of Lebbeus Woods
Il progetto per Zagreb Free Zone (1991) è stato avviato con la mostra tenuta da Lebbeus Woods al Museo di arti applicate di Zagabria, tra aprile e maggio del 1991. A questa è seguito il progetto specifico per la realizzazione di una struttura freespace da collocare nella prima corte interna del museo, che non è stato realizzato probabilmente anche a causa del mutato clima politico seguito all’indipendenza della Croazia nel giugno del 19911. Sotto l’aspetto formale, questo progetto può essere ricondotto ai disegni della fine anni Ottanta per i progetti Underground Berlin (1988) e, successivamente, per Arial Paris (1989), ma la differenza fondamentale rispetto a questi è nei contenuti. Con i due lavori su Zagabria e su Berlin Free Zone (1990) Woods introduce nella sua ricerca i concetti di freespace e free-zone, dai quali non si può prescindere per svolgere un’analisi compositiva delle architetture pensate per le due città. Le definizioni di freespace e free-zone elaborate da Woods compaiono in molti suoi testi, articolate in modo simile ma con diversi gradi di approfondimento. Quelle più sintetiche si trovano nel glossario alla fine del suo libro Anarchitecture: «Freespace: a construction free of preconceived value, use or meaning; an element in a heterarchy. Free-zone: heterarchy of freespaces; pattern of urban order based on knowledge and performance; a system opposing mass culture; a subvertion of hierarchies»2. Esiste una relazione di scalarità fra i due elementi, dove il freespace è l’unità architettonica e la free-zone è il sistema urbano composto da molte unità, in modo eterarchico. Il gruppo di disegni esposti a Zagabria sono organizzati secondo una narrazione proiettata in un futuro prossimo, che mostra le fasi di allestimento di molte strutture freespace nella città. Questi artefatti
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5-13. Disegni di analisi del progetto di Lebbeus Woods per un freespace nel Museo di arti applicate di Zagabria (1991). Individuazione e scomposizione dell’edificio in parti elementari significative, evidenziate in rosso i volumi, le pensiline, solai e schermi: [5] volume 1; [6] volume 2; [7] volume 3; [8] volume 4; [9] pensilina 1; [10] pensilina 2; [11] pensilina 3; [12] schermo 1; [13] schermo 2. La rappresentazione in proiezioni mongiane riprende l’impostazione del disegno originale [3]
architettonico, e delle relazioni con il contesto della corte del museo. Attraverso l’uso di disegni di analisi e interpretativi si possono evidenziare i tracciati regolatori, le geometrie e i processi compositivi sottesi ad ogni parte architettonica individuata. Le due porzioni principali che delimitano il corpo centrale portante dell’opera [5-6], visti in sezione presentano un tracciato regolatore costituito da una circonferenza tangente ai loro punti più esterni il cui diametro inclinato è il loro principale asse, e il centro è il loro punto d’intersezione [17]. Tra i due volumi vi è anche una relazione di specularità dovuta all’inclinazione comune delle loro superfici esterne: quella posteriore d’ingresso al volume inferiore e quella del prospetto anteriore del volume superiore. Questo tracciato regolatore dimostra come ci fosse da parte di Woods la volontà di coordinare in sezione la forma dei volumi più importanti e consistenti di tutto l’artefatto: il vano scale di accesso con funzione di unico appoggio a terra dell’intera struttura, e l’ampia stanza in cui è collocata una postazione di connessione e di osservazione del cielo. Un’ulteriore conferma emerge da un altro tracciato regolatore significativo basato sulla figura dell’ettagono regolare che dimostra come l’inclinazione generale del freespace non sia né casuale né legata al contesto, bensì regolata da una figura visibile solo all’interno del processo compositivo [16]. Tuttavia, ogni parte architettonica è il risultato di una complessa genesi compositiva articolata su molteplici sequenze di elaborazioni grafiche tra loro sovrapposte. Il volume delle scale [5] è generato da due solidi sovrapposti, il cono obliquo e la piramide pentagonale obliqua, tra loro uniti e tranciati fino ad ottenere l’articolato solido elementare [24-27]. Il volume dell’osservatorio invece [6] è il risultato di un processo compositivo che utilizza precise corrispondenze proiettive tra la pianta di copertura e la sezione, di cui si riscontrano gli indizi nella tavola disegnata da Woods [3]. La porzione superiore del solido ha come possibile figura generatrice una piramide a base quadrata con l’asse inclinato [28], mentre nella parte inferiore si trova corrispondenza con una seconda piramide a base quadrata, ma obliqua e con il vertice rovescio [29]. Questi due solidi uniti sono stati in seguito ulteriormente modellati da Woods secondo una possibile sequenza di progressive rastremazioni, tagli, selezioni, operando in modo sincrono sui due disegni in proiezioni ortogonali [30-31]. Anche nei solidi laterali appesi al corpo centrale si possono rintracciare processi compositivi autonomi molto simili ai precedenti. Nella pianta del volume rivolto verso la corte [7] si individuano dei tracciati regolatori basati sull’ettagono inscritto nella circonferenza, con alcuni spigoli della figura coincidenti ai lati, il raggio e l’apotema del poligono [33-34]. Attraverso successivi passaggi la figura viene trasformata nel poligono
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66 60-67. Disegni di analisi compositiva del progetto di Lebbeus Woods per un freespace nel Museo di arti applicate di Zagabria (1991). Studio dei tracciati regolatori alla base del disegno della pianta; sovrapposizione dei tracciati delle singole parti analizzati separatamente
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68-69. Disegni di analisi compositiva del progetto di Lebbeus Woods per un freespace nel Museo di arti applicate di Zagabria (1991). Studio dei tracciati regolatori alla base del disegno della pianta; semplificazione dei tracciati delle singole parti mantenendo solo le circonferenze
determina continue variazioni nel modo d’uso. «Freespaces have no preconceived way of inhabitation. They are not goal-determined. […] It is up to the inhabitant to determine, within the limits of the physical conditions of a particular freespace, how the freespace instrumentation – both architectural and electronic – will be used»19. L’indeterminatezza funzionale sembrerebbe una condizione transitoria della fase di progetto, in quanto, in quella successiva di utilizzo saranno i limiti fisici dello spazio e le sue specifiche peculiarità formali in situ a dare sostanza alle funzioni. Le possibilità non sono quindi infinite, perché limitate dalla fisicità dell’oggetto costruito, sebbene le variabili fenomenologiche siano talmente numerose da generare un elevato grado di libertà di scelta d’uso. Woods pensa la funzione non come un’attività esattamente determinata, ripetibile, omogenea e uguale per tutti gli uomini, ma come un campo di probabilità di diverse funzioni. «The range of probabilities of a given freespace’s use is determined by the precisely defined configuration – the strong presence – of its spaces and forms. In inhabiting these, precision must be answered by precision, presence by presence»20. Seguendo il ragionamento di Woods, si capisce che in realtà il freespace ha delle funzioni, ma noi non le conosciamo ancora. L’introduzione dell’idea di “configurazione” applicata all’architettura non è una novità se pensata come variabilità distributiva a interni open space con setti e arredi mobili. Tuttavia la parola “configurazione” rimanda ad un’azione preliminare di preparazione dello spazio in modo personalizzato, paragonabile alla fase di settaggio delle caratteristiche di un computer o altra strumentazione elettronica. La configurazione rinvia alla fisica quantistica, dove descrive la posizione di un sistema materiale che può comprendere anche il moto, in un determinato istante in termini di probabilità, senza per questo essere impreciso. Ed è in questo contesto che vanno visti alcuni passi degli scritti di 49
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La torre brucia Warchitecture come contesto per una trasformazione dell’architettura nei progetti per Sarajevo
I progetti per Sarajevo (1992-94)
94. Lebbeus Woods, Turbulence, 1991-92. Ink on paper, tape. 20 x 13.5 inches (50.8 x 34.3 cm). © Estate of Lebbeus Woods
I disegni dedicati a Sarajevo sono stati realizzati da Woods in un arco di tempo abbastanza lungo, tra il 1992 e il 1994, con interruzioni e riprese dovute anche all’avvio di altri importanti progetti. I primi contatti con l’Associazione degli Architetti di Sarajevo risalgono al 1991 quando dopo la mostra tenuta a Zagabria, viene invitato a visitare la città1. A quel tempo non era ancora scoppiata la guerra. Quindi solo quando vi tornò durante i combattimenti come inviato della rivista Architecture and Urbanism, ebbe la tragica consapevolezza dell’entità delle distruzioni. Sia Sarajevo che Zagabria appartengono allo stesso drammatico momento di cambiamento storico, ma l’assedio e le violenze avvenute nella prima stabiliscono una differenza fondamentale tra le due città, anche sotto l’aspetto culturale. I temi del freespace e della free-zone per Woods sono ancora validi strumenti per sviluppare la libertà e l’autonomia alla base del grande cambiamento sociale e politico in atto. Tuttavia, si impone in modo prepotente e ineludibile il tema del rapporto tra guerra e architettura, e successivamente la questione della ricostruzione post-bellica. A Sarajevo non si tratta di assecondare e interpretare architettonicamente un possibile cambiamento pacifico rivolto all’indipendenza, come a Zagabria o a Berlino; piuttosto ci si trova improvvisamente di fronte alla violenza, come principale agente di trasformazione fisica della città e, di conseguenza, quale strumento per il cambiamento della società nel suo insieme. Tutto questo avviene cosi velocemente e inaspettatamente, da assumere i contorni di un trauma che lascerà tracce indelebili. Woods percepisce l’urgenza della situazione e la irreversibilità dei cambiamenti in atto:
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117, 119, 121. Disegni di analisi del progetto di Lebbeus Woods per la ricostruzione degli apartment blocks a Sarajevo (1994). Proiezioni ortogonali dei blocks, con scomposizione e individuazione dei volumi aggiunti (in rosso) 118, 120, 122. Disegni di analisi del progetto di Lebbeus Woods per la ricostruzione degli apartment blocks a Sarajevo (1994). Studio dell’andamento del vettore immaginario risultante dalla figura aggiunta in pianta e prospetto
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123, 125. Disegni di analisi del progetto di Lebbeus Woods per la ricostruzione degli apartment blocks a Sarajevo (1994). Proiezioni ortogonali dei blocks, con scomposizione e individuazione dei volumi aggiunti (in rosso) 124, 126. Disegni di analisi del progetto di Lebbeus Woods per la ricostruzione degli apartment blocks a Sarajevo (1994). Studio dell’andamento del vettore immaginario risultante dalla figura aggiunta in pianta e prospetto
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127-128. Disegni di analisi del progetto di Lebbeus Woods per la ricostruzione degli apartment blocks a Sarajevo (1994). Pianta ed elevato completi dei blocks e studio dell’andamento complessivo dei vettori immaginari risultanti dalle figure aggiunte
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Walls Il muro-recinto come superstruttura per L’Avana
I progetti per L’Avana (1994-95)
170. Lebbeus Woods, Havana 8, 1995. Electrostatic Print with coloured pencil and pastel on rag vellum, mounted on board. 23 1/8 x 13.5 inches (58.7 x 34.3 cm). © Estate of Lebbeus Woods
I disegni per L’Avana sono stati realizzati da Lebbeus Woods in occasione della conferenza Architecture Again tenuta nella città a cura del Museo di arti applicate di Vienna nel 19951. L’attività della conferenza prevedeva un dibattito e delle proposte progettuali per riqualificare specifici siti della città. L’iniziativa non può essere compresa a pieno senza ricordare che essa fu il seguito applicativo della Vienna Architecture Conference del 1992 dal titolo The End of Architecture?, organizzata anch’essa dallo stesso museo2. È in questa occasione che il curatore Peter Noever definì le questioni da affrontare all’interno di un ambito teorico molto ampio. Il tema del suo testo è la crisi dell’architettura di fronte al crollo delle utopie e all’affermarsi della globalizzazione, fenomeni non nuovi per quegli anni, ma dei quali si possono rilevare già alcune conseguenze palesi. La realtà delle megalopoli è la manifestazione più evidente e drammatica del fallimento della pianificazione e dei limiti della globalizzazione, che inducono ad indifferenza rispetto ai luoghi, a zone di degrado e di abbandono urbano, a ghetti e a muri3. Ma anche a scala architettonica sembra dominare l’estetizzazione del consumismo e tendenze reazionarie o di iperdecorativismo di fronte alle quali, secondo Noever, la risposta è troppo debole e non prende in considerazione la vera necessità: «to discover new spatial organisms, new dimensions of space – to find a fitting architectural expression»4. Alla base di questo ragionamento ci sono due idee fondamentali che guidano i lavori delle conferenze e forniscono la traccia per i progetti architettonici: la prima è la convinzione che l’architettura debba essere espressione della propria epoca; la seconda è l’idea che l’architettura sia uno strumento critico per pensare in modo
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diverso il progetto5. Ma se escludiamo le tendenze architettoniche devote alla tecnologia, al formalismo e al commercialismo indifferente, di quale architettura stiamo parlando? Per Noever i sette invitati alla Vienna Architecture Conference sono alcuni degli esponenti del «new architectural spirit» che, affermandosi sulla scena dell’architettura contemporanea con crescente originalità, sono in grado di dare un contributo critico nuovo: Coop Himme(l)blau, Zaha Hadid, Steven Holl, Thom Mayne, Eric Owen Moss, Carme Pinós, Lebbeus Woods, affianco alla figura di Frank O. Gehry, che qui partecipa scrivendo la prefazione al volume degli atti della conferenza6. Alcuni di questi erano già stati celebrati come decostruttivisti nella mostra del MoMa a New York7, e Noever è proprio a questo filone di architetti che si sta riferendo. Infatti, il suo interesse entusiastico per il Decostruttivismo si era già chiaramente manifestato nella pubblicazione da lui curata Architecture in Transition nel 1991, in cui si trovano di nuovo contributi di Coop Himme(l)blau, Zaha Hadid, Thom Mayne e Lebbeus Woods, con l’aggiunta di quelli di Peter Eisenman, Daniel Libenskid, Jean Nouvel, Michael Sorkin e Bernard Tschumi8. In quest’occasione Noever annuncia questa tendenza come «a new and visionary architectural language as the end of the century approaches»9, capace di raccogliere ed estendere l’eredità costruttivista della ricomposizione dopo la decostruzione degli elementi architettonici. Allo stesso tempo i decostruttivisti sembrano avere in comune un atteggiamento culturale, non solo un linguaggio architettonico, volto a rifiutare i tradizionalismi, l’utopia modernista e l’idea di poter raggiungere una qualche perfezione formale. Sono in realtà personalità molto diverse tra loro, ma che in quel momento storico condividevano, come segnalato da Alois Martin Müller, una ricerca verso la dialettica del Modernismo, una critica ai limiti imposti all’architettura dal pensiero razionale10. Sono infatti contestati spesso, anche nei discorsi di Woods, i concetti di tradizione, tipologia, funzione, struttura, come basi scientifiche per il progetto, attraverso ricerche formali che tendono a minare ogni tentativo di una loro rifondazione. Tuttavia, questi concetti devono diventare linguaggio architettonico se vogliono essere trasmessi, e su questo punto emergono forti differenze personali. Non stupisce, quindi, il fatto di ritrovare all’Avana cinque degli architetti già apparsi negli anni precedenti nel contesto delle iniziative viennesi sul Decostruttivismo: Coop Himmelb(l)au, Mayne, Owen Moss, Pinós e Woods. Vi è un sottile filo rosso che collega questi tre eventi promossi dal Museo di arti applicate di Vienna, nella persona di Peter Noever, ed è in questo quadro, con sullo sfondo il Decostruttivismo, che si propone di leggere le varie proposte progettuali di Woods per L’Avana. I suoi
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171. Lebbeus Woods, Havana, 1995. Electrostatic print with coloured pencil and pastel on rag vellum, mounted on board. 12 x 14.74 inches (30.48 x 37.44 cm). © Estate of Lebbeus Woods
primi disegni sono stati realizzati negli scketchbooks elaborati durante il soggiorno all’Avana, e in parte pubblicati negli atti della conferenza Architecture Again. Sono tutti disegni a penna su carta che successivamente sono stati rielaborati con aggiunta di colori e riproposti nel testo Radical Reconstruction. Come nel caso dei disegni di Sarajevo, le immagini di Radical Reconstruction seguono una loro storytelling, che fornisce molte più informazioni e suggestioni, con l’aggiunta e il montaggio di altri patterns che amalgamano i vari disegni, sebbene sotto l’aspetto progettuale i contenuti siano gli stessi. I progetti sono divisi in tre temi. Il primo riguarda l’intervento sulla città vecchia, La Habana Vieja, l’originario nucleo urbano del periodo
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